RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 17 - Testo della trasmissione di mercoledì 17 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Pubblicato
il documento finale del II Incontro internazionale di pastorale della strada
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Il
cardinale Andrés Rodríguez Maradiaga, ieri a Urbino, ha ricevuto la laurea ad honorem
La
Chiesa cattolica nel sud Sudan dispone della prima emittente: si chiama Radio Bakhita
In Iraq, almeno 7 morti per un attacco dei ribelli
a Kirkuk. Secondo l’arcivescovo Louis
Sako il Paese si sta sbriciolando e i cristiani
rischiano la ghettizzazione
17 gennaio 2007
ALL’UDIENZA
GENERALE, VIGILIA DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA
PER L’UNITA’ DEI CRISTIANI, BENEDETTO XVI HA
PREGATO
PERCHE’
SIANO COMPIUTI PASSI SIGNIFICATIVI VERSO LA COMUNIONE
PIENA E PERFETTA FRA TUTTI I DISCEPOLI DI
CRISTO.
RINNOVATO
AUSPICIO DEL PAPA PER LA COLLABORAZIONE
TRA CRISTIANI
ED EBREI PER LA PACE NEL MONDO
Il raggiungimento della piena comunione fra i cristiani
delle varie confessioni, il consolidamento della fiducia reciproca e della
collaborazione tra ebrei e cristiani per la pace nel mondo. Sono i due grandi
temi affrontati poco fa da Benedetto XVI all’udienza generale in Aula Paolo VI,
davanti a circa seimila persone di molte parti del mondo. Il
Papa ha parlato della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, in
programma da domani al 25 gennaio, giorno in cui sarà conclusa solennemente dal
Pontefice con la celebrazione ecumenica dei Vespri nella Basilica di San Paolo
fuori le Mura. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Il cammino è lungo e non facile, tuttavia il desiderio di
chi intende percorrerlo è genuino e soprattutto è potente l’aiuto sul quale
contare, quello di Dio. E’ il pensiero di fondo con il quale Benedetto XVI
guarda all’obiettivo della piena comunione fra i cristiani, invitando i fedeli
a condividere le speciali preghiere che, ad ogni inizio di anno, vengono dedicate a questo aspetto dalle iniziative
ecumeniche della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, definita dal
Papa “un tempo forte di impegno”. E preghiere, Benedetto XVI le ha chieste
anche per il rapporto tra ebrei e cristiani, la cui fiducia crescente può
contribuire in modo incisivo alla pace nel mondo.
(canto)
Auspicando che si compiano “significativi passi sulla via
della comunione piena e perfetta fra tutti i discepoli di Cristo”, “ho potuto
avvertire - ha affermato il Pontefice - quanto sia sentito il desiderio
dell’unità negli incontri che ho avuto con i vari rappresentanti di Chiese e
comunità ecclesiali lungo questi anni e, in modo molto commovente, nella
recente visita al Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, ad
Istanbul in Turchia”. E promettendo di tornare su queste esperienze mercoledì
prossimo, Benedetto XVI ha osservato:
“Il cammino
dell’unità resta certamente lungo e non facile. Occorre, tuttavia, non
scoraggiarsi e continuare a percorrerlo contando in primo luogo sul sicuro
sostegno di Colui che prima di partire per il cielo ha promesso ai suoi: ‘Ecco, io sono con voi, tutti i giorni, fino alla fine del mondo’. L’unità è dono di Dio e frutto dell’azione del suo
Spirito e per questo è importante pregare. Più ci avviciniamo a Cristo,
convertendoci al suo amore, più ci avviciniamo anche gli uni agli altri”.
E qui, il Papa ha aperto una parentesi. In Italia, come in
altri Paesi, ha detto, il 17 gennaio è tradizionalmente anche la Giornata di
riflessione ebraico-cristiana. Lo scopo, ha ricordato,
è quello di promuovere fra le due religioni “stima” e incrementare “il rapporto
di reciproca amicizia”. Mete, ha soggiunto, che chiedono anche in questo caso
attenzione e preghiera:
“L’amicizia ebraico-cristiana per crescere ed essere fruttuosa deve
fondarsi sulla preghiera. Invito pertanto tutti a rivolgere quest’oggi
un’insistente invocazione al Signore, perché ebrei e cristiani si rispettino,
si stimino e collaborino insieme per la giustizia e la pace nel mondo”.
La preghiera per l’unità dei cristiani “non può tuttavia
limitarsi a una giornata l’anno”, ha ripreso Benedetto XVI, che ha spiegato
alla folla in Aula Paolo VI il senso del titolo che caratterizza la Settimana
2007: “Fa sentire i sordi, fa parlare i muti”. Ogni cristiano, spiritualmente
sordo e muto a causa del peccato originale, con il Battesimo – ha sottolineato
Benedetto XVI – riceve il dono dell’Effatà, diventa cioè capace di ascoltare la Parola di Dio e
di proclamarla ai fratelli:
“Questo tema, mettendo
il luce due aspetti della missione di ogni comunità
cristiana, l’annuncio del Vangelo e la testimonianza della carità, sottolinea
anche quanto sia importante tradurre il messaggio di Cristo in concrete
iniziative di solidarietà. Ciò favorisce il cammino dell’unità, perché si può
dire che ogni sollievo, pur piccolo, che i cristiani recano insieme alla
sofferenza del prossimo, contribuisce a rendere più visibile anche la loro comunione
e la loro fedeltà al comando del Signore”.
Al termine delle catechesi nelle altre lingue, Benedetto
XVI ha rivolto saluti particolari ai vescovi della Campania, che in questi
giorni sono in visita ad Limina, ai rappresentanti delle Polizie
locali e ai funzionari del Cerimoniale del Corpo diplomatico della Repubblica
italiana, ai quali il Papa ha voluto manifestare la propria gratitudine per la
collaborazione prestata sin dall’inizio del suo Pontificato, sia - ancora una
volta - per l’impegno “solerte” profuso nei giorni delle esequie di Giovanni
Paolo II.
Uscendo dall’Aula Paolo VI, durante un breve incontro, è
stata presentata a Benedetto XVI la nuova Enciclopedia Filosofica Bompiani. Promossa dal Centro di Studi Filosofici di Gallarate, di ispirazione cristiana, la rinnovata
Enciclopedia filosofica della Bompiani è un’opera in
12 volumi e 11 mila lemmi che verrà presentata oggi
pomeriggio, alle 16.30, nell’Aula Magna dell’Università Gregoriana.
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IL PAPA RICEVE IL PREMIER
CROATO SANADER
Al
termine dell’udienza generale il Santo Padre ha ricevuto Ivo Sanader, primo ministro della Repubblica di Croazia, con la
consorte e seguito.
“SULLA STRADA DELLA MOBILITÀ SOSTENIBILE”:
PUBBLICATO IL DOCUMENTO FINALE
DEL II
INCONTRO INTERNAZIONALE DI PASTORALE DELLA STRADA,
PROMOSSO
DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA
PASTORALE
PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI, A DICEMBRE
“Sulla strada della mobilità sostenibile” è il titolo del
documento finale del II Incontro Internazionale di Pastorale della Strada,
promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti
i primi giorni di dicembre. Nel suo messaggio in occasione dell’inizio dell’incontro il Papa aveva espresso apprezzamento per l’iniziativa volta ad approfondire e stimolare
l’azione pastorale nei confronti di quanti operano o si trovano a vivere sulle
strade. Il servizio di Fausta Speranza:
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Per difendere la vita bisogna osservare le regole del
traffico, l’infrazione delle quali conduce “a gravi perdite di vite umane”: è
la prima considerazione del cardinale Renato Raffaele
Martino, presidente del Pontificio Consiglio. L’arcivescovo Agostino Marchetto,
segretario del Dicastero, collega l’apostolato della strada al segno dei tempi
che è la mobilità umana, sottolineando i due grandi aspetti del fenomeno:
migrazione ed itineranza. Dal documento emergono “le
necessità pastorali del mondo della strada”. Cioè come fare una pastorale sulle
strade, nelle piazzole di sosta, nelle stazioni di servizio, negli autogrill.
Parliamo di chi vive e lavora nell’ambiente stradale: camionisti,
automobilisti, persone che per lavorare devono sopportare lunghi tragitti. Ma
anche di chi la strada la subisce: minori, uomini e donne sfruttati, clochard.
Per costoro la pastorale deve essere intesa “come lo sguardo del buon
samaritano” e tradursi “in presenza di accoglienza e
di servizio”. La strada – si legge nel documento – diventa “cifra della vita e
definisce un modo di essere uomo e donna in una società proiettata nella velocità
e nel cambiamento, nella competizione e nel consumo, relegando
nell’indifferenza o nella deriva chi non corre, chi non compete e non consuma,
chi è sfruttato o abita la strada”. A questo proposito emergono raccomandazioni
a favore dei professionisti del trasporto stradale e degli abitanti della
strada, sulla scia della considerazione del cardinale Martino. L’obiettivo è
“approfondire l’attenzione pastorale per una mobilità sicura, sostenibile, che
rispetti la vita, l’uomo, la sua dignità, i suoi diritti e il suo destino”. Il
tutto considerando anche che “la situazione dei ragazzi e delle donne di
strada, e dei senzatetto, è di assoluta vulnerabilità e rispondere al loro
inespresso bisogno di salvezza e di insicurezza, andando loro incontro dove
sono, nella strada, e non solo aspettandoli nei centri di ascolto”.
Ci sono esperienze fatte che vengono
presentate. Ad esempio, un camion-cappella per celebrare la Messa nelle aree di
servizio stradale, come è in uso in Brasile e come è stato illustrato dal padre
Mariam Litewka CM. Un
telefono amico per camionisti, con il quale il lavoratore può mettersi in
contatto con un sacerdote o un altro operatore pastorale, è l’esperienza
riportata da mons. Wolfgang Miele, direttore
nazionale per le migrazioni della Conferenza episcopale tedesca e relativa al
sud della Germania. Mons.
Miele ha sottolineato “la solitudine che soffrono nel loro lavoro, percorrendo
lunghi tratti di strada da soli, per giorni e addirittura settimane. C’è poi
chi ha pensato che anche le ferrovie sono strade. Mons.
Oliviero Pelliccioni, cappellano della Stazione
Termini di Roma, porta l’esperienza nata come pastorale aziendale. Rivolta ai
ferrovieri, l’iniziativa intende “accompagnarli nella loro
particolare attività lavorativa, più con la presenza e la compagnia che
con i discorsi”. E’ l’esperienza, dunque, del cappellano della Stazione Termini
di Roma che avvicina i ferrovieri “come un amico e un fratello”. In particolare
per quanto riguarda l’impegno a favore delle persone senza fissa dimora e dei
ragazzi di strada, c’è l’operato della Comunità di Sant’Egidio, rappresentato
dalla dott.sa Francesca Zuccari. Il suo spazio di
azione è non soltanto in Italia e in Europa, ma anche in Africa, America Latina
e Asia. C’è poi la “decennale esperienza di pastorale a favore delle donne e dei minori vittime di traffico e di sfruttamento sulle strade”
portata avanti da congregazioni religiose femminili. E in Australia c’è la ricca esperienza di
recupero dei ragazzi di strada in Australia testimoniata da padre Christopher Riley, Salesiano, che
raccomanda coraggio e perseveranza, senza arrendersi mai, nell’intraprendere
questo impegno pastorale.
In conclusione, si legge nel documento che “la Chiesa
segue il cammino dell’uomo con interesse, con sollecitudine, secondo la volontà
di Dio in Cristo”. “Dove c’è l’uomo, con le sue gioie e i suoi dolori, lì c’è
la Chiesa, con la sua presenza pastorale, viene
ricordato aggiungendo che “l’attenzione ecclesiale verso la mobilità non si
esaurisce però in una presenza generica, ma si manifesta nel proclamare il
Vangelo, attraverso la testimonianza, la parola, l’azione pastorale in quei
luoghi e ambienti dove gli uomini e le donne contemporanei conducono forme
specifiche di vita, generate attraverso l’assunzione di responsabilità di
lavoro o nel tentativo di sopravvivere.
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AL VIA OGGI IN VATICANO
PER L’AMERICA LATINA SUL TEMA
DELLA FAMIGLIA E DELL’EDUCAZIONE CRISTIANA
- A cura di Luis
A. Badilla Morales -
Si sono aperti oggi, nella Sala
Bologna, in Vaticano, i lavori della Plenaria della Pontificia Commissione per
l’America Latina. I membri e i consultori della Commissione, sotto la presidenza
del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi
e presidente dell’organismo, rifletteranno fino al 20 gennaio su una tematica
di grande importanza oggi nella regione: “La famiglia e l’educazione cristiana
in America Latina”. Subito dopo la relazione del vice-presidente, mons. Luis Robles Díaz,
dedicata alle ultime attività della Commissione, mons. José Luis
Lacunza, nel suo intervento, ha offerto ai partecipanti un panorama
approfondito dell’attuale situazione della famiglia cristiana in America
Latina. Nella sessione del pomeriggio, il presidente del Pontificio Consiglio
per
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca
dell'udienza generale.
Servizio estero - In evidenza l'Iraq: strage di studenti
all'Università di Baghdad.
Servizio culturale - Un
articolo di Giuseppe Costa dal titolo "Gli inizi del terzo millennio riletti
attraverso l'occhio dei fotografi": politica, scienza, economia,
religione, ambiente: raccolti in un volume i migliori scatti dei reporter della
Reuters.
Servizio italiano - Sempre in primo piano la
tragedia avvenuta nello Stretto di Messina.
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17 gennaio 2007
SI
CELEBRA OGGI
-
Interviste con mons. Vincenzo Paglia e il rabbino Roberto Della Rocca -
In occasione dell’odierna Giornata di riflessione ebraico-cristiana il rabbino capo di Israele, Yona Metzger, durante un incontro
organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, ha rinnovato a Benedetto XVI
l'invito a visitare la Terra Santa. Invito che il Papa ha accettato – ha detto
il cardinale Walter Kasper, presente all’evento in
qualità di presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo – ma la cui attuazione dipende dalla situazione sul
terreno. Da parte sua, il rabbino Metzger ha definito
i rapporti tra cristiani ed ebrei ottimi: “Non c'è mai stato nella storia – ha
sottolineato - un momento così buono e significativo”. Tuttavia, non ha esitato
a manifestare preoccupazione per il crescente antisemitismo in Europa. La
Giornata si svolge anche quest’anno sui temi del Decalogo. Al microfono di
Stefano Leszczynski ascoltiamo in proposito mons. Vincenzo Paglia, vescovo di
Terni, Narni e Amelia, e presidente della Commissione
episcopale della CEI per l’ecumenismo e il dialogo:
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R. – Come è noto, è ormai da qualche anno che si celebra
D. – Questa Giornata assume anche un carattere simbolico
molto forte, svolgendosi subito a ridosso della Settimana di preghiera per
l’unità dei cristiani. Come mai questo collegamento?
R. – Il collegamento è stato studiato appositamente.
Infatti, prima di iniziare la riflessione sull’unità dei cristiani, si è voluto
mettere un fortissimo legame con l’ebraismo ad indicare la radice del
cristianesimo.
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Ma a che punto è il dialogo tra ebrei e cattolici? Fabio
Colagrande lo ha chiesto al rabbino Roberto Della Rocca, direttore del
Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle comunità ebraiche italiane:
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R. – Il dialogo ebraico-cristiano
ha fatto dei grandi passi avanti. Noi ebrei siamo una cultura di minoranza che
lotta finché ci siano sempre culture di minoranza. Il dialogo è produttivo e
proficuo fintantoché ognuno rispetterà l’altro per quello che è e per quello
che dice e non per quello che noi vogliamo che l’altro sia o quello che l’altro
dica. Il dialogo ha fatto dei passi avanti; non bisogna
essere frettolosi, perché le cose da dirci sono tante; bisognerà dirsele
gradualmente, francamente, ma non bisogna aver fretta, perché il tempo farà la
sua parte ...
D. – Il dialogo tra ebrei e cristiani può essere uno
strumento anche per combattere l’antisemitismo, che sembra ancora presente
nella cultura?
R. – L’antisemitismo è la cattiva erba che purtroppo non
muore mai, e su questo dobbiamo lavorare su due fronti: quello del pregiudizio,
e su questo il dialogo può aiutare moltissimo; ma l’altro aspetto, che
soprattutto le vicende storiche del XX secolo ci insegnano, è il muro
dell’indifferenza, perché purtroppo spesso alcune idee totalitarie, razziste
trovano terreno fertile laddove c’è indifferenza, c’è egoismo ... per cui, come dice una massima rabbinica, “ogni uomo non è
giudicato tanto per ciò che ha fatto, per ciò che fa, quanto per ciò che non fa
e che potrebbe fare”. Quindi, ognuno deve fare quello che può, ognuno deve fare
la sua parte, perché purtroppo i pregiudizi sono ancora molti e quindi chi può
deve adoperarsi per sconfiggerli e creare un nuovo clima di rispetto per il
prossimo, anche se il prossimo non la pensa come lui!
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È LA
FRANCIA IL PAESE EUROPEO CON IL TASSO DI NATALITÀ PIÙ
ELEVATO
E DOVE
IN MEDIA UNA DONNA È MADRE DI DUE BAMBINI.
POCHE
INVECE LE NASCITE IN SPAGNA E IN ITALIA
-
Interviste con France Prioux,
Riccardo Cascioli e Paola
Soave -
La Francia campione europeo della natalità nel 2006: con
una media di due figli per ciascuna donna, supera ormai l’Irlanda e distanzia
ulteriormente Italia e Spagna, che raggiungono un tasso di natalità inferiore
ad 1,4 figli per donna. Come si spiegano questi risultati francesi? Risponde France Prioux, demografa
dell’Istituto nazionale di studi demografici di Parigi, intervistata da Béthsabée Salem, della nostra redazione francese:
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R. -
Sur le plan européen, on a constaté que les pays dont la fécondité était la ...
A livello europeo, si è potuto constatare che i Paesi in
cui la natalità è più alta sono quei Paesi in cui non vi è per le madri
incompatibilità tra la maternità e il lavoro. La politica familiare francese ha
fatto una svolta molto importante negli anni Ottanta: ci sono degli aiuti
finanziari per far accudire i bambini. Nel momento in
cui non si trova posto negli asili-nido o qualora non si
fosse interessati a questo sistema per far accudire i bambini, ci si può
rivolgere ad un’assistente materna, una donna che, a casa propria può accudire
due o tre o a volte anche quattro bambini. Si lascia il bambino al mattino e si torna a riprenderlo la sera; si ha il diritto
ad un contributo mensile per affrontare questa spesa, e allo stesso tempo si ha
diritto anche ad una riduzione fiscale in proporzione al costo dell’assistenza
materna.
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Se
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R. – Da una parte, alcuni Paesi hanno adottato negli
ultimi anni delle politiche nataliste, soprattutto i
Paesi scandinavi, ma anche la Francia, e questo rappresenta
certamente un fatto. Dall’altra parte, si assiste però anche ad un ritardo
nell’età media della prima maternità e questo può voler dire che c’è una concentrazione:
le donne che non rimanevano incinte negli anni passati, cominciano ad esserlo
ora, ritardando la maternità. Questo fattore, unito al fatto che la popolazione
femminile, tra i 20 e i 40 anni, quindi in età fertile, sta diminuendo in
termini assoluti, può anche voler dire che questo aumento della fertilità può
essere transitorio. Sarà, quindi, importante vedere poi la tendenza dei
prossimi anni.
D. – Perché nei Paesi dell’Est, c’è un basso tasso di
fertilità?
R. – Nei Paesi dell’Est, c’è stato un crollo della
fertilità, dovuto soprattutto alla crisi succeduta alla caduta del comunismo.
Ci sono un insieme di fattori, sicuramente economici perché le economie
dell’Est Europa hanno attraversato un decennio di gravissima difficoltà, ma
anche l’incertezza del futuro e questo rappresenta un aspetto molto importante.
Sicuramente i governi non si sono molti occupati della questione.
D. – Cosa incide sulla diminuzione della fertilità nei
Paesi più cattolici?
R. – I Paesi cattolici e quindi Italia, Spagna,
Portogallo, ma vediamo lo stesso fenomeno un po’ ritardato anche in Irlanda e
in Polonia, hanno avuto per lungo tempo tassi di fertilità superiori alla media
europea, soprattutto fino alla metà degli anni Settanta. C’è stato poi questo
crollo, improvviso, che ha portato a tassi di fertilità
bassissimi, molto più bassi della media europea. Questo si deve ad alcuni
fattori che riguardano essenzialmente, da una parte, l’avanzata rapida della
secolarizzazione, quindi la diminuzione della pratica religiosa, ma soprattutto
lo scollamento tra quello che è l’insegnamento morale della Chiesa e l’aderenza
dei cattolici a questo insegnamento. Quindi la contraccezione, il divorzio,
l’aborto, rappresentano un primo fattore di questa tendenza. L’altra questione
riguarda invece il fatto che la Chiesa cattolica, le istituzioni cattoliche
garantivano una rete importantissima di servizi alla famiglia e all’infanzia
che è venuta meno con il venir meno delle vocazioni, soprattutto quelle
religiose femminili. Ricordiamo che fino alla metà degli anni Sessanta, oltre
il 70 per cento degli asili nido e delle scuole materne in Italia erano gestite
da suore. Venendo meno in larga parte questa rete, si è creato ovviamente un
ulteriore problema per le famiglie. Oltretutto nei Paesi cattolici le famiglie
avevano costituito una rete importante, che riempiva anche il vuoto dello Stato.
Venendo meno anche i valori legati alla famiglia, si è creato un vuoto anche a
livello pubblico che ha sicuramente inciso molto negativamente sulla fertilità.
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L’Italia dunque è tra i Paesi con il più basso
numero di nuovi nati. Ma come spiegare questo dato?
Tiziana Campisi lo ha chiesto a Paola Soave,
vicepresidente del Forum delle associazioni familiari:
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R. – Il primo fattore è che oggi la donna identifica la
sua realizzazione, molto spesso, con una buona posizione lavorativa se non
addirittura con la carriera. D’altro canto, è anche vero che, molto spesso, in
una famiglia è necessario che tutti e due i futuri genitori lavorino, perché
altrimenti non ci sono entrate sufficienti. L’aspetto più socio-politico è
legato oggi alle condizioni appunto di lavoro, sempre abbastanza precario, alla
difficoltà di trovare una casa, e ancora ai presupposti necessari per metter su
famiglia, quindi il condividere con un partner, l’assumersi la responsabilità
di mettere al mondo dei figli. In pratica, in Italia, le difficoltà stanno in
un certo tipo di cultura che vuole allontanare le responsabilità.
D. – Il basso tasso di natalità dunque in Italia è legato
ad una serie di difficoltà oggettive, ma lei accenna anche ad una crisi di
valori ...
R. – Diciamo che oggi c’è un diverso immaginario della
propria realizzazione. In questo la donna è spinta da una società che non
identifica più nelle responsabilità, e soprattutto nelle responsabilità
familiari, un modello particolarmente positivo, tant’è vero che oggi
l’emergenza del Paese non sembra quella di dire: ‘Sosteniamo
i giovani che vogliono sposarsi e che vogliono creare una famiglia’,
ma: ‘Equipariamo le coppie di fatto alla famiglia”, il che vanifica la scelta
di responsabilità nel metter su famiglia. Tutto sommato, in ciò, emerge una
società tesa più che ad investire sul futuro, anche facendo dei sacrifici, a
consumare il presente.
D. – Secondo lei, in che modo è possibile superare questa
situazione “di stallo”, in Italia?
R. – Ci vorrebbe una grande azione di tipo culturale, un
riproporre, anche attraverso i media, rendendo
visibile il positivo dell’essere famiglia e dell’essere madri e padri, tutta
questa maggioranza silenziosa che sono le famiglie assolutamente normali, con
figli, che fanno sacrifici per i loro figli, che investono sul futuro. Ma sono
necessarie anche delle politiche che permettano di
fare delle scelte familiari, delle politiche di sostegno e di promozione,
politiche della casa, che aiutino le giovani coppie, politiche fiscali che
riconoscano il carico dei figli, politiche dei servizi, politiche che facciano
del lavoro non l’idolo che, in fin dei conti, schiaccia la famiglia, ma la
risorsa che permette di fare famiglia.
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IL COORDINAMENTO DELLA TERRA SANTA HA CHIESTO AL
VICE PRIMO MINISTRO
ISRAELIANO SHIMON PERES UN MAGGIORE IMPEGNO DEL GOVERNO PER GARANTIRE
LO SVILUPPO
ECONOMICO. MONS. GIACINTO BOULOS MARCUZZO LANCIA UN APPELLO: NON LASCIATE SOLI
I CRISTIANI DEL MEDIO ORIENTE,
VENITE A VISITARE I LUOGHI SANTI
Una delegazione dei vescovi del Coordinamento della Terra
Santa, che comprende vescovi europei e statunitensi, ha incontrato stamani a
Gerusalemme il vice primo ministro israeliano Shimon Peres. I presuli hanno chiesto al governo “gesti coraggiosi
per rompere il ciclo di paura che è alla radice dei problemi” in Terra Santa,
hanno evidenziato la necessità di uno sviluppo economico che garantisca
un futuro alle famiglie ed hanno espresso preoccupazione per l’attuazione
dell’Accordo Fondamentale fra Santa Sede e Israele. Peres,
dal canto suo, ha affermato che il governo si sta interessando allo sviluppo
del Paese e che l’Accordo Santa Sede-Israele è un
impegno dell’esecutivo. Ma quali problemi toccano oggi in particolare le
comunità cristiane della Terra Santa? Tiziana Campisi
lo ha chiesto a mons. Giacinto Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare del patriarcato latino di Gerusalemme.
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R. – Il pericolo che ci minaccia è quello di sentirci
isolati. Invece, quando si vedono pellegrini o gruppi - come i vescovi del
Coordinamento della Terra Santa - che vengono regolarmente, allora ci si
convince sempre di più che, veramente, i cristiani in Terra Santa non sono
isolati, non sono dimenticati, ma sono nel cuore del pensiero, della preghiera
e dell’amore dei cristiani della Chiesa universale.
D. – Questi vescovi, in questi giorni in visita in Terra
Santa, quale testimonianza offrono alla gente che vive qui?
R. – Una testimonianza di comunione ecclesiale, una
testimonianza che la fede, di cui hanno ricevuto il dono dal Signore,
storicamente e biblicamente proviene da qui. Questi vescovi, quando vengono in
visita in Terra Santa, nel loro programma hanno sempre un incontro con i
responsabili del governo dello Stato, sia palestinesi che israeliani. E’ molto
importante che i responsabili, qui, sentano che la Chiesa, anche se è una
minoranza, è una parte di un grande gruppo e di una grande famiglia - che nella
comunione ecclesiale è diffusa nel mondo intero - e che questa Chiesa
universale sente e tiene a cuore il cammino della Chiesa madre di Gerusalemme.
D. – Quali problemi è più urgente risolvere in questo
momento?
R. – Il problema primario è quello dei pellegrinaggi. Non
abbiate paura di venire pellegrini in Terra Santa. Altre problematiche
riguardano la costruzione di scuole, come aiutare la nostra comunità - le
nostre famiglie cristiane - a costruirsi una casa, per evitare il fenomeno
dell’emigrazione.
D. – Di fronte alle problematiche sociali, la gente del
luogo come reagisce?
R. – Il più grande problema sociale da noi è quello della
giustizia e della pace. Se c’è pace ci sono altri benefici sociali per tutti.
Se non c’è pace, se c’è violenza, terrorismo, guerra e così via, i problemi
sociali non solo non sono risolti, ma si moltiplicano sempre più. Per noi,
dunque, il più grande impegno è proprio quello della pace e della diffusione di
una informazione valida, seria e realistica della realtà,
per creare un’opinione pubblica in favore della giustizia e della pace.
D. – Secondo lei, quanto ancora c’è da fare in tal senso?
R. – C’è molto da fare. Purtroppo dobbiamo essere
realisti. Non siamo vicini alla pace, anche se crediamo alla pace. Questo,
però, non ci deve scoraggiare, perchè dobbiamo lavorare con la speranza che
almeno nella prossima generazione si possa avere la vera pace. Si tratta di
avere fiducia nell’altro, di avere fiducia nella pace. Quando c’è questo clima
di fiducia ci si potrà incontrare, si potrà negoziare, si potrà dialogare, si
potranno risolvere i problemi.
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17 gennaio 2007
APERTO
IERI A DAR-ES-SALAAM, IN TANZANIA, IL CONGRESSO
PANFRICANO
SUL
TEMA “L’EVANGELIZZAZIONE IN AFRICA: RETROSPETTIVA E
PROSPETTIVE”,
PROMOSSO
DAL SECAM, CON LA PARTECIPAZIONE DI 300 VESCOVI DEL CONTINENTE
- A
cura di padre Joseph Ballong
-
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DAR-ES-SALAAM. = La prima giornata dei lavori si è
conclusa con una solenne Messa celebrata in serata
nella cattedrale di San Giuseppe di Dar-es-Salaam.
Presieduta dal prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli,
cardinale Ivan Dias, l’Eucaristia è stata concelebrata da 60 vescovi e arcivescovi e 54 sacerdoti.
Durante la sua omelia, il cardinale Dias ha
innanzitutto espresso la gioia di ritrovarsi nella terra natale del primo
cardinale africano, Laurent Rugambwa,
patria anche del grande leader politico, Julius Nyerere, primo presidente del Paese e fervido cristiano, il
cui processo di beatificazione è già in corso. Riferendosi al progresso
straordinario della Chiesa in Africa negli ultimi 100 anni, il cardinale Dias ha sottolineato che la crescita dei fedeli, delle vocazioni
sacerdotali e della vita religiosa, il fervore dei cristiani e le numerose
opere nel campo dell’educazione, della sanità e della promozione sociale, sono
il segno della sua vitalità, che prefigura anche un buon futuro per
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DA
OGGI A NAIROBI, IN KENYA, TRE GIORNATE DI STUDIO DELLA
FAMIGLIA IGNAZIANA PER OFFRIRE UN CONTRIBUTO ORIGINALE DI RIFLESSIONE IN VISTA
DEL
WORLD SOCIAL FORUM, CHE SI APRIRA’ IL 20 GENNAIO ALL’INSEGNA
DEL
MOTTO “LOTTA DEI POPOLI, ALTERNATIVE DEI POPOLI”
NAIROBI. = Si è aperta oggi a Nairobi
L’UNIVERSITÀ
NON PUÒ ELUDERE UNA POSIZIONE CRITICA RIGUARDO
LE POLITICHE
DI INGIUSTIZIA E DI DISUGUAGLIANZA: E’ IL MONITO
DEL
CARDINALE RODRÍGUEZ MARADIAGA, ARCIVESCOVO DI TEGUCIGALPA,
IN HONDURAS, CHE IERI, A URBINO, HA RICEVUTO
LA LAUREA
AD
HONOREM IN SCIENZE POLITICHE
URBINO.= E’ stata conferita ieri mattina, presso l’Aula
magna del Rettorato dell’Università “Carlo Bo” di
Urbino, la laurea ad honorem in Scienze
politiche al cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa,
in Honduras. Ad investire del titolo il porporato, il rettore
Giovanni Bogliolo alla presenza dell’arcivescovo
Francesco Marinelli, del preside della Facoltà di
Scienze Politiche, Vincenzo Parlato e dei docenti. “Considero un inganno l’idea
che l’educazione universitaria possa essere apolitica, priva di ideologia o
semplicemente neutrale” così il Cardinale salesiano ha aperto la sua lectio
magistralis sul tema “Educare oggi all’impegno
per una politica a servizio del cittadino:
la sfida ed il ruolo dell’Università”. “L’impegno dell’Università – ha aggiunto
il porporato - non può eludere una posizione critica riguardo alle politiche di
ingiustizia e di disuguaglianza”. Nato a Tegucigalpa,
in Honduras, il 29 dicembre 1942, il cardinale Rodríguez Maradiaga
è divenuto arcivescovo di Tegucigalpa nel 1993 e cardinale
nel Concistoro nel 2001. Il porporato non solo si è distinto per
l'autorevolezza all'interno della comunità cattolica honduregna,
ma è riconosciuto come una personalità di primo piano nella Chiesa cattolica
latino-americana. A
conferma della profonda passione nutrita dal primate di Tegucigalpa
verso l’istituzione universitaria e verso il peso che essa ricopre nella
società, sta la fondazione dell’Università di Honduras. “Il compito del docente
– ha concluso il cardinale - va ben oltre il suo ruolo di insegnante”. “E’
necessario personalizzare il rapporto pedagogico dentro l’Università” che deve
puntare “in un mondo sempre più vuoto di valori spirituali, a riscattare
l’essere umano, quello che è dentro ogni studente, ogni docente”. (A.D.F.)
POVERTA’
E CRIMINALITA’ I PRINCIPALI PROBLEMI NELLO STATO
DEL
SALVADOR ANCHE A 15 ANNI DI DISTANZA DALLA FINE DELLA GUERRA
CIVILE, QUESTE LE CONCLUSIONI DI UNO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ
CENTROAMERICANA
(UCA), ATENEO DEI
GESUITI
SAN
SALVADOR.= A 15 anni dalla firma degli accordi di pace tra le forze governative
e la guerriglia, che ha messo fine ad un lungo conflitto interno, costato oltre
75.000 morti, nello Stato del Salvador continuano a proliferare criminalità e
povertà. Sono le conclusioni di uno studio dell’Università centroamericana (Uca), ateneo dei Gesuiti, secondo cui al silenzio delle
armi è seguito un nuovo progressivo aumento della violenza. Povertà e criminalità
– riferisce l’agenzia MISNA - sono problemi che riguardano ben 6,9 milioni di
salvadoregni e si registra una media di oltre 10 omicidi al
giorno.“I salvadoregni - si legge nel documento della Uca
- sono molto preoccupati per la delinquenza e il prevalere, tra l’opinione
pubblica, di una percezione pessimista rispetto al futuro del Paese”. Col disarmo
di circa 8.000 guerriglieri e 30.000 soldati “si è messo fine alla guerra, ma
non è stata costruita la pace sociale” ha affermato Elías Antonio Saca, presidente della Repubblica del Salvador. Una
situazione di insicurezza perenne che spinge la popolazione ad emigrare,
soprattutto negli Stati Uniti, dove oggi risiedono 2 milioni e mezzo di salvadoregni.
“Per conquistare una pace stabile – ha dichiarato mons. Rodrigo Orlando Cabrera, vescovo di Santiago de María
- è necessaria una lotta decisa contro la povertà, che colpisce il 34% degli
abitanti, maggiori investimenti nell’istruzione, nell’accesso all’acqua potabile
e all’elettricità, oltre a una sanità efficiente per tutti”. (A.D.F.)
IN FORTE CALO I DELITTI VOLONTARI IN ITALIA, DIMINUITI DEL 65 PER
CENTO
NEGLI ULTIMI 15 ANNI. PREOCCUPA INVECE
L’AUMENTO DEI DELITTI MATURATI
IN FAMIGLIA, BEN 6 OMICIDI SU 10 AVVENGONO TRA LE MURA DOMESTICHE.
E’ QUANTO EMERGE DAL
RAPPORTO EURES-ANSA 2006
''L'OMICIDIO
VOLONTARIO IN ITALIA''
ROMA. =
Un morto ogni due giorni, 1.200 vittime in cinque anni: la famiglia italiana
uccide più della mafia, della criminalità organizzata straniera e di quella
comune. E quello che dovrebbe essere il luogo più sicuro, la casa, si trasforma
invece nel posto a più elevato rischio: su 10 omicidi avvenuti nel 2005 nella
sfera familiare, 6 sono stati commessi tra le mura domestiche. La fotografia
emerge dal rapporto Eures-Ansa 2006
''L'omicidio volontario in Italia''. I dati
però mettono in luce che nel Paese il numero di omicidi volontari è calato del
65% negli ultimi 15 anni passando dai 1.695 del 1990 ai 601 del 2005. Il Sud si
conferma l’area più pericolosa per i delitti
volontari (57,6%), con capofila Napoli, seguito dal
Nord (29%) e, con un ampio scarto, dal centro (4,7%), mentre al Nord si
registra la più alta concentrazione degli omicidi famigliari. “Una vita più stressata, meno comunicazione e tolleranza che
portano a vedere l'altro con diffidenza”, così il criminologo Carmelo Lavorino
ha motivato il preoccupante dato che interessa l’Italia settentrionale. A livello europeo la classifica dei Paesi che registrano il
numero più elevato dei delitti volontari, tra il 2000 e il 2004, è guidata
dalla Finlandia e dalla Svezia mentre
OGGI,
NELLA SEDE DELL’EUROPARLAMENTO A STRASBURGO, CONCERTO
DEL CANTAUTORE MICHELE PAULICELLI DAL TITOLO
“ORA ET LABORA.
STORIE
E MIRACOLI DI SAN BENEDETTO”
STRASBURGO. = “Far conoscere, ai rappresentanti dei
cittadini d’Europa, la figura e l’insegnamento di un santo che ha lasciato
un’impronta profonda nella cultura e nella spiritualità dell’intero
continente”. Con questo obiettivo e per celebrare il cinquantesimo anniversario
dei Trattati istitutivi della CEE – rende noto l’agenzia SIR - viene presentato oggi a Strasburgo, nella sede
dell’Europarla-mento, “Ora et Labora.
Storie e miracoli di San Benedetto”, concerto del cantautore italiano Michele Paulicelli, dedicato appunto al santo patrono d’Europa. Presente
all’evento l’abate primate dell’Ordine dei Benedettini, padre Nokter Wolf, che accompagnerà al
flauto traverso lo stesso Paulicelli, nella presentazione
di tre canzoni. (R.G.)
“RADIO BAKHITA”:
INIZIERA’ LE SUE
TRASMISSIONI NEL GIORNO DELLA SUA FESTA L’8 FEBBRAIO
- A
cura di Antonio Mancini -
JUBA. =
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17 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, un camion imbottito di esplosivo e
lanciato da un kamikaze contro una stazione di polizia di Kirkuk
ha causato, secondo fonti locali, la morte di almeno 7
persone. Si deve registrare, poi, un nuovo sequestro: nel Kurdistan iracheno è
stato rapito un imprenditore russo. E’ inoltre di almeno 105 morti il bilancio
complessivo, ma ancora provvisorio, degli attentati condotti ieri a Baghdad, in
un mercato rionale, nei pressi di una moschea e davanti all’Università.
L’attacco sferrato nelle vicinanze di un campus universitario ha provocato in
particolare almeno 60 morti, in gran parte studenti. Sulla sempre più difficile
realtà irachena, il servizio di Amedeo Lomonaco:
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La gravità della situazione in Iraq è
confermata anche dall’ultimo rapporto delle Nazioni Unite: l’ONU ha reso noto,
infatti, che nel solo 2006 attacchi, scontri e attentati hanno causato la morte
di almeno 34.500 civili iracheni. Si continua a discutere, poi, sui possibili effetti delle
condanne a morte, eseguite nei giorni scorsi nel Paese arabo: secondo il
presidente americano, George Bush, l’esecuzione
dell’ex capo di Stato iracheno, Saddam Hussein, è sembrata “un assassinio per
vendetta”. Bush ha anche ammesso, in un’intervista
concessa ad una emittente televisiva americana, che la
strategia adottata in Iraq fino alla decisione di
inviare rinforzi era destinata ad “un lento fallimento”. Per questo, ha
aggiunto il capo della Casa Bianca, saranno inviati rinforzi per aiutare il
governo di Baghdad a garantire un’adeguata cornice di sicurezza. Ma i continui
scontri tra sciiti e sunniti, l’esecuzione di Saddam Hussein e di suoi due
stretti collaboratori, possono alimentare, secondo l’arcivescovo caldeo di Kirkuk, mons. Luois Sako, insanabili fratture e
portare ad uno sbriciolamento dell’Iraq. Per i cristiani, in particolare, c’è
il rischio di vivere in una regione ghetto. La cosa migliore – dichiara mons. Sako in un’intervista rilasciata all’agenzia Asia News –
sarebbe quella di garantire
uguale libertà di religione in tutte le aree del Paese arabo.
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Restiamo in Iraq, dove l’ex vice presidente iracheno Tareq Aziz ha chiesto asilo al
governo italiano e al Vaticano. Aziz, ha
detto uno dei suoi avvocati, è detenuto dal 2003 in un carcere a Baghdad ma contro di lui non è stata sollevata alcuna accusa
formale. Nel Paese
arabo, intanto, sono forti i timori di un deterioramento dei rapporti, già molto tesi, tra sciiti, sunniti e curdi. Giancarlo
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R. – Credo che, tra qualche tempo, potremmo assistere al
moltiplicarsi dei problemi iracheni. Non sono difficili solo i rapporti tra
sunniti e sciiti, ormai degradati al livello di un conflitto per il potere
molto forte. Sono molto tesi i rapporti anche all’interno dello stesso
schieramento sciita.
D. – Ci potrà essere un ruolo, non solo istituzionale, per
curdi e sunniti nel nuovo Iraq gestito dagli sciiti?
R. – L’attuale leadership irachena è molto influenzata e
condizionata dalle fazioni più radicali; non può fare a meno di venire a patti
ad esempio con lo sciita al Sadr, a capo del
cosiddetto esercito del Maadi composto da migliaia di uomini, che possono essere mobilitati.
Quindi, questo condizionamento molto forte da parte dell’estremismo islamico influenzerà
anche i rapporti, in primo luogo, con i sunniti, ma anche con gli stessi curdi.
D. – A proposito di questo si parla dell’utilizzo di
squadre armate di peshmerga, curdi a Baghdad?
R. – Non è una novità, perché all’indomani della caduta
del regime di Saddam Hussein per diversi mesi i peshmerga erano inseriti nei check-point, nei posti di blocchi intorno e dentro la
capitale irachena. Certo che questo ritorno dei peshmerga, per essere
utilizzati in chiave di ordine pubblico ed eventualmente per essere schierati
in azioni antiguerriglia, costituisce un interrogativo, perché l’etnia curda è malamente sopportata dai sunniti e non troppo tollerata
neppure in realtà dagli sciiti, loro alleati.
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In Israele, a causa dell’andamento delle operazioni
militari israeliane in Libano, sì è dimesso il comandante
delle Forze armate, Dan Halutz.
Un’inchiesta interna sulla guerra di quest’estate infatti
ha parlato di mancato raggiungimento degli obiettivi strategici nel Paese dei
cedri, come la liberazione dei soldati israeliani rapiti e la sconfitta degli
Hezbollah.
Abu Sulaiman,
uno dei leader dell’organizzazione terroristica filippina “Abu Sayyaf”, è stato ucciso in
combattimenti con l’esercito in una zona montuosa dell’isola di Jolo. La conferma viene da un portavoce dell’esercito.
L’uomo era nella lista dei maggiori ricercati stilata da Washington: il suo
gruppo è infatti tra i principali referenti di Al
Qaeda in Estremo Oriente.
I maoisti del Nepal hanno
cominciato a consegnare le armi sotto il controllo delle Nazioni Unite. La
deposizione delle armi fa parte di un accordo di pace globale firmato il 21 novembre
scorso da esponenti maoisti e del governo per mettere fine a dieci anni di
guerra civile costata la vita ad oltre 12 mila persone.
Sono almeno 51 i morti causati da una violenta ondata di
maltempo che ha colpito otto Stati americani, dal Maine alla
California. Le strade gelate e la caduta di alberi sotto il peso di
ghiaccio e neve sono la causa del gran numero di vittime. Centinaia di migliaia
di cittadini sono rimasti senza elettricità. Il governatore della
California, Arnold Schwarzenegger,
ha decretato lo stato d’emergenza.
“Mi adopererò per definire una tabella di marcia per il
nuovo trattato costituzionale. Conclusa la fase di riflessione, è
nell’interesse dell’UE, che il processo si concluda entro le prossime elezioni
europee”. Con queste parole il cancelliere tedesco, Angela Merkel,
ha illustrato al Parlamento europeo la priorità del suo programma nel semestre
di presidenza di turno dell’UE. Angela Merkel ha
chiesto coesione per avanzare nel processo di pace in Medio Oriente, un
approfondimento di partenariato con gli Stati Uniti e sottolineato la necessità
di un nuovo accordo con la Russia sull’energia.
In Italia, il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, è intervenuto stamani sul caso dell’ampliamento
della base americana a Vicenza. “Il problema in
questa fase del mondo – ha detto Bertinotti - è la
conquista da parte dell’Europa, e dell’Italia in Europa, di un’autonomia
dell’UE da altre potenze mondiali”. “Mi pare - ha aggiunto Bertinotti
- che l’Europa si stia incamminando su questa strada e ogni atto che va in
direzione della pace, compreso quello con cui si impediscono nuove forme di
presenza e organizzazione militare siano una buona cosa”. Il leader del Partito
dei comunisti italiani, Oliviero Diliberto, ha
chiesto inoltre l’indizione di un referendum. Ieri il primo ministro, Romano
Prodi, ha dichiarato che il governo non si oppone all'ampliamento della
base americana a Vicenza precisando, però, che la decisione è stata presa
dall’esecutivo precedente e dal Comune veneto.
Il presidente del Parlamento di transizione
somalo, Sharif Hassan Sheikh Aden, è stato sfiduciato dai deputati riuniti a Baidoa, sede anche del governo ad interim. La destituzione
è stata decisa dopo i contrasti con il premier, Ali Mohamed
Gedi, e con il presidente ad interim, Abdullah Yusuf. Sharif Hassan Sheikh Aden è stato
criticato, in particolare, di aver intrapreso un’iniziativa autonoma di
negoziato di pace con le milizie delle Corti islamiche mentre
l'esercito stava preparando la controffensiva.
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