RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 121  - Testo della trasmissione di martedì 1 maggio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Senza il riconoscimento della dignità inviolabile di ogni persona non ci sarà giustizia nel mondo: così il Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali: con noi, il prof. Maurizio Ambrosini

 

Ai microfoni della Radio Vaticana, il grazie dell’arcivescovo Angelo Bagnasco al Papa e al presidente Napolitano per la solidarietà dopo le minacce dei giorni scorsi. Il presidente della CEI ribadisce l’urgenza, per il bene dell’Italia, di un confronto sereno sulla famiglia

 

Festa di San Giuseppe Lavoratore: il Papa sottolinea il primato dell’uomo sul lavoro, contro ogni sfruttamento e idolatria

 

Benedetto XVI invita a pregare, in questo mese di maggio, perchè sull'esempio della Vergine ogni cristiano si lasci guidare dalla Parola di  Dio. La riflessione di mons. Angelo Comastri

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Giornata conclusiva al Meeting internazionale dei giovani a Pompei

 

Il futuro della Chiesa cattolica in Terra Santa al centro di una conferenza tenuta a Roma dal padre francescano David-Maria Jaeger

 

CHIESA E SOCIETA’:

Numerose manifestazioni in tutto il mondo per la festa internazionale del lavoro

 

L’imminente conferenza di Aparecida in primo piano alla 45ma plenaria dei vescovi brasiliani

 

Pregare per elezioni libere e pacifiche. Così i vescovi delle Filippine in vista delle prossime elezioni

 

Pregi e difetti della rivoluzione digitale nel Messaggio dei vescovi del Québec per il 1° maggio

 

In india è ricoverato in ospedale il missionario protestante, aggredito da nazionalisti indù

 

Solenni celebrazioni in Calabria per il V Centenario della morte di San Francesco di Paola, alla presenza del cardinale Martino

 

Con una Messa presieduta da mons. Giuseppe Betori si è conclusa a Rimini la Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo

 

24 ORE NEL MONDO:

Ancora caos in Turchia: ad Istanbul, oltre 600 arresti per il primo maggio. sul versante politico, non si sblocca la crisi istituzionale

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 maggio 2007

 

Senza il riconoscimento della dignità inviolabile di ogni persona

 non ci sarà giustizia nel mondo:

così il Papa alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali

 

Se gli esseri umani non sono visti come persone dotate di una dignità inviolabile, sarà ben difficile raggiungere una piena giustizia nel mondo. E’ quanto scrive il Papa in un messaggio inviato in occasione della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che si è conclusa oggi in Vaticano e ha avuto al centro dei lavori il tema: "Carità e giustizia nei rapporti fra Popoli e Nazioni". Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Nel suo messaggio, indirizzato alla professoressa Mary Ann Glendon, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, il Papa afferma che “il perseguimento della giustizia e la promozione della civiltà dell'amore sono aspetti essenziali” della missione della Chiesa “a servizio dell’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo”. Ribadisce comunque “che, anche nella più giusta delle società, ci sarà sempre posto per la carità” in quanto “non c'è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell'amore".

 

Al centro del magistero della Chiesa, che – ricorda il Papa – “si rivolge non soltanto ai credenti ma anche a tutti gli uomini di buona volontà”  vi è “il principio della destinazione universale di tutti i beni della creazione. Secondo tale fondamentale principio, tutto ciò che la terra produce e tutto ciò che l’uomo trasforma e confeziona, tutta la sua conoscenza e tecnologia, tutto è destinato a servire lo sviluppo materiale e spirituale della famiglia umana e di tutti i suoi membri”.

 

In questa prospettiva il Papa fa riferimento a tre sfide che oggi il mondo si trova ad affrontare: “la prima sfida riguarda l'ambiente e uno sviluppo sostenibile. La comunità internazionale – afferma il Papa -  riconosce che le risorse del mondo sono limitate e che è dovere di ogni popolo attuare politiche miranti alla protezione dell'ambiente, al fine di prevenire la distruzione di quel patrimonio naturale i cui frutti sono necessari per il benessere dell'umanità”. Benedetto XVI sottolinea che nell’applicare soluzioni a livello internazionale “particolare attenzione deve essere rivolta al fatto che i Paesi più poveri sono quelli che sembrano destinati a pagare il prezzo più pesante per il deterioramento ecologico”. 

 

La seconda sfida – scrive il Papa -  chiama in causa il concetto di persona umana: “se gli esseri umani non sono visti come persone, maschio e femmina, creati ad immagine di Dio (cfr Gn 1, 26), dotati di una dignità inviolabile, sarà ben difficile raggiungere una piena giustizia nel mondo. Nonostante il riconoscimento dei diritti della persona in dichiarazioni internazionali e in strumenti legali, occorre progredire di molto per far sì che tale riconoscimento abbia conseguenze sui problemi globali, come quello del crescente divario fra Paesi ricchi e Paesi poveri; l'ineguale distribuzione ed assegnazione delle risorse naturali e della ricchezza prodotta dall'attività umana; la tragedia della fame, della sete e della povertà in un pianeta in cui vi è abbondanza di cibo, di acqua e di prosperità; le sofferenze umane dei rifugiati e dei profughi; le continue ostilità in molte parti del mondo; la mancanza di una sufficiente protezione legale per i non nati; lo sfruttamento dei bambini; il traffico internazionale di esseri umani, di armi, di droghe; e numerose altre gravi ingiustizie”.

 

La terza sfida – leggiamo nel messaggio - si rapporta ai valori dello spirito. “Incalzati da preoccupazioni economiche – rileva il Pontefice -  tendiamo a dimenticare che, al contrario dei beni materiali, i beni spirituali che sono tipici dell'uomo si espandono e si moltiplicano quando sono comunicati: al contrario dei beni divisibili, i beni spirituali come la conoscenza e l'educazione sono indivisibili, e più vengono condivisi, più vengono posseduti”. “Sempre più importante, perciò, è il bisogno di un dialogo che possa aiutare le persone a comprendere le proprie tradizioni nel momento in cui entrano in contatto con quelle degli altri, al fine di sviluppare una maggiore autocoscienza di fronte alle sfide recate alla propria identità, promuovendo così la comprensione e il riconoscimento dei veri valori umani all'interno di una prospettiva interculturale. Per affrontare positivamente tali sfide è urgentemente necessaria una giusta uguaglianza di opportunità, specie nel campo dell'educazione e della trasmissione della conoscenza. Purtroppo – nota il Papa - l'educazione, specialmente al livello primario, rimane drammaticamente insufficiente in molte parti del mondo”.

 

“Per affrontare tali sfide – conclude Benedetto XVI -  solo l'amore per il prossimo può ispirare in noi la giustizia a servizio della vita e della promozione della dignità umana. Solo l'amore all'interno della famiglia, fondata su un uomo e una donna, creati a immagine di Dio, può assicurare quella solidarietà inter-generazionale che trasmette amore e giustizia alle generazioni future. Solo la carità può incoraggiarci a porre la persona umana ancora una volta al centro della vita nella società e al centro di un mondo globalizzato, governato dalla giustizia”.

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Ieri pomeriggio, nella penultima giornata della plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, è intervenuto anche il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone con una relazione sugiustizia internazionale e governance internazionale nel contesto della crisi del multilateralismo”. Occorre passare da una governance debole che troppo spesso si affida alla guerra, in quanto non è capace di prevenire mediante lo sviluppo e la giustizia - ha affermato il porporato - ad una governance ad alta intensità etica che produca un ordine nel bene”. In questi giorni durante la plenaria  si è dunque parlato di carità, giustizia e integrazione nella società contemporanea. A questo proposito Fabio Colagrande ha raccolto il commento del prof. Maurizio Ambrosini, docente di sociologia dei processi migratori dell’Università Statale di Miliano, tra i relatori alla plenaria:

 

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R. - Abbiamo avuto sia testimonianze di dialogo concreto, di convivenza difficile, ma anche feconda tra popoli e religioni diverse, sia speranze e aperture, sia la prospettiva di un avanzamento nella capacità di governare i conflitti e promuovere la cooperazione internazionale, attraverso il rafforzamento di istituzioni internazionali. Il cardinal Bertone ha molto ben sottolineato il fatto che bisogna passare da una governance puramente intesa in senso tecnico, “in senso debole” lui diceva, una governance che abbia una sostanza etica, che abbia un più profondo incardinamento in un sistema di valori. Questo credo sia un grande obiettivo cui tendere.

 

D. – Si può dire, prof. Ambrosini, che in Europa ci siano politiche di resistenza alle migrazioni?

 

R. – Certamente, c’è una dimensione di chiusura che fa parlare di “fortezza Europa”, una tensione tra un’economia anche delle famiglie – non dimentichiamolo – che hanno bisogno di immigrati, che li attirano e, dall’altra parte, delle istituzioni politiche, delle opinioni pubbliche, che invece vogliono più restrizioni, più controlli, più frontiere. In questa tensione noi siamo diventati importatori riluttanti di immigrati: ne abbiamo bisogno, ma non li vogliamo.

 

D. – A che punto è la messa a punto di meccanismi che permettano l’integrazione economico-sociale degli immigrati in Europa?

 

R. – La messa a punto di meccanismi è abbastanza debole e come sappiamo lascia morti e feriti sul campo. Ciò nonostante i migranti stessi, tra mille difficoltà, promuovono processi di integrazione, attraverso i ricongiungimenti familiari, attraverso l’educazione, la scolarizzazione, per esempio delle seconde generazioni, cui tengono molto in generale, attraverso la promozione di nuove attività segnatamente di lavoro autonomo, che rappresenta la principale via di miglioramento della condizione degli immigrati nelle nostre società.

 

D. – Cosa dice di fronte a chi teme che l’identità culturale italiana possa essere in qualche modo attaccata e, quindi, annacquata da una presenza troppo ampia di stranieri? Questa è un’opinione piuttosto diffusa tra la gente…

 

R. – E’ un timore che effettivamente esiste. La cosa strana, però, è che non ci rendiamo conto che i maggiori danni all’identità culturale italiana forse vengono da altre parti. Pensiamo ai modelli di consumo americani, che sono diffusi dalla televisione, dal cinema, dai mass media in generale. Mi sembra che stiano cambiando molto di più la nostra vita questi modelli, per esempio in campo familiare, di quanto non avvenga con l’arrivo di popolazioni immigrate. Forse le nostre paure, che ci sono e hanno dei fondamenti, stanno individuando un bersaglio sbagliato su cui appuntarsi. Io penso che anche la diversità religiosa possa essere un’occasione per approfondire e capire meglio i fondamenti della nostra fede religiosa, per farla crescere con quella umiltà teologica, che ci richiamava il rabbino David Rosen.

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Ai microfoni della Radio Vaticana,

il grazie dell’arcivescovo Angelo Bagnasco al Papa

e al presidente Napolitano per la solidarietà

dopo le minacce dei giorni scorsi. Il presidente della CEI

ribadisce l’urgenza, per il bene dell’Italia,

di un confronto sereno sulla famiglia

 

Piena solidarietà del Papa al presidente della Conferenza episcopale italiana, mons. Angelo Bagnasco, dopo le minacce dei giorni scorsi. Ieri, Benedetto XVI ha telefonato personalmente all’arcivescovo di Genova per esprimergli la sua vicinanza e lo ha incoraggiato - attraverso un telegramma - a continuare il suo servizio alla Chiesa italiana. Al presidente della CEI anche la solidarietà del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che ha accolto l’appello del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, alle autorità politiche affinché mons. Bagnasco non venga lasciato solo. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Profondamente colpito e addolorato”: sono i sentimenti espressi da Benedetto XVI in seguito alle minacce all’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. Intimidazioni che, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa definisce “episodi gravi e deprecabili che turbano la serena convivenza della comunità ecclesiale e civile”. Il Pontefice rinnova anzitutto la sua “vicinanza spirituale” al presule e assicura la sua preghiera affinché “possa proseguire fruttuosamente il suo alto servizio alla Chiesa italiana”. Con “l’aiuto divino e il fraterno sostegno del popolo cristiano”, scrive il Papa, mons. Bagnasco “continui ad operare per il bene comune difendendo e promuovendo i valori umani e religiosi senza i quali non è possibile costruire vere democrazie libere e stabili”. Al presidente dell’Episcopato italiano è giunta anche la solidarietà del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che in risposta ad un appello del cardinale Bertone ha assicurato “che l'Italia non lascerà solo” mons. Bagnasco “di fronte alle inammissibili, vili minacce di oscura provenienza di cui è stato fatto oggetto”. In un telegramma, Napolitano ribadisce che “occorre garantire il più sereno esercizio della missione pastorale” del presidente della CEI e “il più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa Cattolica, la politica e la società civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato italiano”. Dal canto suo, il cardinale Tarcisio Bertone, in un’intervista al TG2, si è soffermato sulla solidarietà espressa al presidente CEI:

 

“Io ho percepito una grande vicinanza, anzitutto, da parte delle autorità religiose, da parte dei confratelli di mons. Bagnasco e da parte anche delle comunità cattoliche. Anche le autorità politiche, anche i rappresentanti della cultura e della politica, in generale, hanno dimostrato comprensione della gravità del problema, ma hanno anche cercato – e penso che sia ciò che dobbiamo fare tutti – di disinnescare questo potenziale di collera e di contrapposizione, che ha un po’ caratterizzato gli ultimi giorni e le ultime settimane della storia italiana”.

 

E gratitudine per la “corale manifestazione di incoraggiamento e sostegno” è stata espressa dalla CEI attraverso il suo segretario generale, mons. Giuseppe Betori. Una solidarietà, afferma mons. Betori in una nota, che rafforza mons. Bagnasco nella “volontà di continuare con serenità” nel “compito di servizio alla verità del Vangelo e alla piena dignità della persona umana e costruzione della convivenza civile”. Parole a cui fa eco la dichiarazione del direttore della Sala Stampa della Santa Sede. “Non solo non ci si deve lasciare intimidire in alcun modo dalle minacce, da qualunque parte esse vengano”, ha affermato padre Federico Lombardi, ma anzi “bisogna cogliere l’occasione per ribadire l’urgenza di un dialogo sempre più sereno e costruttivo fra la Chiesa, la politica e la società civile”.

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Dunque, la Chiesa e il popolo italiano si stringono attorno al presidente della Conferenza episcopale italiana. Intervistato da Alessandro Gisotti, lo stesso mons. Angelo Bagnasco esprime la sua gratitudine in particolare al Papa e al presidente Napolitano:

 

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R. – E’ stato un momento di grandissima gioia, di sorpresa, proprio perché inattesa questa telefonata del Santo Padre, che mi ha riempito veramente di gioia e di gratitudine. Con la sua parola piena di affetto, di attenzione e, allo stesso tempo, di decisa chiarezza, mi ha confermato di proseguire nel magistero che riguarda anche quei valori religiosi ed umani, senza i quali non è possibile costruire delle vere e stabili democrazie. Questa telefonata è certamente motivo non solo di grande incoraggiamento e di conforto, ma anche di conferma per quello che è il servizio della Chiesa italiana per il bene di tutti.

 

D. – Solidarietà le è stata espressa anche dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Mons. Bagnasco sente questa vicinanza delle autorità politiche e del popolo italiano?

 

R. – Moltissimo. Intanto, appunto, per il segno molto gradito da parte del nostro presidente della Repubblica, che esprime la solidarietà di tutto il mondo politico, che si è espresso anche in molti modi in questi giorni e in questi ultimi tempi. In lui certamente si vede la sintesi più alta e più autorevole. E in lui si esprime anche il popolo italiano, che si è stretto accanto a me in moltissimi modi e attraverso moltissime espressioni, a tutti i livelli, di età, di posizione ed anche di fede e di credo.

 

D. – Nel telegramma inviatole, il Papa la incoraggia a proseguire il suo servizio alla Chiesa italiana. Dunque, queste minacce – si può dire - rafforzano il suo impegno piuttosto che indebolirlo?

 

R. – Certamente lo confermano insieme alla parola autorevole del Santo Padre e lo confermano nella chiarezza essenziale delle cose, senza nessuna contrapposizione di nessun tipo e nessun livello, perché la Chiesa, da sempre, promuove e crede fermamente nella famiglia come nucleo fondante della società e anche del proprio essere Chiesa. Quindi, sotto questo profilo c’è una continuità ovvia nella serenità e nella pacatezza che abbiamo noi vescovi, dal Consiglio Permanente in poi: parlo del momento in cui è stata stilata la nota pastorale e che vogliamo assolutamente mantenere, come è giusto.

 

D. – Proprio sulla famiglia, il confronto è molto acceso. Come rasserenare il clima pur nella legittima diversità di posizioni?

 

R. – Credo che si tratti, anzitutto, di una conversione interiore, nel senso di non doversi sentire attaccati perché si esprime una posizione diversa, se lo si fa con un atteggiamento di civiltà, di rispetto, di discrezione. La Chiesa questo lo sta facendo ed è anche la mia posizione, dopo l’inizio di questo polverone che è nato dal nulla – ci tengo a ribadire – e da una cattiva interpretazione ed attribuzioni di pensieri mai pensati e mai detti. Ecco ho voluto non intervenire più di tanto, proprio perché desideravo, ho desiderato e desidero che ci sia una riflessione pacata, che favorisca proprio quel clima di distensione dove – ripeto – ognuno può esprimere le proprie posizioni serenamente e porre i propri gesti, privati come pubblici, con assoluta serenità e tranquillità. Altrimenti ogni parola che si dice diventa facilmente motivo di interpretazione, più o meno ideologica, e quindi di polemica, quindi di scontro. Questo non fa bene a nessuno, a cominciare proprio dal nostro Paese.

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Festa di San Giuseppe Lavoratore:

il Papa sottolinea il primato dell’uomo sul lavoro,

contro ogni sfruttamento e idolatria

 

Oggi, primo maggio e festa internazionale del lavoro, la Chiesa ricorda San Giuseppe Lavoratore. In questi due anni di Pontificato, Benedetto XVI è intervenuto spesso sulle problematiche del mondo del lavoro reclamando con forza il primato della dimensione umana del lavoro, contro ogni sfruttamento e idolatria. Il servizio di Sergio Centofanti.  

 

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Benedetto XVI già nel suo primo discorso da Pontefice, il 19 aprile di due anni fa, pronunciava due volte la parola “lavoro”: si definiva un semplice e umile “lavoratore” nella vigna del Signore, sottolineando di sentirsi consolato dal fatto che il Signore “sa lavorare” ed agire anche con strumenti insufficienti. Insieme, dunque, il lavoro di Dio e il lavoro dell’uomo: “il lavoro – ha affermato Benedetto XVI – rientra nel progetto di Dio sull’uomo … è partecipazione alla sua opera creatrice e redentrice”. Per questo “è la persona il metro della dignità del lavoro”:

 

“Dal primato della valenza etica del lavoro umano, derivano ulteriori priorità: quella dell’uomo sullo stesso lavoro, del lavoro sul capitale, della destinazione universale dei beni sul diritto alla proprietà privata: insomma la priorità dell’essere sull’avere”. (Discorso alle ACLI, 27 gennaio 2006).

 

Pochi giorni dopo la sua elezione, il 1° maggio 2005, Benedetto XVI si affacciava per la prima volta dalla finestra del suo studio privato per un Regina Coeli tutto dedicato al mondo del lavoro auspicando che il  lavoro “non manchi specialmente per i giovani”.  Il 19 marzo 2006, Solennità di San Giuseppe, presiedeva la Messa per i lavoratori invitando i credenti a “santificarsi attraverso il proprio lavoro” perché “non basta la pur necessaria qualificazione tecnica e professionale” per attuare la propria integrale vocazione:

 

“Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell'uomo e per lo sviluppo della società, e per questo occorre che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell'umana dignità e al servizio del bene comune. Al tempo stesso, è indispensabile che l'uomo non si lasci asservire dal lavoro, che non lo idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso ultimo e definitivo della vita”.

 

Il Papa ricorda l’importanza del riposo domenicale: “esigere … che la domenica non venga omologata a tutti gli altri giorni della settimana – sottolinea -  è una scelta di civiltà”. Benedetto XVI in questi due anni di Pontificato ha lanciato numerosi appelli contro lo sfruttamento dei lavoratori, per la sicurezza del lavoro, per l’inserimento dei disabili nelle attività lavorative, ha denunciato il trattamento degli immigrati “come merce o semplice forza lavoro” e il lavoro precario che determina disagio e inquietudine, impedendo spesso qualsiasi progetto per il futuro, come il matrimonio e la formazione di una famiglia. Occorre “valorizzare la dimensione umana del lavoro” secondo il Papa “in spirito di giustizia e solidarietà”. Ai giovani dice che “non conta soltanto diventare più competitivi e produttivi” ma soprattutto “occorre essere testimoni della carità”. E il pensiero e la preoccupazione del Papa vanno proprio ai giovani che invita “a non perdersi d’animo dinanzi alle difficoltà”. Li affida a San Giuseppe:

 

“Vorrei affidare a lui i giovani che a fatica riescono ad inserirsi nel mondo del lavoro, i disoccupati e coloro che soffrono i disagi dovuti alla diffusa crisi occupazionale. Insieme con Maria, sua Sposa, vegli san Giuseppe su tutti i lavoratori ed ottenga per le famiglie e l'intera umanità serenità e pace. Guardando a questo grande Santo apprendano i cristiani a testimoniare in ogni ambito lavorativo l'amore di Cristo, sorgente di solidarietà vera e di stabile pace”. (Messa per i lavoratori, 19 marzo 2006)

 

Benedetto XVI indica a tutti i lavoratori lo stile del loro patrono, San Giuseppe, la cui “grandezza risalta ancor più perché la sua missione si è svolta nell'umiltà e nel nascondimento” come del resto ha fatto Gesù, il Figlio di Dio, che si è dedicato “per molti anni ad attività manuali, tanto da essere conosciuto come il figlio del carpentiere”:

 

“Dall'esempio di San Giuseppe viene a tutti noi un forte invito a svolgere con fedeltà, semplicità e modestia il compito che la Provvidenza ci ha assegnato”. (Angelus del 19 marzo 2006)

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Il Papa invita a pregare, in questo mese di maggio,

perchè sull'esempio della Vergine ogni cristiano si lasci guidare

dalla Parola di  Dio. La riflessione di mons. Angelo Comastri

 

Il mese di maggio è particolarmente dedicato dai fedeli alla Madre di Gesù. E il Papa esorta a pregare in questo mese perchè "sull’esempio della Vergine Maria, ogni cristiano, sempre attento ai segni del Signore nella propria vita, si lasci guidare dalla Parola di Dio".

 

Esattamente un anno fa Benedetto XVI iniziava il mese di maggio come tanti romani: con la visita al Santuario della Madonna del Divino Amore e la recita del Rosario. A Maria il Papa affidava le necessità di tutti, le speranze, le vicende liete e quelle dolorose. Per una riflessione sul carattere “mariano” del mese di maggio Giovanni Peduto ha sentito l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano:

 

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R. – Il mese di maggio è il mese della bellezza; è il mese in cui esplode la creazione, attraverso i fiori e sembra che tutta la creazione metta il vestito più bello. Ebbene la veste più bella dell’umanità è Maria. Maria è la tutta bella e del resto le parole dell’Arcangelo Gabriele possiamo tradurle così, con aderenza al testo greco: “Gioisci, tu che sei stata riempita di bellezza. Il Signore è con te”. Oggi esistono tanti equivoci attorno alla bellezza. Molto spesso vengono dichiarate belle alcune persone soltanto perché hanno un volto bello, ma talvolta hanno un’anima terribile, un cuore cattivo. Quella non è una bellezza. La bellezza di Maria è la bellezza che parte dal cuore e si irradia sul volto. Sicuramente Maria doveva essere bella, anche fisicamente, ma quella bellezza non era altro che l’irraggiamento della bellezza del suo cuore e della sua anima. Ecco, Maria e la devozione a Maria ci educano alla vera bellezza e a cercare la vera bellezza.

 

D. – Come migliorare in questo mese la nostra preghiera a Maria?

 

R. – Soprattutto imitando Maria. Pregare i Santi non significa semplicemente incensarli, un Santo non ha bisogno di incenso: pregare i Santi, ricorrere ai Santi significa riconoscere nei Santi un modello. E in Maria noi riconosciamo in modo particolare il modello della fede. Maria è umile, Maria non pesa di orgoglio. Per questo Maria è aperta a Dio e per questo Dio può fare, attraverso Maria, le sue grandi opere, le sue meraviglie. Oggi viviamo in un’epoca di grande orgoglio. Il celebre vescovo e scrittore francese Bossuet, in una sua orazione, uscì in questa esclamazione che fa ancora pensare, perché credo che sia ancora attuale: “Voi vi meravigliate perché Dio sembra quasi nascosto oggi. Ebbene, io vi do la ragione: c’è troppo orgoglio e Dio non riesce più a dialogare con questa generazione, perché Dio respinge gli orgogliosi”. Questa affermazione di Bossuet mi ha impressionato. Noi dobbiamo imparare da Maria l’umiltà e se noi ci accostiamo all’umiltà di Maria sentiremo in modo straordinario non solo la presenza di Dio, ma il fascino di Dio, l’abbraccio di Dio, l’abbraccio che dà pace al cuore e che trasmette la contentezza che soltanto Dio possiede.

 

D. – E in tema di umiltà, il Rosario è la preghiera semplice per eccellenza. Ma come fare per evitare che diventi una preghiera meccanica, artificiosa?

 

R. – Il Rosario è una preghiera semplice, ma non è una preghiera semplicistica. E’ una preghiera semplice, perché è semplice come il Vangelo, è una preghiera limpida. Del resto ruota attorno ai Misteri del Vangelo, i Misteri della vita di Gesù, nella quale è presente evidentemente Maria. Quindi il Rosario non è altro che un cammino dentro il Vangelo, presi per mano da Maria. Per poter pregare bene bisogna preparare la preghiera. Oggi, molto spesso, l’errore sta nel modo in cui ci si accosta alla preghiera, nel modo in cui ci si accosta anche al Rosario. Non si può essere distratti fino all’ultimo momento e poi prendere in mano la Corona del Rosario ed avere poi la pretesa di essere raccolti. Bisogna prima entrare nel santuario della propria anima, bisogna prima metterci in atteggiamento di preghiera. Quando si è creato un atteggiamento di preghiera, il Rosario è una preghiera bellissima ed è una preghiera semplice e ricca come il Vangelo, perché è un viaggio dentro il Vangelo attraverso Maria che ci guida con la sua dolcezza, con la sua umiltà, con la sua maternità.

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 maggio 2007

 

 

Giornata conclusiva al Meeting internazionale dei giovani a Pompei

 

“Siete la speranza, il futuro, il domani”: con queste parole mons. Carlo Liberati, vescovo-prelato di Pompei, ha salutato le migliaia di ragazzi che hanno partecipato in questi giorni al 21.mo Meeting internazionale dei giovani. Il raduno, che prepara ogni anno alle Giornate mondiali della gioventù, ha voluto lanciare un messaggio contro la violenza ed offrire testimonianze di amore. Il servizio da Pompei di Tiziana Campisi.

 

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“Saremo testimoni di pace per questa nostra umanità” hanno cantato diverse volte i giovani, rivolgendo queste parole al Papa. Per augurargli “buon compleanno” hanno dedicato a Benedetto XVI una canzone parafrasando la sua età: “Ho-ttanta voglia di vivere”. Ai giovani hanno parlato religiosi, artisti e musicisti. Una vera  e propria ovazione ha accolto il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. “Riempitevi di amore di Gesù Cristo, di questa forza prorompente che è Dio”, ha detto il porporato ai giovani, esortandoli a rinnovare la società, a seminare la speranza, ad essere evangelizzatori e missionari.

 

Il cardinale Sepe si è intrattenuto con i giovani, chiedendo loro di donare alla Chiesa la capacità di amare, quella stessa che loro possiedono. Poi ha lasciato la parola al prof. Andrea Riccardi. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio ha invitato i giovani ad avere più attenzione per i poveri e i deboli e li ha esortati a pretendere di vivere nella pace.

 

Tra le diverse iniziative legate alle 21.mo Meeting di Pompei, quella degli SMS da inviare al 333.7646420 al Papa. Gli auguri, le domande e le riflessioni saranno raccolte in un volume da donare a Benedetto XVI. Antonella ci confida cosa ha scritto al Santo Padre:

 

R. – Io gli ho scritto che è sotto gli occhi di tutti come in questo momento c’è una grande mancanza di amore. Ma nonostante tutto io credo fermamente nella rinascita spirituale dei giovani e gli ho augurato soprattutto che lui possa essere testimone di questa grande rinascita di cui noi saremo protagonisti.

 

D. – Antonella, come stai vivendo questa giornata?

 

R. – Questa è una giornata tutta particolare. C’è un’aria di festa e di grande aggregazione. Spero che tutti noi giovani, insieme, con le nostre anime e con i nostri cuori daremo una grande testimonianza di amore, di pace e di speranza per questa città, che è Pompei.

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Il futuro della Chiesa cattolica in Terra Santa

al centro di una conferenza tenuta a Roma

dal padre francescano David-Maria Jaeger

 

“Il futuro della Chiesa Cattolica in Terra Santa": se ne è parlato in questi giorni a Roma durante una Conferenza tenuta dal padre francescano David-Maria Jaeger, noto esperto delle problematiche giuridiche che riguardano la Chiesa nei luoghi santi. L'iniziativa, promossa dall’ambasciatore della Repubblica argentina presso la Santa Sede, si è svolta pochi giorni dopo la visita del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, a Benedetto XVI in Vaticano. Sul futuro della Chiesa cattolica in Terra Santa, ascoltiamo al microfono di Luca Collodi, padre Jaeger:

 

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R. – Il futuro per la Chiesa in Terra Santa richiederebbe innanzitutto la pace. Non si può idealmente, ma anche praticamente, stralciare la posizione della Chiesa dalla situazione generale nella regione. E’ la pace che creerà il contesto più favorevole allo sviluppo della vita della Chiesa: la pace, gli accordi bilaterali, gli strumenti di tipo concordatario, che la Santa Sede ha concluso con palestinesi e israeliani e che richiedono ulteriore paziente sviluppo, una testimonianza decisa e rispettosa della Chiesa all’interno di ciascuna delle due società, capace di creare dialogo, intesa, di suscitare rispetto. Queste sono a mio avviso le basi per un futuro sicuro e spiritualmente prospero.

 

D. – Padre Jaeger, in Terra Santa i cristiani sono ancora intenzionati a lasciare il territorio?

 

R. – Non si può dire che i cristiani in Terra Santa siano intenzionati a lasciare il Paese. In una parte della Terra Santa, nei territori occupati, dove le difficoltà sono grandissime per la popolazione in genere, e qualche volta specialmente per le famiglie cristiane, che si trovano come minoranza all’interno del disagio generale, si sperimenta da parte della popolazione la voglia di trovare maggior sicurezza e migliori prospettive per le proprie famiglie, per i propri figli. Da qui nasce il fenomeno dell’emigrazione, che per ragioni culturali, storiche, familiari è spesso più facile per i cristiani che non per i loro vicini, perché hanno già famiglie oltreoceano, parenti, comunità che potranno sostenerli.

 

D. – Recentemente il presidente palestinese Abu Mazen è stato dal Papa, ma più in generale sembra profilarsi un’aria positiva sul percorso di pace in Terra Santa. E’ riscontrabile questo, secondo lei, in concreto, sul territorio?

 

R. – E’ bene che si stia muovendo sulle pagine dei giornali. Concretamente, però, la pace non si inventa. Non c’è la bacchetta magica che porta la pace. La pace, anche in Terra Santa, è frutto di un processo negoziale, che deve essere ordinato e sostenuto. E’ bene che i capi dei governi e dei popoli si incontrino. E’ molto bene! Si spera che il miglioramento dell’atmosfera delle alte vette almeno porti in breve tempo alla ripresa del duro lavoro del negoziato di pace.

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CHIESA E SOCIETA’

1 maggio 2007

 

 

Numerose manifestazioni in tutto il mondo

per la festa internazionale del lavoro

 

Maggiore attenzione alle dinamiche che caratterizzano l’universo del lavoro. Questo lo spirito dominante oggi in molte piazze del mondo. Migliaia di lavoratori nel centro di Bangkok, in Thailandia, hanno protestato contro il governo per i salari troppo bassi e per l’incremento della disoccupazione. Stesso scenario anche in Indonesia. In altri Paesi asiatici, come lo Sri Lanka, la festa è stata invece rinviata a domani per la coincidenza con una ricorrenza religiosa buddista. Per milioni di lavoratori cinesi questa giornata segna l’inizio di un periodo di vacanza, mentre in Russia le forze dell’ordine hanno controllato che le manifestazioni dei lavoratori non degenerassero in disordini. E incidenti si sono verificati ad Istanbul e Macao, dove la piazza ha denunciato la crescente immigrazione clandestina. Scontri con le forze dell’ordine anche a Berlino e Madrid. A Roma tutto è pronto per il tradizionale primo maggio musicale, mentre in mattinata i leader sindacali hanno ricordato – fra l’altro - le vittime degli incidenti sul lavoro. Una piaga questa che dilaga in tutto il mondo. Secondo il consueto rapporto annuale dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), diffuso nei giorni scorsi, ogni anno sono oltre 2 milioni le persone che muoiono per incidenti sul posto di lavoro, 270 milioni i feriti e 160 quelli che soffrono di malattie professionali. Ridurre questi numeri, secondo l'ILO, è possibile: serve l’impegno di tutti – governi, imprenditori e lavoratori – per una completa applicazione delle regole sulla sicurezza, ma occorre anche formazione, ispezioni e denunce. (A cura di Eugenio Bonanata)

 

 

L’imminente conferenza di Aparecida

in primo piano alla 45.ma plenaria dei vescovi brasiliani

 

“Verso la Conferenza di Aparecida”. Questo il tema della 45esima assemblea generale della Conferenza episcopale Brasiliana (CNBB), che si apre oggi a Itaici. Al centro dei lavori l’opportunità di trasmettere all’imminente V Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano e Caraibico la “voce” della Chiesa in Brasile e il suo progetto di fede e di testimonianza per gli anni futuri. Nel corso della riunione, oltre a rinnovare le cariche elettive e a votare il documento sull’evange-lizzazione della gioventù, i vescovi analizzeranno la situazione socio-economica e le priorità ecclesiali del momento. Particolare attenzione sarà dedicata alla “Pastorale della Sobrietà”, un’azione pastorale integrata finalizzata alla prevenzione e recupero della tossicodipendenza, in vista del suo riconoscimento come organismo collegato alla CNBB. Sono previste comunicazioni sulle campagne di Fraternità e per l’Evangelizzazione, sulle linee direttrici per la formazione presbiterale e sul “2009 - Anno della Catechesi”. La preghiera e la riflessione in vista dell’appuntamento di Aparecida proseguiranno nella giornata di ritiro, sabato 5 maggio, dedicata al tema “Spiritualità della sequela e della missione alla luce della preparazione della V Conferenza”, con le meditazioni proposte dall’arcivescovo di Manaus, mons. Luiz Soares Vieira. Una sessione speciale dei lavori ricorderà l’eredità spirituale di mons. Luciano Pedro Mendes de Almeida, scomparso il 27 agosto scorso. Infine saranno elaborate dichiarazioni riguardanti l’attualità politica nazionale, l’odierna giornata del lavoratore e la situazione in Amazzonia. (E.B.)

 

 

Pregare per elezioni libere e pacifiche.

Così i vescovi delle Filippine in vista delle prossime elezioni

 

Che le prossime elezioni di mezzo termine nelle Filippine si svolgano “con onestà e pace”. E’ l’esortazione che i vescovi locali hanno rivolto ai fedeli attraverso una lettera pastorale firmata dal presidente della Conferenza episcopale filippina, mons. Angel N. Lagdameo. Come riporta l’agenzia AsiaNews, i presuli chiedono in particolare ai fedeli di unirsi in preghiera dal 5 al 14 maggio – giorno delle elezioni - per “ascoltare la guida di Dio e fare in modo che le elezioni siano pulite, pacifiche e soprattutto rappresentative della vera volontà del popolo”. Gli elettori si recheranno alle urne per rinnovare la Camera, parte del Senato e numerose amministrazioni locali. Nonostante gli sforzi della Chiesa locale, che è intervenuta più volte sul tema, la tensione cresce nel Paese. Diversi, infatti, gli atti di violenza contro i candidati. Ieri, Julian Resuello, sindaco di San Carlos, cittadina a 160 chilometri da Manila, è morto in ospedale dopo un agguato avvenuto il 28 aprile scorso, ad opera – secondo le autorità – di avversari politici. Nei giorni scorsi, in un secondo incidente, si è invece salvato il sindaco di Morong, attaccato nella notte mentre dormiva in casa con i familiari. Per cercare di fermare questa violenza, il presidente Gloria Macapagal Arroyo ha ordinato all’esercito di coordinare con la polizia un’azione di monitoraggio “24 ore su 24” in tutte le zone del Paese ritenute sensibili. Inoltre, ha emanato un ordine di confisca per tutte le armi da fuoco in mano a privati cittadini. (E. B.)

 

 

Pregi e difetti della rivoluzione digitale

 nel Messaggio dei vescovi del Québec per il 1° maggio

 

Nel loro tradizionale messaggio per la Festa del 1° maggio, i vescovi del Québec propongono una riflessione sul rapporto tra le nuove tecnologie dell’era informatica e il valore del lavoro umano, invitando a promuovere una “Settimana di digiuno dai media”, per riscoprire il valore dei rapporti umani. Il documento, preparato dal Comitato episcopale per gli affari sociali, evidenzia gli aspetti positivi e negativi della cosiddetta rivoluzione digitale, che ha tanto cambiato il mondo del lavoro in questi anni. “Mai come oggi - rileva il messaggio - gli ideali della solidarietà, della fraternità e della cooperazione hanno avuto così tanti strumenti a disposizione”. Tra i principali effetti negativi, ci sono invece la precarietà generalizzata del lavoro e la progressiva disumanizzazione dei rapporti interpersonali. Così – rilevano i vescovi - scopriamo che “strumenti concepiti per avvicinare gli esseri umani possono trasformarli in soggetti virtuali astratti”. Ma la rivoluzione digitale – evidenzia il documento – ha provocato anche una “crisi di senso” che sta cambiando anche la nostra percezione della realtà: “Fino a che punto – si chiedono i presuli - permetteremo che questi strumenti ci allontanino dagli altri?”. Di qui, l’invito a “reinventare una nuova arte del vivere”, che permetta di massimizzare gli aspetti positivi della rivoluzione digitale, mettendola al servizio dell’uomo e della qualità della vita per ridurne al minimo gli effetti negativi. I vescovi  del Québec propongono, inoltre, una settimana senza televisione e computer, sull’esempio di quanto realizzato in Francia e negli Stati Uniti, per “riscoprire l’essenziale della vita: le relazioni con gli altri, con sé stessi, con l’ambiente e con Dio”. (L.Z.)

 

 

In india è ricoverato in ospedale il missionario protestante,

aggredito da nazionalisti indù

 

Assalito da un gruppo di nazionalisti indù davanti alla sua casa, sotto gli occhi di moglie e figli. Vittima, un pastore protestante. L’aggressione è avvenuta domenica scorsa a Jaipur nello Stato del Rajasthan. Il tutto è stato ripreso dalle telecamere di una tv locale, invitata dagli stessi assalitori, tutti appartenenti alla formazione nazionalista Vishwa Hindu Parishad (VHP). Il pastore, un educatore che guida una piccola comunità cristiana, la Maschi Santi (Dolcezza Cristiana), è attualmente ricoverato nell’ospedale della città. Il gesto è stato condannato dalle comunità cristiane che, in una dichiarazione congiunta, hanno rilevato come l’unica colpa del pastore sia “quella di essere un cristiano impegnato a trasmettere educazione e il messaggio di salvezza in una delle regioni più povere del Paese”. (A. M.)

 

 

Solenni celebrazioni in Calabria per il V Centenario della morte

di San Francesco di Paola, alla presenza del cardinale Martino

 

Al via oggi le celebrazioni nella città di Paola, in Calabria, per il V centenario della morte di San Francesco di Paola (1416-1507). Domani pomeriggio, nel corso di una solenne Liturgia Eucaristica, presieduta dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del Pontificio Consiglio per i Migranti, verrà consacrata  la nuova aula liturgica dedicata al fondatore dell’Ordine dei Minimi, eretta alle spalle dell’antica Basilica di Paola. Iniziative pastorali e cerimonie devozionali sono al centro della giornata del 3 maggio. Si parte con la visita alle reliquie del Santo presso la casa circondariale, dove il cardinale Martino celebrerà l’Eucaristia, e all’Ospedale civile. Nel pomeriggio la cosiddetta “processione del mantello” nelle acque della cittadina, rinnoverà il ricordo del noto miracolo del Santo. Da una motovedetta della capitaneria di porto, il cardinale guiderà una celebrazione della Parola, con la benedizione del mare e l’omaggio in memoria dei marittimi, di cui il Santo è Patrono nazionale. La processione riprenderà poi nelle strade cittadine. Durante il percorso verranno declamati alcuni brani dagli scritti di San Francesco sul tema della pace e della riconciliazione. Al mattino del 4 maggio il cardinale Martino presiederà la solenne Concelebrazione Eucaristica di ringraziamento nella Chiesa appena consacrata. Nell’occasione saranno presenti le autorità politiche della regione e delle cinque province calabresi, che offriranno l’olio votivo per la lampada posta sulla tomba del Santo. (E. B.)

 

 

Con una Messa presieduta da mons. Giuseppe Betori si è conclusa a Rimini la Convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo

 

Con un forte appello ad impegnarsi nell’annuncio del Vangelo e nella promozione della famiglia si è conclusa oggi a Rimini la 30.ma Convocazione nazionale del movimento ecclesiale Rinnovamento nello Spirito Santo. La concelebrazione eucaristica conclusiva è stata presieduta da mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana. Lo Spirito Santo continui ad accompagnare il cammino del Rinnovamento!”. Un grande applauso ha sottolineato queste parole di mons. Giuseppe Betori. “Questo movimento è una delle fioriture più belle della Chiesa italiana negli ultimi decenni – ha proseguito mons. Betori – ed il suo radicamento ecclesiale rappresenta una caratteristica unica nel panorama delle realtà del pentecostalismo cattolico italiano. Come in questi 30 anni il Rinnovamento ha saputo generare testimonianze di fede e servizio di umanizzazione – ha sottolineato Betori – così possa continuare a farlo nel futuro”. Si è dunque chiusa questa 30esima Convocazione nazionale, che per 4 giorni ha visto riunite alla Fiera di Rimini circa 25mila persone. Nella relazione conclusiva, il presidente del Rinnovamento, Salvatore Martinez, ha tracciato gli obiettivi del movimento: “Noi vogliamo un cristianesimo forte!”, ha detto. “Gesù ci ha pensati forti, capaci di grandi imprese. E ci ha resi tali mediante lo Spirito a Pentecoste: forti nella convinzione – ha proseguito Martinez – forti nell’annuncio del bene, forti nella denuncia del male”. Qui a Rimini, il Rinnovamento ha confermato anche l’adesione alla grande manifestazione “Più Famiglia”, organizzata dal Forum delle Associazioni Familiari per il prossimo 12 maggio a Roma. Ieri, il tema della famiglia è stato centrale nella Convocazione, che ha visto la presenza anche di numerosi rappresentanti di associazioni e movimenti ecclesiali e di parlamentari di entrambi gli schieramenti. “In gioco, non è una ideologia religiosa – ha detto il portavoce del Family Day, Savino Pezzotta – ma il futuro della società stessa, in un momento in cui l’idea di famiglia è al centro di un cambiamento culturale che tende a sminuirne la centralità”. Sempre ieri la celebrazione eucaristica è stata presieduta dall’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, che ha pronunciato parole di grande intensità: “La Chiesa non può non prendersi cura della famiglia”, ha detto nell’omelia. “Nessuno potrà impedire alla Chiesa di dire ad alta voce il suo ‘sì’ alla famiglia e quindi il suo ‘no’ a tutto ciò che ne mette a rischio l’irripetibile unicità”. (A cura di Luciano Castro)

 

 

24 ORE NEL MONDO

1 maggio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

- Il leader di Al Qaeda in Iraq, Abu Ayyub al-Masri, è morto in seguito ad uno scontro a fuoco a nord di Baghdad. Lo ha rivelato il portavoce del ministero dell’Interno iracheno aggiungendo che all’operazione non hanno partecipato i soldati americani. L’egiziano al-Masri aveva assunto la guida dell’organizzazione terroristica dopo la morte del giordano Abu Musab al-Zarqawi, avvenuta nel 2006 durante un raid aereo statunitense. A sud della capitale, intanto, almeno 11 civili sono morti per un attentato condotto da ribelli contro un minibus. In Iraq sono poi sempre più forti le tensioni tra islamici sunniti legati ad al Qaeda e altri gruppi di ribelli sunniti. Fonti locali hanno precisato che questa pericolosa frattura è alimentata da continue e indiscriminate uccisioni di civili da parte di estremisti appartenenti all’organizzazione terroristica. Secondo diversi funzionari iracheni, uomini di Al Qaeda hanno attaccato, nel 2006, il santuario sciita di Samarra per innescare la lunga scia di violenze tra sciiti e sunniti che sta insanguinando il Paese.

 

- In Afghanistan, una bomba è esplosa al passaggio di un convoglio militare italiano ad  Herat: tre soldati sono rimasti feriti. Nel Paese asiatico è in corso un'offensiva contro ribelli talebani nelle aree meridionali e occidentali del Paese. La situazione è grave soprattutto nell’ovest dell’Afghanistan: secondo fonti locali, è di almeno 87 morti il bilancio, ancora provvisorio, di due attacchi avvenuti domenica scorsa in una zona a sud di Herat. Dopo questi scontri, è salito ad oltre 130 il numero di talebani rimasti uccisi in scontri avvenuti negli ultimi giorni. Secondo la polizia afghana negli scontri sarebbero morti anche 30 civili. A Jalalabad, intanto, centinaia di studenti sono nuovamente scesi in piazza per protestare contro l'uccisione, domenica scorsa, di 6 civili durante un raid statunitense contro le abitazioni di presunti terroristi.

 

- In Turchia, si accentua la pericolosa combinazione tra le proteste di piazza e la crisi politica alimentata dai timori dell’opposizione di una possibile erosione della laicità dello Stato. Ieri, il premier Recep Tayyp Erdogan, leader del partito filo-islamico ‘Giustizia e Sviluppo’, ha pronunciato un discorso per difendere la candidatura del ministro degli Esteri, Abdullah Gul, alla presidenza della Repubblica. Il primo ministro ha sottolineato che la Turchia deve conservare “la stabilità la fiducia, la pace, l’unità e la solidarietà nazionale”. Ma ad Istanbul, dove la situazione è sempre più tesa, è stata duramente repressa una manifestazione convocata per celebrare il primo maggio. Il nostro servizio:

 

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Alla preoccupazione per la crisi politica si aggiungono nuovi disordini: ad Istanbul le forze dell’ordine sono intervenute per impedire una manifestazione organizzata nella centrale piazza Taksim per commemorare la strage del primo maggio del 1977, quando gli agenti di polizia spararono contro la folla uccidendo 38 persone. Da allora, in Turchia sono vietate le manifestazioni del primo maggio. Ma sindacati e movimenti di sinistra hanno comunque deciso di celebrare questa ricorrenza. La reazione della polizia è stata immediata: gli agenti hanno usato i lacrimogeni e arrestato almeno 600 persone. Oltre ai disordini, si devono poi registrare le sempre più forti tensioni per la crisi istituzionale. Ieri, il premier Erdogan ha lanciato un appello per l’unità all’indomani dell’imponente manifestazione di piazza, organizzata ad Istanbul da associazioni laiche. Erdogan ha anche ricordato le buone condizioni in cui versa l’economia turca dopo la grande crisi del 2001. Ma la situazione economica, in questi giorni, non appare rosea e il valore della lira turca continua a scendere. La crisi politica si è aggravata lo scorso 28 aprile, quando i vertici militari hanno minacciato di intervenire per difendere la laicità della Turchia. Il governo sostiene che la separazione tra Stato e religione, voluta dal fondatore del Paese, Mustafa Kemal Ataturk, non è in pericolo. L’opposizione teme, invece, una predominanza di esponenti islamici nelle istituzioni e ha boicottato, venerdì scorso, la votazione per la candidatura di Gul non consentendo il raggiungimento del numero legale di 367 deputati. Il ministro degli Esteri turco ha annunciato, però, di non voler ritirare la propria candidatura. Entro domani è attesa la decisione della Corte suprema sulla validità della votazione. Se il ricorso sarà accolto, sarà avviata la procedura per organizzare elezioni anticipate entro 90 giorni.

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- In Israele, si è dimesso il ministro senza portafoglio del governo Olmert, Etian Cabel. Le dimissioni sono giunte all'indomani della pubblicazione del duro rapporto della Commissione di inchiesta Winograd sulla guerra in Libano. Etian Cabel ha anche chiesto al premier Ehud Olmert di lasciare il proprio incarico. Ieri, il premier aveva dichiarato di non voler rassegnare le dimissioni malgrado le forti critiche presenti nel rapporto per la gestione del conflitto nel Paese dei Cedri. Olmert, che nel pomeriggio incontrerà vari rappresentanti dei partiti della coalizione di governo, ha detto che la guerra in Libano “è stata giusta e inevitabile”.

 

- Ennesimo assalto nel sud della Nigeria, dove uomini armati hanno attacco una nave petrolifera a largo delle coste dello Stato di Bayelsa. I guerriglieri hanno ucciso un marinaio nigeriano e rapito sei dipendenti stranieri della società americana ‘Chevron’. Secondo fonti confermate dalla Farnesina, tra gli ostaggi ci sono quattro italiani e uno statunitense. Nella parte meridionale della Nigeria sono frequenti gli attacchi di ribelli contro strutture petrolifere. I gruppi armati chiedono, in particolare, una diversa distribuzione dei proventi derivanti dalle attività petrolifere.

 

- Tragedia in Spagna: un edificio di cinque piani è crollato a Palencia, a nord est di Madrid. Secondo la radio spagnola, sono morte almeno 5 persone ma il bilancio è ancora provvisorio. Fonti locali hanno riferito che il palazzo era abitato da una decina di famiglie. In base alle prime ricostruzioni, il crollo è stato provocato da un’esplosione di gas.

 

- Il leader cubano Fidel Castro non ha partecipato all'apertura delle cerimonie per il primo maggio all’Avana, dopo nove mesi di convalescenza e nonostante i recenti segnali di un suo ristabilimento.

 

 

Oggi, primo maggio, la Radio Vaticana aderisce all’iniziativa del minuto di silenzio lanciata da “Articolo 21”, associazione per la libertà d’informazione, per ricordare il dramma delle cosiddette morti bianche, le vittime del lavoro. Un iniziativa che speriamo possa contribuire a promuovere una sempre maggiore attenzione al problema della sicurezza sul lavoro.