RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 28 - Testo della trasmissione di domenica 28 gennaio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Si è concluso in Bolivia il
XXIII incontro nazionale di pastorale giovanile vocazionale
In Iraq, almeno 19 morti per nuove violenze: gli
attentati più gravi in un quartiere sciita e in una zona sunnita di Baghdad. A
Washington, intanto, manifestazioni di protesta contro il piano Bush
Nei Territori palestinesi ancora scontri tra
sostenitori di Hamas e al Fatah. Secondo la stampa israeliana,
il presidente Abu Mazen è
sfuggito ad un attentato
28 gennaio 2007
IN LIBANO E A GAZA.
NELLA
FESTA DI SAN TOMMASO D’AQUINO BENEDETTO XVI AFFRONTA IL TEMA
DEL
RAPPORTO TRA FEDE E RAGIONE,
“UNA SERIA SFIDA PER IL MONDO
OCCIDENTALE”
Il Papa all’Angelus è tornato ad invocare la pace per il
mondo intero, condannando
le nuove violenze in Libano e nella striscia di Gaza, inaccettabili – ha detto
- chiedendo a tutti di lavorare per il bene comune. Nella festa di San Tommaso
d’Aquino, Benedetto XVI ha affrontato il tema del
rapporto tra fede e ragione ed ha rivolto una particolare preghiera per i
lebbrosi, in occasione dell’odierna Giornata mondiale dedicata a questi malati.
Il servizio di Roberta Gisotti
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La voce di Benedetto XVI si è levata, ancora una volta,
per denunciare la violenza in Medio Oriente, che nei giorni scorsi “è tornata
ad insanguinare il Libano” :
“E’ inaccettabile
che si percorra questa strada per sostenere le proprie ragioni politiche. Provo
una pena immensa per quella cara popolazione. So che molti Libanesi sono
colpiti dalla tentazione di lasciare ogni speranza e si sentono come
disorientati da quanto sta succedendo”.
Raccogliendo la denuncia del cardinale Sfeir
di tali “scontri fratricidi”, e unendosi agli altri responsabili religiosi, il
Papa ha invocato l’aiuto di Dio perché “i Libanesi tutti indistintamente
possano e vogliano lavorare insieme”, “superando quegli atteggiamenti egoistici
che impediscono di prendersi veramente cura” del loro Paese, esortando i
cristiani “ad essere promotori di autentico dialogo fra le varie comunità.”
Nell’appello del Santo Padre anche la fine delle ostilità
nella striscia di Gaza.
“All’intera
popolazione desidero esprimere la mia spirituale vicinanza ed assicurare la mia
preghiera, affinché prevalga in tutti la volontà di
lavorare insieme per il bene comune, intraprendendo vie pacifiche per comporre
le differenze e le tensioni”.
Nella festa oggi di san Tommaso d’Aquino,
il Papa ne ha ricordato il “valido modello di armonia tra ragione e fede”, per
osservare che “quando invece l’uomo si riduce a pensare soltanto ad oggetti
materiali e sperimentabili e si chiude ai grandi interrogativi sulla vita, su
se stesso e su Dio, si impoverisce”. Per questo – ha aggiunto – “il rapporto
tra fede e ragione costituisce una seria sfida per la cultura attualmente
dominante nel mondo occidentale”.
“In realtà, lo
sviluppo moderno delle scienze reca innumerevoli effetti positivi, che vanno
sempre riconosciuti. Al tempo stesso, però, occorre ammettere che la tendenza a
considerare vero soltanto ciò che è sperimentabile costituisce una limitazione
della ragione umana e produce una terribile schizofrenia, ormai conclamata, per cui convivono razionalismo e materialismo, ipertecnologia e istintività sfrenata”.
Se la fede cristiana è autentica – ha spiegato Benedetto
XVI - “non mortifica la libertà e la ragione umana”, che non perde nulla
aprendosi ai contenuti di fede” che, anzi, “richiedono la sua libera e
consapevole adesione”. “La fede suppone la ragione e la perfeziona, e la
ragione, illuminata dalla fede, trova la forza per elevarsi alla conoscenza di
Dio e delle realtà spirituali”.
Dopo la preghiera mariana il pensiero del Papa è andato ai
10 milioni di lebbrosi, in occasione dell’odierna Giornata mondiale dedicata a
questi malati, augurando “la loro guarigione e, in ogni caso, cure adeguate e
condizioni dignitose” incoraggiando pure gli operatori sanitari ed i volontari
che li assistono e tutti quanti sono impegnati a debellare questa “piaga
sociale”.
Infine, Benedetto XVI ha lasciato il microfono ad una
bimba dell’’Azione cattolica, della diocesi di Roma, che ha portato il suo
saluto al Papa a nome dei migliaia di coetanei, che
accompagnati dal cardinale vicario, da genitori, educatori e insegnanti hanno
raggiunto in carovana piazza San Pietro, a conclusione del “Mese della pace”.
“E’ bello ciò che
piace agli altri, è bello il bene che tutti desiderano. Allora è bello ciò che
è pace, come stiamo gridando a tutti, qui a Roma, da stamattina. Oggi
desideriamo pensare a tutti quei bambini che hanno desideri di bene, ma non
possono realizzarli. Con te vogliamo allargare il cuore a tutti quei ragazzi
che nel cuore vorrebbero la pace, ma sono costretti a vivere o a fare la
guerra”.
Poi, il volo di due colombe della pace dalla finestra del
Papa:
“I colombi sono
messaggeri di pace, e noi vogliamo essere come i colombi messaggeri di pace.
Preghiamo il Signore che vi sia la pace dappertutto,
in Libano, nella Striscia di Gaza e in tutte le parti del mondo. Grazie per queste
parole, per il vostro pensiero e il vostro affetto. Una buona domenica a voi
tutti”.
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28 gennaio 2007
“AMARE
VUOL DIRE CONDIVIDERE LA STESSA SPERANZA”:
IL TEMA SCELTO DELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE
DEI MALATI DI LEBBRA
- Le testimonianza del dott. Francesco Colizzi e di suor
Maddalena Zorzi -
“Amare vuol dire condividere la stessa speranza”. Il tema
scelto per la 54.ma Giornata mondiale dei malati di
lebbra travalica i confini della malattia per sollecitare una riflessione sugli
interrogativi ultimi della vita, come spiega il dott. Francesco Colizzi, psichiatra
e psicoterapeuta, presidente dell’Associazione italiana Amici di Raoul
Follereau (AIFO). L’intervista è di Tiziana Campisi.
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R. – La speranza, naturalmente è quella dei più poveri,
degli ultimi e di coloro per la quale è nata - nel 1961 – l’AIFO. La lebbra è
in calo, il numero dei casi comincia, per fortuna, a diminuire notevolmente,
anche se l’allarme va ancora tenuto alto e questo perché restano in trattamento
centinaia di migliaia di persone, ma soprattutto rimangono milioni di ex
lebbrosi in tutto il mondo che sono ancora emarginati, che sono ancora isolati
e che subiscono lo stigma di questo deturpante malattia
che risuona così fortemente nella cultura e nell’animo delle persone e che
porta ad allontanare e ad isolare. C’è, quindi, un grandissimo lavoro anche per
gli anni a venire di reintegrazione sociale, di reinserimento pieno, di
recupero completo come persone della propria dignità.
D. – Quali iniziative avete pensato per
questa 54.ma Giornata
mondiale dei malati di lebbra?
R. – Da quest’anno abbiamo deciso che
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Ascoltiamo ora al microfono di Eugenio Bonanata
la testimonianza di suor Maddalena Zorzi, missionaria
comboniana che ha trascorso 40 anni in Africa, 25 dei
quali al fianco dei lebbrosi in Uganda.
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R. – In questi ultimi anni la lebbra è diminuita
moltissimo, se si considera che dal 1982 ad oggi hanno completato la cura
16.008 pazienti.
D. – E’ opinione comune che nel tempo le cure sono
evolute, sono migliorate, ma in concreto cosa è
cambiato?
R. – E’ cambiato moltissimo, anzitutto il tempo che i
malati devono essere sottoposti a cure e terapie. Se si pensa che prima dell’82
i malati dovevano prendere un solo farmaco, che era il sulfone,
per una durata che andava dai 10 ai 20 anni e quelli che avevano la forma
contagiosa lo dovevano assumere per tutta la vita. Dopo l’82, ci è stato,
invece, detto che si dovevano cominciare ad usare tre farmaci combinati. Con
l’utilizzo di questi tre farmaci abbiamo avuto dei risultati soddisfacenti. E’
stata veramente una cosa meravigliosa vedere i pazienti che non sviluppano
deformità è stata per noi una soddisfazione veramente grande. Adesso i malati
di lebbra si curano in un anno, perché la lebbra si cura e di questo siamo
sicuri al cento per cento, prendendo questi tre farmaci, mentre coloro che
hanno contratto la forma non contagiosa si curano in sei mesi.
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LA
SVOLTA AMBIENTALISTA E LE POLITICHE ENERGETICHE:
LE
NOVITA’ IN CAMPO DOPO
IL FORUM ECONOMICO MONDIALE DI DAVOS
-
Intervista con Fabrizio Onida -
A conclusione del Forum economico mondiale di Davos in Svizzera l’unica reale novità che sia stata registrata dagli analisti riguarda la cosiddetta
‘svolta ambientalista’. I 2.500 esponenti dell'establishment internazionale hanno,
infatti, dibattuto
di effetto serra, energie rinnovabili, sviluppo sostenibile, anche sotto la
pressione dell’opinione pubblica mondiale. Tra i temi che hanno trovato spazio
a Davos anche quello delle barriere commerciali e
delle politiche energetiche. Su questi punti Stefano Leszczynski ha raccolto il
commento di Fabrizio Onida, docente all’Università
Bocconi e già presidente dell’Istituto per il commercio estero.
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R. – In realtà, come tutte le volte che si incontrano
uomini di potere, un certo scambio, un certo contatto personale non è
necessariamente ininfluente, però bisogna evitare di pensare che in quella sede
si possano decidere le cose. E’ una sede di scambio culturale, in cui
generalmente vengono ripetuti i temi che tutti già
conosciamo, quali sono le aspirazioni del mondo, del governo del mondo. La
novità di quest’anno è quella di un accento maggiore sull’aspetto ambientale ed
è interessante perché normalmente il World Economic
Forum è dominato dai temi di tipo macroeconomico oltre che, genericamente, di
sviluppo. Il tema ambientale oggi è obiettivamente un terreno su cui i governi,
a cominciare dagli Stati Uniti, hanno mostrato il desiderio di rivedere un po’
le proprie posizioni.
D. – Si è parlato anche di problemi importanti per i Paesi
in via di sviluppo come quello ad esempio delle politiche relative ai dazi e al
confronto commerciale con questi Paesi...
R. – Da questo punto di vista l’incontro di Davos potrebbe dare un contributo positivo a rilanciare,
non in modo formale naturalmente, sempre in modo preliminare alle formalità
successive, il negoziato di Doha. Doha
significa un negoziato che tocca da vicino gli interessi dei Paesi emergenti ma
anche dei Paesi avanzati. Il fallimento per ora del negoziato di Doha è legato a rigidità prevalentemente dei Paesi avanzati
su terreni ‘antichi’ come la politica agricola. La percezione che far fallire Doha sia una perdita per tutti è una percezione abbastanza
diffusa e da qui il paradosso, laddove il negoziato è stato bloccato e a Davos una trentina di ministri, che di
fatto hanno partecipato al negoziato e quindi concorso a bloccarlo, si
ritrovano a discettare sui benefici della globalizzazione.
D. – Che dire ancora sui Paesi emergenti, soprattutto
dell’America Latina, che si sono lanciati nella polemica sulle
politiche energetiche...
R. – Sulla politica energetica mondiale, c’è da dire
innanzitutto che strategie che puntano a tenere artificiosamente alti i prezzi
del petrolio e gas riescono soltanto per spazi di tempo brevi. E questo è già
avvenuto più di una volta nel lungo ciclo dei prezzi petroliferi; il potere di
prezzo spetta ancora più ai Paesi dell’area del Golfo che non al Venezuela da
una parte e l’Indonesia dall’altra che sono pur Paesi petroliferi che però
concorrono per una percentuale ancora abbastanza bassa nel totale dell’offerta
di petrolio e gas. Poi c’è il grande problema russo, quello oggi più grave,
cioè il rischio che, sul gas,
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PRESENTATO IERI A CRACOVIA “UNA VITA CON KAROL”,
IL LIBRO TESTIMONIANZA IN CUI
IL CARDINALE DZIWISZ
RACCONTA I
SUOI ANNI ACCANTO A GIOVANNI PAOLO II
- Servizio di padre Federico Lombardi -
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Atmosfera di festa e di commozione insieme, ieri
pomeriggio al Seminario di Cracovia per la presentazione del libro “Una vita
con Karol”, scritto a quattro mani dal cardinale Stanislao
Dziwisz e Gian Franco
Svidercoschi. Grande l’interesse della stampa
e della televisione polacca: il volume è, infatti, uscito anche in versione
polacca, ma con il titolo più semplice e austero “Świadectwo”-“Testimonianza”, proprio perché
l’ex segretario di Giovanni Paolo II ha voluto mettere in rilievo il suo
grandissimo e religioso rispetto per il Pontefice, al quale in quaranta anni di
convivenza non si è mai permesso di rivolgersi con il nome proprio Karol.
Svidercoschi ha
insistito sulla dimensione spirituale di Giovanni Paolo II, sul rapporto con
Dio, che attraversava tutta la sua giornata e la sua attività, e sulla sua
libertà interiore, diventata un messaggio per tutta la Chiesa a partire dalle
famose parole delle Messa di inaugurazione del
Pontificato “Non abbiate paura”.
Il Rettore dell’Università di Cracovia, Franciszek Ziejka, ha messo ben
in luce la ricchezza di informazioni contenute nel volume e gli innumerevoli
aspetti del Pontificato, ma anche lo stile concreto, rispettoso e discreto con
cui il cardinale Dziwisz adempie il suo dovere morale di dare testimonianza
alla grandissima personalità che ha servito per una vita intera.
Dino Boffo, direttore di
Avvenire, ha dato al suo intervento un tono di forte attualità, facendosi
interprete di tutti i giornalisti che hanno seguito da vicino per tanti anni il
Pontificato di Papa Wojtyla e rispondendo a recenti insinuazioni mosse da
alcuni giornali polacchi. Boffo ha detto chiaramente
che il rapporto del segretario con il Papa è stato sempre un rapporto di
assoluta realtà e fedeltà e che un uomo grande come Giovanni Paolo II non
avrebbe certo potuto tenere vicino a lui, per quaranta anni, una persona a lui
non congeniale e della cui realtà e trasparenza non fosse stato assolutamente
convinto. Ancora, pensando agli attuali dibattiti sul passato che oggi
travagliano la Chiesa in Polonia, il direttore di Avvenire ha messo in rilievo
l’importanza di un’opera che – con linearità e chiarezza - evoca il modo in cui
la Chiesa polacca, guidata dai cardinali Wishinsky e Wojtyla, seppe passare con
fermezza e saggezza attraverso il tempo del dominio di un regime oppressivo e
dare un contributo determinante al suo superamento. Questa testimonianza è come
un “albero della memoria”, attraverso cui anche le generazioni più giovani
possono ritrovare le radici vive della loro storia, meglio che attraverso
documentazioni di parte, raccolte dai persecutori di allora.
Intensa la commozione quando ha parlato il cardinale Dziwisz.
Si è sentito in dovere di scrivere vedendo quante persone vogliono continuare
ad approfondire la personalità e il significato dell’opera di Giovanni Paolo
II. Fra le varie cose dette di lui, egli ha accettato in un certo senso di
essere definito come l’ombra del Papa, soprattutto negli ultimi anni, quelli
della debolezza fisica di Giovanni Paolo II. E’ stato un privilegio per lui
quello di essere l’ombra di un grandissimo uomo, di un grandissimo pastore, per
lui un vero padre. “L’ombra del Padre” si potrebbe dire, evocando il titolo di
un’opera religiosa abbastanza nota. “E dall’ombra, aggiungeva il cardinale Dziwisz,
a volte si vede meglio ciò che è nella luce”.
Effettivamente, concludiamo noi, questo libro vale proprio
la pena di essere letto e non tanto per scoprire nuove informazioni particolari
su una storia che in sostanza conosciamo già bene, ma soprattutto per
riscoprire lo sguardo e l’atteggiamento interiore di Giovanni Paolo II sulla
Chiesa e sul mondo, attraverso gli occhi e il cuore di chi - per quaranta anni
- gli è stato più vicino.
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PIETRO
NON DIVIDE MA AMA E UNISCE, L’ASSUNTO DEL LIBRO CURATO
DAI
PADRI GARUTI E BUX DEDICATO AL PRIMATO DEL VESCOVO DI ROMA
A
SERVIZIO DELLA CHIESA UNIVERSALE
L’unità dei cristiani al centro del libro scritto dai
padri Nicola Bux e Adriano Garuti
dal titolo “Pietro ama e unisce. La responsabilità personale del Papa per
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Pietro non divide, ma ama e unisce. E’ il concetto
portante del volume scritto dai padri Adriano Garuti
e Nicola Bux: “Il Primato di Pietro, parlando di
ecumenismo – ha detto padre Bux - non è un problema,
ma una verità di fede cattolica”. Spiegare questo concetto è la finalità del
libro. Ascoltiamo lo stesso padre Bux:
R. – Porre nel grande dialogo dell’unità dei cristiani con
chiarezza una verità di fede, che è appunto quella relativa al Primato che
Pietro ha ricevuto da Gesù e che ha trasmesso ai suoi successori. Non si tratta
di un primato mondano, non è un primato inteso nel senso di una supremazia,
come nel caso dei capi di nazioni, ma è una risposta personale di amore e di
fede al Signore, che può portare anche al martirio, alla Croce.
Rifacendosi ad una citazione di Pascal
dell’allora cardinale Joseph Ratzinger,
il Rettore dell’Università Lateranense, mons. Rino Fisichella
ha aggiunto: “La moltitudine che non si riduce all’unità è confusione. Il
vescovo di Roma garantisce l’unità e ne conserva la pienezza”. “Dal sì di
Pietro – ha detto il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone – scaturisce
la sua responsabilità personale: affermare davanti al mondo, quotidianamente,
la fede in Gesù Cristo, Unico Salvatore dell’uomo”. Ancora padre Nicola Bux:
R. – La responsabilità personale è proprio questa risposta
personale al Signore: Signore lo sai che io Ti amo e quindi per Te mi faccio
carico di questa difficile Croce da portare nel mondo, e di parlare sempre di
Te, di dire sempre la verità su di Te, soprattutto quando gli esseri umani la
dimenticano, e che è la verità dell’amore.
Giovanni Paolo II ieri e Benedetto XVI oggi, sottolineano
gli autori del libro, hanno inaugurato un nuovo esercizio del Primato di
Pietro, attraverso incontri e dichiarazioni congiunte con esponenti di altre
confessioni cristiane.
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APPROFONDIRE
GLI INSEGNAMENTI DI KAROL WOJTYLA NELLA VITA DI OGNI GIORNO:
È QUANTO SI PROPONE IL “MOVIMENTO GRUPPI DI
PREGHIERA FIGLI SPIRITUALI
DI GIOVANNI PAOLO II”,
SORTO UN ANNO FA A ROMA
-
Intervista con suor Maria Rosa Lo Proto -
Raduna già 200 persone il “Movimento Gruppi di preghiera
Figli spirituali di Giovanni Paolo II”, nato circa un anno fa a Roma e diverse sono le adesioni che stanno giungendo da
tutto il mondo nel sito Internet del movimento. I suoi aderenti
cercano ogni giorno di tener presente l’invito di Giovanni Paolo II
“Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo” e quello di Benedetto XVI “Cristo
nulla toglie, ma tutto dona”. Sede delle riunioni, due volte al
mese,
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R. – Questo movimento si propone di sollecitare fedeli,
giovani chierici, sacerdoti, che ci guidano e che partecipano con noi alla
preghiera, così come la voleva Giovanni Paolo II, così come lui ce l’ha insegnata e soprattutto per ricordare e tenere
sempre a mente la figura di questo grande Pontefice, che ha dato tanto alla
Chiesa e a ciascuno di noi.
D. – Che cosa si propone questo gruppo di preghiera?
R. – Il gruppo di preghiera e quindi anche Il movimento,
lo chiamo così perché stanno già sorgendo altri gruppi in Italia e all’estero,
si propone di alimentare con la preghiera la propria fede e promuovere anche la
conoscenza della Parola di Dio, perché troviamo fondamentale lo studio,
l’approfondimento, la meditazione della Parola di Dio. Il movimento vuole
inoltre conoscere meglio e vivere concretamente tutto ciò che ci ha insegnato
Giovanni Paolo II e quindi, di volta in volta, durante le preghiere di
adorazione, estrapoliamo alcuni stralci dei suoi discorsi per approfondirne i
suoi insegnamenti. Cerchiamo anche di inserire ciò che ci insegna l’attuale
Pontefice Benedetto XVI, perché noi intendiamo camminare con la Chiesa, per la
Chiesa e nella Chiesa, accompagnati da Maria per vivere esattamente il totus tuus. Ecco
perché durante ogni preghiera noi rinnoviamo la nostra consacrazione a Maria
che ci garantisce di essere fedeli alla nostra fede e
a Gesù Cristo, ma anche di essere fedeli al cammino intrapreso che ci deve
condurre necessariamente alla santità.
D. – Perché avete scelto questo nome?
R. – Anzitutto perché ci fa capire la figliolanza che
intercorre tra il padre spirituale, grande come Giovanni Paolo II, e noi che
abbiamo bisogno di questa paternità continua con l’obiettivo di pregare e di
muoverci, perché una Chiesa che non è in cammino sui passi di Cristo, non può
essere viva.
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28 gennaio 2007
I RAGAZZI DELL’AZIONE CATTOLICA DI ROMA,
accompagnati dal cardinale vicario Camillo Ruini,
DA PIAZZA NAVONA A PIAZZA SAN
PIETRO PER L’INCONTRO CON IL PAPA
- A
cura di Eugenio Bonanata –
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ROMA. = Fischietti, tamburi e tanta allegria. Questi gli
strumenti della festosa Carovana della Pace che stamani, in una bella giornata
di sole, ha invaso le strade di Roma. Migliaia di ragazzi sono partiti da
piazza Navona e, attraverso Corso Vittorio Emanuele e
via della Conciliazione, sono arrivati in Piazza San Pietro seguendo il loro
slogan: ‘e’ bello ciò che p(i)ace’.
Uno slogan incentrato sull’arte quello di quest’anno, nella convinzione che la
bellezza è la via della pace, perché la vera bellezza – ribadiscono i ragazzi -
consiste nell’entrare nel cuore dell’altro. Questo del resto è il segreto di
ogni artista, il segreto di ogni apostolo di bene che, solo nel guardare il
mondo con gli occhi degli altri, soprattutto se in difficoltà, realizza l’ “opera d’arte” della pace. In Piazza San Pietro, ogni ragazzo
ha scritto poi un desiderio di pace consegnandolo ad un coetaneo con la
promessa di realizzarlo. Inoltre sono state consegnate le offerte raccolte dai
ragazzi e destinate al Darfur, in Africa, nell’ambito di un programma di
assistenza gestito dalla ONG INTERSOS, teso ad evitare che i ragazzi dell’area
cadano nella spirale della violenza e vengano
reclutati in campi di addestramento. INTERSOS ha aperto già dodici centri in
Darfur dove i bambini vengono avviati alla possibilità
di un futuro fatto non solo di guerra e di male.
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Lutto in Cina per la morte di mons. GiusEPPE Zheng
CHANGCHENG,
VESCOVO DI FOCHOW. Il presule è stato testimone
di grandi cambiamenti
nella storia cinese, senza mai lamentarsi per gli
anni vissuti in prigione
e per la malattia che lo aveva colpito negli ultimi
anni
PECHINO. = Sono stati celebrati il 28 dicembre scorso i
funerali di mons. Giuseppe Zheng Changcheng,
vescovo a Foochow (Fuzhou),
nella provincia di Fujian, nella
Cina Continentale. La cerimonia si è svolta come aveva chiesto lo stesso
presule: con una sola Messa presso il santuario “Rosa Mistica” e senza le
cerimonie civili, alle quali normalmente intervengono le autorità e anche
persone non cattoliche. Come riporta l’Agenzia FIDES, mons. Zheng
Changcheng, all’età di 94 anni, è morto il 18
dicembre scorso. Dimesso dall’ospedale, dove per mesi aveva combattuto contro
un tumore alla gola, si è spento nella sua residenza presso la cattedrale di
Nostra Signora del Rosario, dopo aver sostato a lungo nel cortile davanti alla
grotta della Madonna. Nato in una povera famiglia di falegnami, il presule
entrò in seminario a Fuzhou nel 1926, era passato a
Shanghai nel 1930 e, quindi, nel seminario Holy Spirit di Hong Kong. Fu ordinato sacerdote il 27 gennaio
1937. Prima di iniziare il lavoro pastorale, fu mandato a studiare letteratura
e storia cinese all’Università Cattolica Fu Jen di
Pechino. Insegnò poi nel seminario di Fuzhou e, nel
1951, divenne amministratore dell’arcidiocesi. Condannato nel 1955 come
controrivoluzionario, passò 28 anni in carcere, dove avvennero alcune
conversioni grazie alla sua testimonianza. Ottenuta la libertà nel 1983, si
dedicò a ridare vita alla Chiesa. Il 24 gennaio 1991, all’età di 79 anni, fu
consacrato vescovo a Fuzhou. Nei sedici anni di
episcopato restaurò una trentina di chiese e costruì il santuario diocesano
“Rosa Mistica”, un moderno complesso che comprende
anche una grande libreria cattolica ed una casa del pellegrino. L’anziano
presule è l’unico ecclesiastico nella provincia che, per le sue molte opere di
carità, è stato insignito di un riconoscimento da parte delle autorità locali. Mons. Zheng è stato testimone di
grandi cambiamenti nella storia della Cina, senza mai
lamentarsi per gli anni vissuti in prigione. Anche dall’ospedale, ormai
gravemente ammalato, seguiva con attenzione le questioni correnti
dell’arcidiocesi. Tutti ricordano con quanta gioia Mons.
Zheng, ancora in ospedale, accolse un anello episcopale
ed una lettera della Santa Sede come ulteriore segno della sua comunione con il
Pontefice, che, informato delle gravissime condizioni di salute del presule,
gli aveva inviato una speciale benedizione apostolica. Tuttavia, mons. Zheng è morto senza vedere compiuto il suo più grande
desiderio, per il quale aveva recentemente offerto la propria vita: la piena
riconciliazione fra le due comunità cattoliche nell’arcidiocesi. L’arcidiocesi
di Fuzhou, con oltre 200 mila fedeli cattolici, è una
delle più antiche circoscrizioni ecclesiastiche della Repubblica Popolare
Cinese. Situata lungo le coste meridionali del Paese, la zona di Fuzhou è stata uno dei primi insediamenti commerciali,
conoscendo notevole prosperità economica. Alla notizia del decesso del presule,
più di mille fedeli si sono radunati per veglie di preghiera proseguite al
santuario “Rosa Mistica” fino al giorno dei funerali. (E. B.)
Si è concluso In Bolivia Il XXIII Incontro Nazionale
di Pastorale Giovanile
Vocazionale.
Al centro dell’appuntamento i 25 anni di formazione
di discepoli e missionari nel Paese
LA PAZ. = “Venticinque anni formando discepoli e
missionari”. Questo il titolo del XXIII incontro nazionale di pastorale
giovanile vocazionale, che si è concluso oggi a Vinto-Cochabamba,
in Bolivia, nella casa di ritiri ed incontri della pastorale giovanile. L’obiettivo
dell’appuntamento è stato quello di rivedere, valutare e celebrare il cammino
dei 25 anni della pastorale giovanile per stimolare, nell’odierno contesto
sociale, l’impegno dei giovani nella costruzione del regno di Dio.
All’incontro, apertosi venerdì scorso, hanno partecipato l’equipe nazionale di
pastorale giovanile, diversi vescovi del Paese, 10 delegati per ogni
giurisdizione peruviana. Presenti anche i rappresentanti delle pastorali
specifiche, come quella universitaria, rurale, mineraria, e di vari movimenti
ecclesiali. (E.B.)
ancora un cristiano arrestato per blasfemia in
pakistan.
SECONDO L’organizzazione APMA per
la tutela dei diritti umani
GLI estremisti islamici ABUSANO DELLA legge
sulla blasfemia per colpire le minoranze religiose
KASHR. = Proseguono le ingiustizie ai danni di cristiani
in Pakistan, dove nei giorni scorsi, nel distretto di Kasur,
una donna cristiana, Martha Bibi, è stata arrestata
con l’accusa di blasfemia. Secondo quanto riporta l’Agenzia AsiaNews, che cita
la denuncia dell’ONG All Pakistan Minorities
Alliance (APMA), le accuse non sarebbero chiare. La
donna che gestiva con marito un’azienda per il noleggio di attrezzi per
l’edilizia, aveva collaborato alla costruzione della moschea di Sher Rabbani senza ottenere alcun
pagamento. Dopo un litigio, tre uomini del cantiere hanno cominciato a colpire
la donna che, solo dopo l’intervento di passanti, è riuscita a liberarsi e
andar via. Durante la notte, l’imam della moschea ha
accusato Martha di avere pronunciato espressioni blasfeme contro il profeta
Maometto. Poi l’arrivo della polizia, che ha arrestato la donna in base
all’art. 295 C della legge contro la blasfemia, che prevede pene molto pesanti
fino alla condanna a morte. Informata dei fatti, l’APMA ha incontrato la donna
e, in un comunicato stampa, si è appellata al giudice capo della corte suprema
perché intervenga contro l’abuso della legge contro la blasfemia e al governo
per una revisione di norme spesso utilizzate da estremisti per perseguitare le
minoranze religiose o anche chi si oppone loro. Dal canto suo il senatore Mushahid Hussain Syed, segretario generale del partito di maggioranza
Pakistan Muslim League-Q,
ha annunciato una revisione della legge, dopo le prossime elezioni. (E. B.)
il segretario generale delle nazioni unite, ban
ki-moon, lancia un appello alle autorità della repubblica
democratica del congo per un buon governo al fine di riportare pace e
democrazia nel paese africano
KINSHASA. = “Riportare l’autorità dello Stato e assicurare
la supremazia della legge nel paese è indispensabile per consolidare la pace e
la democrazia”. Così il neo segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon rivolgendosi ai
membri del Parlamento di Kinshasa nella sua prima visita ufficiale nella
Repubblica democratica del Congo, dove in questi
giorni sono iniziate le operazioni di voto per designare i governatori
provinciali, uno degli ultimi appuntamenti del lungo iter elettorale nell’ex-Zaire. Lanciando un appello alla collaborazione tra le
varie forze politiche Ban Ki-moon
ha sottolineato che “per essere sana e prospera, una democrazia ha bisogno di
una vera opposizione politica in cui ognuno possa esprimersi liberamente e
senza paura di intimidazioni”. Il segretario ONU, come riporta l’agenzia Misna, ha anche evidenziato la necessità di ristabilire la
sicurezza con la creazione di “un esercito professionale, ben equipaggiato e
ben remunerato, al pari delle forze di polizia”. Ban
che oggi ha incontrato il capo dell’opposizione, l’ex-comandante ribelle Jean-Pierre Bemba ed il
presidente Joseph Kabila, domani sarà ad Addis Abeba dove, in occasione del summit dell’Unione
Africana (UA), dovrebbe intrattenersi a colloquio anche con il capo di stato
sudanese Omar al-Bashir. (E.
B.)
GRANDE
PARTECIPAZIONE IERI SERA A SANTA MARIA SOPRA MINERVA IN ROMA
PER
E DEDICATA ALLA MEMORIA DELLA SHOAH
- A
cura di A.V. -
ROMA=. Un’occasione carica di valori
umani e civili,
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28 gennaio 2007
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
In Iraq le celebrazioni per l’inizio dell’Ashura, la più importante ricorrenza religiosa per gli
sciiti, sono state accompagnate da una nuova ondata di violenze: a Baghdad l’esplosione
di un’autobomba nel quartiere sciita di Sadr City ha
provocato la morte di almeno 8 persone. Altre due persone sono rimaste uccise
per la deflagrazione di un ordigno nei pressi di una moschea sunnita. Poco
prima, cinque studentesse sono morte durante un
attacco ad una scuola in un quartiere della capitale a maggioranza sunnita. Sempre a Baghdad, uomini armati hanno ucciso un
consigliere del ministro iracheno dell’Industria, sua figlia, l’autista ed una
guardia del corpo.
Negli Stati Uniti, intanto, migliaia di persone hanno
partecipato ieri, a Washington, ad una manifestazione di protesta contro la
nuova strategia in Iraq annunciata dal presidente George Bush.
Il piano dell’amministrazione Bush prevede l’invio di
oltre 21 mila soldati statunitensi nel Paese arabo. Il servizio di Paolo Mastrolilli:
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La protesta contro la guerra in Iraq è tornata nelle
strade di Washington con una manifestazione che ha attirato migliaia di persone
proprio mentre il Congresso discute risoluzioni
diverse contro la nuova strategia annunciata dal presidente Bush.
L’evento è stato organizzato da una coalizione di gruppi pacifisti, appoggiati
da celebrità come l’attrice Susan Sarandon, Sean Penn, Tim
Robbins, il reverendo Jesse Jackson e Jane Fonda, criticata negli anni Settanta per un controverso
viaggio in Vietnam durante il quale si fece fotografare
seduta sopra una batteria antiaerea di Hanoi. I
manifestanti hanno chiesto al Congresso di tagliare i fondi al Pentagono per
bloccare la guerra, sostenendo che nelle elezioni di novembre gli americani
hanno votato per porre fine all’intervento. La leadership del partito democratico
è, però, contraria a prendere questa iniziativa perché la esporrebbe alla
critica di abbandonare i militari al fronte. La nuova maggioranza al Congresso
vuole, invece, votare una risoluzione non vincolante per criticare l’invio di
altri 21.500 soldati in Iraq. Ma il presidente Bush
ha già preso la decisione di procedere con questo piano e la Casa Bianca si è
limitata a riconoscere la libertà di parola dei manifestanti.
Da New York,
per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli
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Nei Territori Palestinesi terzo giorno consecutivo di violenze
a Gaza: proseguono gli scontri tra sostenitori di al Fatah, partito del presidente Abu
Mazen, e militanti del gruppo radicale Hamas,
attualmente al governo. Il bilancio delle ultime violenze, a partire da giovedì
scorso, è di almeno 25 morti. Tra le vittime ci sono anche 7 civili e un bambino
di due anni. Fonti di stampa israeliane hanno riferito, inoltre, che il
presidente palestinese Abu Mazen
è sfuggito la scorsa settimana ad un attentato.
Per la prima volta dalla sua
fondazione, nel 1948, Israele ha da oggi un ministro arabo musulmano. Si tratta
del laburista Ghaleb Majadla.
Il governo ha approvato il suo ingresso nel governo su iniziativa del leader
laburista Amir Peretz. Secondo fonti di stampa, dovrebbe ricoprire la carica di
ministro per la Cultura, lo Sport e la Ricerca scientifica al posto del
dimissionario Ophir Pines-Paz.
In Iran, l’Organizzazione per l’Energia atomica ha
smentito la notizia dell’installazione di nuove centrifughe per l’arricchimento
dell’uranio. Nei giorni scorsi il presidente della commissione Esteri del
Parlamento iraniano aveva annunciato, invece, l’avvio dell’installazione di
3.000 centrifughe. L’annuncio e la successiva smentita coincidono con un nuovo
appello del segretario dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA), Mohammed El Baradei,
per una “pausa” nella escalation della crisi nucleare iraniana.
In Pakistan circa 2000 persone hanno partecipato ai
funerali delle vittime dell’attentato compiuto ieri nei pressi di una moschea
sciita a Peshawar, nella parte nordoccidentale
del Paese. L’azione terroristica, costata la vita a 15 persone, è avvenuta in concomitanza
con i preparativi della minoranza sciita per la festa musulmana dell’Ashura, durante la quale viene ricordato
il martirio dell’imam Hussein. Le autorità hanno
aperto un’inchiesta sull’attentato.
Nel sud del Nepal, almeno 6
persone sono morte in seguito a violenti scontri scoppiati ieri tra dimostranti
e polizia. Secondo fonti locali, molte persone che vivono
nel sud si sentono discriminate rispetto agli abitanti del nord del Paese e per
questo sono scese in strada per manifestare il loro dissenso. La reazione della
polizia è stata immediata e le autorità hanno imposto il coprifuoco in alcune
aree meridionali del Nepal.
La Cina è al 100.mo posto su 118
Paesi in una graduatoria riguardante la tutela dell'ambiente e del clima. Lo
conferma un rapporto in cui lo stesso governo di Pechino ammette di non aver
fatto abbastanza per evitare il degrado ecologico, a
fronte di una crescita economica e sociale vertiginosa. Oggi la
Cina è il secondo produttore mondiale di gas ad effetto serra, dietro
gli Stati Uniti. Il Paese asiatico consuma solo il 4 per cento del petrolio prodotto mentre è altissimo il consumo di carbone.
In Turchia un uomo armato di una pistola, che ha detto di
appartenere ad un gruppo nazionalista turco, si è arreso nella notte alla
polizia dopo aver dirottato un traghetto nello Stretto dei
Dardanelli. Lo ha riferito la CNN turca. Alcuni passeggeri hanno anche rivelato
che l’uomo si è impadronito del traghetto per
protestare contro il movimento di solidarietà con gli armeni rafforzatosi in Turchia
dopo l’uccisione, lo scorso 19 gennaio, del giornalista turco-armeno Hrant Dink.
In Guinea le organizzazioni sindacali hanno sospeso lo
sciopero generale cominciato 18 giorni fa. Durante questi giorni di proteste, caratterizzate
anche da violenti scontri con la polizia, sono morte almeno 59 persone. La
decisione dei sindacati di sospendere lo sciopero è arrivata dopo l’impegno,
preso dal presidente Lansana Conte, di cedere parte
dei suoi poteri e di ridurre i prezzi del riso e del carburante.
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