RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 20 - Testo della trasmissione di sabato 20 gennaio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Al via oggi a Nairobi, in Kenya,
il World Social Forum. La riflessione di Sergio Marelli
Festa dell’UNITALSI oggi nell’Aula Paolo VI in Vaticano.
Intervista con Alessandro Pinna
Nei cinema, in Italia, il film di Al
Gore “Una scomoda verita’”. Con noi, il regista
Il commento di padre Marko Ivan Rupnik al Vangelo di
domani
CHIESA E SOCIETA’:
Perplessità della Chiesa pakistana per il progetto di
riforma governativa della scuola
Ridotto del 75% in Africa e
del 60% nel resto del mondo il tasso di mortalità da morbillo
Le autorità turche condannano l’omicidio del
giornalista armeno, assassinato ieri ad Istanbul
Forti preoccupazioni della comunità internazionale
dopo un test missilistico cinese
20 gennaio 2007
IL
RUOLO DELLA ROMANIA IN EUROPA PER IL RECUPERO
DEL
RICCO PATRIMONIO CRISTIANO DEL CONTINENTE,
NELLE
PAROLE DEL PAPA AL NUOVO AMBASCIATORE ROMENO RICEVUTO OGGI PER
La Romania nell’Unione Europea, il patrimonio dei
cristiani nel Continente, le sfide della globalizzazione,
il cammino ecumenico: i temi toccati dal Papa ricevendo stamane
in Vaticano il nuovo ambasciatore della Romania presso
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“Con soddisfazione”
In tema di liberta religiosa, Benedetto XVI ha
raccomandato “giustizia ed equità” perché “tutti i culti riconosciuti” trovino
“il loro posto legittimo in seno alla società romena”, rallegrandosi per i
progressi del governo “nella delicata gestione della restituzione dei beni
confiscati alle comunità religiose”, esprimendo invece particolare
“inquietudine” per la vicenda della Cattedrale di San Giuseppe a Bucarest, al centro
di vivaci polemiche per il progetto di costruirvi a meno di
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OCCORRE OFFRIRE LA TESTIMONIANZA DI UN
CRISTIANESIMO PROFONDAMENTE
RADICATO
NEL VANGELO E CHE POSSA FAR FRONTE AL PROLIFERARE
DELLE
SETTE E DEI NUOVI GRUPPI PSEUDORELIGIOSI:
È
QUANTO BENEDETTO XVI CHIEDE ALLA CHIESA DELL’AMERICA LATINA
Famiglia e nuova evangelizzazione: sono questi i temi
toccati da Benedetto XVI nel suo discorso ai partecipanti alla Plenaria della
Pontificia Commissione per l’America Latina, ricevuti oggi in udienza. Il Papa
ha esortato in particolare i cristiani dell’America Latina ad offrire una forte
testimonianza dinanzi alle sette che prosperano e ai nuovi gruppi pseudoreligiosi. Il servizio di Tiziana Campisi:
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Per il Santo Padre la V Conferenza generale
dell’Episcopato latinoamericano e dei Caraibi, convocata ad Aparecida,
in Brasile, dal 13 al 31 maggio prossimi, dovrà dare un rinnovato impulso alla
evangelizzazione. L’annuncio del messaggio della salvezza – ha detto – deve
impregnare le radici della cultura e deve incarnarsi nell’attuale momento storico
dell’America Latina, per rispondere meglio alle sue necessità e legittime
aspirazioni. Ha sottolineato la necessità di un cristianesimo fortemente vissuto, quindi ha aggiunto:
“Si deve riconoscere
e difendere sempre la dignità di ogni essere umano come criterio fondamentale
dei progetti sociali, culturali ed economici, che aiutano a costruire la storia
secondo il disegno di Dio”.
Il Papa ha parlato anche dei problemi che toccano i
latinoamericani, in particolare del proliferare delle sette e di nuovi gruppi pseudoreligiosi. Gli uomini e le donne dell’America Latina,
ha detto, hanno una grande sete di Dio:
“Quando nella vita
delle comunità ci si sente come orfani rispetto a Dio Padre, è vitale il lavoro
dei vescovi, dei sacerdoti e degli altri operatori pastorali, che diano testimonianza – come Cristo – del fatto che il Padre è
sempre Amore provvidente che si è rivelato nel suo Figlio. Quando la fede non
si alimenta della preghiera e della meditazione della Parola divina, quando la
vita sacramentale langue, allora prosperano le sette e i nuovi gruppi pseudoreligiosi che provocano l’allontanamento di molti
cattolici dalla Chiesa”.
Di fronte a tale realtà occorre radicarsi in Gesù Cristo,
essere suoi veri discepoli, ha proseguito il Santo Padre, che con queste parole
ha offerto ai cristiani latinoamericani queste indicazioni:
“Per il futuro della
Chiesa nell’America Latina e nei Caraibi, è importante che i cristiani
approfondiscano e assumano lo stile di vita proprio dei discepoli di Gesù:
semplice e allegro, con una fede solida radicata nella parte più intima del
cuore e alimentata dalla preghiera e dai sacramenti”.
Il vero discepolo, ha concluso Benedetto XVI, cresce e
matura nella famiglia, nella comunità parrocchiale e diocesana; diventa missionario quando annuncia la persona di Cristo e il suo
Vangelo ovunque. La famiglia infatti è il luogo
privilegiato per vivere e trasmettere la fede e le virtù.
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IL PAPA, ALLA VIGILIA DELLA MEMORIA DI SANT’AGNESE, BENEDICE GLI AGNELLI,
LA CUI
LANA SERVIRÀ A CONFEZIONARE I SACRI PALLII, CHE VERRANNO
IMPOSTI
AI
NUOVI ARCIVESCOVI METROPOLITI IL 29 GIUGNO PROSSIMO
Stamane il Papa, in occasione della
memoria di Sant’Agnese, che ricorre domani, ha benedetto
due agnelli, la cui lana servirà a confezionare i sacri pallii,
che verranno imposti ai nuovi arcivescovi metropoliti
il 29 giugno nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo. La breve cerimonia si è
svolta, come di consueto, nella Cappella intitolata a Urbano VIII nel Palazzo
Apostolico. Il pallio è una fascia di lana bianca su cui spiccano sei croci di
seta nera: è un’insegna liturgica d’onore e di giurisdizione, simbolo del
particolare legame che unisce gli arcivescovi metropoliti al Successore di
Pietro.
Si tratta di una tradizione che affonda le sue radici nel
martirio di Sant’Agnese, adolescente e vergine
romana, martirizzata durante la persecuzione di Decio o di Diocleziano, tra il
III e il IV secolo, per avere testimoniato Cristo in
un periodo in cui molti fedeli rinnegavano la propria fede. Agnese, dodicenne,
fu trafitta con un colpo di spada alla gola, nel modo con cui si uccidevano gli
agnelli. Per questo nell’iconografia è raffigurata spesso con una pecorella o
un agnello, simboli del candore e del sacrificio.
I PROBLEMI ECCLESIALI PIÙ GRAVI E URGENTI CHE
RIGUARDANO
IN
CINA, PRIMO FRA TUTTI QUELLO DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA,
AL
CENTRO DELLA RIUNIONE CONVOCATA DAL PAPA SULL’ARGOMENTO
I problemi ecclesiali più gravi e urgenti che riguardano
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La riunione – spiega il comunicato – era stata convocata
da Benedetto XVI, “nel desiderio di approfondire la conoscenza della situazione
della Chiesa cattolica nella Cina Continentale”. Il
Papa, al termine della mattinata, ha salutato quanti hanno partecipato
all’incontro: tra questi alcuni rappresentanti dell’Episcopato cinese (Hong
Kong, Macao e Taiwan) e coloro che, per
Durante i lavori, “alla luce della travagliata storia
della Chiesa in Cina e dei principali avvenimenti degli ultimi anni, sono stati
presi in esame i problemi ecclesiali più gravi e urgenti, che attendono
adeguate soluzioni in relazione ai principi fondamentali della costituzione
divina della Chiesa e della libertà religiosa. Si è preso atto, con profonda
riconoscenza, della luminosa testimonianza, offerta da vescovi, sacerdoti e
fedeli, i quali, senza cedere a compromessi, hanno mantenuto la propria fedeltà
alla Sede di Pietro, a volte anche a prezzo di gravi sofferenze. Con
particolare gioia si è, altresì, constatato che oggi la quasi totalità
dei vescovi e dei sacerdoti è in comunione con il Papa”.
“Sorprendente, inoltre – sottolinea il comunicato della
Sala Stampa vaticana - è stata la crescita numerica della comunità ecclesiale
che, anche in Cina, è chiamata ad essere testimone di Cristo, a guardare in
avanti con speranza e a misurarsi, nell’annuncio del Vangelo, con le nuove
sfide che la società sta affrontando”.
Nella molteplicità dei contributi dei partecipanti, è
emersa dalla riunione “la volontà di proseguire il cammino di un dialogo
rispettoso e costruttivo con le Autorità governative, per superare le
incomprensioni del passato. Si è, inoltre, auspicato di pervenire a una
normalizzazione dei rapporti ai vari livelli, al fine di consentire la pacifica
e fruttuosa vita della fede nella Chiesa e di lavorare insieme per il bene del
Popolo cinese e per la pace nel mondo”.
Il Papa, che è stato ampiamente
ragguagliato in merito alle proposte maturate nel corso della riunione –
conclude il comunicato - ha deciso di indirizzare una Sua Lettera ai cattolici
in Cina.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina i presidenti
della quinta Conferenza dell’Episcopato latino-americano: il cardinale
Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi e presidente
della Pontificia Commissione per l’America Latina, il
cardinale Francisco Javier Errázuriz
Ossa, arcivescovo di Santiago del Cile e presidente del CELAM, il cardinale
Geraldo Majella Agnelo,
arcivescovo di São Salvador da Bahia e presidente
della Conferenza episcopale brasiliana.
Il Papa riceverà questo pomeriggio il cardinale Giovanni
Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.
Il Santo Padre ha nominato vescovo di Purea, in India, il
padre gesuita Angelus Kujur, direttore del Jeevan Dhara a Raiganj. Padre Angelus Kujur è
nato il 14 luglio 1946 nel villaggio di Mundaltoli,
nello Stato di Bihar, diocesi di Purnea.
Nel 1968 è entrato nella Compagnia di Gesù. Ha completato gli studi filosofici
presso lo Jnana Deepa Vidyapeeth di Pune, e quelli
teologici al Seminario Gesuita di Vidyajyoti, Delhi.
È stato ordinato sacerdote il 13 aprile 1980.
Il Papa ha nominato ausiliare della diocesi di Awka, in Nigeria, il rev. Paulinus
Chukwuemeka Ezeokafor,
rettore del Seminario Minore di Awka, assegnandogli
la sede titolare vescovile di Tetci. Il rev. Paulinus Chukwuemeka Ezeokafor è nato il 13 settembre
Il
Santo Padre ha nominato membro del Pontificio Consiglio della Cultura mons.
Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto.
TERZO GIORNO DELLA SETTIMANA
DI PREGHIERA PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI:
IL REV. DONALD BOLEN CI PARLA DEI RAPPORTI TRA CATTOLICI E ANGLICANI
L’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo
Pontefice ha invitato oggi i fedeli a partecipare giovedì prossimo 25 gennaio,
alle ore 17.30, ai Secondi Vespri della Solennità della
Conversione di San Paolo presieduti da Benedetto XVI nella Basilica
Papale di San Paolo fuori le Mura, a conclusione della Settimana di Preghiera
per l’Unità dei Cristiani. Oggi si celebra il terzo giorno della Settimana sul
tema “Lo Spirito Santo ci dona
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R. – Nonostante la situazione
complessa che attualmente è presente nella Comunione Anglicana, la visita è
stata molto fruttuosa. Ha aiutato il fatto che Benedetto XVI e l’arcivescovo
siano entrambi teologi rinomati. Il Santo Padre e il Primate anglicano si sono
trattenuti insieme in dialogo, hanno pregato insieme per l’Ora Media e firmato
una Dichiarazione Comune, nella quale si rende grazie per i rapporti positivi
di questi ultimi quarant’anni, e hanno richiamato
alla testimonianza comune e ad una più stretta collaborazione in una vasta
gamma di aree.
D. – Il dialogo è comunque
sempre foriero di benefici effetti?
R. – Uno dei benefici di questo
dialogo ecumenico che continua da tanto tempo è la capacità di parlare in modo
franco, e allo stesso tempo in uno spirito di amicizia, riguardo alle sfide
poste dalle nostre relazioni ecumeniche. Recenti sviluppi in seno alla Chiesa
Episcopale degli Stati Uniti e in una diocesi anglicana in Canada che
riguardano i riti di benedizione per le coppie omosessuali e l’ordinazione
all’episcopato di un vescovo omosessuale sono stati pubblicizzati ampiamente
dalla stampa. Nella loro Dichiarazione Comune Papa Benedetto XVI e
l’arcivescovo di Canterbury hanno sostenuto che questi sviluppi, che mostrano
divisioni in seno alla Comunione Anglicana, presentano seri ostacoli al progresso
ecumenico. La recente visita ha tuttavia confermato che il nostro dialogo può e
deve continuare. Infatti, come il cardinale Kasper ha
affermato nel passato, è precisamente quando nuove
difficoltà minacciano di dividerci che il dialogo è ancora più importante.
D. – Parliamo ora più
specificamente di queste divisioni …
R. - E’ importante notare che
D. – Ma sono state prese anche
iniziative a seguito dell’incontro fra il Papa ed il Primate della Comunione
Anglicana?
R. - Nel corso della recente
visita dell’arcivescovo di Canterbury, sono state prese alcune decisioni
riguardo le nostre commissioni di dialogo. La
Commissione internazionale cattolica – anglicana per il dialogo teologico
(ARCIC) ha recentemente completato la sua seconda fase di lavoro con la
pubblicazione di un documento sul ruolo di Maria nella dottrina e nella vita
della Chiesa. Nei prossimi mesi una commissione preparatoria si incontrerà per
discutere su alcuni argomenti da proporre per una terza fase del dialogo. In secondo
luogo, nelle prossime settimane, sarà pubblicato un documento preparato dalla seconda
commissione di dialogo,
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UNA GUIDA INTELLIGENTE E GENEROSA, CHE SI È
PRODIGATA PER IL BENE SPIRITUALE
E MATERIALE DEI FEDELI: COSÌ IL CARDINALE
IGNACE MOUSSA I DAOUD
NELLA
SUA LETTERA DI CORDOGLIO ALLA CHIESA INDIANA PER LA SCOMPARSA
DI MONS. CYRIL MAR BASELIOS MALANCHARUVIL, ARCIVESCOVO
MAGGIORE
DI
TRIVANDRUM DEI SIRO-MALANKARESI
Il cardinale Ignace Moussa I Daoud, patriarca emerito
di Antiochia dei Siri, prefetto della Congregazione
per le Chiese orientali, ha espresso in una lettera il suo cordoglio alla
Chiesa siromalankarese per la morte di mons. Cyril Mar Baselios Malancharuvil, arcivescovo maggiore di Trivandrum
dei Siro-Malankaresi. Una guida intelligente e
generosa, lo definisce il porporato, con la mente e con il cuore, che senza
risparmiare fatica, si è prodigato per il bene spirituale e materiale dei
fedeli. Si deve alla sua tenacia, alla sua intraprendenza e al suo intenso
lavoro apostolico, si legge nella lettera del cardinale Daoud,
il provvedimento di Giovanni Paolo II che ha elevato la Chiesa siromalankarese al grado arcivescovile maggiore. “Era un
insigne pastore, ma per me un incomparabile amico e fratello. Continuiamo … in
quella fedeltà alla tradizione orientale e nella comunione col successore di
Pietro che egli aveva ereditato dai vostri padri -
scrive ancora il porporato alla Chiesa siromalankarese
- e che vi ha trasmesso come il più prezioso tesoro”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il discorso di Benedetto
XVI ai partecipanti alla riunione plenaria della Pontificia Commissione per
l’America Latina: il Papa ha esortato ad incarnare il messaggio della salvezza
nell’America Latina di oggi.
Il discorso del Santo Padre al nuovo ambasciatore di
Romania: l’Incontro ecumenico europeo in programma a Sibiu
nel settembre del 2007 possa costituire - ha auspicato Benedetto XVI - una
tappa importante nel cammino verso l’unità dei cristiani.
Servizio estero - In evidenza l’Iraq: accesa
polemica fra lo speaker della Camera dei Rappresentanti e la Casa Bianca sulla
nuova strategia decisa dal Presidente USA, Bush.
Servizio culturale - Un articolo di Luciana Frapiselli da titolo “L’influenza esercitata da Piranesi sul suo tempo attraverso stampe curate fin nel
minimo particolare”: in una mostra a Roma l’eclettica personalità di un artista
di rara eleganza.
Servizio italiano - In rilievo il tema delle
liberalizzazioni.
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20 gennaio 2007
AL VIA
OGGI A NAIROBI, IN KENYA, I LAVORI DEL VII WORLD SOCIAL FORUM.
TEMA
CENTRALE: “DIAMO VOCE ALL’AFRICA E ALLA SUA SETE DI GIUSTIZIA”
- Con
noi, Sergio Marelli -
Un’imponente marcia per la pace partita da Kibera, la più grande baraccopoli di Nairobi, in Kenya, con
800 mila abitanti, ha aperto stamani il World Social Forum, giunto alla VII edizione e per la prima volta organizzato in Africa. “Diamo
voce all’Africa e alla sua sete di giustizia” è il tema centrale dell’evento,
cui partecipano circa 100 mila rappresentanti della società civile. 1200 le
iniziative in programma fino al 25 gennaio, per confrontarsi sui grandi temi
globali della sovranità e autodeterminazione dei popoli, delle attese di pace e
di giustizia, dei diritti al cibo, alla salute, all’istruzione e al lavoro per
ogni abitante del pianeta. E sulla marcia di questa mattina, ascoltiamo da
Nairobi Marina Piccone:
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Una folla di 40 mila persone ha attraversato, cantando e
ballando, le vie della città, raggiungendo infine Uhuru
Park, il Parco della Libertà. Sul palco, allestito nel cuore del grande parco,
il primo presidente della Zambia libera, Kenneth Kaunda, ha salutato i
partecipanti insieme a Flavio Lotti, responsabile della Tavola per la pace,
l’organismo italiano che ha fatto parte del Comitato organizzatore internazionale
e che ha condotto a Nairobi 250 persone. Per la cerimonia di apertura, è
prevista anche la traduzione nella lingua dei segni per i sordomuti. Hanno
partecipato veramente in tanti oggi. Padre Kizito, il
padre comboniano che qui a Nairobi gestisce comunità
di bambini di strada, dice che non ha mai visto una cosa del genere. A piedi,
su camionette, persino su cammelli, donne, uomini e bambini hanno dato il loro
contributo per la pace. La statua di una donna incinta crocifissa rappresenta
la sofferenza delle donne africane e la folta delegazione degli abitanti delle
baraccopoli partecipa a nome dei due milioni e mezzo
di baraccati di Nairobi alla marcia. “Senza casa, ma non senza speranza”, si
legge sulle loro magliette.
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E sull’importanza della presenza cattolica al World Social
Forum di Nairobi, ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi, il presidente delle
ONG italiane e della FOCSIV, che riunisce le associazioni di volontariato
cattoliche, Sergio Marelli:
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R. - Non va mai dimenticato che all’origine proprio di
questi forum sociali mondiali, già dalla sua prima edizione, c’è stata una forte spinta del mondo cattolico e quindi una presenza
che, fin dalla sua origine, è stata caratterizzata anche da un apporto positivo
e significativo del nostro mondo, e che anche quest’anno, come in tutte le
altre edizioni, vuole in qualche modo portare anche la nostra sensibilità, i
nostri valori e anche le nostre proposte, le nostre prospettive e visioni
insieme a questo grande happening, questo grande appuntamento dove molte
culture, molte religioni, molte sensibilità, si metteranno ancora una volta a
confronto per costruire delle prospettive sostenibili.
D. – L’Africa sarà un po’ al centro di
Nairobi 2007. Quindi, si parlerà dei conflitti africani, delle possibili
soluzioni, dell’economia africana. Ma forse si parlerà anche molto di Nazioni
Unite, saranno un po’ alla base di tanti dibattiti, di tanti discorsi…
R. - E’ fuori dubbio che sullo scenario resta questo
grande problema che è un problema al tempo stesso di grande dibattito e
discussione, ma è anche un grande problema che vede tra le priorità, per
esempio della FOCSIV, e non solo, proprio quella di come dare vita a un
cosiddetto “governo” mondiale, meglio dire una governance,
cioè una governabilità di questo pianeta, con le sue problematiche ormai
diventate sopranazionali, che sembra andare, in qualche modo, verso degli
scenari futuri di grande preoccupazione. La riforma delle Nazioni Unite – cioè
ritrovare un rilancio, una riforma, una riorganizzazione di questa che resta
l’unica organizzazione internazionale candidata a potere farsi carico di questo
problema della governabilità – è chiaro che sta sullo sfondo e un po’
attraversa tutte le discussioni che caratterizzeranno il Forum sociale mondiale
di Nairobi. Perché è chiaro che senza un riconoscimento, un rafforzamento,
senza in qualche modo che gli Stati nazionali cedano parte della propria
sovranità a delle organizzazioni internazionali, risulta sempre più difficile
affrontare queste gravi problematiche che attraversano trasversalmente il
nostro pianeta.
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E sempre a Nairobi, si è concluso ieri un incontro della
famiglia ignaziana – che riunisce sacerdoti e
religiosi gesuiti, ma anche collaboratori e laici che condividono la spiritualità
di Sant’Ignazio di Loyola –
in preparazione ai lavori del World Social Forum. Al centro del dibattito,
iniziato mercoledì, la ricerca di una strategia comune per raggiungere una
maggiore coesione familiare in tutto il mondo. Ce ne parla Uta
Sievers:
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Come ha osservato uno dei presenti, si è trattato di “un’occasione
per condividere speranze e per ottenere una visione più ampia e veritiera di
quanto avviene in Africa e nel mondo". Suor Ephigenia
Gachiri, proveniente dal Kenya, ha descritto come si
è avvalsa della pedagogia ignaziana per combattere la mutilazione genitale femminile. Si era resa conto che la
pratica era errata e priva di fondamento scientifico; ma che, per contro, nei
riti tradizionali legati al passaggio all’età adulta c’erano molti aspetti
positivi. Ha quindi modificato il rito, eliminando da esso
uno degli elementi rituali. “Non dobbiamo mai dimenticare - ha precisato suor Ephigenia - che trasformare una società non significa distruggere
del tutto la sua cultura e le sue tradizioni”. Parlando dei valori ignaziani, padre Valerian Shirima, giunto dalla Tanzania, ha spiegato che “il nostro
impegno fattivo per la trasformazione del mondo imita l’azione della Trinità. L’incarnazione
è un segno dell’impegno di Dio nei confronti di ciascun essere umano – ha aggiunto
– siamo tutti chiamati, senza esclusione, ad essere famiglia e a prendere parte
al Banchetto di Dio”. Al termine dell'incontro si è avuta l'impressione che i
partecipanti non fossero più un gruppo di estranei, bensì membri di un'unica
famiglia, una famiglia che accetta la diversità come elemento costitutivo del
proprio essere e che procede su questa direttrice.
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FESTA
DELL’UNITALSI OGGI NELL’AULA PAOLO VI IN VATICANO
- Intervista
con Alessandro Pinna -
“Servire oggi”: questo il tema della prima giornata di
Adesione all’UNITALSI di Roma, in programma oggi in Vaticano, nella Aula Paolo
VI. Oltre 5 mila persone tra volontari, disabili e bisognosi di cure hanno
assistito, stamane, alla celebrazione eucaristica.
Nel pomeriggio, alle 16, seguirà una riflessione di mons. Angelo Comastri,
vicario generale del Papa per
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R. – L’impegno che io vorrò dare a tutti i nostri
volontari è quello di portare 365 giorni all’anno il
sorriso alle persone che si trovano in difficoltà.
D. - Al centro della giornata, anche una riflessione sulla
figura della Beata Madre Teresa di Calcutta: cosa rappresenta per l’UNITALSI
questa religiosa?
R. – Ci dà la forza. Come lei ha potuto servire gli
ultimi, i bisognosi, così noi la dobbiamo prendere ad esempio, affinché
riusciamo a portare veramente il Signore attraverso il nostro servizio.
D. – Quanti sono i giovani che aderiscono alle vostre
iniziative?
R. – Molti giovani partecipano ai nostri pellegrinaggi.
Noi, in particolar modo, nella nostra sezione romano-laziale, abbiamo un treno,
il treno dei bambini malati, a Loreto, che facciamo tutti gli anni a giugno. E’
chiamato il treno della gioia. Potrebbe sembrare un controsenso, ma se sentiamo
parlare questi giovani, sentiamo parlare queste mamme, non fanno altro che
ringraziare, perchè i loro figli sono visti senza diversità.
D. – La realtà di Roma è sicuramente molto complessa: tra
i tanti progetti che seguite, qual è quello più rilevante, secondo Lei?
R. – Un progetto che ci sta molto a cuore è il ‘progetto bambini’. Abbiamo a Roma
quattro case di accoglienza, vicino al Policlinico pediatrico Bambin Gesù e due vicino all’Oncologico del
Gemelli, dove ospitiamo gratuitamente le famiglie che devono venire a
Roma per poter curare i propri figli.
D. – Lei si è recato spesso a Lourdes insieme ai malati: c’è
un episodio che ricorda in particolar modo?
R. – Era il mio primo pellegrinaggio. Una signora in
carrozzina, che non riusciva a parlare e parlava attraverso un alfabeto
scritto, mi ha chiesto di accompagnarla alla grotta e mi ha detto: “Io sono qui
per pregare per mia nipote che ha dei problemi”. Quello che mi ha colpito è che
noi andiamo lì e chiediamo, chiediamo, chiediamo. Loro vanno lì e pensano prima
agli altri e poi a loro stessi. Non so quante volte noi riusciamo a fare questi
gesti. Partiamo con la convinzione che andiamo a donare. Tornando a Roma ci
siamo resi conto che i malati hanno donato a noi, ci hanno donato la forza di
vivere, la forza di andare avanti, il loro sorriso, nonostante le loro difficoltà.
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NEI
CINEMA, IN ITALIA, IL FILM DI AL GORE “UNA SCOMODA
VERITA’”
-
Intervista con Al Gore -
Da ieri sugli schermi italiani, dopo
l’inaspettato successo americano, Una scomoda verità, un appassionato
film nel quale Al Gore, ex vice-presidente degli Stati
Uniti, qui in veste di attore e realizzatore, denuncia il pericolo, per il
nostro pianeta e per l’umanità, innescato dal surriscaldamento globale. Il
servizio di Luca Pellegrini.
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(musica)
“Questa
mattina all’alba, l’uragano Katrina si è abbattuto su New Orleans. E’ possibile
che ci si debba preparare ad ulteriori minacce oltre a quella del terrorismo?”
Domanda
di genuina gravità: minaccia da chi? Meglio: da che cosa? E’ possibile che la
meravigliosa creazione, il nostro pianeta Terra, la bellezza della natura, il
perfetto meccanismo biologico che è iscritto nei fenomeni che ci circondano e
ci permettono la sopravvivenza, è possibile che tutto questo possa diventare
una minaccia subdola e devastante? Al Gore, politico americano che mancò la Casa Bianca ed ora
neo-regista impegnato nella causa ecologista, pone un’inquietante citazione di Mark Twain all’inizio del suo
documentario: “A metterci nei guai non è ciò che sappiamo, ma ciò che pensiamo
sia la verità e, invece, non lo è”. Una verità scomoda, dunque: l’intero
sistema climatico è sconvolto, il surriscaldamento globale è una minaccia vera
per l’umanità, l’assenza di scrupoli, di morale e di obiettività, rende i
prossimi decenni estremamente problematici e vulnerabili. Il film è sincero e
rigoroso: Al Gore fa riprendere una sua lezione
eco-scientifica – una delle tante che ha tenuto nei più diversi Paesi del mondo– e, dati alla mano, con grafici, immagini,
dichiarazioni, esempi, traccia un ritratto alquanto doloroso e impietoso sullo
stato di salute del nostro pianeta. Un urgente appello etico suggella l’impegno
del regista: la terra ha ancora molte risorse, spetta all’umanità sentire
l’improrogabile necessità di saperle equamente condividere, rispettando tutto
ciò che nei sei giorni precedenti alla creazione di Adamo è stato poi messo
nelle sue mani. Una dichiarazione dello stesso Al Gore
spiega, infine, ai nostri microfoni, i motivi che lo hanno condotto a
realizzare Una scomoda verità:
R. – I hope this film will help to promote a
conversation …
Spero che questo film aiuti a promuovere un dialogo e
sfidi tutti noi a fare esperienza di ciò che solo poche generazioni nella
storia hanno avuto il privilegio di conoscere. E’ la missione di una
generazione, un proposito morale obbligato, un corso condiviso e unico, forzato
dalle circostanze. Bisogna mettere da parte la meschinità e il conflitto, che è
ciò che ci frena. Questa crisi climatica è una sfida per ogni cittadino di
questo pianeta. Noi dobbiamo unirci, perché ci vuole la cooperazione globale
dei governi, delle varie amministrazioni e della società civile, per
trascendere i nostri limiti e per sollevarci e risolvere questa crisi. Se
questo film vi ispirerà - e spero proprio sarà così – ci sono così tanti passi
che ciascuno di voi può fare per fare la differenza ed essere parte di questa
soluzione.
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Domani, 21 gennaio, terza Domenica del Tempo Ordinario,
«Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi
avete udita con i vostri orecchi».
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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Luca comincia il suo Vangelo parlando del racconto degli
“eventi successi tra di noi”. Ritiene di essere in
grado di ordinare un resoconto all’illustre Teofilo, perché lui si possa
rendere conto della solidità degli insegnamenti che ha ricevuto. Questo insegnamento
è Gesù Cristo. Luca non incomincia solo a parlare di Gesù Cristo, ma lo mette direttamente
in relazione con lo Spirito Santo nella sola forza del quale noi siamo in grado
di dire: “Nostro Signore e Nostro Dio!”. Gesù Cristo è la Parola, quella concreta
Parola che è giunta all’antico Israele per mezzo dei profeti e che si ascoltava
di generazione in generazione. Questa stessa Parola che la gente ascoltava con
le proprie orecchie, ora la vede con i propri occhi. L’orecchio e l’occhio,
l’udire e il vedere, la parola e l’immagine: ascoltando la Parola e portandola
con amore nel cuore, le si diventa simili. E questa è
la nostra vita custodita in Cristo.
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20 gennaio 2007
UN
PIANO DI SVILUPPO NAZIONALE IL CUI CENTRO SIA LA PERSONA UMANA:
È
QUANTO AUSPICANO I VESCOVI DI PANAMÁ, AL TERMINE
DELLA
LORO 178.MA
ASSEMBLEA PLENARIA
- A
cura di Luis Badilla -
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PANAMÁ. = “E’ urgente procedere all’elaborazione di un
Piano di sviluppo nazionale il cui centro sia la persona umana”: è quanto
affermano i vescovi di Panamá, nel documento finale della
loro 178.ma Assemblea
plenaria, conclusasi lo scorso 12 gennaio a Panamá. I presuli esortano
governanti, dirigenti sociali e partiti politici a lavorare per la crescita nazionale
“con una chiara visione del Paese e un’opzione per i poveri, che garantisca le
condizioni di giustizia ed equità che richiede tutta la popolazione panamense,
per la quale è necessario rispettare le intese raggiunte”. Rispetto all’approvazione
del Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, i vescovi di Panama
esortano a tener conto “dell’indicatore morale degli accordi, che dovrebbe
suscitare un effetto positivo sulla vita e sulla dignità delle famiglie e dei
lavoratori poveri e vulnerabili”. Sebbene nel Paese si sia verificata una
crescita economica impressionante – sottolineano i presuli – “continuiamo a
mantenere alcuni livelli di povertà vergognosamente alti, perché non siamo stati
capaci di riuscire ad avere la partecipazione di tutti nella produzione e nella
distribuzione della ricchezza”. Quindi, un riferimento alla V Conferenza
Generale del CELAM, il Consiglio episcopale latinoamericano, in programma a
maggio in Brasile, che servirà, secondo i presuli panamensi, “a rivedere la nostra
identità cattolica e a dare un nuovo impulso alla nostra azione, attraverso una
grande missione per rispondere alle sfide della realtà attuale, dove i nostri
Paesi attendono, con ansia, di realizzare una società giusta, equa, solidale ed
in pace”. I presuli chiedono allora a tutta la comunità panamense di pregare
affinché “nel Santuario di Nostra Signora di Aparecida,
avvenga una nuova Pentecoste, che spinga la Chiesa del continente, con il
fervore dei primi discepoli, all’annuncio del regno di giustizia e di pace”.
Infine, vengono rese note le nomine per il triennio
2007 – 2010: è mons. José Luis
Lacunza Maestrojuán,
vescovo di David, il nuovo presidente della Conferenza episcopale di Panamá,
mentre mons. José Domingo Ulloa
Mendieta, vescovo ausiliare di Panamá, è stato eletto
segretario generale.
**********
I
LAICI DELLA CHIESA INDIANA RISCHIANO DI ESSERE EMARGINATI
DALLA
PASTORALE: LO RIVELA UN’INDAGINE
DELLA
COMMISSIONE EPISCOPALE PER IL LAICATO.
IL
PRESIDENTE DEI VESCOVI INDIANI DI RITO LATINO, MONS.
GRACIAS:
OCCORRE
UNA MAGGIORE COLLABORAZIONE FRA CLERO E LAICI
KOCHI. = Più spazio ai laici nella vita della Chiesa
indiana: è quanto ha chiesto
l’arcivescovo di Mumbai e presidente
della Conferenza episcopale indiana di rito latino, mons. Oswald
Gracias, commentando i risultati di un’indagine
condotta dalla Commissione episcopale per il laicato, che segnala il rischio di
un’emarginazione dei laici dalla pastorale. “La Chiesa dovrebbe pian piano eliminare
l’errata concezione che riduce i laici a ‘gregge passivo’”,
ha affermato mons. Gracias che, durante un incontro
con altri vescovi locali, ha sottolineato la necessità di un laicato più
presente nella leadership dei programmi pastorali, nell’associazionismo, nel
proporre iniziative per animare con i valori cristiani la società e la
politica. “I laici devono ricoprire un
ruolo importante nella comunità ecclesiale, in tutti i campi dell’apostolato –
ha aggiunto – soprattutto nella società, nella politica, nei mass-media,
nell’istruzione”. Il presule ha insistito su una maggiore
collaborazione fra clero e laici nelle diverse realtà ecclesiali,
notando che i laici sono presenti in realtà in cui preti e religiosi non hanno
accesso, e quindi hanno una specifica potenzialità di evangelizzazione che abbraccia
anche la valorizzazione del contributo femminile. Al laicato oggi è affidato
gran parte del lavoro missionario, a partire dalle famiglie, da piccoli gruppi
che mettono al centro della vita la Parola di Dio e l’amore per i poveri. “I
laici - ha concluso l’arcivescovo di Mumbai - sono
chiamati ad essere protagonisti nella Chiesa, per
difendere l’identità cristiana nella società e per svolgere un importante
lavoro di sensibilizzazione ed evangelizzazione, in accordo con la dottrina
sociale della Chiesa”. (T.C.)
PERPLESSITA’ DELLA CHIESA PAKISTANA PER IL PROGETTO
DI RIFORMA
DELLA SCUOLA AL VAGLIO DEL GOVERNO
MUSHARRAF, CHE MANTIENE
LO
STUDIO OBBLIGATORIO DELLA RELIGIONE ISLAMICA
LAHORE. = In Pakistan,
continua a suscitare forti preoccupazioni da parte della Chiesa cattolica il
progetto di riforma dell’insegnamento scolastico attualmente allo studio del
governo Musharraf. Da tempo, le minoranze religiose
pakistane accusano i programmi e i testi scolastici in uso nel Paese di
istigare all’odio settario per i loro contenuti discriminatori verso i credenti
non musulmani. In risposta, il governo ha deciso di
avviare un processo di riforma e lo scorso dicembre ha pubblicato un Libro
Bianco in cui illustra le proposte, chiedendo il parere delle minoranze. Il
progetto è giudicato insufficiente e incoerente dai vescovi e dagli educatori
cattolici, che lamentano di non essere stati consultati durante lo studio della
nuova politica educativa. La questione è stata discussa nei giorni scorsi
durante una conferenza organizzata a Lahore dalla
Commissione episcopale Giustizia e Pace e dalla Conferenza dei Superiori
maggiori del Pakistan. I partecipanti, tra cui vescovi e direttori scolastici
cattolici, hanno segnalato i numerosi pregiudizi contenuti nei libri di testo contro
cristiani, indù ed ebrei. Ma la principale obiezione riguarda lo studio della
religione islamica (Islamiyat), che nel progetto di
riforma resta materia obbligatoria. Secondo i relatori del convegno,
l’insegna-mento della religione dovrebbe essere invece facoltativa. In questo
senso, si era espresso l’estate scorsa il presidente della Conferenza
episcopale pakistana, mons. Lawrence John Saldhana, che in una lettera
aperta al presidente Musharraf aveva proposto di
sostituire l’ora di religione con un’ora di etica. (L.Z.)
CONTRO
LE CRESCENTI VIOLENZE SUI BAMBINI E GLI ADOLESCENTI
IN
AMERICA LATINA E NEI CARAIBI, UNA “DICHIARAZIONE INTERRELIGIOSA”
DELLE
PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI LOCALI
SANTA CRUZ DE LA SIERRA. =
“Considerando che sta diminuendo il rispetto per il diritto alla vita di molti
bambini, bambine e adolescenti dell’America Latina e dei Carabi, sentiamo la
necessità di unire gli sforzi per prevenire, diffondere ed
educare la società latinoamericana e caraibica, per
superare tutte le forme di violenza di cui soffre questa fascia di
popolazione”: è quanto affermano i rappresentanti delle principali
organizzazioni religiose regionali dell’America Latina e dei Carabi nella prima
“Dichiarazione interreligiosa sulla situazione dell’infanzia in America Latina
e nei Caraibi”, che sintetizza le conclusioni della Consulta interreligiosa
latinoamericana e caraibica sull’infanzia, celebrata
a Panama nel giugno scorso, insieme all’Ufficio regionale per le Americhe e i
Carabi del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF/TACRO). Nel
documento, emesso durante la recente sessione di Santa Cruz
de la Sierra, in Bolivia, e citato dall’agenzia ZENIT, i rappresentanti
religiosi riaffermano “il valore indiscutibile di ogni vita umana, soprattutto
quella di bambini, bambine e adolescenti”. La violenza che li minaccia – affermano
– “ha ora un impatto sempre più negativo, perché si infiltra nelle nostre case,
nei centri educativi, nelle strade, e – dobbiamo esserne consapevoli – anche
nelle nostre comunità di fede”. “Per questo – aggiungono i rappresentanti – la
nostra priorità nell’agenda degli impegni comuni sarà quella di vigilare,
distinguere, identificare e denunciare tutte le manifestazioni di violenza
contro questa fascia di popolazione che possano avvenire in spazi collegati
alla nostra vita religiosa e spirituale, nella famiglia, nella scuola e nella
comunità, anche quando provengono da individui, istituzioni, regimi o
credenze”. Un’attenzione particolare è poi rivolta alla “diffusione
dell’HIV/AIDS tra i bambini e gli adolescenti dell’America Latina e dei
Caraibi”, un fenomeno che “deve impegnare le comunità religiose e spirituali a
coinvolgersi in tutti gli sforzi volti a prevenire e combattere la propagazione
di questa pandemia, agendo come comunità sicure in cui i bambini, le bambine e
gli adolescenti possano avvicinarsi e ricevere informazioni e assistenza su
questa malattia”. “A questo scopo – concludono – le comunità religiose e
spirituali dovranno motivare e istruire il personale specializzato per quest’opera”.
(R.M.)
RIDOTTO
DEL 75% IN AFRICA E DEL 60% NEL RESTO DEL MONDO
IL
TASSO DI MORTALITA’ DA MORBILLO. IL DATO, DIFFUSO DALL’OMS
E DAI
PARTNER DELL’“INIZIATIVA CONTRO IL MORBILLO”,
E’
CONSIDERATO “UNA VITTORIA STORICA PER LA SANITÀ MONDIALE”
NEW
YORK.= Dal 1999, il tasso di mortalità da morbillo è sceso del 75% in Africa e
del 60% nel resto del mondo. Lo ha annunciato l’OMS, insieme ai partner
dell’“Iniziativa contro il morbillo”: UNICEF, American Red Cross, United Nation Foundation,
CDC (United States Centers for Disease Control and Prevention), che hanno definito il risultato
“una vittoria storica per la sanità mondiale”. Secondo il Rapporto, i casi
mortali di morbillo, passati da 873 mila nel 1999 a 345 mila nel 2005,
sarebbero il frutto delle ultime campagne di vaccinazione lanciate nei 45 Paesi
più colpiti e di un efficace monitoraggio della malattia. Inoltre, si sono rivelati
necessari gli interventi salva-vita e le cure integrate a favore dei bambini al
di sotto dei cinque anni, che hanno rappresentato la quasi totalità delle 340
mila morti registrate nel 2005. Quasi un terzo delle vittime proviene dal continente
africano, che conta 126 mila decessi, inferiori del 75% rispetto a quelli di 6
anni fa. “La nostra promessa di dimezzare le morti da morbillo e di salvare la
vita a centinaia di migliaia di persone, non solo è stata mantenuta, ma siamo
andati oltre le aspettative", ha dichiarato Margaret
Chan, direttore generale dell’OMS, secondo cui i dati
fanno sperare in un debellamento totale della
malattia. “In teoria – ha affermato Peter Strebel, coautore dello studio per l’OMS – il virus del morbillo
può essere debellato perché l’uomo è l’unico portatore e abbiamo un vaccino
sicuro e efficace”. (A.D.F.)
PRESENTATO
STAMANI A MILANO IL LIBRO “UMANIZZAZIONE, STORIA ED UTOPIA”,
CHE
RACCOGLIE TESTI E INTERVENTI DI FRA PIERLUIGI
MARCHESI,
SUPERIORE
GENERALE DELL'ORDINE FATEBENEFRATELLI, SCOMPARSO NEL 2002
- A
cura di Fabio Brenna -
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MILANO. = “Umanizzare” il rapporto col malato. E’ una sfida
quanto mai attuale quella lanciata 25 anni fa da fra
Pierluigi Marchesi, superiore generale dell'Ordine Fatebenefratelli,
scomparso nel 2002. La nuova antologia “Umanizzazione, storia ed utopia”, presentata
stamani a Milano, durante il convegno “Umanizzazione in Sanità: storia o
utopia”, raccoglie testi e interventi di fra Marchesi
e rilancia la meta dell’umanizzazione della medicina. Il cardinale Fiorenzo Angelini, già presidente del Pontificio Consiglio per la
Pastorale degli Operatori Sanitari, scrive nella prefazione dell’antologia che,
“in anticipo sui tempi, Marchesi aveva compreso che l’umanizzazione della
medicina non attiene soltanto alla prevenzione, alla diagnosi, alla terapia e
alla riabilitazione per il miglior equilibrio psico-fisico della persona, ma
anche a tutto ciò che riguarda la politica, la legislazione, la programmazione
e l’amministrazione sanitaria propria di ciascun Paese, cioè quella che
chiamiamo abitualmente Sanità”. “Non si tratta di un’operazione d’immagine – ha
detto fra Marco Fabello, direttore della rivista Fatebenefratelli – ma dell’impegno di farsi carico della
persona malata e della sua personalità, di accompagnare il malato rimettendolo
al centro del sistema sanitario, spodestando – come denunciava già fra Marchesi
– gli ‘usurpatori’ che mettono al centro se stessi e la loro funzione di
operatori sanitari”. L’impegno va ora concentrato sull’aspetto della
formazione: nei curricula
degli operatori sanitari non sono obbligatori, infatti, insegnamenti che hanno
a che fare con l'umanizzazione della medicina e del sistema sanitario. Nel
corso del convegno milanese è stato presentato, inoltre, il documento
“Umanizzazione della cura”. E' un tentativo di mettere in rete le varie
organizzazioni, associazioni e strutture cattoliche che operano nel settore
sanitario. Uno strumento di conoscenza reciproco, di impegno ad operare per
mettere al centro dell’azione il malato e una dichiarazione d’intenti per
sinergie che consentano di affrontare le sempre più impegnative sfide economiche
e normative del settore.
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20 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Dura condanna delle
autorità turche sull’omicidio del giornalista armeno Hrant
Dink, assassinato ieri a colpi di arma da fuoco ad
Istanbul. Dink, 53 anni, era stato condannato
nell’ottobre 2005 a sei mesi di prigione con la condizionale per insulto
all’identità nazionale turca, per le sue denunce sul genocidio degli armeni
durante la Prima Guerra Mondiale. La polizia ha fermato 8 persone per
l’omicidio ed il primo ministro Erdogan ha definito
l’accaduto un attentato alla pace e alla stabilità del Paese. Anche l’Unione
Europea – attraverso il commissario all'allargamento Olli
Rehn – ha parlato di “brutale atto di violenza” di
“un rispettabile intellettuale che contribuiva ad aprire un dibattito pubblico”
sulla causa armena. Ma la morte di Hrant Dink va davvero collegata al suo impegno per il riconoscimento
del genocidio degli armeni? Giada Aquilino lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera e grande conoscitore delle questioni turche:
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R. - Assolutamente sì, tra l’altro Dink
era uno di quegli intellettuali di punta che sostenevano la necessità di una
discussione sulla morte - tra il ‘15 e il ‘17 in Turchia - di un milione e
mezzo di armeni. Lui era di origine armena ed era il direttore del settimanale Agos, scritto in
due lingue: turco e armeno. Dink era praticamente il
simbolo degli armeni di Turchia - circa 80 mila – e proprio il suo impegno lo
aveva portato molte volte ad essere bersaglio di pesanti minacce da parte degli
ultranazionalisti turchi, che lo consideravano un traditore.
D. – Quindi qual è la pista che si segue?
R. – Proprio questa degli ultranazionalisti e dell’estrema
destra, di quelli che noi conosciamo meglio come Lupi Grigi, pure se appartengono ad un gruppo legato ad uno schieramento
che è stato anche partito di governo, l’MHP. Ora,
secondo i sondaggi, alle elezioni di novembre, proprio l’MHP
- in vista di questa ondata ultranazionalista che sta montando, anche sulla
base della disaffezione nei confronti del cammino intrapreso dalla Turchia per
entrare nell’Unione Europea - potrebbe superare la barriera del 10 per cento e
presentarsi in Parlamento.
D. – Proprio in vista delle presidenziali di maggio e
delle politiche di novembre, l’omicidio di Dink
rischia di inasprire il confronto politico?
R. – Assolutamente sì. Tra l’altro, questo è un anno
delicatissimo per la Turchia perché alle elezioni presidenziali di maggio, il
candidato che può contare su un sostegno talmente vasto in Parlamento da poter
essere quasi sicuro della sua nomina a capo dello Stato è proprio il primo
ministro Erdogan. Ma se Erdogan
dovesse abbandonare il partito per diventare presidente della Repubblica, l’AKP
– guidato proprio dall’attuale premier - rischierebbe a novembre di subire un
tracollo elettorale, perché un partito senza la guida di Erdogan
sarebbe un partito più fragile.
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“La continuità della politica
italiana verso l’adesione della Turchia all’Unione Europea prescinde dai
governi”. Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi,
nell’intervista concessa all’agenzia di stampa turca “Anadolu”
alla vigilia della
sua visita in Turchia. “Ci uniscono – ha detto Prodi - la nostra appartenenza
alla comune dimensione mediterranea, l’esposizione ai rischi dovuti all'instabilità
della regione mediorientale, ma anche una storia secolare intessuta di fecondi
momenti di scambio e reciproca conoscenza”.
In Iraq le truppe irachene, impegnate
a garantire stabilità e sicurezza, continuano ad incontrare grandi ostacoli:
molti soldati curdi stanno disertando, infatti, per evitare di essere inviati a
Baghdad e partecipare ad operazioni di smantellamento delle milizie sciite. Per
la maggioranza dei curdi iracheni, il problema principale è la sicurezza del
Kurdistan. Molti temono, poi, che prendere parte ad operazioni militari nella
capitale possa coinvolgerli in violenze e scontri tra sciiti e sunniti. Il
premier iracheno, Nouri Al Maliki,
ha deciso di inviare a Baghdad truppe curde perché
l’esercito regolare iracheno è composto in maggioranza da sciiti, non giudicati
affidabili nel contrastare le milizie sciite legate all’imam
radicale Moqtada Al Sadr.
In Afghanistan, cinque soldati della NATO
sono morti per l’esplosione di un’autobomba nel sud del Paese. In Italia,
intanto, il governo resta diviso sull’opportunità di prorogare, o meno, la missione nel Paese asiatico. La sinistra radicale
chiede un vertice di maggioranza per ridiscutere la missione e i verdi lanciano
“una proposta pacifista”. Rifondazione comunista sollecita inoltre “una
soluzione unitaria, che segni un’ulteriore discontinuità rispetto al passato”.
Il primo ministro italiano, Romano Prodi, è intenzionato, invece, a chiedere la
fiducia sul decreto per rifinanziare la missione in
Afghanistan.
In Italia, la maggioranza di centrosinistra resta divisa
anche sull’ampliamento della base militare americana a Vicenza. Almeno cento persone hanno
partecipato a Roma al sit-in davanti a alla Camera per dire ‘no’ all’ampliamento. Hanno aderito alla manifestazione parlamentari di Rifondazione Comunista e
dei verdi. Anche il ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, si è detto contrario all’allargamento. Il
presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha invece dichiarato nei giorni scorsi
che il governo non si oppone all’ampliamento della base.
Una nuova fase delle proteste dell’opposizione libanese
guidata da Hezbollah contro il governo del premier Fuad
Siniora è stata annunciata, nella notte, dal leader di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah.
Il capo del movimento sciita ha nuovamente sollecitato, durante un’intervista
televisiva, la formazione di un nuovo esecutivo di “unità” e la “convocazione
di elezioni anticipate. L’opposizione ha lanciato in Libano, dallo scorso primo
dicembre, una campagna di proteste con sit-in e
manifestazioni contro il governo di Fuad Siniora. Secondo analisti locali, l’escalation delle proteste
antigovernative potrebbe avere come obiettivo il rafforzamento del potere
negoziale di Hezbollah in vista di un compromesso con il premier libanese.
Il ciclone Kyrill ha iniziato a
perdere la sua forza ma il bilancio delle vittime è
pesante: i morti sono almeno 40 morti e decine i feriti. In diverse aree del
nord Europa il traffico aereo è tornato alla normalità. Ma restano disagi sulle
strade e nei collegamenti marittimi e ferroviari. Secondo il WWF, l’Europa
rischia di dover pagare fino a 2 miliardi di dollari per danni provocati da
eventi catastrofici come Kyrill.
Nelle Filippine, il governo ha annunciato che il corpo di
un uomo, rimasto ucciso durante scontri avvenuti a settembre tra estremisti e
truppe filippine, è quello di Khaddafy Janjalani, capo del gruppo islamico “Abu
Sayyaf”. Secondo gli inquirenti, la formazione terroristica
filippina è legata ad Al Qaeda. Nei giorni scorsi è stato
inferto un altro duro colpo al gruppo “Abu Sayyaf”: nel sud del Paese soldati governativi hanno
ucciso, lo scorso 16 gennaio, uno dei più importanti leader dell’organizzazione
terroristica, Abu Sulaiman.
La Cina non ha ancora ufficialmente
commentato la notizia di un suo recente test missilistico. Il portavoce del
ministero degli Esteri cinese si è limitato a dire che la
Cina “non rappresenta una minaccia” ma diversi Stati hanno già espresso
i loro timori. Il nostro servizio:
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Gli Stati Uniti e altri Paesi hanno espresso
preoccupazione dopo che la Cina ha effettuato con
successo un test missilistico, distruggendo un proprio satellite in orbita
attorno alla Terra. “Gli Stati Uniti ritengono che lo sviluppo e il test di una
simile arma non si accordi con lo spirito di cooperazione cui aspirano i due
Paesi nell’area civile dello spazio”, ha dichiarato il portavoce del Consiglio
nazionale di Sicurezza americano. Proteste ed espressioni di preoccupazione
sono giunte anche da Australia, Canada e soprattutto dal Giappone. Si temono,
infatti, nuove e pericolose fratture nelle relazioni, già difficili, tra i
governi di Pechino e Tokyo. Il rischio di nuove laceranti contrapposizioni è
reale: i Paesi che possiedono
armi spaziali, tra cui gli Stati Uniti, possono aspirare ad una posizione di
netta supremazia. Le armi spaziali possono essere utilizzate, infatti, per
privare un eventuale nemico dei suoi satelliti per l’osservazione, la
navigazione e le previsioni meteorologiche. In passato, solo gli
Stati Uniti e l’allora Unione Sovietica hanno condotto test per la distruzione
di satelliti. Erano gli anni ‘80 e dopo oltre 20 anni, quei timori
tornano adesso a destare nuove preoccupazioni. Il test cinese, non ancora
confermato ufficialmente da Pechino, potrebbe dar luogo, infatti, ad una inquietante corsa agli armamenti nello spazio.
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Nuovi casi di influenza aviaria in Asia e in Africa: in
Indonesia una donna è morta a causa del virus H5N1 dopo essere venuta a
contatto con pollame infetto. L’influenza aviaria ha causato, poi, un’altra
vittima in Egitto. Anche in questo caso si tratta di una donna. Ma l’allarme
resta alto soprattutto nei Paesi asiatici: in Corea del Sud sono stati
abbattuti 386 mila polli infetti e in Giappone è stato scoperto un nuovo
focolaio in una provincia sudorientale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS), il virus H5N1 ha contagiato in totale, dal dicembre del 2003, 258
persone provocando almeno 150 morti.
In Somalia, una colonna di carri armati è stata attaccata
da un commando armato a sud di Mogadiscio. Lo hanno riferito testimoni locali
precisando che sono rimaste uccise almeno 4 persone. La Commissione Pace e
Sicurezza dell’Unione Africana ha annunciato, intanto, il prossimo invio di
7600 militari nel Paese africano per stabilizzare la situazione. Al momento,
però, solo l’Uganda si è detta pronta a fornire truppe per la missione di pace
in Somalia.
Rafforzare la democrazia e promuovere lo sviluppo. Sono le
priorità emerse dal vertice del MERCOSUR, il Mercato comune dell’America
meridionale conclusosi ieri a Rio de Janeiro. Il servizio di Maurizio Salvi:
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Pur senza realizzare visibili passi in avanti nel
consolidamento del blocco, il 33.mo vertice di Rio si
è concluso lasciando gli analisti convinti che l’integrazione sudamericana, semmai
sarà una realtà, può avvenire solo attraverso le strutture di un MERCOSUR
riformato. Per questo il ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorin, ha invitato a non fermarsi alle apparenze e a
considerare le discussioni e le polemiche fra i Paesi membri associati e osservatori
dell’organizzazione, come avviene in una famiglia che è impegnata a rafforzarsi
e a crescere. Una polemica è sorta, in effetti, ieri fra i presidenti di Bolivia e
Colombia, Evo Morales e Alvaro Uribe.
Il documento finale ha riaffermato l’impegno del MERCOSUR per il consolidamento
della democrazia nella regione per lo sviluppo ed il benessere di
tutti i suoi cittadini. La riduzione delle asimmetrie economiche e sociali – si
dice ancora – è l’obiettivo centrale del processo di integrazione che deve soprattutto
essere per la gente. A dimostrazione inoltre che non esiste un particolare
problema Chavez, la presidente del Cile, Michelle Bachelet, ha annunciato
che intende realizzare in aprile un viaggio in Venezuela per rafforzare le relazioni
tra i due Paesi.
Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio
Vaticana.
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