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SOMMARIO del 06/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il viaggio in Brasile nel nome di Maria: il Papa affida alla Vergine la sua prima visita apostolica in America Latina
  • Il cardinale Tarcisio Bertone: la visita del Papa in Brasile occasione per rilanciare l'evangelizzazione, la solidarietà e la giustizia nel continente della speranza
  • Le Guardie Svizzere commemorano i caduti nella difesa del Papa durante il Sacco di Roma, il 6 maggio del 1527. Intervista con il colonnello Elmar Theodor Mäder
  • Beatificata in Spagna Madre Carmen del Bambin Gesù: ha amato i più poveri con la forza dell'Eucaristia
  • Riscoprire le radici e il valore della pastorale sanitaria negli ospedali: così, il cardinale Lozano Barragán, a conclusione del III Congresso mondiale dell’Associazione Internazionale delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche (AISAC)
  • Oggi in Primo Piano

  • Inizia all'Università Gregoriana un corso sulla Chiesa Cattolica rivolto a diplomatici musulmani
  • Al via a Roma l'assemblea dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali: le religiose di tutto il mondo vogliono promuovere la spiritualità della speranza. Intervista con suor Victoria Gonzales de Castejon
  • Intervista con il cardinale Peter Erdő sulle sfide della Chiesa nei Paesi ex comunisti dell'Europa
  • Il cardinale Kasper ricorda il cardinale ungherese Mindszenty nell'anniversario della morte
  • In Italia si celebra la VI Giornata Nazionale per l'Epilessia
  • Chiesa e Società

  • Il cardinale Bertone in visita a San Giovanni Rotondo: “Il Papa non potrà sottrarsi dall’accogliere l’invito a venire nella città dove operò San Pio da Pietrelcina”
  • Vescovi svizzeri: sì ai minareti, ma nel rispetto di tutte le leggi
  • Presidenziali in Mali: dopo i risultati contestati, appello alla calma dei leader religiosi
  • Il Brasile dedica un francobollo a Benedetto XVI per celebrare l’imminente visita del Papa
  • L’impegno dei Gesuiti in Burkina Faso: una rete idrica per la popolazione
  • Attivisti di Burundi e Sri Lanka vincono il premio di 'fuoriclasse' dei diritti umani
  • Russia: nelle carceri, sono 1100 i cappellani di diverse confessioni religiose
  • A Napoli, la liquefazione del sangue di San Gennaro. Il cardinale Sepe: “Stiamo dalla parte degli ultimi”
  • 24 Ore nel Mondo

  • Panormaica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il viaggio in Brasile nel nome di Maria: il Papa affida alla Vergine la sua prima visita apostolica in America Latina

    ◊   Il Papa, durante il Regina Caeli in Piazza San Pietro, ha invitato i fedeli a pregare la Vergine Maria per il suo imminente viaggio in Brasile, affinché tutti i cristiani del cosiddetto "Continente della speranza" sappiano essere autentici testimoni di Cristo. La prima visita di Benedetto XVI in America Latina si svolge dunque nel mese di maggio, il mese mariano per eccellenza, e il Papa lo vuole compiere nel nome di Maria. Il servizio di Sergio Centofanti:
     
     Il Papa invita i fedeli a porsi “alla scuola della Vergine di Nazaret per imparare da lei ad essere sempre disponibili a compiere la volontà di Dio”: si tratta di seguire il comandamento nuovo di Gesù: “amatevi come io vi ho amato”, per essere “testimoni della gioia pasquale in tutte le dimensioni della vita quotidiana”. Benedetto XVI ha ricordato come il mese di maggio, “coincidendo almeno in parte con il tempo pasquale”, sia “assai propizio per illustrare la figura di Maria quale Madre che accompagna la Comunità dei discepoli raccolti in unanime preghiera, in attesa dello Spirito Santo”:

     
    “Questo mese, pertanto, può essere occasione per ritornare alla fede della Chiesa delle origini e, in unione con Maria, comprendere che anche oggi la nostra missione è annunciare e testimoniare con coraggio e con gioia Cristo crocifisso e risorto, speranza dell’umanità”.

     
    E alla Vergine Santa, Madre della Chiesa, il Papa affida il viaggio apostolico che compirà in Brasile dal 9 al 14 maggio prossimi: ad Aparecida inaugurerà domenica prossima la Quinta Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, mentre nella vicina metropoli di San Paolo incontrerà i giovani e i vescovi del Paese e proclamerà Santo Fra Antonio di Sant’Anna Galvão:

     
    E’ la mia prima visita pastorale in America Latina e mi preparo spiritualmente ad incontrare il subcontinente latinoamericano, dove vive quasi la metà dei cattolici del mondo intero, molti dei quali sono giovani. Per questo è stato soprannominato il 'Continente della speranza': una speranza che riguarda non solo la Chiesa, ma tutta l’America e il mondo intero”.

     
    Benedetto XVI invita a pregare la Madre di Dio per questo pellegrinaggio apostolico e, in particolare, per la Quinta Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, "affinché tutti i cristiani di quelle regioni si sentano discepoli e missionari di Cristo, Via Verità e Vita":

     
    “Tante e molteplici sono le sfide del momento presente: ecco perché è importante che i cristiani siano formati per essere ‘fermento’ di bene e ‘luce’ di santità nel nostro mondo”.

     
    Dopo la recita del Regina Caeli, il Papa ha salutato i numerosi pellegrini svizzeri giunti a Roma per il giuramento delle Guardie Svizzere Pontificie che si svolgerà oggi pomeriggio in Vaticano, e i tanti giovani partecipanti alla “Maratona di Primavera”, momento culminante della Festa della Scuola organizzata in collaborazione col Vicariato di Roma, come occasione di incontro tra le comunità scolastiche cattoliche di Roma e del Lazio:

     
    “Cari amici, auguro ogni bene per la vostra festa, che unisce lo sport, la musica e l’educazione civica. Buona 'Maratona' e soprattutto buona fine di anno scolastico!”
     

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    Il cardinale Tarcisio Bertone: la visita del Papa in Brasile occasione per rilanciare l'evangelizzazione, la solidarietà e la giustizia nel continente della speranza

    ◊   Fra tre giorni, dunque, mercoledì 9 maggio, Benedetto XVI partirà per il Brasile in occasione dell’apertura della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, che sarà inaugurata ad Aparecida domenica 13 maggio. E’ il sesto viaggio apostolico extra-italiano di Benedetto XVI in due anni di Pontificato. Su questo importante evento il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha rilasciato una lunga intervista in esclusiva, di cui oggi trasmetteremo una prima parte, al principale quotidiano di San Paolo, Folha de São Paulo, e alla Radio Vaticana. Per noi ha raccolto le sue riflessioni Giovanni Peduto:
     
    R. – E’ noto che l’occasione immediata della visita di Papa Benedetto XVI in Brasile è la V Assemblea della Conferenza di tutti i vescovi latinoamericani. E’ la prima visita che il Papa, il nuovo Papa, fa in America Latina. Il Papa conosce bene il continente americano e soprattutto il continente sudamericano proprio perché ha incontrato tutti i vescovi diverse volte in occasione delle visite ad Limina in Vaticano; ma ha anche partecipato a riunioni in America Latina: ricordo, per esempio, la riunione di Guadalajara del 1996 con i presidenti e molti vescovi rappresentanti di tutte le Commissioni dottrinali dell’America Latina. Si tratta, perciò, di un ritorno, ma di un ritorno nel grande Paese del Brasile, che è tra l’altro il Paese che ha il maggior numero di cattolici, un ritorno del cardinale Ratzinger come Papa, per affrontare le sfide e i problemi che il Terzo Millennio pone a questo grande continente cristiano, profondamente cristiano, che è stato chiamato da Giovanni Paolo II il “continente della speranza”. Ha delle peculiarità, proprio perché è stato evangelizzato, ha assorbito la linfa del cristianesimo, ne ha permeato la sua storia, tutte le sue strutture e le sue attività, anche se – purtroppo – il lievito evangelico non ha ancora risolto i problemi più brucianti di questo continente e che sono i problemi delle disuguaglianze, della povertà e - a volte - anche dell’oppressione. E’, quindi, un’occasione provvidenziale per lanciare un grande messaggio a tutti gli operatori, a tutte le comunità locali, alle Chiese locali, a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà, ma è anche un’occasione per rilanciare un grande movimento di solidarietà, di promozione della giustizia nel continente latinoamericano.

     
    D. – In che modo la Santa Sede vede il cammino della Chiesa in America Latina?

     
    R. – L’America Latina, come abbiamo rilevato anche nel recente incontro del febbraio scorso con tutti i nunzi apostolici dei 22 Paesi dell’America Latina e dell’America Centrale, è un continente ferito da situazioni di drammaticità immane. Pensiamo alla violenza che affligge soprattutto le grandi metropoli; pensiamo al narcotraffico, che diventa sempre più aggressivo e potente; pensiamo a quelle che ho chiamato le disuguaglianze sociali, che non si riescono ancora a colmare; pensiamo al problema della disoccupazione, al problema delle migrazioni, il deterioramento dell’educazione che colpisce buona parte di giovani che sono la grande maggioranza degli abitanti e dei cittadini dei Paesi latinoamericani, ma anche il deficit di democrazia rappresentativa. Naturalmente in tutte queste situazioni la Chiesa è presente prima di tutto per consolidare l’annuncio evangelico, ma anche per promuovere una “rivoluzione umana”, una rivoluzione di uguaglianza e di giustizia e di pacificazione che è nello stesso DNA della missione della Chiesa e che è aiutata ed è portata avanti da tutte le componenti ecclesiali: dai vescovi, dalla gerarchia, dai laici fino alle grandi Congregazioni religiose, antiche e moderne, dai movimenti alle associazioni laicali. Quindi la Chiesa vede anche dei segni positivi nelle comunità locali dell’America Latina e vede una rinnovata crescita anche di vocazioni sia alla vita sacerdotale sia alla vita consacrata ed una presa di coscienza dei laici che è da sottolineare e che è soprattutto da incrementare.

     
    D. – Il documento preparatorio della V Conferenza di Aparecida evidenzia in più punti le situazioni di ingiustizia e di povertà che affliggono l’America Latina. Una condizione, questa, che richiede una maggiore azione da parte dei cattolici del continente. Che tipo di risposta ci si aspetta dalla V Conferenza sulla questione sociale in America Latina?

     
    R. – Intanto abbiamo nell’orizzonte dell’impegno della Chiesa anche – direi – una matrice, un programma di impegno sociale che è dato dalla dottrina sociale della Chiesa, dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e che è diffuso in tutto il mondo, che è stato assunto, presentato e – direi – progressivamente assimilato soprattutto da parte dei laici impegnati nella vita sociale e nella vita politica, ma anche dai religiosi e dalle religiose, dai sacerdoti e dai vescovi. Abbiamo, quindi, questa matrice che ci illumina, che ci spinge e che è la dottrina sociale della Chiesa. La V Conferenza, con la capacità di osservazione obiettiva dei fenomeni e delle situazioni, naturalmente individuerà poi – secondo le linee anche del magistero precedente, delle altre Conferenze che si sono succedute (pensiamo a Medellin, a Puebla, a Santo Domingo, etc) – le linee prettamente operative. Non c’è dubbio che tutte le componenti ecclesiali sono impegnate proprio nei due versanti: nel versante dell’evangelizzazione vera e propria e, quindi, nel consolidamento della fede cristiana, della conoscenza e dell’esperienza cristiana della vita in Cristo; e nel versante dell’azione sociale e della promozione umana. Le iniziative – pensiamo anche alle onlus, pensiamo anche a tutti i gruppi che operano, io stesso andrò personalmente in Perù ad accompagnare e ad incrementare l’azione di una associazione italiana, come l’Operazione Mato Grosso, che opera in America Latina - sono migliaia le iniziative che si pongono atti di solidarietà dall’antico continente europeo ed altri continenti proprio in aiuto all’America Latina. La Chiesa latinoamericana non farà altro che consolidare, ratificare, verificare, correggere magari i difetti e le deficienze, e quindi incrementare questa immensa attività, questo fiume di carità sociale, che attraversa tutta l’America Latina.

     
    D. – Quali sono, eminenza, le sue aspettative per questa Conferenza di Aparecida?

     
    R. – Anzitutto uno sforzo ed una riaffermazione dell’unità ecclesiale in questa missione che è affidata proprio alla Chiesa cattolica in America Latina, unità dei vescovi e delle Chiese locali fra di loro ed unità e comunione con il Papa e, quindi, con il supremo pastore della Chiesa universale, che viene a portare la sua parola, la sua solidarietà, a lanciare i suoi messaggi che – come avvertiamo, anche nell’esperienza di questi due anni di Pontificato di Benedetto XVI – sono così incisivi e così vicini alla gente e ai veri problemi della gente. Naturalmente il Papa mette ed intende mettere nel cuore della gente prima di tutto l’amore appassionato a Cristo e attende che i vescovi e i pastori della Chiesa, riuniti insieme ad Aparecida, mettano al primo posto l’amore appassionato a Cristo, unico ed universale Salvatore del mondo. Quindi lo sguardo a Cristo; l’unità tra di loro, ma con Cristo Salvatore; e poi l’incontro con Cristo nell’Eucaristia, con la frequenza alla Messa, soprattutto alla Messa domenicale, la sorgente di tutte quelle energie e di tutte quelle risorse che portano alla carità e all’amore verso il prossimo. Così come il Papa ha spiegato tanto bene nella sua Enciclica Deus Caritas Est. Credo che queste due linee – la linea di attrazione e di unità con Cristo e la linea operativa di azione caritativa, sociale ed anche politica dei membri della Chiesa nelle società in cui vivono, come lievito delle società in cui vivono – saranno le due linee maestre che saranno assunte e rilanciate proprio dalla V Conferenza dei vescovi latinoamericani.

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    Le Guardie Svizzere commemorano i caduti nella difesa del Papa durante il Sacco di Roma, il 6 maggio del 1527. Intervista con il colonnello Elmar Theodor Mäder

    ◊   La Guardia Svizzera Pontificia ricorda oggi i 147 commilitoni caduti per difendere Papa Clemente VII il 6 maggio 1527 durante il Sacco di Roma da parte delle truppe dell’imperatore tedesco Carlo V. Le 42 Guardie Svizzere sopravvissute agli scontri riuscirono a portare in salvo il Pontefice a Castel Sant’Angelo attraverso il “passetto”, la struttura muraria ancora oggi esistente, che collega il Vaticano al castello. Stamani, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, ha presieduto la Santa Messa per le Guardie nella Basilica Vaticana. La commemorazione vera e propria si è svolta al mattino nel Cortile d’onore della Caserma, mentre questo pomeriggio alle 17.00 il Cortile di San Damaso ospita la cerimonia del giuramento delle 38 reclute, alla presenza di ecclesiastici, diplomatici e dei familiari dei nuovi commilitoni. Ma cosa vuol dire oggi far parte della Guardia Svizzera? Risponde, al microfono di Giovanni Peduto, il comandante della Guardia Svizzera, il colonnello Elmar Theodor Mäder:


    R. – Per i giovani d’oggi rappresenta un’esperienza, normalmente la prima esperienza che fanno all’estero e quindi si tratta di un incontro con un’altra cultura, un’altra lingua. E’ una esperienza nel campo della sicurezza. Ci sono alcuni che vogliono anche sperimentare il “cameratismo”, che è molto presente nella Guardia Svizzera. Si tratta insomma di una “avventura”.

     
    D. - Qual è il ruolo della Guardia Svizzera riguardo alla sicurezza del Papa?

     
    R. - Noi abbiamo il compito della sicurezza personale del Santo Padre. Questo è un compito che possiamo garantire con il personale – diciamo – più anziano e, quindi, caporali, sergenti ed ufficiali, che sono circa 25-30, che si occupano specificatamente di questo settore della sicurezza. Il giovane che arriva da noi, quindi, ancora non svolge questo compito di sicurezza personale del Papa. Per noi è un po’ più facile riuscire a garantire la sicurezza del Papa, rispetto ad altri servizi di sicurezza esteri e questo perché il Vaticano è piccolo, ne conosciamo tutti gli angoli e l’area nella quale gira il Papa è continuamente sorvegliata sia dalla Guardia Svizzera che dalla Gendarmeria. Quando poi il Papa viaggia la sicurezza è anzitutto compito del Paese che ospita il Santo Padre, ma è certo che sono presenti anche guardie che fanno da collegamento tra la sicurezza locale e il seguito del Papa.

     
    D. - Qual è la sua esperienza personale? Perché è entrato a far parte della Guardia Svizzera?

     
    R. – Sono entrato per motivi – diciamo – vocazionali, anche se non si tratta ovviamente di una vocazione sacerdotale, che non ho. Ho sentito, però, alla fine dei miei studi, di lavorare concretamente per la Chiesa; incontrando un sacerdote svizzero qui a Roma, si è sviluppata questa idea, questa possibilità di diventare ufficiale della Guardia Svizzera. Per me è molto importante stare vicino al Papa, lavorare concretamente per lui. Ma anche il lavoro con i giovani mi sta veramente molto a cuore, perché hanno un’età – tra i 20 e i 25 anni, appunto – dove si lasciano ancora plasmare. Questo è un ruolo anche un po’ di insegnante. Quando noi guardiamo indietro alla nostra vita, capiamo che questa è una età molto intensa e molto importante. Se io posso dare loro qualcosa per il loro futuro, per me è molto soddisfacente.

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    Beatificata in Spagna Madre Carmen del Bambin Gesù: ha amato i più poveri con la forza dell'Eucaristia

    ◊   Il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, ha presieduto stamani ad Antequera, in Spagna, il rito di beatificazione di Madre Carmen del Bambin Gesù. Si tratta di una religiosa spagnola vissuta nel 1800, fondatrice della Congregazione delle Suore Terziarie Francescane dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, presente del campo dell’educazione e nell’assistenza ai poveri e ai malati. Nell’omelia il porporato ha ricordato che la Beata ha amato “ogni persona con l’amore di Gesù” con la forza che le veniva da una “fonte inesauribile”, l’Eucaristia. “Le sofferenze di questa vita – diceva Madre Carmen – sembrano niente di fronte alla gioia di poter ricevere ogni giorno Gesù-Eucaristia”. Sul carisma di Madre Carmen ecco quanto ha detto, al microfono di Giovanni Peduto, il postulatore della Causa di beatificazione, padre Antonio Saez de Albeniz:
     
    R. - Come fondatrice ha voluto vivere nella Chiesa lo spirito francescano guardando a Cristo e Maria nella grandezza dei Sacri Cuori, cioè, nell’amore infinito del Redentore e della Madre verso tutti, in particolare i più deboli, e insegnare poi a tutti quanti ad amare Dio. Ha voluto pure servire l’evangelizzazione tramite l’insegnamento e l’attenzione ai poveri e ai malati, e in genere nella cura dei bisognosi. Nel proprio Istituto ha voluto che le comunità vivessero una spiccata vita di famiglia nella fraternità e nella semplicità evangelica. Unite ai Sacri Cuori, le Suore devono vivere e mantenere l’unione, la compartecipazione e la gioia evangelica di essere insieme per il Regno.

     
    D. - In quale contesto è vissuta e in che maniera ha espletato la sua missione?

     
    R. - L’ambiente socio-politico del suo tempo, 1834–1899, è stato molto difficile e di grande instabilità. Ci sono stati diversi tentativi di colpi di Stato, alterazioni della vita normale della società, epidemie, e perfino persecuzione della Chiesa, oltre che disastri naturali che hanno fatto crescere la povertà e la miseria tra le classi più bisognose. Carmen che godeva di una posizione sociale ed economica abbastanza buona, cercò di aiutare come poteva la povera gente.

    D. - Vuole raccontarci un episodio significativo della sua vita?

     
    R. – Come fondatrice e religiosa sono stati ammirevoli il suo silenzio e la sua pazienza di fronte alle calunnie e alle false accuse che furono fatte pubblicamente nel Capitolo Generale celebrato a Valladolid. Al suo posto fu eletta un’altra superiora generale, ma furono molte le suore che ascoltarono le sue parole di perdono verso tutti coloro che l’avevano accusata.
    D. - Quale messaggio lascia al mondo d’oggi?

     
    R. - Il suo è un messaggio semplice ed evangelico: tutti siamo chiamati alla santità, e ognuno deve viverla nel proprio stato e secondo la vocazione ricevuta. Il dono della propria vita a Dio e la carità verso i più disagiati sono punti sui quali ha molto insistito. Possiamo dire che in essa si sono compiute le parole del Santo Padre nella sua Enciclica sulla carità: “I santi sono i veri portatori della luce nella storia, perché essi sono uomini e donne di fede, speranza e amore”. Essa ci dice che anche oggi, nel secolo XXI, il Signore chiama ed attende una risposta nella santità di vita e nell’apostolato.

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    Riscoprire le radici e il valore della pastorale sanitaria negli ospedali: così, il cardinale Lozano Barragán, a conclusione del III Congresso mondiale dell’Associazione Internazionale delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche (AISAC)

    ◊   “L’identità degli ospedali cattolici si basa sul fondamento della presenza di Cristo; unità tra le varie strutture sanitarie cattoliche, che non significa uniformità, ma collaborazione e scambio di esperienze; comunicazione tra le varie realtà sanitarie e le associazioni, tra le quali l’AISAC; rimanere in contatto con i vescovi incaricati della pastorale sanitaria nei vari Paesi per una maggiore collaborazione ed efficacia dell’evangelizzazione”: è questa la sintesi del III Congresso internazionale sulla pastorale sanitaria cattolica, tracciata dal cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, che ieri ne ha concluso i lavori in Vaticano. Il Congresso è stato promosso dallo scorso 2 maggio dall’AISAC, Associazione Internazionale delle Istituzioni Sanitarie Cattoliche. Il cardinale Lozano Barragán ha affidato a tutti i presenti un compito e una missione: “Andate al cuore della Chiesa applicando il Vangelo – ha esortato – I centri di cura cattolici devono compiere opera di evangelizzazione. E’ questa la caratteristica fondamentale che li contraddistingue dagli altri ospedali. Continuate la vostra opera nel futuro – ha aggiunto – vincolandovi ai rappresentanti continentali, perché voi siete i coordinatori”. Il porporato ha poi indicato nella rivista “Dolentium Hominum” del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute uno strumento utile di collaborazione e di collegamento con le varie realtà e associazioni ospedaliere cattoliche.

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    Oggi in Primo Piano



    Inizia all'Università Gregoriana un corso sulla Chiesa Cattolica rivolto a diplomaticici musulmani

    ◊   Inizia domani a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, un corso di introduzione alla conoscenza della Chiesa Cattolica, rivolto a diplomatici musulmani dei Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente. L’iniziativa, sul tema “La Chiesa Cattolica e la politica internazionale della Santa Sede”, sarà inaugurata domattina dal cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e durerà fino al 20 maggio. Dal 21 al 27 maggio il corso si sposterà a Torino. Sulle finalità di questo corso Luca Collodi ha ascoltato il padre gesuita Franco Imoda, presidente della “Fondazione La Gregoriana e docente presso la Gregoriana, e il prof. Roberto Papini, segretario generale dell’Istituto Internazionale Jacques Maritain e docente presso l’Università Lumsa di Roma:
     
    D. – Prof. Papini, qualcuno potrebbe chiedere perché questa attenzione così diretta al mondo islamico, quando il mondo islamico verso il mondo cattolico ha un dialogo spesso difficile…

     
    R. – Non c’è dubbio che il dialogo sia spesso difficile. Bisogna guardare, però, al di là di quello che i mass media ci trasmettono, in quanto riportano normalmente i fatti sensazionali, i momenti di maggiore difficoltà tra un mondo e l’altro. Alla fine bisogna comprendere che la grande maggioranza del mondo musulmano, come la grande maggioranza del mondo cristiano o post cristiano, ha convissuto dentro il Mediterraneo, in questo luogo di incontro straordinario, sì con momenti di conflitto, ma anche con momenti di mutuo arricchimento. E una delle difficoltà maggiori, a mio avviso, in questo tempo, è che c’è un’ignoranza reciproca fortissima. Come diceva un intellettuale palestinese, non si tratta tanto di uno scontro di civiltà, quanto di uno scontro di ignoranze.

     
    D. – Padre Imoda, l’importanza quindi della linea del dialogo. La Chiesa ci crede, lo fa senza nulla chiedere in cambio: ma questa linea ad oltranza sul dialogo che difficoltà presenta?

     
    R. – Se uno volesse fare un calcolo immediato delle risposte, forse potremmo farci delle domande più profonde. Ma la Chiesa opera sempre su tempi lunghi e c’è la grande esperienza secolare che ci insegna che seminare, anche se il raccolto non arriva subito, poi ripaga, soprattutto se viene fatto con spirito di servizio, con spirito di umiltà, e nella verità.

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    Al via a Roma l'assemblea dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali: le religiose di tutto il mondo vogliono promuovere la spiritualità della speranza. Intervista con suor Victoria Gonzales de Castejon

    ◊   Si è aperta oggi a Roma l’Assemblea plenaria dell’Unione Internazionale delle Superiore Generali sul tema “Sfidate a tessere una nuova spiritualità che generi speranza e vita per tutta l’umanità”. Con noi a parlarcene suor Victoria Gonzales de Castejon, segretaria generale dell’Unione. Giovanni Peduto le ha chiesto quale spiritualità richiede oggi l’umanità alle religiose:

     
    R. – Penso che l’umanità richieda una spiritualità che sia basata sulla parola, su Gesù. Il fondamento di tutta la spiritualità per noi religiose deve essere la Parola, con la "P" maiuscola, che vuole dire Gesù.

     
    D. - Perché l’interesse di molte giovani per la vita contemplativa, piuttosto che per la vita attiva?

     
    R. – Penso perché – non ho ovviamente nessuna certezza – hanno avuto in precedenza una vita molto attiva e molto poco silenziosa. Non hanno cioè scoperto la contemplazione, non hanno scoperto la contemplazione e il silenzio. Non hanno vissuto e sperimentato tutto questo. Ma c’è poi un momento della loro vita in cui sentono ed hanno bisogno di sperimentare il momento contemplativo. Forse dopo la troppa agitazione, il troppo movimento, la troppa fretta arrivano a desiderare uno spazio di maggior tranquillità.

     
    D. - E’ in atto una ripresa delle vocazioni alla vita religiosa femminile oppure è ancora in corso una certa crisi?

     
    R. – Questo è relativo ai diversi continenti. La situazione è molto diversa se si parla dell’Africa, dell’Asia o se si parla dell’Europa. In Europa le vocazioni sono diverse e riguardano donne molto più mature, che hanno già una loro professione avviata e consolidata. La situazione è ben diversa in Africa, così come in Asia. Quindi il dato relativo alla ripresa delle vocazioni è relativo e si differenzia a seconda dei continenti.

     
    D. - Perché una giovane dovrebbe abbracciare la vita religiosa?

     
    R. – Io qui, in realtà, cambierei il verbo “dovrebbe”. E questo perché penso che la vita religiosa sia per ciascuna persona un’opzione di vita, una delle tante, come potrebbe essere il matrimonio. Una giovane che scopre la bellezza della vita religiosa, questo per lei rappresenta una vocazione, un desiderio di seguire Cristo, donandosi agli altri.

     
    D. - In quali campi è più richiesta la presenza delle religiose?

     
    R. – In tutti. E questo perché oggi gli areopaghi sono tanti e diversi: ci sono le comunicazioni, continua purtroppo ad esserci la povertà e quindi i poveri, gli immigrati; ma ancora l’educazione, la scuola, il mondo intellettuale. Penso che la presenza religiosa sia importante ovunque essa sia necessaria e deve rispecchiare le capacità e le potenzialità di ciascuna religiosa: non tutte possono essere insegnanti di università o professoresse, né tanto meno tutte possono impegnarsi quotidianamente in una favelas. Io credo che la presenza della vita religiosa e quindi delle religiose sia importante in qualunque parte del mondo.

     
     

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    Intervista con il cardinale Peter Erdő sulle sfide della Chiesa nei Paesi ex comunisti dell'Europa

    ◊   Cardinali e vescovi di alcuni Paesi dell’Europa ex-comunista si sono incontrati il 2 e il 3 maggio scorsi a Praga per uno scambio di esperienze sul rapporto tra Stato e Chiesa. L’incontro è stato introdotto dal cardinale Miloslav Vlk, arcivescovo della città. “Diciassette anni dopo il cambiamento del sistema – ha detto il porporato - dobbiamo confrontare i nostri problemi per vedere come risolverli”. Nella Repubblica Ceca nei rapporti fra lo Stato e la Chiesa alcuni nodi devono essere ancora risolti, come la modalità della restituzione dei beni della Chiesa confiscati durante il comunismo. Nello stesso tempo cresce anche in quest’area il fenomeno del secolarismo. Come diffondere in questo contesto il messaggio evangelico? Marta Vertse lo ha chiesto al cardinale Peter Erdő, primate d’Ungheria e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:
     
    R. – Proprio per questo è così tanto importante l’utilizzo dei mezzi di comunicazione per arrivare alla gente, per offrire una informazione autentica e chiara sulla nostra fede, con la necessaria forza emotiva. Questa è una grande possibilità offerta dai mass media..

     
    D. – Eminenza, i partecipanti all’incontro hanno deciso di proseguire il dialogo e lo scambio delle esperienze?

     
    R. – Certamente, questo impegno è stato anche già manifestato a Budapest due anni fa, quando l’argomento principale riguardava il cambiamento antropologico in questa parte del continente europeo. Ovviamente non abbiamo nessuna intenzione di fondare una istituzione stabile per la collaborazione dei vescovi di questa nostra regione. Ma questi incontri occasionali su argomenti che ci interessano particolarmente sembrano molto utili e ci permettono anche di rafforzare la fratellanza fra di noi. Si può imparare molto dalle esperienze degli altri. Le sofferenze ed i problemi attuali sono tra l’altro molto comuni in queste società. Anche la questione della giustizia sociale, che sta tornando fortemente in primo piano, deve essere affrontata tenendo presente ed anche diffondendo la Dottrina sociale della Chiesa, che malgrado l’eventuale indifferenza della società verso l’insegnamento della Chiesa, costituisce una base oggettivamente solida per affrontare e risolvere le diverse e gravi questioni relative alla giustizia.

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    Il cardinale Kasper ricorda il cardinale ungherese Mindszenty nell'anniversario della morte

    ◊   Il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, ha presieduto questa mattina nella Chiesa romana di Santo Stefano Rotondo al Celio una concelebrazione eucaristica nel 32.mo anniversario della morte del cardinale ungherese József Mindszenty. Perseguitato dal regime comunista ungherese, il cardinale Mindszenty trascorse numerosi anni nelle carceri del Paese per poi morire in esilio a Vienna il 6 maggio 1975. Per ricordare questo coraggioso testimone del Vangelo Marta Vertse ha intervistato lo stesso cardinale Kasper:

    R. – Il cardinale Mindszenty è stato un testimone, un simbolo della resistenza contro un sistema inumano, un sistema ateo, un sistema contro Dio e contro gli uomini. Il cardinale Mindszenty è, quindi, un martire nel senso proprio del termine. Il martire nella Bibbia è, infatti, un testimone, che dà la testimonianza e non soltanto con le parole, ma con la sua vita e la sua sofferenza.

     
    D. – Quale messaggio rappresenta il cardinale Mindszenty per le generazione di oggi che non lo conoscono?

     
    R. – Le generazioni di oggi e soprattutto i giovani che ovviamente non erano presenti in quel tempo non possono riuscire ad immaginare questa situazione. Si tratta di esempi, di simboli che dobbiamo ricordare anche per dare speranza, per dare forza ai giovani di oggi, affinché si affidino alla forza dello Spirito, alla forza della fede ed affinché abbiano speranza anche in situazioni molto difficili. Questo cardinale lo ha fatto e ha sofferto molto. Non si è trattato soltanto della sua resistenza al comunismo perchè il cardinale Mindszenty ha resistito prima ai comunisti e poi ha resistito ai nazisti, e ha pagato sempre con la prigione. Ha protestato contro l’espulsione dei tedeschi in Ungheria, ma ha anche protestato contro l’espulsione degli ungheresi in Slovacchia. Il cardinale Mindszenty ha sempre preso la parola in favore dei diritti degli uomini, che sono i diritti di Dio.

     
    D. – Il cardinale Mindszenty, durante la sua lunga prigionia, teneva sempre con sé un santino con Gesù agonizzante, vinto ma vittorioso. Possiamo dire anche di lui che è stato vinto, ma che è lui il vincitore?

     
    R. – L’epitaffio sulla sua tomba dice: “humiliatus in vita, exaltatus in morte”. questo è proprio un motto cristologico: Gesù è stato vinto sulla Croce, ma ha conquistato la morte. Anche il cardinale Mindszenty è stato vinto nella sua vita, sotto molti aspetti, ma il suo spirito ha prevalso alla fine. Il cardinale Mindszenty ha certamente contribuito al crollo del comunismo.

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    In Italia si celebra la VI Giornata Nazionale per l'Epilessia

    ◊   Far conoscere a pazienti e famiglie le reali opportunità di diagnosi e cura dell’epilessia e diffondere una corretta informazione. E’ l’obiettivo della VI Giornata Nazionale per l'Epilessia che si celebra oggi. Promossa dalla LICE, la Lega Italiana contro l'Epilessia, la giornata ha, infatti, come tema: “Informarsi per non avere paura”. In Italia le persone affette da questa malattia sono 500 mila e ogni anno vengono diagnosticati 25 mila nuovi casi, cifre che pongono l’epilessia al terzo posto dopo le patologie cardio-vascolari e con deficit intellettivo e sensoriale. Antonella Villani ha chiesto al presidente della LICE Paolo Tinùper, in che cosa consista la malattia:

    R. – Consiste nella presenza di crisi che si ripetono nel tempo, ad intervalli variabili, in persone che per lo più sono per il resto normali.

     
    D. – Che cos’è che spaventa?

     
    R. – E’ la non prevedibilità della crisi. Quindi il paziente che in quel momento sta compiendo un’azione normale, improvvisamente viene colto da un malore più o meno importante e, anche per un attimo solamente, può distrarsi e poi ritorna tutto normale.

     
    D. – Voi per aiutare questi paziente avete, tra l’altro, stilato anche delle linee guida per medici di base e pronto soccorso ospedaliero. E' un disturbo ancora poco conosciuto anche per gli specialisti?

     
    R. – Il disturbo è conosciuto, ma i metodi di terapie nelle varie situazioni non è uniforme. Il nostro compito, quindi, come società scientifica è quello di diffondere una conoscenza che sia attuale e che sia attuabile in tutte le situazioni del territorio e quindi sia dal medico di base che dal Pronto Soccorso, le Rianimazioni ed anche le Neurologie.

     
    D. – Altro tabù che cade è quello che le donne epilettiche rischiano la vita in gravidanza o addirittura possono partorire, a loro volta, figli malati…

     
    R. – Questo è varamente un pregiudizio! Quattro bambini su mille circa nascono da donne con epilessie, la maggior parte delle quali prende dei farmaci antiepilettici e la probabilità di avere un bambino normale in una donna con epilessia che prende farmaci è superiore al 90 per cento. Quindi bisogna programmare la gravidanza, gestire le situazioni, scegliere i farmaci, ma le donne con l’epilessia, nella stragrande maggioranza dei casi, possono ed hanno bambini sani.

     
    D. – Per migliorare l’informazione sull’epilessia avete istituito tre Borse di Studio da assegnare ai migliori cortometraggi realizzati dalla Scuola Nazionale di Cinematografia. Come mai questa scelta?

     R. – Perché volevamo avere tre documenti che fossero facilmente comprensibili, distribuibili su tutto il territorio e visibili.

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    Chiesa e Società



    Il cardinale Bertone in visita a San Giovanni Rotondo: “Il Papa non potrà sottrarsi dall’accogliere l’invito a venire nella città dove operò San Pio da Pietrelcina”

    ◊   “Il mondo guarda a voi e il Papa non potrà sottrarsi dall’accogliere l’invito a venire a San Giovanni Rotondo. Anche se dovrete avere un po’ di pazienza, perché la programmazione dei viaggi del Papa si estende nel tempo”: si è rivolto così, ieri, alla gente di San Giovanni Rotondo, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, citato dal quotidiano Avvenire. Nella città dove operò San Pio da Pietrelcina, il porporato ha benedetto la prima Pet Tac pugliese, installata nel poliambulatorio Giovanni Paolo II della “Casa Sollievo della Sofferenza”. Un gesto avvenuto a chiusura delle celebrazioni del 50.mo dell’ospedale voluto da Padre Pio. “Sono lieto e onorato – ha detto il cardinal Bertone – di essere con voi in questa terra benedetta da San Francesco, da altri santi e da San Pio. Sono lieto di essere qui per questo 50.mo anniversario della ‘Casa Sollievo della Sofferenza’, questo monumento di carità, così come è stato definito”. E ha concluso: “Andremo a inaugurare attrezzature nuove e avveniristiche, tecnologicamente perfette, ma al di là di queste è sempre necessario un supplemento di carità, come diceva Padre Pio”. Questa mattina, poi, il cardinal Bertone ha celebrato la Santa Messa nel pronao della “Casa Sollievo della Sofferenza”. (R.M.)

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    Vescovi svizzeri: sì ai minareti, ma nel rispetto di tutte le leggi

    ◊   Elevare minareti in Svizzera? “Sì, se la loro costruzione è conforme in tutto alle leggi. No, se sono evidenti o soggiacenti obiettivi che possono minacciare la pace religiosa in Svizzera”. In questi termini si è espresso mons. Pierre Bürcher, vescovo ausiliare di Losanna-Ginevra-Friburgo e presidente, nell’ambito della Conferenza episcopale elvetica, del GTI, il Gruppo di lavoro sull'Islam. Giovedì, a Berna, è stata lanciata la raccolta di firme per chiedere un referendum nazionale contro la costruzione di minareti. L’iniziativa popolare intende completare l’articolo 72 della Costituzione, che autorizza la Confederazione e i Cantoni a prendere provvedimenti per preservare la pace pubblica fra diverse comunità religiose. I referendari chiedono che sia aggiunta nell’articolo la frase “la costruzione di minareti è vietata”. Attualmente, in Svizzera vi sono due minareti che chiamano i musulmani alla preghiera, uno presso la moschea di Ginevra, l’altro a Zurigo, ma sono stati presentati nuovi progetti di costruzione. Per mons. Bürcher, la costruzione di nuovi minareti è secondaria, primaria è invece l’attenzione che bisogna porre alle attività nelle moschee. Naturalmente, i nuovi minareti non devono produrre sonorità. “Ricordiamo – avverte mons. Bürcher – che in numerosi Paesi a maggioranza musulmana le chiese sono senza campane”. Il Gruppo di lavoro Islam – aggiunge il suo presidente – “non si oppone alla costruzione dei minareti, ma invita tutte le persone coinvolte in essa al rispetto delle leggi e a un serio discernimento”. La Svizzera conta 7 milioni e mezzo di abitanti: 300 mila i musulmani, in maggioranza originari dei Balcani. (A.M.)

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    Presidenziali in Mali: dopo i risultati contestati, appello alla calma dei leader religiosi

    ◊   “Ansiosi di preservare un clima post-elettorale di pace, stabilità e fratellanza”, gli esponenti religiosi cattolici, protestanti e musulmani del Mali si sono riuniti presso l’arcivescovado di Bamako per analizzare la situazione creatasi dopo il primo turno delle presidenziali di domenica scorsa: il Fronte per la democrazia e la repubblica (FDR) all’opposizione continua a non riconoscere la vittoria del presidente uscente, Amadou Toumani Touré (ATT) che, secondo i nuovi risultati definitivi, ha ottenuto il 70,89% delle preferenze contro il 19,08 del suo principale sfidante, Ibrahim Boubacar Kéita (IBK). Al centro delle polemiche sulla validità del voto è il basso tasso di partecipazione (36,17%). In un messaggio giunto all’agenzia MISNA, l’arcivescovo Jean Zerbo per la Chiesa cattolica, il pastore Daniel Tangara per quella protestante ed Elhadj Thierno Thiam per l’Alto consiglio islamico esortano “tutti i cittadini del Mali che vivono nel Paese o all’estero, i media nazionali e privati, nazionali e internazionali, i partiti politici, le associazioni, i sindacati, le ONG e ogni uomo di buona volontà a unire i loro sforzi e utilizzare ogni mezzo per mantenere il clima di quiete, solidarietà e condivisione che caratterizza il Paese, motivo di fierezza, visto che viene citato come modello ovunque nel mondo”. (R.M.)

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    Il Brasile dedica un francobollo a Benedetto XVI per celebrare l’imminente visita del Papa

    ◊   Un francobollo brasiliano celebrerà il Papa durante la sua prossima visita in Brasile, in programma dal 9 al 13 maggio. Lo rende noto l’agenzia Ansa, secondo cui il francobollo, del valore di un real (37 centesimi di euro), mostrerà in primo piano l’immagine di Benedetto XVI con sullo sfondo il Santuario mariano di Aparecida, 160 chilometri da San Paolo, dove il Papa inaugurerà il 13 maggio la V Conferenza generale dell’Episcopato Latinoamericano e Caraibico. Il francobollo verrà presentato al Papa il prossimo 10 maggio, durante l’'incontro col presidente brasiliano, Luiz Inacio Lula da Silva, nel palazzo del governatore di San Paolo. Avrà una tiratura di oltre due milioni di unità. (R.M.)

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    L’impegno dei Gesuiti in Burkina Faso: una rete idrica per la popolazione

    ◊   Realizzare un sistema di irrigazione per uso agricolo in una zona in cui è appena stata ricostruita una diga: è l’impegno del Magis, ONG dei gesuiti italiani da anni coinvolta in vari progetti per portare l’acqua alla popolazione del Burkina Faso. Tra questi, l’agenzia MISNA segnala la recente ricostruzione, nell’area di Roumtenga, a nordest della capitale, Ouagadougou, di una preesistente diga in terra, rovinata dalle piogge del 1999. L’opera – sottolinea il Magis – ha consentito il ripristino di un bacino idrico che garantiva, nella stagione secca, un’importante riserva di acqua per irrigazione. In questo modo, lungo il perimetro della diga ‘rinnovata’ è stato possibile realizzare orti sperimentali e produrre ortaggi di buona qualità. Tra le altre cose, il Magis ha contribuito anche alla costruzione di centinaia di pozzi in un’area di oltre 400 chilometri quadrati nelle zone di Roumtenga e Dissin, per garantire acqua per uso domestico in un Paese, il Burkina Faso, afflitto dal problema delle fonti idriche e classificato dall’ONU tra i più arretrati del mondo. (R.M.)

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    Attivisti di Burundi e Sri Lanka vincono il premio di 'fuoriclasse' dei diritti umani

    ◊   “Simboli del movimento per i diritti umani nei rispettivi Paesi, dove lottare per la democrazia è un’attività pericolosa”: con questa motivazione, un difensore dei detenuti in Burundi e due attivisti contro gli abusi della guerra civile in Sri Lanka hanno ricevuto il ‘Martin Ennals Award for Human Rights Defenders 2007’, riconoscimento attribuito da 11 delle principali organizzazioni per i diritti umani nel mondo. Come riferisce l’agenzia MISNA, i cingalesi, Rajan Hoole e Kopalasingham Sritharan, hanno documentato per 18 anni, “con grande rischio personale”, gli abusi commessi sia dalle forze armate, sia dai ribelli delle Tigri per la liberazione della patria tamil (LTTE). Sempre pronti a evidenziare le pesanti conseguenze del conflitto su bambini, donne, minoranze e profughi, i due sono spesso stati lasciati soli dalle autorità e costretti a lavorare in segreto per un decennio, dopo l’assassinio di un collega. Dedicata ai circa nove mila detenuti in attesa di giudizio nelle affollate prigioni del Burundi è stata invece la battaglia di Pierre Claver Mbonimpa, ex poliziotto recluso dal 1994 al 1996 con false accuse. Uscito dal carcere, si è impegnato contro la tortura ed è stato lodato per aver sempre difeso in modo equanime i diritti degli esponenti delle tre etnie hutu, tutsi e batwa. (R.M.)

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    Russia: nelle carceri, sono 1100 i cappellani di diverse confessioni religiose

    ◊   Nelle prigioni russe svolgono oggi il proprio ministero più di 1100 cappellani di diverse confessioni religiose: lo ha reso noto il prete Alexandre Dobrodeev, responsabile per il Patriarcato di Mosca dei rapporti con gli organi di giustizia, in un recente incontro internazionale promosso dall’arcidiocesi della Madre di Dio a Mosca. Il pope ha aggiunto che sono 70 mila gli incarcerati credenti, su un totale di 862 mila. Tra questi, 50 mila donne, 21 mila minori e 500 bambini nati in carcere. “Tutti – ha sottolineato – hanno bisogno non soltanto di condizioni fisiche degne, ma anche di un sostegno umano e spirituale”. Nelle carceri russe, oltre alle diverse cappelle cristiane, ai luoghi di preghiera e a una decina di moschee, funzionano 228 scuole di catechismo frequentate da 7.500 detenuti. Secondo l’arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz, molti cappellani cattolici praticano oggi il ministero nelle carceri russe, soprattutto nella regione di Kaliningrad, la più occidentale della Russia. “Abbiamo iniziato da poco questo tipo di ministero – ha rilevato il presule – e possiamo approfittare della ricca esperienza di lavoro della Chiesa ortodossa russa nelle carceri. Alcuni preti ortodossi compiono spesso atti veramente eroici nel servizio nelle carceri”. (A.M.)

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    A Napoli, la liquefazione del sangue di San Gennaro. Il cardinale Sepe: “Stiamo dalla parte degli ultimi”

    ◊   Si è rinnovato ieri sera a Napoli, nella chiesa di Santa Chiara, l’evento della liquefazione del sangue di San Gennaro, durante la celebrazione presieduta dall’arcivescovo della città, il cardinale Crescenzio Sepe. “Non abbiate paura – ha esortato il porporato durante l’omelia, citata dal quotidiano Avvenire – abbiate il coraggio alternativo di schierarvi laddove si schiera Cristo, dalla parte degli ultimi, dei poveri, dei miti, di coloro che piangono, di chi è perseguitato a causa della giustizia”. “Abbiate il coraggio – ha aggiunto il cardinale Sepe, rivolgendosi alle mamme e ai giovani – di denunciare il falso coraggio di quella temerarietà tracotante del falso potere, del malaffare, della delinquenza, dell’illegalità, di quella temerarietà di chi crede di farla sempre franca, di chi crede di avere il coraggio di sfidare la legge, di quella temerarietà che sta devastando la nostra città, generando spesso paura”. “Vi esorto – ha concluso – ad avere il coraggio alternativo dei cristiani, che è contro ogni paura”. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    Panormaica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco

    ◊   - In Francia si scrive oggi l’ultimo capitolo delle elezioni presidenziali. All’appuntamento sono chiamati oltre 44 milioni di elettori e, in base agli ultimi dati, la partecipazione alle urne è alta. La sfida contrappone il candidato di centro destra Nicolas Sarkozy, vincitore al primo turno dello scorso 22 aprile, alla socialista Ségolèn Royal, in netto svantaggio secondo gli ultimi sondaggi. Il servizio, da Parigi, di Francesca Pierantozzi:

    Si annuncia una partecipazione record in Francia per scegliere il successore di Jacques Chirac all’Eliseo: il tasso di affluenza a metà giornata ha già superato il 34 per cento, tre punti in più rispetto al primo turno di due settimane fa, quando i francesi si erano mobilitati in massa. Netto aumento della partecipazione anche nei territori d’oltremare, in Guiana, Guadalupa, nell’arcipelago di Saint Pierre et Miquelon, dove si è votato ieri e dove si sono registrati aumenti della partecipazione anche di nove punti. A metà giornata si sono recati alle urne anche i due candidati in gara, Nicolas Sarkozy a Neuilly, alle porte di Parigi, e Ségolène Royal a Melle, suo feudo elettorale nel centro della Francia. Fino all’ultimo, i sondaggi hanno dato Sarkozy vincitore di questo duello che ha appassionato i francesi e che è stato a tratti anche molto duro. Le ultime cifre davano il neogollista addirittura al 55 per cento contro la candidata socialista al 45. Per la sinistra sarebbe una vera disfatta. Prima di chiudere la campagna elettorale, la Royal, che ha fatto grandi aperture verso il centro, ha messo in guardia dalla candidatura di Sarkozy, deifinita “pericolosa” e una “minaccia per la democrazia”. “Sono dichiarazioni offensive", ha risposto Sarkozy. I risultati saranno resi noti questa sera alle 20. La destra prepara già una festa in place de la Concorde.
    Da Parigi, Francesca Pierantozzi, per la Radio Vaticana.

    - La violenza continua a devastare l’Iraq: alla notizia di nuovi attentati a Baghdad, costati la vita ad oltre 50 persone, si aggiungono le agghiaccianti immagini di filmati con le tragiche sequenze dell’uccisione di un soldato iracheno e della lapidazione di una giovane donna. Il nostro servizio:

    In Iraq, gli attacchi dei ribelli continuano con modalità e in luoghi ormai drammaticamente consueti: l’esplosione di un’autobomba nei pressi di un mercato, in un quartiere sciita di Baghdad, ha provocato la morte di almeno 30 persone. Poco dopo, la deflagrazione di un ordigno in un altra zona, ha causato 20 morti. Violenze anche a Samarra, dove un gruppo di insorti ha attaccato una caserma uccidendo 7 militari iracheni. Negli Stati Uniti, intanto, il presidente George Bush ha chiesto al Congresso di approvare una nuova legge per il finanziamento della guerra in Iraq. La Casa Bianca teme una più intensa serie di violenze nel Paese arabo se non verranno subito messi a disposizione i fondi richiesti. Dall’Iraq arrivano poi raccapriccianti filmati: un gruppo vicino ad Al Qaeda ha pubblicato su un sito integralista le tragiche immagini dell’uccisione di un soldato iracheno, accusato di far parte di quelli che vengono definiti “squadroni della morte”. Queste formazioni sarebbero coordinate, secondo l’organizzazione terroristica, dal governo sciita per colpire i sunniti. Sempre su internet, è stato diffuso un video su una barbara e antica pratica che continua ad essere eseguita in alcuni Paesi. Il filmato mostra le drammatiche sequenze della lapidazione di una giovane irachena, ritenuta colpevole di aver offeso la propria comunità, di culto yazidi, per essersi innamorata di un ragazzo sunnita. All’uccisione della ragazza assistono, con agghiacciante indifferenza, agenti iracheni e varie persone. Gli yazidi sono circa 500 mila e vivono prevalentemente nel nord dell’Iraq, nel Kurdistan iracheno. Parlano un dialetto curdo e seguono una religione preislamica. La comunità degli yazidi è vissuta per secoli pacificamente accanto a musulmani e cristiani. Ma in questi ultimi anni è stata ripetutamente minacciata da estremisti sunniti.

    - In Afghanistan si continua a combattere e a morire: sono 30 le vittime, tra cui otto agenti di polizia e 17 talebani, di furiosi scontri avvenuti ieri pomeriggio nel distretto centrale di Bakwa, nella provincia occidentale di Farah. Lo hanno riferito fonti militari americane precisando che negli scontri si sono contrapposti militanti islamici e agenti afgani appoggiati da elicotteri della coalizione. I talebani hanno poi ulteriormente posticipato l’ultimatum per la sorte del cooperante francese e dei tre suoi collaboratori afghani, rapiti lo scorso 3 aprile nel sud-ovest del Paese. La scadenza, prorogata fino alla conclusione delle elezioni presidenziali in Francia, è stata adesso fatta slittare fino alla formazione del nuovo governo francese. I sequestratori chiedono in cambio del rilascio degli ostaggi la liberazione di alcuni ribelli detenuti.

    - Violenze anche nei Territori Palestinesi, dove almeno una persona è rimasta uccisa in seguito ad un attacco sferrato da un commando di miliziani contro una scuola gestita dall'ONU a Rafah, nel settore meridionale della Striscia di Gaza. La vittima è un responsabile della sicurezza di al-Fatah, partito del presidente Abu Mazen. L'istituto preso d'assalto nella cittadina, situata a ridosso del confine con l'Egitto, è gestito dall'Agenzia di soccorso delle Nazioni Unite per i Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente.

    - In Turchia, il processo per l’elezione del presidente continua ad essere travagliato: esattamente come lo scorso 27 aprile, non è stato raggiunto il numero legale e il Parlamento non ha potuto eleggere il nuovo capo di Stato. L’opposizione, formata soprattutto da partiti laici, teme una predominanza di esponenti islamici nelle istituzioni e per questo boicotta le votazioni. L’unico candidato, il ministro degli Esteri Gul, si è ritirato dalla corsa per la presidenza. La prossima consultazione si terrà il 9 maggio ma non è comunque da escludere che l’elezione del nuovo presidente avvenga fuori dal Parlamento. Nel pomeriggio è prevista infatti la discussione, e probabilmente anche la votazione, della mozione presentata dal partito filoislamico - attualmente al governo - su una proposta di riforma costituzionale. Tale riforma prevede l’elezione diretta del capo dello Stato da parte del popolo.

    - Tensione alta anche in Pakistan, dove centinaia di persone sono state arrestate ieri nel corso di una serie di manifestazioni organizzate in favore del presidente della Corte Suprema, Iftikhar Chaudry. Il giudice, sospeso dal capo di Stato, Parvez Musharraf, rifiuta di dimettersi. Il magistrato, accusato di abuso di potere, ha più volte denunciato ingerenze da parte del presidente Musharraf.

    - In Spagna, il tribunale supremo ha vietato oggi alla stragrande maggioranza delle liste indipendentiste basche di partecipare alle elezioni amministrative del 27 maggio ritenendole “infiltrate” dal partito fuorilegge Batasuna, considerato braccio politico dell’ETA. Batasuna, che è considerata una formazione illegale è non può prendere parte alle elezioni, ha avvertito sulle “gravissime conseguenze” di un boicottaggio della sinistra indipendentista alla votazione del 27 maggio. L’ETA, che mantiene formalmente una tregua unilaterale, ha reso noto che considererà questo provvedimento un atto ostile da parte del governo.

    - In Cina, almeno 15 persone sono morte per un’esplosione avvenuta in una miniera di carbone nel nord del Paese. Altri 15 operai risultano dispersi e più di 90 sono riusciti a fuggire. Nelle miniere cinesi i sistemi di sicurezza vengono considerati, in molti casi, secondari rispetto alle esigenze di produzione: la cospicua crescita economica di questi anni continua infatti ad alimentare una sempre maggiore richiesta di carbone. Ma l’incremento delle attività estrattive non viene solitamente accompagnato da migliori condizioni di lavoro.

    - Nuova sciagura aerea in Africa: un velivolo francese della MFO, la missione della Forza e degli Osservatori Multinazionali in Sinai, è precipitato in Egitto per cause ancora da accertare. Fonti di sicurezza hanno riferito che sono morte nove persone. La tragedia è avvenuta poche ore dopo lo schianto in Camerun di un aereo con a bordo 115 persone.


    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 126

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