RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 12  - Testo della trasmissione di venerdì 12 gennaio  2007

 

 

Sommario

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Siamo tutti chiamati ad essere custodi del nostro prossimo”: l’esortazione di Benedetto XVI, nell’udienza di inizio anno all’Ispettorato generale di pubblica sicurezza presso il Vaticano

 

Stamani dal Papa i vescovi della Campania, in visita ad Limina. Ai nostri microfoni il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli

 

Briefing in Sala Stampa vaticana sulla prossima Conferenza generale dell’Episcopato latino-americano che sarà inaugurata dal Papa il 13 maggio di quest’anno

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La luce del perdono cristiano sulla efferata strage di Erba. La forte testimonianza dei parenti delle vittime dell’eccidio. Ne parliamo con mons. Bruno Molinari, che presiederà i funerali della nonna del piccolo Youssef

 

CHIESA E SOCIETA’:

“L’Unione Europea diventi il più forte difensore dei diritti umani nel mondo”: così Human Rights Watch, che nel suo Rapporto annuale denuncia la perdita di credibilità degli Stati Uniti e un peggioramento della situazione in Cina e Russia

 

Avviata la costruzione, in Turchia, di un Centro interreligioso intitolato a don Andrea Santoro, il sacerdote romano assassinato da un fanatico a Trebisonda il 5 febbraio scorso

 

Dichiarazione dei vescovi del Cile sulle “Norme nazionali per la regolazione della fertilità” che autorizzano la distribuzione della pillola alle minori di 14 anni che la richiedano

 

La salvaguardia dei civili prima di tutta: è il monito dell’amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin, in merito alla drammatica situazione in Somalia

 

Catholic Charities USA, che riunisce 1.400 agenzie cattoliche statunitensi impegnate nel sociale, lancia una campagna per dimezzare la povertà nel Paese entro il 2020

 

Siglato un accordo, nello Stato messicano del Chiapas, tra il governo federale e quello centrale contro l’analfabetismo

 

In Cina, gli alti costi sanitari e gli espropri di terre ai contadini sono la causa del forte dislivello sociale tra città e campagne: lo denuncia l’Accademia cinese delle scienze sociali

 

24 ORE NEL MONDO:

Rivendicato da un gruppo di estrema sinistra l’attentato contro la sede dell’ambasciata americana ad Atene che, fortunatamente, non ha causato vittime

 

In Somalia almeno 6 morti per una sparatoria davanti al palazzo presenziale. A Mogadiscio, intanto, importante accordo tra governo e  signori della guerra

 

In Afghanistan 16 civili e 13 talebani uccisi in un raid congiunto della NATO con le forze afghane

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 gennaio 2007

 

 

“SIAMO TUTTI CHIAMATI AD ESSERE CUSTODI DEL NOSTRO PROSSIMO”: L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI, NELL’UDIENZA DI INIZIO ANNO ALL’ISPETTORATO

 GENERALE DI PUBBLICA SICUREZZA PRESSO IL VATICANO

 

Accompagnare sempre il nostro prossimo, nei momenti di gioia come in quelli di difficoltà: è l’esortazione di Benedetto XVI, levata durante l’udienza di stamani al personale dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Un incontro nel quale il Pontefice ha espresso l’apprezzamento per il servizio prestato dagli agenti di polizia nei luoghi che costituiscono il cuore della Roma cristiana. A rivolgere l’indirizzo d’omaggio al Papa, il dirigente dell’Ispettorato, dott. Vincenzo Caso. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Possa ciascuno sentirsi aiutato e custodito dalla vostra presenza e sia così favorito nel partecipare al grande patrimonio spirituale della comunità cristiana”: è la riflessione offerta dal Papa al personale dell’Ispettorato Generale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano. Un’udienza che ha dato l’occasione al Pontefice di ringraziare gli agenti per il loro impegno nella “custodia dei luoghi e della cura delle persone”. Cura e custodia, ha sottolineato, sono proprio gli “elementi essenziali per comprendere il reale significato dell’impegno” che viene richiesto a quanti operano nella pubblica sicurezza:

 

“Avete il compito di custodire e di sorvegliare luoghi che hanno un valore inestimabile per la memoria e la fede di milioni di pellegrini; luoghi che contengono grandi tesori di storia e di arte, ma dove soprattutto avviene, per imperscrutabile mistero, l’incontro vivo dei fedeli con il Signore Gesù”.

 

I pellegrini, ha aggiunto, spalanchino “il cuore all’incontro con il Dio vero e vivificante”. Benedetto XVI ha, così, levato un’esortazione a tutti fedeli, affinché sappiano sempre aiutare il prossimo in difficoltà:

 

“Siamo tutti chiamati ad essere custodi del nostro prossimo. Il Signore ci chiederà conto della responsabilità a noi affidata, del bene o del male che avremo compiuto nei confronti dei nostri fratelli: se li avremo accompagnati con attenzione nel cammino quotidiano, facendoci partecipi delle ansie e delle gioie manifestate dal loro cuore; se ci saremo affiancati, in modo discreto ma costante, al loro viaggio e li avremo aiutati e sorretti quando la strada si faceva più impegnativa e faticosa”.

 

“Cari amici – ha proseguito – portiamo insieme i pesi gli uni degli altri, condividendo la gioia di appartenere al Signore e di vivere costantemente alla luce del suo Vangelo, parola di verità che salva”. Infine, l’invocazione del Papa a Maria, affinché all’inizio del nuovo anno possiamo “amare, gioire e vivere nella fede del Figlio di Dio”, affidandole “ogni tristezza, ogni ansa e speranza”.

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STAMANI, DAL PAPA I VESCOVI DELLA CAMPANIA, IN VISITA AD LIMINA.

AI NOSTRI MICROFONI, IL CARDINALE CRESCENZIO SEPE, ARCIVESCOVO DI NAPOLI, SOTTOLINEA L’IMPEGNO DELLA CHIESA NEL DARE NUOVA SPERANZA

ALLA POPOLAZIONE CAMPANA, PROVATA DA MOLTE DIFFICOLTA’

 

Sono riprese dopo la pausa natalizia le visite ad Limina dei vescovi delle varie regioni italiane. Stamani, il Papa ha ricevuto i presuli della Campania, guidati dal loro presidente, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli. Con 25 circoscrizioni ecclesiastiche, la Campania vanta il record della conferenza episcopale regionale più numerosa d’Italia. I suoi 6 milioni di abitanti sono affidati alla cura pastorale di 2293 sacerdoti e 1392 religiosi (dati Annuario 2006). Ben 1829 le parrocchie distribuite sul territorio campano. Nel 61, quando San Paolo sbarcò a Pozzuoli, trovò in terra campana alcuni “fratelli”, segno che il cristianesimo era già approdato in questa parte dell'Italia meridionale. La religiosità del popolo della Campania è testimoniata, nel tempo, dalla nascita di confraternite e opere di carità, di abbazie, di chiese e santuari. Oggi, la gente campana deve spesso confrontarsi con sfide urgenti poste dal grave disagio sociale in cui vive la regione: povertà, disoccupazione e diffusa criminalità. Cosa, dunque, in questi giorni, i vescovi porteranno della loro esperienza al Papa? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto al cardinale Crescenzio Sepe:

 

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R. – Abbiamo la speranza che questo incontro con il Santo Padre dia nuova energia, nuovo vigore e nuova fiducia a noi vescovi, perché la possiamo poi trasmettere ai nostri sacerdoti, e che la visita ad Limina sia l’occasione per un maggiore impegno, maggiore volontà di dedicarci completamente a Cristo e al Suo Regno, per il bene della Chiesa, per il bene della società. Al Santo Padre rendiamo il nostro omaggio: la nostra devozione molto sentita in tutte le nostre diocesi; e poi, la nostra preoccupazione è anche quella di presentare al Papa le luci e le ombre che fanno parte di tutto il dinamismo pastorale che la Chiesa in Campania sta affrontando, soprattutto in questi ultimi tempi.

 

D. – Eminenza, lei parla di luci ed ombre. Dunque la Chiesa campana in questo momento si trova di fronte a molte sfide?

 

R. – Sì, certamente. Innanzitutto, parliamo di luci: esiste una realtà molto forte, molto dinamica a livello dei vescovi, naturalmente, ma anche dei sacerdoti e di tutti i membri della Chiesa. Esistono delle iniziative molto radicate nel territorio: tutta la pastorale familiare, la pastorale giovanile e in modo particolare una profonda spiritualità comunionale che contraddistingue i sacerdoti; l’espressione di quella carità sociale che spesso è stata sottolineata dai Sommi Pontefici, trova qui un’applicazione molto concreta e molto vivace, a cominciare dai bambini, ai giovani, alle famiglie, agli anziani, ai disoccupati, alle varie emergenze del territorio che sono esplose soprattutto in questi ultimi tempi, e cioè questo fenomeno malavitoso che si estende su tutto il territorio regionale. Tutte queste emergenze costituiscono certamente un motivo di impegno ecclesiale e sociale, ma anche delle sfide che vanno affrontate ogni giorno, sfide che vedono impegnata tutta, tutta la Chiesa in collaborazione anche con le istituzioni civili, proprio per un rilancio e una promozione dei nostri territori.

 

D. – Lei ha parlato di Napoli, auspicando che questa città e in generale tutta la regione, ritrovino la forza, l’inventiva, la generosità, la solidarietà che hanno sempre contraddistinto le persone. Però la campagna, Napoli, è anche povertà. Di che povertà si parla, oggi?

 

R. – Innanzitutto, di una povertà di ordine sociale ed economico, alla quale bisogna assolutamente porre rimedio. Credo che la vera povertà è questo pessimismo che sta invadendo la nostra società un po’ a tutti i livelli, come se si fosse creato uno strato di sfiducia che non farebbe più sperare in un recupero, mentre c’è una gran parte della gente, della popolazione che vuole cambiare, che pensa che le cose possano avere una nuova dimensione. Io credo che si sta passando in una sorta di momento buio, come in una notte, ma io sono certo che ci sono anche delle stelle che continuano ad illuminare queste tenebre, questa notte.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio in udienza il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

 

In Colombia, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Santa Fe de Antioquia presentata da mons. Ignacio Gómez Aristizabal, per raggiunti limiti di età.

 

Il Papa ha nominato arcivescovo metropolita di Santa Fe de Antioquia mons. Orlando Antonio Corrales García, finora vescovo di Palmira. Mons. Orlando Antonio Corrales García è nato ad Abejorral, nella diocesi di Sonsón - Rionegro, il 26 gennaio 1947. Ha ottenuto la Licenza in Teologia Morale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. E’ stato ordinato sacerdote il 5 dicembre 1971 e consacrato vescovo il 25 marzo 1998.

 

        

LA CRISI DELLA FEDE CHE COLPISCE TANTI FEDELI AL CENTRO DEI LAVORI

DELLA PROSSIMA CONFERENZA GENERALE DELL’EPISCOPATO LATINOAMERICANO

 

I grandi temi della fede e le urgenze sociali saranno al centro della V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi, che si terrà ad Aparecida in Brasile dal 13 al 31 maggio e verrà inaugurata dal Papa. Stamane in Sala Stampa vaticana a fare il punto dei preparativi è stato padre David Gutiérrez Gutiérrez, direttore dell’Ufficio stampa del CELAM, il Consiglio episcopale latinoamericano. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Grande attesa per questo importante evento per i popoli latinoamericani, che giunge a 15 anni dall’ultima Conferenza di Santo Domingo nel ’92, e che sarà incentrato sul tema indicato da Benedetto XVI: “Discepoli missionari di Gesù Cristo, perché in Lui i popoli abbiano vita”. Un tema che vuole riportare la fede al centro della vita delle persone, come ha spiegato padre Gutiérrez:

 

“Questo è importante, perché una delle motivazioni che abbiamo e che non possiamo tralasciare è il fatto che molti dei nostri credenti stiano lasciando il cattolicesimo. Allora la domanda è: perché? Forse una prima risposta, non so se sbagliata, è che siamo stati attaccati dalle sette e allora dobbiamo creare dei meccanismi per contrastare l’influenza delle sette. Il problema, però, non sono solo le sette, ma sono anche i nostri credenti. Che cosa sta succedendo? Perché c’è debolezza nella fede dei nostri credenti, che davanti a qualunque proposta non rimangono fermi nella fede? Il tema è, quindi, centrato sulla persona, sui credenti come discepoli di Cristo e su come questo possa diventare un lavoro di condivisione con gli altri. Per questo il lavoro del missionario non è solo vivere una fede intimista, ma anche una fede condivisa con gli altri”.

 

E’ stato lungo e laborioso il lavoro preparatorio della Conferenza per rispecchiare quanto più possibile le istanze delle Chiese locali e della società civile dei vari Paesi, ha spiegato ancora padre Gutiérrez:

 

Il materiale raccolto, oltre 2500 pagine, è ora al vaglio di 9 esperti teologi, filosofi, sociologi e altre discipline sociali, che entro la fine di febbraio presenteranno un documento di sintesi, che sarà inviato ai vescovi ed anche reso pubblico, per una riflessione ulteriore prima dell’avvio dei lavori, cui parteciperanno almeno 176 vescovi dell’America Latina della Spagna e del Portogallo, ed anche – questa la novità di questa Conferenza – degli Stati Uniti e del Canada, anche loro con diritto di voto. Oltre ai presuli parteciperanno 24 sacerdoti diocesani, 23 religiosi, 4 diaconi, 17 laici, 6 rappresentanti ecumenici, 5 delegati di organismi umanitari e 15 esperti. Tra i temi urgenti che saranno di certo dibattuti: le sette, gli emarginati, la sperequazione tra ricchi e poveri, la violenza ed il narcotraffico, il ruolo della donna nella Chiesa, i giovani ed anche le sfide della politica. In chiusura dei lavori sarà presentato un Documento finale, poi sottoposto in tempi brevi all’approvazione del Papa, per essere poi diffuso capillarmente, e altra rilevante novità sarà l’avvio di una grande Missione continentale per il rinnovamento pastorale. Circa la presenza di Benedetto XVI, padre Gutiérrez ha detto che non sono ancora note altre eventuali tappe del suo programma di viaggio, che prevede l’arrivo nella città di San Paolo, dove certamente – come ha anticipato la Conferenza episcopale brasiliana – celebrerà una Messa pubblica ed incontrerà i giovani.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - L'udienza del Papa ai dirigenti e agli agenti dell'Ispettorato generale di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano.

 

Servizio estero - Iraq: il segretario di Stato Usa, Condoleeza Rice, accusa l'Iran e la Siria di volere destabilizzare la regione.

 

Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo "L'occasione per un fecondo dialogo fra antiche e nuove forme di collezionismo": ai Musei Capitolini una mostra di dipinti dell'area emiliano-romagnola dal XV al XVIII secolo.

 

Servizio italiano - Governo; una cabina di regia per le liberalizzazioni. Il vertice di Caserta.   

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 gennaio 2007

 

 

LA LUCE DEL PERDONO CRISTIANO SULLA EFFERATA STRAGE DI ERBA:

 LA FORTE TESTIMONIANZA DEI PARENTI DELLE VITTIME DELL’ECCIDIO

- Intervista con mons. Bruno Molinari -

 

La luce del perdono cristiano sulla efferata strage di Erba. E’ la speranza che ci offrono i parenti di tre delle quattro vittime dell’eccidio compiuto l’11 dicembre scorso in questa cittadina lombarda, per una banale lite condominiale, dai coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, ora in carcere. E’ la testimonianza in particolare di Carlo Castagna che ha perso la moglie, la figlia e il nipotino di due anni: “Li perdono e li affido al Signore – ha detto – bisogna finirla con l’odio che non porta da nessuna parte”. E l’anziana bisnonna del piccolo Youssef, esortando i propri cari a sdraiarsi sulla Croce di Cristo, ha detto: “Dobbiamo lasciare uno spazio nel nostro cuore per gli assassini”. Domani alle 10.30 il vicario episcopale per la zona di Lecco, mons. Bruno Molinari, presiederà nella chiesa di Santa Maria Nascente di Erba i funerali della moglie di Carlo Castagna. Luca Collodi gli ha chiesto di commentare il coraggio del perdono dei parenti delle vittime:

 

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R. – Qui sì, dobbiamo parlare di perdono. E’ un linguaggio profondamente umano ed è una parola che fa parte in modo del tutto speciale del nostro vocabolario cristiano. Certo, il perdono non toglie la necessità che la giustizia umana faccia il suo corso. Credo che a volte diventi difficile, soprattutto nel momento immediato, parlare di perdono. Qui la lezione ci è venuta con molta tempestività e con grande convinzione proprio da colui che più di tutti è stato colpito e che nella fede ha trovato la speranza, il coraggio della misericordia, della pietà. Io ricordo che già all’indomani del delitto, incontrando il signor Carlo Castagna, ho ricevuto da lui questo pensiero: “La fede per me, in questi giorni, come in tutta la mia vita, è come il lembo del mantello del Signore. Mi aggrappo lì, per trovare forza”. Io penso che questo sia stato il pensiero di Carlo, del suo partecipare quotidiano alla Messa durante questo mese. Mi pare che per nessuno sia facile perdonare. Si può farlo soltanto a partire da salde convinzioni interiori, a partire da quella misteriosa risorsa della fede e della vera carità cristiana.

 

D. – Come un uomo di Chiesa come lei, che è impegnato pastoralmente in zona, ad Erba, si spiega una vicenda di cronaca così orrenda?

 

R. – Il motivo della strage non è stato la pazzia, la follia di qualcuno – a volte all’origine dei fatti delittuosi – non è stato neanche l’avidità di una rapina, come purtroppo tante volte accade, ma è stato proprio un regolamento di conti per cause  banali: una lite in un cortile tra vicini di casa. Questo mi fa domandare come possa succedere una cosa del genere. Io penso che al di là delle cause contingenti dobbiamo fare un discorso di valore e domandarci se non siamo – e io penso di sì – in un tempo in cui c’è uno sgretolarsi progressivo, un affievolirsi del valore prezioso, assoluto della vita. Mi sembra che con facilità si arrivi al disprezzo, anche evidente, della vita. E poi mi sembra ci sia anche una logica di impazienza, di intolleranza, di prepotenza nel rapporto breve della vita quotidiana, il pensare che la vita di altri possa valere meno del mio diritto, anche minimo, anche di poco conto. Mi pare di vedere tra le persone un tasso di litigiosità, di aggressività che è veramente fuori norma. Penso sia dovuto all’egoismo, all’orgoglio, alla fretta del nostro tempo.

 

D. – Mons. Molinari, proprio questo è uno dei punti… Lei non nota un’eccessiva conflittualità nella società italiana, in questo periodo?

 

R. – Sì, direi che sia a livello generalizzato. Poi si traduce anche nella concretezza della vita quotidiana. Quando vedo, per puro caso, pezzetti di trasmissioni televisive, dove la litigiosità è proprio il sale che si mette volutamente sulle ferite della gente per farla arrabbiare, per farla reagire, da lì poi si crea anche un clima, un modo di fare, che si vede poi nell’incapacità di controllarsi, che è più diffusa di quanto non sembri. In strada – sono molto in giro per le strade, a causa del mio ministero – quante volte si nota questa incapacità di controllarsi, nei luoghi di lavoro, nella scuola, nei luoghi del divertimento e perfino in famiglia! Qualche volta mi dà l’impressione che ci sia un venir meno del senso della realtà. Certe cose possono accadere dove si perde la misura del reale, in un mondo dove sembra sempre più fragile e insicura la linea di demarcazione tra quello che è vero e quello che è virtuale. Qualche volta la gente a furia di stare davanti alla televisione forse perde anche il senso della realtà. Crede di essere, forse, in un film.

 

D. – Mons. Molinari, davanti a questo episodio tristissimo, questa strage di Erba, la Chiesa che cosa può fare concretamente, che parola può dire alla gente?

 

R. – Io penso che il primo compito della Chiesa sia quello di educare al senso di Dio e della fede in Lui. Per usare parole antiche, dove c’è il santo timore di Dio non si può arrivare all’efferatezza di questi delitti. Invece, più l’uomo si allontana da Dio, più perde il senso della pietà. Se non si è più figli, non si è neanche più fratelli. Altro compito proprio della Chiesa è quello di risvegliare, mantenere vivo, educare continuamente ad un alto senso morale, cioè alla chiara distinzione fra il bene e il male, una distinzione che forse oggi molti hanno smarrito. Allora, penso a quella preziosa e antica bussola che sono i comandamenti: quinto, non uccidere. E’ chiaro, senza possibilità di fraintendimenti. Il punto vero è che il male, dice la Bibbia, è accovacciato alla porta dell’uomo. Quindi, forse dobbiamo essere più attenti, più vigili dentro di noi.

 

D. – Qualche osservatore, con prudenza, parla anche di una presenza del Maligno in questa strage di Erba…

 

R. – Sì, io userei certo questa prudenza, ma noi dobbiamo saper dare il nome vero al male, che in generale abita come una ferita, da sempre, il cuore dell’uomo. Basta ritornare alle prime pagine della Bibbia per capire che davvero questo nome che vuole contrastare il progetto di bene, di salvezza e di amore di Dio c’è, è effettivo, è vero. La sapienza antica ci dice anche che l’azione del Maligno in genere cerca sempre di nascondersi, di infilarsi dentro alla normalità della vita quotidiana, però c’è e lavora.

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CHIESA E SOCIETA’

12 gennaio 2007

 

 

“L’UNIONE EUROPEA DIVENTI IL PIÙ FORTE DIFENSORE DEI DIRITTI UMANI NEL MONDO”:

COSÌ, HUMAN RIGHTS WATCH, CHE NEL SUO RAPPORTO ANNUALE DENUNCIA

 LA PERDITA DI CREDIBILITÀ DEGLI STATI UNITI

E UN PEGGIORAMENTO DELLA SITUAZIONE IN CINA E RUSSIA

- A cura di Roberta Moretti -

 

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NEW YORK. = L’Unione Europea deve colmare il vuoto di leadership causato dalla perdita di credibilità degli Stati Uniti in materia di diritti umani: è quanto afferma l’organizzazione Human Rights Watch, che nel suo Rapporto annuale fotografa un pianeta afflitto da numerose e gravi violazioni. Lo studio è stato reso noto ieri, nel quinto anniversario dell’apertura del campo di detenzione USA di Guantanamo. Human Rights Watch ribadisce l’appello per la chiusura di Guantanamo e critica il presidente americano, Bush, che ha definito le prigioni segrete della CIA come “un insieme di procedure alternative di interrogatorio”. Esorta poi la Germania, alla presidenza di turno UE, ad adottare “misure coraggiose per dare vita a una politica estera europea” in grado di proteggere i diritti umani nel mondo. In Cina, in particolare, la situazione si è fortemente deteriorata nel 2006 e i programmi di aiuti all’estero di Pechino forniscono una nuova opzione ai dittatori del pianeta, come nei casi di Sudan, Zimbabwe e Myanmar. Situazione aggravata anche in Russia, con l’uccisione, tra l’altro, della giornalista Anna Politkovskaya. Rimane in Darfur il quadro “più urgente”, mentre un peggioramento si registra in Iraq, con l’aumento delle violenze interconfessionali, con i gruppi armati sciiti e sunniti che prendono di mira i civili della comunità opposta. E in Medio Oriente i civili sono stati vittime di attacchi indiscriminati sia dell’esercito israeliano, che di Hezbollah, nel conflitto che a luglio ha provocato più di mille morti. Israele ha poi aumentato le restrizioni alla libera circolazione dei palestinesi, incoraggiando l’impunità dei suoi soldati. “Nel caso il muro divenisse una frontiera permanente – afferma Human Rights Watch – questo significherebbe l’annessione da parte di Israele di circa il 10 per cento della Cisgiordania”. D’altra parte, l’ANP fa poco o nulla per impedire che i gruppi armati palestinesi continuino a lanciare razzi su istallazioni civili nello Stato ebraico. Se poi l’Afghanistan è “sul punto di ridiventare un santuario” per le violazioni dei diritti umani, in Iran continuano le torture e i maltrattamenti dei dissidenti detenuti. Stessa situazione in Arabia Saudita, dove, malgrado le pressioni internazionali, rimane ulteriormente compromessa anche la libertà d’espressione e d’associazione, con le donne discriminate e strettamente controllate dalla polizia religiosa. Da segnalare, infine, la Corea del Nord, dove i diritti fondamentali continuano a essere negati alla popolazione.

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AVVIATA LA COSTRUZIONE, IN TURCHIA,

DI UN CENTRO INTERCULTURALE E INTERRELIGIOSO

INTITOLATO A DON ANDREA SANTORO, IL SACERDOTE ROMANO ASSASSINATO

DA UN FANATICO A TREBISONDA IL 5 FEBBRAIO SCORSO. IERI, L’ANNUNCIO AL PAPA

DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE LAZIO, CHE FINANZIA I LAVORI

 

TREBISONDA/ISKENDERUN. = Si avvera il sogno di don Andrea Santoro: aprirà a maggio, in Turchia, un centro interculturale e interreligioso intitolato al sacerdote romano assassinato da un fanatico a Trebisonda il 5 febbraio dello scorso anno. L’annuncio della realizzazione è stato dato ieri al Papa, durante l’udienza con il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, la cui giunta finanzierà interamente il progetto con circa 250 mila euro, la metà dei quali sono stati già erogati. Il 25 gennaio del 2006, pochi giorni prima di morire, don Santoro aveva inviato una lettera alla Regione Lazio proprio per chiedere un interessamento ai fini di un contributo. “In un contesto come la Turchia, in cammino verso una possibile integrazione europea e al centro tra Europa e il resto del Medio Oriente – spiegava – questo centro potrebbe contribuire ad avvicinare mondi distanti, a colmare vuoti culturali, a gettare ponti tra rive distanti e ad aprire ‘finestre’ su muri senza aperture. In particolare, potrebbe aiutare l’Islam a entrare maggiormente in dialogo, accogliendo la diversità ed evitandola palude del fondamentalismo”. La struttura sorgerà a Iskenderun, sede del vicariato apostolico dell’Anatolia, e in parte anche a Trebisonda. Al momento, è stata già avviata la costruzione della sala convegni multimediale. Nel frattempo, inizieranno i lavori per la biblioteca, con testi relativi alle tre grandi religioni monoteiste: ciascun libro sarà disponibile sia in turco, che in inglese. (R.M.)

 

 

“ACCOGLIERE E PROMUOVERE LA VITA”: È IL TITOLO DI UNA DICHIARAZIONE

 DEI VESCOVI DEL CILE SULLE RECENTI “NORME NAZIONALI

PER LA REGOLAZIONE DELLA FERTILITÀ”,  CHE AUTORIZZANO LA DISTRIBUZIONE

DELLA PILLOLA ALLE MINORI DI 14 ANNI CHE LA RICHIEDANO

- A cura di Luis Badilla –

 

SANTIAGO DEL CILE. = “Misure unilaterali che ostacolano la costruzione di un cammino sicuro verso la promozione dello sviluppo integrale basato sui valori”: così, la Conferenza episcopale del Cile definisce in una nota le “Norme nazionali per la regolazione della fertilità”, con cui il 2 settembre scorso il ministero della Sanità locale ha autorizzato la distribuzione della pillola alle minori di 14 anni che la richiedano. La dichiarazione, intitolata “Accogliere e promuovere la vita”, è stata elaborata in base a una ricerca interdisciplinare affidata ad esperti della Pontificia università cattolica del Cile. “Il dono della vita è sacro – affermano – e il rispetto per la vita non è una questione da discutere, poiché tale discussione non può essere il pretesto per indurre e giustificare gli attacchi contro le fondamenta della società”. Per i vescovi, alcune delle Norme per la regolazione della fertilità “attentano ai beni sociali fondamentali, come la libertà dei genitori a decidere sull’educazione dei figli”. “Il relativismo etico applicato alla visione antropologica – sottolineano – mette a repentaglio il rispetto per la vita e per la dignità delle persone”. E puntualizzano: “Siccome è probabile che le misure cosiddette ‘anticoncezionali d’emergenza’ abbiano come effetto l’aborto, il suo uso è inaccettabile dal punto di vista etico per coloro che rispettano la vita umana. Così come ieri la difesa dei diritti umani ha richiesto l’accompagnamento delle vittime di ogni tipo di violenza, oggi è richiesta la difesa di coloro che sono incapaci di difendersi”. Con la consulenza dei giuristi, i presuli sostengono che le Norme del ministero della Salute colpiscano l’ordinamento giuridico cileno e allontanino lo Stato dalle persone e dalle famiglie, nell’ambito dell’adempimento dei suoi doveri al riguardo. L’episcopato afferma inoltre che tali Norme sono incostituzionali, poiché violano almeno tre garanzie fondamentali: il diritto alla vita; il diritto alla vita privata; e il diritto preferenziale dei genitori a educare i propri figli. Citando il magistero di Giovanni Paolo II, i presuli cileni affermano di non volere per il Cile quanto sta succedendo in altri Paesi, dove “la democrazia”, nonostante le sue regole, s’indirizza verso un cammino di totalitarismo fondamentale. “Lo Stato - continuano – si trasforma in uno Stato tiranno, che presuppone di aver il diritto di disporre della vita dei più deboli e indifesi, da un bimbo non ancora nato fino all’anziano, e ciò in nome dell’utilità pubblica che, in realtà, non è altro che l’interesse di alcuni”. “Il Vangelo della vita, centro del messaggio di Gesù – concludono i vescovi – è una buona notizia per la nostra Patria”.

 

LA SALVAGUARDIA DEI CIVILI PRIMA DI TUTTO:

E’ IL MONITO DELL’AMMINISTRATORE APOSTOLICO DI MOGADISCIO,

MONS. GIORGIO BERTIN, IN MERITO ALLA DRAMMATICA SITUAZIONE IN SOMALIA

 

MOGADISCIO.= “Anche nella ricerca di criminali, il principio etico irrinunciabile della salvaguardia dei civili deve essere rispettato”: lo ha detto alla MISNA mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio e vescovo di Gibuti. L’attenzione è rivolta alla complessa situazione in Somalia, dove in questi giorni un numero elevato, ma ancora imprecisato, di civili ha perso la vita nei raid aerei americani ed etiopici nel sud del Paese. Dopo la caduta di Siad Barre nel 1991, “i più deboli – ha dichiarato - sono quelli senza voce, che non hanno un clan forte, rimasti fuori dalla società in questi 16 anni di caos e anarchia”. Si tratta “di gruppi vulnerabili che hanno sempre voluto la rinascita dello Stato in Somalia”. Secondo l’amministratore apostolico, che ha vissuto in Somalia dal 1978 all’inizio degli anni ‘90, per uscire da questa grave crisi “occorre un governo forte e serve un ruolo responsabile da parte del governo e della comunità internazionale”. (A.D.F.)

 

 

CATHOLIC CHARITIES USA, CHE RIUNISCE 1.400 AGENZIE CATTOLICHE STATUNITENSI IMPEGNATE NEL SOCIALE, LANCIA UNA CAMPAGNA PER DIMEZZARE

LA POVERTA’ NEL PAESE ENTRO IL 2020

 

WASHINGTON. = Dimezzare entro il 2020 la povertà negli Stati Uniti: è l’ambizioso obiettivo di una nuova campagna lanciata dai Catholic Charities USA, l’associazione che riunisce le 1.400 agenzie cattoliche impegnate nel sociale negli Stati Uniti. L’iniziativa è stata presentata mercoledì a Washington, mentre la Camera dei Rappresentanti si accingeva a esaminare una proposta di legge per l’aumento del salario minimo, fermo dal 1997 a 5.15 dollari l’ora. Ai giornalisti e ai politici presenti è stato presentato un rapporto intitolato “La povertà in America: una minaccia al bene comune”, che illustra le linee direttrici della campagna, con proposte specifiche per invertire l’attuale trend di crescita della povertà nel Paese. Negli ultimi anni, il numero di persone che si rivolgono alle organizzazioni caritative negli Stati Uniti cresce infatti più rapidamente delle risorse necessarie per assisterle: dal 2002 è aumentato del 14 per cento. Oggi, 37 milioni di americani, pari al 12,6 per cento della popolazione, vive sotto la soglia di povertà. Una situazione, ha evidenziato il presidente di Catholic Charities USA, padre Larry Snyder, che interpella la coscienza morale della nazione, perché una società viene giudicata dal modo in cui tratta i suoi poveri. (L.Z.)

 

 

SIGLATO UN ACCORDO, NELLO STATO MESSICANO DEL CHIAPAS,

TRA IL GOVERNO FEDERALE E QUELLO CENTRALE CONTRO L’ANALFABETISMO.

10 MILA VOLONTARI SARANNO IMPEGNATI IN 2.700 I CENTRI DIDATTICI

PER INSEGNARE A LEGGERE E A SCRIVERE A 100 MILA PERSONE L’ANNO

 

TUXTLA GUTIÉRREZ.= “Chiapas Solidario por la Alfabetización”: è il nome dell’accordo sottoscritto nello Stato messicano del Chiapas dal governo federale e quello centrale per eliminare l’analfabetismo. Come riferisce l’Agenzia Misna, sono mezzo milione le persone non scolarizzate in Chiapas, che nel 1994 fu teatro della sollevazione in armi dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN). L’obiettivo dell’accordo è “insegnare a leggere e a scrivere a 100 mila persone l’anno, grazie a risorse straordinarie stanziate dall’esecutivo centrale”, ha spiegato il ministro della Pubblica Istruzione, Josefina Vázquez. Il governo del presidente, Felipe Calderón, “ha messo il Chiapas al primo posto della sua agenda”, ha aggiunto Vázquez. Il Chiapas, infatti, è uno Stato-campione, che inaugurerà un progetto più ampio destinato a 6 milioni di messicani. A partire da febbraio, 10 mila volontari – tra esponenti della società civile, delle università, ma anche delle forze armate – saranno impegnati nel progetto e 2.700 centri didattici saranno allestiti in tutta la regione. (A.D.F.)

 

IN CINA, GLI ALTI COSTI SANITARI E GLI ESPROPRI DI TERRE AI CONTADINI

SONO LA CAUSA DEL FORTE DISLIVELLO TRA CITTÀ E CAMPAGNE: LO DENUNCIA L’ACCADEMIA CINESE DELLE SCIENZE SOCIALI

 

PECHINO.= Cresce a dismisura il divario tra ricchi e poveri in Cina: a denunciarlo è un Rapporto dell’Accademia cinese delle scienze sociali, secondo cui tale dislivello è aumentato in modo drammatico negli ultimi 20 anni. Come riferisce AsiaNews, il 10% più ricco possiede circa il 45% dei beni privati, mentre il 10% meno abbiente ha meno del 2%. A ridurre la popolazione in miseria sono gli elevati costi medici, pari all’11,8% dei consumi. “L’altissima spesa sanitaria ha spinto molti contadini e residenti urbani nella povertà”, sostiene il sociologo, Li Peilin, autore del rapporto. La disparità tra redditi è però causata principalmente dagli abusi compiuti dai governanti locali a vantaggio di imprese industriali e delle città. Alcuni mesi fa, circa 40 milioni di contadini sono stati espropriati della loro terra per costruirvi fabbriche o abitazioni. La maggior parte non ha ricevuto indennizzi adeguati e i più poveri, privati del proprio terreno, non hanno altre possibilità di lavoro, né alcuna assistenza sociale. (A.D.F.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 gennaio 2007

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Il gruppo terroristico greco di estrema sinistra “Lotta rivoluzionaria” ha rivendicato l’attentato compiuto questa mattina ad Atene. La polizia ha confermato che è stato lanciato un razzo dalla strada contro la sede dell’ambasciata statunitense. L’attentato, fortunatamente, non ha provocato vittime. Secondo alcuni osservatori, l’azione è stata compiuta in segno di protesta per l’arrivo, ad Atene, dell’inviato speciale dell’ONU per la Macedonia. Sull’identità di ‘Lotta Rivoluzionaria’, considerata l’organizzazione terroristica più pericolosa attualmente in Grecia, ecco, al microfono di Giancarlo La Vella, l’inviato speciale e opinionista del Corriere della Sera, Antonio Ferrari, raggiunto telefonicamente ad Atene:

 

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R. – E’ un gruppo relativamente giovane, nato nel 2003, dopo lo smantellamento del gruppo terroristico greco più temibile – il 17 novembre – che in un quarto di secolo ha goduto di un’assoluta segretezza, perché non riuscivano a trovarli, responsabile di 25 morti eccellenti. Ora il fatto che colpisce di quello che è successo questa mattina è l’audacia. Non ci sono vittime, non ci sono morti, ma l’effetto dimostrativo di questa cosa è grave e preoccupante come ha detto lo stesso ambasciatore americano.

 

D. – Visto l’obiettivo colpito, è ipotizzabile un contatto, anche se ancora ai primi stadi, di questo gruppo con il terrorismo internazionale?

 

R. – La polizia è cauta, anche perché ci sono stati dei movimenti molto particolari negli ultimi tempi. Si parla di arrivi di persone dall’esterno, si parla anche di arrivi dall’Afghanistan, certo si tratta di ipotesi ancora non suffragate dai fatti. Esiste il rischio di una iniezione esterna od anche di qualche presenza esterna, proprio a cercare di riportare a galla questo network greco, cercando quindi di imporgli una via diversa. Anche se è molto difficile penetrare questo piccolo microcosmo, questo network di gruppi estremisti greci. Se così fosse, se si trattasse di interventi esterni o comunque di una regia esterna, allora la situazione diventerebbe molto, ma molto più preoccupante.

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In Somalia, uomini armati di un clan rivale a quello del presidente di transizione somalo, Abdullahi Yusuf, hanno aperto il fuoco, questa mattina, contro il palazzo presidenziale a Mogadiscio. Almeno sei persone sono rimaste uccise nella sparatoria. Poco dopo, i più importanti “signori della guerra” somali si sono detti pronti a disarmare le loro milizie e ad unirsi al governo transitorio. Il presidente eritreo ha dichiarato poi che l’intervento militare etiope e i raid americani, compiuti nei giorni scorsi, possono provocare “gravi conseguenze” nell’intera regione del Corno d’Africa. Secondo l’organizzazione non governativa britannica Oxfam, gli attacchi dell’aviazione statunitense hanno causato la morte di almeno 70 civili, in gran parte pastori nomadi. In Somalia e nel resto della regione crescono, intanto, gli interessi delle grandi potenze. Lo conferma Domenico Quirico, africanista della Stampa, intervistato da Giancarlo La Vella:

 

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R. – Questo avviene già da qualche tempo, perchè la penetrazione non soltanto economica, ma anche politica della Cina, in Africa è una realtà ormai potentemente consolidata sul piano del rifornimento energetico, del petrolio. Progressivamente vediamo che la Cina sta sostituendo gli Stati Uniti, ma anche la Francia, ad esempio, che ha conservato in Africa una solida presenza post imperiale. La sostituisce nei rapporti economici, ma la sostituisce anche nei rapporti politici e in alcuni casi anche nei rapporti militari. E’ il classico meccanismo coloniale o imperialista. La dipendenza diventa totale. Attualmente l’Africa crede di poter giocare tra Cina e Stati Uniti la stessa partita che ha giocato all’epoca della Guerra Fredda, sfruttando il confronto tra URSS e Stati Uniti. In Somalia, gli Stati Uniti hanno avuto una grossa chance di diventare il Paese cui era legato il cambiamento della situazione drammatica del Paese. Non l’hanno fatto, perchè hanno appoggiato i “signori della guerra”. Oggi gli americani bombardano in Somalia e i cinesi probabilmente ci arriveranno non appena la situazione si sarà stabilizzata, ma ci arriveranno con il libretto degli assegni, con i contratti, con le forniture, con la costruzione di strade.

 

D. – Nell’immediato, l’interesse economico delle grandi potenze per la Somalia e gli altri Paesi ha una ricaduta positiva per la popolazione o costituisce un ulteriore handicap per gli africani?

 

R. – Se uno legge le cifre del Fondo Monetario, per la prima volta l’economia africana progredisce, perché l’Africa sta diventando uno dei giganti mondiali per l’estrazione petrolifera, ma anche per la presenza di altre materie prime strategiche. Questa pioggia di denaro evapora in canali, che non sono quelli normali della popolazione, del reddito medio degli abitanti. Io non credo che gli africani, in questo momento, possano trarre dei reali vantaggi da tutto questo.

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Sedici civili e tredici presunti talebani sono rimasti uccisi in seguito ad un raid aereo e operazioni terrestri compiute dalla NATO e da forze afghane contro un campo di ribelli nel sud dell’Afghanistan. Lo hanno riferito fonti locali precisando che l’operazione è stata condotta ieri nella turbolenta provincia di Helmand. Il portavoce della Forza Internazionale di Assistenza alla Sicurezza in Afgnanistan (ISAF) ha confermato il raid, ma non il numero delle vittime. Intanto, secondo il capo dei servizi di sicurezza statunitensi, John Negroponte, gli esponenti più importanti di al Qaeda avrebbero trovato rifugio in Pakistan, dove si stanno riorganizzando per rientrare in Afghanistan.

        

La conferma dell’invio di oltre 21 mila soldati in più in Iraq, l’ammissione di responsabilità per gli errori commessi e l’annuncio del dislocamento di batterie di missili Patriot in Medio Oriente per “rassicurare gli alleati di Washington e rafforzare la sicurezza in Iraq” sono i temi centrali del discorso che il presidente americano, George Bush, ha rivolto ieri alla nazione. Il Capo della Casa Bianca ha anche avvertito che i risultati di questa nuova strategia non saranno immediati. In Iraq, intanto, un soldato iracheno è morto in seguito all’esplosione di una bomba. Negli Stati Uniti, un militare statunitense è stato condannato poi a 18 anni per aver partecipato, secondo l’accusa, all’assassinio di 3 prigionieri iracheni nel 2006.

 

Ignoti hanno sparato la notte scorsa a Betlemme, in Cisgiordania, contro quattro negozi che appartengono a sostenitori di Hamas. Lo riferisce l’agenzia di stampa palestinese ‘Maan’ aggiungendo che non ci sono state vittime. Altri colpi d’arma da fuoco sono stati indirizzati, sempre a Betlemme, verso la sede del comando dei servizi di sicurezza del presidente palestinese Abu Mazen. Anche in questo caso, non ci sono state vittime.

 

La Cina, il Giappone e la Corea del Sud hanno deciso di inviare nuovamente alla Corea del Nord “un messaggio chiaro” sulla necessità di mettere subito in atto l’accordo del settembre 2005 per mettere fine alla crisi provocata dal programma nucleare di Pyongyang. Lo ha detto, stamani, il ministro degli Esteri sudcoreano, Song Min Soon, al termine di un incontro con il collega cinese, Li Zhaoxing, e con il viceministro degli Esteri giapponese, Katsuhito Asano, a margine della riunione dell'Associazione dei Paesi dell’Asia del Sudest (ASEAN) sull’isola filippina di Cebu.

 

L’ex dittatore etiope, Menghistu Haile Mariam, è stato condannato ieri all’ergastolo in contumacia dall’Alto Tribunale Federale di Addis Abeba, che lo scorso 12 dicembre lo aveva ritenuto colpevole di genocidio, omicidio, arresti arbitrari e torture. Il pubblico ministero aveva chiesto per Menghistu, che vive in esilio nello Zimbabwe, la condanna a morte. Menghistu ha guidato in Etiopia una giunta militare di stampo marxista-leninista tra il 1977 e il 1991.

 

In Italia, il Consiglio dei Ministri ha approvato a Caserta, dove stamani sono ripresi i lavori del seminario di governo e maggioranza sull’agenda 2007, il quadro strategico nazionale per le politiche regionali 2007-2013. Vengono allocati i fondi europei ed il fondo per le aree sotto utilizzate. Complessivamente sono 123 miliardi, di cui circa 100 per il Mezzogiorno. Il vicepremier italiano, Francesco Rutelli, a margine del vertice di Caserta, ha confermato poi che “è stato deciso di costituire sotto la guida diretta di Prodi una cabina di regia sui provvedimenti di liberalizzazione”. “Il primo obiettivo - ha detto Prodi aprendo ieri i lavori - è attuare la Finanziaria”. Il capogruppo di Forza Italia al Senato, Renato Schifani, rimarca invece le divisioni nella maggioranza: anche a Caserta - ha detto Schifani - emergono “profonde e insanabili divisioni tra sinistra radicale e riformista”.

 

 

 

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