RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 11  - Testo della trasmissione di giovedì 11 gennaio  2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

E’ pericoloso e controproducente dare tutela giuridica a forme di unione diverse dalla famiglia tradizionale, che deve essere invece sostenuta nei suoi bisogni concreti dall’amministrazione pubblica: lo ha affermato Benedetto XVI nell’udienza agli amministratori della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma: con noi Pietro Marrazzo ed Enrico Gasbarra

 

Il Papa nomina il nuovo nunzio in Italia e San Marino: è il piemontese mons. Giuseppe Bertello, finora nunzio in Messico

 

Presentata stamane presso la nostra emittente la 93.ma Giornata mondiale del migrante che sarà celebrata domenica prossima

 

Convegno internazionale oggi e domani all’Urbaniana sulla sfida del  dialogo nel Terzo Millennio: intervista con il prof. Ambrogio Spreafico

 

Ricordato ieri con una Messa in San Pietro il cardinale croato Šeper, a 25 anni dalla morte

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il commento del prof. Antonio Maria Baggio dopo le dichiarazioni di mons. Giuseppe Betori sulla libertà religiosa e la reazione polemica del ministro per la solidarietà sociale, Paolo Ferrero

 

Bush ammette errori in Iraq e annuncia l'invio di oltre 20.000 soldati: ce ne parla Fabrizio Battistelli

 

Amnesty International lancia una campagna per la chiusura del carcere di Guantanamo a cinque anni dalla sua apertura: intervista con Riccardo Noury

 

Nata in Italia la Consulta giovanile per il pluralismo culturale e religioso: ai nostri microfoni il cardinale Paul Poupard, Tullia Zevi, Osama al-Saghir, Marta Arkerdar e Giovanna Melandri

 

CHIESA E SOCIETA’:

Domani, in Polonia, riunione straordinaria dei vescovi polacchi sulla vicenda di mons. Wielgus

 

Si intensificano nelle Filippine le ricerche per trovare il padre scalabriniano Lucio Bola, scomparso lo scorso 31 dicembre

 

Incentrata sulla famiglia la lettera pasquale dell’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli

 

Promossa  a Parigi per domenica 21 gennaio una marcia in difesa della vita

 

Per contrastare il dramma dei neonati abbandonati nei cassonetti, il Movimento per la vita italiano ribadisce l’urgenza di collocare in ogni città almeno una “culla per la vita”

 

Inaugurato ieri un infopoint sulla via Francigena a Roma per ricordare gli antichi itinerari percorsi dai pellegrini

24 ORE NEL MONDO:

La Russia riapre il flusso di petrolio verso l’Europa

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 gennaio 2007

 

 

E’ PERICOLOSO E CONTROPRODUCENTE DARE TUTELA GIURIDICA

 A FORME DI UNIONE DIVERSE DALLA FAMIGLIA TRADIZIONALE,

CHE DEVE ESSERE INVECE SOSTENUTA NEI SUOI BISOGNI CONCRETI DALL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA: LO HA AFFERMATO BENEDETTO XVI

NELL’UDIENZA AGLI AMMINISTRATORI DELLA REGIONE LAZIO,

 DELLA PROVINCIA E DEL COMUNE DI ROMA

 

E’ la famiglia fondata sul matrimonio ad aver bisogno di tutela etica e sostegno sociale da parte della cosa pubblica. Riconoscimenti giuridici in favore di altri tipi di unioni risultano “pericolosi” e “destabilizzanti” per la famiglia stessa. E’ una delle affermazioni più nette rivolte stamattina da Benedetto XVI agli amministratori della Regione Lazio, della Provincia e del Comune di Roma, ricevuti come di consueto in udienza all’inizio del nuovo anno. Il Papa, ricordando la sua recente visita alla Mensa della Caritas romana di Colle Oppio, ha parlato del dovere comune della solidarietà tra Chiesa locale e le strutture assistenziali. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“Ogni uomo che soffre”, che sia indigente, malato o comunque ferito da una qualsiasi miseria sociale, è un uomo che “appartiene alla Chiesa e a tutti i fratelli in umanità”. E’ la cornice ideale nella quale Benedetto XVI ha inserito le osservazioni di carattere pratico che hanno fatto da leit-motiv al suo incontro con i tre massimi responsabili della Regione Lazio, Pietro Marrazzo, della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra, e del Comune capitolino, Walter Veltroni, che hanno salutato il Pontefice rammentando le iniziative più importanti in favore dei cittadini, realizzate nel corso dei rispettivi mandati.

 

Nel raccomandare ai presenti, riuniti nella Sala Clementina, di farsi tramite dei suoi sentimenti di affetto, vicinanza e sollecitudine pastorale nei confronti della città di Roma e di tutto il Lazio – terra cristiana per eccellenza - il Papa ha anzitutto riconosciuto che il “bene integrale” della popolazione presente sul territorio “viene sicuramente tutelato e incrementato” dalla collaborazione esistente tra le strutture ecclesiali e quelle pubbliche, “nel pieno rispetto – ha aggiunto rivolto ai suoi interlocutori – della sana laicità delle vostre funzioni”. Tuttavia, ha proseguito il Pontefice, diverse sono le categorie che hanno, nella fase attuale, bisogno di attenzione particolare, come ad esempio la vita che si svolge tra le pareti domestiche. “Oggi il matrimonio e la famiglia – ha affermato Benedetto XVI - hanno bisogno di essere meglio compresi nel loro intrinseco valore e nelle loro autentiche motivazioni”, e ciò deve impegnare sempre più la Chiesa, “ma è ugualmente necessaria – ha osservato - una politica della famiglia e per la famiglia, che chiama in causa, su un duplice versante, anche le responsabilità che vi sono proprie”:

 

“Si tratta cioè di incrementare le iniziative che possono rendere meno difficile e gravosa per le giovani coppie la formazione di una famiglia, e poi la generazione e l’educazione dei figli, favorendo l’occupazione giovanile, contenendo per quanto possibile il costo degli alloggi, aumentando il numero delle scuole materne e degli asili-nido. Appaiono invece pericolosi e controproducenti quei progetti che puntano ad attribuire ad altre forme di unione impropri riconoscimenti giuridici, finendo inevitabilmente per indebolire e destabilizzare la famiglia legittima fondata sul matrimonio”.

 

Di qui, discende l’aspetto dell’educazione delle giovani generazioni: priorità pastorale, certo, ma anche problematica di punta sociale e civile. Benedetto XVI ha ringraziato ogni livello dell’amministrazione pubblica per il sostegno dato agli organismi ecclesiali impegnati nel settore, in particolare agli oratori, come poco prima lo aveva fatto parlando del “vastissimo campo della tutela della salute”. Anche in esso, il Papa aveva rilevato l’esigenza di uno “sforzo ingente e coordinato per assicurare a quanti soffrono di malattie fisiche o psichiche cure tempestive e adeguate”, nel rispetto della loro dignità e sacralità della vita:

 

“Sì, gentili rappresentanti delle Amministrazioni di Roma e del Lazio, ogni uomo che soffre appartiene alla Chiesa e al tempo stesso appartiene a tutti i fratelli in umanità. Appartiene dunque, e a un titolo preciso, anche alle vostre responsabilità di pubblici amministratori. Non posso non rallegrarmi, pertanto, della collaborazione da molto tempo in atto tra gli organismi ecclesiali e le vostre Amministrazioni, allo scopo di alleviare e soccorrere le molte forme di povertà, economica ma anche umana e relazionale, che affliggono un notevole numero di persone e di famiglie, specialmente tra gli immigrati”.

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Al termine dell’udienza in Vaticano, il presidente della Regione Lazio, Pietro Marrazzo, e della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra – mentre il sindaco di Roma, Veltroni, è stato costretto a dare forfait per precedenti impegni - sono intervenuti in diretta dai microfoni della nostra emittente per raccontare a caldo le impressioni dell’incontro con Benedetto XVI. Eccone una sintesi, nelle interviste di Luca Collodi. Il commento di Pietro Marrazzo:

 

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R. – Il Papa ha posto alcune significative sottolineature, ma lo ha fatto con uno spirito ed anche con un clima particolare. Si sentiva che c’era una definizione dei ruoli. Ha parlato di laicità, ma ha poi sottolineato un percorso parallelo, dove la collaborazione è importante. Credo che questo si sia sentito. Per lui era il secondo incontro, come lo era per me, a differenza di Enrico Gasbarra e Walter Veltroni che avevano partecipato ad altri incontri. Quest’anno si è trattato di un incontro in cui alcuni passaggi ci hanno fatto riflettere e credo che per tutti noi che viviamo in una comunità – e lui spesso ha parlato della comunità di Roma, del territorio della Regione – sia importante approfondire.

 

D. – Presidente Gasbarra, il discorso di Papa Benedetto sembra collimare in molti punti con quella che è la vostra attività di amministratori locali…

 

R. – Sì. A dimostrazione che l’incontro con Sua Santità non è soltanto un incontro rituale, ma che si tratta di un incontro profondo, che tende un po’ a raccontare le esperienze dell’anno passato e ad augurarci un nuovo anno di collaborazione. Sua Santità ha analizzato e ha interloquito con i nostri discorsi augurali, conoscendo profondamente il lavoro delle nostre amministrazioni, ribadendo la necessità del rinsaldare la collaborazione, che è già molto ampia e molto forte, e le articolazioni della Chiesa nelle parrocchie, nelle associazioni di volontariato e nel rapporto con il Vaticano e con le strutture religiose operanti nella sanità e nella scuola. Il Papa ha anche tracciato le linee di collaborazione per i problemi che ovviamente rimangono sul tappeto, rispetto alla sofferenza, ai bisogni, alle prospettive di giovani ed ha indicato dei terreni, dentro i quali la collaborazione tra forma di impegno civico nella dimensione laica, ma anche impegno spirituale nella carità, possono essere affrontati insieme.

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IL PAPA NOMINA IL NUOVO NUNZIO IN ITALIA E SAN MARINO:

 E’ IL PIEMONTESE MONS. GIUSEPPE BERTELLO, FINORA NUNZIO IN MESSICO

 

Benedetto XVI ha nominato nunzio apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino mons. Giuseppe Bertello, arcivescovo titolare di Urbisaglia, finora nunzio apostolico in Messico. Mons. Bertello, piemontese, 64 anni, è nato il 1° ottobre del 1942 a Foglizzo, nella diocesi di Ivrea. Ordinato sacerdote a 23 anni, e consacrato vescovo a 45, ha svolto diversi incarichi nell’ambito della diplomazia vaticana: è stato tra l’altro osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra e presso l'Organizzazione Mondiale del Commercio. Nel dicembre del 2000 Giovanni Paolo II lo aveva nominato nunzio in Messico. Mons. Bertello succede a mons. Paolo Romeo, nominato il 19 dicembre scorso nuovo arcivescovo di Palermo.

 

 

ALTRE UDIENZE E NOMINE

 

Il Papa ha ricevuto stamane, in successive udienze, anche il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, e il sig. Ahamad Abdulkareem Al-Ibrahim, ambasciatore del Kuwait, in visita di congedo. Questo pomeriggio il Papa riceverà il cardinale Sergio Sebastiani, presidente della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, e il cardinale Antonio María Rouco Varela, arcivescovo di Madrid.

 

In India, il Santo Padre ha nominato vescovo di Bhagalpur, il rev. Kurian Valiakandathil, del clero di Bhagalpur, parroco di Leela. Il rev. Kurian (Ciriaco) Valiakandathil, è nato il 18 novembre 1952 ad Elanjy, nell'eparchia di Palai, nel Kerala. E' stato ordinato sacerdote il 28 ottobre 1977 e incardinato nella diocesi di Bhagalpur. La diocesi di Bhagalpur, suffraganea dell'arcidiocesi di Patna, è stata eretta nel 1965. Ha una superficie di 40.000 kmq e una popolazione di oltre 8 milioni di abitanti, di cui circa 77 mila sono cattolici. Si contano 46 parrocchie, 94 sacerdoti (68 diocesani, 26 religiosi), 37 Seminaristi e 306 religiose. La diocesi di Bhagalpur è vacante dal 1° giugno 2005, a seguito della morte dell’ordinario, mons. Thomas Kozhimala.

 

 

DEDICATA AL TEMA DELLA FAMIGLIA MIGRANTE LA 93.MA GIORNATA MONDIALE

DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO PROMOSSA DALLA FONDAZIONE MIGRANTES,

 ORGANISMO DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA.

L’EVENTO, CHE SI SVOLGERÀ DOMENICA PROSSIMA,

È STATO PRESENTATO QUESTA MATTINA

 PRESSO LA SALA MARCONI DELLA NOSTRA EMITTENTE

- A cura di Stefano Leszczynski -

 

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Il fenomeno migratorio coinvolge sempre più le famiglie dei migranti, per le quali – sottolinea la Fondazione Migrantes – è necessario assicurare una reale possibilità d’inserimento e di partecipazione nella società in cui si stabiliscono. E la famiglia migrante è stata proprio al centro del messaggio che Benedetto XVI ha scritto per celebrare questa Giornata mondiale. Ricongiungimenti familiari, difficile condizione femminile, ma anche nuovi strumenti legislativi e giuridici sono i problemi da risolvere per facilitare l’integrazione.

 

Uno sforzo particolare viene chiesto all’Unione Europea perché gli Stati membri ratifichino la Convenzione internazionale per i lavoratori migranti ed i membri delle loro famiglie. Questo – è stato definito da mons. Lino Bortolo Belotti – uno strumento fondamentale per riconoscere dignità ai migranti e suscita perplessità il fatto che nessuno degli Stati dell’Unione l’abbia ancora ratificato, pur avendolo firmato.  Allo stesso modo, la Fondazione Migrantes fa notare come manchi ancora in Italia una legge organica sul diritto d’asilo e come questa lacuna vada colmata.

 

Nel mondo i migranti sono oltre 200 milioni e di questi almeno 3 milioni sono gli italiani nel mondo. La stessa cifra raggiunta dalla popolazione immigrata in Italia. Una riflessione sul tema della Giornata mondiale del 2007 è stata fatta da mons. Piergiorgio Saviola, direttore generale della Fondazione, guardando alla Santa Famiglia di Nazaret in esilio come esempio e sostegno dei profughi di ogni età e condizione costretti a rifugiarsi in terra straniera per sfuggire alle persecuzioni o al bisogno.

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CONVEGNO INTERNAZIONALE OGGI E DOMANI ALL’URBANIANA

SULLA SFIDA DEL DIALOGO NEL TERZO MILLENNIO

- Intervista con il prof. Ambrogio Spreafico -

 

         “Nel convivio delle differenze: il dialogo nelle società del terzo millennio”. E’ il tema del Convegno internazionale ospitato oggi e domani dalla Pontificia Università Urbaniana, organizzato in collaborazione con Pontifici Consigli per la Cultura e per il Dialogo interreligioso, presieduti dal cardinale Paul Poupard. Ad aprire i lavori stamane il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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         Cultura e pluralità, nuovi linguaggi per il dialogo, patrimonio comuni di valori religiosi, libertà e fraternità: denso di spunti il programma del Convegno, con una ricchezza di temi esposti da relatori di vari Paesi e confessioni, tra cui il Rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni ed il Segretario generale del Centro islamico culturale d’Italia Abdullah El-Radwan. “Siamo consapevoli – ha detto il cardinale Dias - che l’alterità, il pluralismo e le differenze costituiscono, per il nostro tempo, una risorsa preziosa e non semplicemente un’evitabile minaccia”. Gli ha fatto eco il cardinale Poupard richiamando il bisogno urgente del dialogo fra fede e ragione per fondare “una vera civiltà del convivere”, formando soprattutto i giovani a “scacciare la paura dell’altro e ad aprire il cuore per vivere in pace”. Un impegno di grande attualità, come ha sottolineato anche il rettore dell’Ateneo pontificio, il prof. Ambrogio Spreafico:

 

R. – Credo che questo tema sia oggi molto attuale nel mondo, perchè lo scontro delle civiltà, delle culture, le guerre ci fanno capire come la domanda della convivenza sia una domanda essenziale. Anche perché credo che la nostra Chiesa, la Chiesa cattolica, abbia fatto di questo un tema quasi prioritario del suo modo di essere nel mondo.

 

D. – Tra gli aspetti sottolineati vi è quello di vincere la paura della diversità e anche però di indagare sulla propria identità…

 

R. – Vincere la paura della diversità, perchè la diversità istintivamente mette paura, perchè ti pone domande, perché ti trovi di fronte ad un mondo che spesso non conosci. Per questo è necessario conoscere la propria identità e partire dalla propria identità, perchè senza identità non esiste dialogo. Il problema è anche superare l’ignoranza, perché la paura spesso ha radici nell’ignoranza.

 

D. – Forse il mondo universitario può essere, come lei ha sottolineato, un luogo privilegiato di esperienza di convivenza e forse questo non emerge molto, non c’è molta attenzione da parte del mondo politico verso il mondo universitario…

 

R. – Certamente, questo senza dubbio. Direi anche, se posso fare un auto elogio delle nostre Università pontificie - che talvolta sono dimenticate - le nostre Università pontificie, più che le Università statali, sono un luogo di presenze di grandi culture e di tante tradizioni culturali. Solo nella nostra università noi abbiamo studenti provenienti da più di 120 Paesi del mondo. Si potrebbe dire anche però della Lateranense, della Gregoriana… Quindi, questo è certamente un luogo in cui noi respiriamo l’interculturalità e respiriamo anche la ricchezza di potersi incontrare e di poter dialogare l’uno con l’altro.

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RICORDATO IERI CON UNA MESSA IN SAN PIETRO

IL CARDINALE CROATO ŠEPER, A 25 ANNI DALLA MORTE:

FU UN AUDACE TESTIMONE DEL VANGELO DURANTE

IL DIFFICILE PERIODO DEL REGIME COMUNISTA

 

Il cardinale William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha presieduto ieri pomeriggio nella Basilica Vaticana una celebrazione eucaristica per il 25.mo anniversario della morte del cardinale croato Franjo Šeper, avvenuta il 30 dicembre 1981. Ha tenuto l’omelia il cardinale Josip Bozanić, arcivescovo di Zagabria. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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Il cardinale Levada, introducendo la Messa, ha ricordato il motto episcopale del cardinale Šeper tratto dalla Lettera agli Efesini: “Veritatem facientes in caritate”, “vivendo secondo la verità nella carità”. E il cardinale Bozanić nell’omelia ha detto che “verità e amore sono stati i due pilastri del ministero del cardinale Šeper”, già arcivescovo di Zagabria e prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede dal 1968 al 1981. “Uomo prudente e audace” - ha aggiunto – con la sua testimonianza coerente al Vangelo in qualità di arcivescovo metropolita di Zagabria, seppe “come vero pastore far fronte agli innumerevoli problemi posti alla Chiesa e al popolo dal totalitarismo comunista”:

 

“Nonostante gli spazi assai limitati, non si rassegnò con passività a sottostare alle avverse condizioni. Seguendo l’esempio del suo predecessore, il beato martire Stepinac, trovò i modi per dare con più forza voce al Vangelo. In tempi caratterizzati dal buio e da tante incertezze esterne, egli fu un appoggio per gli indifesi e la sua saggezza e la sua prudenza aiutarono gli smarriti a ritrovare di nuovo la strada giusta”.

 

Il cardinale Bozanić ha quindi sottolineato che anche durante la sua permanenza a Roma il cardinale Šeper fu di grande sostegno ai fedeli cattolici e alle “Chiese oppresse dai regimi comunisti nell’Europa centrale e orientale”:

 

“Per molti fedeli, la presenza del cardinale Šeper a Roma era un forte segno di speranza e di appoggio. Con lui erano in contatto molti vescovi e presbiteri delle Chiese di quei Paesi, privi della libertà religiosa. A lui si potevano rivolgere tutti quelli che, dovendosi confrontare con sistemi di ateismo statale, cercavano qualcuno che li capisse da vicino e desse loro una nuova spinta per vivere le beatitudini nella fedeltà alla Santa Sede e al Successore di Pietro”.

 

All’inizio della Messa è stato letto il messaggio di Benedetto XVI inviato il 5 gennaio scorso in occasione della celebrazione dell’anniversario a Zagabria. Il Papa, nel messaggio, ricorda il cardinale Šeper come “pastore e teologo”, capace di “coniugare la bontà, la semplicità e la risolutezza” sia  nel suo impegno instancabile per il popolo croato “nei momenti esigenti e difficili del totalitarismo comunista”, sia  durante “il suo servizio sicuro e saggio nella guida della Congregazione per la Dottrina della Fede durante tre pontificati”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano – “Sacralità della vita umana, centralità della persona del malato, valore della famiglia fondata sul matrimonio”: Benedetto XVI incontra gli Amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma, e indica loro “i grandi principi”.

 

Servizio estero - Iraq: Bush ammette gli errori e rilancia l’offensiva militare.

 

Servizio culturale - Un articolo di Agostino Paravicini Bagliani dal titolo “Figure della Biblioteca Vaticana”: una raccolta di saggi di Nello Vian.

 

Servizio italiano - Governo; crescita e attuazione della manovra economica. Vertice a Caserta con la maggioranza.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 gennaio 2007

 

 

OFFRIRE LO STESSO TRATTAMENTO A ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE DIVERSE

 RAPPRESENTA UN’INGIUSTIZIA SOSTANZIALE: E’ QUANTO SOTTOLINEA

IL PROF. ANTONIO MARIA BAGGIO DELLA GREGORIANA, DOPO LE DICHIARAZIONI

 DI MONS. GIUSEPPE BETORI SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA E LA REAZIONE

 POLEMICA DEL MINISTRO PER LA SOLIDARIETA’ SOCIALE, PAOLO FERRERO

 

La Conferenza Episcopale Italiana esprime “stupore e sconcerto” per le dichiarazioni del ministro per la Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, che a proposito dell’audizione di mons. Giuseppe Betori alla Camera sulla libertà religiosa ha parlato di “posizioni oscurantiste” della Chiesa, da “non tenere in considerazione”. In quell’audizione, il segretario generale della CEI, mons. Betori, aveva affermato, tra l’altro, che “l’eguale libertà di tutte le confessioni non implica piena eguaglianza di trattamento”, giacché non si può non tener conto della realtà del Paese. Sulla vicenda, ecco la riflessione del prof. Antonio Maria Baggio, docente di etica politica all'Università Gregoriana, intervistato da Alessandro Gisotti:

 

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R. – Accusare di integralismo oscurantista rivela una posizione ideologica. E questo è un po’ il problema di fondo. Dare la stessa cosa a tutte le diverse organizzazioni religiose produce una ingiustizia, un’ingiustizia nella sostanza, perché se si dà la stessa cosa a realtà diverse, si creano delle situazioni di ingiustizia. E’ un errore che possiamo considerare speculare a quello dello ‘Stato indifferente’. In certi Paesi, infatti, lo Stato sostiene che la religione è un affare privato e l’assenza di leggi al riguardo indicherebbe, appunto, che lo Stato concede la libertà purché tutti questi fenomeni religiosi non tocchino in alcun modo la sfera pubblica.

 

D. – La Chiesa, per i suoi fedeli che vivono in Stati a maggioranza musulmana o di altre religioni, chiede il rispetto della libertà religiosa, ma non nega che quella religione costituisca parte essenziale del patrimonio della storia, della cultura di quel dato Paese. Perché in Italia c’è ancora chi non riconosce questo dato di fatto per la Chiesa?

 

R. – Ritengo che ciò sia dovuto a motivi di ordine ideologico e ad interessi particolari. Il cristianesimo e, dunque, parlando dell’Italia, soprattutto la Chiesa cattolica ha generato delle idee che oggi danno sostanza alla democrazia: il senso della libertà di coscienza, di uguaglianza, dei diritti della persona umana. Quanti criticano, quindi, la nostra religione lo fanno senza sapere che è proprio la nostra religione che li ha messi in condizione di libertà e nella sicurezza per poterla criticare! Direi di più: la stessa concezione della razionalità con la quale la democrazia si organizza, ha a che fare con ciò che il cristianesimo ha immesso nella storia. Forse, si teme la presenza reale e viva che ancora oggi ha la Chiesa sia come gruppi organizzati, sia come attività dei singoli nel campo sociale.

 

D. – Sin dalla Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, la Chiesa ha posto l’accento sulla libertà religiosa quale pietra d’angolo dell’edificio dei diritti umani. Una difesa che va, però, contemperata con le leggi dello Stato. Pensiamo, ad esempio, al richiamo di mons. Betori sulla poligamia, che ha detto “non può essere riconosciuta in ossequio alle esigenze di un malinteso multiculturalismo”.

 

R. – Nel documento che lei ha citato, la Dignitatis Humanae, si associano i diritti religiosi ai diritti umani in generale. La Chiesa, nella sua esperienza, ha maturato l’idea che non si può difendere soltanto un diritto - quello religioso – ma i diritti dell’uomo devono essere difesi nella loro interezza, nella loro integralità. Lo ha appreso dalla storia ed è una sua convinzione. Esiste ora una corrispondenza tra ciò che la Chiesa difende, perché ha una conoscenza dell’uomo dal patrimonio di fede, e ciò che l’uomo stesso comprende e che comincia a mettere dentro il ricco patrimonio dei diritti umani. Quindi, quando mons. Betori dice: “Attenzione, perché il riconoscimento acritico di certe convinzioni che esistono in talune religioni viola la dignità umana” non fa che difendere non solo un principio di fede, ma anche un dettato costituzionale. D’altro canto, gli incontri che hanno avuto Benedetto XVI e il presidente della Repubblica Napolitano nel novembre scorso, ma anche in altre occasioni e in scambi di messaggi, hanno dimostrato che abbiamo una corrispondenza molto forte tra i principi universali di carattere etico e di difesa della persona che ci sono nella Costituzione e in affermazioni che troviamo – ad esempio – nella Gaudium et Spes.

 

D. – Sullo sfondo di questo dibattito c’è, comunque, sempre il tema della laicità. Non c’è oggi, forse, una confusione ingenerata da quanti affermano di difendere la laicità e invece propongono tesi laiciste che negano la dimensione pubblica della religione?

 

R. – Sì, ma si tratta di una confusione voluta, purtroppo. Certe confusioni di oggi sono veramente volute. Quando noi difendiamo la specificità della presenza cattolica in Italia, difendiamo anche tutto questo insieme di valori e di principi che rappresentano un bene per tutti e non solo per i cattolici.

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RAID STATUNITENSE AL CONSOLATO IRANIANO DI ERBIL:

 IERI BUSH HA AMMESSO ERRORI PER L’IRAQ

 E HA ANNUNCIATO L'INVIO DI OLTRE 20 MILA SOLDATI

- Intervista con il prof. Fabrizio Battistelli -

 

Fa discutere il nuovo piano americano per l’Iraq, che prevede l’invio di altri 21.500 soldati statunitensi. Il presidente Bush lo ha annunciato ieri ammettendo che “in Iraq sono stati fatti errori”. Voto contrario dalla nuova presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi. Ma anche diversi senatori repubblicani hanno preso decisamente le distanze. Secondo i sondaggi, la maggioranza della popolazione americana si dice contraria a questa nuova strategia. Il servizio di Fausta Speranza:

 

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Mentre il presidente Bush affermava che l'America bloccherà “il flusso di aiuti dall'Iran e dalla Siria per chi attacca le truppe USA” in Iraq, soldati americani facevano irruzione nel consolato dell'Iran ad Erbil, nel Kurdistan iracheno, arrestando sei persone. Protesta ufficiale dell'ambasciata iraniana a Baghdad. Tre i punti del piano: maggiore impegno del governo di Baghdad, aumento dei soldati americani e investimenti per l’economia. Con una precisazione: prima le truppe USA attaccavano i capisaldi della guerriglia ma dopo averli presi li abbandonavano. Ora, invece, resteranno sul posto. Tra le autorità istituzionali irachene, soltanto il premier al Maliki si è pronunciato parlando di speranza per il futuro. 

 

Secondo la stampa ufficiale siriana, il piano americano per l'Iraq ha scarse possibilità di successo.  Pieno sostegno, invece, alla nuova strategia militare USA dal premier conservatore dell'Australia e da quello del Giappone. C’è poi la dichiarazione della Gran Bretagna che esclude l’invio anche solo di un soldato di più. E c’è la cronaca dell’ennesimo fatto di sangue: a Samarra, cinque morti e una cinquantina di feriti per un’autobomba. Imposto il coprifuoco fino a nuovo ordine. Nel febbraio dell'anno scorso un attentato dinamitardo ha distrutto la moschea sciita dalla cupola d'oro di Samarra e ha di fatto dato il via ad una infinita serie di violenze e vendette incrociate tra la  comunità sciita e quella sunnita.  

 

Sul fronte processi, è ripreso quello per la cosiddetta campagna di Anfal, ovvero lo sterminio di oltre 180 mila curdi iracheni alla fine degli anni '80, di cui il principale imputato, con l'accusa di genocidio, era l'ex presidente Saddam Hussein, impiccato il 30 dicembre. Ora l'accusa di genocidio grava su Ali Hassan al Majid, detto Ali il chimico e altri cinque: tutti rischiano la pena capitale.

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La decisione di inviare oltre 20 mila uomini in più in Iraq è stata presentata dal presidente Bush come una “svolta strategica”. Ma cosa succederà ora nel Paese del Golfo? Risponde il prof. Fabrizio Battistelli, segretario generale di Archivio Disarmo, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Sul piano tattico è possibile che qualcosa cambi, perché indubbiamente 20 mila uomini in più possono sicuramente essere utili, nella concezione americana, per sostenere l’esercito iracheno. Sul piano strategico c’è da chiedersi se questo modificherà le sorti del conflitto.

 

D. – Che segnale è la scelta di rafforzare la presenza americana nel Paese del Golfo, invece che iniziare un processo di consegna militare agli iracheni?

 

R. – E’ la sua dichiarazione di coerenza con quella che è stata, in fondo, tutta la sua presidenza, all’indomani dell’attacco a Washington e a New York, la dichiarazione di una guerra al terrorismo, unilaterale nelle modalità di conduzione, dimostrando che gli Stati Uniti non si sarebbero fatti condizionare da nulla e da nessuno in questa guerra.

 

D. - Secondo la Casa Bianca, il piano consentirebbe di stabilizzare l’Iraq prima della fine del 2007. Viste le violenze sul terreno è un’ipotesi veritiera?

 

R. - Assolutamente no. Chiunque di noi abbia fatto in tempo a conoscere la guerra del Vietnam o, se non la conosce, a studiarla, rivede un itinerario già percorso, quello di un intervento militare nato per essere del tutto circoscritto, che poi richiede sempre più risorse finanziarie, tecniche e soprattutto umane. Nel caso iracheno, addirittura, si deve aggiungere, rispetto al Vietnam, l’esistenza di una contemporanea guerra civile tra i gruppi etnico-religiosi presenti. Questo non può che portare o ad un’occupazione dell’intero territorio iracheno o ad un abbandono, ma soprattutto è sul campo che la situazione è drammatica. Siamo passati sfortunatamente ad una vera e propria guerra civile che prelude alla esplosione dell’Iraq e al suo smembramento: da una parte i curdi, nel mezzo i sunniti e a sud gli sciiti.

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AMNESTY INTERNATIONAL LANCIA UNA CAMPAGNA PER LA CHIUSURA

DEL CARCERE DI GUANTANAMO A CINQUE ANNI DALLA SUA APERTURA

- Intervista con Riccardo Noury -

 

Compie 5 anni il controverso carcere di Guantanamo, nell’isola di Cuba. L'11 gennaio del 2002 veniva aperta, nella base militare statunitense di Guantanamo, la struttura di detenzione destinata ai sospettati nell'ambito della cosiddetta "guerra al terrore". Oggi, in occasione del quinto anniversario dell'apertura del carcere, Amnesty International lancia una campagna per chiederne la chiusura. “Il governo statunitense deve porre fine a questa parodia di giustizia”, ha dichiarato oggi la segretaria generale di Amnesty International, Irene Khan. In 5 anni sono state passate per Guantanamo più di 700 persone, tenute prigioniere senza capi d'accusa, senza processo, e senza i diritti fondamentali che spettano ai prigionieri. Della situazione di queste persone ci parla Riccardo Noury, portavoce della sezione italiana di Amnesty, intervistato da Elisabetta Rovis:

 

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R. – Sono 400 persone su un totale di più 700 che sono passate per Guantanamo in questi cinque anni e le quali non conoscono di cosa sono accusate. Questa è una grave violazione dei propri diritti. Non hanno, tra l’altro, possibilità di ricorrere ad un giudice, al quale sottoporre l’illegittimità della propria detenzione; non hanno accesso alle prove segrete a loro carico e vivono nella prospettiva di non sapere quando, se e come verranno rilasciati. Vivono, quindi, in una sorta di limbo giudiziario, nel quale le condizioni detentive sono, tra l’altro, segnalate costantemente cattive.

 

D. – Lo scorso novembre, nelle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, c’è stato un forte calo di consensi verso l’amministrazione Bush. Secondo voi di Amnesty, questo potrebbe portare ad una revisione delle posizioni su Guantanamo?

 

R. – Questo è difficile da immaginare. Certo è che la conduzione della cosiddetta “guerra al terrore” è sottoposta a dure contestazioni sia sul piano giuridico, da parte degli organi di giustizia federale degli Stati Uniti, sia da parte di commentatori dei mezzi di informazione che anche del pubblico. Certamente il fatto che i soldati morti in Iraq abbiano superato in numero le vittime delle Torri Gemelle è un fatto grave di per sé, ma anche simbolico di cosa non ha funzionato. E’ difficile stabilire se e quanto Guantanamo verrà chiusa. Certo è che negli Stati Uniti il dibattito si è aperto e noi auspichiamo che questo dibattito porti sul piano politico a decisioni molto precise ed ovvero chiudere Guantanamo, processare chi vi sta dentro oppure liberarlo in assenze di prove e porre fine - più in generale - a tutte le violazioni dei diritti umani che hanno caratterizzato questi cinque anni di conduzione della “guerra al terrore”.

 

D. – Ma il carcere di Guantanamo è una sorta di punta dell’iceberg di questa lotta al terrorismo che sta, in un certo senso, sacrificando i diritti umani e le libertà civili…

 

R. – E’ vero ed è un paradosso. Guantanamo è un luogo chiuso, ma è anche un luogo dal quale le notizie arrivano, perché ci sono detenuti che escono, ci sono avvocati e ci sono anche fonti ufficiali, sono anche trapelati manuali di interrogatorio che prevedono delle vere e proprie tecniche di tortura. Quello che non sappiamo è la dimensione globale di questo vero e proprio scandalo riguardo ai diritti umani, basato su detenzioni segrete, su detenzioni prolungate senza accusa né processo, con interrogatori condotti sotto tortura. Non sappiamo neanche quante migliaia di detenuti vi siano nelle altre carceri che sono ancora meno visibili di Guantanamo. Su tutto questo occorre che l’amministrazione statunitense faccia luce e sia spinta a rivelare i luoghi segreti di detenzione e quanti detenuti vi sono, di cosa sono accusati, e a dare accesso alle organizzazioni umanitarie affinché visitino questi detenuti.

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QUINDICI GIOVANI RAPPRESENTANTI DI DIVERSE RELIGIONI E DI VARI CULTI

COLLABORERANNO CON IL GOVERNO ITALIANO PER FAVORIRE

IL DIALOGO INTERRELIGIOSO ED UNA PACIFICA CONVIVENZA FRA DIFFERENTI ETNIE

- Ai nostri microfoni il cardinale Paul Poupard, Tullia Zevi, Osama al-Saghir,

Marta Arkerdar e il ministro Giovanna Melandri -

 

Nasce in Italia la Consulta giovanile per il pluralismo culturale e religioso. Composta da esponenti di diverse religioni, offrirà pareri al governo per promuovere una pacifica convivenza. Voluta con un decreto dal ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, Giovanna Melandri, e dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato, la Consulta è stata presentata ieri a Roma e ad essa è giunto anche un messaggio del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, affidato al presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale Paul Poupard. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, ha espresso il proprio apprezzamento per l’iniziativa che vuole favorire il dialogo e la tolleranza ed ha augurato buon lavoro ai 15 giovani della Consulta, che rappresentano i diversi culti praticati in Italia, e il cardinale Poupard ha aggiunto:

 

“Il pluralismo è una realtà. E noi, da questa realtà, prendiamo coscienza e aiutiamo le persone a viverla in modo positivo, rispettoso, amichevole ed anche con iniziative concrete. E questo perché le dichiarazioni sono certamente una bella cosa, ma le dichiarazioni sono fatte per aiutare l’azione”.

 

Per Tullia Zevi, già presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, questo organismo, che collaborerà con il governo italiano, esorta a vivere e a lavorare insieme e sui giovani della Consulta esprime il suo parere:

 

“Hanno una disponibilità grandissima ed una grandissima volontà di dialogo. C’è una frase di un filosofo giapponese, che è in realtà rappresentato da un’unica parola ‘Kiosei’ che vuol dire vivere vicini, vivere insieme e lavorare insieme. Questo è l’intenzione, questo è il messaggio che ci danno questi ragazzi”.

 

Ma quali le priorità della Consulta ritenute più importanti dai giovani musulmani? Osama al-Saghir, presidente dei giovani musulmani in Italia:

 

“E’ necessario lavorare moltissimo sul pregiudizio che abbiamo sofferto in tutti questi anni e far vedere che siamo delle persone come tutte le altre. Ci impegneremo anche all’interno della nostra comunità per far capire che questo è il nostro Paese, che in questo Paese ci sono delle regole e che insieme si può vivere certamente in modo pacifico”.

 

I diversi rappresentanti della Consulta hanno dato vita ad una piccola biblioteca, mettendo a disposizione dei testi sui loro culti e le loro tradizioni, e ancora libri che possano servire come fonti comuni. Ma in che modo i giovani della Consulta si propongono di lavorare insieme? Lo abbiamo chiesto a Marta Arkerdar dell’Istituto buddista Soka Gakkai:

 

“Sicuramente la base tra il dialogo interreligioso è prima di tutto rappresentata dal dialogo vita a vita, umano, e quindi il rapporto che si creerà tra di noi, singolarmente, al di là poi del culto religioso di appartenenza”.

 

E queste le prime tematiche, sottolineate dal ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, Giovanna Melandri, sulle quali la Consulta dovrà pronunciarsi:

 

“Cominceremo chiedendo alla Consulta di esercitarsi sui temi della cittadinanza, e di aiutarci a predisporre una posizione, condivisa sui temi dei simboli religiosi. Noi ci auguriamo che questo modello possa essere moltiplicato e replicato anche a livello comunale”.

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CHIESA E SOCIETA’

11 gennaio 2007

 

DOMANI, IN POLONIA, RIUNIONE STRAORDINARIA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE

POLACCA SUGLI AVVENIMENTI DEGLI ULTIMI GIORNI E SULLE DIMISSIONI

DI MONS. STANISLAW WIELGUS

 

VARSAVIA. = “Situazione della Chiesa in Polonia conseguente agli avvenimenti degli ultimi giorni”. Con questo ordine del giorno è stato convocato per domani a Varsavia, dal presidente della Conferenza episcopale polacca, mons. Józef Michalik, un incontro straordinario del Consiglio permanente dell’episcopato con i vescovi diocesani. Lo rende noto l'Ufficio stampa della Conferenza episcopale. “Guardando a ciò che è successo – ha affermato mons. Michalik - dovremmo ringraziare umilmente il Signore perché, nonostante tutto, ha vinto la verità. Bisogna ringraziare Dio per la decisione di mons. Wielgus di rassegnare le dimissioni e anche per quella di Benedetto XVI che le ha immediatamente accolte, sanando la situazione”. Mons. Michalik – riferisce l’Agenzia SIR - ha inoltre sottolineato che “per il cristiano, presbitero o vescovo, esiste una sola etica. La menzogna è sempre un male. Il male è anche collaborare con uomini disonesti per una causa disonesta”. Intanto, il tono delle notizie riguardanti la vicenda di mons. Wielgus preoccupa l’Associazione dei giornalisti cattolici polacchi che in un appello ha chiesto di rispettare “le regole di professionalità”. Lo stesso ha fatto il nunzio apostolico in Polonia, mons. Józef Kowalczyk: “i media - ha detto - dovrebbero sentirsi corresponsabili per il modo in cui viene rivelato il contenuto di documenti del regime comunista per non danneggiare inutilmente delle persone”.

 

 

SI INTENSIFICANO LE RICERCHE PER TROVARE PADRE LUCIO BOLA,

MISSIONARIO FILIPPINO SCOMPARSO LO SCORSO 31 DICEMBRE. L’IPOTESI PIÙ

ACCREDITATA, SECONDO GLI INQUIRENTI, È QUELLA DEL RAPIMENTO

 

CAGAYAN DE ORO.= Cresce l’apprensione per la sorte di padre Lucio Bola, missionario filippino scalabriniano scomparso lo scorso 31 dicembre dall’isola di Mindanao, nel sud delle Filippine. La polizia, insieme con le autorità locali e la Chiesa cattolica, ha intensificato le ricerche. Padre Bola, 46.enne, si trovava nei pressi di Balingasag, con la sua famiglia, per trascorrere le vacanze natalizie. Da allora, non si hanno più sue notizie. La polizia teme si tratti di un sequestro. Sembra che il missionario abbia avuto discussioni con un vicino di casa, coinvolto in un traffico di droga. Gli agenti stanno effettuando indagini, in particolare, su un uomo residente a Balingasag, Eric Akyatan. E’ stato anche istituito un gruppo di ricerca ed è stata proposta la formazione di un “National Watch” per ritrovare il sacerdote. Il sindaco del comune di Cagayan de Oro, Vicente Emano, ha affermato inoltre di conoscere i nomi delle persone coinvolte nella scomparsa di padre Bola. Vicente Emano ha precisato, però, che “i nominativi verranno resi noti solo dopo le dovute verifiche”. Intanto, l’arcidiocesi di Cagayan De Oro è fortemente impegnata nella ricerca del missionario.  Partecipano alle operazioni anche alcuni scalabriniani arrivati appositamente da Cebu City. (A.D.F.)

 

 

INCENTRATA SULLA FAMIGLIA LA LETTERA PASQUALE CONSEGNATA

AL CLERO FIORENTINO DALL’ARCIVESCOVO DI FIRENZE, CARDINALE ENNIO ANTONELLI. LA FAMIGLIA, SCRIVE IL PORPORATO, OFFRE UNO STRAORDINARIO CONTRIBUTO

 PER IL BENE COMUNE E VA TUTELATA CON SERIE POLITICHE

CONTRO IDEE INDIVIDUALISTICHE CHE LA SVILISCONO

 

FIRENZE. = Non solo “un fatto privato” e “una comunità di affetti”, ma anche “lo snodo tra persona e società” e “un’istituzione di interesse pubblico”. Sono i tratti peculiari della famiglia indicati dall’arcivescovo di Firenze, cardinale Ennio Antonelli, nella “Lettera pasquale” consegnata al clero fiorentino riunito per l’annuale corso di formazione. La famiglia, che “sarà la priorità pastorale della diocesi nei prossimi tre anni”, costituisce secondo il porporato “un contributo per il bene comune”.  Un contributo che comprende dimensioni cruciali quali: “l’educazione dei figli”; “la trasmissione di valori umani e culturali”; “l’erogazione dei servizi alle persone in situazione di fragilità e la funzione di ammortizzatore sociale nei momenti difficili”. Per questo, aggiunge il porporato, la famiglia va riconosciuta, tutelata sostenuta e valorizzata dalle pubbliche autorità che hanno la responsabilità specifica di promuovere il bene comune”. “E’ auspicabile – si legge nella lettera ripresa dall’Agenzia SIR – che i politici, nell’elaborare leggi e provvedimenti, ascoltino non solo le forze sociali ma anche le associazioni per i diritti della famiglia”. Il cardinale sollecita, in particolare, una strategia che possa offrire “nuove opportunità per quanto riguarda la casa e il lavoro” e promuovere una “effettiva attuazione della libertà di educazione”. L’arcivescovo di Firenze ribadisce, infine, che “non vanno confuse con la famiglia altre forme di convivenza, che non comportano l’assunzione degli stessi impegni e doveri” riscontrabili nel matrimonio. Tali forme di convivenza, conclude il porporato, si configurano, piuttosto, come “un rapporto privato tra individui, analogo al rapporto di amicizia”. (A.L.)

 

 

CONTRO LE NEFASTE CONSEGUENZE DELL’ABORTO, UNA MARCIA IN DIFESA

DELLA VITA, IN PROGRAMMA A PARIGI IL PROSSIMO 21 GENNAIO,

PROMOSSA DALLA FEDERAZIONE SPAGNOLA DI ASSOCIAZIONI PER LA VITA”

 

PARIGI. = Ogni anno si registrano in Francia almeno 220 mila morti a causa della disumana pratica dell’aborto. Complessivamente, sono oltre 7 milioni gli aborti da quando, nel 1975, è entrata in vigore in Francia la legge che autorizza questa pratica. Per denunciare proprio le terribili conseguenze dell’aborto si terrà il prossimo 21 gennaio, a Parigi, una marcia in difesa della vita promossa dall’Organizzazione non governativa “Provida” (“Federazione spagnola di Associazioni Per la Vita”). Tra gli effetti dell’aborto, sottolinea l’organizzazione, ci sono: l’invecchiamento demografico, la chiusura di scuole ma soprattutto un sempre maggiore degrado familiare e gravi danni psicologici per le donne che hanno abortito. Sono inoltre numerosi i casi di donne decedute in seguito ad aborti praticati in modo illegale. L’organizzazione “Provida” - ricorda l’Agenzia Fides - promuove il rispetto della vita umana fin dal momento del concepimento ed è impegnata nel sostenere una cultura volta ad accogliere i più deboli e indifesi. (A.L.)

 

 

PER CONSTRASTARE IL DRAMMA DEI NEONATI ABBANDONATI NEI CASSONETTI,

 IL MOVIMENTO PER LA VITA ITALIANO RIBADISCE L’URGENZA DI COLLOCARE IN OGNI CITTÀ ALMENO UNA “CULLA PER LA VITA”, RIEDIZIONE DELLA RUOTA DEGLI ESPOSTI

 

PALERMO. = “Mai più cassonetti… ma culle per la vita”. E’ il titolo del convegno, promosso dal Movimento per la vita italiano, che si terrà domani a Palermo. I bambini abbandonati nei cassonetti, si legge nel comunicato del Movimento, “costituiscono un fenomeno drammatico di cui i ritrovamenti rappresentano, purtroppo, solo la punta dell’iceberg”. “Per fronteggiare questo fenomeno – continua la nota – non è sufficiente la pur pregevole norma sul parto anonimo in ospedale”. Da oltre dieci anni il Movimento ha creato le “Culle per la vita”, presenti e funzionanti in diverse città. Si tratta di moderne e tecnologiche riedizioni della “Ruota degli esposti”. L’auspicio del Movimento è quello che si riesca ad aprire una culla in ogni città italiana. Secondo il Ministero delle pari opportunità sono circa 300 i casi di neonati abbandonati ogni anno in Italia. Le “Culle per la vita” si affiancano agli oltre 300 Centri di aiuto alla vita che da vent’anni operano sul territorio italiano, permettendo dal 1975 ad oggi la nascita di oltre 70 mila figli di madri che, altrimenti, avrebbero probabilmente abortito. (A.L.).

 

                             
INAUGURATO IERI UN INFOPOINT SULLA VIA FRANCIGENA A ROMA

PER RICORDARE GLI ANTICHI ITINERARI PERCORSI DAI PELLEGRINI.

“UN CAMMINO ALLA RICERCA DI UNA FEDE PIÚ PROFONDA”, HA DETTO IERI,

DURANTE L’INAUGURAZIONE, IL SEGRETARIO DELL’AMMINISTRAZIONE DEL PATRIMONIO DELLA SEDE APOSTOLICA, MONS. CLAUDIO MARIA CELLI

 

ROMA.= É attivo da ieri l’infopoint sulla via Francigena a Roma. Lo sportello si trova presso gli Uffici dell’Opera romana pellegrinaggi (ORP), in piazza Pio XII, davanti al colonnato della Basilica di San Pietro. Il punto informativo serve a ricordare gli antichi itinerari dei pellegrini romei, giacobei e palmieri - come li distingueva Dante Alighieri - diretti rispettivamente a Roma, Santiago de Compostela e in Terra Santa. L’inaugurazione è stata presieduta dal segretario dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, mons. Claudio Maria Celli, che ha ricordato come “i pellegrini si mettono in cammino alla ricerca di una fede più profonda”. Il centro informativo nasce dalla collaborazione tra l’ORP, che si occuperà di curare l’aspetto pastorale, ed il GEIE, promotore del progetto ‘Cammini d’Europa’. L’obiettivo principale è quello di valorizzare due degli itinerari più antichi: le ‘vie Francigene’, che prendono il nome dal luogo di provenienza, la Francia, e i ‘Cammini di Santiago’. La Via Francigena è una via maestra percorsa, in passato, da migliaia di pellegrini in viaggio per Roma. L’altro itinerario, il Cammino di Santiago, trova le proprie radici storiche nel percorso seguito dai fedeli, a partire dal IX secolo d.C., per raggiungere la tomba dell’Apostolo Giacomo. L’infopoint fornirà inoltre informazioni sul progetto transnazionale ‘Cammini ‘'Europa’. Allo sportello verrà rilasciato il ‘testimonium’, cioè un certificato che attesta l’autenticità del pellegrinaggio. (A.D.F.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

11 gennaio 2007

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

Forze a guida NATO hanno ucciso 150 insorti in Afghanistan. I combattimenti sono avvenuti la notte scorsa nel sudest, nel distretto di Bermal al confine con il Pakistan, da cui proveniva il gruppo. I raid aerei appoggiavano le operazioni a terra dell’esercito afghano. Il governo di Kabul da anni afferma che i guerriglieri talebani, la cui presenza si è notevolmente rafforzata nell’ultimo anno nelle province orientali e meridionali dell’Afghanistan (soprattutto quelle di Helmand, Kandahar e Paktita), hanno i loro “santuari” in territorio pachistano, soprattutto nelle aree tribali e montuose vicine al confine. Da qui partirebbero molte delle operazioni di guerriglia. Con circa 4.000 morti, compresi 170 soldati stranieri, il 2006 è stato in Afghanistan l’anno con il bilancio più sanguinoso dalla fine della breve guerra con cui la coalizione a guida USA, alla fine del 2001, sulla scia degli attentati dell’11 settembre negli Stati Uniti, ha cacciato il regime integralista dei talebani, che dava protezione al capo di al Qaeda, Osama bin  Laden.

 

Una folla, che osservatori hanno stimato in decine di migliaia di persone, si è raccolt oggi nel centro di Ramallah per partecipare a un grande raduno indetto per il 42. mo anniversario della fondazione di Al Fatah,  l’organizzazione palestinese fondata da Yasser Arafat. La manifestazione, alla quale è presente al fianco di personalità politiche palestinesi anche almeno un deputato arabo israeliano, giunge in un momento di fortissima tensione tra Al Fatah e il movimento islamico Hamas. Tensione che nelle scorse settimane ha causato almeno una dozzina di morti in scontri tra sostenitori delle due fazioni, soprattutto nella Striscia di Gaza.    Molti partecipanti al raduno sventolano bandiere di Al Fatah, giurano che questa organizzazione tornerà al potere e gridano slogan contro Hamas.

 

La comunità internazionale guarda con preoccupazione alla situazione in Somalia. Agli scontri interni tra milizie islamiche e truppe del governo transitorio appoggiate dall’Etiopia, si sono aggiunti nei giorni scorsi i raid americani contro presunte basi di al Qaeda. La difficile situazione sta provocando migliaia di profughi in fuga dai combattimenti verso il confinante Kenya. A fare da sfondo a questi avvenimenti, gli interessi delle grandi potenze in Somalia e anche nel resto della regione del Corno d’Africa.

 

L’ex dittatore etiopico Menghistu Haile Mariam, riconosciuto colpevole di genocidio durante il periodo del “Terrore rosso” è stato condannato oggi all’ergastolo in contumacia dall’Alta Corte federale dell’Etiopia. Stessa condanna per altri circa 50 imputati. Il processo al dittatore marxista, soprannominato il “negus rosso”, che ha guidato l’Etiopia dal 1977 al 1991, era iniziato più di dieci anni fa. Lo Zimbabwe di Robert Mugabe, dove Menghistu si trova in esilio, fa sapere che non ne concederà l’estradizione, considerandolo ancora “invitato speciale”. Menghistu aveva preso la guida del regime militare-marxista etiopico il 3 febbraio 1977 con un colpo di Stato sanguinoso che gli aveva assicurato il controllo del Derg, il consiglio militare formato dagli ufficiali che governavano il Paese dalla caduta dell’imperatore Hailé Salassié, nel 1974. 

 

La Russia ha ricominciato questa mattina ad alimentare l’Europa di petrolio riaprendo il flusso sull’oleodotto ‘Druzhba’ verso la Bielorussia, che già ieri sera aveva riaperto i suoi rubinetti di transito. L’ambasciatore di Mosca presso l’Unione Europea, Vladimir Chizov, dopo un incontro avuto ieri sera con il commissario UE all’Energia, Andris Piebalgs, aveva detto che “l’interruzione era dovuta ad un cosiddetto diritto di prelievo dei bielorussi sul petrolio russo in transito nel loro Paese”. Ora i bielorussi hanno rinunciato a chiedere questo diritto che pretendevano dallo scorso 3 gennaio.

 

In Russia è stato arrestato un imprenditore sospettato di essere il mandante dell’uccisione del vicegovernatore della Banca centrale, Andrei Kozlov, assassinato a Mosca il 13 settembre. Gli investigatori non hanno voluto rivelare il nome del sospetto “per non danneggiare l’inchiesta”, limitandosi a precisare che “è un cittadino russo e possiede una grossa struttura commerciale”. Per l’omicidio di Kozlov erano già state arrestate sette persone, fra cui i presunti sicari.

 

Iuri Golubev, uno dei fondatori dell’ex gigante energetico privato russo Yukos, è stato trovato morto, domenica sera, nel suo appartamento di Londra, riferisce l’agenzia russa on-line “Newsru.com”. Il corpo di Golubev, 65 anni, non presentava alcuna traccia di violenza, e la prima ipotesi è che si sia trattato di un infarto: l’uomo era sofferente di cuore. La polizia britannica, riferisce il quotidiano in lingua inglese ‘Moscow Times, ha comunque avviato una indagine e, al momento, rifiuta di fare commenti.  Golubev era stato uno dei principali consiglieri di amministrazione del gruppo “Menatep” di Mikhail Khodorkovski, il patron di Yukos entrato in rotta di collisione con il Cremlino di Vladimir Putin e condannato a 8 anni di reclusione per frode fiscale e riciclaggio. Non era comunque mai entrato nel mirino della giustizia russa, a differenza degli altri vertici di Yukos e di Menatep.

Il nuovo cancelliere austriaco, Alfred Gusenbauer, ha prestato giuramento stamani nelle mani del capo dello Stato, Heinz Fischer. Assieme a Gusenbauer, leader del partito socialdemocratico (SPOE), ha prestato giuramento anche il vicecancelliere Wilhelm Molterer, leader del partito conservatore popolare (OEVP).     Nel corso della cerimonia nella “Hofburg”, l’ex palazzo imperiale, presteranno giuramento anche i ministri e i sottosegretari della ‘grande coalizione’ fra SPOE e OEVP. 

 

La Cina è contraria ad un intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sul Myanmar (ex Birmania). Una mozione di condanna della giunta militare che tiene in galera centinaia di oppositori tra cui la leader del movimento democratico Aung San Suu Kyi è stata presentata all’ONU dagli USA. “La situazione di Myanmar - ha detto in una conferenza stampa a Pechino il portavoce governativo Liu Jianchao - non presenta alcun rischio per la pace e la sicurezza regionali e internazionali”. “Quello che avviene nel Paese è un affare interno del Myanmar”, ha aggiunto. Oggi la giunta militare ha rilasciato cinque detenuti politici, tra cui Min Ko Naing, il leader delle proteste studentesche del 1988, che ha trascorso in prigione gli ultimi 18 anni. Secondo gli esuli birmani la decisione è stata presa nel tentativo di bloccare la risoluzione di condanna. “Non sembra altro che un cinico tentativo di impedire che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU si pronunci”, ha detto Aung Din, direttore del gruppo democratico Campaign for Burma, basato negli USA.

Come non era mai accaduto prima nella storia del Venezuela, il presidente Hugo Chavez ha prestato, ieri, giuramento per la terza volta consecutiva (la prima risale al 1999) come nuovo capo di Stato per un periodo di altri sei anni. Tra le intenzioni dichiarate per il futuro, c’è l’annuncio di voler nazionalizzare i settori strategici dell’economia, come energia e telefonia. Ma cosa può cambiare di fatto per il Paese? Giada Aquilino lo ha chiesto a Roberto Da Rin, esperto di questioni sudamericane del quotidiano Il Sole 24 Ore:

 

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R. – Qualora il governo di Chavez dovesse procedere verso una reale nazio-nalizzazioni dell’energia e di ciò che resta delle compagnie straniere che operano nel Bacino dell’Orinoco, della compagnia telefonica CANTV e della compagnia elettrica “Electricidad de Caracas”, questo vorrebbe dire molto perché rappresenterebbe una sterzata forte e decisa verso quel progetto che lui chiama socialismo del XXI secolo. Va anche detto che la nazionalizzazione di ciò che resta delle compagnie petrolifere private è una cosa che ha annunciato da anni, dicendo: “Il mese prossimo la faccio, entro breve tempo procederò”, ma in realtà in otto anni non ha toccato niente.

 

D. – Gli Stati Uniti hanno criticato il piano Chavez, ma in realtà quali interessi ci sono in ballo tra Washington e Caracas?

 

R. – Washington è uno dei primi importatori di petrolio venezuelano e, al di là delle violente manifestazioni di avversità che si sono lanciati Bush e Chavez, negli ultimi due anni, i rapporti commerciali sono aumentati tra Washington e Caracas. E questo perché fa gioco a tutti e due, all’interno della loro comunità politica, avere un nemico: a Chavez fa gioco avere – come lo chiama – “el diablo”, il diavolo, e nelle conferenze stampa e negli incontri televisivi fa gioco, quindi, ammiccare al demonio del capitalismo e a Bush come al peggiore governate sul pianeta; a Bush, altrettanto, fa comodo invece indicare Chavez come un nemico che potrebbe destabilizzare il Paese.

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Intanto, il presidente venezuelano Chavez ha offerto il suo aiuto al Nicaragua in occasione dell’investitura del presidente Ortega. I due presidenti firmano oggi un ampio accordo di cooperazione nei settori di energia, sanità, infrastrutture e crediti per l’agricoltura. Secondo l’ambasciatore venezuelano a Managua si tratterà di aiuti superori a quelli che Caracas accorda ad Argentina, Bolivia o Cuba. Nell’ambito dell’accordo, il Nicaragua diventerà membro dell’ALBA, la ‘Alternativa bolivariana per le Americhe’. Ideata nel 2005 da Chavez, l’ALBA vuole essere un’alternativa alla Zona di libero scambio delle Americhe promossa dagli Stati Uniti, e intende “stabilire relazioni commerciali giuste e solidali”. Il Venezuela, quinto esportatore di petrolio al mondo, segue una politica di assistenza nei confronti di diversi Paesi dell’America latina e dei Caraibi.

 

Esiste un preciso “pacchetto” di proposte americane che attendono una risposta della Corea del Nord ai negoziati sul riarmo missilistico-nucleare di Pyongyang. Lo ha indicato oggi il rappresentante giapponese ai negoziati internazionali a sei su tale riarmo, che dovrebbero riprendere a Pechino entro la fine del mese. Fonti diplomatiche hanno indicato che la richiesta essenziale è una sospensione delle attività del reattore atomico nordcoreano di Yongbyon e la sua apertura a ispezioni dell’Ente Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA). Da parte sua, Pyongyang ha attribuito finora la priorità alla revoca di una serie di sanzioni finanziarie americane collegate a risultanze di un’indagine giudiziaria su un traffico di banconote statunitensi falsificate in Estremo Oriente.

 

 

 

 

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