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SOMMARIO del 04/05/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Superare le tensioni tra culture e religioni e sostenere l’avvio di un serio negoziato per il Medio Oriente: Benedetto XVI ne ha parlato con l’ex presidente iraniano, Khatami, ricevuto in udienza. Intervista con mons. Piero Coda

  • Le Chiese di Serbia, Montenegro e Macedonia lavorino per sanare le ferite del passato e per costruire l’Europa del futuro, tra dialogo religioso e rispetto civile

  • Nomine
  • Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica delle Filippine sulla protezione dei beni culturali della Chiesa cattolica


  • Chiuderà per tre anni la Biblioteca Apostolica Vaticana per urgenti lavori di consolidamento dell'edificio. Intervista con il prefetto, il vescovo Raffaele Farina
  • Presieduta dal cardinale Bertone, nella Basilica di San Pietro, l’ordinazione del nuovo vescovo della diocesi di Cassano allo Jonio, Vincenzo Bertolone

  • Oggi su "L'Osservatore Romano"
  • Oggi in Primo Piano

  • Contro il global warming, siglato a Bangkok un accordo ONU che mira contenere l'aumento delle temperature medie. Intervista con il prof. Vicenzo Altale
  • Tensioni post-elettorali in Nigeria, mentre continuano le scorrerie del MEND. Intervsita con Raffaello Zordan
  • Meno figli, più disagio economico e incertezza lavorativa: il quadro della famiglia italiana in un'indagine del parlamento
  • Chiesa e Società

  • L’arcivescovo di Mariana, in Brasile, Dom Geraldo Lyrio Rocha, eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale brasiliana. Succede al cardinale primate, Geraldo Majella Agnello
  • “Prima che sia troppo tardi”: tema della Campagna per la lotta alla povertà promossa da Volontari nel Mondo-FOCSIV e da Caritas Italiana
  • Pubblicato il rapporto annuale sulle vocazioni sacerdotali negli Stati Uniti: 475 gli ordinandi, un terzo dei quali stranieri
  • Attese oltre tre mila persone, a Varsavia, per il IV Congresso Mondiale delle Famiglie

  • Azerbaijian: dedicazione, a Baku, della prima e unica chiesa del Paese

  • Dall’inizio dell’anno, 29 giornalisti uccisi e 129 professionisti incarcerati: presentato da Reporters sans frontières il quadro della libertà di informazione nel mondo
  • Alla presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, aperto ad Ariccia il 56.mo Capitolo generale dei Camilliani
  • A Roma, Seminario del Centro sportivo italiano (CSI) su “Lo sport è di casa nella Chiesa”
  • 24 Ore nel Mondo

  • panoramica del 4 maggio 2007
  • Il Papa e la Santa Sede



    Superare le tensioni tra culture e religioni e sostenere l’avvio di un serio negoziato per il Medio Oriente: Benedetto XVI ne ha parlato con l’ex presidente iraniano, Khatami, ricevuto in udienza. Intervista con mons. Piero Coda
     

    ◊   Un segnale forte per il dialogo interreligioso e la convivenza civile in Iran: con queste premesse era stata annunciata dal nunzio apostolico in Iran, l'arcivescovo Angelo Mottola, la visita compiuta oggi al Papa, in Vaticano, dell’ex presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Seyyed Mohammad Khatami, giunto ieri sera a Roma. Durante il colloquio è stato auspicato di poter superare le tensioni che segnano i nostri tempi ed espresso sostegno ad iniziative forti per avviare un negoziato serio sul Medio Oriente, come la conferenza sull’Iraq chiusa oggi a Sharm-el-Sheikh. Il servizio di Roberta Gisotti:
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    Benedetto XVI è stato a colloquio stamani per circa mezz’ora con l’ex capo di Stato iraniano, che si è poi soffermato un’altra mezz’ora con il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, accompagnato dall’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati. “Conversazioni" - informa una nota della della Sala stampa vaticana - che “hanno permesso di soffermarsi sull’importanza di un sereno dialogo tra le culture, inteso a superare le gravi tensioni che segnano il nostro tempo e a promuovere una fruttuosa collaborazione a servizio della pace e dello sviluppo di tutti i popoli. Si è accennato pure - prosegue la nota - alle condizioni ed ai problemi delle comunità cristiane in Medio Oriente ed in Iran”. E, riguardo “alla situazione del Medio Oriente, è stata ribadita la necessità di iniziative forti della comunità internazionale” - come la Conferenza sull’Iraq a Sharm-el-Sheikh - “in ordine all’avvio di un negoziato serio, che tenga conto dei diritti e degli interessi di tutti, nel rispetto della legalità internazionale e nella consapevolezza - conclude la nota - che occorre ricostruire la fiducia reciproca”. Al termine del colloquio tra Benedetto XVI e Khatami, lo scambio dei doni: l’ex presidente iraniano ha offerto una pubblicazione di pitture del suo Paese con immagini simboliche sul tema della pace, e il Papa ha ricambiato con un’artistica penna dedicata ai 500 anni dei Musei Vaticani. Una visita dunque attesa, quella di Khatami a Benedetto XVI - in agenda già dal novembre scorso, poi annullata “per motivi di ordine internazionale”, dopo le reazioni del mondo musulmano al discorso del Papa nell’Università di Ratisbona.

    Da ricordare il precedente incontro, nel marzo ’99, tra Khatami - che ha guidato il suo Paese dal ‘97 al 2005 - e Giovanni Paolo II, il primo nella storia di un presidente iraniano con il Papa in Vaticano, improntato - si commentò allora - in uno spirito di dialogo tra musulmani e cristiani. E bene aprono alla speranza le parole di Khatami al suo arrivo ieri sera a Roma. “In un mondo in cui la cosa più importante è la violenza già parlare di pace sarebbe tantissimo”, ha detto l’ex presidente iraniano salutando i partecipanti al Convegno alla Pontificia Università Gregoriana sul tema “Dialogo interculturale: una sfida per la pace”. E stamani, ancora nella stessa sede ha auspicato “sforzi comuni in futuro” con il Papa per curare “le sofferenze di questo mondo”, ma forse - ha aggiunto - un solo incontro non può bastare, perchè “le ferite sono purtroppo molto ampie”. Fitta d’impegni l’agenda di Khatami in Italia, dove resterà fino al 10 maggio per incontrare il presidente del Consiglio Prodi, oltre al ministro degli Esteri, Massimo D’Alema, al presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, al presidente dell’Unione interparlamentare, Pierferdinando Casini, e diverse altre autorità politiche e religiose a Napoli, Palermo, Milano, Forlì e Bari.

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    Si è aperta dunque ieri pomeriggio e si è chiusa stamane a Roma, presso la Pontificia Università Gregoriana, la conferenza su “Dialogo interculturale, una sfida per la pace”, promossa dalla fondazione “La Gregoriana” e dall'ambasciata iraniana presso la Santa Sede, che ha visto la partecipazione dell'ex presidente iraniano, Mohammad Khatami. Al centro del dibattito, il rapporto fra cattolicesimo e islam, con riferimento alla situazione iraniana. Eugenio Bonanata ha intervistato mons. Piero Coda, docente di Teologia alla Lateranense:

     
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    R. - Il valore di questa Conferenza è quello di una tappa - direi - storica nel cammino dell’incontro tra cristianesimo ed islam e in particolare islam sciita, quello che vive in Iran, in quanto la presenza qui a Roma del presidente Khatami, in un dialogo profondo e serrato con il cristianesimo e con la cultura occidentale, è sintomo di una grande apertura e della volontà non solo di mantenere, ma anche di far compiere dei salti qualitativi in avanti nel dialogo, appunto, tra cristianesimo ed islam.

     
    D. - In che misura è possibile in Iran parlare di dialogo interreligioso?

     
    R. - L’islam ha in se stesso, proprio in base ai suoi testi fondatori e alla sua esperienza bimillenaria, le virtualità necessarie per aprire degli spazi di dialogo con il cristianesimo, con le altre religioni e con la cultura moderna. La prima fondamentale linea di questa fondazione di possibilità del dialogo è il fatto stesso di credere nella rivelazione di Dio e, quindi, in una parola che è rivolta all’uomo e che fa l’uomo capace di ascolto, di apertura e misericordia verso l’altro.

     
    D. - Le differenze fra le due religioni sono evidenti, ma come si può evitare lo scontro di civiltà e parlare dunque di pace?

     
    R. - Lo scontro di civiltà bisogna vedere quanto nasca dalle viscere di queste tradizioni di fede e quanto invece nasca dalle sovrastrutture che una vita politica ed economica del nostro tempo tendono a porre anche sulle tradizioni religiose e mettendole, quindi, in concorrenza fra di loro.

     
    D. - In Occidente, in Europa è l’immigrato a rappresentare il volto dell’islam, questo immigrato che fa paura e con cui, in alcuni casi, è difficile relazionarsi…

     
    R. - Occorre diventare capaci di relazionarsi con gli altri. Non si diventa così con il semplice tocco di una bacchetta magica, ma è necessario dialogare, essere aperti, essere misericordiosi, come il Buon Samaritano di cui parla Gesù. E’ certamente un’arte difficile. Occorre oggi educarsi, tutti e non solo le nazioni occidentali - che per tanti motivi aprono le loro porte ad un forte flusso di immigrazione - ma anche altre terre ed altre civiltà della terra si aprono oggi ad un confronto diverso, ad un maggiore movimento. E’, come dire, in modo del tutto speciale, una caratteristica del nostro tempo quella del dialogo.

     
    D. - Ecco, quindi, il presente, la modernità, il futuro e quindi i nostri figli…

     
    R. - Certamente. Quando Paolo VI nella sua prima enciclica parla del dialogo come la parole del nostro tempo, dicendo che la Chiesa è oggi chiama a farsi dialogum. Espressione, questa, straordinaria e che ha dettato poi anche la tabella di marcia del Concilio e che ha intuito profeticamente dallo Spirito Santo, quella che è una esigenza del nostro tempo. E’ impensabile che le generazioni future possano convivere in modo costruttivo e nella pace senza una cultura che assuma ed interiorizzi la capacità e la volontà di dialogo come struttura portante del vivere sociale.

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    Le Chiese di Serbia, Montenegro e Macedonia lavorino per sanare le ferite del passato e per costruire l’Europa del futuro, tra dialogo religioso e rispetto civile
     

    ◊   Serbia, Montenegro, Madeconia e Kosovo hanno bisogno di “saggi maestri” e “santi pastori” che sappiano guidare questi Paesi fuori dalla pesante eredità del socialismo reale verso l’intregazione europea, senza per questo lasciarsi contaminare dalle derive relativistiche e materialistiche che segnano l’Occidente. Con questo impegnativo mandato, Benedetto XVI ha accolto in udienza i vescovi della Conferenza episcopale dei Santi Cirillo e Metodio, al termine della loro visita ad Limina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

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    La Chiesa che vive e opera nella fascia dei Balcani trae ispirazione ed è a servizio di Cristo e non di blocchi nazionalistici o etnici. E’ uno dei passaggi-chiave del discorso di Benedetto XVI ai presuli di Serbia, Montenegro, Macedonia e dell’Amministrazione apostolica di Prizren, in Kosovo, dopo cinque giorni di visita ad Limina, durante la quale l’episcopato locale ha parlato di “bisogno di purificare la memoria” dai drammi della storia recente e di voler costruire un autentico dialogo comunitario, sia tra i cinquecentomila cattolici dell’area, sia a livello ecumenico e interreligioso. Del resto, ha subito notato Benedetto XVI, il particolare scenario multietnico e pluriconfessionale dei Balcani sollecita la Chiesa del posto a “una speciale cura spirituale e una più armonica cooperazione” con le altre Chiese cristiane. E il primo sguardo del Papa è andato alla formazione dei futuri sacerdoti, i quali - ha detto con chiarezza - non devono considerarsi semplici funzionari di “un’organizzazione ecclesiastica”. “Il sacerdote - ha asserito - è a totale servizio della Chiesa, organismo vivo e spirituale che trae la sua energia non da componenti nazionalistiche, etniche o politiche, ma dall’azione di Cristo presente nei suoi ministri. Il Signore, infatti, ha voluto la sua Chiesa aperta a tutti (…) Di questa unità nella diversità della Chiesa voi potete fare quotidiana esperienza”.

    Il crogiuolo di razze e fedi che popola i territori dell’ex Jugoslavia comporta per la Chiesa del posto “una non facile missione”. Benedetto XVI lo ha riconosciuto esplicitamente, ma ha anche esortato tutti i cattolici ad essere “lievito evangelico che fermenta la società”. Una “condivisa” azione pastorale di questo tipo, ha affermato Benedetto XVI, “non potrà non comportare benefiche ricadute anche in ambito civile”, giacché le coscienze “formate secondo il Vangelo saranno più facilmente spinte a costruire una società a dimensione umana”. Al contrario, ha obiettato il Pontefice, "una male intesa modernità tende oggi ad esaltare in maniera soverchia i bisogni dell’individuo a scapito dei doveri che ogni persona ha verso Dio e verso la comunità alla quale appartiene". Per cui, ha proseguito il Papa, resta importante "porre in luce la retta concezione della responsabilità civile e pubblica, perché proprio da questa visione discende l’impegno per il rispetto dei diritti di ciascuno e per un’integrazione convinta della propria cultura con le altre, tendendo insieme al bene comune”.

    Passando infine alla ristrutturazione dell’Europa in area comunitaria e al contributo delle Chiese del continente a questo processo, Benedetto XVI ha sottolineato l’analogo impegno della comunità serba, montenegrina, macedone e kosovara: impegno certamente difficile a causa, ha detto, “della scarsità di mezzi a disposizione” e “dell’esiguità delle forze cattoliche”. “Non è facile dimenticare - ha ammesso il Papa - la pesante eredità di oltre quarant’anni di pensiero unico, che hanno causato comportamenti sociali non improntati alla libertà e alla responsabilità personale, ed è, al tempo stesso, difficile resistere alle tentazioni del materialismo occidentale con i rischi di relativismo e liberalismo etico, di radicalismo e fondamentalismo politico. Non perdetevi di animo - ha concluso - ma unite piuttosto le forze e continuate pazientemente la vostra opera, certi che un giorno, con l’aiuto di Dio, si potranno raccogliere quei frutti che Egli stesso farà maturare secondo i suoi misteriosi disegni di salvezza”.

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    Nomine

    ◊   In Sri Lanka, Benedetto XVI ha nominato vescovo di Ratnapura il padre benedettino, Cletus Chandrasiri Perera, priore del monastero di San Silvestro a Kandy. Il neo presule ha 59 anni ed è origionario dell’arcidiocesi di Colombo. Ha compiuto gli studi primari e secondari presso la scuola cattolica di Seeduwa ed ha frequentato i corsi filosofici e teologici nel National Seminary of Our Lady of Lanka, Kandy. Appartiene alla Congregazione religiosa Benedettina-Silvestrina, nella quale ha emesso la professione solenne nel 1971. Dopo l’ordinazione ha svolto, tra gli altri, gli incarichi di cappellano d’ospedale e delle carceri, parroco, direttore del Centro pastorale diocesano, responsabile delle scuole cattoliche.

    La diocesi di Ratnapura (1995), suffraganea di Colombo, ha una superficie di 5 mila kmq, con un milione e 700 mila abitanti, dei quali 19.500 cattolici, distribuiti in 21 parrocchie, con 34 sacerdoti, 70 religiose, e 10 seminaristi maggiori. La diocesi di Ratnapura si è resa vacante dal 3 marzo 2005, in seguito al trasferimento di mons. Harold Anthony Perera alla sede vescovile di Galle.

    In Nuova Zelanda, il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Christchurch, presentata per raggiunti limiti di età dal vescovo John Jerome Cunneen. Al suo posto, il Pontefice ha nominato mons. Barry Jones, finora coadiutore della medesima diocesi.

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    Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica delle Filippine sulla protezione dei beni culturali della Chiesa cattolica

     

    ◊   E’ stato firmato lo scorso 17 aprile, nella sede del Ministero degli Esteri di Manila, un Accordo fra la Santa Sede e la Repubblica delle Filippine sui Beni Culturali della Chiesa cattolica. L’Accordo, che consta di 6 articoli, regola la cooperazione tra la Santa Sede e la Repubblica delle Filippine per la protezione del patrimonio culturale della Chiesa cattolica, in particolare, per la tutela delle chiese coloniali, dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle opere d’arte appartenenti a istituzioni ecclesiastiche, che abbiano un significativo valore storico. Per la Santa Sede ha firmato, come plenipotenziario, l’arcivescovo Fernando Filoni, nunzio apostolico nelle Filippine. Per la Repubblica delle Filippine, il ministro degli Esteri, Alberto Romulo.

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    Chiuderà per tre anni la Biblioteca Apostolica Vaticana per urgenti lavori di consolidamento dell'edificio. Intervista con il prefetto, il vescovo Raffaele Farina

    ◊   Tra poco più di due mesi, da sabato 14 luglio, chiuderà per un ciclo di restauri il complesso della Biblioteca Apostolica Vaticana. L'antica struttura resterà inaccessibile per almeno tre anni, per consentire una serie di rinforzi strutturali non più procrastinabili. Anche l'immenso patrimonio di volumi e documenti della Biblioteca pontificia verrà dotato di nuove misure di tutela e conservazione. Giovanni Peduto ha chiesto al prefetto della Biblioteca Apostolica, il vescovo Raffaele Farina, di illustrare in sintesi gli interventi previsti:

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    R. - Questo provvedimento che - lo voglio dire subito, all’inizio - è maturato dopo una riflessione di tre-quattro anni, si impone per la situazione di alcuni edifici che devono essere restaurati e poi di una situazione generale di revisione dell’abitazione, dell’accoglienza e del personale che lavora nella nostra Biblioteca e della preservazione più consentanea anche alle ultime tecnologie, più consentanea dei nostri tesori, dei nostri manoscritti, dei nostri libri di pregio.

     
    D. - E più concretamente, sul piano edilizio, cosa ci sarà da fare?

     
    R. - Si tratta sostanzialmente di quattro grandi lavori - che sono quelli che ci costringono alla chiusura della Biblioteca - e poi di lavori per così dire “minori” ma di non minore importanza. Per ciò che riguarda i grandi lavori, il primo è quello di rinforzare i pavimenti e le volte di un edificio non molto grande ma che è in una posizione strategica nella Biblioteca, perché sovrasta la sala di consultazione dei manoscritti, ed è esso stesso importante per la vita della Biblioteca perché è l’edificio nel quale si trovano i due laboratori: il laboratorio di restauro, soprattutto dei manoscritti, ma anche dei libri di pregio, e il laboratorio fotografico che, da qualche anno, è anche digitale. Tali lavori si calcolano della durata di circa tre anni, per questo edificio. E sono inevitabili, proprio per il posto che occupano e che condiziona la sala di consultazione dei manoscritti in una maniera decisiva.

     
    D. - Quindi, sarà notevole il disagio per chi frequenta la Biblioteca?

     
    R. - Sarebbe notevole perché noi questo disagio non lo vogliamo e questo è uno dei motivi per la chiusura della Biblioteca. A questo, si aggiungano però anche le altre cose che, in qualche maniera, condizionano questa chiusura. Inoltre, un’altra grande impresa che sarà realizzata in questi tre anni sarà il rifacimento dell’ala destra del cortile, dove c’è un grande magazzino per il deposito dei periodici: anche lì, la pavimentazione centrale dell’edificio dev’essere rinforzata per sostenere la massa dei libri che vi stazionano. E approfittando di questo, si faranno anche tutta una serie di lavori per migliorare la situazione del deposito, la climatizzazione e tante altre cose. Un altro lavoro del quale vale la pena di parlare riguarderà il rifacimento del cosiddetto Medagliere del Gabinetto numismatico.

     
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    Presieduta dal cardinale Bertone, nella Basilica di San Pietro, l’ordinazione del nuovo vescovo della diocesi di Cassano allo Jonio, Vincenzo Bertolone
     

    ◊   “Essere vescovo significa rimettersi ogni volta in cammino e farsi compagno dell’uomo di oggi”: è quanto ha sottolineato ieri pomeriggio, nella Basilica Vaticana, il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, durante la celebrazione per l’ordinazione episcopale di mons. Vincenzo Bertolone, nuovo vescovo della diocesi calabrese di Cassano allo Jonio. Il presule, originario di San Biagio Platani, comune in provincia di Agrigento, è un religioso della Congregazione dei Servi dei Poveri e per anni, a Palermo, ha svolto il suo ministero all’orfanotrofio maschile “Boccone del Povero”. Il servizio di Tiziana Campisi:

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    “Umilmente nella luce del tuo volto”: ha scelto questo motto il nuovo vescovo di Cassano alloo Jonio, Vincenzo Bertolone. Il cardinale Tarcisio Bertone, che lo ha consacrato, ha precisato che ora il presule “è ministro di unità e di comunione”, “con i sacerdoti e i religiosi, con i laici impegnati, con le autorità civili, con le comunità locali, con le associazioni professionali e con ogni bisognoso che domanda aiuto”:

     
    “Il vescovo non è e non deve essere un uomo solo: è in compagnia del Signore e insieme a Lui nella Chiesa è il promotore dei ministeri e il coordinatore di tutte le forze che sono finalizzate all’opera della salvezza. Secondo l’icona di Emmaus essere vescovo significa rimettersi ogni volta in cammino e farsi compagno dell’uomo di oggi, giovane o adulto che sia”.

     
    Il porporato ha spiegato che compito del vescovo è quello di aiutare “i cristiani e gli uomini di buona volontà a non considerare la loro vita limitata alla fase terrena, spesso contraddittoria e irta di difficoltà”. “Leggendo positivamente i segni dei tempi - ha proseguito il cardinale Bertone - egli non si stanca di annunciare la speranza di un futuro nuovo, di una terra rinnovata, in cui ogni lacrima sarà asciugata, e Dio sarà tutto in tutti”. Quindi il porporato ha aggiunto:

     
    “Il vescovo è il primo dispensatore dei misteri di Dio nella Chiesa particolare a lui affidata, è la guida, il promotore e il custode di tutta la vita liturgica. In ogni celebrazione eucaristica egli offre se stesso insieme con Cristo. Quando, poi, questa celebrazione avviene con il concorso e la partecipazione attiva dei fedeli, il vescovo appare sotto gli occhi di tutti qual è, ossia come il Sacerdos et Pontifex, poiché agisce nella persona di Cristo e nella potenza del suo Spirito”.

     
    “Economo della grazia divina per l’edificazione della Chiesa”: questo è il vescovo, ha detto ancora il cardinale segretario di Stato, che al termine della sua omelia ha invocato su mons. Vincenzo Bertolone la preghiera del Beato Giacomo Cusmano, fondatore della famiglia religiosa di cui il neovescovo fa parte:

     
    “Ci uniamo così alla preghiera di augurio che il Beato Giacomo Cusmano dedicherebbe oggi a questo suo seguace che diventa vescovo: ‘Sia grande il suo coraggio quanto la speranza nel divino aiuto, per trionfare degli ostacoli che si oppongono alle opere di Dio’”.
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    Oggi su "L'Osservatore Romano"

    ◊   Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto XVI ai Presuli della Conferenza Episcopale internazionale dei SS. Cirillo e Metodio. I vostri fedeli - ha sottolineato il Papa - hanno bisogno di saggi maestri, di santi pastori, di guide sicure.
    Servizio estero - In evidenza l'Iraq: alla Conferenza internazionale in Egitto approvato all'unanimità un piano quinquennale per la ricostruzione economica e politica del Paese.
    Servizio culturale - Un articolo di Lydia Salviucci Insolera dal titolo "La fruttuosa e reciproca influenza stilistica tra Durer e gli artisti italiani del '500": opere di particolare interesse alle Scuderie del Quirinale in una mostra che segna la collaborazione tra varie istituzioni. Servizio italiano - In rilievo il tema dei conti pubblici.

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    Oggi in Primo Piano



    Contro il global warming, siglato a Bangkok un accordo ONU che mira contenere l'aumento delle temperature medie. Intervista con il prof. Vicenzo Altale

    ◊   E’ stato adottato questa mattina, a Bangkok, il III rapporto del Gruppo intergovernativo di esperti dei cambiamenti climatici dell’ONU (IPCC), teso a contrastare il riscaldamento del pianeta. I circa 400 delegati riuniti nella capitale thailandese hanno sollecitato il mondo a ridurre le emissioni di gas serra a partire dal 2015, per far sì che il riscaldamento globale sia contenuto in un aumento della temperatura tra i 2 e i 2,4 gradi, soglia sopra la quale gli scienziati ritengono si corrano gravissimi rischi per l'ambiente. Il servizio di Chiaretta Zucconi:

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     “Combattere gli effetti devastanti sul surriscaldamento globale è possibile ed abbiamo la tecnologia per farlo”: questo è quanto è emerso dai negoziati di Bangkok, durante i quali si è attenuto un accordo con le misure di attenuazione degli effetti devastanti del clima mutevole sul nostro pianeta. Un rapporto che non si sofferma sulle politiche se non per dire che attualmente sono inadeguate, ma che prende in esame i costi e le tecniche per raggiungere i livelli più bassi di stabilizzazione delle emissioni di gas ad effetto serra. L’accordo, raggiunto dal gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, lo OPCC, creato dall’ONU, è dunque destinato ai politici, ai quali si chiede di attuare misure e prendere decisioni. Ma bisogna fare presto: i prossimi 20-30 saranno, infatti, cruciali. L’accordo di oggi rappresenta una sorta di altolà nel confronti dei Paesi non ancora firmatari del Protocollo di Kyoto, il Trattato internazionale sottoscritto nel ’97 nella città giapponese da più di 100 Paesi ed entrato in vigore a febbraio 2005, dopo la ratifica della Russia. Tra i non aderenti figurano gli Stati Uniti. **********
     Del rapporto ONU ci parla il prof. Vincenzo Altale, climatologo ricercatore dell’Enea, l’Ente italiano per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente. L’intervista è di Giada Aquilino:
     
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    R. - Nel rapporto, si puntualizzano le azioni concrete che i governi dovrebbero portare avanti per mitigare i cambiamenti climatici, causati da un uso massiccio dei combustibili fossili, con la produzione e l’immissione di CO2 in atmosfera.

     
    D. - Nel rapporto si sollecita a ridurre le emissioni di gas serra dal 2015: perché e in base a quali dati si fissa questo termine?

     
    R. - Questa data è stata fissata tenendo presenti sia le conoscenze ed i trend attuali, sia le simulazioni. E’ ritenuto che un aumento di due gradi possa portare ad una transizione molto veloce e rapida verso un altro equilibrio climatico, con processi irreversibili e non più controllabili dall’uomo.

     
    D. - Questo Rapporto è indirizzato ai governi: ma quali? Quelli che hanno già aderito al Trattato di Kyoto o quelli che invece devono ancora aderire, come gli Stati Uniti?

     
    R. - L’IPCC lavora a livello mondiale e quindi con tutti i Paesi rappresentati all’interno dell’ONU. Il Rapporto è pertanto rivolto a tutti quanti.

     
    D. - Quale può essere il contributo e la collaborazione di quei Paesi che non hanno aderito al Trattato di Kyoto?

     
    R. - Gli Stati Uniti contribuiscono alla produzione di CO2 per un quarto, per il 25 per cento del totale. Quindi, una maggiore sensibilità da parte di Washington rappresenterebbe certamente un contributo massiccio, notevole. Ma, ovviamente, questo Rapporto è rivolto anche a sensibilizzare e a prendere accordi di collaborazione con Paesi come la Cina e l’India, a cui non si può chiaramente chiedere di interrompere il processo di sviluppo in corso. La Cina, ad esempio, produce la maggior parte dell’energia col carbone, laddove il carbone è molto più inquinante del petrolio.

     
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    Tensioni post-elettorali in Nigeria, mentre continuano le scorrerie del MEND. Intervsita con Raffaello Zordan

    ◊   Clima incandescente in Nigeria, dove i separatisti del MEND, il Movimento di liberazione del delta del Niger, hanno sequestrato 18 persone. I sei tecnici di un impianto petrolifero ENI al largo di Port Harcourt sono stati liberati nel pomeriggio, mentre rimangono nelle mani dei ribelli un olandese, tre sudcoreani e otto filippini. Non si hanno ancora notizie poi dei quattro italiani, il croato e l'americano rapiti martedì scorso. Sulla situazione della Nigeria e le prospettive politiche ed economiche del Paese africano, il servizio di Lucas Duran:

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    A due settimane dalle controverse elezioni presidenziali che ne hanno sancito la nomina, il nuovo presidente della Nigeria, Umaru Yar’Adua, attende l’insediamento ufficiale, previsto per fine mese, come sostituto di Olusegun Obasanjo. Quest’ultimo, impossibilitato a ripresentarsi per un terzo mandato, è riuscito nell’intento di far eleggere un suo uomo, come gli osservatori definiscono Yar’Adua. Nonostante dall’Unione Europea e dal Dipartimento di Stato americano siano giunte denunce d’irregolarità delle elezioni, sembra ormai certo che la comunità internazionale non intenda spingersi oltre le dichiarazioni di principio. Ecco in proposito l’analisi di Raffaello Zordan, della redazione di Nigrizia.
     
    R. - Certamente, il presidente parte con il piede sbagliato. Si ritroverà probabilmente, il 29 maggio, quando ci sarà l’insediamento, con un governo piuttosto debole. E’ probabile che in questo mese di maggio le cose troveranno un loro aggiustamento e che nonostante la debolezza il presidente diventi un interlocutore abbastanza credibile per la comunità internazionale, soprattutto, per quello che garantisce la Nigeria, in termini di export petrolifero. Ricordiamo che produce 2,3 milioni di barili al giorno: è il settimo produttore mondiale ed esporta quasi la totalità del petrolio che produce.
     
    Povertà diffusa, corruzione, conflitti interreligiosi, redistribuzione delle ricchezze provenienti dal petrolio sono i principali nodi da sciogliere che si troverà di fronte il neopresidente. Particolarmente delicata la questione del delta del Niger, dove si susseguono i rapimenti dei tecnici internazionali e del personale locale delle compagnie petrolifere. Ancora Zordan:

     
    R. - Il delta del Niger è effettivamente il "forziere" petrolifero della Nigeria. La mancata ricaduta della ricchezza del greggio, soprattutto in quelle regioni, è legata al fatto che anche in questi anni di governo Obasanjo non si è riusciti a creare nuovi parametri per dare a tutti i 36 Stati della Nigeria un’equa ripartizione delle risorse petrolifere. In particolare, gli Stati del Golfo risentono di una cosa molto, molto semplice, cioè lo sfruttamento petrolifero e il fatto che i lavori legati alle perforazioni rovinino il terreno, non diano la possibilità di praticare un’agricoltura di sussistenza ed inquinino le acquee. Ci sarebbe, dunque, tutto un lavoro da fare di sostegno a queste popolazioni, che naturalmente non viene fatto. In questa operazione poi, si innestano le spinte politiche dei movimenti di liberazione, che vogliono in realtà non tanto liberarsi, nel senso di avere piena autonomia dal governo centrale, ma rivendicano una maggiore giustizia.

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    Meno figli, più disagio economico e incertezza lavorativa: il quadro della famiglia italiana in un'indagine del parlamento

    ◊   Diminuiscono in Italia le coppie con figli, mentre aumentano le persone sole, le coppie senza prole e i figli nati al di fuori del matrimonio. E’ quanto riferisce l’indagine conoscitiva sulle condizioni delle famiglie in Italia presentata ieri dalla Commissione Affari Sociali della Camera. Diverse le criticità segnalate: fisco non compatibile con le esigenze familiari, redditi inadeguati, difficile conciliazione tra vita affettiva e lavoro e costi delle abitazioni troppo elevati. Il servizio è di Paolo Ondarza.

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    Le coppie italiane hanno un figlio in meno rispetto a quanto desidererebbero. Emerge questo dall’indagine conoscitiva della Commissione Affari sociali. Se è ancora prevalente il modello tradizionale di famiglia, aumentano però le coppie senza figli. Troppe spese e a stento, nel 50% dei casi con meno di 1800 euro al mese, si arriva alla fine del mese e spesso ci si indebita. In realtà, negli ultimi tre anni la natalità è leggermente aumentata, ma il dato è riconducibile alla presenza di donne immigrate. Tra queste è in aumento il ricorso all’aborto, una pratica invece in diminuzione tra le italiane. Difficile, a volte impossibile, per le donne conciliare lavoro e figli: la media delle madri italiane con attività lavorativa è la più bassa in Europa: il 77% dei lavori domestici è a carico delle donne. Si denuncia inoltre l’assenza o eccessiva lontananza dalle abitazioni degli asili nido. Per questo, il 52,3% dei bimbi italiani viene affidato ai nonni. Cresce la sindrome del rinvio ossia i giovani posticipano la data dell’emancipazione dalla famiglia d’origine. La popolazione invecchia e il versante previdenziale è decisamente critico. Manca un sostegno all’assistenza sociale per gli invalidi e non è più rosea la situazione per le famiglie immigrate per quanto riguarda i diritti ad un alloggio dignitoso, integrazione sociale, istruzione. Cambia dunque secondo la Commissione Affari sociali della Camera la famiglia italiana. Il ministro Rosy Bindi:

    R. - La famiglia è la famiglia dell’art. 29 della Costituzione, quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Ma come ci dicono i dati Istat, oggi la famiglia sta profondamente cambiando. Da questo punto di vista, le politiche di un Paese devono farsi carico delle realtà concrete nelle quali le persone vivono.

    L’opposizione non ha firmato l’indagine conoscitiva denunciando la totale assenza in esso della parola matrimonio e un’attenzione rivolta più ai diritti dei singoli che alla famiglia come soggetto giuridico. La portavoce di Forza Italia, Elisabetta Gardini.

    R. - Non si è voluto assolutamente definire il concetto stesso di famiglia, vedere la famiglia come un soggetto giuridico. C’è questa volontà di spostare l’attenzione ai singoli membri della famiglia. Questa credo sia fondamentalmente la difficoltà che non ha permesso alla maggioranza stessa di affrontare questi nodi e quindi nemmeno di condividerlo poi con l’opposizione.**********

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    Chiesa e Società



    L’arcivescovo di Mariana, in Brasile, Dom Geraldo Lyrio Rocha, eletto nuovo presidente della Conferenza episcopale brasiliana. Succede al cardinale primate, Geraldo Majella Agnello

    ◊   E’ Dom Geraldo Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana, in Brasile, il nuovo presidente della Conferenza episcopale brasiliana, riunita in Assemblea generale ad Itaici, presso San Paolo, fino al 9 maggio. Dom Lyrio Rocha succede all’arcivescovo di São Salvador da Bahia, il cardinale primate Geraldo Majella Agnello. “Assumere questo incarico – ha affermato il neoeletto – significa mettersi al servizio del Regno di Dio, del Vangelo”. Dom Lyrio Roca, che è stato eletto con 225 voti su 246, è nato a Fundao, nello Stato di Espirito Santo, ed è stato vescovo ausiliare di Vitoria, diocesano di Colatina, sempre nell’Espirito Santo, e arcivescovo di Vitoria da Conquista, nello Stato di Bahia. Come arcivescovo di Mariana, ha sostituto Dom Luciano Mendes de Almeida, scomparso nell’agosto scorso. Dom Lyrio Rocha è anche vice presidente del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM), organismo di coordinamento ecclesiale, che ha organizzato la V Conferenza generale degli episcopati della regione, che sarà inaugurata da Benedetto XVI il 13 maggio, durante il suo pellegrinaggio apostolico in Brasile, il sesto del suo pontificato. Sarà dunque Dom Lyrio Rocha a ricevere, fra cinque giorni, Benedetto XVI. Parlando con la stampa locale, il nuovo presidente dei vescovi brasiliani ha voluto sottolineare che questi eventi segnano la vita delle chiese locali nel passaggio da un millennio all’altro. Dom Lyrio Rocha si è dichiarato disponibile a interloquire con tutti, “credenti e non credenti”, ribadendo “un impegno particolare verso i poveri e i sofferenti, esclusi dal banchetto della vita”. Infine, ricordando due confratelli scomparsi, Dom Ivo Lorscheiter e Dom Luciano Mendes, ex presidenti dell’episcopato brasiliano, Dom Lyrio Rocha ha evocato la possibilità di aprire un processo di beatificazione nel caso di Dom Mendes. Con 219 voti, la Conferenza episcopale ha eletto anche il nuovo vice presidente, Dom Luiz Soares Vieira, arcivescovo di Manaus. Nelle prossime ore, i vescovi dovranno eleggere altre cariche, come per esempio il segretario generale. Secondo uno studio diffuso dalla “Fondazione Getulio Vargas” e riportato dall’agenzia Fides, la percentuale dei cattolici in Brasile, che negli anni ‘90 ebbe un calo drastico, si è mantenuta del 73,79% nel 2003, di fronte al 73,89% del 2000. Il Paese continua ad essere quello che conta il maggior numero di cattolici nel mondo, con circa 139,24 milioni di fedeli. (A cura di Luis Badilla)

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    “Prima che sia troppo tardi”: tema della Campagna per la lotta alla povertà promossa da Volontari nel Mondo-FOCSIV e da Caritas Italiana

    ◊   E’ stata presentata stamani a Roma, presso la sede della nostra emittente, la Campagna per la lotta alla povertà promossa da Volontari nel Mondo-FOCSIV e da Caritas Italiana, sul tema: “Prima che sia troppo tardi”. Tra gli intervenuti, il cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, mons. Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kisangani, mons. John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea, Sergio Marelli, direttore FOCSIV, e Paolo Beccegato, responsabile Area Internazionale di Caritas Italiana. Nell’ambito della Campagna, una delegazione di 11 cardinali e vescovi di Africa, America ed Europa ha incontrato, in questi giorni, autorità politiche ed ecclesiali del Regno Unito, della Germania e dell’Italia, per ricordare ai capi di Stato e di governo dei Paesi visitati il rispetto degli impegni assunti per lo sradicamento della povertà. Ieri, in particolare, la delegazione ha incontrato il presidente del Consiglio Italiano, Romano Prodi. L’iniziativa precede due importanti appuntamenti del G8 nell’anno della presidenza tedesca: la riunione dei ministri delle Finanze a Potsdam, il 18 e 19 maggio, e il vertice dei capi di Stato e di governo, in programma a Heiligendamm nei giorni 6-8 giugno. (R.M.)


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    Pubblicato il rapporto annuale sulle vocazioni sacerdotali negli Stati Uniti: 475 gli ordinandi, un terzo dei quali stranieri

    ◊   L’età media dei 475 sacerdoti che saranno ordinati quest’anno negli Stati Uniti è di 35 anni e un terzo di essi proviene dall’estero, in particolare da Messico, Vietnam, Polonia e Filippine: è quanto risulta dal rapporto annuale dei vescovi statunitensi sulle vocazioni sacerdotali nel Paese, che conferma un trend ormai consolidato in questi ultimi anni. Quest’anno, la ricerca è stata commissionata al Centro per le ricerche applicate nell’apostolato (CARA) della Georgetown University, che ha interpellato i 475 ordinandi via e-mail, fax e telefono. Di questi, hanno risposto 282 candidati, di cui 60 appartengono a ordini religiosi. Dei nuovi sacerdoti di origine straniera (quasi tre su dieci), l’11 per cento sono ispano-americani, un altro 11 per cento proviene dall’Asia o dalle isole del Pacifico e il 5 per cento sono afro-americani. Un altro dato interessante riguarda il livello di istruzione dei candidati, mediamente più alto di quello di tutta la popolazione cattolica negli Stati Uniti: quasi tutti, infatti, hanno un titolo di studio superiore. Inoltre, circa due terzi degli intervistati ha avuto esperienze lavorative prima di entrare in seminario, soprattutto nel campo dell’educazione. Uno su 10 ha servito nelle forze armate e alcuni anche in Iraq. Quanto, infine, all’appartenenza religiosa di origine, quasi tutti sono cattolici dalla nascita, mentre il 6 per cento viene da una Chiesa protestante e un candidato si è convertito dal buddismo. (L.Z.)

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    Attese oltre tre mila persone, a Varsavia, per il IV Congresso Mondiale delle Famiglie
     

    ◊   “Oltre l’inverno demografico. La famiglia naturale: primavera per l’Europa e per il mondo”: è il tema del IV Congresso mondiale delle famiglie, il maggiore evento a carattere internazionale del Movimento Pro-famiglia, in programma dall’11 al 13 maggio a Varsavia, in Polonia. Come riferisce l'agenzia Fides, oltre al presidente polacco, Lech Kaczynski, che inaugurerà il Congresso, è prevista la partecipazione di oltre tre mila tra parlamentari, leader e membri delle organizzazioni pro-famiglia. Le relazioni saranno tenute da circa 100 conferenzieri e specialisti, provenienti dei cinque continenti. La lista è guidata dal cardinale Alfonso López Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Tra gli obiettivi del Congresso vi sono: la promozione della famiglia come cellula basilare e naturale della vita sociale; la promozione dei diritti inalienabili della famiglia, relazionati coi diritti umani; l’evocazione della missione della famiglia come comunità di amore e solidarietà che pienamente trasmette i valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi; la creazione di un foro che agisca a favore della famiglia e che sia rappresentato da politici, leader e membri di differenti gruppi religiosi e organizzazioni che lavorano per il bene della famiglia; lo scambio di esperienze e risultati nel consolidamento dell’atteggiamento pro-famiglia; la formazione di una cultura della vita matrimoniale, tenendo in conto l’attenzione mutua per il bene dei coniugi e dei figli. (R.M.)

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    Azerbaijian: dedicazione, a Baku, della prima e unica chiesa del Paese
     

    ◊   Il 29 aprile si è tenuta a Baku, capitale dell’Azerbaijian, la cerimonia di dedicazione della nuova chiesa dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria, la prima e unica chiesa cattolica del Paese, a maggioranza musulmana. La consacrazione è stata presieduta da Mons. Claudio Gugerotti, nunzio apostolico della Georgia, Armenia e Azerbaijian. Nell’altare sono state deposte alcune reliquie dell’apostolo Bartolomeo, l’annunciatore del Vangelo in queste terre, del beato Nicola Charneckyi, martire ucraino durante il regime comunista, di Don Bosco, di Madre Mazzarello e di Domenico Savio. La chiesa, progettata dall’architetto italiano, Paolo Ruggero, in stile moderno con elementi neogotici, é stata costruita grazie al sostegno della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e di molti donatori. Tra questi, lo sceicco Allahshukur Pashazade, capo della comunità musulmana del Caucaso, il vescovo ortodosso di Baku, Alexander, e il capo della comunità ebraica. Il 31 marzo, in occasione di una sua visita ufficiale nel Paese, il presidente polacco, Lech Kaczyński, aveva donato alla nuova chiesa un calice, una patena e tre campane. L’Azerbaijan conta 8 milioni di abitanti, il 95% dei quali sono musulmani. Nel 2000, la missione cattolica é stata affidata ai salesiani dell’Ispettoria della Slovacchia (SLK). La comunità salesiana, guidata da Dom. Ján Čapla, è composta da sei religiosi: 2 coadiutori e 4 sacerdoti. (L.Z.)

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    Dall’inizio dell’anno, 29 giornalisti uccisi e 129 professionisti incarcerati: presentato da Reporters sans frontières il quadro della libertà di informazione nel mondo

    ◊   In occasione della 17.ma Giornata internazionale per la libertà di stampa, celebrata ieri, l’organizzazione Reporters sans frontières ha presentato a Milano un quadro problematico sulla libertà di informazione nel mondo. Dall’inizio dell’anno, 29 giornalisti e collaboratori dei media sono stati uccisi, 129 professionisti si trovano in carcere, mentre 65 cyber-dissidenti sono in prigione per aver cercato di esprimersi attraverso internet. Da sei anni l’organizzazione denuncia i "predatori della libertà di stampa", tutti coloro cioè che attaccano il lavoro giornalistico, minacciandone l’incolumità anche fisica del reporter. Nel 2007, il presidente del Laos, quello dell’Azerbaijan e alcuni cartelli della droga messicani, responsabili dell’uccisione di numerosi giornalisti, sono entrati a far parte di questa lunga lista "dei predatori" della libertà di stampa. Per fare in modo che il nome dei giornalisti uccisi non sia mai dimenticato, la città di Bayeau, in Normandia, prima città francese a essere liberata nel secondo conflitto mondiale, nel 1944 ha inaugurato un memoriale dedicato a tutti i reporter uccisi, a partire proprio dal 1944. Per sostenere la propria attività, Reporters sans frontières, in collaborazione con il festival di Cannes, ha pubblicato un album con 100 immagini che raccontano 60 anni di cinema sulla Croisette. (A cura di Fabio Brenna)

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    Alla presenza del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, aperto ad Ariccia il 56.mo Capitolo generale dei Camilliani

    ◊   “Uniti per la giustizia e la solidarietà nel mondo della salute”: con questo tema, si è aperto ieri ad Ariccia il 56.mo Capitolo generale dei Ministri degli Infermi (Camilliani). Ha presieduto la Santa Messa inaugurale il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, che ha richiamato il tema del Capitolo, sottolineandone l’importanza e l’attualità nelle Chiese locali e in tutto il mondo. Il porporato ha inoltre ricordato che il carisma del fondatore dei Camilliani, San Camillo de Lellis, li rende “testimoni di una collaborazione provocatoria e silenziosa nel mondo della malattia”. “Si tratta – ha continuato il cardinale – di vedere in essa la possibilità di una fruttuosa partecipazione all’opera salvifica di Cristo”, con la consapevolezza che “la sofferenza esiste nel mondo per valorizzare la vita, così come la notte valorizza le stelle”. “Il Capitolo – ha infine ricordato il cardinal Bertone – è un’occasione per verificare la fedeltà del carisma, per salvaguardarlo e assicurarsi che sia ancora incisivo nel mondo di oggi. Se da questo Capitolo volete ripartire vivendo il carisma con autenticità – ha esortato – farete sì che la memoria storica diventi ragione vivente e in essa troverete il senso della vostra consacrazione a Dio”. Al Capitolo, che si concluderà il prossimo 19 maggio, prendono parte circa 90 Camilliani giunti dai 5 continenti, in rappresentanza delle Province religiose, Vice-province, Delegazioni e delle formazioni laiche che cooperano con l’Istituto nel mondo della salute. (R.M.)

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    A Roma, Seminario del Centro sportivo italiano (CSI) su “Lo sport è di casa nella Chiesa”

    ◊   “Lo sport è di casa nella Chiesa”: è il titolo del seminario di studio promosso ieri dal Centro sportivo italiano (CSI) presso l’Oratorio San Pietro di Roma. All’incontro hanno partecipato rettori dei seminari regionali e diocesani, sacerdoti, educatori, responsabili diocesani di pastorale giovanile e sportiva e alcuni allenatori e giocatori della Clericus Cup. “Non si tratta di uno slogan banale – ha scritto il cardinale Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in una lettera inviata al presidente del CSI, Edio Costantini, e citata dal quotidiano Avvenire – ma di una verità storica, testimoniata dalla costante attenzione che il Magistero della Chiesa riserva al mondo dello Sport”. Nel complimentarsi per l’iniziativa, l’augurio del porporato è stato che essa “si possa riflettere, in maniera approfondita sulla valenza educativa dell’attività sportiva, soprattutto nelle parrocchie e negli oratori, così che lo sport continui a essere di casa nella realtà ecclesiale, non come ospite tollerato, ma come abitante a pieno diritto”. Ha aperto i lavori il cardinale Pio Laghi, prefetto emerito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ha sottolineato la felice intuizione della Clericus Cup, cui ha dato il calcio d’inizio: “Oratorio e sport non possono che andare a braccetto – ha affermato – Dove andrebbero altrimenti tanti giovani?”. Tra gli interventi, anche quello di mons. Carlo Mazza, direttore dell’Ufficio turismo e sport della CEI: “Lo sport è di casa nella Chiesa – ha ribadito – perché è lieta notizia, è inno alla vita. Quindi sta bene nella Chiesa. Le si confà, in un aggancio che non deve essere episodico, ma strutturale”. (R.M.)

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    24 Ore nel Mondo



    panoramica del 4 maggio 2007

    ◊   - Si è conclusa stamani a Sharm el Sheik, in Egitto, la Conferenza internazionale per la stabilizzazione dell’Iraq. Ieri, è stata raggiunta l’intesa sul piano quinquennale per la ricostruzione economica e politica del Paese del Golfo. All’incontro sul Mar Rosso hanno partecipato i ministri degli Esteri e funzionari di 47 Paesi - tra cui Stati Uniti, Siria e Iran - e rappresentanti di tutte le maggiori organizzazioni internazionali. Il nostro servizio:

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    Le delegazioni presenti alla Conferenza internazionale sull’Iraq sono state chiamate oggi a dare risposte su temi cruciali, quali la sicurezza del Paese arabo, la lotta al terrorismo, la gestione delle risorse naturali e il dramma dei rifugiati. Il premier iracheno, Al Maliki, ha chiesto, in particolare, maggiore collaborazione nel controllo delle frontiere. Dall’Iran, sono arrivate invece pesanti critiche al governo di Washington: la delegazione iraniana ha accusato gli Stati Uniti di aver condotto azioni terroristiche in Iraq, riferendosi soprattutto all’arresto di cinque iraniani nel Paese arabo. Ma il canale del dialogo non è rimasto chiuso: esperti iraniani e statunitensi si sono incontrati infatti a margine della Conferenza. Sul versante economico e politico sono inoltre arrivati importanti segnali: il piano, approvato ieri, prevede infatti la cancellazione di 30 miliardi di dollari di debito e il rafforzamento del processo per un Iraq unito e federale, capace di garantire stabilità e sicurezza. Alla Conferenza non si è parlato solo di ricostruzione e riconciliazione in Iraq, ma anche di stabilità nell’intera regione mediorientale. La Turchia continua a confrontarsi, ad esempio, con il PKK, il gruppo indipendentista curdo che ha le sue basi nel Kurdistan iracheno. A tale questione si lega anche la definizione dello status di Kirkuk, città irachena ricca di petrolio, contesa da curdi, arabi e turkmeni. Giordania e Siria sono poi preoccupate per il continuo flusso di profughi dall’Iraq. L’Arabia Saudita rimprovera inoltre al premier iracheno, Nouri al Maliki, di aver ridotto la componente sunnita nel suo governo, favorendo una maggiore ingerenza dell’Iran, Paese sciita. Al summit è arrivato anche un accorato appello dei vescovi caldei, rivolto ai fratelli musulmani: i presuli chiedono in un documento che cessi la persecuzione dei cristiani e che si metta freno alla distruzione “culturale, istituzionale ed economica” in cui l’Iraq sta scivolando. Si invitano anche tutte le componenti sociali e religiose ad unirsi “per il comune obiettivo della pace”. Accogliendo con soddisfazione il piano di ricostruzione dell’Iraq, i vescovi sottolinenano infine come il Paese non si possa ricostruire senza i cristiani, che fanno pienamente parte della storia del popolo iracheno.
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    - In Iraq, intanto, continua la violenza. Cinque poliziotti iracheni in servizio di pattuglia sono stati uccisi questa mattina a Baghdad dall’esplosione di una bomba, nel quartiere sudoccidentale di Amil, teatro di frequenti scontri tra sunniti e sciiti.

    - In Afghanistan, un nuovo raid statunitense ha provocato la morte di almeno 13 civili. Lo hanno riferito fonti locali aggiungendo che l’episodio è avvenuto nella parte meridionale della provincia di Kandahar, vicino al confine con il Pakistan. Diversi testimoni hanno anche precisato che l’aviazione statunitense è intervenuta dopo un attacco sferrato da un gruppo di talebani contro un convoglio della coalizione. Il bombardamento non ha provocato vittime tra i guerriglieri ma la morte di 13 persone a bordo di tre auto. Sale così a 70 il bilancio di civili rimasti uccisi negli ultimi giorni in seguito ad operazioni militari in Afghanistan.

    - Restiamo in Afghanistan, dove almeno 23 persone e un soldato della NATO sono morti in seguito ad un'alluvione causata da forti piogge nella provincia nord orientale di Badakhshan. Il maltempo imperversa anche nello Sri Lanka, dove autorità locali hanno reso noto che un’alluvione, avvenuta nei giorni scorsi a sud di Colombo, ha provocato almeno 9 morti. Secondo fonti locali, gli sfollati sono più di 8 mila.

    - In Israele, oltre 150 mila persone sono scese in piazza ieri a Tel Aviv per chiedere le dimissioni del primo ministro israeliano, Ehud Olmert, ritenuto responsabile di gravi errori nella conduzione della guerra, in Libano, contro le milizie sciite di Hezbollah. Lo scorso 30 aprile era anche stato reso noto il rapporto della Commissione indipendente Winograd, nel quale si definisce il conflitto “un grave fallimento”. Il premier israeliano ha comunque ribadito di non voler rassegnare le dimissioni nonostante le proteste di piazza e le critiche presenti nel rapporto.

    - Un incendio ha distrutto un piccolo ospedale psichiatrico a Rostov, nella Russia meridionale, provocando la morte di 3 persone e 38 ustionati, di cui 13 in modo grave. Il capo locale della protezione civile locale ha affermato che a causare le fiamme sarebbe stato un mozzicone di sigaretta. In Russia, lo scorso inverno un incendio aveva ucciso 45 donne in una clinica per la disintossicazione e a marzo 62 anziani erano morti nel rogo in un ospizio.

    - In Gran Bretagna netta sconfitta per i laburisti, dopo i primi risultati delle consultazioni locali svoltesi ieri in Scozia, Galles e Inghilterra. Tra i dati già certi, l’elezione del leader del Partito indipendentista Scottish National Party, Alex Salmond, al Parlamento autonomo di Edimburgo. Da Londra, Sagida Syed:

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    Si profila un "venerdì nero" per i laburisti, con la perdita di centinaia di seggi in tutta l’isola, dove ieri si è votato per le amministrative, anche se non si è verificato il crollo previsto dagli ultimi sondaggi. Circa 40 milioni di britannici si sono recati alle urne in Scozia, Inghilterra e Galles per esprimere le proprie preferenze e per bocciare il partito guidato da Tony Blair, prossimo alle dimissioni, annunciate per la settimana prossima e a metà del suo terzo mandato. Gli esiti definitivi si sapranno soltanto nel primo pomeriggio, ma pare certa l’affermazione del Partito nazionale scozzese, che a vittoria confermata punterà al referendum indipendentista. Anche in Galles, dove l’Assemblea nazionale è sempre stata laburista, si è verificato un calo a favore del partito dei Tories. In Inghilterra, si rinnovano 312 consigli su 386. I conservatori che ne controllano 125 puntano al 40 per cento delle preferenze, grazie alla popolarità del leader, David Camerun. La nuova compagine politica del Regno Unito è senz’altro un terreno poco favorevole per il futuro premier laburista, lo scozzese Gordon Brown, che si trova a dover affrontare un Paese stanco della leadership di Blair e del predomino decennale laburista.

     
    Da Londra, per la Radio Vaticana, Sagida Syed.
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    - Ultimi appelli per le elezioni presidenziali di domenica in Francia. Il candidato della destra, Nikolas Sarkozy, insiste sulla volontà di costruire uno “Stato forte”, capace di “azione, libertà e decentralizzazione”. La socialista, Segolene Royal, guarda al futuro di una Francia “che ama se stessa per quello che è”, una Francia “solidale”. Le previsioni danno ancora vincente al ballottaggio Sarkozy, con il 54 per cento dei voti, contro il 46 per cento della Royal.

    - Nuovi spiragli per la riconciliazione in Uganda: è stato firmato il secondo Protocollo di intesa che contempla soluzioni politiche ed economiche necessarie per porre fine alla guerra nel nord del Paese. L’accordo, raggiunto mercoledì scorso da una delegazione del governo e da un gruppo di ribelli, prevede in particolare la partecipazione alle istituzioni politiche, assicurando uguali opportunità a tutte le componenti etniche della nazione.

    - Nuovi scontri tra soldati federali e truppe fedeli all’ex presidente, Mohamed Bacar, si sono registrati stanotte a Moutsamadou, capitale dell’isola di Anjouan, nell’arcipelago delle Comore, nell’Africa sudorientale. Il rappresentante locale dell’Unione Africana ha reso noto che i soldati di Bacar avrebbero preso il controllo di alcuni uffici federali, approfittando di un momentaneo ritiro dell’esercito. Al momento, non è stato fornito un bilancio delle vittime.(A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti)

     

     

     

     

     
    Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 124

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