RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 23  - Testo della trasmissione di martedì 23 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Papa rende “grazie” a Dio per la vita dell'Abbé Pierre. Lo fa nel telegramma indirizzato al presidente della Conferenza episcopale francese. Parigi celebrerà funerali solenni venerdì nella cattedrale di Notre-Dame

 

In tema di ecumenismo, stabilita una rete di rapporti e di forme di riavvicinamento da cui non si può tornare indietro: così il cardinale Walter Kasper nell’incontro con i giornalisti in Sala Stampa vaticana

 

“Una vita con Karol”: domani, nelle librerie italiane il libro del cardinale Stanislao Dziwisz che racconta i suoi anni accanto a Giovanni Paolo II. Ce ne parla Gian Franco Svidercoschi

 

Da oggi in Vaticano l’Assemblea semestrale della ROACO, la Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali. Intervista con don Leon Lemmens

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Centralità della famiglia fondata sul matrimonio, sì alla vita dal concepimento al termine naturale: la prolusione del cardinale Camillo Ruini, ieri, all’apertura del Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale italiana

 

Alta tensione in Libano per la manifestazione contro il governo indetta da Hezbollah: 15 persone ferite negli scontri. Ai nostri microfoni Camille Eid

 

La vita nelle baraccopoli al centro di uno dei seminari nell’ambito del World Social Forum in corso a Nairobi

 

Una televisione in Italia sempre più spazzatura e meno attenta al rispetto dei minori: i commenti di Emilio Rossi e Luca Borgomeo

 

CHIESA E SOCIETA’:

I fedeli cinesi dello Shanxi piangono la morte di mons. Giosafat Li Hongguang, vescovo della prefettura apostolica di Kiangchow, spentosi all’età di 80 anni

 

Nella settimana per l’Unità della Chiesa, l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, partecipando ieri alla Conferenza ecumenica di Greenhill’s, ha sottolineato che il fondamento teologico del dialogo interreligioso è il riconoscimento condiviso dell’esistenza di Dio

 

Eletto nuovo presidente del SECAM, il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar, il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Saalam, in Tanzania

 

Al via da ieri a Lima in Perù la Plenaria dei vescovi del Paese latinoamericano dedicata al tema della formazione dei laici

 

E’ emergenza umanitaria in Burundi a causa delle violente precipitazioni: sette morti, 20 mila sfollati e terreni coltivati distrutti

 

Su proposta degli Stati Uniti all’esame dell’Assemblea generale dell’ONU una risoluzione di condanna di chiunque neghi la realtà storica dell’Olocausto

 

I vescovi d’Inghilterra e del Galles insieme alla Caritas britannica plaudono i conservatori per il sostegno dato alla Convenzione europea contro la tratta di esseri umani

 

Joaquín Navarro Valls insignito con il Premio Bravo della Conferenza episcopale spagnola

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, nuovi scontri a Baghdad e a Mossul: tra le vittime civili e poliziotti. Cresce l’attesa, negli Stati Uniti, per il discorso di Bush sullo stato dell’Unione

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

23 gennaio 2007

 

IL PAPA RENDE  ''GRAZIE'' A DIO PER LA VITA DELL'ABBE' PIERRE.

LO FA NEL TELEGRAMMA INDIRIZZATO AL PRESIDENTE

 DELLA CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE.

PARIGI CELEBRERA’ FUNERALI SOLENNI VENERDI’ PROSSIMO

NELLA CATTEDRALE DI NOTRE-DAME

- Con noi il cardinale Jean-Pierre Ricard -

 

Il Papa rende “grazie” a Dio per la vita dell’Abbé Pierre, scomparso ieri in  Francia a 94 anni, e per l’azione del religioso “in favore  dei più poveri”. E’ quanto il Papa esprime nel telegramma di cordoglio indirizzato al presidente dei vescovi francesi, l’arcivescovo di Bordeaux, cardinale Jean-Pierre Ricard, inviato a nome del Papa dal segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. Benedetto XVI prega, inoltre, perché Dio accolga “nella pace del suo Regno questo prete che per tutta la sua vita ha lottato contro la miseria” e estende le condoglianze alla famiglia del defunto e alla comunità di Emmaus, da lui fondata.

 

E’ in particolare la Francia che rende omaggio all’Abbé Pierre. Moltissime le persone raccolte in silenzio davanti al Val-de-Grâce, l'ospedale militare di Parigi. I funerali del religioso francese si terranno venerdì alle 11.00 nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi. L’inumazione della salma avverrà, poi, in forma privata, nel cimitero di Esteville, nell’Alta Normandia, in una zona in cui sono già sepolti i primi collaboratori e amici dell’abate. La decisione è stata annunciata dalla Comunità di Emmaus, di cui l’Abbé Pierre è stato il fondatore. Nato nel 1949, il movimento di solidarietà, che ai suoi esordi accoglieva soltanto pochi fedeli, abbraccia oggi oltre 115 comunità in Francia e 400 gruppi in più di 40 Paesi. A livello internazionale, opera soprattutto in Africa e in America Latina. La Comunità ha già un nuovo direttore, Renzo Fior, designato dallo stesso Abbé Pierre nel suo testamento spirituale. Nell’intervista di Marie Du Hamel, il cardinale  Jean-Pierre Ricard, presidente della Conferenza episcopale e arcivescovo di Bordeaux, ricorda la Comunità di Emmaus:

 

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R. - Son premier combat public, c’est 1949, et c’est là qu’il porte deja son  ...

La sua prima battaglia sociale risale al 1949: fu quando portò per la prima volta il suo messaggio in favore degli alloggi per i più sfortunati e creò la prima comunità di  Emmaus. Che cos’era? Era un luogo d’accoglienza, in una casa che lui stesso aveva occupato nell’immediata periferia di Parigi, dove dava accoglienza a uomini segnati dalla vita, a quelli molto, molto sfortunati. Nel corso degli anni, abbiamo poi creato luoghi d’accoglienza diurni, dove le persone in difficoltà trovano, al mattino, non solo un caffè caldo, una brioche, un panino ma anche tutti i servizi igienici, una doccia... sono luoghi d’accoglienza di servizio, ma anche di ascolto e di assistenza.

 

D. – Cosa è stato realizzato poi, oltre ai centri di solidarietà?

 

R. – Ce sont les pensions de famille. Dans ces pensions de famille, …

Ci sono le “pensioni-famiglia”. In queste pensioni accogliamo persone che non sono ancora completamente in grado di gestirsi in maniera del tutto autonoma. Un’esperienza importante tanto che sotto la spinta della Fondazione dell’Abbé Pierre, il governo ha deciso di creare – mi sembra nell’arco dei prossimi due o tre anni – 5 mila posti di queste pensioni.

 

D. – Lei pensa che tutto ciò si sia potuto realizzare grazie alla sua personalità, o chiunque avrebbe potuto farlo?

 

R. – Je ne sais pas, madame ... Toujours est il que c’est lui qui l’a fait. …

Non lo so ... Sta di fatto che è stato lui a farlo. Era una cosa che doveva essere fatta: qualcun altro avrebbe potuto farlo bene come l’ha fatto lui? Non è mica stato l’unico in Francia! Abbiamo comunque avuto la possibilità di avere un portavoce forte per un messaggio forte, un profeta ...

 

D. – Con o senza l’Abbé Pierre, è la stessa cosa?

 

R. – Ah, bien sûr, madame! Non seulement parce-que l’abbé Pierre survivra a sa ...

Certamente! E non solamente perché l’Abbé Pierre sopravvivrà alla sua stessa vita terrena, ma perché il movimento che egli ha creato – vorrei quasi dire ‘malgrado lui’, perché non era un organizzatore nato – continuerà a vivere per forza di cose ; e inoltre, la lotta condotta dalla Fondazione dell’Abbé Pierre è una lotta talmente concreta, che la sua scomparsa che noi oggi piangiamo, non rappresenterà un’interruzione, al contrario, forse servirà da acceleratore ...

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RINUNCE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha nominato il rev.do mons. Michael W. Banach rappresentante permanente della Santa Sede presso l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica (A.I.E.A.), presso l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (O.S.C.E.) e presso la Commissione Preparatoria del Trattato sull’Interdizione Globale degli Esperimenti Nucleari (CTBTO), come pure Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (O.N.U.D.I.) e presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Vienna.

 

Finora consigliere di Nunziatura presso la Segreteria di Stato, mons. Michael W. Banach, è originario di Worcester (U.S.A.), dove è nato il 19 novembre 1962. È stato ordinato sacerdote il 7 luglio 1988. È laureato in Diritto Canonico. Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 1994, ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Bolivia e in Nigeria e presso la Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Conosce l’inglese, l’italiano, il francese, lo spagnolo e il polacco.

 

In India, Sua Beatitudine, il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, ha accettato con il consenso del Sinodo Permanente, in conformità al canone 210 del C.C.E.O., la rinuncia  dell’arcivescovo Metropolita di Changanacherry dei Siro-Malabaresi, in India, Joseph Powathil. L’arcivescovo Maggiore della Chiesa siro-malabarese, Sua Beatitudine il cardinale Varkey Vithayathil, con il consenso del Sinodo della Chiesa siro-malabarese, ha trasferito, a norma del C.C.E.O. 85 paragrafo 2, 2°, mons. Joseph Perumthottam da vescovo titolare di Tucca di Numidia ed ausiliare dell’Arcieparchia di Changanacherry ad arcivescovo Metropolita della medesima sede. Mons. Joseph Perumthottam, 59 anni, ha compiuto gli studi superiori a Roma e ha ricoperto, fra gli altri, i seguenti incarichi: direttore dell’“Archdiocesan Catechetical Department, direttore del Marthoma Vidya Niketan, Theological Institute for Laity, professore al St. Thomas Apostolic Seminary, Vadavathoor, membro del Commission for the Liturgical Research Centre of the Syro-Malabar Major Archiepiscopal Church.

 

Sempre in India, Sua Beatitudine il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, ha accettato con il consenso del Sinodo Permanente, in conformità al canone 210 del C.C.E.O., la rinuncia dell’arcivescovo Metropolita di Trichur dei Siro-Malabaresi, Jacob Thoomkuzhy. L’arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, Sua Beatitudine il cardinale Varkey Vithayathil, con il consenso del Sinodo della Chiesa siro-malabarese, ha trasferito, a norma del C.C.E.O. 85 paragrafo 2, 2°, mons. Andrews Thazhath da vescovo titolare di Aptuca ed ausiliare dell’Arcieparchia di Trichur ad arcivescovo Metropolita della medesima sede. Mons. Andrews Thazhath, 55 anni, ha ricevuto la sua formazione sacerdotale presso il St. Joseph Pontifical Seminary di Alwaye, dove ha conseguito il Baccalaureato in Teologia. A Roma, presso il Pontificio Istituto Orientale, ha ottenuto la Licenza e poi il Dottorato in Diritto Canonico. Nel corso del suo ministero sacerdotale ha ricoperto, fra gli altri, gli incarichi di parroco in diverse parrocchie, notaio e giudice del Tribunale eparchiale, presidente dell’Associazione di Diritto Canonico Orientale dell’India.

 

 

IN TEMA DI ECUMENISMO, STABILITA UNA RETE DI RAPPORTI

E DI FORME DI RIAVVICINAMENTO DA CUI NON SI PUÒ TORNARE INDIETRO:

COSÌ IL CARDINALE KASPER NELL’INCONTRO

CON I GIORNALISTI IN SALA STAMPA VATICANA

 

Il 2006, un anno di “successo” per l’ecumenismo. E’ l’aggettivo usato dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, durante la conversazione tenuta questa mattina con i giornalisti in Sala Stampa Vaticana, sullo sfondo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Molte le domande dei giornalisti sullo stato dei rapporti fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse e protestanti. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Un lavoro capillare, svolto dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani, che ha prodotto progressi ecumenici dai quali “non si torna indietro”: 12 dialoghi distinti, in contesti culturali, sociali e politici molto diversi fra loro, che rendono attualmente il dialogo fra le diverse confessioni cristiane molto diverso dagli scenari posti all’indomani del Concilio Vaticano II. Coadiuvato nell’incontro con i giornalisti dai vertici del dicastero pontificio per l’Unità dei cristiani - il segretario, mons. Brian Farrell, e il sottosegretario, mons. Eleuterio Fortino – il cardinale Kasper ha anzitutto illustrato la fitta agenda di incontri ecumenici che ha cadenzato i mesi del 2006. Un’agenda che ha portato il porporato stesso e i suoi collaboratori in molte parti del mondo, ma che conserva immagini-sintesi nell’abbraccio fra Benedetto XVI e il Patriarca Ecumenico, Bartolomeo I, a Istanbul e negli incontri di Roma tra il Papa e il primate della Chiesa anglicana, Rowan Williams, e l’arcivescovo ortodosso di Atene, Christodoulos. Un anno di “successo ecumenico”, dunque, sul quale il cardinale Kasper ha fatto il punto con queste parole

 

“Possiamo affermare che non solo i dialoghi teologici, ma anche i rapporti personali, istituzionali e la cooperazione pratica sono su una buona strada. Però non ci si può aspettare risultati straordinari immediati: la strada è, secondo le attese umane, ancora lunga. Adesso stiamo trattando problemi teologici centrali: innanzitutto, il primato petrino dove incontriamo non solo difficilissimi problemi storici, dogmatici e canonici ma anche problemi emotivi. Ci sono da superare ancora pregiudizi e barriere culturali, talvolta anche tensioni fra le stesse Chiese ortodosse. Per tutto questo, ci vuole tempo, pazienza, calma, sensibilità e soprattutto una sensibilità spirituale di preghiera affinché le cose possano maturare”.

 

Anticipando i giornalisti, il cardinale Kasper ha subito affrontato uno dei nodi più “gettonati” dai media in tema di ecumenismo: lo stato dei rapporti tra la Chiesa di Roma e quella ortodossa di Russia, sullo sfondo di un possibile incontro fra Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca, Alessio II:

 

“I rapporti con la Chiesa ortodossa russa sono migliorati. E’ in corso una collaborazione sempre più stretta, anche tramite altri dicasteri della Curia Romana e tramite singole diocesi. Il rappresentante pontificio a Mosca un lavoro eccellente ed è di grande aiuto: speriamo dunque che il tempo per un incontro maturi, ma al momento non c’è niente di concreto in cantiere”.

 

Se con il mondo dell’Ortodossia, a partire dal Patriarcato Ecumenico - ma con positivi risvolti anche in ambito di  altre Chiese autocefale - i  rapporti registrano una complessiva buona evoluzione, diverso è il discorso con il macrocosmo del protestantesimo. Il cardinale Kasper ha rigettato con decisione le critiche, definite “senza fondamento”, su un presunto “disinteresse” della Chiesa cattolica riguardo al dialogo con le Chiese riformate. In molte occasioni, ha ricordato il porporato, Benedetto XVI ne ha incontrato i rappresentanti, e tre Commissioni congiunte - ha aggiunto il cardinale Kasper - hanno “completato lavori importanti” nel 2006, a livello di rapporti con anglicani, luterani e metodisti. Tuttavia, questa “fitta rete” deve combattere, specialmente in Occidente, con un problema comune: quello della secolarizzazione. E’ il problema affrontato oggi dal cosiddetto “Ecumenismo fondamentale”, che costringe a riflettere anche su ciò che una volta era dato per scontato, ovvero il comune retaggio della fede e dei principi cristiani:

 

“Siamo in una situazione dove bisogna non solo parlare di ciò che ci divide, ma soprattutto di ciò che dovremmo avere in comune. Bisogna rafforzare i fondamenti, concentrarci sull’essenziale, dare comune testimonianza della fede che ci unisce e di cui il mondo ha bisogno. Penso alla catechesi che il Papa dà ogni mercoledì e che sono un buon esempio di tale catechesi fondamentale e di tale ecumenismo fondamentale”.

 

Ai giornalisti è stato poi presentato il “Manuale sull’Ecumenismo spirituale”, frutto di un lavoro partito nel 2003. Un volumetto ricco di esperienze che dimostrano come l’ecumenismo sia un contesto aperto a ogni singolo fedele:

 

“L’intento della pubblicazione è di dare suggerimenti concreti, pratici, pastorali a tutti coloro che, come si suol dire, sono alla “base”: cioè nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle varie comunità, impegnati nel lavoro ecumenico. L’ecumenismo è un impegno di tutta la Chiesa: non si fa soltanto ai vertici della Chiesa, non è fatto solo dagli esperti di teologia nell’ambito accademico. All’ecumenismo spirituale possono partecipare e contribuire tutti i fedeli”.

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“UNA VITA CON KAROL”: DOMANI NELLE LIBRERIE ITALIANE,

IL LIBRO TESTIMONIANZA DEL CARDINALE STANISLAO DZIWISZ,

CHE RACCONTA I SUOI ANNI ACCANTO A GIOVANNI PAOLO II

- Con noi, Gian Franco Svidercoschi -

 

Una testimonianza unica per comprendere la figura straordinaria di Giovanni Paolo II: si presenta così il libro “Una vita con Karol”, edito dalla Rizzoli, frutto di una conversazione tra il vaticanista Gian Franco Svidercoschi e il cardinale Stanislao Dziwisz, per quarant’anni segretario personale di Papa Wojtyla. Il volume, che esce domani nelle librerie italiane, racconta la vita quotidiana di Giovanni Paolo II, i suoi viaggi apostolici, le lunghe ore trascorse in preghiera e la malattia vissuta come una realtà da accettare e da mostrare senza timidezze. Un libro che, in qualche modo, ci fa vedere Karol Wojtyla attraverso gli occhi del suo più stretto collaboratore, come sottolinea Gian Franco Svidercoschi, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Il cardinale Dziwisz ci fa vedere Giovanni Paolo II e lo fa vedere per questa dimestichezza che ha avuto per questi 40 anni in cui gli è stato vicino. E’ quindi un vedere il Papa da vicino, diciamo da ‘dietro le persiane’. Anche dei grandi fatti, il cardinale Dziwisz racconta sempre la preparazione, la conseguenza e il commento del Papa e in questo modo lo si conosce soprattutto ed anzitutto come uomo di Dio. Si vede come la sua giornata sia intessuta continuamente dalla preghiera, dal raccoglimento. E’ veramente una cosa eccezionale come sempre si riferisca a Dio e al Vangelo per poi trovare le soluzioni anche quando è stato chiamato a guidare la Chiesa universale.

 

D. – Qual è l’elemento che, secondo te, più emerge della personalità di Giovanni Paolo II in questo libro nel quale vediamo Karol Wojtyla prima vescovo, poi Pontefice e quindi radicato nella sua terra, ma allo stesso tempo capace di annunciare il Vangelo per le vie del mondo…

 

R. – Sicuramente c’è una continuità assoluta fra il periodo polacco e il periodo del Pontificato. Anzi, vorrei dire che tutto quello che ha vissuto prima, e in particolare penso al fatto che abbia vissuto la II Guerra Mondiale, l’esperienza prima del nazismo e poi in prima persona come vescovo del comunismo. Queste sono tutte esperienze che, in qualche modo, lo hanno preparato al Pontificato in quel momento preciso. In più, lui ci aggiunge le sue caratteristiche personali per cui, in qualche modo, ha anche creato qualche ‘rottura’ nel fare il Papa. E’ stato sicuramente un Papa diverso dai suoi predecessori, pur nella continuità assoluta della tradizione, del magistero. E’ stato Papa certamente in maniera diversa. Come prima fondamentale caratteristica dell’uomo e della sua personalità c’è proprio questa sua dimensione spirituale. Io trovo in lui una grande libertà interiore: era un uomo libero, era un uomo profondamente libero e profondamente realizzato dentro e, quindi, era un uomo che guardava il mondo, la storia e gli uomini da un altro punto di vista. Lui ha lasciato – e questo lo ripete varie volte il cardinale Dziwisz – una grande eredità. Ha, infatti, insegnato al mondo, ai vari popoli e alle persone ad essere liberi. Quello che lui insegnava ai popoli, soprattutto a quelli del Terzo Mondo era di esseri liberi, imparare di nuovo la libertà.

 

D. – Il libro si intitola “Una vita con Karol”: l’esperienza del cardinale Dziwisz è certamente unica in questo senso, ma in fondo non credi che molti, moltissimi possano sentire di essere stati, almeno per una volta, nella loro vita con Karol?

 

R. – Giustamente! Io penso che il motivo fondamentale per cui il cardinale Dziwisz abbia voluto scrivere questo libro con me non è tanto quello di voler fare un bilancio, perché non si può fare un bilancio a due anni dalla morte di un Papa, ma nemmeno di raccontare soltanto dei fatti inediti o di voler fare uno scoop, perché i fatti inediti servono soltanto a delineare meglio la figura del Papa… A parer mio, ci sono due motivi fondamentali del perché abbia voluto scrivere con me questo libro: uno - e non so se lui lo confesserà mai - è quello di continuare il suo colloquio spirituale con Giovanni Paolo II. Secondo: egli ha avuto il privilegio di condividere per 40 anni la vicinanza prima con Karol Wojtyla e poi con Giovanni Paolo II e ora vuole condividere questo privilegio con tutti gli altri.

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  L’ASSEMBLEA SEMESTRALE DELLA ROACO

- Intervista con il segretario generale, don Leon Lemmens -

 

          Da oggi in Vaticano l’assemblea semestrale della ROACO, la Riunione delle Opere di Assistenza alle Chiese Orientali. L’incontro si svolge due volte all’anno, a gennaio e a giugno, in seno alla Congregazione per le Chiese orientali e riunisce le agenzie internazionali cattoliche che offrono contributi e sostentamento, in particolare ai cristiani in Terra Santa e nel Medio Oriente. Giovanni Peduto ha intervistato il segretario generale dell’organismo, don Leon Lemmens:

 

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Alla ROACO le agenzie vengono informate dai leader delle Chiese orientali cattoliche sulla vita delle loro Chiese, sui loro bisogni, e le agenzie possono armonizzare i loro sforzi in favore di queste Chiese. Le sessioni della ROACO non sono soltanto interessanti, ma anche utili per una buona collaborazione tra le Agenzie e le varie Chiese cattoliche orientali.

 

D. - Quali temi sono all’ordine del giorno di questa sessione della ROACO?

 

R. - Durante l'estate scorsa, c'è stata quella guerra nel Libano che ha provocato grandi danni. In questa riunione viene presentato un rapporto dettagliato sui danni recati durante la guerra alle chiese e agli altri immobili che appartengono alle varie chiese nel Libano, soprattutto nel sud. Questi danni sono assai grandi. Decine di chiese sono state danneggiate. Presentato il rapporto, le agenzie si concorderanno sul modo in cui aiuteranno le Chiese nel Libano a riparare le chiese e gli altri immobili. Un altro tema che sarà toccato riguarda la Chiesa greco-cattolica romena. Questa Chiesa, di cui il regime comunista aveva cancellato l'esistenza ufficiale, appena da quindici anni è  uscita da una difficile esistenza clandestina. Partendo da una grande povertà, ha dovuto ricostruire la vita ecclesiale. In questa sessione della ROACO l'attenzione sarà focalizzata sulla vita pastorale, su come servire i poveri, che d'altronde sono numerosissimi in Romania, come comunicare il Vangelo al popolo, tanto fuori che dentro la comunità ecclesiale, come educare i giovani. La comunicazione del Vangelo e il servizio ai poveri sono le vere sfide per ogni Chiesa. La discussione vuole informare le agenzie sulle priorità che la Chiesa greco-cattolica romena si è data in questi campi. Questa informazione aiuterà le agenzie ad indirizzare meglio i loro aiuti.

 

D. – Questi, dunque, gli argomenti principali: Libano e Romania. In genere, però, vi occupate anche di alcuni altri temi di non minor rilievo…

 

R. - Un discorso simile sarà fatto per la Chiesa copta-cattolica in Egitto. Recentemente è stato eletto un nuovo patriarca, S.B. Antonois Naguib, e questo presenterà la sua visione pastorale per la sua Chiesa alle varie Agenzie. Sarà pure presente il nunzio apostolico in Egitto, mons. Michael Fitzgerald. Da noto esperto nel dialogo con l'islam, presenterà, su richiesta delle agenzie, una relazione sui rapporti tra Islam e Chiesa e tra Islam e Stato in Egitto. Il nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico in Palestina, da parte sua, presenterà un rapporto sulla situazione in questi territori e in particolare sulla vita delle Chiese in Israele e in Palestina. Infine, verranno presentate e discusse diverse altre concrete domande di aiuto da parte delle Chiese orientali cattoliche. 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Servizio vaticano - Due pagine dedicate alla Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

 

Servizio estero: In evidenza l'Afghanistan: attacco a base Nato, uccisi dieci civili.

 

Servizio culturale - Un articolo di Anna Condemi dal titolo “Il tormentato processo creativo delprimo’ Manzoni romanziere”: presentato a Milano il “Fermo e Lucia”; inaugura i tre volumi dell'edizione critica dei “Promessi Sposi” del 1827 curata da Dante Isella.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Marco Impagliazzo dal titolo “Mettere da parte quello che divide e cercare ciò che unisce”: in un recente volume su Angelo Giuseppe Roncalli, l'eredità spirituale e culturale del Pontefice.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

23 gennaio 2007

 

 

LA CENTRALITÀ DELLA FAMIGLIA FONDATA SUL MATRIMONIO, IL SÌ ALLA VITA

DAL CONCEPIMENTO AL TERMINE NATURALE: AL CENTRO DELLA PROLUSIONE

DEL CARDINALE CAMILLO RUINI ALL’APERTURA, IERI,

DEL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

 

La centralità della famiglia fondata sul vincolo del matrimonio, il sì alla vita dal concepimento fino al suo termine naturale. Respinta ogni forma di eutanasia. Su questi temi si è soffermato il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Camillo Ruini, nella prolusione al Consiglio episcopale permanente che si è aperto ieri a Roma. Centrale la testimonianza salvifica di Cristo in ogni ambito della vita come ribadito al Convegno ecclesiale Nazione di Verona 2006. Poi uno sguardo alle crisi internazioni ed alla situazione italiana. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

 

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Cristo speranza e luce del mondo, consapevolezza dell’uomo fondato nel Battesimo che muove alla missionarietà permanente e affronta mali della società come il secolarismo; poi la vocazione alla santità quale misura alta dell’essere cristiano, contro una visione debole e relativistica della persona. Questo in sintesi l’architrave, già tracciato al Convegno ecclesiale Nazionale di Verona, nuovamente declinato dal cardinale Ruini nelle tante realtà del tempo presente, spesso difficili e contraddittorie. Il porporato, richiamando le parole del Papa sull’uomo per la Giornata Mondiale per la Pace, ha ricordato che il diritto alla vita è un “dono di cui il soggetto non ha la completa disponibilità”. Guardando alla condizione italiana ha evidenziato la centralità della famiglia fondata sul matrimonio, ma anche la necessità, in accordo con il dettato costituzionale, di tutele e sostegni per il suo sviluppo, contro la carenza delle nascite e difficoltà economiche ancora non organicamente risolte.

 

“Sul versante della famiglia la legge finanziaria ha introdotto varie agevolazioni per i nuclei familiari numerosi e a basso reddito, o che hanno a carico familiari disabili, mentre diventano più pesanti gli oneri per altri nuclei familiari: la complessità delle normative rende comunque difficile una previsione sicura degli effetti complessivi e i progressi in alcuni campi rimangono lontani dal configurare quel sostegno organico alla famiglia come tale che si potrebbe ottenere, ad esempio, attraverso l’adozione del “quoziente familiare”.

 

Preoccupazione è stata espressa per i vari progetti di legge che minano la famiglia, proponendo in sostanza un’equiparazione con le unioni di fatto. Secondo il porporato, queste unioni potrebbero trovare ulteriori tutele, se necessario, in modifiche al codice civile, rimanendo comunque nell’ambito dei diritti e dei doveri della persona.

 

“Non vi è quindi motivo di creare un modello legislativamente precostituito, che inevitabilmente configurerebbe qualcosa di simile a un matrimonio, dove ai diritti non corrisponderebbero uguali doveri: sarebbe questa la strada sicura per rendere più difficile la formazione di famiglie autentiche, con gravissimo danno delle persone, a cominciare dai figli, e della società italiana”.

 

Sottolineato che la Chiesa è chiamata a pronunciarsi, a difendere l’uomo, immagine di Dio, unità inseparabile di corpo ed anima. E Parlando dei disegni di legge al vaglio del Parlamento sul cosiddetto “testamento biologico”, il presidente della CEI ha ribadito ilno’ della Chiesa ad ogni forma di eutanasia e di accanimento terapeutico in favore della vita. E riferendosi al caso Welby, ha spiegato la dolorosa ma inevitabile decisione di non poter concedere i funerali religiosi per la volontà espressa fino alla morte dallo stesso vicepresidente dell’associazione Coscioni, Piergiorgio Welby, di voler porre termine alla propria esistenza.

 

“In quelle condizioni una decisione diversa sarebbe stata infatti per la Chiesa impossibile e contraddittoria, perché avrebbe legittimato un atteggiamento contrario alla legge di Dio. Nel prendere una tale decisione non è mancata la consapevolezza di arrecare purtroppo dolore e turbamento ai familiari e a tante altre persone, anche credenti, mosse da sentimenti di umana pietà e solidarietà verso chi soffre, sebbene forse meno consapevoli del valore di ogni vita umana, di cui nemmeno la persona del malato può disporre. Soprattutto ci ha confortato la fiducia che il Dio ricco di misericordia non solo è l’unico a conoscere fino in fondo il cuore di ogni uomo, ma è anche Colui che in questo cuore agisce direttamente e dal di dentro, e può cambiarlo e convertirlo anche nell’istante della morte”.

 

Invocando il dialogo tra maggioranza e opposizione per il bene del Paese e rilevando la forte affluenza in Italia di immigrati di altre religioni, il cardinale Ruini ha ricordato la posizione favorevole, già espressa dalla CEI in un’audizione parlamentare, per “una legge sulla libertà religiosa”. Nella prospettiva della centralità della persona, auspicata una politica d’immigrazione a favore dei ricongiungimenti familiari, capace di promuovere la dignità degli stranieri ed assicurare “il riconoscimento da parte dei migranti dei valori della società che li ospita”.

 

Espressa quindi profonda vicinanza ai vescovi e alla Chiesa di Polonia, “in questo tempo di dura prova”. Poi, volgendo lo sguardo alle crisi internazionali, il porporato ha evidenziato le violenze tra israeliani e palestinesi spiegando anche  che “la pacificazione della Terra Santa, con il riconoscimento reciproco dei due popoli e dei due Stati, rimane un  elemento decisivo per restituire tranquillità e sicurezza a tutta l'area mediorientale”. Preoccupazione è stata espressa per l’escalation di tensione sul nucleare iraniano e della Corea del Nord; toccate le drammatiche e complesse situazioni in Somalia, Nigeria, Libano. Positivo anche se cauto il giudizio sugli spiragli di pace in Darfur. Grave la condizione irachena, con molte migliaia di vittime. Espressa riprovazione morale per le esecuzioni capitali. Inoltre è stato auspicato un nuovo corso politico e scetticismo è stato mostrato per la strategia degli incrementi militari.

 

Ricordati i militari italiani morti in Iraq e Afghanistan, Paese quest’ultimo assediato ancora dalla guerriglia. Turbamento per l’assassinio a Mosca di Anna Politovskaia la giornalista nota per le sue battaglie a favore dei diritti umani e vicinanza è stata ribadita al popolo filippino, duramente provato a fine novembre da un tifone che ha devastato il Paese.

 

Auspicato un costante impegno per la pace anche dall’Europa, che si è allargata a Bulgaria e Romania e che deve però far fronte anche a culture e problemi molteplici.  Quindi il pensiero del presidente della Cei è andato a tutti i “nostri fratelli”, almeno 24 nel 2006, che  hanno versato il sangue in terra di missione, come don Andrea Santoro, don Bruno Baldacci e suor Leonella Sgorbati. 

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ALTA TENSIONE IN LIBANO PER LA MANIFESTAZIONE CONTRO IL GOVERNO INDETTA

DA HEZBOLLAH: 15 PERSONE SONO RIMASTE FERITE NEGLI SCONTRI

- Intervista con Camille Eid -

 

Libano nel caos in seguito alla grande manifestazione indetta stamani a Beirut dal leader di Hezbollah, Nasrallah. Alla protesta hanno aderito decine di migliaia di sostenitori che chiedono a gran voce le dimissioni del governo del premier Fuad Siniora. Durante la manifestazione, l’esercito ha più volte sparato in aria per separare gruppi filogovernativi ed oppositori. Nei tumulti sono rimaste ferite 15 persone, di cui una in gravi condizioni. Il servizio di Giancarlo La Vella:

 

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“Questo è un colpo di Stato”. A lanciare l’allarme già dalle prime ore della grande manifestazione, svoltasi in occasione dello sciopero generale, è stato Samir Geagea, esponente della maggioranza antisiriana al governo, che ha accusato l'opposizione e, in particolare, gli Hezbollah di voler provocare la caduta dell’esecutivo con un colpo di mano. Il leader ha chiesto all’esercito di intervenire a protezione della democrazia e della libertà di tutto il popolo libanese. E, in effetti, i militari sono intervenuti per sedare i violenti tumulti tra opposte fazioni ed evitare ulteriori vittime. “Sono loro che tentano un colpo di Stato”, ha risposto il portavoce di Hezbollah, Hussein Rahhal. Rispondendo a Geagea, ha accusato l’esecutivo del premier Siniora “di essere appoggiato da Stati Uniti, Unione Europea e Paesi arabi del Golfo”. Rahhal ha aggiunto che si tratta di un “governo illegittimo finanziato dall’esterno”. Comunque, da ogni zona della capitale si alzano dense colonne di fumo ad indicare che la protesta è interessata dai disordini e si teme che la protesta possa degenerare. Molte compagnie aeree straniere hanno cancellato i voli di linea per Beirut, dove l'aeroporto internazionale si trova di fatto isolato dalla capitale.

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Ma quali sono le motivazioni all’origine della violenta protesta di oggi? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al giornalista libanese, Camille Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano Avvenire:

 

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R. – La protesta era già prevista perché erano 50 giorni che l’opposizione e diversi partiti erano scesi in piazza. E questa doveva essere una escalation a pochi giorni dalla riunione a Parigi della Conferenza dei Paesi donatori. Quindi, sembra che miri ad intralciare il lavoro di questa Conferenza, dare un’immagine diversa del Libano. Ovviamente questi scontri non erano previsti ma dimostrano comunque una tensione politica che è in corso nel Paese da diversi mesi.

 

D. – E’ pensabile che ci sia sempre Damasco dietro a questa opposizione filo-siriana?

 

R. – E’ difficile parlare di una sola opposizione, in Libano. Ci sono certamente dei partiti che sono legati alla Siria, altri che lo sono molto meno. Comunque, è ovvio che una escalation del genere porti beneficio alla Siria perché ha interesse a dimostrare che il governo attuale non riesce a controllare la situazione politica.

 

D. – Il Libano oggi appare un Paese spaccato in due. Ci sono spazi per riallacciare comunque il dialogo tra le opposte fazioni?

 

R. – Sta diventando sempre più difficile. C’era la cosiddetta “terza via”, quindi alcuni mediatori libanesi, anche mediatori arabi, hanno cercato di ricucire questo strappo ma attualmente la vedo un po’ difficile, perché la giornata di oggi con lo sciopero generale poteva dare comunque un’immagine di vera democrazia in Libano, con la gente libera di aderire astenendosi dal lavoro o dallo studio, e altra gente libera di non aderire; invece, con la costrizione per la gente di non uscire di casa, perché hanno bloccato praticamente le strade bruciando pneumatici, non è una bella dimostrazione di democrazia!

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LA VITA NELLE BARACCOPOLI AL CENTRO DI UNO DEI SEMINARI

NELL’AMBITO DEL WORLD SOCIAL FORUM

 

Fra le varie attività del Forum Sociale di Nairobi, si è tenuto questa mattina un seminario sulla vita nelle baraccopoli, con la possibilità di visitarne sette in piccoli gruppi. Il servizio di Marina Piccone:

 

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A Nairobi ci sono oltre 200 baraccopoli e si calcola che gli abitanti siano più di due milioni e mezzo su quattro milioni complessivi in uno spazio che occupa appena il 5 per cento del territorio cittadino. Le persone vivono stipate, in un groviglio di lamiere, cartone e fango. Non ci sono servizi pubblici, come acqua, elettricità, fognature, strade e centri per la salute.

 

Gli insediamenti diventano quasi impraticabili durante la stagione delle piogge, quando le acque di scolo scorrono fin dentro le baracche, con gravi pericoli per la salute. Le montagne di immondizia, gli scarsi approvvigionamenti di acqua comportano ulteriori rischi sanitari. Gli slam sono multietnici e circa il 70 per cento degli abitanti è al di sotto dei 30 anni. La disoccupazione è intorno al 60 per cento e si vive quindi di espedienti e di piccolo commercio.

 

I principali problemi sono quelli relativi alla tossicodipendenza, all’alcoolismo, alla prostituzione, alla violenza domestica e ai bambini di strada. Padre Daniele Moschetti vive a Korococho, uno slam di circa 120 mila persone, dove gestisce, insieme ad altri preti comboniani, due centri per gli Street Children, che solo a Nairobi sono circa 600 mila. Uno dei centri è per quelli che fanno uso di droghe ed uno per i ragazzi che passano le loro giornate nella discarica pubblica che confina con lo slam, dove trovano il sostentamento per sopravvivere. Anche padre Kizito Sesana, prete comboniano, si occupa di bambini di strada, e gestisce cinque centri residenziali con oltre 200 ragazzi e ragazze dai 6 ai 16 anni e attività per circa 500 giovani esterni.

 

Le autorità si dichiarano impegnate nel migliorare queste comunità. Bettie Tett, vice ministro per l’alloggio, ha parlato della costituzione di un programma di ristrutturazione degli slam. Lanciata nel 2004, questa iniziativa punta a costruire abitazioni permanenti, fornite di acqua pulita. Al momento si sta realizzando a Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi, con oltre 800 mila abitanti, ma il programma dovrebbe essere esteso anche agli altri insediamenti della nazione.

 

Da Nairobi, Kenya, Marina Piccone, per la Radio Vaticana.

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UNA TELEVISIONE IN ITALIA

SEMPRE PIU’ SPAZZATURA E MENO ATTENTA AL RISPETTO DEI MINORI

- Con noi Emilio Rossi e Luca Borgomeo -

 

Una tv sempre più spazzatura e sempre meno attenta al rispetto dei minori. E’ la fotografia scattata dal Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori tra il 2003 e il 2006. Dai dati illustrati ieri a Roma emergono più infrazioni all’interno di film e telefilm che nei reality e nei talk show.  Il servizio è di Paolo Ondarza:

 

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163 risoluzioni di violazione: questo in cifre il lavoro svolto in quasi quattro anni dal Comitato di Applicazione del Codice di Autoregolamentazione TV e minori. Le segnalazioni trasmesse all’Authority sono state talvolta archiviate, talvolta tramutate in sanzioni pecuniarie. E’ stato così per lo scontro su Rai Uno, all’interno di Domenica In, tra Zequila e Pappalardo, apoteosi del trash sul piccolo schermo, costato alla TV di Stato 200 mila euro. E sempre degli ultimi mesi sono le immagini, ben poco gloriose, della bestemmia di Ceccherini all’Isola dei Famosi su Rai Due e della lite Mussolini-Sgarbi nel reality La pupa e il secchione in onda sulle rete Mediaset.

 

Ma nonostante ciò film e telefilm sono più trash dei reality: sconcertante l’episodio di Dr House trasmesso su Italia 1, in cui una paziente giovanissima ammette di aver avuto rapporti sessuali con il padre e, infine, si scopre ermafrodita. Per non parlare poi della continue violazioni della cosiddetta fascia protetta. Emilio Rossi, presidente del Comitato TV e minori:

 

R. – Fra le 16.00 e le 19.00 le emittenti si impegnano ad esercitare una particolarissima vigilanza sui loro programmi nell’ipotesi che i minori siano in ascolto da soli. Ma tutt’ora è invece frequente il caso in cui temi assolutamente delicati vengono trattati proprio in quell’ora con assoluta normalità.

 

Il Consiglio Nazionale Utenti chiede che il codice di autoregolamentazione divenga legge. Sentiamo il presidente Luca Borgomeo:

 

R. – Non si può dire, facendo un parallelo tra la situazione attuale e quella di dieci anni fa, che sia cresciuta la cultura dell’attenzione ai minori nei programmi televisivi. Le emittenti, a cominciare dalla RAI, sono per nulla preoccupate delle sanzioni. Allora la strada da battere è quella di rendere le sanzioni più severe, ma per fare questo il Codice di Autoregolamentazione e gli altri Codici Minori ed Internet, devono trovare una norma, la legge che le fa proprie e che quindi le rende obbligatorie Erga Omnes.

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CHIESA E SOCIETA’

23 gennaio 2007

                       

 

I FEDELI CINESI DELLO SHANXI PIANGONO LA MORTE

DI MONS. GIOSAFAT LI HONGGUANG, VESCOVO DELLA PREFETTURA APOSTOLICA

DI KIANGCHOW, SPENTOSI ALL’ETA’ DI 80 ANNI. PRESULE GENEROSO,

 FU IMPRIGIONATO PER 15 ANNI DURANTE LA RIVOLUZIONE CULTURALE

 

KIANGCHOW. = Un vescovo generoso che ha dedicato tutta la sua vita all’evangelizzazione: così, i fedeli ricordano commossi mons. Giosafat Li Hongguang, vescovo della Prefettura Apostolica di Kiangchow nella provincia cinese di Shanxi, a 670 chilometri a sud‑ovest di Pechino. Il presule, che si è spento all’età di 80 anni lo scorso 13 dicembre, era stato ordinato sacerdote nel 1953 e consacrato vescovo nel 1996. Condannato durante la Rivoluzione Culturale (1966‑1976), passò 15 anni in prigione, durante i quali rimase fedele alla Chiesa nonostante le sofferenze subite. Dopo la liberazione, si dedicò nuovamente al lavoro pastorale, insegnando anche inglese in una scuola superiore. L’azione pastorale e l’attività di insegnante ebbero un positivo impatto nell’ambiente in cui viveva. Nel 1986, all’età di 60 anni, mons. Li avviò una fabbrica di mattoni per dare lavoro a molti abitanti della zona. Tre vescovi, una cinquantina di sacerdoti e più di mille fedeli, nonostante il freddo pungente, hanno sfilato per le vie principali della città con il feretro del presule fino al Santuario di Nostra Signora dell’Immacolata Concezione nel villaggio di Poli, dove mons. Li era stato parroco per molti anni. Il presule è stato sepolto accanto alla tomba del suo predecessore, mons. Agostino Zheng, deceduto pochi mesi prima di lui. La Prefettura Apostolica di Kiangchow (Xinjiang/Yuncheng) conta, oggi, oltre 10 mila cattolici, per lo più contadini, sparpagliati in 17 contee su una superficie di 17 mila kmq. In questo territorio ci sono 29 sacerdoti e una quarantina di religiose della congregazione diocesana “Pu Zhao”. La comunità cattolica della circoscrizione ecclesiastica è fortemente impegnata a favore della popolazione locale con opere sociali, quali cliniche oculistiche, ospedali, dispensari e un orfanotrofio per bambini abbandonati e portatori di handicap. (A.G.)

 

 

NELLA SETTIMANA PER L’UNITÀ DELLA CHIESA, L’ARCIVESCOVO DI DUBLINO,

DIARMUID MARTIN, PARTECIPANDO IERI ALLA CONFERENZA ECUMENICA DI GREENHILL’S, HA SOTTOLINEATO CHE IL FONDAMENTO TEOLOGICO DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO E’ IL RICONOSCIMENTO CONDIVISO DELL’ESISTENZA DI DIO

- Servizio di Enzo Farinella -

 

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DUBLINO. = Nel riconoscimento dell’esistenza di Dio, credenti di ogni fede si aprono all’affermazione fondamentale che Dio è il Padre comune di tutta l’umanità e che quindi tutta la razza umana condivide una stessa origine e una stessa finalità: Dio, nostro Creatore e fine del nostro pellegrinaggio terreno. Il fatto che Dio è il Padre di tutti si pone quale fondamento teologico dell’affermazione che non è legittimo per nessuno difendere differenze religiose quale presupposto o pretesto per atteggiamenti aggressivi verso altri esseri umani. La violenza non la si può attribuire alla religione. L’arcivescovo Martin ha anche sottolineato che un efficace dialogo tra religioni diverse deve essere basato sulla ricerca onesta della verità ed ispirato dal desiderio sincero di conoscersi meglio gli uni gli altri, rispettando le differenze e riconoscendo quel che abbiamo in comune. Pochi giorni prima, mons. Diarmuid Martin, in qualità di vicepresidente della Commissione episcopale europea, parlando al Forum Europeo di Dublino, una piattaforma in cui sono rappresentati tutti i partiti politici e le principali organizzazioni laiche e religiose dell’Irlanda, ha invitato i leader europei a riconoscere il patrimonio cristiano del continente europeo, con l’affermazione che Dio è il Padre di tutti noi, quando il prossimo marzo, nella dichiarazione di Berlino, presenteranno la nuova visione dell’Unione Europea, a 50 anni dal Trattato di Roma.

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ELETTO IL NUOVO PRESIDENTE DEL SECAM, IL SIMPOSIO DELLE CONFERENZE

EPISCOPALI DELL’AFRICA E DEL MADAGASCAR, NELLA PERSONA

DEL CARDINALE POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SAALAM, IN TANZANIA

 

DAR-ES-SAALAM. = Il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Saalam, in Tanzania, è il nuovo presidente del SECAM, il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar. L’elezione è avvenuta domenica scorsa, in chiusura dell’Assemblea plenaria dei presuli africani e malgasci, riuniti nella capitale tanzanese, dopo aver partecipato ai lavori del primo Congresso panafricano sull’evangelizzazione nel Continente. Il cardinale Pengo sostituisce nell’incarico mons. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja in Nigeria, da tre anni presidente del SECAM, già vicepresidente per altri 6 anni, e per altri 9 presidente del Consiglio dello stesso organismo. Nuovo primo vicepresidente è stato eletto mons. Theodore Andrien Sarr, arcivescovo di Dakar nel Senegal e secondo vicepresidente mons. Francesco Joao Silota, vescovo di Chimoio in Mozambico. (R.G.)

 

 

AL VIA DA IERI A LIMA, IN PERÙ, LA PLENARIA DEI VESCOVI

DEL PAESE LATINOAMERICANO DEDICATA AL TEMA DELLA FORMAZIONE DEI LAICI

- A cura di Luis Morales Badilla -

 

LIMA. = I vescovi del Perù sono riuniti da ieri a Lima per la loro 89ma Assemblea plenaria dedicata al tema “Formazione dei laici: identità, impegno e missione”. Durante i lavori che proseguiranno fino al 26 gennaio i presuli faranno un bilancio delle attività svolte lo scorso anno dalla Conferenza episcopale e definiranno i principali contenuti dei piani pastorali del 2007. Inoltre, come accade ormai da sei anni, durante la Plenaria sarà consegnata ad alcuni vescovi emeriti e ai missionari dominicani (dopo un secolo di presenza missionaria nel Perù sud-orientale) la medaglia “Santo Toribio de Mogrovejo”. I vescovi peruviani sono attualmente 37, mentre quelli emeriti sono 50. Durante i lavori sarà anche rinnovato il Comitato di presidenza della Conferenza episcopale, il cui attuale presidente è mons. Héctor Miguel Cabrejos, arcivescovo di Trujillo.

 

 

E’ EMERGENZA UMANITARIA IN BURUNDI A CAUSA DELLE VIOLENTE

PRECIPITAZIONI: SETTE MORTI, 20 MILA SFOLLATI E TERRENI COLTIVATI DISTRUTTI. L’ALLARME SUL RISCHIO DI UNA GRAVE CRISI ALIMENTARE E’ STATO LANCIATO

DAL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELLE NAZIONI UNITE

 

BUJUMBURA.= Almeno sette le vittime e oltre 20 mila i senzatetto a causa delle piogge torrenziali che, in questi giorni, hanno colpito lo stato dell’Africa orientale del Burundi. E’ solo un primo bilancio dell’Iteka, la principale associazione per la difesa dei diritti umani burundese. Crolli e smottamenti in varie zone del Paese – riferisce l’Agenzia MISNA - hanno distrutto gran parte dei terreni coltivati, dimezzando del 50-80% il prossimo raccolto. Il governo del Burundi, che ha definito la situazione "catastrofica", ha decretato lo stato d'emergenza nelle sette province più colpite: Muramzya, Bubanza, Karuzi, Kayanza, Cimbtoke, Ngonzi, Ruyigi, dove però non è ancora possibile fare un il bilancio complessivo dei danni.  Il primo a lanciare l’allarme a livello internazionale è stato il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite, secondo cui le alluvioni delle ultime settimane potrebbero provocare una grave crisi alimentare. “Il rischio è serio, le forti piogge e lo straripamento dei fiumi hanno distrutto tra il 50 e l’80% della normale produzione”, ha detto Guillaume Folliot, il portavoce dell’agenzia ONU nel Paese centrafricano. La Chiesa cattolica e quella anglicana sono già mobilitate per portare aiuto alle popolazioni e per accogliere i senzatetto. (A.D.F.)

 

 

SU PROPOSTA DEGLI STATI UNITI, ALL’ESAME DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU

UNA RISOLUZIONE DI CONDANNA DI CHIUNQUE NEGHI LA REALTA’ STORICA  DELL’OLOCAUSTO

 

NEW YORK. = Parte dagli Stati Uniti la richiesta di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni formalmente i ‘negazionisti’ dell'Olocausto. La richiesta, giunge dopo i ripetuti interventi revisionisti del presidente iraniano Ahmadinejad e dopo la recente Conferenza svoltasi a Teheran, dove si è messo in discussione lo sterminio di 6 milioni di ebrei da parte dei nazisti. I diplomatici statunitensi, che non fanno esplicito riferimento all’Iran, sperano che la risoluzione venga approvata venerdì prossimo dall’Assemblea generale dell’ONU, cui prenderanno parte 192 Nazioni. Al momento il documento USA è sostenuto da 39 Paesi, compresi gli europei, la Cina e la Russia. La risoluzione chiede agli Stati membri dell’ONU di “respingere ogni rifiuto dell’Olocausto come evento storico” e di “condannare senza riserve qualsiasi ‘negazionismo’ dell’Olocausto”. (R.G.)

 

 

I VESCOVI D’INGHILTERRA E DEL GALLES INSIEME ALLA CARITAS BRITANNICA

PLAUDONO I CONSERVATORI PER IL SOSTEGNO DATO ALLA CONVENZIONE EUROPEA

CONTRO LA TRATTA DI ESSERI UMANI. I TORIES HANNO SOLLECITATO IL GOVERNO

A SOTTOSCRIVERE E RATIFICARE LA CARTA A TUTELA DELLE VITTIME

- A cura di Lisa  Zengarini -

 

LONDRA. = I vescovi dell’Inghilterra e del Galles e la Caritas britannica plaudono al sostegno espresso dal Partito Conservatore alla Convenzione sulla lotta contro la tratta di esseri umani approvata nel 2005 dal Consiglio d’Europa. I Tories hanno sollecitato il governo Blair a sottoscriverla e ratificarla. Una presa di posizione apprezzata dall’Episcopato, che la scorsa primavera aveva rivolto un appello analogo, giudicando inadeguata l’attuale politica governativa in materia. “Questo appello - si legge in una nota dell’Ufficio per i rifugiati della Conferenza episcopale - riconosce che il nocciolo del problema è la protezione e l’aiuto alle vittime” e che “l’adesione del Regno Unito alla Convenzione rafforzerà le politiche nazionali contro questi traffici”. “La tratta di esseri umani – sottolinea il testo – è un crimine odioso che distrugge vite, speranze e aspirazioni di tante persone. Molte vittime sono donne e bambini, spesso i membri più poveri e vulnerabili della famiglia umana”. “L’attuale secondo centenario dell’abolizione in Inghilterra della tratta degli schiavi – conclude la nota - offre al Regno Unito l’occasione per dimostrare la serietà del suo impegno per porre fine a questa forma moderna di schiavitù”. Secondo un’indagine del ministero inglese degli Interni di prossima pubblicazione, 4mila persone sono finite vittime della prostituzione forzata nel Regno Unito. La Convenzione adottata due anni fa dal Comitato dei 46 Ministri del Consiglio d’Europa espone gli obblighi degli Stati di rispettare e proteggere i diritti delle vittime, puntando sulla prevenzione, sull'attività investigativa e sulla cooperazione internazionale.

 

 

JOAQUIN NAVARRO VALLS INSIGNITO CON IL PREMIO BRAVO

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA

- Servizio di padre Ignazio Arregui -

 

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MADRID. = Nella sede centrale della Conferenza episcopale di Spagna a Madrid si è tenuta oggi la consegna dei “Premi Bravo” per l’anno 2006. In questa edizione sono state dieci le persone o entità premiate per la loro attività professionale nei mezzi di comunicazione sociale “al servizio della dignità dell’uomo, i diritti umani, e i valori evangelici”. Con una menzione definita “speciale”, Joaquín Navarro-Valls, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, è stato premiato per il suo “pregevole lavoro al servizio della comunicazione della Chiesa, specialmente come direttore della Sala stampa vaticana per vent’anni, contribuendo in modo notevole ed esemplare alla diffusione degli insegnamenti e delle attività del Papa, e portando in primo piano nell’informazione mondiale, con grande professionalità, la personalità e il ministero del successore di Pietro”. Un’altra distinzione è andata alla Televisione pubblica della regione di Valencia per la sua copertura delle giornate dell’incontro mondiale delle famiglie alla presenza di Benedetto XVI. La giuria, nominata dalla Commissione episcopale dei mezzi di comunicazione sociale, ha insignito anche con i “Premi Bravo” il sacerdote giornalista D. Joaquín Luis Ortega, e altre personalità e attività del mondo del cinema, della musica popolare, della radio, della pubblicità, un sito Internet e un settimanale della arcidiocesi di Pamplona.

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24 ORE NEL MONDO

23 gennaio 2007

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

In Iraq, dopo l’impressionante serie di attacchi e scontri che ieri hanno provocato oltre 130 morti, nuovi attentati e azioni della guerriglia hanno causato, stamani, la morte di diversi civili e agenti iracheni. A Baghdad sono anche stati sequestrati 17 civili palestinesi. Alla vigilia del discorso di questa sera del presidente americano Bush sullo stato dell’Unione, al Qaeda lancia intanto nuove minacce contro gli Stati Uniti. Il nostro servizio:

 

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La cronaca fa registrare nuovi attentati contro la popolazione civile: almeno 6 persone sono morte in seguito a colpi di mortaio lanciati contro un villaggio a maggioranza sciita, a sud di Baghdad. Violenze anche nella capitale irachena, dove tre bombe sono esplose, in rapida successione, provocando almeno cinque morti. L’episodio più grave, costato la vita a quattro persone, è avvenuto in un mercato di un quartiere sciita di Baghdad. Due poliziotti sono stati uccisi inoltre da ribelli nella città sunnita di Mossul e due soldati americani sono morti durante scontri con insorti divampati nella provincia occidentale di Al Anbar. Il comando militare americano ha poi reso noto che truppe irachene e soldati della Forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti hanno arrestato oltre 600 miliziani dell’Esercito del Mahdi, la milizia del leader radicale sciita Moqtada Sadr. La guerra in Iraq sarà inoltre, per il quarto anno consecutivo, tra i temi centrali del discorso sullo stato dell’Unione che il presidente americano, George Bush, pronuncerà questa sera davanti al Congresso. Ma Bush parlerà ad un’America più che mai sfiduciata: secondo un sondaggio realizzato da due quotidiani statunitensi, il capo della Casa Bianca è più impopolare di qualunque altro presidente della storia americana. Contro gli Stati Uniti sono state lanciate nuove minacce da parte di Al Qaeda. Il numero due dell’organizzazione terroristica, al Zawahiri, ha detto che “se il presidente George Bush invierà l’intero esercito americano in Iraq, lo vedrà annientato”.

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Nel video, al Zawahiri lancia nuove minacce anche contro l’Etiopia, che ha condotto azioni militari in Somalia contro guerriglieri islamici. In Somalia, intanto, le truppe etiopi cominciano a ritirarsi da Mogadiscio, quattro settimane dopo essere intervenute per sostenere le forze del governo transitorio contro le milizie delle Corti islamiche.

 

Sempre tesa la situazione anche in Afghanistan, dove questa mattina un kamikaze si è fatto esplodere presso una base italiana nell’est del Paese, uccidendo 10 persone e ferendone altre 14. Secondo fonti locali, le vittime sono tutti lavoratori afghani della base.

 

Continua il braccio di ferro tra l’Iran e la comunità internazionale sul programma nucleare iraniano. Ieri, il governo della Repubblica islamica ha annunciato il divieto d’accesso al suo territorio per 38 ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Si tratta, hanno fatto sapere autorità iraniane, di una prima risposta alle sanzioni decise nei confronti del Paese dal parte delle Nazioni Unite.

 

Dopo i colloqui di ieri a Damasco con il leader di Hamas Khaled Meshaal, il presidente dell’Autorità Nazionale palestinese, Abu Mazen, ha definito fruttuoso l’incontro con l’esponente del Movimento estremista al governo nella Striscia di Gaza. Ma, la strada delle elezioni anticipate resta aperta.

 

Migliaia di persone si sono riunite questa mattina a Istanbul per il funerale del giornalista turco armeno, Hrant Dink, assassinato venerdì da un estremista. Vestiti di nero, i partecipanti si sono riuniti sul luogo dell’omicidio, davanti alla redazione del settimanale Agos di cui era direttore Dink. Da qui la processione funebre procederà in silenzio per otto chilometri.

 

La Cina ha confermato di aver effettuato un lancio sperimentale di un missile anti satellite, ma ha precisato di non voler alimentare una corsa agli armamenti nello spazio. Quella di oggi è la prima conferma ufficiale cinese del test spaziale, di cui hanno dato notizia nei giorni scorsi fonti di intelligence occidentali citate dai media americani. “La Cina – ha assicurato il portavoce del ministro degli Esteri cinese – non ha mai partecipato né mai parteciperà a una qualsiasi forma di competizione militare nello spazio”.

 

Elezioni politiche in Serbia: secondo gli osservatori sarà certamente il Partito democratico serbo del premier Kostunica a svolgere un ruolo fondamentale nella formazione del nuovo esecutivo. Le consultazioni sono state vinte, con il 28,5 per cento dei voti, dagli ultra-nazionalisti del partito radicale, seguiti, al 22,8 per cento, dal partito democratico. I risultati definitivi verranno resi noti dopo il 25 gennaio.

 

Si aggravano le tensioni sociali nello Stato africano della Guinea Conakry. Pesante il bilancio delle manifestazioni avvenute ieri nell’ambito dello sciopero generale in corso da giorni contro il presidente Lansana Contè al potere dal 1984. Negli scontri con la polizia sono morte oltre 20 persone, 150 i feriti. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha condannato l’uso eccessivo della violenza. Ma come si è giunti a questa grave situazione? Lo abbiamo chiesto a mons. Lucio Sembràno, incaricato d’affari della Santa Sede in Guinea:

 

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R. – E’ da quando i militari sono al potere, da quando l’attuale presidente è al potere, che c’è tensione nel Paese. L’economia non va bene e soprattutto      adesso c’è un’esigenza diffusa di giustizia: sia i sindacati, sia la popolazione stanno protestando in modo sempre più manifesto.

 

D. – Il cambio dei vertici nel Paese riuscirebbe a tranquillizzare la situazione?

 

R. – Si chiede un primo ministro che possa effettivamente governare; si chiede che venga rispettato il principio della separazione dei poteri; si chiede una lotta seria contro la corruzione: queste sono le stesse cose che chiedono i Paesi sviluppati, in particolare l’Unione Europea.

 

D. – C’è in qualche modo una presenza della Chiesa che interviene nel sociale?

 

R. – Ecco, la Chiesa sta veramente dando un esempio straordinario; proprio domenica scorsa è stata pubblicata una lettera del Consiglio cristiano delle Chiese e in questa lettera le Chiese cristiane si offrono per una mediazione perché tutte le parti possano sedersi attorno al tavolo e dialogare. E poi si invita a mantenere la calma; denunciano anche con molta forza che la radice del male sta nella corruzione e nel malgoverno.

 

D. – E’ possibile riportare veramente la pace in Guinea, oggi?

 

R. – Non solo è possibile, ma è anche semplice: basta un po’ di buon senso e, forse, basterebbe che anche la comunità internazionale facesse un po’ di pressione sul governo perché possa accogliere le richieste in fondo moderate dei sindacati. Richieste, adesso, anche di gran parte della popolazione che ieri è scesa in strada. Speriamo che anche i Paesi della comunità dell’Africa occidentale possano effettivamente agire in questo senso.

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Due cittadini americani sono stati rapiti oggi nella città meridionale nigeriana di Port Harcourt, nella regione del delta del Niger. La notizia è stata confermata da fonti di polizia. I due sono dipendenti di una società di costruzioni e sono stati sequestrati mentre si recavano al lavoro. Al momento, nessun gruppo ha rivendicato il sequestro.

 

 

 

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