RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 10 - Testo della trasmissione di mercoledì 10 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Stati Uniti: per la prima
volta in 20 anni i favorevoli alla pena di morte diventano minoranza
Nasce in Italia la Consulta
giovanile per il pluralismo culturale e religioso
Russia e Bielorussia avrebbero raggiunto l’accordo
sul petrolio
10 gennaio 2007
NELLA STORIA DELLA CHIESA NON MANCHERA’ MAI LA PERSECUZIONE,
MA PROPRIO QUESTA DIVENTA FONTE DI MISSIONE: E’ QUANTO SOTTOLINEATO
DAL PAPA ALL’UDIENZA GENERALE, DEDICATA ALLA FIGURA DI SANTO STEFANO
PROTOMARTIRE. QUINDI, HA RIBADITO CHE LA CARITA’
NON PUO’ MAI ESSERE
DISGIUNTA DALL’ANNUNCIO DEL
VANGELO
L'impegno per la carità non può essere
disgiunto dall'annuncio evangelico: è l’esortazione rivolta da Benedetto XVI ai
fedeli, nell’udienza generale in Aula Paolo VI. La catechesi del Papa è stata
incentrata sulla figura e l’insegnamento di Santo Sfefano
protomartire. “Nella storia della Chiesa – ha sottolineato – non mancherà mai
la persecuzione”, ma proprio questa diventa “fonte di
missione”. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“La Croce rimane sempre centrale nella vita della Chiesa”:
è la riflessione di Benedetto XVI, che – nella sua seconda udienza generale del
2007 – si è soffermato sullo stretto legame tra persecuzione e missione.
L’uccisione di Santo Stefano, ha ricordato, segna l’inizio della persecuzione
contro i seguaci di Gesù, che da allora sono spinti ad uscire da Gerusalemme e
ad annunciare, per la prima volta, il Vangelo ai pagani:
“Nella storia della
Chiesa non mancherà mai la passione, la persecuzione. E proprio la persecuzione
diventa, secondo la celebre frase di Tertulliano, fonte di missione di nuovi cristiani: ‘Noi cristiani ci moltiplichiamo ogni volta che da voi
siamo mietuti: è un seme il sangue dei cristiani’”.
Santo Stefano, ha proseguito, “ci insegna ad amare la
Croce, perché la Croce è la strada attraverso la quale Cristo arriva sempre
incontro a noi”. La Croce è dunque centrale nella vita di ogni singolo
cristiano:
“Anche nella nostra
vita, la croce, che non ci mancherà mai, diventa benedizione. Accettando la
croce, sapendo che croce diventa ed è benedizione, impariamo la gioia del
cristianesimo anche nei momenti della difficoltà”.
Un altro insegnamento forte lasciatoci da Santo Stefano,
ha proseguito il Papa, è che carità e annuncio della Verità non vanno mai
disgiunti:
“Possiamo imparare
dalla figura di Santo Stefano che carità e annuncio vanno sempre insieme”.
Santo Stefano, ha aggiunto, ha annunciato Cristo con la
carità, “fino al punto di accettare il martirio”. Un martirio modellato sulla
stessa Passione di Gesù Cristo. Ancora, ha rammentato il legame tra Santo
Stefano e San Paolo. “Saulo – ha avvertito – da persecutore diventa apostolo
del Vangelo” e dopo l’incontro con Stefano riprende la sua lettura cristologica
dell’Antico Testamento, mostrando che la comunione con Cristo rappresenta il
compimento di tutta la legge. Così, in modo provvidenziale, accade che nella
missione dell’Apostolo delle Genti si compia la testimonianza del primo martire
della Chiesa.
Ancora sulla figura di Santo Stefano, il Papa ha ricordato
che egli faceva parte di sette uomini scelti dai discepoli per svolgere
l’attività caritativa. Furono dunque presentati agli apostoli i quali, dopo
aver pregato, imposero loro le mani. Un gesto che può avere vari significati.
“Si desume – ha detto Benedetto XVI - da quanto si legge nella prima lettera a
Timoteo: non aver fretta di imporre le
mani ad alcuno per non farti complice dei peccati altrui” che “il gesto
dell’imposizione delle mani si sviluppa nella linea di un segno sacramentale”.
Nel caso di Santo Stefano e compagni, ha spiegato, “si tratta certamente della
trasmissione ufficiale da parte degli apostoli di un incarico e insieme
dell’implorazione di una grazia per poter esercitarlo”.
Prima dell’udienza generale, Benedetto XVI ha visitato una
mostra di presepi allestita nell’atrio dell’Aula Paolo VI. Un’esposizione di 20
presepi, opere di maestri del legno trentini, intitolata “Dolce Bambin Gesù”. Dopo la catechesi, al momento dei saluti, il
Papa ha ricevuto dei simpatici omaggi: due magliette da calcio, entrambi con la
scritta “Benedetto XVI”. La prima, color oro come
quella della nazionale brasiliana, è stata donata da un gruppo di preti, la “Selecao Internazionale Sacerdoti calcio”; la seconda, bianca-rosso-azzurra da un gruppo di fedeli della Regione
Campania.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca
dell'udienza generale.
Servizio estero - Somalia: nuove incursioni aeree
statunitensi nel Sud; viva preoccupazione dell'ONU e dell'Unione Europea.
Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo "Non possiamo chiedere alle
macchine di avere giudizio anche per noi": l'uomo di fronte ai progressi
della tecnica.
Servizio italiano - In primo piano il tema della
sanità.
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10 gennaio 2007
CONFRONTO IN ITALIA SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA,
IN VISTA DI UN NUOVO TESTO NORMATIVO.
LA
CHIESA ITALIANA INVITA A NON APRIRE
DERIVE
GIURIDICHE CON GRAVI RISCHI PER
E LO
STATO DI DIRITTO
-
Intervista con Venerando Mariano -
Confronto aperto in Italia sulla libertà religiosa: due
proposte di legge in materia, primi firmatari Marco Boato dei Verdi e Valdo
Spini dell’Ulivo, sono all’esame del Parlamento. Per questo ieri
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La Chiesa italiana ha espresso “sostanziale apprezzamento”
per lo spirito “riformatore” dei due testi,
condividendo il processo di partecipazione democratica al dibattito “in un quadro
di effettivo pluralismo e di corretta laicità”. Ma ci sono dei punti nodali da
approfondire e chiarire per non aprire la strada a pericolose derive giuridiche
in un crescente contesto di “interculturalismo e multietnicità”.
Tali distinguo – espressi da mons. Betori - hanno
sollevato reazioni tra esponenti di altre religioni e nel mondo politico. Di
questo parliamo con il prof. Venerando Marano.
D. - Tra gli aspetti salienti, forse il più contestato, il
segretario generale della CEI ha sottolineato “che eguale libertà di tutte le
confessioni non implica piena uguaglianza di trattamento”. Cosa vuol
significare questa distinzione?
R. – La disciplina del fenomeno religioso, che emerge dal
disegno costituzionale in tutta chiarezza, riconosce - da un lato - la piena
uguaglianza nella libertà a tutte le confessioni e - dall’altro lato - prevede
una condizione giuridica differenziata per la Chiesa cattolica, secondo quanto
disciplinato e previsto dall’art. 7 della Costituzione, e per le confessioni
diverse dalla cattolica, secondo invece quanto previsto dall’art. 8, ai commi 2
e 3 di questa disposizione. Rispetto a questo disegno, non si può ignorare la
necessità di non prevedere discipline uguali per realtà che sono diverse.
Questa previsione di discipline differenziate non è discriminatoria, ma
risponde ad una corretta lettura del principio di uguaglianza. Non significa,
come taluni ritiene, un passo indietro, ma un rispetto della realtà storica e
dei principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano. Voglio ricordare che
in occasione della recente revisione del Concordato con la Chiesa cattolica
nell’84, tale revisione è stata ritenuta – malgrado la
differenza di trattamento a favore della Chiesa cattolica – pienamente compatibile
con la disciplina dell’art. 8 della Costituzione da parte di tutta la dottrina
e da parte di tutti i commentatori.
D. – Prof. Marano, altra
notazione della CEI è che lo Stato debba negare riconoscimento a realtà “che si
pongano in contrasto con i diritti fondamentali dell’uomo e i principi della
civile convivenza”. Perché si rende necessario ribadire questo concetto che appare
scontato?
R. – Lo è stato in realtà scontato
fino, probabilmente, ad un decennio or sono, se vogliamo contestualizzare
e provare ad indicare un riferimento temporale. In realtà, nel periodo più recente,
si sono diffusi anche nel nostro Paese nuovi movimenti religiosi estranei alla
tradizione giudaico-cristiana che provocano - come è
stato sottolineato nell’audizione del segretario generale della CEI - reazioni
di diffidenza e di allarme sociale. E’ altresì noto che nel nostro Paese, nel
corso degli ultimi anni, si sono radicati gruppi
sociali con identità culturali e religiose diverse da quelle tradizionali.
Rispetto a questi gruppi si avverte ora, in termini nuovi, l’esigenza di un
apprezzamento prudente, per far sì che non trovino riconoscimento e garanzie in
Italia quelle pratiche e quelle teorie che si pongono in contrasto con i
principi cardini della nostra civiltà giuridica e della nostra convivenza.
D. - Mons. Betori ha richiamato in particolare il rischio di affermare
la liceità della poligamia, un modello di matrimonio che offende gravemente la
dignità femminile…
R. – Certamente e questo è uno dei problemi più dibattuti.
In realtà una corretta lettura della previsione delle norme e delle proposte di
legge in esame, relative a questo aspetto, non consente di dedurre nessuna
fonte di riconoscimento o di favore per il matrimonio poligamico.
D. – Questo ci rassicura….
R. – Sicuramente e non solo perché non c’entra nulla il
matrimonio poligamico con questa previsione sulla libertà religiosa, ma anche
perché esistono nel nostro ordinamento precise previsioni – penso all’art. 86
del Codice Civile sul divieto di bigamia, penso alle previsioni del Codice
Penale che sanciscono tali comportamenti – che impediscono qualsiasi ipotesi di
matrimonio poligamico e lo rendono illegittimo oltre che contrastante - come è
noto - con i principi cardine del nostro ordinamento costituzionale.
D. – Infine, una precisazione sulle intese concordatarie
che non sono un diritto – ha spiegato mons. Betori -
ma piuttosto legate ad un principio di discrezionalità dello Stato. Cosa significa
questo?
R. – Su questo profilo è, forse, opportuno fare chiarezza.
Non si tratta di una novità, ma bensì della riaffermazione di quello che nella
prassi degli ultimi decenni - iniziata ossia nella metà degli anni Ottanta - è
sempre stata seguita dai nostri diversi governi e che è pienamente rispettosa
della previsione costituzionale. E questo vuol significare che qualora la
decisione circa l’eventuale stipulazione di intese con questo e con quel
soggetto confessionale è ultimamente rimessa ad una valutazione discrezionale
dell’Esecutivo, che è naturalmente non arbitraria, è ancorata ad una serie di
presupposti e di parametri oggettivi, che debbono essere quanto più possibile
individuati, ma che deve rimanere. E
questo perché è da escludere, è da limitare e bisognerebbe evitare il rischio
che soggetti che nulla hanno a che vedere con la religione, possano poi
pretendere, in nome di un diritto all’intesa, che in realtà non esiste, una
legislazione bilaterale.
D. – O anche di movimenti che si presentano come religiosi
e che, però, propongono degli orientamenti di vita che collidono con le leggi
dello Stato….
R. – Certo, pensiamo all’ipotesi della richiesta di un
culto satanico di essere riconosciuto come gruppo religioso o di un gruppo
ateistico di essere riconosciuto in nome di questa o di quella disposizione
della legge sulla libertà religiosa od ancora di alcune nuove pseudo religioni
di chiedere l’intesa: tutte queste ipotesi possono e debbono essere respinte
sulla base di un corretto esercizio del margine di discrezionalità che il
nostro sistema prevede a favore dello Stato.
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NUOVE
OPERAZIONI MILITARI NEL SUD DELLA SOMALIA: FONTI LOCALI
PARLANO
DI RAID STATUNITENSI MA IL GOVERNO SOMALO SMENTISCE
-
Intervista con Douglas Duale -
Le forze somale, appoggiate da truppe etiopi, hanno
lanciato una nuova operazione militare nel sud della Somalia
contro miliziani islamici. Il governo etiope ha dichiarato poi concluso il
proprio intervento nello Stato africano e l’esecutivo somalo ha smentito la
notizia di un nuovo raid statunitense. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il governo di transizione somalo ha smentito, stamani, la
notizia di un nuovo attacco dell’aviazione americana, dopo quello costato la
vita ieri a decine di civili nel sud del Paese. Altre fonti parlano, invece, di
pesanti bombardamenti militari statunitensi in almeno 4 località. Ma
l’esecutivo dello Stato africano ha precisato che sono state lanciate operazioni
militari condotte unicamente da soldati somali ed etiopi nella parte
meridionale della Somalia, dove avrebbero trovato
riparo alcuni leader delle Corti islamiche. La tensione resta alta anche a Mogadiscio
dove una persona è morta in seguito all’esplosione di una granata, lanciata
contro un mezzo militare etiope. Il ministro dell’Informazione etiope ha
dichiarato, poi, che si può considerare concluso l’intervento militare
dell’Etiopia in Somalia perché “gli integralisti islamici non costituiscono più
un pericolo”. Ma non si possono escludere nuove azioni militari nel Paese
africano. Secondo la CIA ed il Pentagono, tra i guerriglieri islamici ci
sarebbero infatti anche alcuni capi di al Qaeda. Fonti
somale hanno reso noto, inoltre, che tra le vittime del raid americano di ieri
ci sarebbe proprio un esponente di al Qaeda che
avrebbe pianificato gli attacchi terroristici del 1998 contro le ambasciate
statunitensi in Kenya e in Tanzania. Il presidente ad interim somalo, Abdullahi Yusuf, ha definito intanto
“giustificata” l’operazione militare americana compiuta ieri nel sud della Somalia precisando che “rientra nell’ambito della
lotta globale al terrorismo”. Il nuovo segretario generale dell’ONU ha invece
espresso preoccupazione per il raid statunitense. Le Nazioni Unite
temono, in particolare, una “possibile estensione delle ostilità”. Cresce
infine l’apprensione per la sorte di oltre 4000 profughi somali, in gran parte
donne e bambini, bloccati al confine con il Kenya. Il governo di Nairobi ha
chiuso infatti la propria frontiera temendo che tra
gli sfollati si possano essere infiltrati anche miliziani islamici.
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Si aggrava, dunque, la situazione umanitaria in Somalia.
Ma di fronte a questa nuova emergenza, come giudicano i somali i combattimenti
interni e gli attacchi americani? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto al rappresentante della Comunità somala in Italia, Douglas Duale:
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R. – Tutti i somali, ovunque essi si trovino, sono
contrari anche perché hanno salutato con sollievo la cacciata delle milizie
delle Corti islamiche. Quando, invece, sono stati
cacciati i signori della guerra, il
popolo somalo aveva accolto i miliziani islamici a braccia aperte. Ma dopo 40
giorni, le Corti islamiche hanno mostrato un altro volto ed hanno imposto a tutti la Sharia. Alcuni di loro sono certamente legati ai terroristi,
ma la maggioranza dei somali si aspettavano dopo la cacciata delle Corti
islamiche, il rientro in patria dell’esercito etiopico.
D. - Comunque i combattimenti stanno provocando
un’emergenza umanitaria importante e sono già migliaia i
profughi somali. Che cosa sa lei della situazione umanitaria?
R. – Io so che anche il confine del Kenya è al momento
chiuso, blindato e che quindi nessuno può passare. C’è una situazione ormai
drammatica che si è creata proprio ai confini fra Kenya
e Somalia. Ci sono bambini, ci sono donne ed anziani; sono persone fuggite
lasciando i villaggi che erano proprio al confine del Kenya, proprio dove
alcuni di questi islamici si sono rifugiati.
D. – A questo punto quale situazione è ipotizzabile nel
futuro imminente per la Somalia?
R. – L’unica ipotesi percorribile che si possa suggerire in questo momento storico è quella di
formare un governo di coalizione, al quale debbono partecipare tutti, nessuno
escluso. Gli americani possono uscirne fuori soltanto in questo senso.
D. – Questo potrebbe essere facilitato dall’uscita delle
truppe etiopiche?
R. – Nessun somalo accetterà la presenza militare
dell’Etiopia; al contrario, tutti i somali chiedono la presenza di un
contingente americano, al quale devono però prendere parte i Paesi confinanti.
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INIZIA DOMANI LA VISITA
IN TERRA SANTA DEI VESCOVI EUROPEI E DEGLI USA
PER PORTARE UN MESSAGGIO
DI SOLIDARIETA’ ALLE COMUNITA’ CRISTIANE LOCALI
- Intervista con mons. Peter Fleetwood -
Inizia
domani la visita in Israele e nei Territori palestinesi del Coordinamento delle
Conferenze episcopali a sostegno della Terra Santa: si tratta di un organismo
che riunisce membri del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, della
Commissione degli Episcopati della Comunità Europea e vescovi degli Stati
Uniti. L’iniziativa, che durerà fino al
18 gennaio, prevede incontri a Gerusalemme, Nazareth, Betlemme e Gaza, con le
autorità israeliane e palestinesi e soprattutto con le comunità cristiane
locali per far giungere loro un messaggio di solidarietà e di vicinanza da
parte di tutta
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R. –
Si viene a conoscere la realtà delle comunità cristiane locali. Non si legge
semplicemente il giornale, ma si va ad incontrare le persone. In questo senso è
una esperienza per noi molto bella, perché ci permette
di imparare molto.
D. –
Nei suoi recenti viaggi in Terra Santa da cosa è stato maggiormente colpito?
R. –
Dalle facce dei bambini di Betlemme: erano le facce di bambini traumatizzati ed
i loro visi sono rimasti con me per molto tempo. Sono molto contento che
possiamo vedere questi bambini. Anche se non c’è il tempo di conoscerli
direttamente, questi bambini sanno che questo rappresenta un qualcosa per loro.
Un’altra cosa che vorrei sottolineare è che per me l’Università di Be-tlemme rappresenta una stella di speranza in una
situazione che è quasi disperata. Quando si vedono gli studenti, ti verrebbe da
chiedere: perché prepararli ad un futuro, se non c’è impiego? Ma cedere a
questo, sarebbe per me già come cedere alla disperazione.
D. –
Papa Benedetto XVI nel suo discorso rivolto agli ambasciatori accreditati
presso la Santa Sede ha di nuovo rinnovato il suo pressante appello a tutte le
parti in causa nel complesso scacchiere politico della regione del Medio
Oriente, “con la speranza – ha detto – che si consolidino i segni positivi tra
israeliani e palestinesi registrati nel corso delle ultime settimane e – ha
aggiunto – la Santa Sede non smetterà di ripetere che le soluzioni militari non
conducono a nulla”…
R. –
Quasi nessuno in Israele e nei Territori vive senza
paura. Sono molto contento che il Papa abbia messo l’accento sul diritto di
tutti alla sicurezza della vita e alla giustizia.
D. –
Padre Pizzaballa, francescano, custode di Terra
Santa, all’indomani del periodo di celebrazioni liturgiche del tempo di Natale,
ha detto: “Stringe il cuore svolgere il tradizionale ingresso solenne in
Betlemme, passando per l’alto muro che separa Israele dalla Cisgiordania”. E’,
questa, una soluzione per lei?
R. –
Il muro ha forse limitato il numero degli attacchi suicidi, ma non può non
creare una forma diversa di tensione e di rabbia. E questo perché rappresenta,
da una parte, un simbolo di separazione basata sulla paura e, dall’altra parte,
questo muro ha effettivamente “rubato” l’accesso alle fonti d’acqua, che sono
tutte dalla parte israeliana del muro: gli stessi salesiani sono stati separati
dalla loro vigna; molti palestinesi si trovano ora separati dalla loro famiglia
e per raggiungere il lavoro devono attraversare un check-point,
che forse non è esattamente al punto dove si dovrebbe andare, ma a qualche
chilometro di distanza. Questo muro ha creato una situazione che, a mio parere,
darà soltanto nutrimento all’odio.
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PRESENTATA
LA 17.MA GUIDA “DOVE MANGIARE, DORMIRE, LAVARSI”
DELLA
COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO, MANUALE DI SOPRAVVIVENZA
PER I
SENZA FISSA DIMORA
- Con
noi, Mario Marazziti -
I poveri in Italia sono quasi 7 milioni e 600 mila, pari
al 13,1 per cento della popolazione residente: il dato, riferito al 2005, è
stato diffuso stamani a Roma durante la presentazione della 17.ma guida “Dove mangiare, dormire, lavarsi”, edita nella
capitale e in altre città italiane ed europee dalla Comunità di Sant’Egidio. Il
manuale di sopravvivenza per i senza fissa dimora, che a Roma raggiungono le 7
mila unità, è conosciuto anche come “Guida Michelin
dei poveri”. E la povertà non riguarda soltanto gli immigrati, ma anche tante
famiglie italiane che non riescono ad arrivare alla fine del mese, come
afferma, al microfono di Roberta Moretti, il portavoce
della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:
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R. – La povertà estrema degli italiani è in realtà
rappresentata da chi esce dal carcere, da chi perde la famiglia, da chi ha una
malattia improvvisa, ma soprattutto da chi perde il lavoro. E’ concentrata
soprattutto al sud, con un 25 per cento di persone sotto la soglia della
povertà. C’è una sofferenza molto più diffusa in tutto
il Paese per arrivare alla fine del mese.
D. – Quali sono le cause di questi cambiamenti e come si
può intervenire concretamente, anche a livello delle istituzioni?
R. – La casa è un problema serio. Ai nostri centri arriva
sempre più gente in difficoltà economica, perché non riesce a pagare le rate.
L’indebitamento per i consumi è un fenomeno enormemente in crescita. Gli
affitti sono aumentati del 14 per cento da un anno all’altro; aumentano gli
sfratti e il 70 per cento sono per morosità. Inoltre, non esistono strumenti
per un inserimento stabile nel mondo del lavoro. In terzo luogo, ci sono
interventi di emergenza - Roma, per esempio, è straordinaria in questo - ma poi ogni anno si ricomincia da capo. Se noi confrontiamo
immigrati ed italiani, gli immigrati arrivano poverissimi, vengono ai nostri
centri e nel giro di un anno riescono a cambiare vita. Gli italiani, al
contrario, a volte, continuano a venire per dieci anni, perché non ci sono
strumenti stabili per uscire dalla povertà. Il reddito minimo di inserimento,
uno strumento che altri Paesi europei utilizzano e che da noi è stato sperimentato
in poche aree, potrebbe essere una proposta.
D. – Parlando di immigrazione, cambieranno in qualche modo
i rapporti con i “nuovi europei” immigrati di Romania e Bulgaria?
R. – C’è molto allarme. Si parla di “invasione” dei romeni
e dei bulgari. Noi riteniamo che accadrà come per i polacchi, dove si era
pensato a delle quote, erano state fatte delle
previsioni e poi tutte queste quote non sono state neanche riempite.
D. – Parliamo della guida… Quali riscontri avete avuto
negli anni passati e cosa vi aspettate da questa edizione
2007?
R. – Intanto, ci aspettiamo che continui il contagio,
perché adesso la guida viene fatta anche a Vienna, a
Parigi, a Barcellona. In Italia viene fatta a Firenze,
Genova, Napoli e Pisa. A Roma verranno diffuse 13 mila
copie, stampate su carta impermeabile. Questo significa che c’è uno strumento
in più per gli operatori sociali, per chi vive in strada e per le famiglie.
Poi, ci sono tanti indirizzi anche di ispirazione cristiana. Ma soprattutto,
guardando alla mappa che è allegata, scopriamo che sia la solidarietà, sia la
povertà sono molto più frammentate in tutta la città e non solo nel centro
storico.
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10 gennaio 2007
STATI
UNITI: PER
I
FAVOREVOLI ALLA PENA DI MORTE DIVENTANO MINORANZA.
IERI
INTANTO, IN OKLAHOMA, E’ STATA ESEGUITA
WASHINGTON. = L’esecuzione di Saddam Hussein ha riacceso negli
Stati Uniti il dibattito sulla pena di morte, sul carattere disumano di questa
pratica e sulla sua effettiva necessità. Con una significativa novità rispetto
al passato: secondo l’ultimo sondaggio 2006 della Gallup,
per la prima volta in vent’anni il numero degli americani favorevoli alla pena
alternativa dell’ergastolo supera, sia pure di poco, quello di coloro che
continuano a preferire la pena di morte. Un segnale decisamente positivo per i
vari movimenti che da anni si battono per la sua abolizione negli Stati Uniti e
che conferma una decisa inversione di tendenza. Anche se la differenza tra
favorevoli e contrari è minima – il 48 per cento contro il 47 –, rispetto agli
anni passati il cambiamento è netto: nel 2005 lo scarto era del 17 per cento a
favore di coloro che preferivano la pena di morte all’ergastolo. Questo mutato
orientamento – spiega all’agenzia CNS Frank McNeirney, fondatore dell’associazione Catholics Against Capital Punishment
– si riscontra nella stessa misura anche tra i cattolici, come indica
un’indagine commissionata nel 2005 dalla Conferenza episcopale. Secondo McNeirney al nuovo trend ha contribuito in parte il
messaggio chiaro e netto contro la pena di morte lanciato da Giovanni Paolo II
durante la sua visita a Saint-Louis nel 1999. Da
rilevare anche il contributo dei movimenti pro-vita negli Stati Uniti, che in
questi ultimi tempi hanno cominciato ad affrontare anche questo tema, dopo
essersi a lungo concentrati solo su quello dell’aborto. Il mutamento non è solo
limitato ai dibattiti politici, ma si riscontra anche nella giurisprudenza: in
questi mesi in diversi Stati americani dove si pratica l’iniezione letale,
molte esecuzioni sono state temporaneamente sospese dalle Corti statali, dopo
le contestazioni sulla presunta maggiore “umanità” di questa pratica.
Quest’anno sono state già presentate alla Corte Suprema degli Stati Uniti
quattro istanze di sospensione. E’ poi di questi giorni la notizia che una
speciale Commissione del New Jersey incaricata di studiare l’applicazione della
pena capitale nello Stato, ha raccomandato ai legislatori la sua sostituzione
con l’ergastolo. Ieri intanto è stata eseguita la prima pena capitale del 2007
negli Stati Uniti. Un uomo di 37 anni, Corey Hamilton, condannato all’esecuzione per l'uccisione di
quattro impiegati di un ristorante di Tulsa nel 1992, e' stato messo a morte con un'iniezione letale nel
penitenziario di McAlester, in Oklahoma. Una ventina di parenti delle
vittime hanno assistito all’esecuzione che è durata sei minuti. (L.Z.)
SI È
CONCLUSA IERI L’ASSEMBLEA PLENARIA DELL'EPISCOPATO INDIANO:
I
VESCOVI SI IMPEGNANO A RILANCIARE IL RUOLO DEI LAICI
NEW DELHI. = La 19.ma Assemblea Plenaria della Conferenza dei Vescovi
Cattolici dell’India (CCBI) si è conclusa ieri con una nota che impegna a fare
dei laici “collaboratori competenti e più responsabili”. Lo riferisce l’agenzia
Zenit. Alla riunione di sei giorni, iniziata il 4 gennaio, hanno partecipato più di 115 vescovi
appartenenti al rito latino. Nel corso
dell’incontro sono state rese note le nuove nomine: l’arcivescovo di Bombay, Oswald Gracias, è stato rieletto
presidente della CCBI, mentre l’arcivescovo di Delhi, Vincent
Concessao, è stato eletto vicepresidente, e il vescovo
di Vijayawada, Prakash Mallavarapu, rieletto segretario generale. L’incontro è terminato con una Messa di ringraziamento
concelebrata dal presidente, dal vicepresidente e dal
segretario generale della Conferenza. “Cosa
faremo per i laici, e cos’altro faremo perché possano avere il giusto ruolo
nella Chiesa?”, ha chiesto il vescovo Mallavarapu
nella sua omelia. Il presule ha dunque sottolineato la necessità di un attivo
coinvolgimento del laicato nella vita della Chiesa.
NASCE
IN ITALIA
OFFRIRÀ
PARERI AL GOVERNO PER PROMUOVERE UNA PACIFICA CONVIVENZA
ROMA. = Con
NUOVE
VITTIME DELL’INFLUENZA AVIARIA IN INDONESIA.
MUORE
UN RAGAZZO DI 14 ANNI A GIAKARTA.
CASO
DI CONTAGIO UMANO IN CINA
E
NUOVI FOCOLAI D’INFEZIONE NEGLI ALLEVAMENTI VIETNAMITI
GIAKARTA.=
Sale a 58 il numero delle vittime dell’influenza aviaria in Indonesia, un terzo
del totale nel mondo. Il tragico bilancio – riferisce AsiaNews - è stato
aggiornato questa mattina con la morte di un ragazzo indonesiano di 14 anni, ricoverato
il 6 gennaio scorso nell’ospedale di Persahabtan a
Giakarta. Un dato ancora provvisorio e destinato purtroppo a crescere nell’area
asiatica considerando che c’è da registrare l’esplosione di nuovi focolai di
infezione fra gli allevamenti vietnamiti e un contagio umano in Cina: si tratta
di un contadino di 37 anni della provincia orientale cinese dell’Anhui, che a dicembre ha contratto il virus H5N1 e che,
tuttavia, secondo il Ministero della salute, sarebbe completamente guarito. Per
quanto riguarda il Vietnam le autorità locali temono che il contagio possa colpire,
in poco tempo, l’intera nazione. Dinh Cong Than, direttore del Dipartimento
veterinario della provincia di Kien Giang, ha spiegato che nelle province di Ca Mau, Bac
Lieu, Hau Giang e Kien Giang,
diversi allevamenti di polli sono risultati infetti. Il problema più grave,
aggiunge, “è che non riusciamo a far rispettare il decreto governativo che
proibisce la cattura e l’allevamento delle anatre selvatiche”. Proprio questi animali – ha aggiunto - “sono alla base
dell’alimentazione locale e non presentano alcun sintomo della malattia fino alla
morte”. Da quando è apparsa, la malattia ha ucciso oltre 150 persone in tutto
il mondo. Secondo le Nazioni Unite, solo l’alto livello di allarme mondiale ha
impedito una pandemia mortale. (A.D.F.)
IN
CORSO NELL’ACHOLILAND, NEL NORD DELL’UGANDA,
UNA
SETTIMANA DI PREGHIERA PER IMPLORARE
KAMPALA. = Più di 7mila pellegrini sono giunti in questi
giorni dal sud Sudan e dalla Repubblica Democratica del Congo
in Nord Uganda per partecipare a una settimana di preghiere per il ritorno
della pace in questa regione, da vent’anni messa a ferro e a fuoco dai guerriglieri dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra). La settimana di preghiera, iniziata lunedì
all’Università dei Martiri ugandesi nella regione di
Lira, è stata promossa dalla Commissione di Giustizia e Pace e dalla diocesi di
Gulu nel quadro delle iniziative organizzate per
L’UNIVERSITÀ
DI URBINO CONFERISCE AL CARDINALE RODRÍGUEZ MARADIAGA
URBINO. = La laurea ad honorem in
scienze politiche sarà conferita dall’Università degli studi “Carlo Bo” di Urbino al cardinale Oscar Rodríguez Maradiaga,
arcivescovo di Tegucigalpa, in Honduras. La cerimonia
avverrà il 16 gennaio (ore 11, all’Università di Urbino),
mentre il giorno prima (ore 16, Giardino d’inverno del Palazzo Ducale) si
svolgerà un incontro-dibattito sul tema “La politica globale” al quale
parteciperà lo stesso cardinale Rodríguez Maradiaga, insieme a
Savino Pezzotta, presidente della Fondazione per il
Sud. Introdurrà l’incontro mons. Francesco Marinelli,
arcivescovo di Urbino. Il cardinale Rodríguez Maradiaga,
presidente dei vescovi dell’Honduras, una delle nazioni più povere dell’America
Latina, è noto per le sue prese di posizione contro il debito estero, la povertà,
gli squilibri nella distribuzione della ricchezza, soprattutto nel suo continente,
dove il 43,4% della popolazione (220 milioni di persone), vive al di sotto
della soglia di povertà. Oltre all’impegno sui temi sociali si batte con forza
per la “nuova evangelizzazione”: ha fondato nella sua diocesi una TV e una università.
"ALGERI,
CAPITALE DELLA CULTURA ARABA 2007"
È IL
TITOLO DELLA CAROVANA ARTISTICA CHE PARTIRA’ UFFICIALMENTE IL 12 GENNAIO
PROSSIMO AD ALGERI E COINVOLGERA’ LE PRINCIPALI LOCALITA’ DEL PAESE
ALGERI.= In programma per domani giovedì 11 gennaio
l'inaugurazione della manifestazione "Algeri, capitale della cultura araba
2007". La carovana artistica – riferisce l’agenzia MISNA - partirà
ufficialmente il 12 del mese e si aprirà con una sfilata folkloristica
che animerà le strade della capitale dando il via ad un calendario ricco di
appuntamenti. Alla manifestazione, ideata dall'Ufficio Nazionale della Cultura
e dell'Informazione (ONCI) e da alcuni designer italiani e libanesi, parteciperanno
quasi 200 artisti di istituti d'arte e associazioni algerine. "Per la prima
volta dall’indipendenza (nel 1962), un programma di sostegno complementare è
stato attribuito al settore della culture con
l’intento di realizzare numerosi progetti, a cominciare da 35 spettacoli
teatrali e circa 80 documentari e filmati", ha affermato il ministro della
Cultura, Khalida Toumi. Il
ministero, che ha creato due commissioni per aiutare le autorità locali ad
organizzare i vari eventi, ha promosso progetti di restaurazione di alcuni
monumenti, tra cui il Museo nazionale delle belle arti, le ‘Case della Cultura’ e
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10 gennaio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
La Bielorussia ha annunciato di aver raggiunto un
compromesso con
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Un piano strategico sull’energia, un tracciato per le
fonti rinnovabili, una serie di linee guida per aumentare la competitività del
settore. Una sfida a tutto campo per la sicurezza energetica che si intreccia
con la “guerra del gas” dichiarata dalla Russia un anno fa all’Ucraina e in
questi giorni alla Bielorussia. “Guerra” però che rischiano di pagare cara alcuni Paesi europei. Poco fa Barroso,
ancora una volta, ha definito tutto ciò inaccettabile e ha parlato di contatti
in atto per tradurre la voce grossa che si è elevata dall’Unione Europea in
possibili azioni concrete. Ma in realtà, il commissario Piebalgs
ha lasciato intendere di confidare in un incontro, questa sera, con
l’ambasciatore russo e tutto questo, mentre arrivano voci di intesa tra
Bielorussia e Russia. Da parte sua, il cancelliere Angela Merkel,
presidente di turno dell’Unione Europea e capo del G8, nelle ultime ore ha sottolineato
che la Bielorussia è solo un Paese di transito del gas proveniente da Mosca e,
dunque, il Cremlino deve rispettare gli impegni se vuole continuare ad essere
considerata partner affidabile, come per altro la Russia è stata considerata
fino all’altro ieri, forse anche tenendo presente che soddisfa il 25 per cento
del fabbisogno europeo. A parlare, oltre al commissario europeo all’Energia, Andris Piebalgas, anche il
commissario all’Ambiente Stavros Dimas e
questo perché in tema di energia si intende dare il via a quella che è stata
definita una nuova rivoluzione industriale necessaria all’Europa per salvarsi
dalle mutazioni climatiche e dal degrado dell’ambiente e da quelli che Dimas ha definito danni irreversibili. Guardando al
concreto, il documento chiede una riduzione del 20 per cento dell’emissione di
gas ad effetto serra entro il 2020, attraverso un taglio unilaterale del 20 per
cento del biossido di carbonio ai propri Stati membri e ad un giornalista che
sottolineava la dimensione unilaterale di questa misura, Barroso
ha detto che la prima speranza dell’Unione Europea è che l’America del nuovo
Congresso Democratico diventi il primo alleato, cambiando dunque, o meglio
virando proprio rispetto alle scelte di Bush in tema
di Protocollo di Kyoto.
Dalla sede di rappresentanza della Commissione Europea a
Roma, Fausta Speranza.
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Un’ondata di rinforzi militari
americani per l’Iraq. E’ questo uno dei pilastri della nuova strategia
statunitense nel Paese del Golfo. Con l’invio di oltre 20 mila uomini,
l’amministrazione Bush intende riportare alla normalità tutte le province irachene, così da passare
il controllo del Paese alle forze di Baghdad. Il capo della Casa Bianca
illustrerà la nuova strategia americana sull’Iraq questa sera. Sul terreno
iracheno un nuovo attentato kamikaze ha provocato, intanto,
la morte di almeno 4 persone a Tal Afar. Ieri, per cause ancora sconosciute un Antonov turco con 30 passeggeri si è schiantato in fase di
atterraggio all’aeroporto di Balad,
Il presidente del Venezuela, Hugo
Chavez, che oggi si insedierà per la terza volta, ha
alimentato nei giorni scorsi un acceso dibattito con l’annuncio di nuove nazionalizzazioni
nel settore energetico e delle telecomunicazioni. L’amministrazione
statunitense e l’Organizzazione degli Stati Americani (OSA) hanno già espresso
la loro contrarietà a questo progetto. Il servizio di Luis
Badilla:
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“Legge madre” sulle nazionalizzazioni, “riforma socialista
costituzionale”, rafforzamento “dell’educazione popolare” e “nuova geometria
del potere”: sono gli obbiettivi prioritari fissati da Chavez
per il suo terzo mandato che scadrà nel 2013. La risposta dell’amministrazione
statunitense è stata immediata: il portavoce del Consiglio di Sicurezza
nazionale della Casa Bianca, Gordon Johndroe, ha dichiarato che “i risultati delle
nazionalizzazioni” ottenuti in altri Paesi, “non producono i benefici economici
sperati”. “Se le società statunitensi dovessero essere danneggiate”, ha
aggiunto, “ci aspetteremo immediati e giusti indennizzi”. Intanto, l’annuncio
di Chavez ha provocato le prime ripercussioni in
Venezuela: ieri, è crollata la Borsa di Caracas, che aveva chiuso il 2006 con
il massimo storico (+ 156 per cento). Hanno subito un netto calo, in
particolare, i titoli delle imprese che dovrebbero essere nazionalizzate. Per
quanto riguarda i rapporti con la Chiesa, che il presidente Chavez
ha attaccato duramente perché aveva chiesto di rinnovare la licenza di un
canale televisivo indipendente non gradito al governo, sembrano esserci segnali
di apertura. Al termine dell’incontro, ieri, con esponenti dell’episcopato, il
neoministro degli Interni e della Giustizia, Pedro Carreño, ha assicurato che il colloquio “è stato positivo”.
Il ministro, incontrando l’arcivescovo di Caracas, cardinale Jorge Urosa, e l’arcivescovo di
Maracaibo, mons. Ubaldo Santana, presidente della
Conferenza episcopale venezuelana, ha aggiunto di aver invitato i presuli a
prendere “parte nel dibattito nazionale sul socialismo del XXI secolo”. Mons. Santana ha dichiarato, da
parte sua, di aver invitato il ministro ad incontrare i vescovi, riuniti nella
loro 87.ma Assemblea plenaria, per uno scambio di
opinioni assicurando che “l’esperienza della Chiesa potrebbe essere un
contributo utile per la nuova tappa che il Paese affronterà”.
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In Spagna e in Francia le forze di polizia sono impegnate
nella caccia a presunti membri dell’ETA. Ieri l’organizzazione separatista
basca ha rivendicato, inoltre, l’attentato dello scorso 30 dicembre, costato la
vita a due cittadini dell’Ecuador. Nel comunicato, l’ETA ha anche affermato che
il cessate il fuoco è ancora in vigore e ha accusato il governo di ostacolare
il processo di pace. Intanto, la crisi provocata dall’attentato all’aeroporto
di Madrid, ha costretto il premier Luis Rodriguez Zapatero a rinviare la prevista visita in Giappone.
Sull’attentato si è anche pronunciato l’arcivescovo di Madrid, cardinale
Antonio Maria Rouco Varela,
durante la celebrazione eucaristica di lunedì scorso. Il servizio di padre Ignacio Arregui:
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“Il terrorismo, anche quello dell’ETA - ha detto il
cardinale - si è servito in modo perverso dell’uomo, con assoluto disprezzo
della dignità e della vita mettendosi al servizio dei propri interessi e della
conquista del potere politico a tutti i costi”.
I due giovani uccisi, ha aggiunto il porporato, “sono stati vittime di una ideologia dell’odio”. Dopo aver ringraziato quanti hanno
partecipato alle operazioni di soccorso, il cardinale ha aggiunto: “Non è che in Spagna manchi la pace perchè c’è la guerra; ma perchè ci
sono dei terroristi che minacciano la vita e la libertà dei loro concittadini”.
Il porporato ha concluso affermando che il terrorismo sarà finalmente sconfitto quando le coscienze riconosceranno l’inviolabilità
della persona, e promuoveranno progetti sociali, culturali e politici
rispettosi della liberta, della concordia e dell’unita solidale. Dopo
l’intervento dell’arcivescovo di Madrid, è arrivato ieri il comunicato
dell’ETA. Nel comunicato l’organizzazione separatista basca riconferma le
proprie intenzioni di tornare all’uso della violenza se non saranno rispettate
le proprie condizioni per la pace. Ovviamente, il testo ha ricevuto il rifiuto
e la condanna di tutte le forze politiche tranne del movimento Batasuna, vicino all’ETA.
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In Nigeria, ribelli del sedicente Movimento per la
Liberazione del Delta del Niger (MEND) hanno sequestrato 9 lavoratori sudcoreani e un nigeriano. L’attacco è stato preceduto da
un breve conflitto a fuoco tra i militanti e le guardie della sicurezza di un
impianto petrolifero. Il rapimento è avvenuto nella stessa zona dove, lo scorso
7 dicembre, sono stati rapiti 4 dipendenti dell’AGIP, tre italiani e un
libanese. La scorsa settimana sono stati sequestrati anche 5 lavoratori cinesi.
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