RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 27  - Testo della trasmissione di sabato 27 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Relativismo etico colpevole dell’attuale crisi sul senso del matrimonio: così Benedetto XVI, che esorta i giudici della Rota romana a difendere la “verità” del vincolo coniugale cristiano, evitando distorsioni e compiacenze nel riconoscimento della nullità matrimoniale

 

Domani 54a Giornata mondiale dei malati di lebbra: con noi il dott. Sunil Deepak

 

Assenso all’elezione dell’arcivescovo di Saïda (Libano) dei greco-melkiti

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

“La commemorazione ci fa tenere alta la guardia contro rigurgiti di antisemitismo e altre forme di intolleranza”: così il segretario dell’ONU, Ban Ki-moon, nella Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocausto. Ai nostri microfoni Samuel Modiano

 

Il Rapporto FAO 2006, presentato nei giorni scorsi, invita a considerare modalità diverse di aiuto

 a seconda della diversa realtà dei Paesi in difficoltà: intervista con il dott. Luca Russo

 

Si allarga il numero di Paesi che sperimentano la ‘scuola di perdono e riconciliazione’ di padre Leonel Narvàez Gomez, colombiano insignito nel 2006 del premio UNESCO per la pace. La testimonianza di padre Gomez

 

“Nessun profeta è bene accetto in patria”: la Liturgia di domani ci ripropone la frase di Gesù nella Sinagoga di Nazareth: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Perù: l’episcopato invita il Paese a mobilitarsi per inviare aiuti alle regioni colpite dalle alluvioni e per il 25 febbraio ha indetto una colletta nazionale

 

In corso a Roma alla Lateranense il Seminario sul dialogo fra teologia e scienze naturali

 

Si chiama “Zoom” il notiziario televisivo cattolico on-line lanciato, nei giorni scorsi, dalla rete canadese “Salt + light television

 

Nel 25.mo della visita di Giovanni Paolo II in Gabon, la Chiesa locale celebra uno speciale anno giubilare

 

Le scene del Nuovo Testamento del Tintoretto in mostra da lunedì al museo del Prado di Madrid, in Spagna

 

Più verde in Libia e in Marocco. Grazie a campagne di rimboschimento, nei due Paesi verranno piantati 30 milioni di alberi

24 ORE NEL MONDO:

Nuovi scontri tra Hamas e al Fatah a Gaza. Congelato il dialogo per un governo di unità nazionale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

27 gennaio 2007

 

 

IL RELATIVISMO ETICO COLPEVOLE DELL’ATTUALE CRISI SUL SENSO DEL MATRIMONIO, CHE CONTAGIA ANCHE MOLTI FEDELI. BENEDETTO XVI ESORTA I GIUDICI

 DELLA ROTA ROMANA A DIFENDERE LA SUPERIORE “VERITA” DEL VINCOLO CONIUGALE CRISTIANO, EVITANDO DISTORSIONI E COMPIACENZE NEL RICONOSCIMENTO

DELLA NULLITA’ MATRIMONIALE

 

Il matrimonio, così come pensato da Dio, possiede una sua verità più alta e più forte del pensiero umano. E tale verità va compresa e difesa specialmente in un’epoca come la nostra in cui il relativismo etico e il positivismo giuridico, unito a una concezione “libertaria dell’esperienza sessuale”, tendono a considerare il vincolo coniugale una mera sovrastruttura senza più il carattere dell’indissolubilità. Sono alcuni dei concetti espressi stamattina da Benedetto XVI nell’udienza concessa ai membri della Rota Romana, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Il senso del matrimonio è in “crisi”, perché il relativismo etico oggi diffuso anche tra molti credenti porta a snaturare la “verità” che è insita nell’unione coniugale: unione che rivela il “potente legame stabilito da Dio” nel rapporto uomo-donna e che dunque non può essere né soggetta al solo libero arbitrio delle persone né alla volubilità dei sentimenti umani, né tanto meno può essere “manipolata” a piacimento dalla giurisprudenza, nei casi di nullità matrimoniale, pensando con ciò di agire per il bene delle persone.

 

Con un discorso ampio e articolato, Benedetto XVI ha riflettuto sul ruolo cui è chiamato il tribunale della Rota Romana, nell’udienza concessa questa mattina agli officiali, ai prelati uditori e ai collaboratori rotali, guidati dal loro decano, mons. Antoni Stankiewicz. Prendendo spunto dalle cause di nullità matrimoniale che, come ha ricordato nel suo indirizzo di saluto al Papa il decano, “sono le più ricorrenti nella Rota”, Benedetto XVI ha stigmatizzato un rischio di tipo giuridico figlio della diffusa mentalità secolarizzata. il rischio è che, in una causa di nullità matrimoniale, la “verità processuale” perda di vista la “verità del matrimonio”:

 

“L’espressione “verità del matrimonio” perde però rilevanza esistenziale in un contesto culturale segnato dal relativismo e dal positivismo giuridico, che considerano il matrimonio come una mera formalizzazione sociale dei legami affettivi. Di conseguenza, esso non solo diventa contingente come lo possono essere i sentimenti umani, ma si presenta come una sovrastruttura legale che la volontà umana potrebbe manipolare a piacimento, privandola perfino della sua indole eterosessuale”.

 

Questa crisi di senso del matrimonio, ha proseguito il Pontefice, “si fa sentire anche nel modo di pensare di non pochi fedeli” e gli “effetti pratici” si avvertono “in modo particolarmente intenso nell’ambito del matrimonio e della famiglia”. E qui Benedetto XVI non ha nascosto che una certa idea che non considera più indissolubile il vincolo matrimoniale si è “diffusa anche in certi ambienti ecclesiali”, in nome di un malriposto senso di solidarietà verso i cosiddetti “cristiani normali”. In nome di questa idea, si vorrebbe una “regolarizzazione canonica” anche per le persone in “situazione matrimoniale irregolare” e questo, ha contestato il Papa, “indipendentemente dalla validità o nullità del loro matrimonio, indipendentemente cioè dalla ‘verità’ circa la loro condizione personale:

 

“La via della dichiarazione di nullità matrimoniale viene di fatto considerata uno strumento giuridico per raggiungere tale obiettivo, secondo una logica in cui il diritto diventa la formalizzazione delle pretese soggettive”.

 

Invece, ha ripetuto Benedetto XVI, nel solco del magistero dei suoi predecessori, il matrimonio possiede “una sua verità, alla cui scoperta e al cui approfondimento concorrono armonicamente ragione e fede”. “Ogni matrimonio è certamente frutto del libero consenso dell’uomo e della donna”, ha affermato il Papa, ma la loro libertà traduce la capacità che hanno di unire per sempre quelle dimensioni naturali di mascolinità e femminilità create da Dio nel suo disegno della creazione e della redenzione.

 

“Di fronte alla relativizzazione soggettivistica e libertaria dell’esperienza sessuale, la tradizione della Chiesa afferma con chiarezza l’indole naturalmente giuridica del matrimonio, cioè la sua appartenenza per natura all’ambito della giustizia nelle relazioni interpersonali (...) Amore e diritto possono così unirsi fino al punto da far sì che marito e moglie si debbano a vicenda l’amore che spontaneamente si vogliono: l’amore è in essi il frutto del loro libero volere il bene dell’altro e dei figli; il che, del resto, è anche esigenza dell’amore verso il proprio vero bene”.

 

Benedetto XVI ha terminato il suo intervento riaffermando l’importanza del contributo dei tribunali ecclesiastici al “superamento della crisi sul senso del matrimonio. “Rimanendo fedeli al vostro compito - ha concluso - fate sì che la vostra azione s’inserisca armonicamente in una globale riscoperta della bellezza di quella ‘verità sul matrimonio’ – la verità delprincipio’ – che Gesù ci ha pienamente insegnato e che lo Spirito Santo ci ricorda continuamente nell’oggi della Chiesa”.

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DOMANI 54A GIORNATA MONDIALE DEI MALATI DI LEBBRA

- Intervista con il dottor Sunil Deepak -

 

Domani, si celebra la 54a giornata mondiale dei malati di lebbra. In un documento pubblicato ieri, il Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, apprezzando con grande stima il lavoro svolto dalle strutture antilebbra della Chiesa cattolica sottolinea l’importanza di assicurare personale sanitario qualificato in appoggio ai missionari e alle religiose che lavorano in prima linea contro il Morbo di Hansen. Parole di solidarietà per i circa 10 milioni di malati che ancora oggi, nonostante l’elevata efficacia delle cure, patiscono il contagio. Inoltre, il messaggio sottolinea che “è doveroso” ricordare, nel 30.mo anniversario della morte, Raoul Follereau che ha fondato la più importante Associazione per i malati di lebbra. Del significato della giornata e sulla situazione oggi della malattia, Giovanni Peduto ha parlato con il dottor Sunil Deepak, medico indiano che opera proprio con l’Associazione Italiana Raoul Follereau:

 

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R. - La Giornata mondiale dei malati di lebbra è stata istituita da Raoul Follereau per focalizzare l'attenzione delle persone sull'emarginazione di milioni di persone colpite dalla lebbra. La lebbra è soltanto un'infezione batterica, oggi facilmente curabile, ma è anche la metafora di condizioni caratterizzate da povertà, diseguaglianza e emarginazione. Penso che la Giornata mondiale sia importante per ricordare che la lebbra continua ad esistere, per ricordare che ancora oggi essa produce emarginazione in tanti Ppaesi del mondo. Allo stesso momento, penso che la Giornata della lebbra sia importante per ricordare tutti "gli ultimi", i diseredati, quelli che non hanno valore in un mondo che misura tutto in consumi e guadagni.

 

D. - Qual è la situazione della lebbra nel mondo oggi?

 

R. - Gli ultimi dati disponibili dall'Organizzazione Mondiale della Salute parlano di circa 220 mila persone con l'infezione della lebbra, bisognosi di cure specifiche. Nel 2005, sono stati scoperti circa 300 mila nuovi casi di lebbra in tutto il mondo. Oltre a questi, vi sono circa 14 milioni di persone cosiddette "guarite", molte delle quali hanno disabilità fisiche e sociali dovute alla lebbra.

 

D. - Qual è il significato di questi dati, la situazione sta migliorando?

 

R. - A livello globale possiamo dire che vi è stato un netto miglioramento, soprattutto negli ultimi 2 anni. Comunque, bisogna vedere la situazione a livello dei singoli Paesi per capire la realtà, perché in alcune zone non si vede ancora questo miglioramento. Ormai, da circa venti anni abbiamo i farmaci efficaci contro la lebbra e a partire dal 2000, questi farmaci sono forniti ai governi gratuitamente tramite l'Organizzazione Mondiale della Salute. Quindi, i farmaci ci sono e sono accessibili. Il problema riguarda invece la possibilità di recarsi presso un ambulatorio, trovare qualcuno in grado di diagnosticare la malattia e distribuire le medicine. In molti Paesi, soprattutto in Africa subsahariana, molte zone sono senza strutture sanitarie e senza personale formato. Negli ultimi anni, la situazione è peggiorata per il dilagare dell'epidemia di AIDS. Questo influisce molto sull'accesso ai servizi sanitari, anche per la cura della lebbra. Se guardiamo la situazione della lebbra in diverse zone del mondo, la situazione varia. In Estremo Oriente, in diversi Paesi come l'Indonesia e le Filippine, il numero di nuovi casi di lebbra resta alto. Nel Sud dell'Asia, il miglioramento più importante è stato in India, ma l'India resta comunque il Paese con più alto numero di nuovi casi di lebbra nel mondo. Anche altri Paesi in questa parte del mondo, soprattutto Nepal e Bangladesh, continuano ad avere un alto numero di nuovi casi. In Africa, la situazione è stagnante da anni con alto numero di nuovi casi in Repubblica Democratica del Congo, Mozambico, Tanzania, Nigeria, Madagascar, Etiopia, ecc. In America Latina, il Brasile resta il Paese con più malati ma un certo numero di malati sono presenti in molti altri Paesi del continente americano. Per esempio, vi sono stati 166 nuovi casi di lebbra negli Stati Uniti nel 2005.

D. - Qualche tempo fa vi erano notizie sul rischio di lebbra tra i malati sieropositivi, esiste questo rischio?

 

R. - In teoria il rischio di lebbra tra le persone sieropositive esiste perché nelle persone sieropositive il sistema immunitario è compromesso e questo favorisce le diverse infezioni, compresa quella del bacillo della lebbra. Ma in pratica, finora il numero di nuovi casi di lebbra tra le persone sieropositive è stato abbastanza limitato, forse perché la lebbra è una malattia soprattutto dei Paesi poveri e delle fasce più povere e richiede anni di incubazione per svilupparsi e manifestarsi clinicamente, mentre queste persone, se sono sieropositive, non hanno accesso ai farmaci anti retrovirali per contenere il virus dell'HIV e hanno tassi di mortalità molto alti, per cui non fanno in tempo a sviluppare la lebbra.

 

D. - Vi sono collegamenti tra la lebbra e le altre malattie tropicali?

 

R. - Il bacillo che causa la lebbra appartiene alla famiglia dei micobatteri. I micobatteri sono responsabili per altre due malattie molto importanti per i Paesi poveri: la tubercolosi e l'ulcera di Buruli. Per questo motivo, spesso i farmaci utili contro una di queste malattie possono avere efficacia anche sulle altre malattie causate da micobatteri. Diverse malattie tropicali come la leishmaniosi, la malattia del sonno, l'ulcera di Buruli, la filariosi, l'oncocercosi e la lebbra sono chiamate anche "malattie dimenticate", perché sono tutte malattie dei poveri, colpiscono soprattutto le fasce povere nei Paesi meno sviluppati. Sono diffuse nelle zone dove i servizi sanitari e il personale sanitario scarseggiano. L'industria farmacologia non dedica molte energie a queste malattie tropicali per cercare nuove e più efficaci terapie. Per esempio, per la lebbra, non esiste ancora un test per la sua sierodiagnosi nella fase precoce. Dobbiamo sempre aspettare che la malattia si manifesti clinicamente per diagnosticarla. Il trattamento della lebbra dura 12 mesi e questo è un altro problema per assicurare che le persone ricevano cure regolarmente e le prendano per tutto il periodo. Questi problemi sono comuni a tutte le malattie dimenticate, per molte delle quali non abbiamo ancora i farmaci efficaci. Per questo motivo, AIFO, la nostra associazione, promuove sempre progetti integrati nelle comunità, dove le persone povere possano curarsi sia per la lebbra, sia per altri problemi legati alla povertà.

 

D. - Cosa possiamo fare per aiutare la lotta alla lebbra?

 

R. - Per celebrare la 54a giornata mondiale della lebbra, la cosa più importante è di ricordare che la lebbra esiste e che ancora oggi milioni di persone, spesso dimenticate da tutti, vivono nell'ombra dell'emarginazione. Le congregazioni ed i missionari hanno svolto un lavoro molto importante per prendersi cura delle persone affette dalla lebbra. Oggi vi sono molte altre emergenze che attirano l'attenzione di tutti, ed è giusto rispondere a queste emergenze, senza dimenticare però i malati di lebbra e altre malattie dimenticate. Per questa giornata, migliaia di volontari dell'AIFO saranno presenti in tante piazze d'Italia, per parlare della lebbra, per offrire i vasetti del Miele della Solidarietà, per sensibilizzare e per raccogliere sostegno per la lotta alla lebbra in Brasile. In tanti Paesi del mondo le autorità parleranno di lebbra al pubblico. Unitevi a noi, ai nostri volontari in questa lotta.

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ASSENSO ALL’ELEZIONE DELL’ARCIVESCOVO DI SAÏDA (LIBANO)

DEI GRECO-MELKITI

 

Il Papa ha concesso il Suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo della Chiesa Greco-Melkita cattolica il giorno 11 ottobre 2006, del reverendo padre Elie Haddad, dell’Ordine Basiliano del Santissimo Salvatore dei Melkiti, ad arcivescovo di Saïda (Libano) dei Greco-Melkiti.

 

 Nato il 28 gennaio 1960 a Ablah nella Bekaa (Libano), è entrato nell’Ordine Basiliano Salvatoriano nel 1972. Ha ricoperto alcuni incarichi pastorali, e in seguito ruoli di formazione e di direzione all’interno del suo Ordine. Sin dal 1995 è presidente del tribunale d’appello della Chiesa Melkita in Libano. Insegna in varie università e istituti superiori ed è autore di numerose pubblicazioni di carattere canonico ed ecumenico.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Nel discorso alla Rota Romana, Benedetto XVI ha richiamato l'esigenza di riscoprire la bellezza di quella "verità sul matrimonio" che Gesù ci ha pienamente insegnato.

 

Servizio estero - Iraq: il leader radicale sciita Al Sadr promette di disarmare le milizie.

 

Servizio culturale - Per la rubrica "Oggi" un articolo di Gaetano Vallini dal titolo "Il Sacramento profanato"; l'oltraggiosa inchiesta di un settimanale: finte confessioni in cerca di un ignobile "scoop".

 

Servizio italiano - In rilievo il tema delle liberalizzazioni.   

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

27 gennaio 2007

 

 

LA COMMEMORAZIONE CI FA TENERE ALTA LA GUARDIA

 CONTRO RIGURGITI DI ANTISEMITISMO E ALTRE FORME DI INTOLLERANZA:

COSI’ IL SEGRETARIO DELL’ONU, BAN KI-MOON

NELLA GIORNATA MONDIALE IN MEMORIA DELLE VITTIME DELL’OLOCAUSTO

- Intervista con Samuel Modiano -

 

Oggi è la Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocausto. In un messaggio il nuovo segretario dell’ONU, Ban Ki-moon ha ricordato che “la commemorazione ci fa tenere alta la guardia contro rigurgiti di antisemitismo e altre forme di intolleranza. E rappresenta una risposta essenziale a coloro che pretendono che l’Olocausto non sia mai avvenuto, o che ne sia stata accentuata la portata”. Debora Donnini ha raccolto la testimonianza di Samuel Modiano, ebreo, ex-deportato ad Auschwitz:

 

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R. - Avevo 13 anni, mia madre era già morta due anni prima. Eravamo rimasti io, mio padre e mia sorella. Nel 1944 c’è stata la deportazione e insieme a tutta la comunità ebraica di Rodi, siamo stati presi, caricati su 5 battelli cargo e trasportati fino al Pireo, da lì poi trasportati fino ad Auschwitz- Birkenau.

 

D. - Arrivati ad Auschwitz-Birkenau cosa è successo?

 

R. - Di notte, al nostro arrivo ad Auschwitz-Birkenau c’era un medico che con un dito selezionava e diceva chi doveva andare a lavorare e chi doveva essere eliminato immediatamente e mandato ai forni crematori. Mio padre l’avevano scelto per andare a lavorare, io ho seguito mio padre. Mia sorella anche è stata scelta per andare a lavorare.

 

D. - Che altri ricordi ha?

 

R. - Che erano giornate in cui come vestiti avevamo un pigiama a righe che ci copriva, un paio di zoccoli e un cappello a righe. Con questo vestiario dovevamo sopportare il freddo, la fame e il lavoro pesante. Allora in queste condizioni, uno fino a quando può sopportare?

 

D. - Suo padre e sua sorella poi sono morti nel campo di sterminio...

 

R. - Mio padre un mese dopo la deportazione ha incominciato a star male. Si è presentato in un ambulatorio per farsi curare ma andarsi a curare era come andare direttamente alla camera a gas o ai forni crematori. Il primo mese con mia sorella, quando ritornavamo dai lavori, la sera, sul tardi, avevamo un punto di riferimento dove potevamo vederci da lontano, a distanza di sette, otto metri, e scambiarci qualche parola. Poi mia sorella, –io ero attaccatissimo a mia sorella, che mi ha fatto anche da mamma - anche lei non ce l’ha fatta. Un giorno non si è presentata a quegli appuntamenti. Sono andato una seconda volta, una terza ancora, ma da quel momento in poi non l’ho più vista.

 

D. - Cosa è successo poi, quando c’è stata la liberazione?

 

R. - E’ evidente che sono arrivato al momento della liberazione in uno stato pietoso, ero pelle ossa e se ero in vita non lo sapevo neanche io. Quando sono stato liberato avevo 14 anni. A 14 anni uno rimane in vita e ci si chiede il perché di tutto questo e questa è una domanda che mi sono portato appresso fino ai giorni d’oggi. Oggi può darsi ci sia una risposta, Dio ha voluto che rimanessi in vita, o non so se era scritto così, per trasmettere la mia esperienza alle nuove generazioni, perché questo non deve succedere mai più.

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IL RAPPORTO FAO 2006, PRESENTATO NEI GIORNI SCORSI,

INVITA A CONSIDERARE MODALITA’ DIVERSE DI AIUTO

 A SECONDA DELLA DIVERSA REALTA’ DEI PAESI IN DIFFICOLTA’

- Intervista con il dott. Luca Russo -

 

         Dibattito aperto in sede ONU, e non solo, sull’efficacia degli aiuti alimentari ai Paesi più poveri o colpiti da calamità. Nell’ultimo rapporto 2006 sullo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura nel mondo, la FAO, che dal 1947 redige questo studio - il più antico delle Nazioni Unite – raccomanda di porre fine agli aiuti in natura se non in caso di emergenze e di optare invece in aiuti in denaro o in buoni pasto. Gli aiuti alimentari – circa 10 milioni di tonnellate l’anno per un costo annuo di 2 miliardi di dollari - portano sovente, secondo la FAO, più danni che vantaggi alle economie dei Paesi beneficiari. Roberta Gisotti ha intervistato il dott. Luca Russo, economista della FAO:

 

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R. – La FAO sostiene che in caso di grandi crisi, in cui non c’è accesso ad alimenti nel Paese, l’aiuto alimentare rimane il sistema più diretto e più logico di intervenire. Invece nei casi in cui ci sono i mercati che funzionano, disponibilità di aiuti alimentari nel Paese, la FAO sostiene che, acquistando in loco o aiutando i beneficiari tramite, ad esempio, dei buoni alimentari o dei trasferimenti in denaro, si recuperi in efficienza.

 

D. – Nel rapporto si dice che fino al 90% delle risorse destinate agli aiuti alimentari possono essere vincolate e questo rende difficile per le agenzie umanitarie raggiungere effettivamente le persone bisognose. Che cosa vuol dire aiuti vincolati?

 

R. – Si intende un tipo di aiuto che è legato ad alcune condizioni. La condizione più tipica è che il prodotto venga acquistato nel Paese donatore. Significa a volte che i prezzi nel Paese donatore sono più cari rispetto a Paesi limitrofi al Paese dove c’è la crisi. C’è il problema del trasporto, c’è il problema anche dei tempi, perché dal momento in cui scoppia una crisi al momento in cui il cibo arriva nel Paese colpito, possono passare anche sei mesi.

 

D. – La FAO propone comunque una visione “rivoluzionaria”. Si aspetta di trovare consenso oppure di aprire un dibattito, anche aspro e di sollevare polemiche...

 

R. – Queste questioni sono state sollevate da molti anni e il rapporto mette in luce alcune cose. Prima di tutto che alcuni Paesi hanno già accettato questo tipo di condizioni, per esempio l’Unione europea sono ormai anni che non vincola più i suoi aiuti alimentari all’acquisto in Europa. Altri Paesi che stanno seguendo sono per esempio il Canada.

 

D. – In particolare, sono gli Stati Uniti che invece ricorrono a questo tipo di aiuti...

 

R. – Le donazioni degli Stati Uniti rappresentano più del 50% del totale degli aiuti alimentari. Quindi, chiaramente, gli Stati Uniti sono un attore importante in questo dibattito.

 

D. – Non c’è pericolo che poi ci si trovi impreparati a rispondere alle crisi umanitarie, crisi di carestia cronica...

 

R. – Assolutamente, lei solleva un punto corretto. La FAO fa questa raccomandazione e allo stesso tempo è molto prudente su questa cosa perchè se questi aiuti alimentari non vengono sostituiti da una equivalente forma di assistenza, per esempio, in termini finanziari, il rischio di trovarsi impreparati durante le crisi croniche rimane e potrebbe essere drammatico.

 

D. – Chi, appunto, poi controllerà questo meccanismo di trasmissione di denaro e di buoni pasto che credo sia molto delicato?

 

R. – Chiaramente tutto questo non è soltanto un meccanismo tecnico è anche un meccanismo di governo. Richiede che nei Paesi beneficiari ci siano dei sistemi di controllo che permettano questo tipo di passaggio. In mancanza di governi stabili, che siano responsabili, c’è chiaramente il rischio di un’accentuazione di alcuni fenomeni di corruzione, che sono tipici degli aiuti allo sviluppo.

 

D. – Il passaggio di soldi non avverrebbe da governo donatore a governo beneficiario ma forse andrebbe piuttosto agli organismi non governativi o organismi delle Nazioni Unite...

 

R. – Ci sono Paesi che hanno un sistema finanziario trasparente e quindi gli aiuti si possono fare da Paese a Paese. In altri casi bisognerebbe usare per esempio le organizzazioni non governative. Dipende da caso a caso.

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SI ALLARGA IL NUMERO DI PAESI CHE SPERIMENTANO LA ‘SCUOLA DI PERDONO

E RICONCILIAZIONE’ DI PADRE LEONEL NARVÀEZ GOMEZ, COLOMBIANO

INSIGNITO NEL 2006 DEL PREMIO UNESCO PER LA PACE

- Intervista con padre Gomez -

 

Per costruire la pace occorre estirpare l’odio. Su questa base nasce Espere, un metodo per insegnare il perdono e la riconciliazione che fonde il messaggio cristiano con i contributi più avanzati delle scienze sociali. Ad idearlo padre Leonel Narvàez Gomez, colombiano, missionario della Consolata che ha maturato una lunga esperienza nella gestione dei conflitti lavorando in prima persona ai negoziati di pace tra il governo e le Forze Armate Rivoluzionarie in Colombia, nella regione del Caguàn. Per i risultati ottenuti con il suo progetto in 15 anni di attività, padre Leonel è stato insignito, nel 2006, del premio UNESCO per la pace e oggi la sua Scuola di Perdono e riconciliazione è presente in 7 Paesi latinoamericani e in 2 Paesi sudafricani. La sua testimonianza nell’intervista di Antonella Villani:

 

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R. – I conflitti avevano una base fondamentale per poter essere risolti: rabbia, risentimento e desiderio di vendetta. Gesù propone come centro di tutto il perdono e la riconciliazione e, basandoci su questo tema, stiamo cercando di scoprire cosa sia l’esercizio del perdono e della riconciliazione.

 

D. – Ma come si può trasformare la rabbia e la voglia di vendetta in perdono e riconciliazione?

 

R. – E’ un invito a tutte le persone a cambiare quell’archetipo che è dentro di noi, Caino, che vuol dire violenza, e cominciare invece a proporre l’altro archetipo, Abele, nel senso della tenerezza, della volontà e della misericordia. Quindi, la nostra proposta è quella di sviluppare ed aiutare le persone con delle tecniche molto facili, perchè possano abbandonare la rabbia e sviluppare questo modello di Abele nella vita. Noi in questo momento abbiamo centinaia di ex combattenti delle guerriglie e cominciamo ad accorgerci come loro si pieghino davanti a questa proposta e come le persone che sono state vittime riescano a decidere di perdonare. Sono persone che rimangono libere. Perché il grande problema del perdono e della riconciliazione è quello di amministrare la memoria. Una persona che resta con la memoria tragica di un’offesa, resta schiava del passato.

 

D. – Lei da questa sua esperienza ha messo a punto il metodo Espere, in che cosa consiste?

 

R. – Creare dei gruppi che comincino a raccontare le loro esperienze, facilitando così la scelta del perdono. Il bello sono le testimonianze che le persone danno e la gioia che viene fuori. Forse il merito di questa nostra proposta sta nel fatto che le persone riescono a vedere l’effetto che ha nelle loro vite e cominciano a fare lo stesso percorso nei loro ambienti. Il grande lavoro per noi è, quindi, il sostegno e l’accompagnamento dei gruppi.

 

D. – Oggi l’esperienza di Espere ha toccato 20 città in Colombia, coinvolgendo circa 50 mila persone. C’è una speranza, dunque, di porre fine a questa guerra civile che da quasi 40 anni sta imperversando nel Paese?

 

R. – La pace è la somma di molte cose e, quindi, non vorrei ignorare anche la necessità di risolvere il problema della povertà, dei problemi di salute e che ci sia una casa per tutti.

 

D. – Che futuro prevede a questo punto per la Colombia?

 

R. – La parola ‘riconciliazione’ ormai si è posizionata a livello politico e a livello accademico, anche se la parola ‘perdono’ non viene accettata come la riconciliazione. La gente, purtroppo, non si accorge che ci può essere il perdono senza la riconciliazione, ma non il contrario. In questi giorni in Colombia, i paramilitari cominciano a fare delle confessioni pubbliche. Questo è un segno di speranza.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 28 gennaio, quarta Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta Gesù nella sinagoga di Nazareth. Gesù, dopo aver letto un passo del profeta Isaia dice: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”. Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?”. Ma egli rispose: “Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”. Poi aggiunse:

 

 “Nessun profeta è bene accetto in patria”.

 

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Da secoli Israele attendeva il Messia. L’attesa ha creato l’immaginazione dei tempi messianici. Ora viene Cristo e leggendo il brano di Isaia dichiara che questa attesa con Lui è compiuta. Lui riscuote una grande adesione dagli ascoltatori, i quali pieni di entusiasmo e di meraviglia fissano lo sguardo su di Lui. Immediatamente si avverte però un brusco cambiamento, perché delusi che un evento così tanto atteso potesse presentarsi in modo così semplice, umile, quotidiano e per niente spettacolare. Un certo discredito che si avverte porta gli ascoltatori ad un radicale rigetto di Cristo. Lo scandalo della banalità e della quotidianità della sequela Christi può far perdere Cristo e lasciarci da soli con le nostre convinzioni.

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CHIESA E SOCIETA’

27 gennaio 2007

 

 

PERÙ: L’EPISCOPATO INVITA IL PAESE A MOBILITARSI PER INVIARE AIUTI

 ALLE REGIONI COLPITE DALLE ALLUVIONI

E PER IL 25 FEBBRAIO HA INDETTO UNA COLLETTA NAZIONALE

 

LIMA. = I vescovi del Perù hanno lanciato in un comunicato un appello “a tutti gli uomini di buona volontà” perché aiutino le popolazioni di San Martín, Huanuco e Junín, nella regione amazzonica, colpite dalle recenti alluvioni. Sono migliaia le famiglie che si trovano in difficoltà a causa degli smottamenti e delle inondazioni; cominciano a scarseggiare acqua e cibo e i presuli invitano i peruviani a manifestare la loro solidarietà verso quanti stanno vivendo grossi disagi. La Caritas-Perù ha avviato una campagna per raccogliere alimenti non deperibili, vestiti, materiale per la copertura dei tetti, rotoli di plastica, bidoni vuoti ed offerte in denaro. L’episcopato peruviano sta affiancando l’organizzazione ed ha indetto per il 25 febbraio, prima domenica di Quaresima, una colletta nazionale in tutte le parrocchie del Paese che avrà come slogan “Solidarietà in azione”. Le piogge torrenziali hanno cominciato ad abbattersi sulla provincia peruviana di Chanchamayo il 22 gennaio scorso. Secondo i dati resi noti dal responsabile dell’Istituto Nazionale di Difesa Civile, Luis Felipe Palomino, per ora si contano 14 morti e circa 200 feriti, ma ci sono anche molti dispersi, il cui numero è molto difficile da determinare al momento. Il governo peruviano ha dichiarato lo stato di emergenza nella provincia di Chanchamayo e specialmente nei distretti di San Ramón e Vitoc, che sono i più colpiti. Le autorità hanno già inviato varie tonnellate di alimenti ed acqua ed hanno allestito rifugi di fortuna per gli sfollati. Proseguono anche le operazioni di prevenzione delle epidemie di malaria, di malattie intestinali e respiratorie. Gli aiuti alla Caritas-Perù si possono versare sui seguenti conti della Banca di Credito: “Cáritas - Emergencia Selva Central” Conto Corrente Moneta Nazionale: 193-1586582-0-79; Conto Corrente Moneta Straniera: 193-1586951-1-16. (T.C.)

 

 

IL RAPPORTO TRA DIO, UOMO E MONDO NON SI RISOLVE CHIUDENDO LA PORTA ALLA RELIGIONE, MA ESPLORANDO IL LEGAME CHE ESISTE FRA QUESTI.

LO HA SOTTOLINEATO MONS. GIUSEPPE LORIZIO AL SEMINARIO SUL DIALOGO

 FRA TEOLOGIA E SCIENZE NATURALI IN CORSO A ROMA ALLA LATERANENSE

 

ROMA. = Il Progetto culturale della Chiesa italiana è anche dialogo tra teologia e scienze naturali, che consente di trovare spazi in cui incontrarsi e superare ostacoli e steccati del passato. È quanto è emerso nella prima giornata dei lavori del seminario “Esseri umani, natura, Dio”, che si sta svolgendo in questi giorni a Roma. Organizzato dall’area di ricerca “Scienza e Fede sull’interpretazione del reale” (SEFIR) dell’Istituto “Ecclesia Mater” della Pontificia Università Lateranense, l’incontro ha radunato una trentina di fisici, matematici, informatici, insieme a teologi e filosofi. Aprendo i lavori, il preside dell’“Ecclesia Mater”, mons. Giuseppe Lorizio, ha sottolineato che attraverso l’iniziativa si vuole dare un contributo a tutta la Chiesa italiana “per mettere a tema del Progetto culturale l’istanza veritativa del pensiero cristiano”. Il direttore dell’area di ricerca, il prof. Giandomenico Boffi, docente di geometria all’Università di Chieti, ripercorrendo tre anni di seminari e incontri, ha illustrato il bilancio “positivo” del lavoro svolto. Sull’importanza del dialogo tra discipline diverse, il prof. Boffi ha ricordato l’esempio di un recente seminario sulla fisica in cui è stato sottolineato “come la tematica della Creazione costituisca, in qualche modo, il luogo di incontro tra fisica, filosofia e teologia, soprattutto se la si pensa nelle sue tre dimensioni: originaria, continua ed escatologica”. Il segretario del SEFIR, il prof. Gennaro Cicchese, docente di Filosofia alla Lateranense, ha spiegato che “dinanzi alla complessità del reale è necessario un nuovo sforzo di inculturazione della visione cristiana, per dire i contenuti della fede entro una cultura permeata dalla ricchezza della scienza” ed è ineludibile il confronto tra “modelli scientifici” di uomo e “modello cristiano” con “i grandi temi della creazione” e dei modelli dominanti. Secondo il prof. Lorizio, il rapporto tra “Dio, uomo e mondo” non si risolve chiudendo la porta alla religione e a Dio, quasi che questo fosse “nemico dell’uomo”. Si risolve invece esplorando il legame che esiste fra i termini e soprattutto “il rapporto che esiste tra carità e verità”. (T.C.)

 

 

SI CHIAMA “ZOOM” IL NOTIZIARIO TELEVISIVO CATTOLICO ON-LINE LANCIATO,

NEI GIORNI SCORSI, DALLA RETE CANADESE “SALT + LIGHT TELEVISION”,

CHE PROPONE SERVIZI SUGLI AVVENIMENTI PIÙ IMPORTANTI DELLA VITA DELLA CHIESA

 

TORONTO.=  È anche on-line e si chiama “Zoom” il notiziario televisivo cattolico lanciato di recente dalla rete canadese “Salt + Light Television” con sede a Toronto. Disponibile dal lunedì al venerdì, all’indirizzo www.saltandlighttv.org, il nuovo servizio informativo è stato promosso da padre Thomas Rosica. Sacerdote italocanadese della Congregazione di San Basilio e responsabile del canale televisivo cattolico, padre Rosica è noto per aver organizzato la Giornata mondiale della gioventù 2002 a Toronto. Zoom, che è stato inaugurato mercoledì scorso, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, presenta gli avvenimenti più importanti della vita della Chiesa in Canada e nel mondo, utilizzando diversi strumenti multimediali. Ad esempio, il collegamento via satellite al Centro Televisivo Vaticano permette di seguire anche i viaggi apostolici di Benedetto XVI e gli incontri ecumenici. I contenuti della programmazione, disponibili nelle edizioni inglese e francese, sono attualmente elaborati con la collaborazione del Centro Televisivo Vaticano, della tv cattolica italiana Sat 2000, di Telepace, del Messaggero di Sant’Antonio in Canada, delle Paoline Communications e del Consiglio canadese nazionale cattolico per la radiodiffusione. (A.D.F.)

 

NEL 25.MO DELLA VISITA DI GIOVANNI PAOLO II IN GABON,

LA CHIESA LOCALE CELEBRA UNO SPECIALE ANNO GIUBILARE

 

LIBREVILLE. = La Chiesa in Gabon ha indetto quest’anno uno speciale giubileo per celebrare il 25.mo anniversario della visita di Giovanni Paolo II, avvenuta il 17 e 18 febbraio 1982. L’anniversario – spiegano gli organizzatori, con in prima linea l’arcivescovo di Libreville, mons. Basilé Mve Engone – sarà un’occasione per rilanciare l’esortazione del Papa alla Chiesa gabonese: “Alzati e cammina”. In programma figurano numerose iniziative e manifestazioni che ruoteranno attorno a sette temi principali. Le celebrazioni si concluderanno nel gennaio 2008. Evangelizzato 162 anni fa, il Gabon è oggi un Paese a maggioranza cattolica, con una presenza animista ancora forte. La figura di Giovanni Paolo II è particolarmente cara ai gabonesi: alla sua morte il governo ha proclamato cinque giorni di lutto nazionale. (L.Z.)

 

 

LE SCENE DEL NUOVO TESTAMENTO DEL TINTORETTO

IN MOSTRA DA LUNEDÌ AL MUSEO DEL PRADO DI MADRID, IN SPAGNA.

IN ESPOSIZIONE 65 OPERE DELL’ARTISTA VENEZIANO

 

MADRID. = - Sarà inaugurata lunedì in Spagna, al museo del Prado di Madrid, da re Juan Carlos e dal presidente della Repubblica italiana Giorgio Napoletano, una grande mostra sul Tintoretto. In esposizione vi saranno anche le sei scene del Nuovo Testamento del pittore. Vissuto nel XVI secolo, Jacopo Robusti, il piccolo tintore, detto Tintoretto per la sua minuta statura e per l’attività del padre, si vantava di aver fuso il disegno di Michelangelo con il colore di Tiziano. “Erano settanta anni che non si faceva un’esposizione così e sul Tintoretto c’era chi la riteneva impossibile”, spiega il curatore Miguel Falomir. Attraverso un percorso cronologico, evidenziato all’inizio e alla fine dai due autoritratti di Jacopo giovane e vecchio, la mostra mette in luce la dimensione di “pittore narrativo religioso” dell’artista. L’allestimento annovera 49 dipinti, 13 disegni e 3 statue provenienti dalla collezione del Prado, da chiese e musei veneziani ma anche di altre città italiane ed europee nonché dagli Stati Uniti. Per la prima volta in 400 anni saranno finalmente riuniti due capolavori eseguiti per la Chiesa di San Marcuola a Venezia: l’Ultima Cena e la Lavanda dei Piedi. (T.C.)

 

 

PIÙ VERDE IN LIBIA E IN MAROCCO. GRAZIE A CAMPAGNE DI RIMBOSCHIMENTO,

NEI DUE PAESI VERRANNO PIANTATI 30 MILIONI DI ALBERI

 

TRIPOLI.= Piantare 3 milioni di alberi d’alto fusto e di ulivi nelle diverse regioni della Libia. È questo l’obiettivo della campagna di rimboschimento promossa dal ministero dell’Agricoltura e delle Risorse Animali e Idriche del Paese. Grazie all’ausilio di 9 mila volontari, riferisce l’agenzia MISNA, sono già stati piantati un milione e 200 mila arbusti nella capitale, Tripoli, nel distretto nordorientale di Jabal Al-Akhdhar, nella regione occidentale di Habal Al-Gharbi, nonché nel Parco nazionale di Sorman e nelle città di Zaouia, Benghazi e Muserata. Anche il Marocco ha fatto partire un progetto simile,Piantiamo per il pianeta’, che si propone di ricostruire il patrimonio forestale degradato dallo sfruttamento. L’Alto commissariato marocchino dell’acqua e delle foreste e della lotta contro la desertificazione ha annunciato che entro la fine dell’anno verranno piantati 27 milioni di alberi. (A.D.F.)

 

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24 ORE NEL MONDO

27 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

Nei Territori palestinesi è di almeno 16 morti il bilancio, ancora provvisorio, degli scontri scoppiati nelle ultime 24 ore tra sostenitori di al Fatah, formazione del presidente Abu Mazen, e militanti del gruppo radicale Hamas. Alla drammatica situazione sul terreno, si aggiungono poi nuove preoccupanti fratture politiche: è stato “congelato” infatti il dialogo tra Hamas e al Fatah per la formazione di un governo di unità nazionale. Il nostro servizio:

 

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Sono ripresi stamani a Gaza violenti scontri tra sostenitori di al Fatah e Hamas: in seguito ad una sparatoria avvenuta nei pressi dell’Università islamica sono rimasti uccisi almeno due palestinesi. Nelle ultime 24 ore la situazione si è gravemente deteriorata: ieri sono morte 14 persone e miliziani di al Fatah hanno rapito 19 attivisti di Hamas. Si tratta degli episodi più gravi da quando sono riprese le ostilità tra le due fazioni. Sul versante politico, Hamas ha anche annunciato la decisione di sospendere le trattative per la formazione di un governo unitario. La rottura dei negoziati tra i due principali gruppi politici palestinesi è destinata a produrre una frattura insanabile o ci sono ancora possibilità di riprendere le trattative? Risponde l’arcivescovo di Akka dei greco-melkiti cattolici, mons. Elias Chacour, fondatore e presidente di “Mar Elias Educational Institutions”, prima Università in Galilea per studenti cristiani, musulmani ed ebrei.

 

R. - TOUT LE PEUPLE PALESTIEN DANS LES TERRITOIRES OCCUPES

Tutto il popolo palestinese dei Territori occupati si attende e spera che i negoziati vengano riavviati, affinché si possa ritrovare un poco di pace. I Territori palestinesi vivono una condizione di profonda disillusione. Il dialogo ed i negoziati tra Hamas e al Fatah sono veramente molto importanti, perchè da questo dipende in realtà la possibilità di poter presto cominciare un vero negoziato con lo Stato di Israele. Altrimenti è impossibile.

 

D. – E’ auspicabile un intervento della Comunità internazionale?

 

R. – CE SERA BIEN, SE LA COMUNITE’ INTERNATIONAL ….

Certo, sarebbe un bene se la Comunità internazionale intervenisse. Ma è certamente molto rischioso che dei singoli Stati dovessero decidere di intervenire, in realtà per propri interessi. Di questo si accusa da un lato Iran e la Siria e dall’altro Stati Uniti e Francia. Tutti siamo sotto accusa. E’ necessario che una potenza delle Nazioni Unite sia intermediaria. Il problema maggiore riguarda proprio la democrazia, o meglio, quello che noi intendiamo per democrazia. E quindi, chi è che ha diritto ad essere libero e chi invece non ha diritto ad essere libero?

 

D. – Dunque, cosa fare per dare davvero un volto democratico ai territori palestinesi?

 

R. – IL FAUT D’ABORT QUE L’OCCUPATION SOIT TERMINE’…

E’ necessario anzitutto che l’occupazione venga interrotta e che il popolo palestinesi dei Territori Occupati possa avere la possibilità di esprimere la propria opinione e prendere le proprie decisioni. Io sono sicuro che la decisione comune sarà per il bene della pace, per il raggiungimento dei negoziati veri tra Israele e Palestina, affinché si possa giungere alla conclusione di questo conflitto sanguinoso che dura da più di un secolo e che ha fatto così tante migliaia di vittime.

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Situazione sempre tesa anche in Iraq: due autobomba esplose in rapida successione in un’area commerciale di un quartiere a maggioranza sciita di Baghdad hanno causato la morte di almeno quindici persone. Fonti militari americane hanno riferito intanto che le forze della Coalizione hanno ucciso 14 sospetti terroristi a Baquba, nel cosiddetto triangolo sunnita.

 

E’ stato in gran parte dedicato alla situazione in Afghanistan il vertice dell'Alleanza atlantica, tenutosi ieri a Bruxelles. Gli Stati Uniti hanno stanziato fondi aggiuntivi per 10,6 miliardi di dollari per la sicurezza e la ricostruzione del Paese asiatico. La Commissione europea ha reso noto che mette a disposizione un nuovo stanziamento di 600 milioni di euro per lo sviluppo agricolo e dei settori della sanità e della giustizia. Il portavoce della NATO ha anche detto che i Paesi membri “intensificheranno i loro sforzi civili, militari ed economici”.

 

Il testo costituzionale europeo dovrà servire come base per un nuovo accordo sulla carta fondamentale tra i 27 Stati dell’Unione Europea. E’ quanto sottolinea il documento finale del Vertice tenutosi ieri a Madrid dei 18 Paesi dell’Unione che hanno già ratificato il trattato costituzionale. Ce ne parla padre      Ignacio Arregui:

 

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In un clima costruttivo di difesa e arricchimento dei contenuti del Trattato europeo o Costituzione dell’Unione Europea si sono riuniti ieri a Madrid i ministri degli Esteri dei 18 Paesi che hanno ratificato il testo costituzionale europeo. L’obiettivo generale è stato quello di collaborare con il governo tedesco, presieduto da Angela Merkel, presidentessa per questo semestre del Consiglio europeo, al rilancio della Costituzione europea che è rimasta bloccata dopo il voto negativo dell’Olanda e della Francia. I rappresentanti dei 18 governi europei, che si sono presentati come “amici della Costituzione”, si sono trovati d’accordo nell’affermare che il conflitto non va risolto con una riduzione ai minimi dell’attuale testo costituzionale ma piuttosto ampliandolo a nuove questioni che, secondo gli ultimi avvenimenti, interessano il cittadino europeo: in particolare l’immigrazione, il cambiamento climatico, la creazione di uno spazio sociale europeo e il programma energetico. Sarà necessario, ovviamente, sentire il parere dell’Olanda e della Francia sui motivi che hanno spinto i loro cittadini al voto negativo. E non si esclude la possibilità di un’integrazione nell’Unione con diversità di ritmi e di impegni. C’è da mettere in risalto, in sintesi, questo atteggiamento costruttivo che intende aiutare la Germania in favore di un rilancio della Costituzione, rispettata nei suo valori essenziali estremamente validi e aggiornata secondo le aspettative attuali dei cittadini europei. 

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In Somalia, presunti miliziani delle Corti islamiche hanno sparato nella notte colpi di mortaio contro un accampamento delle truppe etiopiche nei pressi di Mogadiscio. Non sembra ci siano state vittime. In Italia, intanto, è stato deciso lo stanziamento di dieci milioni di euro nel 2007 “per il contributo italiano all’Unione Africana e per l’istituzione di una forza di pace in Somalia”. Lo stanziamento è previsto nel decreto legge che rifinanzia le missioni italiane all’estero, approvato dal Consiglio dei ministri.

 

 

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