RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 23 - Testo della trasmissione di martedì 23 gennaio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Joaquín Navarro Valls insignito
con il Premio Bravo della Conferenza episcopale spagnola
In
Iraq, nuovi scontri a Baghdad e a Mossul: tra le
vittime civili e poliziotti. Cresce l’attesa, negli Stati Uniti, per il
discorso di Bush sullo stato dell’Unione
23 gennaio 2007
IL PAPA RENDE ''GRAZIE'' A DIO PER
LO FA NEL TELEGRAMMA INDIRIZZATO AL PRESIDENTE
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE FRANCESE.
PARIGI CELEBRERA’ FUNERALI SOLENNI VENERDI’ PROSSIMO
NELLA CATTEDRALE DI NOTRE-DAME
- Con noi il cardinale Jean-Pierre
Ricard -
Il Papa
rende “grazie” a Dio per la vita dell’Abbé Pierre, scomparso ieri in Francia a 94 anni, e
per l’azione del religioso “in favore
dei più poveri”. E’ quanto il Papa esprime nel telegramma di cordoglio
indirizzato al presidente dei vescovi francesi, l’arcivescovo di Bordeaux, cardinale
Jean-Pierre Ricard, inviato
a nome del Papa dal segretario di Stato, cardinale
Tarcisio Bertone. Benedetto XVI prega, inoltre, perché Dio accolga “nella pace
del suo Regno questo prete che per tutta la sua vita ha lottato contro la
miseria” e estende le condoglianze alla famiglia del defunto e alla comunità di
Emmaus, da lui fondata.
E’ in
particolare
**********
R. - Son premier combat public,
c’est 1949, et c’est là qu’il porte deja son
...
La sua
prima battaglia sociale risale al 1949: fu quando
portò per la prima volta il suo messaggio in favore degli alloggi per i più
sfortunati e creò la prima comunità di Emmaus. Che cos’era? Era un luogo d’accoglienza, in una
casa che lui stesso aveva occupato nell’immediata periferia di Parigi, dove
dava accoglienza a uomini segnati dalla vita, a quelli molto, molto sfortunati.
Nel corso degli anni, abbiamo poi creato luoghi d’accoglienza diurni, dove le
persone in difficoltà trovano, al mattino, non solo un
caffè caldo, una brioche, un panino ma anche tutti i servizi igienici, una
doccia... sono luoghi d’accoglienza di servizio, ma anche di ascolto e di
assistenza.
D. –
Cosa è stato realizzato poi, oltre ai centri di solidarietà?
R. – Ce sont les pensions de
famille. Dans ces pensions de famille, …
Ci sono
le “pensioni-famiglia”. In queste pensioni accogliamo persone che non sono
ancora completamente in grado di gestirsi in maniera del tutto autonoma.
Un’esperienza importante tanto che sotto la spinta
della Fondazione dell’Abbé Pierre, il governo ha deciso di creare – mi sembra
nell’arco dei prossimi due o tre anni – 5 mila posti di queste pensioni.
D. – Lei
pensa che tutto ciò si sia potuto realizzare grazie
alla sua personalità, o chiunque avrebbe potuto farlo?
R. – Je ne sais pas, madame ...
Toujours est il que c’est lui qui l’a fait. …
Non lo
so ... Sta di fatto che è stato lui a farlo. Era una
cosa che doveva essere fatta: qualcun altro avrebbe potuto farlo bene come l’ha
fatto lui? Non è mica stato l’unico in Francia! Abbiamo comunque avuto la
possibilità di avere un portavoce forte per un messaggio forte, un profeta ...
D. – Con
o senza l’Abbé Pierre, è la stessa cosa?
R. – Ah, bien sûr, madame! Non
seulement parce-que l’abbé Pierre survivra a sa ...
Certamente!
E non solamente perché l’Abbé Pierre sopravvivrà alla
sua stessa vita terrena, ma perché il movimento che egli ha creato – vorrei
quasi dire ‘malgrado lui’, perché non era un organizzatore nato – continuerà a vivere per forza di
cose ; e inoltre, la lotta condotta dalla Fondazione dell’Abbé Pierre è
una lotta talmente concreta, che la sua scomparsa che noi oggi piangiamo, non
rappresenterà un’interruzione, al contrario, forse servirà da acceleratore ...
**********
RINUNCE E NOMINE
Benedetto
XVI ha nominato il rev.do mons. Michael
W. Banach rappresentante
permanente della Santa Sede presso l’Agenzia Internazionale dell’Energia
Atomica (A.I.E.A.), presso l’Organizzazione per la Sicurezza e Cooperazione in
Europa (O.S.C.E.) e presso la Commissione
Preparatoria del Trattato sull’Interdizione Globale degli Esperimenti Nucleari
(CTBTO), come pure Osservatore permanente della Santa Sede presso
l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (O.N.U.D.I.) e presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a
Vienna.
Finora
consigliere di Nunziatura presso la Segreteria di Stato, mons. Michael W. Banach, è originario di
Worcester (U.S.A.), dove è nato il 19 novembre 1962. È stato ordinato sacerdote
il 7 luglio 1988. È laureato in Diritto Canonico. Entrato nel Servizio
diplomatico della Santa Sede il primo luglio 1994, ha prestato la propria opera
nelle Rappresentanze Pontificie in Bolivia e in Nigeria e presso la Sezione per
i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Conosce l’inglese,
l’italiano, il francese, lo spagnolo e il polacco.
In India,
Sua Beatitudine, il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, ha accettato con il consenso del Sinodo
Permanente, in conformità al canone 210 del C.C.E.O., la rinuncia
dell’arcivescovo Metropolita di Changanacherry
dei Siro-Malabaresi, in India, Joseph
Powathil. L’arcivescovo Maggiore della Chiesa siro-malabarese, Sua Beatitudine il cardinale Varkey Vithayathil, con il
consenso del Sinodo della Chiesa siro-malabarese, ha
trasferito, a norma del C.C.E.O. 85
paragrafo 2, 2°, mons. Joseph Perumthottam da vescovo titolare di Tucca
di Numidia ed ausiliare dell’Arcieparchia
di Changanacherry ad arcivescovo Metropolita della
medesima sede. Mons. Joseph
Perumthottam, 59 anni, ha compiuto gli studi
superiori a Roma e ha ricoperto, fra gli altri, i seguenti incarichi: direttore
dell’“Archdiocesan Catechetical
Department, direttore del Marthoma
Vidya Niketan, Theological Institute for Laity, professore al St. Thomas Apostolic
Seminary, Vadavathoor,
membro del Commission for
the Liturgical Research Centre of the Syro-Malabar Major Archiepiscopal Church.
Sempre in
India, Sua Beatitudine il cardinale Varkey Vithayathil, arcivescovo maggiore della Chiesa siro-malabarese, ha accettato con il consenso del Sinodo
Permanente, in conformità al canone 210 del C.C.E.O., la rinuncia dell’arcivescovo Metropolita di Trichur dei Siro-Malabaresi, Jacob Thoomkuzhy. L’arcivescovo
maggiore della Chiesa siro-malabarese, Sua
Beatitudine il cardinale Varkey Vithayathil,
con il consenso del Sinodo della Chiesa siro-malabarese,
ha trasferito, a norma del C.C.E.O.
85 paragrafo 2, 2°, mons. Andrews Thazhath da vescovo titolare di Aptuca
ed ausiliare dell’Arcieparchia di Trichur
ad arcivescovo Metropolita della medesima sede. Mons.
Andrews Thazhath, 55 anni,
ha ricevuto la sua formazione sacerdotale presso il St. Joseph Pontifical
Seminary di Alwaye, dove ha
conseguito il Baccalaureato in Teologia. A Roma, presso il Pontificio Istituto
Orientale, ha ottenuto la Licenza e poi il Dottorato in Diritto Canonico. Nel
corso del suo ministero sacerdotale ha ricoperto, fra gli altri, gli incarichi
di parroco in diverse parrocchie, notaio e giudice del Tribunale eparchiale,
presidente dell’Associazione di Diritto Canonico Orientale dell’India.
IN TEMA DI ECUMENISMO, STABILITA UNA RETE DI
RAPPORTI
E DI FORME DI RIAVVICINAMENTO
DA CUI NON SI PUÒ TORNARE INDIETRO:
COSÌ IL CARDINALE KASPER NELL’INCONTRO
CON I GIORNALISTI IN SALA STAMPA VATICANA
Il 2006,
un anno di “successo” per l’ecumenismo. E’ l’aggettivo usato dal cardinale
Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani,
durante la conversazione tenuta questa mattina con i giornalisti in Sala Stampa
Vaticana, sullo sfondo della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
Molte le domande dei giornalisti sullo stato dei rapporti fra la Chiesa
cattolica e le Chiese ortodosse e protestanti. I particolari nel servizio di
Alessandro De Carolis:
**********
Un
lavoro capillare, svolto dal Pontificio Consiglio per l’Unità dei cristiani,
che ha prodotto progressi ecumenici dai quali “non si torna indietro”: 12
dialoghi distinti, in contesti culturali, sociali e politici molto diversi fra
loro, che rendono attualmente il dialogo fra le diverse
confessioni cristiane molto diverso dagli scenari posti all’indomani del
Concilio Vaticano II. Coadiuvato nell’incontro con i giornalisti dai vertici
del dicastero pontificio per l’Unità dei cristiani - il segretario, mons. Brian
Farrell, e il sottosegretario, mons. Eleuterio
Fortino – il cardinale Kasper ha anzitutto illustrato la fitta agenda di
incontri ecumenici che ha cadenzato i mesi del 2006. Un’agenda che ha portato
il porporato stesso e i suoi collaboratori in molte parti del mondo, ma che
conserva immagini-sintesi nell’abbraccio fra Benedetto XVI e il Patriarca Ecumenico,
Bartolomeo I, a Istanbul e negli incontri di Roma tra
il Papa e il primate della Chiesa anglicana, Rowan
Williams, e l’arcivescovo ortodosso di Atene, Christodoulos. Un anno di
“successo ecumenico”, dunque, sul quale il cardinale Kasper ha fatto il punto
con queste parole
“Possiamo
affermare che non solo i dialoghi teologici, ma anche i rapporti personali,
istituzionali e la cooperazione pratica sono su una buona strada. Però non ci
si può aspettare risultati straordinari immediati: la strada è, secondo le
attese umane, ancora lunga. Adesso stiamo trattando problemi teologici
centrali: innanzitutto, il primato petrino dove incontriamo non solo
difficilissimi problemi storici, dogmatici e canonici ma anche problemi
emotivi. Ci sono da superare ancora pregiudizi e barriere culturali, talvolta
anche tensioni fra le stesse Chiese ortodosse. Per tutto questo, ci vuole
tempo, pazienza, calma, sensibilità e soprattutto una sensibilità spirituale di
preghiera affinché le cose possano maturare”.
Anticipando
i giornalisti, il cardinale Kasper ha subito affrontato uno dei nodi più
“gettonati” dai media in tema di ecumenismo: lo stato
dei rapporti tra la Chiesa di Roma e quella ortodossa di Russia, sullo sfondo
di un possibile incontro fra Benedetto XVI e il Patriarca di Mosca, Alessio II:
“I
rapporti con la Chiesa ortodossa russa sono migliorati. E’ in corso una
collaborazione sempre più stretta, anche tramite altri dicasteri della Curia
Romana e tramite singole diocesi. Il rappresentante pontificio a Mosca un
lavoro eccellente ed è di grande aiuto: speriamo dunque che il tempo per un
incontro maturi, ma al momento non c’è niente di concreto in cantiere”.
Se con
il mondo dell’Ortodossia, a partire dal Patriarcato Ecumenico - ma con positivi
risvolti anche in ambito di
altre Chiese autocefale - i rapporti registrano una complessiva buona
evoluzione, diverso è il discorso con il macrocosmo del protestantesimo. Il
cardinale Kasper ha rigettato con decisione le critiche, definite “senza
fondamento”, su un presunto “disinteresse” della Chiesa cattolica riguardo al
dialogo con le Chiese riformate. In molte occasioni, ha ricordato il porporato,
Benedetto XVI ne ha incontrato i rappresentanti, e tre Commissioni congiunte -
ha aggiunto il cardinale Kasper - hanno “completato lavori importanti” nel
2006, a livello di rapporti con anglicani, luterani e metodisti. Tuttavia,
questa “fitta rete” deve combattere, specialmente in Occidente, con un problema
comune: quello della secolarizzazione. E’ il problema affrontato oggi dal
cosiddetto “Ecumenismo fondamentale”, che costringe a riflettere anche su ciò
che una volta era dato per scontato, ovvero il comune retaggio della fede e dei
principi cristiani:
“Siamo
in una situazione dove bisogna non solo parlare di ciò
che ci divide, ma soprattutto di ciò che dovremmo avere in comune. Bisogna
rafforzare i fondamenti, concentrarci sull’essenziale, dare comune
testimonianza della fede che ci unisce e di cui il mondo ha bisogno. Penso alla
catechesi che il Papa dà ogni mercoledì e che sono un buon esempio di tale
catechesi fondamentale e di tale ecumenismo fondamentale”.
Ai
giornalisti è stato poi presentato il “Manuale sull’Ecumenismo spirituale”,
frutto di un lavoro partito nel 2003. Un volumetto ricco di esperienze che
dimostrano come l’ecumenismo sia un contesto aperto a ogni singolo fedele:
“L’intento
della pubblicazione è di dare suggerimenti concreti, pratici, pastorali a tutti
coloro che, come si suol dire, sono alla “base”: cioè
nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle varie comunità, impegnati nel lavoro
ecumenico. L’ecumenismo è un impegno di tutta la Chiesa: non si fa soltanto ai
vertici della Chiesa, non è fatto solo dagli esperti di teologia nell’ambito
accademico. All’ecumenismo spirituale possono partecipare e contribuire tutti i
fedeli”.
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“UNA VITA CON KAROL”: DOMANI
NELLE LIBRERIE ITALIANE,
IL LIBRO TESTIMONIANZA DEL CARDINALE STANISLAO
DZIWISZ,
CHE RACCONTA I SUOI ANNI ACCANTO A GIOVANNI PAOLO
II
- Con noi, Gian Franco Svidercoschi -
Una
testimonianza unica per comprendere la figura straordinaria di Giovanni Paolo
II: si presenta così il libro “Una vita con Karol”, edito dalla Rizzoli, frutto di una conversazione tra il vaticanista
Gian Franco Svidercoschi e il cardinale Stanislao Dziwisz, per quarant’anni
segretario personale di Papa Wojtyla. Il volume, che esce domani nelle librerie
italiane, racconta la vita quotidiana di Giovanni Paolo II, i suoi viaggi
apostolici, le lunghe ore trascorse in preghiera e la malattia vissuta come una
realtà da accettare e da mostrare senza timidezze. Un libro che, in qualche
modo, ci fa vedere Karol Wojtyla attraverso gli occhi del suo più stretto
collaboratore, come sottolinea Gian Franco Svidercoschi, intervistato da
Alessandro Gisotti:
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R. – Il
cardinale Dziwisz ci fa
vedere Giovanni Paolo II e lo fa vedere per questa dimestichezza che ha avuto
per questi 40 anni in cui gli è stato vicino. E’ quindi un vedere il Papa da
vicino, diciamo da ‘dietro le persiane’. Anche dei
grandi fatti, il cardinale Dziwisz
racconta sempre la preparazione, la conseguenza e il commento del Papa e in
questo modo lo si conosce soprattutto ed anzitutto
come uomo di Dio. Si vede come la sua giornata sia intessuta continuamente
dalla preghiera, dal raccoglimento. E’ veramente una cosa eccezionale come
sempre si riferisca a Dio e al Vangelo per poi trovare
le soluzioni anche quando è stato chiamato a guidare la Chiesa universale.
D. – Qual è l’elemento che, secondo te,
più emerge della personalità di Giovanni Paolo II in questo libro nel quale
vediamo Karol Wojtyla prima vescovo, poi Pontefice e quindi radicato nella sua
terra, ma allo stesso tempo capace di annunciare il Vangelo per le vie del
mondo…
R. – Sicuramente c’è una continuità
assoluta fra il periodo polacco e il periodo del Pontificato. Anzi, vorrei dire
che tutto quello che ha vissuto prima, e in particolare penso al fatto che
abbia vissuto la II Guerra Mondiale, l’esperienza prima del nazismo e poi in
prima persona come vescovo del comunismo. Queste sono tutte esperienze che, in
qualche modo, lo hanno preparato al Pontificato in quel momento preciso. In
più, lui ci aggiunge le sue caratteristiche personali per cui,
in qualche modo, ha anche creato qualche ‘rottura’ nel fare il Papa. E’ stato
sicuramente un Papa diverso dai suoi predecessori, pur nella continuità
assoluta della tradizione, del magistero. E’ stato Papa certamente in maniera
diversa. Come prima fondamentale caratteristica dell’uomo e della sua
personalità c’è proprio questa sua dimensione spirituale. Io trovo in lui una
grande libertà interiore: era un uomo libero, era un uomo profondamente libero
e profondamente realizzato dentro e, quindi, era un uomo che guardava il mondo,
la storia e gli uomini da un altro punto di vista. Lui ha lasciato – e questo
lo ripete varie volte il cardinale Dziwisz – una grande eredità. Ha, infatti,
insegnato al mondo, ai vari popoli e alle persone ad essere liberi. Quello che
lui insegnava ai popoli, soprattutto a quelli del Terzo Mondo era di esseri
liberi, imparare di nuovo la libertà.
D. – Il libro si intitola “Una vita con
Karol”: l’esperienza del cardinale Dziwisz è certamente unica in questo senso,
ma in fondo non credi che molti, moltissimi possano
sentire di essere stati, almeno per una volta, nella loro vita con Karol?
R. – Giustamente! Io penso che il
motivo fondamentale per cui il cardinale Dziwisz abbia
voluto scrivere questo libro con me non è tanto quello di voler fare un
bilancio, perché non si può fare un bilancio a due anni dalla morte di un Papa,
ma nemmeno di raccontare soltanto dei fatti inediti o di voler fare uno scoop,
perché i fatti inediti servono soltanto a delineare meglio la figura del Papa…
A parer mio, ci sono due motivi fondamentali del perché abbia voluto scrivere
con me questo libro: uno - e non so se lui lo confesserà mai - è quello di
continuare il suo colloquio spirituale con Giovanni Paolo II. Secondo: egli ha
avuto il privilegio di condividere per 40 anni la vicinanza prima con Karol
Wojtyla e poi con Giovanni Paolo II e ora vuole condividere questo privilegio
con tutti gli altri.
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L’ASSEMBLEA SEMESTRALE DELLA ROACO
- Intervista con il segretario generale, don Leon Lemmens -
Da oggi in Vaticano l’assemblea
semestrale della ROACO,
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Alla
ROACO le agenzie vengono informate dai leader delle
Chiese orientali cattoliche sulla vita delle loro Chiese, sui loro bisogni, e
le agenzie possono armonizzare i loro sforzi in favore di queste Chiese. Le
sessioni della ROACO non sono soltanto interessanti, ma anche utili per una
buona collaborazione tra le Agenzie e le varie Chiese cattoliche orientali.
D. -
Quali temi sono all’ordine del giorno di questa sessione della ROACO?
R. -
Durante l'estate scorsa, c'è stata quella guerra nel Libano che ha provocato
grandi danni. In questa riunione viene presentato un
rapporto dettagliato sui danni recati durante la guerra alle chiese e agli
altri immobili che appartengono alle varie chiese nel Libano, soprattutto nel
sud. Questi danni sono assai grandi. Decine di chiese sono state danneggiate.
Presentato il rapporto, le agenzie si concorderanno sul modo in cui aiuteranno
le Chiese nel Libano a riparare le chiese e gli altri immobili. Un altro tema
che sarà toccato riguarda
D. –
Questi, dunque, gli argomenti principali: Libano e Romania. In genere, però, vi
occupate anche di alcuni altri temi di non minor rilievo…
R. - Un
discorso simile sarà fatto per
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Due pagine dedicate alla Settimana
di preghiera per l'unità dei cristiani.
Servizio estero: In evidenza l'Afghanistan: attacco a base Nato, uccisi
dieci civili.
Servizio culturale - Un articolo di Anna Condemi
dal titolo “Il tormentato processo creativo del ‘primo’
Manzoni romanziere”: presentato a Milano il “Fermo e
Lucia”; inaugura i tre volumi dell'edizione critica dei “Promessi Sposi” del
1827 curata da Dante Isella.
Per l’“Osservatore libri” un articolo di Marco Impagliazzo
dal titolo “Mettere da parte quello che divide e cercare ciò che unisce”: in un
recente volume su Angelo Giuseppe Roncalli, l'eredità
spirituale e culturale del Pontefice.
Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.
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23 gennaio 2007
DAL
CONCEPIMENTO AL TERMINE NATURALE: AL CENTRO DELLA PROLUSIONE
DEL
CARDINALE CAMILLO RUINI ALL’APERTURA, IERI,
DEL CONSIGLIO
EPISCOPALE PERMANENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
La centralità della famiglia
fondata sul vincolo del matrimonio, il sì alla vita dal concepimento fino al
suo termine naturale. Respinta ogni forma di eutanasia. Su questi temi si è soffermato
il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Camillo Ruini, nella prolusione al Consiglio episcopale permanente
che si è aperto ieri a Roma. Centrale la testimonianza salvifica di Cristo in
ogni ambito della vita come ribadito al Convegno ecclesiale
Nazione di Verona 2006. Poi uno sguardo alle crisi internazioni ed alla
situazione italiana. Il servizio di Massimiliano Menichetti:
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Cristo speranza e luce del mondo,
consapevolezza dell’uomo fondato nel Battesimo che muove alla missionarietà
permanente e affronta mali della società come il secolarismo; poi la vocazione
alla santità quale misura alta dell’essere cristiano, contro una visione debole
e relativistica della persona. Questo in sintesi l’architrave, già tracciato al
Convegno ecclesiale Nazionale di Verona, nuovamente declinato dal cardinale Ruini nelle tante realtà del tempo presente, spesso
difficili e contraddittorie. Il porporato, richiamando le parole del Papa
sull’uomo per
“Sul versante della famiglia la
legge finanziaria ha introdotto varie agevolazioni per i nuclei familiari numerosi
e a basso reddito, o che hanno a carico familiari disabili, mentre diventano
più pesanti gli oneri per altri nuclei familiari: la complessità delle
normative rende comunque difficile una previsione sicura degli effetti
complessivi e i progressi in alcuni campi rimangono lontani dal configurare
quel sostegno organico alla famiglia come tale che si potrebbe ottenere, ad
esempio, attraverso l’adozione del “quoziente familiare”.
Preoccupazione è stata espressa
per i vari progetti di legge che minano la famiglia, proponendo in sostanza
un’equiparazione con le unioni di fatto. Secondo il
porporato, queste unioni potrebbero trovare ulteriori tutele, se
necessario, in modifiche al codice civile, rimanendo comunque nell’ambito dei
diritti e dei doveri della persona.
“Non vi è quindi motivo di creare
un modello legislativamente precostituito, che
inevitabilmente configurerebbe qualcosa di simile a un matrimonio, dove ai
diritti non corrisponderebbero uguali doveri: sarebbe questa la strada sicura
per rendere più difficile la formazione di famiglie autentiche, con gravissimo
danno delle persone, a cominciare dai figli, e della società italiana”.
Sottolineato che
“In quelle condizioni una
decisione diversa sarebbe stata infatti per
Invocando il dialogo tra
maggioranza e opposizione per il bene del Paese e rilevando la forte affluenza in Italia di immigrati di altre
religioni, il cardinale Ruini
ha ricordato la posizione favorevole, già espressa dalla CEI in un’audizione
parlamentare, per “una legge sulla libertà religiosa”. Nella prospettiva della
centralità della persona, auspicata una politica d’immigrazione a favore
dei ricongiungimenti familiari, capace di promuovere la dignità degli stranieri
ed assicurare “il riconoscimento da parte dei migranti dei valori della società
che li ospita”.
Espressa quindi
profonda vicinanza ai vescovi e alla Chiesa di Polonia, “in questo tempo di
dura prova”. Poi, volgendo lo sguardo alle crisi internazionali, il porporato ha evidenziato le
violenze tra israeliani e palestinesi spiegando anche che “la pacificazione
della Terra Santa, con il riconoscimento reciproco dei due popoli e dei due
Stati, rimane un elemento decisivo per
restituire tranquillità e sicurezza a tutta l'area mediorientale”.
Preoccupazione è stata espressa per l’escalation di tensione sul
nucleare iraniano e della Corea del Nord; toccate le drammatiche e complesse
situazioni in Somalia, Nigeria, Libano. Positivo anche se cauto il giudizio
sugli spiragli di pace in Darfur. Grave la condizione irachena, con molte
migliaia di vittime. Espressa riprovazione morale per le esecuzioni capitali.
Inoltre è stato auspicato un nuovo corso politico e scetticismo è stato
mostrato per la strategia degli incrementi militari.
Ricordati i militari italiani
morti in Iraq e Afghanistan, Paese quest’ultimo assediato ancora dalla
guerriglia. Turbamento per l’assassinio a Mosca di Anna Politovskaia
la giornalista nota per le sue battaglie a favore dei diritti umani e vicinanza
è stata ribadita al popolo filippino, duramente provato a fine novembre da un
tifone che ha devastato il Paese.
Auspicato un costante impegno per
la pace anche dall’Europa, che si è allargata a Bulgaria e Romania e che deve
però far fronte anche a culture e problemi molteplici. Quindi il pensiero del presidente della Cei è andato a tutti i “nostri fratelli”,
almeno 24 nel 2006, che hanno versato il
sangue in terra di missione, come don Andrea Santoro, don Bruno Baldacci e suor Leonella Sgorbati.
**********
ALTA
TENSIONE IN LIBANO PER LA MANIFESTAZIONE CONTRO IL GOVERNO INDETTA
DA
HEZBOLLAH: 15 PERSONE SONO RIMASTE FERITE NEGLI SCONTRI
-
Intervista con Camille Eid
-
Libano
nel caos in seguito alla grande manifestazione indetta stamani a Beirut dal
leader di Hezbollah, Nasrallah. Alla protesta hanno
aderito decine di migliaia di sostenitori che chiedono a gran voce le
dimissioni del governo del premier Fuad Siniora.
Durante la manifestazione, l’esercito ha più volte sparato in aria per separare
gruppi filogovernativi ed oppositori. Nei tumulti
sono rimaste ferite 15 persone, di cui una in gravi condizioni. Il servizio di
Giancarlo La Vella:
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“Questo è un colpo di Stato”. A
lanciare l’allarme già dalle prime ore della grande manifestazione, svoltasi in
occasione dello sciopero generale, è stato Samir Geagea, esponente della maggioranza antisiriana al governo,
che ha accusato l'opposizione e, in particolare, gli Hezbollah di voler
provocare la caduta dell’esecutivo con un colpo di mano. Il leader ha chiesto
all’esercito di intervenire a protezione della democrazia e della libertà di
tutto il popolo libanese. E, in effetti, i militari sono intervenuti per sedare
i violenti tumulti tra opposte fazioni ed evitare ulteriori vittime. “Sono loro
che tentano un colpo di Stato”, ha risposto il portavoce di Hezbollah, Hussein Rahhal. Rispondendo a Geagea, ha
accusato l’esecutivo del premier Siniora “di essere appoggiato da Stati Uniti,
Unione Europea e Paesi arabi del Golfo”. Rahhal ha
aggiunto che si tratta di un “governo illegittimo finanziato dall’esterno”.
Comunque, da ogni zona della capitale si alzano dense colonne di fumo ad
indicare che la protesta è interessata dai disordini e si teme che la protesta
possa degenerare. Molte compagnie aeree straniere hanno cancellato i voli di
linea per Beirut, dove l'aeroporto internazionale si trova di fatto isolato
dalla capitale.
**********
Ma quali sono le motivazioni
all’origine della violenta protesta di oggi? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto al giornalista libanese, Camille Eid, esperto di Medio Oriente del quotidiano Avvenire:
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R. – La protesta era già prevista
perché erano 50 giorni che l’opposizione e diversi partiti erano scesi in
piazza. E questa doveva essere una escalation a pochi giorni dalla riunione
a Parigi della Conferenza dei Paesi donatori. Quindi, sembra che miri ad
intralciare il lavoro di questa Conferenza, dare un’immagine diversa del
Libano. Ovviamente questi scontri non erano previsti ma
dimostrano comunque una tensione politica che è in corso nel Paese da diversi
mesi.
D. – E’ pensabile che ci sia
sempre Damasco dietro a questa opposizione filo-siriana?
R. – E’ difficile parlare di una
sola opposizione, in Libano. Ci sono certamente dei partiti che sono legati
alla Siria, altri che lo sono molto meno. Comunque, è ovvio che una escalation del
genere porti beneficio alla Siria perché ha interesse a dimostrare che il
governo attuale non riesce a controllare la situazione politica.
D. – Il Libano oggi appare un
Paese spaccato in due. Ci sono spazi per riallacciare comunque il dialogo tra
le opposte fazioni?
R. – Sta diventando sempre più
difficile. C’era la cosiddetta “terza via”, quindi alcuni mediatori libanesi,
anche mediatori arabi, hanno cercato di ricucire questo strappo
ma attualmente la vedo un po’ difficile, perché la giornata di oggi con
lo sciopero generale poteva dare comunque un’immagine di vera democrazia in
Libano, con la gente libera di aderire astenendosi dal lavoro o dallo studio, e
altra gente libera di non aderire; invece, con la costrizione per la gente di
non uscire di casa, perché hanno bloccato praticamente le strade bruciando
pneumatici, non è una bella dimostrazione di democrazia!
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LA
VITA NELLE BARACCOPOLI AL CENTRO DI UNO DEI SEMINARI
NELL’AMBITO
DEL WORLD SOCIAL FORUM
Fra le varie attività del Forum
Sociale di Nairobi, si è tenuto questa mattina un seminario sulla vita nelle
baraccopoli, con la possibilità di visitarne sette in piccoli gruppi. Il
servizio di Marina Piccone:
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A Nairobi ci sono oltre 200
baraccopoli e si calcola che gli abitanti siano più di due milioni e mezzo su
quattro milioni complessivi in uno spazio che occupa appena il 5 per cento del
territorio cittadino. Le persone vivono stipate, in un groviglio di lamiere,
cartone e fango. Non ci sono servizi pubblici, come acqua, elettricità,
fognature, strade e centri per la salute.
Gli insediamenti diventano quasi
impraticabili durante la stagione delle piogge, quando le acque di scolo
scorrono fin dentro le baracche, con gravi pericoli per la salute. Le montagne
di immondizia, gli scarsi approvvigionamenti di acqua comportano ulteriori
rischi sanitari. Gli slam sono multietnici e circa il 70 per cento degli abitanti è al di
sotto dei 30 anni. La disoccupazione è intorno al 60 per cento e si vive quindi
di espedienti e di piccolo commercio.
I principali problemi sono quelli
relativi alla tossicodipendenza, all’alcoolismo, alla prostituzione, alla
violenza domestica e ai bambini di strada. Padre Daniele Moschetti vive a Korococho, uno slam di circa 120 mila persone, dove
gestisce, insieme ad altri preti comboniani,
due centri per gli Street Children, che solo a Nairobi sono circa 600 mila. Uno
dei centri è per quelli che fanno uso di droghe ed uno per i ragazzi che
passano le loro giornate nella discarica pubblica che confina con lo slam, dove
trovano il sostentamento per sopravvivere. Anche padre Kizito
Sesana, prete comboniano,
si occupa di bambini di strada, e gestisce cinque centri residenziali con oltre
200 ragazzi e ragazze dai 6 ai 16 anni e attività per circa 500 giovani
esterni.
Le autorità si dichiarano
impegnate nel migliorare queste comunità. Bettie Tett, vice ministro per l’alloggio, ha parlato della
costituzione di un programma di ristrutturazione degli slam. Lanciata nel 2004,
questa iniziativa punta a costruire abitazioni permanenti, fornite di acqua
pulita. Al momento si sta realizzando a Kibera, la
più grande baraccopoli di Nairobi, con oltre 800 mila abitanti, ma il programma
dovrebbe essere esteso anche agli altri insediamenti della nazione.
Da Nairobi, Kenya, Marina Piccone,
per la Radio Vaticana.
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SEMPRE
PIU’ SPAZZATURA
E MENO ATTENTA AL RISPETTO DEI MINORI
- Con
noi Emilio Rossi e Luca Borgomeo
-
Una tv sempre più
spazzatura e sempre meno attenta al rispetto dei minori. E’ la fotografia
scattata dal Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e
minori tra il 2003 e il 2006. Dai dati illustrati ieri a Roma emergono più
infrazioni all’interno di film e telefilm che nei reality e nei talk show. Il servizio è di Paolo Ondarza:
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163 risoluzioni di violazione:
questo in cifre il lavoro svolto in quasi quattro anni dal Comitato di
Applicazione del Codice di Autoregolamentazione TV e minori.
Le segnalazioni trasmesse all’Authority sono state
talvolta archiviate, talvolta tramutate in sanzioni pecuniarie. E’ stato così
per lo scontro su Rai Uno, all’interno di Domenica In, tra Zequila
e Pappalardo, apoteosi del trash sul piccolo schermo,
costato alla TV di Stato 200 mila euro. E sempre degli
ultimi mesi sono le immagini, ben poco gloriose, della bestemmia di Ceccherini all’Isola dei Famosi su Rai Due e della lite Mussolini-Sgarbi nel reality La pupa e il secchione in onda
sulle rete Mediaset.
Ma nonostante ciò film e telefilm
sono più trash dei reality: sconcertante l’episodio di Dr House trasmesso su Italia
R. – Fra le 16.00 e le 19.00 le
emittenti si impegnano ad esercitare una particolarissima vigilanza sui loro
programmi nell’ipotesi che i minori siano in ascolto da soli. Ma tutt’ora è
invece frequente il caso in cui temi assolutamente delicati vengono
trattati proprio in quell’ora con assoluta normalità.
Il Consiglio Nazionale Utenti
chiede che il codice di autoregolamentazione divenga legge. Sentiamo il
presidente Luca Borgomeo:
R. – Non si può dire, facendo un
parallelo tra la situazione attuale e quella di dieci anni fa, che sia cresciuta la cultura dell’attenzione ai minori nei
programmi televisivi. Le emittenti, a cominciare dalla RAI,
sono per nulla preoccupate delle sanzioni. Allora la strada da battere è quella
di rendere le sanzioni più severe, ma per fare questo il Codice di
Autoregolamentazione e gli altri Codici Minori ed Internet, devono trovare una
norma, la legge che le fa proprie e che quindi le rende obbligatorie Erga Omnes.
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23 gennaio 2007
I FEDELI
CINESI DELLO SHANXI PIANGONO LA MORTE
DI
MONS. GIOSAFAT LI HONGGUANG, VESCOVO
DELLA PREFETTURA APOSTOLICA
DI KIANGCHOW, SPENTOSI ALL’ETA’ DI 80 ANNI. PRESULE
GENEROSO,
FU
IMPRIGIONATO PER 15 ANNI DURANTE LA RIVOLUZIONE CULTURALE
KIANGCHOW. = Un vescovo generoso
che ha dedicato tutta la sua vita all’evangelizzazione: così, i fedeli
ricordano commossi mons. Giosafat Li Hongguang, vescovo della
Prefettura Apostolica di Kiangchow nella provincia
cinese di Shanxi, a 670 chilometri a sud‑ovest
di Pechino. Il
presule, che si è spento all’età di 80 anni lo scorso 13 dicembre, era stato
ordinato sacerdote nel 1953 e consacrato vescovo nel 1996. Condannato durante la Rivoluzione Culturale (1966‑1976),
passò 15 anni in prigione, durante i quali rimase fedele alla Chiesa nonostante
le sofferenze subite. Dopo la liberazione, si dedicò nuovamente al lavoro
pastorale, insegnando anche inglese in una scuola superiore. L’azione pastorale
e l’attività di insegnante ebbero un positivo impatto nell’ambiente in cui viveva.
Nel 1986, all’età di 60 anni, mons. Li avviò una fabbrica di mattoni per dare
lavoro a molti abitanti della zona. Tre vescovi, una cinquantina di sacerdoti e
più di mille fedeli, nonostante il freddo pungente, hanno sfilato per le vie
principali della città con il feretro del presule fino al Santuario di Nostra
Signora dell’Immacolata Concezione nel villaggio di Poli, dove mons. Li era
stato parroco per molti anni. Il presule è stato sepolto accanto alla tomba del
suo predecessore, mons. Agostino Zheng, deceduto
pochi mesi prima di lui. La Prefettura Apostolica di Kiangchow
(Xinjiang/Yuncheng) conta,
oggi, oltre 10 mila cattolici, per lo più contadini,
sparpagliati in 17 contee su una superficie di 17 mila kmq. In questo
territorio ci sono 29 sacerdoti e una quarantina di religiose della
congregazione diocesana “Pu Zhao”.
La comunità cattolica della circoscrizione ecclesiastica è fortemente impegnata
a favore della popolazione locale con opere sociali, quali cliniche
oculistiche, ospedali, dispensari e un orfanotrofio per bambini abbandonati e
portatori di handicap. (A.G.)
NELLA
SETTIMANA PER L’UNITÀ DELLA CHIESA, L’ARCIVESCOVO DI DUBLINO,
DIARMUID
MARTIN, PARTECIPANDO IERI ALLA CONFERENZA ECUMENICA DI GREENHILL’S,
HA SOTTOLINEATO CHE IL FONDAMENTO TEOLOGICO DEL DIALOGO INTERRELIGIOSO E’ IL
RICONOSCIMENTO CONDIVISO DELL’ESISTENZA DI DIO
-
Servizio di Enzo Farinella -
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DUBLINO. = Nel riconoscimento
dell’esistenza di Dio, credenti di ogni fede si aprono all’affermazione
fondamentale che Dio è il Padre comune di tutta l’umanità e che quindi tutta la
razza umana condivide una stessa origine e una stessa finalità: Dio, nostro
Creatore e fine del nostro pellegrinaggio terreno. Il fatto che Dio è il Padre
di tutti si pone quale fondamento teologico dell’affermazione che non è
legittimo per nessuno difendere differenze religiose quale presupposto o
pretesto per atteggiamenti aggressivi verso altri esseri umani. La violenza non
la si può attribuire alla religione. L’arcivescovo Martin ha anche sottolineato che un efficace dialogo tra
religioni diverse deve essere basato sulla ricerca onesta della verità ed
ispirato dal desiderio sincero di conoscersi meglio gli uni gli altri,
rispettando le differenze e riconoscendo quel che abbiamo in comune. Pochi
giorni prima, mons. Diarmuid Martin,
in qualità di vicepresidente della Commissione episcopale europea, parlando al
Forum Europeo di Dublino, una piattaforma in cui sono rappresentati tutti i
partiti politici e le principali organizzazioni laiche e religiose
dell’Irlanda, ha invitato i leader europei a riconoscere il patrimonio
cristiano del continente europeo, con l’affermazione che Dio è il Padre di
tutti noi, quando il prossimo marzo, nella dichiarazione di Berlino,
presenteranno la nuova visione dell’Unione Europea, a 50 anni dal Trattato di
Roma.
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ELETTO
IL NUOVO PRESIDENTE DEL SECAM, IL SIMPOSIO DELLE CONFERENZE
EPISCOPALI
DELL’AFRICA E DEL MADAGASCAR, NELLA PERSONA
DEL
CARDINALE POLYCARP PENGO, ARCIVESCOVO DI DAR-ES-SAALAM, IN TANZANIA
DAR-ES-SAALAM. = Il cardinale Polycarp Pengo, arcivescovo di Dar-es-Saalam, in Tanzania, è il
nuovo presidente del SECAM, il Simposio delle Conferenze episcopali dell’Africa
e del Madagascar. L’elezione è avvenuta domenica scorsa, in chiusura
dell’Assemblea plenaria dei presuli africani e malgasci,
riuniti nella capitale tanzanese, dopo aver
partecipato ai lavori del primo Congresso panafricano
sull’evangelizzazione nel Continente. Il cardinale Pengo
sostituisce nell’incarico mons. John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja in
Nigeria, da tre anni presidente del SECAM, già vicepresidente per altri 6 anni,
e per altri 9 presidente del Consiglio dello stesso organismo. Nuovo primo
vicepresidente è stato eletto mons. Theodore Andrien Sarr, arcivescovo di
Dakar nel Senegal e secondo vicepresidente mons. Francesco Joao
Silota, vescovo di Chimoio
in Mozambico. (R.G.)
AL VIA DA IERI A LIMA, IN PERÙ,
DEL PAESE LATINOAMERICANO DEDICATA AL TEMA DELLA
FORMAZIONE DEI LAICI
- A
cura di Luis Morales
Badilla -
LIMA. = I vescovi del Perù sono riuniti da ieri a Lima per la loro
89ma Assemblea plenaria dedicata al tema “Formazione dei laici: identità,
impegno e missione”. Durante i lavori che proseguiranno fino al 26 gennaio i
presuli faranno un bilancio delle attività svolte lo scorso anno dalla
Conferenza episcopale e definiranno i principali contenuti dei piani pastorali
del 2007. Inoltre, come accade ormai da sei anni, durante
E’
EMERGENZA UMANITARIA IN BURUNDI A CAUSA DELLE VIOLENTE
PRECIPITAZIONI:
SETTE MORTI, 20 MILA SFOLLATI E TERRENI COLTIVATI DISTRUTTI. L’ALLARME SUL
RISCHIO DI UNA GRAVE CRISI ALIMENTARE E’ STATO LANCIATO
DAL
PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELLE NAZIONI UNITE
BUJUMBURA.= Almeno sette le
vittime e oltre 20 mila i senzatetto a causa delle piogge torrenziali che, in
questi giorni, hanno colpito lo stato dell’Africa orientale del Burundi. E’
solo un primo bilancio dell’Iteka, la principale
associazione per la difesa dei diritti umani burundese.
Crolli e smottamenti in varie zone del Paese – riferisce l’Agenzia MISNA -
hanno distrutto gran parte dei terreni coltivati, dimezzando del 50-80% il
prossimo raccolto. Il governo del Burundi, che ha definito la
situazione "catastrofica", ha decretato lo stato d'emergenza nelle sette province più colpite: Muramzya, Bubanza, Karuzi, Kayanza, Cimbtoke, Ngonzi, Ruyigi, dove però non è ancora possibile fare un il bilancio complessivo dei danni. Il primo a lanciare l’allarme a livello
internazionale è stato il Programma alimentare mondiale (Pam)
delle Nazioni Unite, secondo cui le alluvioni delle ultime settimane potrebbero
provocare una grave crisi alimentare. “Il rischio è serio, le forti piogge e lo
straripamento dei fiumi hanno distrutto tra il 50 e l’80% della normale
produzione”, ha detto Guillaume Folliot,
il portavoce dell’agenzia ONU nel Paese centrafricano. La Chiesa cattolica e quella
anglicana sono già mobilitate per portare aiuto alle popolazioni e per
accogliere i senzatetto. (A.D.F.)
SU
PROPOSTA DEGLI STATI UNITI, ALL’ESAME DELL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU
UNA
RISOLUZIONE DI CONDANNA DI CHIUNQUE NEGHI
NEW YORK. = Parte dagli Stati
Uniti la richiesta di una risoluzione delle Nazioni Unite che condanni
formalmente i ‘negazionisti’ dell'Olocausto. La
richiesta, giunge dopo i ripetuti interventi revisionisti del presidente
iraniano Ahmadinejad e dopo la recente Conferenza svoltasi a Teheran, dove si è messo in discussione lo sterminio di 6
milioni di ebrei da parte dei nazisti. I diplomatici statunitensi, che non
fanno esplicito riferimento all’Iran, sperano che la risoluzione venga approvata venerdì prossimo dall’Assemblea generale
dell’ONU, cui prenderanno parte 192 Nazioni. Al momento il documento USA è
sostenuto da 39 Paesi, compresi gli europei,
I VESCOVI D’INGHILTERRA E
DEL GALLES INSIEME ALLA CARITAS BRITANNICA
PLAUDONO I CONSERVATORI PER IL SOSTEGNO DATO ALLA
CONVENZIONE EUROPEA
CONTRO
A SOTTOSCRIVERE E RATIFICARE
- A
cura di Lisa Zengarini -
LONDRA.
= I vescovi dell’Inghilterra e del Galles e
JOAQUIN
NAVARRO VALLS INSIGNITO CON IL PREMIO BRAVO
DELLA
CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA
-
Servizio di padre Ignazio Arregui -
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MADRID. = Nella sede centrale
della Conferenza episcopale di Spagna a Madrid si è tenuta oggi la consegna dei “Premi Bravo” per l’anno
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23 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, dopo l’impressionante
serie di attacchi e scontri che ieri hanno provocato oltre 130 morti, nuovi
attentati e azioni della guerriglia hanno causato, stamani, la morte di diversi
civili e agenti iracheni. A Baghdad sono anche stati sequestrati 17 civili
palestinesi. Alla vigilia del discorso di questa sera del presidente americano Bush sullo stato dell’Unione, al Qaeda lancia intanto nuove
minacce contro gli Stati Uniti. Il nostro servizio:
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La cronaca fa registrare nuovi
attentati contro la popolazione civile: almeno 6 persone sono morte in seguito
a colpi di mortaio lanciati contro un villaggio a maggioranza sciita, a sud di
Baghdad. Violenze anche nella capitale irachena, dove tre bombe sono esplose,
in rapida successione, provocando almeno cinque morti. L’episodio più grave,
costato la vita a quattro persone, è avvenuto in un mercato di un quartiere
sciita di Baghdad. Due poliziotti sono stati uccisi inoltre da ribelli nella
città sunnita di Mossul e due soldati americani sono
morti durante scontri con insorti divampati nella provincia occidentale di Al Anbar. Il comando militare
americano ha poi reso noto che truppe irachene e soldati della Forza
multinazionale guidata dagli Stati Uniti hanno arrestato oltre 600 miliziani
dell’Esercito del Mahdi, la milizia del leader
radicale sciita Moqtada Sadr.
La guerra in Iraq sarà inoltre, per il quarto anno consecutivo, tra i temi
centrali del discorso sullo stato dell’Unione che il presidente americano,
George Bush, pronuncerà questa sera davanti al
Congresso. Ma Bush parlerà ad un’America più che mai
sfiduciata: secondo un sondaggio realizzato da due quotidiani statunitensi, il
capo della Casa Bianca è più impopolare di qualunque
altro presidente della storia americana. Contro gli Stati Uniti sono state
lanciate nuove minacce da parte di Al Qaeda. Il numero
due dell’organizzazione terroristica, al Zawahiri, ha
detto che “se il presidente George Bush invierà
l’intero esercito americano in Iraq, lo vedrà annientato”.
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Nel video, al Zawahiri
lancia nuove minacce anche contro l’Etiopia, che ha condotto azioni militari in
Somalia contro guerriglieri islamici. In Somalia, intanto, le truppe etiopi
cominciano a ritirarsi da Mogadiscio, quattro settimane dopo essere intervenute
per sostenere le forze del governo transitorio contro le milizie delle Corti
islamiche.
Sempre tesa la
situazione anche in Afghanistan, dove questa mattina un kamikaze si è fatto
esplodere presso una base italiana nell’est del Paese, uccidendo 10 persone e
ferendone altre 14. Secondo fonti locali, le vittime
sono tutti lavoratori afghani della base.
Continua il braccio di
ferro tra l’Iran e la comunità internazionale sul programma nucleare iraniano.
Ieri, il governo della Repubblica islamica ha annunciato il divieto d’accesso
al suo territorio per 38 ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia
atomica (AIEA). Si tratta, hanno fatto sapere autorità iraniane, di una prima
risposta alle sanzioni decise nei confronti del Paese dal
parte delle Nazioni Unite.
Dopo i colloqui di
ieri a Damasco con il leader di Hamas Khaled Meshaal, il presidente dell’Autorità Nazionale palestinese,
Abu Mazen, ha definito
fruttuoso l’incontro con l’esponente del Movimento
estremista al governo nella Striscia di Gaza. Ma, la strada delle elezioni
anticipate resta aperta.
Migliaia di persone si
sono riunite questa mattina a Istanbul per il funerale del giornalista turco
armeno, Hrant Dink,
assassinato venerdì da un estremista. Vestiti di nero, i partecipanti si sono
riuniti sul luogo dell’omicidio, davanti alla redazione del settimanale Agos di cui era direttore Dink.
Da qui la processione funebre procederà in silenzio per otto chilometri.
La Cina ha confermato di aver effettuato
un lancio sperimentale di un missile anti satellite,
ma ha precisato di non voler alimentare una corsa agli armamenti nello spazio.
Quella di oggi è la prima conferma ufficiale cinese del test spaziale, di cui
hanno dato notizia nei giorni scorsi fonti di intelligence occidentali citate dai media americani. “La Cina – ha
assicurato il portavoce del ministro degli Esteri cinese – non ha mai
partecipato né mai parteciperà a una qualsiasi forma di competizione militare
nello spazio”.
Elezioni politiche in Serbia:
secondo gli osservatori sarà certamente il Partito democratico serbo del
premier Kostunica a svolgere un ruolo fondamentale
nella formazione del nuovo esecutivo. Le consultazioni sono state vinte, con il
28,5 per cento dei voti, dagli ultra-nazionalisti del partito radicale,
seguiti, al 22,8 per cento, dal partito democratico. I risultati definitivi verranno resi noti dopo il 25 gennaio.
Si aggravano le tensioni sociali
nello Stato africano della Guinea Conakry. Pesante il
bilancio delle manifestazioni avvenute ieri nell’ambito dello sciopero generale
in corso da giorni contro il presidente Lansana Contè al potere dal 1984. Negli scontri con la polizia sono
morte oltre 20 persone, 150 i feriti. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, ha condannato l’uso
eccessivo della violenza. Ma come si è giunti a questa grave situazione? Lo abbiamo
chiesto a mons. Lucio Sembràno, incaricato d’affari
della Santa Sede in Guinea:
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R. – E’ da
quando i militari sono al potere, da quando l’attuale presidente è al
potere, che c’è tensione nel Paese. L’economia non va bene e soprattutto adesso c’è un’esigenza diffusa di
giustizia: sia i sindacati, sia la popolazione stanno protestando in modo
sempre più manifesto.
D. – Il cambio dei vertici nel
Paese riuscirebbe a tranquillizzare la situazione?
R. – Si chiede un primo ministro
che possa effettivamente governare; si chiede che
venga rispettato il principio della separazione dei poteri; si chiede una lotta
seria contro la corruzione: queste sono le stesse cose che chiedono i Paesi
sviluppati, in particolare l’Unione Europea.
D. – C’è in qualche modo una
presenza della Chiesa che interviene nel sociale?
R. – Ecco, la Chiesa sta veramente
dando un esempio straordinario; proprio domenica scorsa è stata pubblicata una
lettera del Consiglio cristiano delle Chiese e in questa lettera le Chiese
cristiane si offrono per una mediazione perché tutte le parti possano sedersi
attorno al tavolo e dialogare. E poi si invita a mantenere la calma; denunciano
anche con molta forza che la radice del male sta nella corruzione e nel
malgoverno.
D. – E’ possibile riportare
veramente la pace in Guinea, oggi?
R. – Non solo è possibile, ma è
anche semplice: basta un po’ di buon senso e, forse, basterebbe che anche la
comunità internazionale facesse un po’ di pressione sul governo perché possa
accogliere le richieste in fondo moderate dei sindacati. Richieste, adesso,
anche di gran parte della popolazione che ieri è scesa in strada. Speriamo che
anche i Paesi della comunità dell’Africa occidentale possano effettivamente
agire in questo senso.
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Due cittadini
americani sono stati rapiti oggi nella città meridionale nigeriana di Port Harcourt, nella regione del
delta del Niger. La notizia è stata confermata da fonti di polizia. I due sono
dipendenti di una società di costruzioni e sono stati sequestrati
mentre si recavano al lavoro. Al momento, nessun gruppo ha rivendicato
il sequestro.
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