RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 14  - Testo della trasmissione di domenica 14 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Tutela dei migranti: la chiede il Papa all’Angelus nella Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. La realtà delle migrazioni non è solo problema, ma risorsa, dice Benedetto XVI che ai migranti chiede il riconoscimento dei valori della società che li ospita. Con noi l’arcivescovo Agostino Marchetto

 

Telegramma del Papa per il dialogo e la convivenza pacifica in Bolivia, dopo gli atti di violenza dei giorni scorsi

 

Nessuno deve avere paura del presepe: così il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, durante la visita, questa mattina a Roma, al presepe dei netturbini

 

Il dialogo nelle società del terzo millennio: se ne è parlato in settimana al Convegno organizzato all’Università Urbaniana, in collaborazione con i Pontifici Consigli per la cultura ed il dialogo interreligioso: con noi il cardinale Paul Poupard e il prof. Carmelo Dotolo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Pronti a vivere del Vangelo e a testimoniarne i valori nella società: l’invito dell’arcivescovo di Parigi, mons. Vingt-Trois, ai cattolici francesi, lanciato dai nostri microfoni in vista delle presidenziali del prossimo aprile

 

Vasta epidemia di febbre emorragica dal Kenya orientale, attraverso l’Etiopia, in direzione della penisola arabica: a lanciare l’allarme è Medici senza Frontiere. Ce ne parla Gianfranco De Majo

 

CHIESA E SOCIETA’:

“La Chiesa non teme la verità: così scrivono i vescovi polacchi in una lettera ai fedeli, dopo la rinuncia alla carica di arcivescovo di Varsavia da parte di mons. Stanislaw Wielgus

 

A quattro settimane dal referendum sulla depenalizzazione dell’aborto in Portogallo, 12 vescovi concelebrano a Fatima una messa “per la vita”

 

Presentazione il 16 il 17 gennaio a Washington e New York, della rete di Oasis, rivista internazionale plurilingue e centro internazionale di studi e ricerche, fondata nel 2004 dal patriarca di Venezia, cardinale Scola, per favorire il dialogo tra cristiani e musulmani

 

Assassinati tre buddisti nel sud della Thailandia, a maggioranza islamica

 

Il presidente della Mezza Luna Rossa saharaoui, Bouhebeini, accusa l’alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) e il Programma Alimentare Mondiale (PAM) per i ritardi nell’invio di aiuti alimentari nei campi profughi di Tindouf, in Algeria

 

Almeno 17 morti e migliaia di sfollati, nello Sri Lanka centro-meridionale, per le alluvioni e le frane prodotte dalle piogge monsoniche

 

24 ORE NEL MONDO:

Secondo il ministro degli Esteri italiano, il piano americano sull’Iraq non convince. Bush ammette, intanto, che l’intervento militare ha aumentato l’instabilità nel Paese arabo

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 gennaio 2007

 

 

TUTELA DEI MIGRANTI: LA CHIEDE IL PAPA ALL’ANGELUS NELLA GIORNATA MONDIALE

 DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO. LA REALTA’ DELLE MIGRAZIONI NON SIA VISTA

SOLO COME PROBLEMA MA COME RISORSA, RACCOMANDA BENEDETTO XVI

CHE AI MIGRANTI CHIEDE IL RICONOSCIMENTO DEI VALORI

DELLA SOCIETA’ CHE LI OSPITA

 

“Tutelare i migranti e le loro famiglie mediante l’ausilio di presìdi legislativi, giuridici e amministrativi specifici, ed anche attraverso una rete di servizi, di punti di ascolto e di strutture di assistenza sociale e pastorale”. E’ quanto chiede il Papa nella Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Il servizio di Fausta Speranza.

 

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“La realtà delle migrazioni non va mai vista soltanto come un problema, ma anche e soprattutto come una grande risorsa per il cammino dell’umanità”. E’ quanto raccomanda il Papa, ricordando recenti stime delle Nazioni Unite: 200 milioni di migranti per ragioni economiche; circa 9 milioni di rifugiati; circa 2 milioni di studenti internazionali. Ci sono poi sfollati interni e irregolari, ed ognuno ha una famiglia, ricorda il Papa, che sottolinea anche che il fenomeno “è molto ampio e diversificato”. In ogni caso, Benedetto XVI chiede “il rispetto della dignità umana di tutti i migranti” ma chiede qualcosa anche a chi arriva: “il riconoscimento da parte dei migranti stessi dei valori della società che li ospita”. Soltanto tutto ciò - afferma - rende “possibile la giusta integrazione delle famiglie nei sistemi sociali, economici e politici dei Paesi d’accoglienza”.

 

“Auspico che si giunga presto ad una gestione bilanciata dei flussi migratori e della mobilità umana in generale, così da portare benefici all’intera famiglia umana, cominciando con misure concrete che favoriscano l’emigrazione regolare e i ricongiungimenti familiari, con particolare attenzione per le donne e i minori”.

 

Proprio la famiglia migrante – sottolinea – è “una risorsa in modo speciale”, “purché venga rispettata come tale”, aggiunge. Purché “non debba subire lacerazioni irreparabili, ma possa rimanere unita o ricongiungersi, e compiere la sua missione di culla della vita e primo ambito di accoglienza e di educazione della persona umana”. In un altro punto del suo discorso il Papa ricorda “le difficoltà della famiglia migrante come tale:

 

“I disagi, le umiliazioni, le strettezze, le fragilità”.

 

Benedetto XVI ricorda anche di aver rivolto uno speciale Messaggio alla famiglia migrante e poi invita a considerare che “nel dramma della Famiglia di Nazaret intravediamo la dolorosa condizione di tanti migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli, degli sfollati, dei profughi, dei perseguitati”.

 

“Possiamo guardare alla santa Famiglia di Nazaret, icona di tutte le famiglie, - dice il Papa - perché essa riflette l’immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche quando è debilitata e talvolta sfigurata dalle prove della vita”. Narra l’evangelista Matteo – ricorda il Papa - che, poco tempo dopo la nascita di Gesù, san Giuseppe fu costretto a partire per l’Egitto prendendo con sé il bambino e sua Madre, al fine di sfuggire alla persecuzione del re Erode. 

 

Tra i vari saluti nelle diverse lingue, un riferimento in inglese e in polacco al Vangelo odierno delle nozze di Cana. “Nella Santa Messa – sono le parole del Papa in particolare in polacco - ricordiamo il miracolo di Gesù a Cana di Galilea e la raccomandazione della Madre di Dio: “Fate quello che vi dirà”. Le sue parole siano d’incoraggiamento alle famiglie dei migranti, dei rifugiati e per tutti noi, specialmente nei momenti particolarmente difficili della vita, quando siamo alla ricerca della verità e dell’aiuto di Dio”. In italiano, un saluto in particolare al gruppo di giovani migranti, di varie parti del mondo, accompagnati dal vescovo di Caserta, mons. Raffele Nogaro.

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Come ricordato all’Angelus, il Papa per l’odierna Giornata mondiale del migrante e del rifugiato ha pubblicato lo scorso novembre un messaggio. Giovanni Peduto ha chiesto all’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del competente dicastero vaticano, di ricordare i punti salienti del Messaggio del Papa:

 

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R. - Il Papa rimanda esplicitamente alla Convenzione Internazionale per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, la quale formalizza una cornice di tutela estesa appunto anche alle famiglie. Il Santo Padre ne incoraggia la ratifica. Ma questa cornice va completata mediante presidi legislativi, giuridici e amministrativi specifici e soprattutto attraverso una rete di servizi, cui il Messaggio fa pure riferimento.

 

D. - Si tratta, dunque, di iniziative mirate. Quale motivazione le sorregge?

 

R. - Le attività cui ci si richiama, in effetti, non sono fine a se stesse, ma hanno come fuoco la persona umana. E qui vi è da considerare anche la dimensione religiosa. Pertanto, una gestione bilanciata dei flussi migratori e della mobilità, in genere, può portare benefici all’intera famiglia umana, nel quadro di un nuovo ordine mondiale, a partire da misure concrete che favoriscano l’emigrazione regolare e i ricongiungimenti familiari, proteggendo soprattutto donne e minori. In ogni caso anche qui i diritti umani sono alla base della pace e dello sviluppo integrale di persone e popoli.

 

D. - Il Santo Padre ha voluto richiamare l’attenzione sulle difficili condizioni delle famiglie dei rifugiati. Un commento al riguardo, Eccellenza?

 

R. – Vi è una tendenza oggi a proteggere l’ordine e il benessere dalla minaccia che molti vedono nel continuo arrivo di stranieri, in mescolanza di migranti e rifugiati. Quindi anche nei confronti di questi ultimi, che cercano protezione da violenze e pericoli di vita, si va diffondendo una visione negativa, alimentata da tensioni politiche e sociali, contraria alla legislazione internazionale e che i media non considerano. Ciò pregiudica anche i ricongiungimenti familiari. Di pari passo vi è un inadeguato finanziamento dell’assistenza umanitaria che peggiora le condizioni di vita anche nei campi di accoglienza, specialmente per donne e bambini, con più facile pericolo di abusi spregevoli.

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TELEGRAMMA DEL PAPA PER IL DIALOGO E LA CONVIVENZA PACIFICA

IN BOLIVIA, DOPO GLI ATTI DI VIOLENZA DEI GIORNI SCORSI

 

Di fronte alle notizie di scontri nella città di Cochabamba, in Bolivia, che hanno provocato diverse vittime e feriti, oltre a considerevoli danni materiali, il Papa esprime “il proprio cordoglio e la propria vicinanza ai pastori e a quanti si impegnano per mantenere la concordia cittadina e la convivenza pacifica, cercando un dialogo franco e rispettoso per risolvere eventuali divergenze”. Nel telegramma, a firma del cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone, e indirizzato al cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di Santa Cruz, Benedetto XVI auspica che “la violenza si trasformi in collaborazione e che si promuova veramente il bene comune”.

 

 

NESSUNO DEVE AVERE PAURA DEL PRESEPE: COSÌ IL SEGRETARIO DI STATO,

 CARDINALE TARCISIO BERTONE, DURANTE LA VISITA, QUESTA MATTINA A ROMA,

AL PRESEPE DEI NETTURBINI

 

“Nessuno deve aver paura del presepe, è un segno di fraternità, intimità e amicizia che non fa male a nessuno...”. Lo ha detto stamani il segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone, dopo aver benedetto la natività di Cristo al tradizionale “Presepe dei netturbini” allestito, come ogni anno dal 1972, all’interno della sede dell’Azienda municipale ambiente (AMA). “Quest'anno - ha ricordato il porporato - qualcuno ha avuto paura dei presepi e sembrava quasi che non li volessero nelle scuole, nelle città e nei luoghi pubblici”. Il presepe - ha aggiunto – “è un ricordo per chi crede e per chi non crede, un invito ad una intimità delle famiglie e anche a un rapporto positivo con Dio”. “Ogni simbolo - ha concluso il cardinale Bertone - è bello ed è bello anche ricordare, come fa l’autore di questo presepe, tutta la storia biblica prima della nascita del Signore, quindi anche tutta la storia ebraica”.

 

 

DIALOGO TRA CULTURE, RELIGIONI, ETNIE: TRA NECESSITA’ E POSSIBILITA’

- Con noi il cardinale Paul Poupard e il prof. Carmelo Dotolo -

        

Il dialogo nelle società del terzo Millennio: se ne è parlato in termini di complessità e urgenza nell’ambito del Convegno internazionale ospitato questa settimana alla Pontificia Università Urbaniana, organizzato in collaborazione con i Pontifici Consigli per la Cultura ed il Dialogo Interreligioso. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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“Il fenomeno della multiculturalità di una società sempre più multietnica e multireligiosa porta con sé indiscutibili vantaggi ma anche nuove preoccupazioni e ambiti di impegno”: lo scenario è complesso e comporta – come ha sottolineato il cardinale Paul Poupard, presidente dei Pontifici Consigli per la cultura ed il dialogo interreligioso – di dare maggiore forza al dialogo. Ma come farlo nella pratica della vita quotidiana?

 

R. - Quel dialogo interculturale, interreligioso, non è una moda ma una necessità vitale perché ci sono movimenti di popolazioni come non mai. E’ una situazione progressiva nella quale troviamo in ogni angolo della Terra delle popolazioni che hanno, da millenni, diversi modi di pensare, di vivere. Quando arriva l’altro, con un altro modo di vivere e di pensare, ci mette in crisi e l’altro che appare sconosciuto diventa una minaccia. Allora per rispondere proprio al suo quesito, la prima cosa è conoscere l’altro per capire che un altro modo di vivere, un altro modo di pensare non è una minaccia contro di noi, ma è solo un altro modo che può essere contemplato pacificamente. Da questo scaturisce il bisogno di approfondire la conoscenza di se stesso, perchè talvolta vediamo in questo periodo storico uno squilibrio: laddove c’è la volontà di aprirsi all’altro e però ci si dimentica la propria identità, e talvolta c’è la tentazione di credere di dover nascondere la propria identità per aprirsi all’altro, questo è un disastro.

 

Il dialogo tra culture, religioni, etnie: una necessità ma anche una possibilità, come ha osservato il prof. Carmelo Dotolo, docente di Teologia delle religioni alla Pontificia Università Urbaniana:

 

R. – Le culture per loro natura non amano incontrarsi con tanta facilità, per il semplice motivo che sono visioni della vita che tendono a giustificarsi e a dare una risposta alle domande che gli uomini si pongono. Soprattutto quando viene in qualche modo messo in gioco il tema dell’identità, l’identità di una cultura non necessariamente si sente attratta da un confronto con identità di altro tipo. Allora, questa necessità che scaturisce da un contesto culturale che si chiama multiculturalità diventa possibilità quando da un confronto semplicemente esterno, legato più a problemi di convivenza, più a problemi di ordine quotidiano della gestione della vita, incontra l’altro, cercando di mettersi in una relazione di reciprocità. Quindi, la necessità da sola non è sufficiente per giustificare un dialogo tra le culture. E’ opportuno che si passi ad una possibilità, cioè ad un incontro di apertura all’altro, che diventi fecondazione reciproca.

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OGGI IN PRIMO PIANO

14 gennaio 2007

 

 

PRONTI A VIVERE DEL VANGELO E A TESTIMONIARNE I VALORI NELLA SOCIETA’:

L’INVITO DELL’ARCIVESCOVO DI PARIGI, MONS. VINGT-TROIS, AI CATTOLICI FRANCESI, IN VISTA DELLE PRESIDENZIALI DEL PROSSIMO APRILE

- Intervista con il presule -

 

Per i partiti politici francesi è tempo di definire le scelte dei candidati alla corsa per le presidenziali, in programma il prossimo aprile. Oggi, è stata la volta dell’investitura ufficiale del gollista Nicolas Sarkozy, candidato dell’UMP. A ritirarsi dalla competizione, venerdì sera, era stata la sua collega di partito, Michele Alliot-Marie. Sarkozy correrà per la poltrona dell’Eliseo con la socialista Segolene Royal e il presidente del centrista UDF, Francois Bayrou. Senza ovviamente indicare scelte di campo, la Chiesa invita gli elettori, specialmente cristiani, a difendere con il loro voto i valori etici e i principi di giustizia sociale che derivano dal Vangelo. Lo conferma l’arcivescovo di Parigi, André Vingt-Trois, intervistato da Romilda Ferrauto:

 

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R. – Ce sera une année electorale importante, comme vous savez, puisque nous …

Sarà un anno elettorale importante, il 2007, perché – come sa – eleggeremo in successione il presidente della Repubblica e i deputati, mentre nel 2008 ci saranno le elezioni municipali e regionali. Ovviamente, tutto questo scatenerà una competizione aspra, ma questa potrebbe essere un’occasione per il nostro Paese e per la democrazia, perché in questo periodo tutti i candidati saranno costretti a spiegare cosa vogliono fare. Non lo faranno a meno che non vi siano costretti, perché in linea di massima, i candidati alle elezioni, quando sono onesti, rifuggono dal parlare troppo dell’avvenire, perché sanno che non possono essere i padroni del futuro. E quindi, per indurli a spiegarsi, è necessario porre loro delle domande perché dicano qualcosa su argomenti importanti per la nostra vita sociale: si può parlare delle leggi relative alla bioetica che sono in corso di revisione; di questioni che riguardano la famiglia; di problemi che riguardano l’ambiente, e anche del modello di società per il  quale ci si vuole impegnare in tutta Europa. Ci si vuole impegnare per una società protezionista, che mobiliterà tutte le sue forze per preservare la propria opulenza, oppure ci si impegnerà veramente per una società della condivisione? Tutte queste domande io le ho poste, nello stesso modo in cui lo sto facendo adesso, a più riprese, a diverse persone o in occasioni pubbliche ... Ma evidentemente sarà necessario che gli elettori facciano comprendere ai candidati che è sulla base di questo che essi voteranno!

 

D. – Ora, i vescovi non ci suggeriscono come votare, beninteso: la Francia è un Paese laico da ormai più di un secolo. Come la Chiesa può far giungere la sua voce in un periodo elettorale come quello attuale?

 

R. – Bien, nous avons plusieurs manières de faire. La première, celle que nous …

Abbiamo più d’una strada ; una è quella che abbiamo già messo in opera: a novembre, infatti, il Consiglio permanente della Conferenza episcopale ha pubblicato un testo che vuole essere un testo di riferimento per il periodo elettorale; poi ci sono stati gli interventi pubblici: quando mi trovo alla Messa di mezzanotte, ho davanti a me qualche migliaio di persone – il che non capita a tutti i candidati, quando parlano in pubblico – e quindi posso dire un certo numero di cose! I vescovi miei confratelli fanno la stessa cosa ... La Chiesa è l’unica organizzazione in Francia che riunisce ogni settimana alcune centinaia di migliaia di persone: ecco che abbiamo la possibilità di far passare un messaggio! Poi, ci sono i cristiani, che sono elettori e che devono far sapere che sono elettori, e poi ci sono i cristiani che sono impegnati nelle strutture della vita pubblica. Questo significa, dunque, che pur senza dare suggerimenti per quanto riguarda il voto, abbiamo una capacità di influenza – forse alcuni direbbero: una capacità di creare danni! – assolutamente non indifferente!

 

D. – A volte si rimprovera ai cristiani, soprattutto in Europa, di non essere capaci di farsi sentire sulla scena pubblica, di essere poco coraggiosi ... Lei condivide questa opinione?

 

R. – Je ne suis pas sûr que le courage chrétien se mesure à l’expression publique …

Non sono poi tanto sicuro che il coraggio cristiano si misuri sulla manifestazione pubblica! Secondo me, il coraggio cristiano è dato dalla forza che Dio ripone in noi e serve per richiamarci e per fornirci i mezzi per vivere il Vangelo, e da questo punto di vista senza dubbio un certo numero di cristiani non hanno coraggio. Credo che tra i nostri contemporanei, ma in modo più rimarchevole ancora tra i cristiani, esista una sorta di lassismo morale: è  necessario uscire da questo lassismo. E’ vero che i modi di annunciare il Vangelo sono molto diversi, ma quello che conta è che noi siamo pronti a viverlo!

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VASTA EPIDEMIA DI FEBBRE EMORRAGICA DAL KENYA ORIENTALE, ATTRAVERSO L’ETIOPIA, IN DIREZIONE DELLA PENISOLA ARABICA:

A LANCIARE L’ALLARME E’ MEDICI SENZA FRONTIERE

- Con noi Gianfranco De Majo -

 

Una vasta epidemia di febbre emorragica, ancora poco conosciuta, si sta diffondendo velocemente dal Kenya nord orientale, attraverso l’Etiopia, in direzione della penisola arabica. L’allarme è stato lanciato da Medici senza Frontiere che auspica un intervento diretto dell’OMS. Un centinaio finora le vittime soprattutto tra le popolazioni nomadi e le comunità di pastori, i più esposti al contagio da parte di zanzare e sostanze animali infette. Stefano Leszczynski ha intervistato il responsabile medico di MSF Italia, Gianfranco De Majo:

 

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R. – Presumibilmente si sta già sviluppando più a nord in Etiopia. L’epidemia precedente che vede 170 morti alla fine degli anni 90 coinvolse anche Yemen e Arabia Saudita. In questo caso i morti apparentemente non sono moltissimi, 62 finora certificati. Però essendo una popolazione nomadica, quindi non raggiungibile da osservatori esterni, il numero che noi abbiamo nei dati epidemiologici sono stati sicuramente rilevati per difetto. Quindi il numero di malati e di morti è certamente maggiore, soprattutto dopo  le grandi piogge  che abbiamo avuto quest’anno e nei mesi scorsi. Quindi sviluppo della zanzara, maggiore diffusione del virus e campanella d’allarme perché sicuramente si stanno preparando dei picchi di epidemia di malaria, con una mortalità elevatissima presso una popolazione che normalmente non conosce la malaria.

 

D. – Per quanto riguarda il virus di questa febbre emorragica qual è la sua origine?

 

R. – Nel caso del virus della febbre della malaria della Valle del Rift il contagio non è diretto animale-uomo o uomo-uomo,  come il caso di Ebola o di Marburg dell’anno scorso in Angola, ma immediato dalla zanzara. La diffusione del virus dipende da questo terzo attore che è la zanzara. Allora normalmente la zanzara sposta il sangue dall’armento all’uomo e l’uomo che, come nel caso degli altri virus precedenti non riesce a mettere subito in atto delle difese di reazione, ne viene invaso e devastato.

 

D. – Tra l’altro si crea anche una certa confusione diagnostica…

 

R. – Il nostro allarme è rivolto all’OMS e all’autorità sanitarie dei Paesi interessati perchè impostino una rete capillare per la ricerca attiva dei gruppi dove possono essere questi ammalati.

 

D. – Quello che colpisce un po’ è l’apatia, la lentezza dei governi africani a far fronte a queste epidemie in maniera preventiva...

 

R. – Quello che preoccupa è che appunto trattandosi di popolazioni marginali, l’apatia sembra giustificata dal fatto che comunque questi allarmi non mobilitano un arrivo di aiuti economici tale da poter poi giustificare la messa in piedi del sistema, insomma diventa costoso. In più queste economie, queste società, sono molto più abituate di noi al ricorrere periodico di queste situazioni, quindi probabilmente anche da un punto di vista sociale ne sono meno allarmate.

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CHIESA E SOCIETA’

14 gennaio 2007

                       

 

 

“LA CHIESA NON TEME LA VERITA’: COSI’ SCRIVONO I VESCOVI POLACCHI

IN UNA LETTERA AI FEDELI, DOPO LA RINUNCIA ALLA CARICA DI ARCIVESCOVO

 DI VARSAVIA DA PARTE DI MONS. STANISLAW WIELGUS.

IL DOCUMENTO LETTO OGGI IN TUTTE LE PARROCCHIE

- A cura di Roberta Moretti -

 

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VARSAVIA. = “La Chiesa non ha paura della verità, anche se è una verità dura, vergognosa e se la sua ricerca è talora molto dolorosa. Crediamo profondamente che la verità ci renda liberi, perché verità liberatrice è lo stesso Gesù Cristo”: è quanto affermano i vescovi polacchi, dopo la rinuncia, nei giorni scorsi, alla carica di arcivescovo metropolita di Varsavia, da parte di mons. Stanislaw Wielgus, che ha confermato un suo coinvolgimento nella collaborazione con i Servizi di sicurezza e con lo spionaggio della PRL. In una lettera ai fedeli, letta oggi in tutte le parrocchie della Polonia durante la Messa domenicale, i presuli ringraziano Benedetto XVI “per il suo aiuto paterno nell’evangelico misurarsi con la difficile situazione”, esprimendo gratitudine anche all’arcivescovo Józef Kowalczyk, nunzio apostolico in Polonia, “per il suo aiuto fraterno e competente”. Accogliendo “con rispetto” la decisione di mons. Wielgus di rinunciare al servizio di metropolita di Varsavia, i vescovi polacchi affermano: “Non sta a noi giudicare la persona, il confratello, che per anni ha servito con fedeltà  fervore la Chiesa, fra l’altro come professore e Rettore dell’Università Cattolica di Lublino, e poi come vescovo di Płock”. “Sperimentiamo ancora una volta – sottolineano i presuli – che il tenebroso passato del periodo del sistema totalitario che ha regnato per decine d’anni nella nostra patria continua a farsi sentire”. Ma – precisano – “solo un’analisi accurata e critica di tutte le fonti accessibili ci permetterà di avvicinarci alla verità”. I vescovi aggiungono che, “letti unilateralmente, i documenti preparati da funzionari dell’apparato di repressione dello Stato comunista ostili alla Chiesa possono seriamente recar danno alle persone, distruggere legami di fiducia sociale e di conseguenza trasformarsi in vittoria del sistema inumano nel quale abbiamo dovuto vivere, dopo la sua sepoltura”. Inoltre, nella lettera si ribadisce che “abbastanza facilmente si dimentica che durante il totalitarismo comunista tutta la Chiesa in Polonia si è opposta continuamente alla costrizione della società ed è stata oasi di libertà e verità”. Con un appello alla riconciliazione della Chiesa di Polonia, l’episcopato esprime il desiderio che il 21 febbraio prossimo, mercoledì delle Ceneri, sia un giorno di preghiera e penitenza per tutti i sacerdoti polacchi. “Che in tutte le chiese delle nostre diocesi – esortano i vescovi – si celebrino funzioni di preghiera alla Misericordia di Dio, chiedendo perdono per gli errori e le debolezze nel trasmettere il Vangelo nella sua interezza”. I presuli polacchi chiedono poi ai governanti e ai parlamentari, nonché ai mezzi di comunicazione sociale, che i materiali trovati negli archivi vengano utilizzati e trasmessi in modo da “non degradare la dignità umana” e auspicano la possibilità di una verifica da parte di un tribunale indipendente, senza esprimere giudizi superficiali. Infine, l’appello alle giovani generazioni, affinché cerchino “di conoscere l’ardua e complessa verità dei tempi passati”. “Crediamo che ciò che ora stiamo sperimentando – concludono i vescovi polacchi – porterà a un rinnovamento della Chiesa, ad una maggiore trasparenza e maturità dei suoi membri”.

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A QUATTRO SETTIMANE DAL REFERENDUM SULLA DEPENALIZZAZIONE DELL’ABORTO

 IN PORTOGALLO, 12 VESCOVI CONCELEBRANO A FATIMA UNA MESSA “PER LA VITA”

 

FATIMA. = “Non abbiate paura di essere i campioni della simpatia, della stima e dell’amore per ogni forma di vita umana”: è l’esortazione di mons. Antonio Augusto dos Santos Marto, vescovo di Leiria-Fatima, in Portogallo, che ieri a Fatima ha concelebrato, insieme ad altri 11 vescovi e una ventina di sacerdoti,  una Messa “per la vita”, nel quadro della campagna della Chiesa portoghese contro la depenalizzazione dell’aborto. Come riferisce la France Presse, la Messa rientra nell’ambito di due giornate di pellegrinaggio sul tema “Accogliere la vita come un dono di Dio”, a quattro settimane dal referendum sulla depenalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza. Mons. Marto ha definito l’aborto una “piaga sociale”, conseguenza di una “visione materialistica che riduce il concetto di vita umana a un prodotto biologico”. Ha poi affermato di comprendere “il dramma vissuto da molte donne che decidono di abortire”, tuttavia - ha ribadito - “un dramma non si risolve con un altro dramma, che consiste nella distruzione di una vita umana che comincia”. Nel pomeriggio, alcune decine di persone, in maggioranza anziani, hanno percorso in processione le strade di Fatima, recitando preghiere e intonando salmi. Altri fedeli hanno attraversato in ginocchio la spianata antistante la Basilica della città, hanno acceso candele o pregato davanti alla Cappella delle apparizioni, eretta nel luogo dove i tre pastorelli annunciarono di aver visto la Madonna nel 1917. Di fronte alla Basilica campeggiavano 12 grandi manifesti sul tema dell’aborto, con immagini di feti e scritte che invitavano al “rispetto della creazione”. L’aborto è ora autorizzato in Portogallo solo in caso di stupro, di pericolo per la vita o la salute della madre, di malformazione congenita del feto. Secondo gli ultimi sondaggi, il 57-60% degli elettori dovrebbero pronunciarsi per ilsì’ alla depenalizzazione, anche se il fronte del ‘no’ starebbe guadagnando terreno. (R.M.)

 

PRESENTAZIONE IL 16 IL 17 GENNAIO A WASHINGTON E NEW YORK, DELLA RETE

DI OASIS, RIVISTA INTERNAZIONALE PLURILINGUE E CENTRO INTERNAZIONALE

 DI STUDI E RICERCHE, FONDATA NEL 2004 DAL PATRIARCA DI VENEZIA,

CARDINALE SCOLA, PER FAVORIRE IL DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI

 

NEW YORK/WASHINGTON. = La rete di Oasis, nome che indica la rivista internazionale plurilingue e l’omonimo Centro internazionale di studi e ricerche, sarà presentata negli Stati Uniti in due distinte occasioni, il 16 gennaio a Washington e il 17 gennaio a New York. La presentazione segna un ulteriore passo di crescita di questa realtà, fondata nel 2004 dal cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, per favorire la reciproca conoscenza e il dialogo tra cristiani e musulmani. Il 16 gennaio, il cardinale Scola, interverrà a una giornata di studi sul tema “La relazione primordiale tra Dio e la persona umana nel cattolicesimo e nell’islam”, promossa dal Centro culturale Giovanni Paolo II di Washington, in collaborazione con la Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale americana. Uno dei momenti principali dell’evento sarà il dialogo tra il porporato e Muzammil H. Siddiqi, direttore dell’Islamic Society of Orange County, già presidente dell’Islamic Society of America e considerato uno dei rappresentanti più autorevoli della comunità musulmana degli Stati Uniti. “Popoli e Religioni” è invece il titolo del dibattito che si terrà il 17 gennaio presso la sala auditorium Dag Hammarskjöld Library della sede ONU di New York. L’evento è promosso dall’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, in collaborazione con Oasis e il centro culturale Crossroads di New York. (R.M.)

 

 

ASSASSINATI TRE BUDDISTI NEL SUD DELLA THAILANDIA, A MAGGIORANZA ISLAMICA.

 LO RIFERISCE IL SITO INTERNET DELLA BBC

 

YALA. = Tre buddisti, fra cui una donna, sono stati assassinati nel sud della Thailandia, a maggioranza musulmana, si sospetta per mano di militanti islamici. Lo rende noto il sito internet della BBC, secondo cui un uomo è stato decapitato e sua moglie uccisa a colpi d'arma da fuoco all’ingresso di una piantagione di caucciù nella provincia di Yala. Accanto ai loro cadaveri, abbandonati, un biglietto con la scritta “Uccideremo tutti i Thai buddisti”, con la firma ‘I mujaheddin di Pattani’, con riferimento al nome della provincia più travagliata della Thailandia. Una terza vittima, un uomo, è stato invece ucciso a colpi di pistola da un motociclista. Sono almeno due mila le persone morte nelle violenze nel sud thailandese, dove attentati e assassini sono all’ordine del giorno. I terroristi islamici spesso colpiscono monaci buddisti, ma anche poliziotti, soldati e chiunque possa essere sospettato di essere “collaboratore” del governo di Bangkok. (R.M.)

 

 

IL PRESIDENTE DELLA MEZZA LUNA ROSSA SAHARAOUI, BOUHEBEINI, ACCUSA

 L’ALTO COMMISSARIATO ONU PER I RIFUGIATI (UNHCR) E IL PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE (PAM) PER I RITARDI NELL’INVIO DI AIUTI ALIMENTARI

NEI CAMPI PROFUGHI DI TINDOUF, IN ALGERIA

 

ALGERI. = “Le riserve alimentari destinate ai campi dei profughi saharaoui sono quasi esaurite, e la situazione sarà catastrofica se la comunità internazionale non interviene al più presto”: è l’allarme lanciato oggi in una conferenza stampa ad Algeri dal presidente della Mezza Luna Rossa saharaoui, Yahia Bouhebeini, che ha apertamente accusato i funzionari dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) e quelli del Programma alimentare mondiale (PAM) di essere responsabili dei ritardi nell’invio di aiuti alimentari nei campi di Tindouf, in Algeria. Bouhebeini ha sottolineato che l’aiuto di tre milioni di euro stanziato dall’Unione Europea per il rinnovo delle riserve alimentari si è arenato tra le maglie della burocrazia, e che gli aiuti annunciati di ONG di Paesi come Italia, Spagna, Stati Uniti e Svezia, che devono transitare dal PAM, non sono mai pervenuti alla popolazione. Ha inoltre biasimato “il silenzio dell’UNHCR, la cui missione principale è di aiutare i rifugiati, sulla situazione catastrofica dei rifugiati saharaoui”. Il problema degli aiuti alimentari ai profughi dell’ex colonia spagnola del Sahara occidentale che il Marocco si è annesso nel 1975, ospitati dall’Algeria nei campi di Tindouf, risale all’agosto 2005, quando UNHCR e PAM hanno deciso di ridurli del 43%, considerando che i rifugiati sono 89 mila e non 158 mila, come sostiene la Mezza Luna Rossa saharaoui. Per Bouhebeini, si è trattato di una “decisione arbitraria”, per giunta presa all’indomani della presentazione di un’inchiesta di un istituto internazionale, secondo la quale nei campi il 66% delle donne e il 68% dei bambini sotto i cinque anni soffrono di forte anemia, e il 35% dei bambini in età prescolare è sottoalimentato. A questa decisione il presidente della Mezza Luna Rossa saharaoui da’ una spiegazione politica: si tratta, secondo lui, di una conseguenza del discorso tenuto il 20 agosto 2005 dal re del Marocco, che per la prima volta ha parlato della necessità di rivedere al ribasso gli aiuti umanitari ai rifugiati saharaoui. Due giorni dopo, ha sottolineato, è arrivata la decisione del PAM e dell'UNHCR. (R.M.)

 

 

ALMENO 17 MORTI E MIGLIAIA DI SFOLLATI, NELLO SRI LANKA CENTRO-MERIDIONALE, PER LE ALLUVIONI E LE FRANE PRODOTTE DALLE PIOGGE MONSONICHE

 

COLOMBO. = Almeno 17 persone sono morte e 15 risultano disperse nello Sri Lanka centro-meridionale a causa delle alluvioni e delle frane prodotte dalle piogge monsoniche. Fonti diverse parlano anche di un numero imprecisato di sfollati, che varia tra i 9 mila e i 60 mila. Da giovedì, le piogge incessanti hanno causato smottamenti nei distretti collinari centrali di Nuwara Eliya e di Hanguranketha, mentre le alluvioni, aggravate dallo straripamento delle cisterne irrigue, hanno distrutto case e infrastrutture nel distretto di Hambantota, più a sud, già colpito dallo tsunami del 2004. Elicotteri militari sono stati dispiegati per far evacuare le popolazioni colpite e per distribuire il cibo alle migliaia di sfollati ospitati provvisoriamente presso scuole e centri sanitari. Alluvioni e smottamenti sono frequenti nel Paese durante le due principali stagioni monsoniche, tra maggio e settembre e tra dicembre e febbraio. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

14 gennaio 2007

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

 

Il piano dell’amministrazione statunitense sull’Iraq, che prevede l’invio di altri 21.500 soldati, “non ci convince” perché serve una soluzione politica e non militare. Lo ha detto il ministro degli Esteri italiano, Massimo D’Alema, durante una conferenza stampa a Doha, in Qatar. “La ricerca di una via d'uscita dalla situazione irachena – ha spiegato D’Alema - non passa per un incremento della pressione militare, quanto piuttosto da un rafforzamento delle istituzioni, delle forze armate e di polizia a carattere multietnico e multireligioso, che siano in grado di prevenire lo scontro etnico”. Commentando la difficile situazione in Medio Oriente, il ministro degli Esteri italiano ha sottolineato, poi, la necessità di un accordo di pace “che consenta la nascita entro il 2007 di uno Stato palestinese”.

 

Intanto, il presidente degli Stati Uniti George Bush ha ammesso, durante un’intervista rilasciata alla trasmissione “60 Minutes” dell’emittente CBS, che l’intervento militare in Iraq ha aumentato l’instabilità nel Paese arabo. Bush ha anche dichiarato, però, che l’attacco del 2003 era necessario perché l’ex presidente Saddam Hussein aveva intenzione di dotarsi di armi atomiche.

 

Il governo dell’Iran ha chiesto l’immediato rilascio dei cinque cittadini iraniani arrestati nei giorni scorsi dalle truppe statunitensi ad Erbil, nel nord dell’Iraq. Secondo il comando americano, i cinque avrebbero legami con la Guardia rivoluzionaria iraniana, accusata di finanziare e fornire armi ai ribelli iracheni. L’Iran sostiene, invece, che si tratta di diplomatici.

 

Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, a Ramallah, in Cisgiordania, ha incontrato il presidente palestinese Abu Mazen. Condoleezza Rice ha assicurato l’appoggio degli Stati Uniti per l’avanzamento del processo di pace tra israeliani e palestinesi. Abu Mazen si è detto contrario a “soluzioni temporanee” del conflitto, riferendosi al progetto di uno Stato palestinese entro confini transitori.

 

Per la prima volta da 30 anni, un capo di Stato iracheno si reca in visita ufficiale in Siria. E’ previsto infatti oggi, a Damasco, l’incontro tra il presidente iracheno Jalal Talabani con il capo di Stato siriano, Bashar al Assad. Iran e Siria hanno allacciato relazioni diplomatiche nel novembre del 2006, dopo una rottura durata più di 25 anni, in occasione della visita a Baghdad del ministro degli Esteri siriano Walid Muallem. In quella circostanza, il ministro aveva promesso l’aiuto della Siria per ristabilire la sicurezza in Iraq.

 

La senatrice americana Hillary Rodham Clinton è in Afghanistan, con una delegazione bipartisan, per incontrare il presidente afghano Hamid Karzai. Secondo fonti locali, al centro dei colloqui ci saranno “argomenti di interesse comune, come l’invio di truppe supplementari, le crescenti tensioni fra Afghanistan e Pakistan e la ricostruzione e i diritti delle donne”.

 

In Bangladesh, l’opposizione guidata dalla ‘Lega Awami’ ha annunciato che parteciperà alle elezioni legislative. Nei giorni scorsi, il presidente, Iajuddin Ahmed, aveva accettato le richieste dell’opposizione e rinviato la consultazione elettorale. Dopo la rinuncia del presidente Ahmed a svolgere anche l’incarico di premier ad interim, alla guida del governo è stato nominato un ex governatore della Banca centrale.

 

Hanno sfilato in migliaia ieri, in Spagna, contro il terrorismo e per non dimenticare l’attentato dell’ETA dello scorso 30 dicembre all’aeroporto di Madrid. Il servizio di padre Ignacio Arregui:

 

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Le manifestazioni ieri in Spagna contro la violenza dell’ETA, in favore della pace e in solidarietà con i due immigrati equadoregni uccisi nell’attentato del 30 dicembre scorso, hanno ricevuto vasta eco sui giornali spagnoli. In questa occasione, la classe politica non è riuscita a mettersi d’accordo sui temi o sugli slogan per i manifestanti. Le mancanze più significative sono state quella del principale partito dell’opposizione, il partito popolare, molto critico nei confronti del governo di Rodriguez Zapatero, e il movimento basco Batasuna vicino all’ETA. In tutte le manifestazioni, non solo a Madrid e a Bilbao ma anche in altre città importanti, si è evidenziata la delusione dei cittadini. Delusione per le polemiche tra i dirigenti dei partiti politici e la loro incapacità nel lasciare da parte le loro differenze politiche per unirsi in favore dell’obiettivo della pace, della lotta contro il terrorismo dell’ETA e della solidarietà con le vittime. Secondo calcoli sempre approssimativi, i manifestanti di Madrid sono stati circa 200.000. A Bilbao avrebbero partecipato circa 80.000. La nota dominante delle manifestazioni è stata la mancanza di incidenti, insieme con il silenzio e la rinuncia alla esibizione di simboli e slogan politici. Forti critiche sono state rivolte a Madrid contro i dirigenti del partito popolare e, in particolare, contro le autorità locali per la loro assenza. A Bilbao, il presidente del governo regionale basco, nel suo intervento al termine della manifestazione, ha insistito sulla necessità di tentare sempre la via del dialogo, come unica via possibile per una pace autentica.

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In Ecuador il vincitore del ballottaggio presidenziale dello scorso 26 novembre, Rafael Correa, si insedierà domani come nuovo presidente. Alla cerimonia prenderanno parte almeno 20 capi di Stato e di governo e, tra loro, ci sarà anche il presidente dell’Iran, Mahmoud Ahmadinejad. La sua presenza ha provocato numerose proteste, in particolare da parte di Israele. Il servizio di Luis Badilla:

 

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Correa, 43 anni, un economista senza partito, fondatore e leader della formazione “Alleanza paese”, nel suo discorso di insediamento dovrebbe delineare, come hanno anticipato alcuni suoi collaboratori, le prime misure governative per l’applicazione del suo programma. Un programma incentrato, sostanzialmente, su tre punti: piani per combattere la povertà, condizione in cui si trova a vivere il 65 per cento della popolazione; ridefinizione dei rapporti con le Istituzioni finanziarie internazionali, in particolare con il Fondo Monetario al quale l’Ecuador deve 33 milioni di dollari e, infine, elezioni per la formazione di un’Assemblea costituente che dovrebbe redigere una nuova Costituzione. Fra le misure immediate, il presidente potrebbe mettere fine alla circolazione del dollaro statunitense che dal 2000 ha sostituito il “sucre” come moneta corrente. Correa, in questi giorni ha ribadito: “la vita prima del debito”. E con ciò sembra voler sottolineare l’orientamento della sua politica economica di chiaro taglio antiliberista. I 10 milioni di dollari previsti come introito nazionale per il 2007 saranno utilizzati, ha anticipato sabato il neo presidente, per finanziare programmi scolastici e di salute pubblica nonché per assistere la piccola e media impresa.

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Sciagura aerea in Colombia: un velivolo venezuelano, con a bordo 11 passeggeri e tre membri dell’equipaggio, si è schiantato nel nord est del Paese. Secondo le autorità del dipartimento colombiano di Cesar, non ci sarebbero sopravvissuti. Il velivolo, partito da Panama, era diretto a Caracas.

 

Il capo di Stato iraniano, Mahmud Ahmadinejad, in visita ufficiale in Venezuela, ed il presidente venezuelano, Hugo Chavez, hanno annunciato la creazione di una compagnia petrolifera mista, che avrà il compito di “analizzare, produrre e commercializzare il petrolio”. I due capi di Stato hanno anche concordato sulla necessità di ridurre la produzione di greggio. Altri accordi tra i due governi prevedono, poi, una stretta cooperazione tra Venezuela e Iran anche nel settore del turismo, della comunicazione, dell’informazione e dell’agricoltura. Il presidente Chavez, in un discorso pronunciato ieri al Congresso, ha confermato intanto la decisione di “nazionalizzare tutto il settore dell’energia e dell’elettricità venezuelano”.

 

In Italia, il tribunale militare della città di La Spezia ha condannato all’ergastolo dieci dei 17 imputati per la strage nazista di Marzabotto. Soldati dell’esercito tedesco e militari delle SS circondarono tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944 le colline bolognesi dove si trovavano centinaia di partigiani della brigata “Stella Rossa”. La furia nazista non risparmiò la popolazione civile: in seguito a rastrellamenti ed esecuzioni sommarie furono uccise almeno 770 persone, in maggioranza donne e bambini. Tra le vittime, anche cinque sacerdoti. Il parroco di Cesaglia, in particolare, fu assassinato sull’altare. I dieci imputati condannati all’ergastolo, di età compresa tra 81 e 88 anni, sono stati ritenuti colpevoli di concorso in violenza pluriaggravata e continuata. Gli altri sette sono stati assolti per non aver commesso il fatto. Tutte le sentenze sono state emesse in contumacia.

 

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