RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 10  - Testo della trasmissione di mercoledì 10 gennaio  2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Nella storia della Chiesa non mancherà mai la persecuzione, ma proprio questa diventa fonte di missione: è quanto sottolineato dal Papa all’udienza generale, dedicata alla figura di Santo Stefano protomartire. Quindi, ha ribadito che la carità non può mai essere disgiunta dall’annuncio del Vangelo

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Reazioni e commenti all’audizione del segretario generale dei vescovi italiani, mons. Betori, ieri alla Camera, sul disegno riformatore attualmente in esame in materia di libertà religiosa: ce ne parla il prof. Venerando Marano

 

Nuove operazioni militari nel sud della Somalia: fonti locali parlano di raid statunitensi ma il governo somalo smentisce. Intervista con Douglas Duale

 

Inizia domani la visita in Terra Santa dei vescovi europei e degli USA per portare un messaggio di solidarietà alle comunità cristiane locali: ai nostri microfoni mons. Peter Fleetwood

 

Presentata la 17.ma guida “Dove mangiare, dormire, lavarsi” della Comunità di Sant’Egidio, manuale di sopravvivenza per i senza fissa dimora: con noi, Mario Marazziti

 

CHIESA E SOCIETA’:

Stati Uniti: per la prima volta in 20 anni i favorevoli alla pena di morte diventano minoranza

 

Si è conclusa ieri l’Assemblea plenaria dell'episcopato indiano: i vescovi si impegnano a rilanciare il ruolo dei laici

 

Nasce in Italia la Consulta giovanile per il pluralismo culturale e religioso

 

Nuove vittime dell’influenza aviaria in Indonesia. Muore un ragazzo di 14 anni a Giakarta. Caso di contagio umano in Cina e nuovi focolai d’infezione negli allevamenti vietnamiti

 

In corso nell’Acholiland, nel nord dell’Uganda, una settimana di preghiera per implorare la fine di 20 anni di guerra civile

 

L’Università di Urbino conferirà al cardinale Rodríguez Maradiaga la laurea ad honorem in scienze politiche

 

"Algeri, capitale della cultura araba 2007" è il titolo della carovana artistica che partirà ufficialmente il 12 gennaio prossimo ad Algeri e coinvolgerà le principali località del Paese

 

24 ORE NEL MONDO:

Russia e Bielorussia avrebbero raggiunto l’accordo sul petrolio

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 gennaio 2007

 

 

NELLA STORIA DELLA CHIESA NON MANCHERA’ MAI LA PERSECUZIONE,

MA PROPRIO QUESTA DIVENTA FONTE DI MISSIONE: E’ QUANTO SOTTOLINEATO

DAL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE, DEDICATA ALLA FIGURA DI SANTO STEFANO

PROTOMARTIRE. QUINDI, HA RIBADITO CHE LA CARITA’ NON PUO’ MAI ESSERE

 DISGIUNTA DALL’ANNUNCIO DEL VANGELO

 

L'impegno per la carità non può essere disgiunto dall'annuncio evangelico: è l’esortazione rivolta da Benedetto XVI ai fedeli, nell’udienza generale in Aula Paolo VI. La catechesi del Papa è stata incentrata sulla figura e l’insegnamento di Santo Sfefano protomartire. “Nella storia della Chiesa – ha sottolineato – non mancherà mai la persecuzione”, ma proprio questa diventa “fonte di missione”. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“La Croce rimane sempre centrale nella vita della Chiesa”: è la riflessione di Benedetto XVI, che – nella sua seconda udienza generale del 2007 – si è soffermato sullo stretto legame tra persecuzione e missione. L’uccisione di Santo Stefano, ha ricordato, segna l’inizio della persecuzione contro i seguaci di Gesù, che da allora sono spinti ad uscire da Gerusalemme e ad annunciare, per la prima volta, il Vangelo ai pagani:

 

“Nella storia della Chiesa non mancherà mai la passione, la persecuzione. E proprio la persecuzione diventa, secondo la celebre frase di Tertulliano, fonte di missione di nuovi cristiani:Noi cristiani ci moltiplichiamo ogni volta che da voi siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani’”.

 

Santo Stefano, ha proseguito, “ci insegna ad amare la Croce, perché la Croce è la strada attraverso la quale Cristo arriva sempre incontro a noi”. La Croce è dunque centrale nella vita di ogni singolo cristiano:

 

“Anche nella nostra vita, la croce, che non ci mancherà mai, diventa benedizione. Accettando la croce, sapendo che croce diventa ed è benedizione, impariamo la gioia del cristianesimo anche nei momenti della difficoltà”.

 

Un altro insegnamento forte lasciatoci da Santo Stefano, ha proseguito il Papa, è che carità e annuncio della Verità non vanno mai disgiunti:

 

“Possiamo imparare dalla figura di Santo Stefano che carità e annuncio vanno sempre insieme”.

 

Santo Stefano, ha aggiunto, ha annunciato Cristo con la carità, “fino al punto di accettare il martirio”. Un martirio modellato sulla stessa Passione di Gesù Cristo. Ancora, ha rammentato il legame tra Santo Stefano e San Paolo. “Saulo – ha avvertito – da persecutore diventa apostolo del Vangelo” e dopo l’incontro con Stefano riprende la sua lettura cristologica dell’Antico Testamento, mostrando che la comunione con Cristo rappresenta il compimento di tutta la legge. Così, in modo provvidenziale, accade che nella missione dell’Apostolo delle Genti si compia la testimonianza del primo martire della Chiesa.

 

Ancora sulla figura di Santo Stefano, il Papa ha ricordato che egli faceva parte di sette uomini scelti dai discepoli per svolgere l’attività caritativa. Furono dunque presentati agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Un gesto che può avere vari significati. “Si desume – ha detto Benedetto XVI - da quanto si legge nella prima lettera a Timoteo: non aver fretta di imporre le mani ad alcuno per non farti complice dei peccati altrui” che “il gesto dell’imposizione delle mani si sviluppa nella linea di un segno sacramentale”. Nel caso di Santo Stefano e compagni, ha spiegato, “si tratta certamente della trasmissione ufficiale da parte degli apostoli di un incarico e insieme dell’implorazione di una grazia per poter esercitarlo”.

                  

Prima dell’udienza generale, Benedetto XVI ha visitato una mostra di presepi allestita nell’atrio dell’Aula Paolo VI. Un’esposizione di 20 presepi, opere di maestri del legno trentini, intitolata “Dolce Bambin Gesù”. Dopo la catechesi, al momento dei saluti, il Papa ha ricevuto dei simpatici omaggi: due magliette da calcio, entrambi con la scritta “Benedetto XVI”. La prima, color oro come quella della nazionale brasiliana, è stata donata da un gruppo di preti, la “Selecao Internazionale Sacerdoti calcio”; la seconda, bianca-rosso-azzurra da un gruppo di fedeli della Regione Campania.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

 

Servizio estero - Somalia: nuove incursioni aeree statunitensi nel Sud; viva preoccupazione dell'ONU e dell'Unione Europea.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo "Non possiamo chiedere alle macchine di avere giudizio anche per noi": l'uomo di fronte ai progressi della tecnica. 

 

Servizio italiano - In primo piano il tema della sanità.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 gennaio 2007

 

 

CONFRONTO IN ITALIA SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA,

 IN VISTA DI UN NUOVO TESTO NORMATIVO.

LA CHIESA ITALIANA INVITA A NON APRIRE LA STRADA A PERICOLOSE

DERIVE GIURIDICHE CON GRAVI RISCHI PER LA CONVIVENZA CIVILE

E LO STATO DI DIRITTO

- Intervista con Venerando Mariano -

 

Confronto aperto in Italia sulla libertà religiosa: due proposte di legge in materia, primi firmatari Marco Boato dei Verdi e Valdo Spini dell’Ulivo, sono all’esame del Parlamento. Per questo ieri la Commissione Affari costituzionali della Camera ha aperto le audizioni con i rappresentanti delle varie confessioni per un’indagine conoscitiva, tra questi mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, accompagnato dal prof. Venerando Marano, docente di diritto ecclesiastico, direttore dell’Osservatorio giuridico della stessa CEI. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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La Chiesa italiana ha espresso “sostanziale apprezzamento” per lo spirito “riformatore” dei due testi, condividendo il processo di partecipazione democratica al dibattito “in un quadro di effettivo pluralismo e di corretta laicità”. Ma ci sono dei punti nodali da approfondire e chiarire per non aprire la strada a pericolose derive giuridiche in un crescente contesto di “interculturalismo e multietnicità”. Tali distinguo – espressi da mons. Betori - hanno sollevato reazioni tra esponenti di altre religioni e nel mondo politico. Di questo parliamo con il prof. Venerando Marano.

 

D. - Tra gli aspetti salienti, forse il più contestato, il segretario generale della CEI ha sottolineato “che eguale libertà di tutte le confessioni non implica piena uguaglianza di trattamento”. Cosa vuol significare questa distinzione?

 

R. – La disciplina del fenomeno religioso, che emerge dal disegno costituzionale in tutta chiarezza, riconosce - da un lato - la piena uguaglianza nella libertà a tutte le confessioni e - dall’altro lato - prevede una condizione giuridica differenziata per la Chiesa cattolica, secondo quanto disciplinato e previsto dall’art. 7 della Costituzione, e per le confessioni diverse dalla cattolica, secondo invece quanto previsto dall’art. 8, ai commi 2 e 3 di questa disposizione. Rispetto a questo disegno, non si può ignorare la necessità di non prevedere discipline uguali per realtà che sono diverse. Questa previsione di discipline differenziate non è discriminatoria, ma risponde ad una corretta lettura del principio di uguaglianza. Non significa, come taluni ritiene, un passo indietro, ma un rispetto della realtà storica e dei principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano. Voglio ricordare che in occasione della recente revisione del Concordato con la Chiesa cattolica nell’84, tale revisione è stata ritenuta – malgrado la differenza di trattamento a favore della Chiesa cattolica – pienamente compatibile con la disciplina dell’art. 8 della Costituzione da parte di tutta la dottrina e da parte di tutti i commentatori.

 

D. – Prof. Marano, altra notazione della CEI è che lo Stato debba negare riconoscimento a realtà “che si pongano in contrasto con i diritti fondamentali dell’uomo e i principi della civile convivenza”. Perché si rende necessario ribadire questo concetto che appare scontato?

 

R. – Lo è stato in realtà scontato fino, probabilmente, ad un decennio or sono, se vogliamo contestualizzare e provare ad indicare un riferimento temporale. In realtà, nel periodo più recente, si sono diffusi anche nel nostro Paese nuovi movimenti religiosi estranei alla tradizione giudaico-cristiana che provocano - come è stato sottolineato nell’audizione del segretario generale della CEI - reazioni di diffidenza e di allarme sociale. E’ altresì noto che nel nostro Paese, nel corso degli ultimi anni, si sono radicati gruppi sociali con identità culturali e religiose diverse da quelle tradizionali. Rispetto a questi gruppi si avverte ora, in termini nuovi, l’esigenza di un apprezzamento prudente, per far sì che non trovino riconoscimento e garanzie in Italia quelle pratiche e quelle teorie che si pongono in contrasto con i principi cardini della nostra civiltà giuridica e della nostra convivenza.

 

D.  -   Mons. Betori ha richiamato in particolare il rischio di affermare la liceità della poligamia, un modello di matrimonio che offende gravemente la dignità femminile…

 

R. – Certamente e questo è uno dei problemi più dibattuti. In realtà una corretta lettura della previsione delle norme e delle proposte di legge in esame, relative a questo aspetto, non consente di dedurre nessuna fonte di riconoscimento o di favore per il matrimonio poligamico.

 

D. – Questo ci rassicura….

 

R. – Sicuramente e non solo perché non c’entra nulla il matrimonio poligamico con questa previsione sulla libertà religiosa, ma anche perché esistono nel nostro ordinamento precise previsioni – penso all’art. 86 del Codice Civile sul divieto di bigamia, penso alle previsioni del Codice Penale che sanciscono tali comportamenti – che impediscono qualsiasi ipotesi di matrimonio poligamico e lo rendono illegittimo oltre che contrastante - come è noto - con i principi cardine del nostro ordinamento costituzionale.

 

D. – Infine, una precisazione sulle intese concordatarie che non sono un diritto – ha spiegato mons. Betori - ma piuttosto legate ad un principio di discrezionalità dello Stato. Cosa significa questo?

        

R. – Su questo profilo è, forse, opportuno fare chiarezza. Non si tratta di una novità, ma bensì della riaffermazione di quello che nella prassi degli ultimi decenni - iniziata ossia nella metà degli anni Ottanta - è sempre stata seguita dai nostri diversi governi e che è pienamente rispettosa della previsione costituzionale. E questo vuol significare che qualora la decisione circa l’eventuale stipulazione di intese con questo e con quel soggetto confessionale è ultimamente rimessa ad una valutazione discrezionale dell’Esecutivo, che è naturalmente non arbitraria, è ancorata ad una serie di presupposti e di parametri oggettivi, che debbono essere quanto più possibile individuati, ma che deve rimanere.  E questo perché è da escludere, è da limitare e bisognerebbe evitare il rischio che soggetti che nulla hanno a che vedere con la religione, possano poi pretendere, in nome di un diritto all’intesa, che in realtà non esiste, una legislazione bilaterale.

 

D. – O anche di movimenti che si presentano come religiosi e che, però, propongono degli orientamenti di vita che collidono con le leggi dello Stato….

 

R. – Certo, pensiamo all’ipotesi della richiesta di un culto satanico di essere riconosciuto come gruppo religioso o di un gruppo ateistico di essere riconosciuto in nome di questa o di quella disposizione della legge sulla libertà religiosa od ancora di alcune nuove pseudo religioni di chiedere l’intesa: tutte queste ipotesi possono e debbono essere respinte sulla base di un corretto esercizio del margine di discrezionalità che il nostro sistema prevede a favore dello Stato.

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NUOVE OPERAZIONI MILITARI NEL SUD DELLA SOMALIA: FONTI LOCALI

PARLANO DI RAID STATUNITENSI MA IL GOVERNO SOMALO SMENTISCE

- Intervista con Douglas Duale -

 

Le forze somale, appoggiate da truppe etiopi, hanno lanciato una nuova operazione militare nel sud della Somalia contro miliziani islamici. Il governo etiope ha dichiarato poi concluso il proprio intervento nello Stato africano e l’esecutivo somalo ha smentito la notizia di un nuovo raid statunitense. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il governo di transizione somalo ha smentito, stamani, la notizia di un nuovo attacco dell’aviazione americana, dopo quello costato la vita ieri a decine di civili nel sud del Paese. Altre fonti parlano, invece, di pesanti bombardamenti militari statunitensi in almeno 4 località. Ma l’esecutivo dello Stato africano ha precisato che sono state lanciate operazioni militari condotte unicamente da soldati somali ed etiopi nella parte meridionale della Somalia, dove avrebbero trovato riparo alcuni leader delle Corti islamiche. La tensione resta alta anche a Mogadiscio dove una persona è morta in seguito all’esplosione di una granata, lanciata contro un mezzo militare etiope. Il ministro dell’Informazione etiope ha dichiarato, poi, che si può considerare concluso l’intervento militare dell’Etiopia in Somalia perché “gli integralisti islamici non costituiscono più un pericolo”. Ma non si possono escludere nuove azioni militari nel Paese africano. Secondo la CIA ed il Pentagono, tra i guerriglieri islamici ci sarebbero infatti anche alcuni capi di al Qaeda. Fonti somale hanno reso noto, inoltre, che tra le vittime del raid americano di ieri ci sarebbe proprio un esponente di al Qaeda che avrebbe pianificato gli attacchi terroristici del 1998 contro le ambasciate statunitensi in Kenya e in Tanzania. Il presidente ad interim somalo, Abdullahi Yusuf, ha definito intanto “giustificata” l’operazione militare americana compiuta ieri nel sud della Somalia precisando che “rientra nell’ambito della lotta globale al terrorismo”. Il nuovo segretario generale dell’ONU ha invece espresso preoccupazione per il raid statunitense. Le Nazioni Unite temono, in particolare, una “possibile estensione delle ostilità”. Cresce infine l’apprensione per la sorte di oltre 4000 profughi somali, in gran parte donne e bambini, bloccati al confine con il Kenya. Il governo di Nairobi ha chiuso infatti la propria frontiera temendo che tra gli sfollati si possano essere infiltrati anche miliziani islamici.

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Si aggrava, dunque, la situazione umanitaria in Somalia. Ma di fronte a questa nuova emergenza, come giudicano i somali i combattimenti interni e gli attacchi americani? Giancarlo La Vella lo ha chiesto al rappresentante della Comunità somala in Italia, Douglas Duale:

 

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R. – Tutti i somali, ovunque essi si trovino, sono contrari anche perché hanno salutato con sollievo la cacciata delle milizie delle Corti islamiche. Quando, invece, sono stati cacciati i signori della guerra, il popolo somalo aveva accolto i miliziani islamici a braccia aperte. Ma dopo 40 giorni, le Corti islamiche hanno mostrato un altro volto ed hanno imposto a tutti la Sharia. Alcuni di loro sono certamente legati ai terroristi, ma la maggioranza dei somali si aspettavano dopo la cacciata delle Corti islamiche, il rientro in patria dell’esercito etiopico.

 

D. - Comunque i combattimenti stanno provocando un’emergenza umanitaria importante e sono già migliaia i profughi somali. Che cosa sa lei della situazione umanitaria?

 

R. – Io so che anche il confine del Kenya è al momento chiuso, blindato e che quindi nessuno può passare. C’è una situazione ormai drammatica che si è creata proprio ai confini fra Kenya e Somalia. Ci sono bambini, ci sono donne ed anziani; sono persone fuggite lasciando i villaggi che erano proprio al confine del Kenya, proprio dove alcuni di questi islamici si sono rifugiati.

 

D. – A questo punto quale situazione è ipotizzabile nel futuro imminente per la Somalia?

 

R. – L’unica ipotesi percorribile che si possa suggerire in questo momento storico è quella di formare un governo di coalizione, al quale debbono partecipare tutti, nessuno escluso. Gli americani possono uscirne fuori soltanto in questo senso.

 

D. – Questo potrebbe essere facilitato dall’uscita delle truppe etiopiche?

 

R. – Nessun somalo accetterà la presenza militare dell’Etiopia; al contrario, tutti i somali chiedono la presenza di un contingente americano, al quale devono però prendere parte i Paesi confinanti.

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INIZIA DOMANI LA VISITA IN TERRA SANTA DEI VESCOVI EUROPEI E DEGLI USA

PER PORTARE UN MESSAGGIO DI SOLIDARIETA’ ALLE COMUNITA’ CRISTIANE LOCALI

- Intervista con mons. Peter Fleetwood -

 

Inizia domani la visita in Israele e nei Territori palestinesi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa: si tratta di un organismo che riunisce membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, della Commissione degli Episcopati della Comunità Europea e vescovi degli Stati Uniti.  L’iniziativa, che durerà fino al 18 gennaio, prevede incontri a Gerusalemme, Nazareth, Betlemme e Gaza, con le autorità israeliane e palestinesi e soprattutto con le comunità cristiane locali per far giungere loro un messaggio di solidarietà e di vicinanza da parte di tutta la Chiesa in questo momento di particolare difficoltà. Antonella Palermo ha sentito in proposito il vicesegretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa mons. Peter Fleetwood:

 

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R. – Si viene a conoscere la realtà delle comunità cristiane locali. Non si legge semplicemente il giornale, ma si va ad incontrare le persone. In questo senso è una esperienza per noi molto bella, perché ci permette di imparare molto.

 

D. – Nei suoi recenti viaggi in Terra Santa da cosa è stato maggiormente colpito?

 

R. – Dalle facce dei bambini di Betlemme: erano le facce di bambini traumatizzati ed i loro visi sono rimasti con me per molto tempo. Sono molto contento che possiamo vedere questi bambini. Anche se non c’è il tempo di conoscerli direttamente, questi bambini sanno che questo rappresenta un qualcosa per loro. Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che per me l’Università di Be-tlemme rappresenta una stella di speranza in una situazione che è quasi disperata. Quando si vedono gli studenti, ti  verrebbe da chiedere: perché prepararli ad un futuro, se non c’è impiego? Ma cedere a questo, sarebbe per me già come cedere alla disperazione.

 

D. – Papa Benedetto XVI nel suo discorso rivolto agli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede ha di nuovo rinnovato il suo pressante appello a tutte le parti in causa nel complesso scacchiere politico della regione del Medio Oriente, “con la speranza – ha detto – che si consolidino i segni positivi tra israeliani e palestinesi registrati nel corso delle ultime settimane e – ha aggiunto – la Santa Sede non smetterà di ripetere che le soluzioni militari non conducono a nulla”…

 

R. – Quasi nessuno in Israele e nei Territori vive senza paura. Sono molto contento che il Papa abbia messo l’accento sul diritto di tutti alla sicurezza della vita e alla giustizia.

 

D. – Padre Pizzaballa, francescano, custode di Terra Santa, all’indomani del periodo di celebrazioni liturgiche del tempo di Natale, ha detto: “Stringe il cuore svolgere il tradizionale ingresso solenne in Betlemme, passando per l’alto muro che separa Israele dalla Cisgiordania”. E’, questa, una soluzione per lei?

 

R. – Il muro ha forse limitato il numero degli attacchi suicidi, ma non può non creare una forma diversa di tensione e di rabbia. E questo perché rappresenta, da una parte, un simbolo di separazione basata sulla paura e, dall’altra parte, questo muro ha effettivamente “rubato” l’accesso alle fonti d’acqua, che sono tutte dalla parte israeliana del muro: gli stessi salesiani sono stati separati dalla loro vigna; molti palestinesi si trovano ora separati dalla loro famiglia e per raggiungere il lavoro devono attraversare un check-point, che forse non è esattamente al punto dove si dovrebbe andare, ma a qualche chilometro di distanza. Questo muro ha creato una situazione che, a mio parere, darà soltanto nutrimento all’odio.

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PRESENTATA LA 17.MA GUIDA “DOVE MANGIARE, DORMIRE, LAVARSI”

DELLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO, MANUALE DI SOPRAVVIVENZA

PER I SENZA FISSA DIMORA

- Con noi, Mario Marazziti -

 

I poveri in Italia sono quasi 7 milioni e 600 mila, pari al 13,1 per cento della popolazione residente: il dato, riferito al 2005, è stato diffuso stamani a Roma durante la presentazione della 17.ma guida “Dove mangiare, dormire, lavarsi”, edita nella capitale e in altre città italiane ed europee dalla Comunità di Sant’Egidio. Il manuale di sopravvivenza per i senza fissa dimora, che a Roma raggiungono le 7 mila unità, è conosciuto anche come “Guida Michelin dei poveri”. E la povertà non riguarda soltanto gli immigrati, ma anche tante famiglie italiane che non riescono ad arrivare alla fine del mese, come afferma, al microfono di Roberta Moretti, il portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:

 

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R. – La povertà estrema degli italiani è in realtà rappresentata da chi esce dal carcere, da chi perde la famiglia, da chi ha una malattia improvvisa, ma soprattutto da chi perde il lavoro. E’ concentrata soprattutto al sud, con un 25 per cento di persone sotto la soglia della povertà. C’è una sofferenza molto più diffusa in tutto il Paese per arrivare alla fine del mese.

 

D. – Quali sono le cause di questi cambiamenti e come si può intervenire concretamente, anche a livello delle istituzioni?

 

R. – La casa è un problema serio. Ai nostri centri arriva sempre più gente in difficoltà economica, perché non riesce a pagare le rate. L’indebitamento per i consumi è un fenomeno enormemente in crescita. Gli affitti sono aumentati del 14 per cento da un anno all’altro; aumentano gli sfratti e il 70 per cento sono per morosità. Inoltre, non esistono strumenti per un inserimento stabile nel mondo del lavoro. In terzo luogo, ci sono interventi di emergenza - Roma, per esempio, è straordinaria in questo - ma poi ogni anno si ricomincia da capo. Se noi confrontiamo immigrati ed italiani, gli immigrati arrivano poverissimi, vengono ai nostri centri e nel giro di un anno riescono a cambiare vita. Gli italiani, al contrario, a volte, continuano a venire per dieci anni, perché non ci sono strumenti stabili per uscire dalla povertà. Il reddito minimo di inserimento, uno strumento che altri Paesi europei utilizzano e che da noi è stato sperimentato in poche aree, potrebbe essere una proposta.

 

D. – Parlando di immigrazione, cambieranno in qualche modo i rapporti con i “nuovi europei” immigrati di Romania e Bulgaria?

 

R. – C’è molto allarme. Si parla di “invasione” dei romeni e dei bulgari. Noi riteniamo che accadrà come per i polacchi, dove si era pensato a delle quote, erano state fatte delle previsioni e poi tutte queste quote non sono state neanche riempite.

 

D. – Parliamo della guida… Quali riscontri avete avuto negli anni passati e cosa vi aspettate da questa edizione 2007?

 

R. – Intanto, ci aspettiamo che continui il contagio, perché adesso la guida viene fatta anche a Vienna, a Parigi, a Barcellona. In Italia viene fatta a Firenze, Genova, Napoli e Pisa. A Roma verranno diffuse 13 mila copie, stampate su carta impermeabile. Questo significa che c’è uno strumento in più per gli operatori sociali, per chi vive in strada e per le famiglie. Poi, ci sono tanti indirizzi anche di ispirazione cristiana. Ma soprattutto, guardando alla mappa che è allegata, scopriamo che sia la solidarietà, sia la povertà sono molto più frammentate in tutta la città e non solo nel centro storico.

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CHIESA E SOCIETA’

10 gennaio 2007

 

STATI UNITI: PER LA PRIMA VOLTA IN 20 ANNI

I FAVOREVOLI ALLA PENA DI MORTE DIVENTANO MINORANZA.

IERI INTANTO, IN OKLAHOMA, E’ STATA ESEGUITA

LA PRIMA PENA CAPITALE DEL 2007 NEL PAESE

 

WASHINGTON. = L’esecuzione di Saddam Hussein ha riacceso negli Stati Uniti il dibattito sulla pena di morte, sul carattere disumano di questa pratica e sulla sua effettiva necessità. Con una significativa novità rispetto al passato: secondo l’ultimo sondaggio 2006 della Gallup, per la prima volta in vent’anni il numero degli americani favorevoli alla pena alternativa dell’ergastolo supera, sia pure di poco, quello di coloro che continuano a preferire la pena di morte. Un segnale decisamente positivo per i vari movimenti che da anni si battono per la sua abolizione negli Stati Uniti e che conferma una decisa inversione di tendenza. Anche se la differenza tra favorevoli e contrari è minima – il 48 per cento contro il 47 –, rispetto agli anni passati il cambiamento è netto: nel 2005 lo scarto era del 17 per cento a favore di coloro che preferivano la pena di morte all’ergastolo. Questo mutato orientamento – spiega all’agenzia CNS Frank McNeirney, fondatore dell’associazione Catholics Against Capital Punishment – si riscontra nella stessa misura anche tra i cattolici, come indica un’indagine commissionata nel 2005 dalla Conferenza episcopale. Secondo McNeirney al nuovo trend ha contribuito in parte il messaggio chiaro e netto contro la pena di morte lanciato da Giovanni Paolo II durante la sua visita a Saint-Louis nel 1999. Da rilevare anche il contributo dei movimenti pro-vita negli Stati Uniti, che in questi ultimi tempi hanno cominciato ad affrontare anche questo tema, dopo essersi a lungo concentrati solo su quello dell’aborto. Il mutamento non è solo limitato ai dibattiti politici, ma si riscontra anche nella giurisprudenza: in questi mesi in diversi Stati americani dove si pratica l’iniezione letale, molte esecuzioni sono state temporaneamente sospese dalle Corti statali, dopo le contestazioni sulla presunta maggiore “umanità” di questa pratica. Quest’anno sono state già presentate alla Corte Suprema degli Stati Uniti quattro istanze di sospensione. E’ poi di questi giorni la notizia che una speciale Commissione del New Jersey incaricata di studiare l’applicazione della pena capitale nello Stato, ha raccomandato ai legislatori la sua sostituzione con l’ergastolo. Ieri intanto è stata eseguita la prima pena capitale del 2007 negli Stati Uniti. Un uomo di 37 anni, Corey Hamilton, condannato all’esecuzione per l'uccisione di quattro   impiegati di un ristorante di Tulsa nel 1992, e' stato messo a  morte con un'iniezione letale nel penitenziario di McAlester, in  Oklahoma. Una ventina di parenti delle vittime hanno assistito all’esecuzione che è durata sei minuti. (L.Z.)

 

 

SI È CONCLUSA IERI L’ASSEMBLEA PLENARIA DELL'EPISCOPATO INDIANO:

I VESCOVI SI IMPEGNANO A RILANCIARE IL RUOLO DEI LAICI

 

NEW DELHI. =  La 19.ma Assemblea Plenaria della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’India (CCBI) si è conclusa ieri con una nota che impegna a fare dei laici “collaboratori competenti e più responsabili”. Lo riferisce l’agenzia Zenit. Alla riunione di sei giorni, iniziata il 4  gennaio, hanno partecipato più di 115 vescovi appartenenti al rito latino.  Nel corso dell’incontro sono state rese note le nuove nomine: l’arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, è stato rieletto presidente della CCBI, mentre l’arcivescovo di Delhi, Vincent Concessao, è stato eletto vicepresidente, e il vescovo di Vijayawada, Prakash Mallavarapu, rieletto segretario generale.  L’incontro è terminato con una Messa di ringraziamento concelebrata dal presidente, dal vicepresidente e dal segretario generale della Conferenza.  “Cosa faremo per i laici, e cos’altro faremo perché possano avere il giusto ruolo nella Chiesa?”, ha chiesto il vescovo Mallavarapu nella sua omelia. Il presule ha dunque  sottolineato la necessità di un attivo coinvolgimento del laicato nella vita della Chiesa.

 

 

NASCE IN ITALIA LA CONSULTA GIOVANILE PER IL PLURALISMO CULTURALE E RELIGIOSO. COMPOSTA DA ESPONENTI DI DIVERSE  RELIGIONI,

OFFRIRÀ PARERI AL GOVERNO PER PROMUOVERE UNA PACIFICA CONVIVENZA

 

ROMA. = Con la Consulta giovanile per il pluralismo culturale e religioso, l’Italia è il primo Paese al mondo a dar voce, nel proprio governo, ai giovani, per costruire modelli di dialogo e di tolleranza tra religioni, fedi e culture differenti. Voluta con un decreto dai ministri per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive e dell’Interno Giovanna Melandri e Giuliano Amato, la Consulta è stata presentata oggi a Roma e ad essa è giunto anche un messaggio del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, affidato al presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale Paul Poupard. Il cardinale Bertone ha espresso il proprio apprezzamento per l’iniziativa tendente a favorire il dialogo e la tolleranza ed ha augurato buon lavoro ai 15 giovani della Consulta che rappresentano i diversi culti praticati in Italia. Membri del nuovo organismo sono esponenti della Chiesa cattolica, della Tavola valdese, delle Chiese Battista, Metodista, Avventista del VII giorno e cristiana ortodossa, e ancora delle Comunità ebraiche, dell’Islam e dell’Istituto buddista Soka Gakkai. Per Tullia Zevi, già presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, l’iniziativa esorta a vivere e a lavorare insieme, mentre per Abdellah Redouane, presidente del Centro culturale islamico d’Italia, è una opportunità che consentirà di ascoltare le istanze delle nuove generazioni e per il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il prof. Andrea Riccardi, la Consulta è un segno di speranza, espressione di una laicità viva e realista, che sfida i giovani a costruire una civiltà dove si possa convivere pacificamente. Ora, i giovani chiamati a far parte di questo organo consultivo dovranno offrire al governo italiano pareri e riflessioni, discutere di diritti e doveri legati alla convivenza tra differenti culture e religioni, tentare di produrre un documento sui simboli religiosi e far conoscere le proprio attività nelle scuole e nelle università per promuovere nell’area mediterranea un futuro di pace. (T.C.)

 

 

 

NUOVE VITTIME DELL’INFLUENZA AVIARIA IN INDONESIA.

MUORE UN RAGAZZO DI 14 ANNI A GIAKARTA.

CASO DI CONTAGIO UMANO IN CINA

E NUOVI FOCOLAI D’INFEZIONE NEGLI ALLEVAMENTI VIETNAMITI

 

GIAKARTA.= Sale a 58 il numero delle vittime dell’influenza aviaria in Indonesia, un terzo del totale nel mondo. Il tragico bilancio – riferisce AsiaNews - è stato aggiornato questa mattina con la morte di un ragazzo indonesiano di 14 anni, ricoverato il 6 gennaio scorso nell’ospedale di Persahabtan a Giakarta. Un dato ancora provvisorio e destinato purtroppo a crescere nell’area asiatica considerando che c’è da registrare l’esplosione di nuovi focolai di infezione fra gli allevamenti vietnamiti e un contagio umano in Cina: si tratta di un contadino di 37 anni della provincia orientale cinese dell’Anhui, che a dicembre ha contratto il virus H5N1 e che, tuttavia, secondo il Ministero della salute, sarebbe completamente guarito. Per quanto riguarda il Vietnam le autorità locali temono che il contagio possa colpire, in poco tempo, l’intera nazione. Dinh Cong Than, direttore del Dipartimento veterinario della provincia di Kien Giang, ha spiegato che nelle province di Ca Mau, Bac Lieu, Hau Giang e Kien Giang, diversi allevamenti di polli sono risultati infetti. Il problema più grave, aggiunge, “è che non riusciamo a far rispettare il decreto governativo che proibisce la cattura e l’allevamento delle anatre selvatiche”. Proprio questi animali – ha aggiunto - “sono alla base dell’alimentazione locale e non presentano alcun sintomo della malattia fino alla morte”. Da quando è apparsa, la malattia ha ucciso oltre 150 persone in tutto il mondo. Secondo le Nazioni Unite, solo l’alto livello di allarme mondiale ha impedito una pandemia mortale. (A.D.F.)

 

 

IN CORSO NELL’ACHOLILAND, NEL NORD DELL’UGANDA,

UNA SETTIMANA DI PREGHIERA PER IMPLORARE LA FINE DI 20 ANNI DI GUERRA CIVILE

 

KAMPALA. = Più di 7mila pellegrini sono giunti in questi giorni dal sud Sudan e dalla Repubblica Democratica del Congo in Nord Uganda per partecipare a una settimana di preghiere per il ritorno della pace in questa regione, da vent’anni messa a ferro e a fuoco dai guerriglieri dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra). La settimana di preghiera, iniziata lunedì all’Università dei Martiri ugandesi nella regione di Lira, è stata promossa dalla Commissione di Giustizia e Pace e dalla diocesi di Gulu nel quadro delle iniziative organizzate per la Giornata Mondiale della Pace del 1° gennaio. L’obiettivo dell’iniziativa, spiega il segretario esecutivo della Commissione Lam Cosmos, è di ridare un filo di speranza alle martoriate popolazioni della regione, conosciuta come Acholiland. Nel programma della settimana oltre a incontri di preghiera, figurano Messe, conferenze e incontri di riflessione sulle possibilità di giustizia e riconciliazione nell’area. I ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore, sotto il comando di Joseph Kony, hanno iniziato la loro lotta armata contro il governo di Kampala alla fine degli anni ’80 causando morte e distruzione. Il bilancio delle vittime di questa guerra dimenticata è impressionante: migliaia di morti e scomparsi, 20mila minori rapiti per essere arruolati come bambini-soldato, oltre un milione e mezzo di sfollati costretti a vivere in campi profughi in condizioni disumane, violazioni dei diritti umani e tanta miseria. La scorsa estate, con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio, i rappresentanti del governo ugandese e dei ribelli hanno iniziato trattative che hanno portato ad un precario armistizio. (L.Z.)

 

 

L’UNIVERSITÀ DI URBINO CONFERISCE AL CARDINALE RODRÍGUEZ MARADIAGA

LA LAUREA AD HONOREM IN SCIENZE POLITICHE

 

URBINO. = La laurea ad honorem in scienze politiche sarà conferita dall’Università degli studi “Carlo Bo” di Urbino al cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras. La cerimonia avverrà il 16 gennaio (ore 11, all’Università di Urbino), mentre il giorno prima (ore 16, Giardino d’inverno del Palazzo Ducale) si svolgerà un incontro-dibattito sul tema “La politica globale” al quale parteciperà lo stesso cardinale Rodríguez Maradiaga, insieme a Savino Pezzotta, presidente della Fondazione per il Sud. Introdurrà l’incontro mons. Francesco Marinelli, arcivescovo di Urbino. Il cardinale Rodríguez Maradiaga, presidente dei vescovi dell’Honduras, una delle nazioni più povere dell’America Latina, è noto per le sue prese di posizione contro il debito estero, la povertà, gli squilibri nella distribuzione della ricchezza, soprattutto nel suo continente, dove il 43,4% della popolazione (220 milioni di persone), vive al di sotto della soglia di povertà. Oltre all’impegno sui temi sociali si batte con forza per la “nuova evangelizzazione”: ha fondato nella sua diocesi una TV e una università.

 

 

"ALGERI, CAPITALE DELLA CULTURA ARABA 2007"

È IL TITOLO  DELLA CAROVANA ARTISTICA CHE PARTIRA’ UFFICIALMENTE IL 12 GENNAIO PROSSIMO AD ALGERI E COINVOLGERA’ LE PRINCIPALI LOCALITA’ DEL PAESE

 

ALGERI.= In programma per domani giovedì 11 gennaio l'inaugurazione della manifestazione "Algeri, capitale della cultura araba 2007". La carovana artistica – riferisce l’agenzia MISNA - partirà ufficialmente il 12 del mese e si aprirà con una sfilata folkloristica che animerà le strade della capitale dando il via ad un calendario ricco di appuntamenti. Alla manifestazione, ideata dall'Ufficio Nazionale della Cultura e dell'Informazione (ONCI) e da alcuni designer italiani e libanesi, parteciperanno quasi 200 artisti di istituti d'arte e associazioni algerine. "Per la prima volta dall’indipendenza (nel 1962), un programma di sostegno complementare è stato attribuito al settore della culture con l’intento di realizzare numerosi progetti, a cominciare da 35 spettacoli teatrali e circa 80 documentari e filmati", ha affermato il ministro della Cultura, Khalida Toumi. Il ministero, che ha creato due commissioni per aiutare le autorità locali ad organizzare i vari eventi, ha promosso progetti di restaurazione di alcuni monumenti, tra cui il Museo nazionale delle belle arti, le ‘Case della Cultura’ e la Biblioteca nazionale. Dopo la capitale, la carovana artistica si sposterà nelle principali località del Paese che, nell’arco di un anno, ospiteranno le ‘Settimane della Cultura’. Da domani al 15 gennaio in Algeria si terrà anche il Festival di Tlemcen del Cinema Amazigh (berbero) durante il quale verrà presentata la nuova rivista trimestrale dal titolo "Asaru-Cinema". “Uno spazio d'espressione e di dibattito tra i registi algerini in generale e amazigh in particolare”, così lo ha definito il commissario del festival M. Assad Si El Hachemi. (A.D.F.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

La Bielorussia ha annunciato di aver raggiunto un compromesso con la Russia per ripristinare i rifornimenti di petrolio che transitano attraverso i propri oleodotti e arrivano nei vari Paesi europei. L’intesa sarebbe stata raggiunta in una conversazione telefonica tra il presidente bielorusso Lukashenko e il presidente russo Putin. Intanto, Bruxelles lancia un piano proprio in tema di energia, anche per far fronte all'inesorabile aumento delle emissioni di gas-serra che potrebbero cambiare in modo irreversibile il clima del pianeta.  A seguire in video conferenza l’incontro con la stampa del presidente della Commissione europea Barroso e del commissario per l’energia Andris Piebalgs, c’era Fausta Speranza. La ascoltiamo dalla sede della rappresentanza a Roma della Commissione europea, proprio a incontro appena concluso:

 

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Un piano strategico sull’energia, un tracciato per le fonti rinnovabili, una serie di linee guida per aumentare la competitività del settore. Una sfida a tutto campo per la sicurezza energetica che si intreccia con la “guerra del gas” dichiarata dalla Russia un anno fa all’Ucraina e in questi giorni alla Bielorussia. “Guerra” però che rischiano di pagare cara alcuni Paesi europei. Poco fa Barroso, ancora una volta, ha definito tutto ciò inaccettabile e ha parlato di contatti in atto per tradurre la voce grossa che si è elevata dall’Unione Europea in possibili azioni concrete. Ma in realtà, il commissario Piebalgs ha lasciato intendere di confidare in un incontro, questa sera, con l’ambasciatore russo e tutto questo, mentre arrivano voci di intesa tra Bielorussia e Russia. Da parte sua, il cancelliere Angela Merkel, presidente di turno dell’Unione Europea e capo del G8, nelle ultime ore ha sottolineato che la Bielorussia è solo un Paese di transito del gas proveniente da Mosca e, dunque, il Cremlino deve rispettare gli impegni se vuole continuare ad essere considerata partner affidabile, come per altro la Russia è stata considerata fino all’altro ieri, forse anche tenendo presente che soddisfa il 25 per cento del fabbisogno europeo. A parlare, oltre al commissario europeo all’Energia, Andris Piebalgas, anche il commissario all’Ambiente Stavros Dimas e questo perché in tema di energia si intende dare il via a quella che è stata definita una nuova rivoluzione industriale necessaria all’Europa per salvarsi dalle mutazioni climatiche e dal degrado dell’ambiente e da quelli che Dimas ha definito danni irreversibili. Guardando al concreto, il documento chiede una riduzione del 20 per cento dell’emissione di gas ad effetto serra entro il 2020, attraverso un taglio unilaterale del 20 per cento del biossido di carbonio ai propri Stati membri e ad un giornalista che sottolineava la dimensione unilaterale di questa misura, Barroso ha detto che la prima speranza dell’Unione Europea è che l’America del nuovo Congresso Democratico diventi il primo alleato, cambiando dunque, o meglio virando proprio rispetto alle scelte di Bush in tema di Protocollo di Kyoto.

 

Dalla sede di rappresentanza della Commissione Europea a Roma, Fausta Speranza.

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Un’ondata di rinforzi militari americani per l’Iraq. E’ questo uno dei pilastri della nuova strategia statunitense nel Paese del Golfo. Con l’invio di oltre 20 mila uomini, l’amministrazione Bush intende riportare alla normalità tutte le province irachene, così da passare il controllo del Paese alle forze di Baghdad. Il capo della Casa Bianca illustrerà la nuova strategia americana sull’Iraq questa sera. Sul terreno iracheno un nuovo attentato kamikaze ha provocato, intanto, la morte di almeno 4 persone a Tal Afar.  Ieri, per cause ancora sconosciute un Antonov turco con 30 passeggeri si è schiantato in fase di atterraggio all’aeroporto di Balad, 80 chilometri a nord della capitale.

 

Il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, che oggi si insedierà per la terza volta, ha alimentato nei giorni scorsi un acceso dibattito con l’annuncio di nuove nazionalizzazioni nel settore energetico e delle telecomunicazioni. L’amministrazione statunitense e l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) hanno già espresso la loro contrarietà a questo progetto. Il servizio di Luis Badilla:

 

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“Legge madre” sulle nazionalizzazioni, “riforma socialista costituzionale”, rafforzamento “dell’educazione popolare” e “nuova geometria del potere”: sono gli obbiettivi prioritari fissati da Chavez per il suo terzo mandato che scadrà nel 2013. La risposta dell’amministrazione statunitense è stata immediata: il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Gordon Johndroe, ha dichiarato che “i risultati delle nazionalizzazioni” ottenuti in altri Paesi, “non producono i benefici economici sperati”. “Se le società statunitensi dovessero essere danneggiate”, ha aggiunto, “ci aspetteremo immediati e giusti indennizzi”. Intanto, l’annuncio di Chavez ha provocato le prime ripercussioni in Venezuela: ieri, è crollata la Borsa di Caracas, che aveva chiuso il 2006 con il massimo storico (+ 156 per cento). Hanno subito un netto calo, in particolare, i titoli delle imprese che dovrebbero essere nazionalizzate. Per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa, che il presidente Chavez ha attaccato duramente perché aveva chiesto di rinnovare la licenza di un canale televisivo indipendente non gradito al governo, sembrano esserci segnali di apertura. Al termine dell’incontro, ieri, con esponenti dell’episcopato, il neoministro degli Interni e della Giustizia, Pedro Carreño, ha assicurato che il colloquio “è stato positivo”. Il ministro, incontrando l’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa, e l’arcivescovo di Maracaibo, mons. Ubaldo Santana, presidente della Conferenza episcopale venezuelana, ha aggiunto di aver invitato i presuli a prendere “parte nel dibattito nazionale sul socialismo del XXI secolo”. Mons. Santana ha dichiarato, da parte sua, di aver invitato il ministro ad incontrare i vescovi, riuniti nella loro 87.ma Assemblea plenaria, per uno scambio di opinioni assicurando che “l’esperienza della Chiesa potrebbe essere un contributo utile per la nuova tappa che il Paese affronterà”.

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In Spagna e in Francia le forze di polizia sono impegnate nella caccia a presunti membri dell’ETA. Ieri l’organizzazione separatista basca ha rivendicato, inoltre, l’attentato dello scorso 30 dicembre, costato la vita a due cittadini dell’Ecuador. Nel comunicato, l’ETA ha anche affermato che il cessate il fuoco è ancora in vigore e ha accusato il governo di ostacolare il processo di pace. Intanto, la crisi provocata dall’attentato all’aeroporto di Madrid, ha costretto il premier Luis Rodriguez Zapatero a rinviare la prevista visita in Giappone. Sull’attentato si è anche pronunciato l’arcivescovo di Madrid, cardinale Antonio Maria Rouco Varela, durante la celebrazione eucaristica di lunedì scorso. Il servizio di padre Ignacio Arregui:

 

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“Il terrorismo, anche quello dell’ETA - ha detto il cardinale - si è servito in modo perverso dell’uomo, con assoluto disprezzo della dignità e della vita mettendosi al servizio dei propri interessi e della conquista del potere politico a tutti i costi”.  I due giovani uccisi, ha aggiunto il porporato, “sono stati vittime di una ideologia dell’odio”. Dopo aver ringraziato quanti hanno partecipato alle operazioni di soccorso, il cardinale ha aggiunto: “Non è che in Spagna manchi la pace perchè c’è la guerra; ma perchè ci sono dei terroristi che minacciano la vita e la libertà dei loro concittadini”. Il porporato ha concluso affermando che il terrorismo sarà finalmente sconfitto quando le coscienze riconosceranno l’inviolabilità della persona, e promuoveranno progetti sociali, culturali e politici rispettosi della liberta, della concordia e dell’unita solidale. Dopo l’intervento dell’arcivescovo di Madrid, è arrivato ieri il comunicato dell’ETA. Nel comunicato l’organizzazione separatista basca riconferma le proprie intenzioni di tornare all’uso della violenza se non saranno rispettate le proprie condizioni per la pace. Ovviamente, il testo ha ricevuto il rifiuto e la condanna di tutte le forze politiche tranne del movimento Batasuna, vicino all’ETA.

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In Nigeria, ribelli del sedicente Movimento per la Liberazione del Delta del Niger (MEND) hanno sequestrato 9 lavoratori sudcoreani e un nigeriano. L’attacco è stato preceduto da un breve conflitto a fuoco tra i militanti e le guardie della sicurezza di un impianto petrolifero. Il rapimento è avvenuto nella stessa zona dove, lo scorso 7 dicembre, sono stati rapiti 4 dipendenti dell’AGIP, tre italiani e un libanese. La scorsa settimana sono stati sequestrati anche 5 lavoratori cinesi.

 

 

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