RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 13  - Testo della trasmissione di sabato 13 gennaio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ratificare gli strumenti giuridici internazionali per favorire i ricongiungimenti e la tutela delle famiglie immigrate: lo chiede Benedetto XVI nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si celebra domani

 

Compie 50 anni il Forum ecumenico della Conferenza dei segretari delle Comunioni cristiane mondiali. Il Papa: l’unità dei cristiani è necessaria per dare ragione al mondo della speranza che è in noi. Ce ne parla l’arcivescovo Brian Farrell

 

Più cooperazione contro il terrorismo e un più razionale uso delle risorse: al centro della relazione per l’avvio dell’Anno giudiziario in Vaticano

 

Il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace promuove una Conferenza continentale sulla Dottrina sociale della Chiesa  a Bangkok, dal 25 al 27 gennaio prossimi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I vescovi polacchi chiedono di essere esaminati sul loro passato durante il regime comunista. La soddisfazione del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone

 

Il cardinale Bertone ha visitato ieri a Roma la sede della Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana: ai nostri microfoni il porporato e Luigi Alici

 

Grande commozione ai funerali di una delle vittime della strage di Erba: intervista con il parroco, don Antonio Paganini

 

In corso il pellegrinaggio in Terra Santa dell’UCSI,  l’Unione Cattolica della Stampa Italiana: con noi, Angelo Sferrazza

 

Il commento di padre Marko Ivan Rupnik al Vangelo di domani

 

CHIESA E SOCIETA’:

        Rilasciati in Cina due dei nove sacerdoti cattolici arrestati nel dicembre scorso

 

        Lutto nella Chiesa in Cina: è morto, all’età di 103 anni, il vescovo cattolico Joseph Meng Ziwen. Aveva trascorso diversi anni ai lavori forzati

 

        Consegnato ieri a Roma al cardinale Renato Raffaele Martino l’International Life Awards dell’Ageing Societ –Osservatorio della terza età

 

        Violato il sito web del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente

 

        In Angola si continua a morire a causa del colera. Oltre 2.700 le vittime dell’epidemia

       

        Il tasso di inflazione più alto del mondo appartiene allo Stato africano dello Zimbabwe

 

24 ORE NEL MONDO:

In Somalia, il Parlamento approva l’imposizione della legge marziale

 

                                                                                                                            

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 gennaio 2007

 

 

RATIFICARE GLI STRUMENTI GIURIDICI INTERNAZIONALI

PER FAVORIRE I RICONGIUNGIMENTI E LA TUTELA DELLE FAMIGLIE IMMIGRATE:

LO CHIEDE BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO PER LA GIORNATA MONDIALE

 DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO, CHE SI CELEBRA DOMANI

 

Le donne che emigrano - per lavoro, incolumità, spinte dalla disperazione – sono oggi il 49% dei 200 milioni di immigrati totali che attualmente si spostano nel mondo. La cifra rappresenta la nuova “punta” di un fenomeno una volta prevalentemente a carattere maschile. Una donna che lascia il proprio Paese vuol dire precarietà anche per i figli, che normalmente la seguono, vuol dire maggiore instabilità per la famiglia. Questo è il quadro nel quale si colloca il Messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domani, intitolata appunto alla “Famiglia migrante”. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“Già molto si sta lavorando per l'integrazione delle famiglie degli immigrati, anche se tanto resta da fare”, osserva il Papa nel suo Messaggio, reso noto a metà dello scorso novembre. “Esistono - scrive - effettive difficoltà connesse ad alcuni ‘meccanismi di difesa’ della prima generazione immigrata, che rischiano di costituire un impedimento per un'ulteriore maturazione dei giovani della seconda generazione. Ecco perché si rende necessario predisporre interventi legislativi, giuridici e sociali per facilitare tale integrazione”. Negli ultimi tempi, prosegue Benedetto XVI, è aumentato il numero delle donne che lasciano il proprio Paese d'origine alla ricerca di migliori condizioni di vita, in vista di più promettenti prospettive professionali. E dunque, sottolinea il Pontefice, “non poche però sono quelle donne che finiscono vittime del traffico di esseri umani e della prostituzione”. A questo dramma, che non risparmia neanche i minori, si aggiunge quello dei difficili ricongiungimenti familiari, addirittura laceranti quando i membri di una stessa famiglia sopravvivono nei campi di accoglienza.

 

Nell’incoraggiare la ratifica della Convenzione Internazionale del 2003 per la protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti, che parla esplicitamente anche dei membri delle loro famiglie, Benedetto XVI esorta in particolare gli organismi della Chiesa a farsi carico dell’assistenza umana e pastorale verso gli immigrati, nel cui novero vanno considerati pure gli studenti stranieri. Lo spirito di questo servizio, reso a chi parte in cerca di una nuova patria, deve ispirarsi, indica il Papa, alla contemplazione di Gesù, Maria e Giuseppe, costretti alla fuga in Egitto.  In questo dramma, dice Benedetto XVI, “intravediamo la dolorosa condizione di tutti i migranti, specialmente dei rifugiati, degli esuli, degli sfollati, dei profughi, dei perseguitati. Intravediamo le difficoltà di ogni famiglia migrante, i disagi, le umiliazioni, le strettezze e la fragilità di milioni e milioni di migranti, profughi e rifugiati. La Famiglia di Nazaret riflette l'immagine di Dio custodita nel cuore di ogni umana famiglia, anche se sfigurata e debilitata dall'emigrazione”.

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UDIENZE

 

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina un altro gruppo di presuli della Conferenza episcopale della Regione Campania, in visita "ad Limina", il cardinale Jorge Mario Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires e presidente della Conferenza episcopale argentina, con i due vice-presidenti, mons. Luis Héctor Villalba, arcivescovo di Tucumán, e mons. Agustín Roberto Radrizzani, vescovo di Lomas de Zamora, e con il segretario generale, mons. Sergio Alfredo Fenoy, vescovo di San Miguel; quindi ah ricevuto il sig. Guillermo León Escobar-Herrán, ambasciatore di Colombia, in visita di congedo.  Il Papa riceverà questo pomeriggio il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

 

COMPIE 50 ANNI IL FORUM ECUMENICO DELLA CONFERENZA DEI SEGRETARI

DELLE COMUNIONI CRISTIANE MONDIALI. IL PAPA: L’UNITA’ DEI CRISTIANI

E’ NECESSARIA PER DARE RAGIONE AL MONDO DELLA SPERANZA CHE E’ IN NOI

- Intervista con l’arcivescovo Brian Farrell -

 

Quest’anno ricorre il 50.mo anniversario dalla costituzione della Conferenza dei Segretari delle Comunioni Cristiane Mondiali: si tratta di un forum che riunisce le comunità ecclesiali di tutto il mondo con lo scopo di promuovere l’unità dei cristiani. Ogni anno l’organismo tiene una riunione: quest’anno i partecipanti sono stati ricevuti dal Papa. In quest’occasione, Benedetto XVI ha affermato con forza che, nonostante le difficoltà, non si può tornare indietro sulla via dell’ecumenismo. Su queste riunioni annuali ascoltiamo l’arcivescovo Brian Farrell, segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Quest’anno abbiamo tenuto la riunione annuale di questo gruppo qui a Roma.  Si tratta di un gruppo che per sua natura, per metodo di lavoro, non richiama l’attenzione su di sé. Si tratta di una riunione in cui quelli che si chiamano Segretari generali delle Comunioni si radunano per poter parlare in tutta libertà delle difficoltà, delle tensioni, ma anche dei possibili punti di lavoro e di collaborazione insieme e del modo di superare le difficoltà nel cammino ecumenico.

 

D. – Qual è il loro metodo operativo, quali risultati scaturiscono da questi incontri?

 

R. - Si tratta di una riunione che ha dato negli anni grandi frutti, perchè in un clima di crescente mutua fiducia si è potuto dare inizio a diversi dialoghi importanti, bilaterali. Qui si tratta, però, di quello che si chiama ‘ecumenismo multilaterale’, visto che in queste riunioni partecipano praticamente tutte quelle comunioni cristiane, quei gruppi, Chiese che sono internazionali e vanno da quelli che sono meno strutturati, meno liturgici, come i quaccheri, l’esercito della salvezza, passando per i metodisti, gli anglicani, i luterani, gli evangelici e i pentecostali, fino ai più strutturati, come siamo noi cattolici e gli ortodossi. Tutti partecipiamo, tutti parliamo con grande franchezza, libertà. E tutti, con quella mutua stima che caratterizza i dialoghi ecumenici, cerchiamo di trovare un cammino per migliorare i rapporti anche nelle situazioni locali in cui continuano sempre ad esserci delle tensioni e delle difficoltà.

 

D. – Dal momento che l’ultimo incontro si è svolto a Roma, vi è stata anche una udienza con il Santo Padre ….

 

R. - In questa occasione il Santo Padre ha ricevuto il gruppo, ha avuto con loro uno scambio di idee, insistendo in particolare, sul fatto che malgrado alle volte sembri che il progresso sia lento, che le difficoltà continuino e alle volte aumentino, non possiamo tornare indietro. Lui, infatti, ha parlato del fatto che tutti i cristiani sono convinti che il mondo abbia bisogno di una nuova evangelizzazione e sono coscienti del fatto che le nostre divisioni debilitano questo sforzo. Pertanto, abbiamo tutti una grande responsabilità, nel cercare un cammino in avanti. La posta in gioco, ha detto il Papa, è troppo alta per tornare indietro. Sappiamo che se i cristiani devono dare ragione della speranza che è in noi al mondo di oggi - è il cuore della nostra fede -  dobbiamo cercare questa unità.

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PIU’ COOPERAZIONE CONTRO IL TERRORISMO E UN PIU’ RAZIONALE USO

DELLE RISORSE: AL CENTRO DELLA RELAZIONE PER L’INAUGURAZIONE

DELL’ANNO GIUDIZIARIO IN VATICANO. POSITIVO IL BILANCIO PER IL 2006:

 SMALTITI PRATICAMENTE TUTTI I PROCEDIMENTI SOPRAVVENUTI

 

“Aver richiamato l’attenzione sullo stato attuale della giustizia vaticana e sulla necessità di evitare rischi di involuzione”: è lo scopo dichiarato della relazione presentata questa mattina dal promotore di giustizia Nicola Picardi all’apertura dell’Anno giudiziario 2007 del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Tra le priorità emerse, nuove forme di cooperazione contro il terrorismo internazionale, con un’apertura alla possibilità di aderire all’accordo di Schengen. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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“La giustizia vaticana, durante il 2006, è stata in grado di smaltire un numero di procedimenti sostanzialmente equivalenti a quelli sopravvenuti” per il tribunale e del 99,2 % per l’Ufficio del promotore di giustizia. Si parla di 341 procedimenti civili e 486 procedimenti penali esaminati. Tutto ciò grazie anche alla nomina, alla fine del 2005, di un promotore di giustizia aggiunto. Nomina seguita a fine 2006 da quella di un giudice aggiunto, che darà ulteriori frutti positivi. Sono i primi dati emersi in relazione all’anno appena concluso. C’è poi lo sguardo ad un periodo più lungo che può far emergere una tendenza. Considerando gli ultimi 8 anni, per quanto riguarda i procedimenti civili c’è un incremento del 19,40% (che cresce se lo sguardo arriva al dopo 1972). Per quanto riguarda i procedimenti penali, si segnala un decremento del carico del giudice unico, per effetto della depenalizzazione decisa con legge del 1994, ma per il promotore di giustizia il carico è salito sul lungo corso dal 1972. In definitiva, in generale è “progressivo l’aumento del carico del lavoro dei diversi uffici” e quindi più che opportune le nomine già dette.  

 

Restano osservazioni per garantire l’efficienza, cioè per continuare a lavorare al meglio, sottolineando l’esigenza di evolversi in correlazione con le mutate situazioni politico-sociali” e sottolineando anche un aumento, anche se lieve, della durata dei procedimenti penali avanti il Tribunale: nel 2005 era in media di 320, nel 2006 è aumentata a 365 giorni. Ma va detto anche che le istruttorie sommarie presso il Promotore di giustizia hanno segnato invece una diminuzione: richiedevano in media 270,6 giorni, oggi durano 177,9 giorni.

 

Questi i suggerimenti: “un più razionale utilizzo delle risorse disponibili”, in particolare continuando a lavorare su un alleggerimento delle attribuzioni del giudice unico e sulle funzioni degli ausiliari di giustizia. Per alcuni casi è citato come modello di riferimento il Cantone di Zurigo. Ed è poi auspicata “una diversa ripartizione del volume di affari fra tribunale e giudice unico, al fine di ottenere migliori livelli di produttività”.

 

Ci sono poi le considerazioni legate alla realtà sempre più globale. “Il fenomeno del terrorismo internazionale – si legge - sembra richiedere forme nuove di cooperazione finalizzate alla conciliazione della libertà di circolazione delle persone con il perfezionamento di misure a tutela della sicurezza”. “Sotto questo profilo si torna a sottolineare, in questa sede, l'opportunità di esaminare, con ogni possibile ponderazione, l'eventuale adesione dello Stato della Città del Vaticano all'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 e alla relativa Convenzione del 19 luglio 1990, aperti anche a Stati non aderenti all'Unione Europea”. 

 

Inoltre, “le cause assumono una maggiore complessità e travalicano, sempre più spesso i confini statuali”. Dunque si auspica “la stipula di adeguati accordi bilaterali ovvero con l’adesione a convenzioni plurilaterali”, al fine di migliorare la cooperazione. Cooperazione che dovrebbe estendersi non solo in ambito processuale ma anche a quello informativo, investigativo e di polizia. Il tutto “salvaguardando le peculiarità dell’ordinamento giuridico vaticano”.  

 

“La dimensione territoriale della Città del Vaticano – viene sottolineato nella relazione di Picardi – “sembra imporre quanto meno un adeguamento agli standard comunitari”, per informazioni e misure di polizia ma anche in tema di passaporti. A questo proposito, si esprime soddisfazione per la “partecipazione della Gendarmeria vaticana, a novembre scorso, al primo incontro per i capi delle strutture di polizia dei 56 Paesi aderenti all’OSCE, ma lo si definisce un “primo passo per futuri fruttuosi incontri”.

 

A proposito della situazione particolare di enclave va sottolineato un dato: sono 492 le persone che effettivamente abitano in Vaticano (cittadini sono 527, di cui però 287 sono diplomatici e membri di rappresentanze pontificie all’estero e dunque non residenti ma ci sono poi i 252 residenti non cittadini). Se si rapporta il numero di procedimenti civili e penali a queste 492 persone il carico sale rispettivamente al 69% e al 98,7%. Dati anomali che però vanno spiegati con il fatto che ogni anno in Vaticano transitano 18 milioni di pellegrini e di turisti e con la considerazione che il Vaticano ha rapporti con tutto il mondo. Dunque ad esempio molti furti riguardano persone di passaggio o procedimenti istaurati nello Stato del Vaticano riguardano parti residenti all’estero o contratti stipulati all’estero. Quanto alla tipologia di reati, “nel 2006 la stragrande maggioranza dei procedimenti riguarda furti per i quali è ancora alta la percentuale dei casi in cui i responsabili rimangono ignoti, anche perchè per lo più si rifugiano in Italia e pertanto subentra la giurisdizione del giudice italiano, ai sensi dell'art. 22 del Trattato Lateranense”. Dopo i furti, “altri reati registrati di frequente sono le appropriazioni indebite, le truffe, i falsi e i peculati''. 

 

Gli “aggiustamenti prospettati ed i problemi segnalati costituiscono soltanto prime ipotesi di lavoro”, si legge nelle considerazioni conclusive a firma di Picardi. Obiettivo ultimo è – sottolinea – “mantenere un apparato giudiziario agile ed armonico nella sua organicità, in grado di amministrare una giustizia sempre equa, tempestiva ed autorevole.

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LE NUOVE SFIDE DEI POPOLI ASIATICI ALLA LUCE DELLA DOTTRINA SOCIALE

DELLA CHIESA SARANNO DISCUSSE IN UNA CONFERENZA CONTINENTALE PROMOSSA

DAL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, DALLA FEDERAZIONE

 DELLE CONFERENZE EPISCOPALI DELL’ASIA

E DALLA CONFERENZA EPISCOPALE THAILANDESE, A BANGKOK,

 DAL 25 AL 27 GENNAIO PROSSIMI

 

“Tra antiche e nuove forme di povertà disumanizzante e insensata violenza, come pure di individualismo materialista ed edonista, nel quadro di una emergente straordinaria crescita economica, si dibattono oggi i popoli asiatici in cerca di un necessario equilibrio che assicuri al Continente giustizia e pace. Per la Chiesa in Asia è urgente far fronte a queste nuove sfide, attingendo dalla Dottrina sociale della Chiesa orientamenti e linee di azione”. E’ quanto afferma un comunicato del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace: il dicastero vaticano insieme alla Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche e alla Conferenza episcopale thailandese organizza, dal 25 al 27 gennaio, a Bangkok, una Conferenza continentale per presentare il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, con la partecipazione di studiosi, esperti ed operatori pastorali, come già avvenuto a Città del Messico per tutta l’America, nel settembre dell’anno scorso.

 

La Conferenza che avrà luogo nel Centro di promozione pastorale “Baan Phu Waan”, a Sampran, nei pressi della capitale thailandese, sarà introdotta dal presidente del dicastero, cardinale Renato Raffaele Martino, con il saluto augurale dell’arcivescovo di Bangkok, cardinale Michael Michai Kitbunchu, e del presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, arcivescovo Orlando B. Quevedo.

 

Tra i numerosi relatori della Conferenza, che si articolerà sui fronti del contesto ecclesiale, socio-economico, socio-politico, familiare e internazionale, figurano: il capo della Divisione degli Studi Cristiani dell’Università di Madras, in India, Felix Wilfred; la segretaria generale della Commissione Giustizia e Pace di Hong Kong, Lina Chan; il mass-mediologo indiano, Allwyn Fernandes; la direttrice dell’Istituto Pastorale di Singapore, Wendy Louis e ben 16 presidenti di Conferenze episcopali asiatiche, dal Bangladesh a Hong Kong, dall’Indonesia alla Corea, al Giappone, all’India, dalla Mongolia al Pakistan, al Vietnam e alle Filippine.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Un articolo di Andrea Riccardi dal titolo "La pace è il vero realismo": il discorso di Benedetto XVI al Corpo Diplomatico.

 

Servizio estero - Somalia: migliaia di bambini "in ostaggio" dell'atroce logica della guerra.

 

Servizio culturale - Un articolo di Maria Maggi dal titolo "Siccità e ritiro dei ghiacciai mettono a rischio il futuro del pianeta": allarme della Commissione Europea per i gravi rischi derivanti dal surriscaldamento dell'atmosfera dovuto alle emissioni gassose.

 

Servizio italiano - Governo; fondi per il Sud e presto le riforme. Il bilancio del vertice di Caserta.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 gennaio 2007

 

 

I VESCOVI POLACCHI CHIEDONO DI ESSERE ESAMINATI

SUL LORO PASSATO DURANTE IL REGIME COMUNISTA.

LA SODDISFAZIONE DEL CARDINALE BERTONE CHE INVITA AD ESTENDERE LA VERIFICA AI MEMBRI DEI PARTITI E DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. QUINDI AVVERTE:

ATTENZIONE ALLA CONTRAFFAZIONE DEI DOCUMENTI

CON MIRE DESTABILIZZANTI

 

Tutti i vescovi polacchi si sottoporranno ad una verifica sul loro passato durante il regime comunista. E’ quanto è stato deciso durante la riunione straordinaria dell'Episcopato polacco ieri a Varsavia. Un’operazione di trasparenza che segue alle dimissioni dell’arcivescovo di Varsavia Stanislaw Wielgus dopo aver ammesso le sue responsabilità nella collaborazione con i servizi segreti del passato regime comunista polacco. Durante la riunione è stato sottolineato come gli immensi archivi dell’ex regime, che risultano anche manipolati, siano stati utilizzati finora solo per aggredire personalità ecclesiastiche. Da Varsavia, Giuseppe d’Amato:

 

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Tutti i vescovi polacchi hanno chiesto di essere esaminati dalla Commissione storica ecclesiastica nazionale. In tutte le diocesi del Paese  verranno create delle commissioni locali a cui i sacerdoti potranno rivolgersi. Queste le principali decisioni adottate in seno alla Conferenza episcopale polacca. In marzo verrà costituita una ulteriore Commissione storica ecclesiastica nazionale, allargata anche a storici e giuristi. L’IPN, l’Istituto per la memoria nazionale, quello che gestisce tutti gli archivi, fornirà l’ausilio necessario. L’esito delle verifiche verrà successivamente trasmesso alla Santa Sede. I sacerdoti che vorranno rivolgersi alla giustizia civile, lo potranno fare come semplici cittadini polacchi. In un’affollatissima conferenza stampa il vescovo Piotr Libera, segretario generale della Conferenza episcopale, ha dichiarato che la Chiesa non ha paura della verità ed è da 2000 anni che lotta contro il peccato. L’arcivescovo Józef Michalik, presidente della Conferenza episcopale, ha affermato che la Chiesa polacca è un esempio positivo e ha poi ricordato tutti i martiri del comunismo, a partire da padre Popieluszko. Il periodo comunista, aveva detto in precedenza il cardinale di Cracovia Stanislaw Dziwisz, è stato un periodo di persecuzioni brutali. L’episcopato polacco ha chiesto alla stampa tanta pazienza, le verifiche saranno lunghe e non si potranno pretendere risultati tanto in fretta. Segnali di solidarietà sono giunti a Varsavia da altri episcopati.

 

Da Varsavia, per la Radio Vaticana, Giuseppe D’Amato

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E sulle vicende che in questi giorni la Chiesa polacca sta vivendo, ieri pomeriggio è intervenuto il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, a margine della sua visita alla Presidenza Nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. Ai giornalisti che gli hanno chiesto un parere sulla decisione dei vescovi polacchi di fare uno screening severo sul passato e di dare tutte le comunicazioni al Santo Padre, il porporato ha risposto con queste parole:

 

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R. – Sono contento. La comunicazione è essenziale. Il deficit di comunicazione in tutti i campi è dannoso, è micidiale, e impedisce di prendere delle decisioni maturate, fondate anche, e di avere un discernimento soprattutto sulla autenticità o sulla contraffazione dei cosiddetti documenti. E voglio sottolineare l’importanza di questo per tutti, non solo per gli ecclesiastici, ma per chiunque sia implicato in atteggiamenti del passato collaborativi con qualsiasi tipo di regime. Bisogna poter operare un discernimento della documentazione tra ciò che è autentico e ciò che è invenzione, ciò che è contraffazione, e che mira a delle strategie destabilizzanti che non sono accettate in nessun campo.  Sarei contento che questo screening si facesse – io l’ho già mandato a dire alle autorità competenti – anche per tutti i funzionari non solo dei partiti, ma dell’amministrazione pubblica o per i funzionari che hanno ruoli politici nella società polacca e anche altrove, negli altri Paesi dell’Europa orientale.

 

D. – Ma lei non critica la stampa per aver fatto il suo dovere …

 

R. – Certo è stupefacente che i documenti, i dossier, siano accessibili facilmente ai giornalisti e meno accessibili a chi ne avrebbe il diritto sacrosanto.

 

D. – E’ possibile dire da adesso quali sono i tempi della nomina del nuovo arcivescovo di Varsavia?

 

R. – Ma scusate, questo è “in mente Dei”! Come fare a dire i tempi! Non posso dire ancora i tempi. Io sto pregando, sto riflettendo con il Santo Padre e con i collaboratori e così si vedrà…

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IL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO TARCISIO BERTONE HA VISITATO IERI A ROMA

LA SEDE DELLA PRESIDENZA NAZIONALE DELL’AZIONE CATTOLICA ITALIANA.

IL PRESIDENTE LUIGI ALICI: VOGLIAMO IMPEGNARCI

CON UNA PRESENZA PIÙ ATTIVA NELLA CHIESA

- Intervista con Luigi Alici -

 

Nell’anno dedicato alla comunicazione, il secondo di un triennio che punta al rinnovamento del progetto formativo, l’Azione Cattolica Italiana ha presentato ieri pomeriggio a Roma la sua nuova rivista mensile Segno. Alla conferenza stampa ha preso parte il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, invitato ad inaugurare la nuova cappella della Presidenza dell’Azione Cattolica dedicata ai santi e ai beati dell’associazione che quest’anno celebra 140 anni dalla nascita dei suoi primi due circoli. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

 

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Punta alla formazione dei responsabili diocesani, alla ristrutturazione dei suoi mezzi di comunicazione anche con forum nel nuovo portale dialoghi.net e all’apertura a nuovi soci, l’Azione Cattolica Italiana: lo ha sottolineato ieri il presidente nazionale Luigi Alici, che ritiene essenziale nel mondo di oggi la presenza di laici che assicurino vitalità alla Chiesa. A lui abbiamo chiesto a quali orizzonti guarda oggi l’Azione Cattolica:

 

“L’Azione Cattolica è nata come un’esperienza in cui doveva accogliere al suo interno, formare, organizzare, qualificare il laicato cattolico. Oggi, essenzialmente, questo compito che resta nel suo codice genetico, dev’essere integrato da una nuova stagione missionaria. L’Azione Cattolica che nasce per accogliere i cristiani che la Chiesa le affida oggi ha il grande compito di portare alla Chiesa tutta quella galassia un po’ complessa di non credenti, di semi-credenti, di persone che hanno voglia di riscoprire la loro fede. L’Azione Cattolica deve andare verso queste persone. Non deve soltanto coltivare e formare da un punto di vista di servizio alla catechesi le persone che gravitano nella comunità cristiana. C’è bisogno di un fortissimo capovolgimento del baricentro dell’Azione Cattolica”.

 

E sul ruolo dei laici nella Chiesa, questo il commento del cardinale Bertone:

 

“La mia presenza esprime una stima dell’Azione Cattolica e un auspicio certamente di un rilancio dell’Azione Cattolica; poi, l’apprezzamento, l’ascolto e il rilancio del laicato in tutte le sue espressioni, in tutte le sue forme, è un dato ormai accolto, consolidato nella Chiesa universale, anche presso la Santa Sede – io spero di dare anche qualche ulteriore segnale – di presenza di laici, uomini e donne anche, perché nel laicato a volte viene un po’ oscurata la presenza femminile ... Spero di dare dei segnali, anche della presenza ulteriore di uomini e donne nella vita della Chiesa anche nelle realtà di Roma, della Curia Romana; ma auspico che questo sia fatto a livello di tutte le Chiese locali”.

 

         Ma su quali fronti l’Azione Cattolica può offrire una forte testimonianza? Ancora il cardinale Bertone:

 

“Il settore della preghiera, della contemplazione, della comunione, della comunione ecclesiale e della comunione entro le realtà vitali – famiglia e vita, non solo scienza e vita; quindi pensiamo al dialogo fede e ragione che è stato portato da grandi uomini dell’Azione Cattolica; fede e politica; e pensiamo anche al settore della missione in questi nuovi areopaghi di cui parlava Giovanni Paolo II, e anche nelle cinque aree che sono state così sottolineate dal Convegno di Verona”.

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GRANDE COMMOZIONE AI FUNERALI DI UNA DELLE VITTIME DELLA STRAGE DI ERBA. 

AI NOSTRI MICROFONI IL PARROCO DON PAGANINI:

IL PERDONO DEI PARENTI E’ LA TESTIMONIANZA PIÙ BELLA CHE DIMOSTRA

L’EFFICACIA DELLA FEDE

 

“A fronte del disprezzo della vita barbaramente manifestato da menti e mani assassine, il Signore ci chiede di rinnovare il nostro ‘si’ incondizionato alla vita e al suo rispetto in ogni caso, nella convinzione che essa è dono di Dio”. Lo ha detto il vicario episcopale per la zona di Lecco, mons. Bruno Molinari, durante i funerali di Paola Galli, mamma di Raffaella Castagna e nonna del piccolo Youssuf, una delle quattro vittime della strage provocata da Olindo e Rosa Romano. Ma quale è la realtà di Erba, la cittadina in cui è avvenuta la strage? Luca Collodi lo ha chiesto a don Antonio Paganini, parroco di Santa Maria Nascente, chiesa in cui si sono svolti i funerali:

 

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R. – Io sono parroco da dieci anni e non penso che Erba sia una realtà così difficile dove confluiscono disvalori con esplosioni della portata che sappiamo. Mi pare che qui si respiri quell’atmosfera culturale che è un po’ dilagante, ma la realtà erbese è di grande tradizione cristiana. Basterebbe pensare alle numerose case di spiritualità, case anche religiose; proprio in Erba si contano più di 120 associazioni di volontariato. Si è trattato di un fatto estraneo alla realtà erbese e si è provato ancor più sconcerto dato che gli autori sono persone arrivate da fuori. Sappiamo che questo clima generale di conflittualità va contrastato. L’impegno che ci assumiamo come parrocchie e anche come istituzioni civili, riflettendo su quello che è capitato, è di coltivare uno stile di convivenza diverso; bisogna rifarsi allo stile evangelico di reciproca accoglienza e di reciproco affetto e stima. Credo che la realtà erbese abbia bisogno di essere difesa da questa ombra.

 

D. – Don Antonio, Carlo Castagna, il papà di Raffaella, il marito di Paola Galli e il nonno del bambino ucciso, ha avuto la forza di perdonare; questo è un elemento che vorremmo sottolineare anche con lei…

 

R. – E’ la testimonianza più bella che dimostra l’efficacia della fede; in certi momenti, se manca questa forza interiore, anche il perdono diventa una cosa impossibile. Ma se la fede è profonda e ben radicata rende capace di questi atteggiamenti interiori che sembrerebbero impossibili.

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“RISPONDERE ALL’APPELLO DEL PAPA A PREGARE PER LA PACE E CONDIVIDERE,

CON LE POPOLAZIONI CRISTIANE E NON, SOFFERENZE E SPERANZE”:

QUESTO, IL SIGNIFICATO DEL PELLEGRINAGGIO IN TERRA SANTA DELL’UCSI,

 L’UNIONE CATTOLICA DELLA STAMPA ITALIANA

- Con noi, Angelo Sferrazza -

 

“Un pellegrinaggio nella terra della Notizia”: è lo slogan che accompagna fino al 15 gennaio i partecipanti al pellegrinaggio in Terra Santa dell’UCSI, l’Unione Cattolica della Stampa Italiana. Un’iniziativa cui hanno aderito trenta giornalisti “per rispondere all’appello del Papa a pregare per la pace e condividere, con le popolazioni cristiane e non, sofferenze e speranze”. Tra i numerosi incontri che finora hanno caratterizzato il pellegrinaggio, quello a Betlemme con il ministro palestinese del Turismo, Joudeh Morkos. Ce ne parla, al microfono di Roberta Moretti, il vicepresidente dell’UCSI, Angelo Sferrazza:

 

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R. – Il ministro ha manifestato due preoccupazioni. Una certamente di politica generale, che è rappresentata dai problemi con Israele e soprattutto i problemi relativi al muro che divide, che imprigiona la città di Betlemme. Naturalmente il ministro ha anche chiesto la solidarietà per il  popolo palestinese e la necessità di spiegare a tutti quale sia la vera situazione, per esempio, di Betlemme che - ovviamente al di là di Gaza -  fra i territori è quello che soffre maggiormente la situazione del muro. La presenza dei pellegrini, infatti, praticamente si è annullata: rispetto agli anni passati siamo al 10 per cento. E soprattutto non è immaginabile che il flusso dei pellegrini possa aumentare nei prossimi mesi, se non c’è sicurezza.  Il ministro ha fatto intravedere una prerogativa positiva: ha detto che, forse, addirittura entro giugno probabilmente si riuscirà a trovare un accordo con Israele e quindi i Territori potranno entrare nella piena autorità dell’Autorità Palestinese.

 

D. – Ci può raccontare qualche altro episodio significativo?

 

R. – Nella Chiesa della Natività si sono radunate alcune centinaia di bambini cristiani provenienti dalle varie città dei Territori, insieme ai loro maestri, ai loro parroci, e c’è stato l’incontro con alcuni vescovi europei, organizzato dalla Fondazione cristiana ed ecumenica in Terra Santa. In questa occasione è stata manifestata da parte tutti i partecipanti la grande volontà di pace per la loro terra. E’ stato veramente un episodio molto, molto toccante.

 

D. – Quale può essere il ruolo dei giornalisti e più in generale dei mezzi di comunicazione per il raggiungimento della pace in Medio Oriente?

 

R. – Il vero problema è quello di raccontare la verità, senza essere influenzati da scelte politiche o da altro. E la verità è questa: una grande volontà di pace da parte del popolo palestinese, una grande incertezza ed una situazione economica veramente preoccupante. Assai improbabile per tempi ravvicinati la soluzione del problema stesso. Questo sarà il nostro compito quando torneremo in Italia. Abbiamo, anzi, l’intenzione come UCSI di lanciare un progetto di collegamento con i giornalisti palestinesi per uno scambio di informazioni. I palestinesi hanno, infatti, difficoltà a far conoscere all’esterno la loro realtà. L’altro obiettivo è quello di creare uno stato di attenzione nei confronti dei cristiani, che abbandonano le zone della Palestina e soffrono di una situazione che – si potrebbe banalmente dire – fra incudine e martello.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 14 gennaio, 2a Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo delle Nozze di Cana.  Venuto a mancare il vino, Maria dice a Gesù: «Non hanno più vino». Quindi esorta i servi: «Fate quello che vi dirà».  Assaggiata l'acqua diventata vino, il maestro di tavola dice allo sposo:

 

«Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono». 

 

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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“Non hanno più vino” è praticamente la dichiarazione della fine di una religione. Nei testi sapienziali possiamo scoprire che il vino significa la gioia, l’amore, ciò che dà sapore alla vita. Maria quindi dice “Non hanno più l’amore” e perciò l’iconografia ci testimonia che gli sposi sono tristi. Dal Cantico dei Cantici sappiamo che lo sposo e la sposa significano il rapporto tra l’uomo e Dio. “Non hanno più l’amore” vuol dire, dunque, che una religione si è fossilizzata solo nei precetti e nelle prescrizioni. I Padri della Chiesa vedevano, infatti, nelle sei giare il simbolo della legge, che si è pietrificata e prosciugata. Cristo rappresenta la novità dell’alleanza fondata e realizzata nell’amore, che include anche la legge. Infatti, il modo retto di comprendere la legge è l’amore verso Dio e verso gli uomini.

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CHIESA E SOCIETA’

13 gennaio 2007

 

 

LIBERI IN CINA DUE SACERDOTI ARRESTATI NEL DICEMBRE SCORSO.

SONO STATI RILASCIATI PER MOTIVI DI SALUTE

 

ROMA. = Due sacerdoti cattolici, padre Wen Daoxiu e padre Li Yongshun, arrestati in Cina, nella regione dell’Hebei, il 27 dicembre scorso, sono stati rilasciati per problemi di salute. A darne notizia è l’agenzia Asianews che riferisce di altri 7 sacerdoti arrestati ancora in prigione. Fonti locali sostengono che i sacerdoti sono stati arrestati perché hanno preso parte ad un raduno “illegale”. Il gruppo era riunito per studiare, in una località a circa 30 chilometri a sud di Baoding. Fonti di Asianews affermano che il motivo dell’arresto è che i sacerdoti si sono radunati in un luogo non registrato dal governo. L’Hebei è la regione cinese con il più alto numero di cattolici (1,5 milioni). Secondo dati dell’agenzia, almeno 6 vescovi, nell’Hebei, sono detenuti o scomparsi. (T.C.)

 

 

LUTTO NELLA CHIESA CATTOLICA IN CINA: È SCOMPARSO, ALL’ETÀ DI 103 ANNI, MONS. JOSEPH MENG ZIWEN. AVEVA TRASCORSO DIVERSI ANNI AI LAVORI FORZATI

 

ROMA. = È morto il 7 gennaio scorso a Nanning, in Cina, a causa di un cancro al fegato, il vescovo cattolico Joseph Meng Ziwen. Il presule, riferisce l’agenzia Asianews, aveva 103 anni ed era il più anziano di tutta la Cina. Padre Giancarlo Politi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere, lo ricorda come un “pastore umile e straordinario, che ha dedicato la sua vita alla comunità in cui viveva con un’energia ed una vitalità fuori dal comune”. “Ancora 3 anni fa, a 100 anni, - ha raccontato padre Politi – diceva Messa ogni domenica in 3 parrocchie diverse, senza mai risparmiarsi”. I funerali del presule saranno celebrati domani dal suo coadiutore, mons. John Baptist Tan Yanchuan. Nato il 19 marzo del 1903 in una famiglia non-cattolica di Hengling, mons. Meng Ziwen è entrato in un seminario minore all’età di 18 anni. Ha studiato teologia e filosofia nel seminario maggiore di Penang, in Malaysia, ed è stato ordinato sacerdote a Nanning nel 1935. Accusato di collaborazionismo con il Kuomintang, nei primi anni ‘50 mons. Meng Ziwen è stato mandato in un laogai (“campo di riforma tramite il lavoro”). Rilasciato nel 1957, ha aperto una clinica sfruttando i suoi studi giovanili di medicina: l’anno dopo, accusato di “curare i nemici della Rivoluzione”, è stato arrestato nuovamente per poi tornare in libertà nel ‘70. Quello di “portare Cristo al mondo” è stato lo scopo principale di tutta la sua vita. (T.C.)

 

 

 

CONSEGNATO IERI A ROMA AL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO L’INTERNATIONAL LIFE AWARDS DELL’AGEING SOCIETY-

OSSERVATORIO DELLA TERZA ETA’. IL RICONOSCIMENTO AL PORPORATO

PER IL SUO INSTANCABILE IMPEGNO PER LA DIFESA DELLA DIGNITÀ UMANA

 

ROMA.= È stato consegnato ieri pomeriggio a Roma, al cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, l’International Life Award. L’onorificenza, che riconosce i contributi offerti nell’ambito della ricerca scientifica, della solidarietà e del volontariato, è stata conferita dall’Ageing Society – Osservatorio della terza età. Si tratta di un premio che viene assegnato a quanti si impegnano perché, in ogni momento dell’esistenza venga garantita “una qualità della vita adeguata alla dignità umana”. Ad aprire la cerimonia, l’intervento del prof. Emilio Mortilla, presidente dell’Ageing Society, sulla necessità, da parte delle istituzioni internazionali, di tenere sotto controllo il processo di invecchiamento della popolazione, una “rivoluzione silenziosa” in rapida crescita, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Tra i partecipanti alla premiazione il senatore a vita Francesco Cossiga, l’ex ministro dell’Agricoltura, Gianni Alemanno, il garante per le Comunicazioni, Corrado Calabrò e il ricercatore Jan Frazer. Il cardinale Martino, premiato in qualità di rappresentante della Santa Sede all’ONU e che nell’Assemblea mondiale delle Nazioni Unite sull’invecchiamento ha difeso le ragioni del rispetto della dignità umana, ha ricevuto il riconoscimento per la sua opera “instancabile”. “Tutte le mie giornaliere incombenze – ha detto il porporato - trovano il loro momento di sintesi e il punto di irradiazione a partire dalla persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio e restituita alla sua piena dignità dal Signore Gesù”. (A.D.F.)

 

 

 

VIOLATO IL SITO WEB DEL CONSIGLIO DELLE CHIESE DEL MEDIO ORIENTE

 

BEIRUT. = Attaccato il sito web del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, organismo regionale del Consiglio Mondiale delle Chiese che raggruppa tutte le Chiese cristiane in Medio Oriente. Ne dà notizia oggi il quotidiano libanese di lingua araba As-Safir. Il giornale aggiunge che il sito (www.mec-churches.org) è stato violato e il suo intero contenuto cancellato e sostituito con slogan e materiale di propaganda integralista che nulla ha a che vedere con la lunga tradizione di dialogo islamo-cristiano del Consiglio. L’indirizzo web è tuttora inagibile, a parte la Home Page ripristinata a tempo di record. Il segretario generale del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, il rev. Georges Ibrahim, ha avviato subito i contatti con esponenti cristiani e musulmani in Libano per informarli del fatto e sta ricevendo espressioni di solidarietà e di sdegno per l’accaduto. Sfuggito all’attacco, invece, il sito dei giovani del CCME (www.meccyouth.org), che tuttora è possibile consultare, e che offre un’abbondante documentazione anche storica sul medesimo. (S.G.)

 

 

 

 

 

IN ANGOLA SI CONTINUA A MORIRE A CAUSA DEL COLERA. SONO 2.755 LE VITTIME DELL’EPIDEMIA E 68.585 I CONTAGI, SECONDO L’ULTIMO BILANCIO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÁ DELLO STATO AFRICANO

 

LUANDA.= Crescono le vittime del colera in Angola. É quanto emerso dall’ultimo bilancio diffuso dalla sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Paese. Scoppiata un anno fa a Luanda, capitale dello Stato africano, l’epidemia si è progressivamente estesa in diverse regioni. Finora sono 2.755 quanti hanno perso la vita e 68.585 le persone contagiate dal virus. Le principali cause della diffusione del colera – riferisce l’agenzia MISNA – sono la mancanza di acqua potabile e l’assenza di strutture fognarie, soprattutto nelle bidonville di Luanda, dove, nel febbraio dello scorso anno, si sono registrati i primi casi di colera. La capitale è anche l’area più colpita con 24.306 malati e 321 morti, cui si aggiungono 84 nuove persone infette e 2 decessi negli ultimi giorni. “É molto strano che un’epidemia di colera duri così a lungo” ha detto Andrea Atzori, coordinatore dell’organizzazione Medici per l’Africa-CUAMM che sta portando avanti progetti sanitari e di sostegno alle istituzioni mediche locali. “Ciò fa pensare – ha aggiunto Atzori – ad un problema nel sistema di vigilanza epidemiologico e ad una rete ancora incompleta di servizi sanitari sul territorio; una situazione che è la conseguenza di 27 anni di guerra”. Il governo angolano, insieme con le autorità sanitarie, sta utilizzando ogni mezzo a disposizione per contenere la minaccia del contagio. (A.D.F.)

 

 

IL TASSO DI INFLAZIONE PIÙ ALTO DEL MONDO APPARTIENE ALLO STATO AFRICANO DELLO ZIMBABWE. METÀ DELLA POPOLAZIONE DIPENDE DAGLI AIUTI INTERNAZIONALI

E CIRCA L’80 PER CENTO NON HA UN’OCCUPAZIONE

 

HARARE.= È di 1.281,1 per cento il tasso d’inflazione più alto del mondo e appartiene allo Stato africano dello Zimbabwe. E in questi ultimi mesi, riferisce l’agenzia Fides, le condizioni economiche del Paese sono ulteriormente peggiorate. Lo ha denunciato l’associazione locale dei consumatori secondo la quale i costi più alti si registrano nel settore dell’educazione (più 261,9 per cento) e in quello alimentare: pane (più del 179,7 per cento), zucchero (più del 166,7 per cento) e olio da cucina (più del 78,3 per cento). La mancanza di alimenti-base nello Zimbabwe ha obbligato la popolazione - di cui la metà sopravvive grazie ad aiuti internazionali mentre l’80 per cento non ha un’occupazione - a sostituirli con prodotti più costosi. Il Paese, un tempo definito il “granaio dell’Africa australe”, nel 2000 ha subito anche la redistribuzione, da parte del presidente Robert Mugabe, di terre appartenenti a 4 mila agricoltori europei a migliaia di suoi sostenitori africani. Il governo non ha però accompagnato, a tale disposizione, un adeguato provvedimento di distribuzione di sementi, di fertilizzanti e di attrezzature. Il Paese, in questo momento, si trova, inoltre, a dover far fronte all’ondata di scioperi di medici e infermieri che chiedono un aumento salariale dell’8 mila per cento, indispensabile per sopravvivere. La protesta degli operatori del settore sanitario rischia di estendersi ad altre categorie e di generare una forte protesta sociale. (A.D.F.)

 

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24 ORE NEL MONDO

13 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Somalia, le forze governative e l’esercito etiopico hanno preso il controllo del villaggio di Ras Kamboni, ultima roccaforte delle milizie islamiche. Sul versante politico, il Parlamento ha dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi e i deputati hanno anche approvato la proposta del presidente, Abdullahi Yusuf, per l’imposizione della legge marziale nel Paese africano. Il provvedimento segue la decisione, presa ieri dai cosiddetti “signori della guerra”, di consegnare le armi delle loro milizie al governo transitorio.

 

Svolta nella crisi politica in Bangladesh: il presidente Iajuddin Ahmed, dopo giorni di violente manifestazioni di piazza, che hanno causato almeno 35 morti a Dacca, ha accettato le richieste dell’opposizione e rinviato le elezioni generali che avrebbero dovuto tenersi il 22 gennaio. E’ stato anche nominato nuovo capo del governo provvisorio l’ex governatore della Banca centrale del Paese asiatico, Fakhruddin Ahmed. A questo punto quali sono i maggiori problemi politici che potrebbe vivere il Bangladesh nel prossimo futuro? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al direttore dell’agenzia di stampa “Lettera 22”, Emanuele Giordana:

 

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R. – Il problema è che si è creato una sorta di vuoto di potere: praticamente non c’è un governo e la situazione è in mano ai militari e questo è piuttosto pericoloso in un Paese di tradizioni democratiche piuttosto fragili e con una polarizzazione, più che attorno a due programmi, attorno a due figure, quella della signora Sheikh Hasina e quella della signora Khaleda Zia.Questa è una situazione pericolosa.

 

D. – Il peso politico di questo Paese quanto può influire nell’area asiatica?

 

R. – Ci sono forti preoccupazione, anche perché noi dobbiamo tener conto del fatto che il Bangladesh si trova ai confini dell’India, Paese in questo momento in grande crescita e che ha ai suoi confini una serie di situazioni conflittuali gravi. Basti pensare a quella dello Sri Lanka  o a quella del Nepal, che sembra essere l’unica in via di risoluzione positiva; e adesso c’è anche la situazione del Bangladesh che ha ormai delle forti frizioni con l’India. Anche perché c’è un fatto che forse pochi sanno: recentemente in Assam, una regione nel nord-est dell’India, ci sono stati diversi omicidi mirati e il Bangladesh è stato accusato, in realtà, di favorire la guerriglia assamese e di ospitarne le basi, creando un elemento di fortissima tensione con New Delhi, perché gli omicidi mirati hanno ucciso circa 70 persone. Questa è la situazione quadro, per cui la preoccupazione – soprattutto dell’India – è piuttosto comprensibile. E questo perché avere ai suoi confini uno Stato, in questo momento, praticamente senza potere, governato dalla legge marziale e dal coprifuoco è sicuramente un elemento di preoccupazione forte.

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Ennesima sciagura in una miniera in Cina: l’esplosione in un impianto minerario di grisu nel nord del Paese ha provocato la morte di almeno 13 persone. Lo riferisce l’agenzia “Nuova Cina” aggiungendo che la tragedia è avvenuta ieri. Secondo il “China Labour Bullettin”, gli incidenti mortali nelle miniere cinesi sono diminuiti del 20 per cento nel 2006. Ma la situazione rimane grave: le persone rimaste uccise in seguito ad incidenti avvenuti nelle miniere sono state, lo scorso anno, più di  4700. La causa principale degli incidenti è la mancata applicazione delle misure di sicurezza.

La Francia e Timor Est hanno sottoscritto il patto di non-aggressione dell'Associazione delle Nazioni del Sud-Est asiatico (ASEAN), volto a rafforzare le relazioni diplomatiche e commerciali con i Paesi membri. L’accordo è stato raggiunto in apertura del vertice annuale dell’organizzazione regionale, iniziato stamani a Cebu, nelle Filippine. La Francia è così il primo Paese europeo ad aderire al Trattato di cooperazione dell’ASEAN. Sono anche state raggiunte intese per la creazione di una zona di libero scambio e per combattere il terrorismo e la povertà. Il patto antiterrorismo e contro il crimine transnazionale impegna in particolare i Paesi membri allo scambio di informazioni.

Il piano annunciato dal presidente americano George Bush per l’Iraq “rappresenta una visione comune e un’intesa tra i governi iracheno e statunitense”. E’ quanto si legge in una nota diramata dall'ufficio del primo ministro iracheno, Nouri Al Maliki. Negli Stati uniti, intanto, il capo della Casa bianca ha ammonito l’opposizione democratica contro ogni tentativo di tagliare i fondi per sostenere le operazioni militari in Iraq. Coloro che si oppongono al nuovo piano – ha aggiunto Bush - devono mettere sul tavolo una proposta alternativa. Il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha esortato poi i Paesi arabi moderati a “reintegrare l’Iraq nel mondo arabo” per contenere l’influenza dell'Iran nella regione.

Il primo ministro palestinese, Ismail Haniyeh, ha accusato Israele e Stati Uniti, a poche ore dall’arrivo del segretario di Stato americano Condoleezza Rice nella regione mediorientale, di “spingere i palestinesi alla guerra civile”. Secondo Haniyeh, i due Paesi “stanno cercando di trasformare il conflitto israelo-palestinese in uno tra palestinesi e vogliono prevenire la costituzione di un’unità nazionale palestinese”. Il premier si è anche appellato ai palestinesi perché termini “ogni forma di conflitto interno” e perché cessino i sanguinosi scontri tra sostenitori di Hamas e di al Fatah.

In Spagna, dopo l’attentato dell’ETA, del 30 dicembre scorso all’aeroporto di Madrid, costato la vita a due persone, oggi sarà il giorno delle grandi manifestazioni contro il terrorismo per l’affermazione degli ideali di pace e convivenza. Ma non mancano le polemiche. Dalla Spagna, padre Ignacio Arregui:

 

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Sarebbe dovuta essere una giornata di unione di tutte le forze politiche e sociali, di difesa unanime degli stessi valori fondamentali ma non sarà così. Come ha confessato il presidente della regione basca, “noi responsabili politici non siamo sempre all’altezza delle circostanze”. Le due grandi manifestazioni avranno luogo oggi pomeriggio, una a Madrid e l’altra a Bilbao. Quella di Madrid è stata convocata dalle associazioni degli immigrati ecuadoregni presenti in Spagna e dai due sindacati confederali nazionali; lo slogan sarà “per la pace contro il terrorismo”. I dirigenti del partito popolare hanno deciso di non partecipare alla manifestazione perché da parte del governo non c’è una rinuncia definitiva al dialogo con l’ETA. A Bilbao la manifestazione è stata convocata, invece, dal governo nazionalista moderato della regione basca; in questo caso lo slogan era “per la pace e il dialogo” ma dato che anche Batasuna, il braccio politico dell’ETA, era pronto a partecipare alla manifestazione, allora lo slogan è stato modificato aggiungendo, “esigiamo dall’ETA la fine della violenza”. In questo modo il movimento di Batasuna ha rinunciato alla sua partecipazione. A Bilbao sarà assente il partito popolare. L’intolleranza e i calcoli politici impediranno il clima di concordia che avrebbe dovuto caratterizzare una giornata in favore della pace, della solidarietà e contro il terrorismo.

 

Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui

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In Spagna, il giudice Juan del Olmo ha accolto la richiesta della procura e decretato la messa in libertà dell'ex presidente argentina, Isabel Peron, considerando la sua età e il fatto che non c'é pericolo di fuga. Isabel Peron era stata arrestata ieri sera in Spagna da agenti dell’Interpol con l’accusa di coinvolgimento nella scomparsa di un giovane avvenuta a Mendoza nel 1976.

 

In Italia, il vertice di Caserta, che si è chiuso ieri dopo due giorni di lavori, ha fissato le priorità dell’azione di governo per il 2007: dal Sud, allo Stato sociale al federalismo fiscale. Ma è sulle questioni delle liberalizzazioni e della riforma delle pensioni che si è avuto tra le diverse anime della maggioranza il confronto più serrato, destinato a proseguire nelle prossime settimane. Il premier Prodi si è comunque mostrato soddisfatto per l’esito del vertice, mentre per l’opposizione  l’incontro ha segnato la sconfitta dei riformisti. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Le attese e gli obiettivi del vertice di Caserta erano molti e non del tutto coincidenti. L’ala riformista dell’Unione chiedeva una svolta immediata: una fase due del governo dopo la legge finanziaria, con un nuovo pacchetto di liberalizzazioni e una revisione del sistema previdenziale. La sinistra radicale propugnava il rispetto del programma elettorale, ad esempio con la riforma della legge Biagi sul mercato del lavoro e più risorse per lo stato sociale. Il premier Romano Prodi, che nega una contrapposizione all’interno della maggioranza, ha cercato di fare una sintesi delle diverse esigenze. Ha assicurato che le riforme andranno avanti, ma ha spiegato che quella delle pensioni va accompagnata e sostenuta da una messa a punto di tutto lo stato sociale, a partire da nuovi ammortizzatori sociali. Ha preso poi in mano in prima persona la partita delle liberalizzazioni. E intanto ha fatto approvare dal Consiglio dei ministri, il primo nella storia della Repubblica a svolgersi lontano da Roma, un piano di rilancio per il Mezzogiorno, al quale nei prossimi sette anni saranno destinati cento miliardi di euro. Il premier scommette sulla tenuta del suo governo per l’intera legislatura. Ma certamente già da oggi dovrà lavorare per mantenere l’equilibrio nella sua coalizione. Alla soddisfazione della sinistra radicale fanno infatti da contrappunto le perplessità, quando non i malumori, dei riformisti. Il ministro dell’Economia Padoa-Schioppa auspicava un impegno più chiaro sulle pensioni. Il ministro per lo Sviluppo economico Bersani teme una frenata sulla strada delle liberalizzazioni. Sullo sfondo, la costruzione del Partito democratico che agli occhi di alcuni osservatori sembra ora essersi complicata a causa delle tensioni tra DS e Margherita proprio sul tema liberalizzazioni. Dall’opposizione arrivano forti critiche: il vertice di Caserta, viene sottolineato, segna la definitiva sconfitta dei riformisti e la conseguente irreversibile crisi del Governo.

 

Giampiero Guadagni, per la Radio Vaticana.

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