RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 12 - Testo della trasmissione di venerdì 12 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Rivendicato
da un gruppo di estrema sinistra l’attentato contro la sede dell’ambasciata
americana ad Atene che, fortunatamente, non ha causato vittime
In Somalia
almeno 6 morti per una sparatoria davanti al palazzo presenziale. A Mogadiscio,
intanto, importante accordo tra governo e signori della guerra
In Afghanistan
16 civili e 13 talebani uccisi in un raid congiunto della NATO
con le forze afghane
12 gennaio 2007
“SIAMO
TUTTI CHIAMATI AD ESSERE CUSTODI DEL NOSTRO PROSSIMO”: L’ESORTAZIONE DI
BENEDETTO XVI, NELL’UDIENZA DI INIZIO ANNO ALL’ISPETTORATO
GENERALE DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL
VATICANO
Accompagnare sempre il nostro prossimo, nei momenti di
gioia come in quelli di difficoltà: è l’esortazione di Benedetto XVI, levata
durante l’udienza di stamani al personale dell’Ispettorato Generale di Pubblica
Sicurezza presso il Vaticano. Un incontro nel quale il Pontefice ha espresso
l’apprezzamento per il servizio prestato dagli agenti di polizia nei luoghi che
costituiscono il cuore della Roma cristiana. A rivolgere l’indirizzo d’omaggio
al Papa, il dirigente dell’Ispettorato, dott. Vincenzo Caso. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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“Possa ciascuno sentirsi aiutato e custodito dalla vostra
presenza e sia così favorito nel partecipare al grande patrimonio spirituale della
comunità cristiana”: è la riflessione offerta dal Papa al personale
dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Un’udienza
che ha dato l’occasione al Pontefice di ringraziare gli agenti per il loro
impegno nella “custodia dei luoghi e della cura delle persone”. Cura e
custodia, ha sottolineato, sono proprio gli “elementi essenziali per comprendere
il reale significato dell’impegno” che viene richiesto
a quanti operano nella pubblica sicurezza:
“Avete il compito di
custodire e di sorvegliare luoghi che hanno un valore inestimabile per la
memoria e la fede di milioni di pellegrini; luoghi che contengono grandi tesori
di storia e di arte, ma dove soprattutto avviene, per imperscrutabile mistero,
l’incontro vivo dei fedeli con il Signore Gesù”.
I pellegrini, ha aggiunto, spalanchino “il cuore
all’incontro con il Dio vero e vivificante”. Benedetto XVI ha, così, levato
un’esortazione a tutti fedeli, affinché sappiano sempre aiutare il prossimo in
difficoltà:
“Siamo tutti
chiamati ad essere custodi del nostro prossimo. Il Signore ci chiederà conto
della responsabilità a noi affidata, del bene o del male che avremo compiuto
nei confronti dei nostri fratelli: se li avremo accompagnati con attenzione nel
cammino quotidiano, facendoci partecipi delle ansie e delle gioie manifestate
dal loro cuore; se ci saremo affiancati, in modo discreto ma costante, al loro
viaggio e li avremo aiutati e sorretti quando la strada si faceva più impegnativa
e faticosa”.
“Cari amici – ha proseguito – portiamo insieme i pesi gli
uni degli altri, condividendo la gioia di appartenere al Signore e di vivere
costantemente alla luce del suo Vangelo, parola di verità che salva”. Infine,
l’invocazione del Papa a Maria, affinché all’inizio del nuovo anno possiamo “amare,
gioire e vivere nella fede del Figlio di Dio”, affidandole “ogni tristezza,
ogni ansa e speranza”.
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STAMANI,
DAL PAPA I VESCOVI DELLA CAMPANIA, IN VISITA
AD LIMINA.
AI
NOSTRI MICROFONI, IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE, ARCIVESCOVO DI NAPOLI, SOTTOLINEA
L’IMPEGNO DELLA CHIESA NEL DARE NUOVA SPERANZA
ALLA
POPOLAZIONE CAMPANA, PROVATA DA MOLTE DIFFICOLTA’
Sono
riprese dopo la pausa natalizia le visite ad
Limina dei vescovi delle varie regioni italiane. Stamani, il Papa ha
ricevuto i presuli della Campania, guidati dal loro presidente, il cardinale
Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Con 25
circoscrizioni ecclesiastiche, la Campania vanta il record della conferenza
episcopale regionale più numerosa d’Italia. I suoi 6 milioni di abitanti sono affidati
alla cura pastorale di 2293 sacerdoti e 1392 religiosi (dati Annuario 2006).
Ben 1829 le parrocchie distribuite sul territorio campano. Nel 61, quando San
Paolo sbarcò a Pozzuoli, trovò in terra campana alcuni
“fratelli”, segno che il cristianesimo era già approdato in questa parte
dell'Italia meridionale. La religiosità del popolo della Campania è
testimoniata, nel tempo, dalla nascita di confraternite e opere di carità, di
abbazie, di chiese e santuari. Oggi, la gente campana deve spesso confrontarsi
con sfide urgenti poste dal grave disagio sociale in cui vive la regione:
povertà, disoccupazione e diffusa criminalità. Cosa, dunque, in questi giorni,
i vescovi porteranno della loro esperienza al Papa? Francesca
Sabatinelli lo ha chiesto al cardinale Crescenzio Sepe:
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R. – Abbiamo la speranza che questo incontro con il Santo
Padre dia nuova energia, nuovo vigore e nuova fiducia a noi vescovi, perché la
possiamo poi trasmettere ai nostri sacerdoti, e che la visita ad Limina sia l’occasione per un maggiore
impegno, maggiore volontà di dedicarci completamente a Cristo e al Suo Regno,
per il bene della Chiesa, per il bene della società. Al Santo Padre rendiamo il
nostro omaggio: la nostra devozione molto sentita in tutte le nostre diocesi; e
poi, la nostra preoccupazione è anche quella di presentare al Papa le luci e le
ombre che fanno parte di tutto il dinamismo pastorale che la Chiesa in Campania
sta affrontando, soprattutto in questi ultimi tempi.
D. – Eminenza, lei parla di luci ed ombre. Dunque la
Chiesa campana in questo momento si trova di fronte a molte sfide?
R. – Sì, certamente. Innanzitutto, parliamo di luci:
esiste una realtà molto forte, molto dinamica a
livello dei vescovi, naturalmente, ma anche dei sacerdoti e di tutti i membri della
Chiesa. Esistono delle iniziative molto radicate nel territorio: tutta la
pastorale familiare, la pastorale giovanile e in modo particolare una profonda
spiritualità comunionale che contraddistingue i sacerdoti; l’espressione di
quella carità sociale che spesso è stata sottolineata dai Sommi Pontefici,
trova qui un’applicazione molto concreta e molto vivace, a cominciare dai
bambini, ai giovani, alle famiglie, agli anziani, ai disoccupati, alle varie
emergenze del territorio che sono esplose soprattutto in questi ultimi tempi, e
cioè questo fenomeno malavitoso che si estende su tutto il territorio
regionale. Tutte queste emergenze costituiscono certamente un motivo di impegno
ecclesiale e sociale, ma anche delle sfide che vanno affrontate ogni giorno, sfide
che vedono impegnata tutta, tutta la Chiesa in collaborazione anche con le
istituzioni civili, proprio per un rilancio e una promozione dei nostri
territori.
D. – Lei ha parlato di Napoli, auspicando che questa città
e in generale tutta la regione, ritrovino la forza, l’inventiva, la generosità,
la solidarietà che hanno sempre contraddistinto le persone. Però la campagna,
Napoli, è anche povertà. Di che povertà si parla, oggi?
R. – Innanzitutto, di una povertà di ordine sociale ed
economico, alla quale bisogna assolutamente porre rimedio. Credo che la vera
povertà è questo pessimismo che sta invadendo la nostra società un po’ a tutti
i livelli, come se si fosse creato uno strato di sfiducia che non farebbe più
sperare in un recupero, mentre c’è una gran parte della gente, della
popolazione che vuole cambiare, che pensa che le cose possano avere una nuova
dimensione. Io credo che si sta passando in una sorta di momento buio, come in
una notte, ma io sono certo che ci sono anche delle stelle che continuano ad
illuminare queste tenebre, questa notte.
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ALTRE
UDIENZE E NOMINE
Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio in udienza il
cardinale William Joseph Levada,
prefetto della Congregazione per
In Colombia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale dell’arcidiocesi di Santa Fe de Antioquia presentata da mons. Ignacio
Gómez Aristizabal, per
raggiunti limiti di età.
Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Santa Fe de Antioquia mons. Orlando
Antonio Corrales García,
finora vescovo di Palmira. Mons. Orlando Antonio Corrales García è nato ad Abejorral, nella diocesi di Sonsón
- Rionegro, il 26 gennaio
DELLA
PROSSIMA CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO
I grandi temi della fede e le urgenze sociali saranno al
centro della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei
Caraibi, che si terrà ad Aparecida in Brasile dal 13
al 31 maggio e verrà inaugurata dal Papa. Stamane in Sala Stampa vaticana a fare il punto dei
preparativi è stato padre David Gutiérrez Gutiérrez, direttore dell’Ufficio
stampa del CELAM, il Consiglio episcopale latinoamericano. Il servizio di
Roberta Gisotti.
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Grande attesa per questo importante evento per i popoli
latinoamericani, che giunge a 15 anni dall’ultima Conferenza di Santo Domingo
nel ’92, e che sarà incentrato sul tema indicato da Benedetto XVI: “Discepoli
missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i popoli abbiano vita”. Un tema che
vuole riportare la fede al centro della vita delle persone, come ha spiegato
padre Gutiérrez:
“Questo è importante, perché una delle motivazioni che
abbiamo e che non possiamo tralasciare è il fatto che molti dei nostri credenti
stiano lasciando il cattolicesimo. Allora la domanda è: perché? Forse una prima
risposta, non so se sbagliata, è che siamo stati attaccati dalle sette e allora
dobbiamo creare dei meccanismi per contrastare l’influenza delle sette. Il
problema, però, non sono solo le sette, ma sono anche i nostri credenti. Che
cosa sta succedendo? Perché c’è debolezza nella fede dei nostri credenti, che
davanti a qualunque proposta non rimangono fermi nella fede? Il tema è, quindi,
centrato sulla persona, sui credenti come discepoli di Cristo e su come questo
possa diventare un lavoro di condivisione con gli altri. Per questo il lavoro
del missionario non è solo vivere una fede intimista, ma anche una fede
condivisa con gli altri”.
E’ stato lungo e laborioso il lavoro preparatorio della
Conferenza per rispecchiare quanto più possibile le istanze delle Chiese locali
e della società civile dei vari Paesi, ha spiegato ancora padre Gutiérrez:
Il materiale raccolto, oltre 2500 pagine, è ora al vaglio
di 9 esperti teologi, filosofi, sociologi e altre discipline sociali, che entro
la fine di febbraio presenteranno un documento di sintesi, che sarà inviato ai
vescovi ed anche reso pubblico, per una riflessione ulteriore prima dell’avvio
dei lavori, cui parteciperanno almeno 176 vescovi dell’America Latina della
Spagna e del Portogallo, ed anche – questa la novità di questa Conferenza –
degli Stati Uniti e del Canada, anche loro con diritto di voto. Oltre ai
presuli parteciperanno 24 sacerdoti diocesani, 23 religiosi, 4 diaconi, 17
laici, 6 rappresentanti ecumenici, 5 delegati di organismi umanitari e 15
esperti. Tra i temi urgenti che saranno di certo dibattuti: le sette, gli
emarginati, la sperequazione tra ricchi e poveri, la violenza ed il
narcotraffico, il ruolo della donna nella Chiesa, i giovani ed anche le sfide
della politica. In chiusura dei lavori sarà presentato un Documento finale, poi
sottoposto in tempi brevi all’approvazione del Papa, per essere poi diffuso
capillarmente, e altra rilevante novità sarà l’avvio di una grande Missione
continentale per il rinnovamento pastorale. Circa la presenza di Benedetto XVI,
padre Gutiérrez ha detto che non sono ancora note
altre eventuali tappe del suo programma di viaggio, che prevede l’arrivo nella
città di San Paolo, dove certamente – come ha anticipato la Conferenza
episcopale brasiliana – celebrerà una Messa pubblica ed incontrerà i giovani.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - L'udienza del Papa ai dirigenti
e agli agenti dell'Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza presso il
Vaticano.
Servizio estero - Iraq: il segretario di Stato Usa,
Condoleeza Rice, accusa l'Iran
e la Siria di volere destabilizzare la regione.
Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo "L'occasione per un fecondo
dialogo fra antiche e nuove forme di collezionismo": ai Musei Capitolini
una mostra di dipinti dell'area emiliano-romagnola
dal XV al XVIII secolo.
Servizio italiano - Governo; una cabina di regia
per le liberalizzazioni. Il vertice di Caserta.
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12 gennaio 2007
LA FORTE TESTIMONIANZA DEI PARENTI DELLE
VITTIME DELL’ECCIDIO
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Intervista con mons. Bruno Molinari -
La luce del perdono cristiano sulla efferata strage di
Erba. E’ la speranza che ci offrono i parenti di tre delle quattro vittime
dell’eccidio compiuto l’11 dicembre scorso in questa cittadina lombarda, per
una banale lite condominiale, dai coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, ora in carcere. E’ la testimonianza in particolare
di Carlo Castagna che ha perso la moglie, la figlia e il nipotino di due anni:
“Li perdono e li affido al Signore – ha detto – bisogna finirla con l’odio che
non porta da nessuna parte”. E l’anziana bisnonna del piccolo Youssef, esortando i propri cari a sdraiarsi sulla Croce di
Cristo, ha detto: “Dobbiamo lasciare uno spazio nel nostro cuore per gli
assassini”. Domani alle 10.30 il vicario episcopale per la zona di Lecco, mons.
Bruno Molinari, presiederà nella chiesa di Santa
Maria Nascente di Erba i funerali della moglie di Carlo Castagna. Luca Collodi
gli ha chiesto di commentare il coraggio del perdono dei parenti delle vittime:
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R. – Qui sì, dobbiamo parlare di perdono. E’ un linguaggio
profondamente umano ed è una parola che fa parte in modo del tutto speciale del
nostro vocabolario cristiano. Certo, il perdono non toglie la necessità che la
giustizia umana faccia il suo corso. Credo che a volte diventi difficile,
soprattutto nel momento immediato, parlare di perdono. Qui la lezione ci è venuta
con molta tempestività e con grande convinzione proprio da colui che più di
tutti è stato colpito e che nella fede ha trovato la speranza, il coraggio
della misericordia, della pietà. Io ricordo che già all’indomani del delitto,
incontrando il signor Carlo Castagna, ho ricevuto da lui questo pensiero: “La
fede per me, in questi giorni, come in tutta la mia vita, è come il lembo del
mantello del Signore. Mi aggrappo lì, per trovare forza”. Io penso che questo
sia stato il pensiero di Carlo, del suo partecipare quotidiano alla Messa
durante questo mese. Mi pare che per nessuno sia facile perdonare. Si può farlo
soltanto a partire da salde convinzioni interiori, a partire da quella
misteriosa risorsa della fede e della vera carità cristiana.
D. – Come un uomo di Chiesa come lei, che è impegnato pastoralmente in zona, ad Erba, si spiega una vicenda di
cronaca così orrenda?
R. – Il motivo della strage non è stato la pazzia, la
follia di qualcuno – a volte all’origine dei fatti delittuosi – non è stato
neanche l’avidità di una rapina, come purtroppo tante volte accade, ma è stato
proprio un regolamento di conti per cause banali: una lite in un cortile tra
vicini di casa. Questo mi fa domandare come possa
succedere una cosa del genere. Io penso che al di là delle
cause contingenti dobbiamo fare un discorso di valore e domandarci se
non siamo – e io penso di sì – in un tempo in cui c’è uno sgretolarsi
progressivo, un affievolirsi del valore prezioso, assoluto della vita. Mi
sembra che con facilità si arrivi al disprezzo, anche evidente, della vita. E
poi mi sembra ci sia anche una logica di impazienza, di intolleranza, di prepotenza
nel rapporto breve della vita quotidiana, il pensare che la vita di altri possa
valere meno del mio diritto, anche minimo, anche di poco conto. Mi pare di
vedere tra le persone un tasso di litigiosità, di aggressività che è veramente
fuori norma. Penso sia dovuto all’egoismo,
all’orgoglio, alla fretta del nostro tempo.
D. – Mons. Molinari,
proprio questo è uno dei punti… Lei non nota un’eccessiva conflittualità nella
società italiana, in questo periodo?
R. – Sì, direi che sia a livello generalizzato. Poi si
traduce anche nella concretezza della vita quotidiana. Quando vedo, per puro
caso, pezzetti di trasmissioni televisive, dove la litigiosità è proprio il
sale che si mette volutamente sulle ferite della gente per farla arrabbiare,
per farla reagire, da lì poi si crea anche un clima, un modo di fare, che si
vede poi nell’incapacità di controllarsi, che è più diffusa di quanto non
sembri. In strada – sono molto in giro per le strade, a causa del mio ministero
– quante volte si nota questa incapacità di controllarsi, nei luoghi di lavoro,
nella scuola, nei luoghi del divertimento e perfino in famiglia! Qualche volta
mi dà l’impressione che ci sia un venir meno del senso
della realtà. Certe cose possono accadere dove si perde la misura del reale, in
un mondo dove sembra sempre più fragile e insicura la linea di demarcazione tra
quello che è vero e quello che è virtuale. Qualche volta la gente a furia di
stare davanti alla televisione forse perde anche il senso della realtà. Crede
di essere, forse, in un film.
D. – Mons. Molinari,
davanti a questo episodio tristissimo, questa strage di Erba,
R. – Io penso che il primo compito della Chiesa sia quello
di educare al senso di Dio e della fede in Lui. Per usare parole antiche, dove
c’è il santo timore di Dio non si può arrivare all’efferatezza di questi
delitti. Invece, più l’uomo si allontana da Dio, più perde il senso della
pietà. Se non si è più figli, non si è neanche più fratelli. Altro compito
proprio della Chiesa è quello di risvegliare, mantenere vivo, educare continuamente
ad un alto senso morale, cioè alla chiara distinzione fra il bene e il male,
una distinzione che forse oggi molti hanno smarrito. Allora, penso a quella
preziosa e antica bussola che sono i comandamenti: quinto, non uccidere. E’
chiaro, senza possibilità di fraintendimenti. Il punto vero è che il male, dice
D. – Qualche osservatore, con prudenza, parla anche di una
presenza del Maligno in questa strage di Erba…
R. – Sì, io userei certo questa prudenza, ma noi dobbiamo
saper dare il nome vero al male, che in generale abita come una ferita, da
sempre, il cuore dell’uomo. Basta ritornare alle prime pagine della Bibbia per
capire che davvero questo nome che vuole contrastare il progetto di bene, di
salvezza e di amore di Dio c’è, è effettivo, è vero. La sapienza antica ci dice
anche che l’azione del Maligno in genere cerca sempre di nascondersi, di
infilarsi dentro alla normalità della vita quotidiana, però c’è e lavora.
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12 gennaio 2007
“L’UNIONE
EUROPEA DIVENTI IL PIÙ FORTE DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO”:
COSÌ, HUMAN
RIGHTS WATCH, CHE NEL SUO RAPPORTO ANNUALE DENUNCIA
LA PERDITA DI
CREDIBILITÀ DEGLI STATI UNITI
E UN PEGGIORAMENTO
DELLA SITUAZIONE IN CINA E RUSSIA
- A cura di Roberta Moretti -
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NEW YORK. = L’Unione Europea deve colmare il vuoto di leadership
causato dalla perdita di credibilità degli Stati Uniti in materia di diritti
umani: è quanto afferma l’organizzazione Human Rights Watch, che nel suo
Rapporto annuale fotografa un pianeta afflitto da numerose e gravi violazioni.
Lo studio è stato reso noto ieri, nel quinto anniversario dell’apertura del
campo di detenzione USA di Guantanamo. Human Rights Watch ribadisce l’appello
per la chiusura di Guantanamo e critica il presidente americano, Bush, che ha definito le prigioni segrete della CIA come
“un insieme di procedure alternative di interrogatorio”. Esorta poi la Germania, alla presidenza di turno UE, ad adottare
“misure coraggiose per dare vita a una politica estera europea” in grado di
proteggere i diritti umani nel mondo. In Cina, in particolare, la situazione si
è fortemente deteriorata nel 2006 e i programmi di aiuti all’estero di Pechino
forniscono una nuova opzione ai dittatori del pianeta, come nei casi di Sudan,
Zimbabwe e Myanmar. Situazione aggravata anche in Russia, con l’uccisione, tra
l’altro, della giornalista Anna Politkovskaya. Rimane
in Darfur il quadro “più urgente”, mentre un
peggioramento si registra in Iraq, con l’aumento delle violenze
interconfessionali, con i gruppi armati sciiti e sunniti che prendono di mira i
civili della comunità opposta. E in Medio Oriente i civili sono stati vittime
di attacchi indiscriminati sia dell’esercito israeliano, che di Hezbollah, nel
conflitto che a luglio ha provocato più di mille morti. Israele ha poi
aumentato le restrizioni alla libera circolazione dei palestinesi,
incoraggiando l’impunità dei suoi soldati. “Nel caso il muro divenisse una
frontiera permanente – afferma Human Rights Watch – questo
significherebbe l’annessione da parte di Israele di circa il 10 per cento della
Cisgiordania”. D’altra parte, l’ANP fa poco o nulla per impedire che i gruppi
armati palestinesi continuino a lanciare razzi su istallazioni civili nello
Stato ebraico. Se poi l’Afghanistan è “sul punto di ridiventare un santuario”
per le violazioni dei diritti umani, in Iran continuano le torture e i
maltrattamenti dei dissidenti detenuti. Stessa situazione in Arabia Saudita,
dove, malgrado le pressioni internazionali, rimane
ulteriormente compromessa anche la libertà d’espressione e d’associazione, con
le donne discriminate e strettamente controllate dalla polizia religiosa. Da
segnalare, infine, la Corea del Nord, dove i diritti fondamentali continuano a
essere negati alla popolazione.
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AVVIATA LA COSTRUZIONE, IN TURCHIA,
DI UN CENTRO INTERCULTURALE
E INTERRELIGIOSO
INTITOLATO A DON ANDREA SANTORO, IL SACERDOTE
ROMANO ASSASSINATO
DA UN FANATICO A TREBISONDA IL 5 FEBBRAIO
SCORSO. IERI, L’ANNUNCIO AL PAPA
DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE LAZIO, CHE
FINANZIA I LAVORI
TREBISONDA/ISKENDERUN. = Si avvera il sogno di don Andrea Santoro:
aprirà a maggio, in Turchia, un centro interculturale e interreligioso
intitolato al sacerdote romano assassinato da un fanatico a Trebisonda il 5
febbraio dello scorso anno. L’annuncio della realizzazione è stato
dato ieri al Papa, durante l’udienza con il presidente della Regione Lazio,
Piero Marrazzo, la cui giunta finanzierà interamente
il progetto con circa 250 mila euro, la metà dei quali sono stati già erogati.
Il 25 gennaio del 2006, pochi giorni prima di morire, don Santoro aveva inviato
una lettera alla Regione Lazio proprio per chiedere un interessamento ai fini
di un contributo. “In un contesto come la Turchia, in cammino verso una
possibile integrazione europea e al centro tra Europa e il resto del Medio
Oriente – spiegava – questo centro potrebbe contribuire ad avvicinare mondi
distanti, a colmare vuoti culturali, a gettare ponti tra rive distanti e ad
aprire ‘finestre’ su muri senza aperture. In particolare, potrebbe aiutare
l’Islam a entrare maggiormente in dialogo, accogliendo la diversità ed
evitandola palude del fondamentalismo”. La struttura sorgerà a Iskenderun, sede del vicariato apostolico dell’Anatolia, e
in parte anche a Trebisonda. Al momento, è stata già avviata la costruzione
della sala convegni multimediale. Nel frattempo, inizieranno i lavori per la
biblioteca, con testi relativi alle tre grandi religioni monoteiste: ciascun
libro sarà disponibile sia in turco, che in inglese. (R.M.)
“ACCOGLIERE E PROMUOVERE LA VITA”: È IL TITOLO
DI UNA DICHIARAZIONE
DEI VESCOVI
DEL CILE SULLE RECENTI “NORME NAZIONALI
PER LA REGOLAZIONE DELLA FERTILITÀ”, CHE AUTORIZZANO LA
DISTRIBUZIONE
DELLA PILLOLA ALLE MINORI DI 14 ANNI CHE LA RICHIEDANO
- A cura di Luis
Badilla –
SANTIAGO DEL CILE. = “Misure unilaterali che
ostacolano la costruzione di un cammino sicuro verso la promozione dello
sviluppo integrale basato sui valori”: così, la Conferenza episcopale del Cile
definisce in una nota le “Norme nazionali per la regolazione della fertilità”,
con cui il 2 settembre scorso il ministero della Sanità locale ha autorizzato
la distribuzione della pillola alle minori di 14 anni che la richiedano. La
dichiarazione, intitolata “Accogliere e promuovere la vita”, è stata elaborata
in base a una ricerca interdisciplinare affidata ad esperti della Pontificia
università cattolica del Cile. “Il dono della vita è sacro – affermano – e il
rispetto per la vita non è una questione da discutere, poiché tale discussione
non può essere il pretesto per indurre e giustificare gli attacchi contro le
fondamenta della società”. Per i vescovi, alcune delle Norme per la regolazione
della fertilità “attentano ai beni sociali fondamentali, come la libertà dei
genitori a decidere sull’educazione dei figli”. “Il relativismo etico applicato
alla visione antropologica – sottolineano – mette a repentaglio il rispetto per
la vita e per la dignità delle persone”. E puntualizzano: “Siccome è probabile
che le misure cosiddette ‘anticoncezionali d’emergenza’ abbiano come effetto
l’aborto, il suo uso è inaccettabile dal punto di vista etico per coloro che
rispettano la vita umana. Così come ieri la difesa dei diritti umani ha
richiesto l’accompagnamento delle vittime di ogni tipo di violenza, oggi è
richiesta la difesa di coloro che sono incapaci di difendersi”. Con la
consulenza dei giuristi, i presuli sostengono che le Norme del ministero della
Salute colpiscano l’ordinamento giuridico cileno e allontanino lo Stato dalle
persone e dalle famiglie, nell’ambito dell’adempimento dei suoi doveri al riguardo.
L’episcopato afferma inoltre che tali Norme sono
incostituzionali, poiché violano almeno tre garanzie fondamentali: il diritto
alla vita; il diritto alla vita privata; e il diritto preferenziale dei
genitori a educare i propri figli. Citando il magistero di Giovanni
Paolo II, i presuli cileni affermano di non volere per il Cile quanto sta
succedendo in altri Paesi, dove “la democrazia”, nonostante le sue regole,
s’indirizza verso un cammino di totalitarismo fondamentale. “Lo Stato -
continuano – si trasforma in uno Stato tiranno, che presuppone di aver il
diritto di disporre della vita dei più deboli e indifesi, da un bimbo non
ancora nato fino all’anziano, e ciò in nome dell’utilità pubblica che, in
realtà, non è altro che l’interesse di alcuni”. “Il Vangelo della vita, centro
del messaggio di Gesù – concludono i vescovi – è una buona notizia per la
nostra Patria”.
LA SALVAGUARDIA DEI CIVILI PRIMA DI TUTTO:
E’ IL MONITO DELL’AMMINISTRATORE APOSTOLICO DI
MOGADISCIO,
MONS. GIORGIO BERTIN, IN MERITO ALLA DRAMMATICA SITUAZIONE IN
SOMALIA
MOGADISCIO.= “Anche
nella ricerca di criminali, il principio etico irrinunciabile della salvaguardia
dei civili deve essere rispettato”: lo ha detto alla MISNA mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo
di Gibuti. L’attenzione è rivolta alla complessa
situazione in Somalia, dove in questi giorni un numero elevato, ma ancora imprecisato,
di civili ha perso la vita nei raid
aerei americani ed etiopici nel sud del Paese. Dopo la caduta di Siad Barre nel 1991, “i più deboli – ha dichiarato - sono
quelli senza voce, che non hanno un clan forte, rimasti fuori
dalla società in questi 16 anni di caos e anarchia”. Si tratta “di
gruppi vulnerabili che hanno sempre voluto la rinascita dello Stato in
Somalia”. Secondo l’amministratore apostolico, che ha vissuto in Somalia dal
1978 all’inizio degli anni ‘90, per uscire da questa grave crisi “occorre un
governo forte e serve un ruolo responsabile da parte del governo e della
comunità internazionale”. (A.D.F.)
CATHOLIC CHARITIES USA, CHE
RIUNISCE 1.400 AGENZIE CATTOLICHE STATUNITENSI IMPEGNATE NEL SOCIALE, LANCIA
UNA CAMPAGNA PER
DIMEZZARE
LA POVERTA’ NEL PAESE ENTRO IL 2020
WASHINGTON. = Dimezzare entro il 2020 la povertà negli Stati Uniti: è
l’ambizioso obiettivo di una nuova campagna lanciata dai Catholic Charities USA,
l’associazione che riunisce le 1.400 agenzie cattoliche impegnate nel sociale
negli Stati Uniti. L’iniziativa è stata presentata mercoledì a Washington,
mentre
SIGLATO UN ACCORDO, NELLO STATO MESSICANO DEL CHIAPAS,
TRA IL GOVERNO FEDERALE E QUELLO CENTRALE CONTRO L’ANALFABETISMO.
10 MILA VOLONTARI SARANNO IMPEGNATI IN 2.700 I CENTRI DIDATTICI
PER INSEGNARE A LEGGERE E A SCRIVERE A 100 MILA
PERSONE L’ANNO
TUXTLA GUTIÉRREZ.= “Chiapas Solidario
por la Alfabetización”: è il
nome dell’accordo sottoscritto nello Stato messicano del Chiapas
dal governo federale e quello centrale per eliminare l’analfabetismo. Come
riferisce l’Agenzia Misna, sono mezzo milione le
persone non scolarizzate in Chiapas,
che nel 1994 fu teatro della sollevazione in armi dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN). L’obiettivo
dell’accordo è “insegnare a leggere e a scrivere a 100 mila persone l’anno,
grazie a risorse straordinarie stanziate dall’esecutivo
centrale”, ha spiegato il ministro della Pubblica Istruzione, Josefina Vázquez. Il governo del
presidente, Felipe Calderón,
“ha messo il Chiapas al primo posto della sua
agenda”, ha aggiunto Vázquez. Il Chiapas,
infatti, è uno Stato-campione, che inaugurerà un
progetto più ampio destinato a 6 milioni di messicani. A partire da febbraio,
10 mila volontari – tra esponenti della società civile, delle università, ma
anche delle forze armate – saranno impegnati nel progetto e 2.700 centri
didattici saranno allestiti in tutta la regione. (A.D.F.)
IN CINA, GLI ALTI COSTI SANITARI E GLI ESPROPRI DI TERRE AI CONTADINI
SONO LA CAUSA DEL FORTE DISLIVELLO TRA
CITTÀ E CAMPAGNE: LO DENUNCIA L’ACCADEMIA CINESE DELLE SCIENZE SOCIALI
PECHINO.= Cresce a
dismisura il divario tra ricchi e poveri in Cina: a denunciarlo è un Rapporto
dell’Accademia cinese delle scienze sociali, secondo cui tale dislivello è aumentato
in modo drammatico negli ultimi 20 anni. Come riferisce AsiaNews, il 10% più
ricco possiede circa il 45% dei beni privati, mentre il 10% meno abbiente ha
meno del 2%. A ridurre la popolazione in miseria sono gli elevati costi medici,
pari all’11,8% dei consumi. “L’altissima spesa sanitaria ha spinto molti
contadini e residenti urbani nella povertà”, sostiene il sociologo, Li Peilin, autore del rapporto. La
disparità tra redditi è però causata principalmente dagli abusi compiuti dai
governanti locali a vantaggio di imprese industriali e delle città. Alcuni mesi
fa, circa 40 milioni di contadini sono stati espropriati della loro terra per
costruirvi fabbriche o abitazioni. La maggior parte non ha ricevuto indennizzi
adeguati e i più poveri, privati del proprio terreno, non hanno altre
possibilità di lavoro, né alcuna assistenza sociale. (A.D.F.)
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12 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Il gruppo terroristico greco di
estrema sinistra “Lotta rivoluzionaria” ha rivendicato l’attentato compiuto
questa mattina ad Atene. La polizia ha confermato che è stato lanciato un
razzo dalla strada contro la sede dell’ambasciata statunitense. L’attentato,
fortunatamente, non ha provocato vittime. Secondo alcuni osservatori, l’azione è stata compiuta in
segno di protesta per l’arrivo, ad Atene, dell’inviato speciale dell’ONU per la
Macedonia. Sull’identità di ‘Lotta Rivoluzionaria’, considerata l’organizzazione
terroristica più pericolosa attualmente in Grecia, ecco, al microfono di
Giancarlo La Vella, l’inviato speciale e opinionista
del Corriere della Sera, Antonio Ferrari, raggiunto
telefonicamente ad Atene:
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R. – E’ un gruppo relativamente giovane, nato nel 2003,
dopo lo smantellamento del gruppo terroristico greco più temibile – il 17
novembre – che in un quarto di secolo ha goduto di un’assoluta segretezza,
perché non riuscivano a trovarli, responsabile di 25 morti eccellenti. Ora il
fatto che colpisce di quello che è successo questa mattina è l’audacia. Non ci
sono vittime, non ci sono morti, ma l’effetto dimostrativo di questa cosa è
grave e preoccupante come ha detto lo stesso ambasciatore americano.
D. – Visto l’obiettivo colpito, è ipotizzabile un
contatto, anche se ancora ai primi stadi, di questo gruppo con il terrorismo
internazionale?
R. – La polizia è cauta, anche perché ci sono stati dei movimenti molto particolari negli ultimi tempi. Si parla
di arrivi di persone dall’esterno, si parla anche di arrivi dall’Afghanistan,
certo si tratta di ipotesi ancora non suffragate dai fatti. Esiste il rischio
di una iniezione esterna od anche di qualche presenza
esterna, proprio a cercare di riportare a galla questo network greco, cercando
quindi di imporgli una via diversa. Anche se è molto difficile penetrare questo
piccolo microcosmo, questo network di gruppi estremisti greci. Se così fosse,
se si trattasse di interventi esterni o comunque di una regia esterna, allora
la situazione diventerebbe molto, ma molto più preoccupante.
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In Somalia, uomini armati di un
clan rivale a quello del presidente di transizione somalo,
Abdullahi Yusuf, hanno
aperto il fuoco, questa mattina, contro il palazzo presidenziale a Mogadiscio.
Almeno sei persone sono rimaste uccise nella sparatoria. Poco dopo, i più
importanti “signori della guerra” somali si sono detti pronti a disarmare le
loro milizie e ad unirsi al governo transitorio. Il presidente eritreo ha
dichiarato poi che l’intervento militare etiope e i raid americani, compiuti
nei giorni scorsi, possono provocare “gravi conseguenze” nell’intera regione
del Corno d’Africa. Secondo l’organizzazione non governativa britannica Oxfam, gli attacchi dell’aviazione statunitense hanno
causato la morte di almeno 70 civili, in gran parte pastori nomadi. In Somalia
e nel resto della regione crescono, intanto, gli interessi delle grandi
potenze. Lo conferma Domenico Quirico, africanista
della Stampa, intervistato da Giancarlo La Vella:
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R. – Questo avviene già da qualche tempo, perchè la
penetrazione non soltanto economica, ma anche politica della
Cina, in Africa è una realtà ormai potentemente consolidata sul piano
del rifornimento energetico, del petrolio. Progressivamente vediamo che la Cina sta sostituendo gli Stati Uniti, ma anche la
Francia, ad esempio, che ha conservato in Africa una solida presenza post
imperiale. La sostituisce nei rapporti economici, ma la sostituisce anche nei
rapporti politici e in alcuni casi anche nei rapporti militari. E’ il classico
meccanismo coloniale o imperialista. La dipendenza diventa totale. Attualmente
l’Africa crede di poter giocare tra Cina e Stati Uniti la stessa partita che ha
giocato all’epoca della Guerra Fredda, sfruttando il confronto tra URSS e Stati
Uniti. In Somalia, gli Stati Uniti hanno avuto una grossa chance di diventare
il Paese cui era legato il cambiamento della situazione drammatica del Paese.
Non l’hanno fatto, perchè hanno appoggiato i “signori della guerra”. Oggi gli
americani bombardano in Somalia e i cinesi probabilmente ci arriveranno non
appena la situazione si sarà stabilizzata, ma ci arriveranno con il libretto degli
assegni, con i contratti, con le forniture, con la costruzione di strade.
D. – Nell’immediato, l’interesse economico delle grandi
potenze per la Somalia e gli altri Paesi ha una
ricaduta positiva per la popolazione o costituisce un ulteriore handicap per
gli africani?
R. – Se uno legge le cifre del
Fondo Monetario, per la prima volta l’economia africana progredisce, perché
l’Africa sta diventando uno dei giganti mondiali per l’estrazione petrolifera,
ma anche per la presenza di altre materie prime strategiche. Questa pioggia di
denaro evapora in canali, che non sono quelli normali della popolazione, del
reddito medio degli abitanti. Io non credo che gli africani, in questo momento,
possano trarre dei reali vantaggi da tutto questo.
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Sedici
civili e tredici presunti talebani sono rimasti uccisi in seguito ad un raid
aereo e operazioni terrestri compiute dalla NATO e da
forze afghane contro un campo di ribelli nel sud
dell’Afghanistan. Lo hanno riferito fonti locali precisando che l’operazione è
stata condotta ieri nella turbolenta provincia di Helmand.
Il portavoce della Forza
Internazionale di Assistenza alla Sicurezza in Afgnanistan
(ISAF) ha confermato il raid, ma non il numero delle vittime. Intanto, secondo
il capo dei servizi di sicurezza statunitensi, John Negroponte,
gli esponenti più importanti di al Qaeda avrebbero
trovato rifugio in Pakistan, dove si stanno riorganizzando per rientrare in
Afghanistan.
La conferma dell’invio di oltre 21
mila soldati in più in Iraq, l’ammissione di responsabilità per gli errori
commessi e l’annuncio del dislocamento di batterie di missili
Patriot in Medio Oriente per “rassicurare gli alleati di Washington e rafforzare
la sicurezza in Iraq” sono i temi centrali del discorso che il presidente
americano, George Bush, ha rivolto ieri alla nazione.
Il Capo della Casa Bianca ha anche avvertito che i risultati di questa nuova
strategia non saranno immediati. In Iraq, intanto, un
soldato iracheno è morto in seguito all’esplosione di una bomba. Negli Stati
Uniti, un militare statunitense è stato condannato poi a 18 anni per aver
partecipato, secondo l’accusa, all’assassinio di 3 prigionieri iracheni nel
2006.
Ignoti hanno sparato la notte scorsa a
Betlemme, in Cisgiordania, contro quattro negozi che appartengono a sostenitori
di Hamas. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese ‘Maan’
aggiungendo che non ci sono state vittime. Altri colpi d’arma da fuoco sono stati
indirizzati, sempre a Betlemme, verso la sede del comando dei servizi di
sicurezza del presidente palestinese Abu Mazen. Anche in questo caso, non ci sono state vittime.
La Cina, il Giappone e la
Corea del Sud hanno deciso di inviare nuovamente alla Corea del Nord “un
messaggio chiaro” sulla necessità di mettere subito in atto l’accordo del settembre
2005 per mettere fine alla crisi provocata dal programma nucleare di Pyongyang. Lo ha detto, stamani, il ministro degli Esteri sudcoreano, Song Min Soon, al termine di un incontro con il collega cinese, Li Zhaoxing, e con il viceministro degli Esteri giapponese, Katsuhito
Asano, a margine della riunione dell'Associazione dei
Paesi dell’Asia del Sudest (ASEAN) sull’isola filippina di Cebu.
L’ex dittatore etiope, Menghistu
Haile Mariam, è stato
condannato ieri all’ergastolo in contumacia dall’Alto Tribunale Federale di
Addis Abeba, che lo scorso 12 dicembre lo aveva ritenuto colpevole di
genocidio, omicidio, arresti arbitrari e torture. Il pubblico ministero aveva
chiesto per Menghistu, che vive in esilio nello
Zimbabwe, la condanna a morte. Menghistu ha guidato
in Etiopia una giunta militare di stampo marxista-leninista tra il 1977 e il
1991.
In Italia, il Consiglio dei Ministri ha
approvato a Caserta, dove
stamani sono ripresi i lavori del seminario di governo e maggioranza
sull’agenda 2007, il quadro strategico nazionale
per le politiche regionali 2007-2013. Vengono allocati
i fondi europei ed il fondo per le aree sotto utilizzate. Complessivamente sono
123 miliardi, di cui circa 100 per il Mezzogiorno. Il vicepremier italiano, Francesco Rutelli,
a margine del vertice di Caserta, ha confermato poi che “è stato deciso di
costituire sotto la guida diretta di Prodi una cabina di regia sui provvedimenti
di liberalizzazione”. “Il primo obiettivo - ha detto Prodi aprendo ieri i
lavori - è attuare la Finanziaria”. Il capogruppo di Forza Italia al Senato,
Renato Schifani, rimarca invece le divisioni nella
maggioranza: anche a Caserta - ha detto Schifani -
emergono “profonde e insanabili divisioni tra sinistra radicale e riformista”.
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