RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 7 - Testo della trasmissione di domenica 7 gennaio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Somalia: tutto il Paese sotto il controllo
dell’esercito regolare. Diplomazia al lavoro per favorire contatti con le Corti
islamiche
Rinviata in Iraq l’esecuzione di due gerarchi, condannati
assieme all’ex rais. Appello dell’ONU per sospendere tutte le esecuzioni
Crisi palestinese: per il presidente Abu Mazen le elezioni anticipate
sono l’unica via d’uscita
Israele smentisce piano di attacco contro gli
impianti nucleari iraniani
7 gennaio 2007
OGNI BAMBINO CHE NASCE CI RECA IL SORRISO DI DIO:
COSI’,
BENEDETTO XVI NELLA MESSA IN CAPPELLA SISTINA, DOVE STAMANI
HA
BATTEZZATO 13 BIMBI, NELLA SOLENNITA’ DEL BATTESIMO
DEL SIGNORE.
ALL’ANGELUS, IL PAPA RIBADISCE CHE TUTTI I
BATTEZZATI
SONO
CHIAMATI ALLA SANTITA’
- Con noi, mons. Gianfranco Ravasi -
Nell’odierna Festa del Battesimo del Signore, Benedetto
XVI ha battezzato nella Cappella Sistina 13 bimbi di diversa nazionalità.
Durante la Santa Messa, il Papa ha esortato i genitori cristiani a seguire il
modello di semplicità e armonia della Famiglia di Nazareth. Poi, all’Angelus,
in Piazza San Pietro, ha ribadito che i cristiani sono chiamati a tendere alla
santità, una vocazione che appartiene a tutti i battezzati. Il servizio di
Alessandro Gisotti:
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(canti)
Nella straordinaria cornice della Cappella Sistina, una
celebrazione famigliare, come il Papa stesso l’ha definita, accompagnata dal
tenero vagito di 13 piccoli bimbi, nel giorno del loro Battesimo. Benedetto XVI
sottolinea l’unicità di ogni nascita, un evento che ci porta il sorriso di Dio:
“Ogni bambino che
nasce ci reca il sorriso di Dio e ci invita a riconoscere che la vita è dono
Suo, dono da accogliere con amore e da custodire con cura sempre, in ogni momento”.
Ogni figlio che nasce, avverte, Dio lo affida ai suoi
genitori. Di qui l’importanza della famiglia fondata sul matrimonio, “culla
della vita e dell’amore”. Il Pontefice indica la Casa di Nazareth, dove vive la
Santa Famiglia quale modello di “semplicità, pazienza e armonia per tutte le
famiglie cristiane”. Parole corredate da una viva esortazione rivolta ai
genitori dei bimbi battezzati e con loro a tutte le famiglie:
“Non dimenticate che
è la vostra testimonianza e il vostro esempio ad incidere maggiormente sulla
maturazione umana e spirituale della libertà dei vostri bambini. Pur presi dalle
quotidiane attività, spesso vorticose, non tralasciate di coltivare
personalmente e in famiglia la preghiera, che costituisce il segreto della
perseveranza cristiana”.
Ricordando le parole dell’evangelista Luca, il Papa
sottolinea che, dopo aver ricevuto il Battesimo sulle rive del Giordano, Gesù
parla con il Padre. Prega non solo per sé, ma per tutti noi. Ed è allora che si
apre il cielo. Da questo evento, rileva, comprendiamo che quanto più viviamo in
comunione con Gesù nella realtà del nostro Battesimo, tanto più il cielo si apre
sopra di noi. Il Battesimo, sottolinea, è adozione nella famiglia di Dio. Rivolge
poi il pensiero alle parole di San Paolo, nella seconda lettura della liturgia,
laddove afferma che possiamo essere salvati mediante un lavacro di
rigenerazione e rinnovamento nello Spirito Santo. Il Battesimo, aggiunge il
Santo Padre, non è solo parola, né solo una cosa spirituale. “La spiritualità
dell’uomo concerne l’uomo nella sua totalità, corpo e anima”. Di qui una
riflessione sulla vera dimensione del cristianesimo:
“Vediamo che il
cristianesimo non è una cosa solo spirituale, individuale, una posizione
oggettiva che io prendo, ma è una cosa reale, concreta, anche materiale; la
famiglia di Dio è concreta nella famiglia reale, concreta della Chiesa;
l’adozione a figli di Dio del Dio trinitario è nello stesso momento assunzione
nella concreta famiglia dove viviamo con la Madre Chiesa, come fratelli e sorelle in
questa grande famiglia di Dio. E solo inserendoci in questo ‘noi’ dei figli,
come fratelli e sorelle, possiamo dire: ‘Padre nostro’!”.
Il Papa si sofferma anche sull’acqua, segno forte del
Battesimo. Ricorda così che in tutte le religioni l’acqua è segno di fecondità.
Per i Padri della Chiesa, l’acqua “è il simbolo del grembo materno della
Chiesa”, e cita Tertulliano, che diceva: “Cristo non è mai senza acqua”. Nel
Battesimo, afferma ancora, siamo dunque adottati dal Padre Celeste e dalla
Madre Chiesa. In Gesù Cristo, ribadisce, Dio ci viene incontro, ma non limita
la nostra libertà:
“Naturalmente, Dio
non agisce in modo ‘magico’; agisce solo con la nostra libertà. Non possiamo
rinunciare alla nostra libertà. Dio provoca la nostra libertà, ci invita alla
cooperazione con il fuoco dello Spirito Santo: queste due cose devono andare
insieme. Il Battesimo rimane in tutta la vita il dono di Dio che ha messo il
suo sigillo nelle nostre anime e la nostra cooperazione, l’apertura della
nostra libertà che dice ‘sì’ a questa azione divina”.
A conclusione dell’omelia, l’esortazione del Papa ai
genitori dei bimbi battezzati, affinché insegnino ai propri figli a pregare e a
sentirsi membri attivi della comunità ecclesiale. E indica il Catechismo della
Chiesa cattolica quale strumento per crescere nella fede e trasmetterla ai loro
bambini. Nota di cronaca, tra i bimbi battezzati stamani anche il figlio del
Comandante delle Guardie Svizzere.
(canti)
All’Angelus, il Papa è tornato a riflettere sul
significato della Solennità del Battesimo del Signore. Un evento, rammenta, che
la comunità apostolica riteneva molto importante non solo perché c’era stata
“la manifestazione del mistero trinitario in maniera chiara e completa, ma
anche perché da quell’evento aveva avuto inizio il
ministero pubblico di Gesù sulle strade della Palestina”. Il Battesimo di Gesù
al Giordano, spiega il Pontefice, è “anticipazione del suo battesimo di sangue
sulla Croce”, simbolo dell’intera “attività sacramentale con cui il Redentore
attuerà la salvezza dell’umanità”. Il Papa si sofferma, così, sulla stretta
correlazione tra il Battesimo di Cristo e il nostro Battesimo:
“In esso noi siamo inseriti nel Corpo mistico di Cristo, che è
la Chiesa, moriamo e risorgiamo con Lui, ci rivestiamo di Lui, come a più
riprese sottolinea l’apostolo Paolo (cfr 1 Cor 12,13; Rm 6,3–5; Gal 3,27). L’impegno che scaturisce
dal Battesimo è pertanto quello di ‘ascoltare’ Gesù: credere cioè in Lui e
seguirlo docilmente facendo la sua volontà”.
“E’ in questo modo – conclude il Papa - che ciascuno può
tendere alla santità, una meta che, come ha ricordato il Concilio Vaticano II,
costituisce la vocazione
di tutti i battezzati”.
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Dunque, oggi
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R. – Il Battesimo di Gesù lungo le rive del Giordano ha
sempre affascinato – dobbiamo dire – la storia dell’arte e la storia della
pietà e della tradizione cristiana. Dal punto di vista strettamente esegetico-teologico, il battesimo di Cristo dev’essere considerato come la prima grande Epifania
solenne di Cristo, il quale si presenta sulla scena del mondo come colui che
una voce che scende dall’alto – quindi una rivelazione divina – definisce “il
Figlio prediletto”. E’ il primo svelamento della Sua
divinità, del mistero che si annida in quest’uomo di Nazareth che giunge tra la
folla dei vari battezzandi, coloro che ricevevano un battesimo di
purificazione, secondo un rito diffuso anche nel giudaismo, da Giovanni
Battista.
D. – Qual è il significato di questo accostarsi di Gesù
alle sponde del Giordano?
R. – Gesù si accosta alle acque del Giordano insieme ad una folla – dicono i Vangeli – e questa folla è
richiamata da una voce che è una voce profetica: è la voce di Giovanni Battista,
l’erede dei profeti ed anche l’ultimo dei profeti. La sua è una voce che spinge
alla conversione, alla penitenza. Ecco, la folla va per trovare un battesimo di
penitenza, una purificazione che sia anche interiore e Cristo entra in scena
rompendo, in un certo senso, questo schema, lo schema del Battista. Si propone
così non più semplicemente come un uomo che va a ricevere il perdono dei
peccati, bensì come il Rivelatore e il Salvatore, come appunto dice
D. – A quali meditazioni ci invita questa festività del
Battesimo di Gesù?
R. – Ci invita prima di tutto a ritrovare le nostre
radici, le radici cristiane autentiche e profonde, che non sono soltanto quelle
culturali – pur importanti – ma sono quelle esistenziali. Esse sono sorgente
della nostra redenzione, della nostra salvezza, della nostra liberazione dal
male, mentre contempliamo il Cristo alonato di luce e immerso nelle acque che
si rivela come il Figlio di Dio. Non dimentichiamo che Paolo, nel capitolo VI
della Lettera ai Romani, descrive e connette il battesimo cristiano con il
sepolcro di Cristo: come il cristiano entra nel sepolcro d’acqua del Battesimo
e ne esce creatura nuova, trasfigurata, liberata dal male, così anche Cristo
entra uomo sofferente che porta su di sé il peccato dell’umanità, entra nel
sepolcro di pietra ma ne esce come una figura
gloriosa. Colui che ha in sé ormai la luce della risurrezione rivela in sé la
filiazione divina. Ecco, questi paralleli tra i due sepolcri – il sepolcro
d’acqua e il sepolcro di pietra della Risurrezione di Cristo – sono un po’
l’emblema di quella esperienza che il cristiano deve fare
quando medita sul suo battesimo, contemplando la grande scena del
Battesimo di Cristo lungo le rive del Giordano.
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LA NUNZIATURA APOSTOLICA IN POLONIA COMUNICA LE DIMISSIONI
DI MONS. STANISLAW
WIELGUS, NEL GIORNO IN CUI AVREBBE DOVUTO INIZIARE
IL SUO MINISTERO PASTORALE NELLA CHIESA DI
VARSAVIA. IERI, MONS. WIELGUS
AVEVA AMMESSO LE SUE RESPONSABILITA’ NELLA COLLABORAZIONE
CON IL PASSATO REGIME COMUNISTA. IL PAPA NOMINA IL
CARDINALE JOZEF GLEMP, AMMINISTRATORE APOSTOLICO DELL’ARCIDIOCESI DI VARSAVIA.
SULLA VICENDA, IL COMMENTO DEL NOSTRO DIRETTORE,
PADRE FEDERICO LOMBARDI
La nunziatura apostolica in
Polonia comunica che mons. Stanislaw Wielgus, arcivescovo metropolita di Varsavia, nel giorno in
cui era previsto il suo ingresso nella basilica cattedrale, per dare inizio al
suo ministero pastorale nella Chiesa di Varsavia, ha rassegnato al Papa le
dimissioni dall’ufficio canonico a norma del canone 401
paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Ricordiamo che, ieri, mons. Wielgus aveva ammesso le
sue responsabilità nella collaborazione, in gioventù, con i servizi segreti del
passato regime comunista polacco. Benedetto XVI ha accettato
le dimissioni dell’arcivescovo Stanislaw Wielgus ed ha nominato il cardinale Jozef
Glemp, primate di Polonia, amministratore apostolico
dell’arcidiocesi di Varsavia fino a nuovo provvedimento. Stamani, il cardinale Glemp ha celebrato la Messa nella cattedrale di San
Giovanni Battista a Varsavia. Nell’omelia, tenuta a braccio e
più volte interrotta dagli applausi dei fedeli, il porporato ha
criticato la modalità delle accuse rivolte a mons. Wielgus. Su questa vicenda che ha profondamente
scosso la Chiesa polacca, ascoltiamo la nota del nostro direttore, padre
Federico Lombardi:
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Il comportamento di mons. Wielgus
negli anni passati del regime comunista in Polonia ha compromesso gravemente la
sua autorevolezza, anche presso i fedeli. Perciò, nonostante la sua umile e
commovente richiesta di perdono, la rinuncia alla sede di Varsavia e la sua
pronta accettazione da parte del Santo Padre è apparsa come una soluzione
adeguata per far fronte alla situazione di disorientamento venutasi a creare in
quella nazione.
E’ un momento di grande sofferenza per una Chiesa a cui tutti dobbiamo moltissimo e che amiamo, che ci ha dato
pastori della grandezza del cardinale Wyszynski e soprattutto
del Papa Giovanni Paolo II.
Allo stesso tempo, è bene osservare che il caso di mons. Wielgus non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo
caso di attacco a personalità della Chiesa in base alla documentazione dei
servizi del passato regime. Si tratta di un materiale sterminato e, nel cercare
di valutarne il valore e di trarne conclusioni attendibili, non bisogna dimenticare
che è stato prodotto da funzionari di un regime oppressivo e ricattatorio.
A tanti anni di distanza dalla fine del regime comunista,
venuta a mancare la grande e inattaccabile figura di Papa Giovanni Paolo II,
l’attuale ondata di attacchi alla Chiesa cattolica in Polonia, più che di una
sincera ricerca di trasparenza e di verità, ha molti aspetti di una strana
alleanza fra i persecutori di un tempo ed altri suoi avversari e di una vendetta
da parte di chi, nel passato, l’aveva perseguitata ed
è stato sconfitto dalla fede e dalla voglia di libertà del popolo polacco.
“La verità vi farà liberi” dice Cristo.
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ALL’ETA’ DI 76 ANNI, E’ MORTO IL CARDINALE FRÉDÉRIC
ETSOU,
ARCIVESCOVO
DI KINSHASA
- A
cura di Tiziana Campisi -
Si è spento ieri sera,
nell’ospedale di Lovanio, in Belgio, il cardinale congolese Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi,
arcivescovo di Kinshasa. Ricove-rato da alcuni mesi,
il porporato da giovedì era in terapia intensiva.
Il cardinale Etsou
aveva compiuto 76 anni lo scorso 3 dicembre ed era originario dello Zaire. Religioso della Congregazione del Cuore Immacolato
di Maria, era stato ordinato sacerdote nel 1958; eletto
arcivescovo titolare di Menefessi e nominato
arcivescovo coadiutore di Mbandaka l’8 luglio 1976, è
stato ordinato nel novembre dello stesso anno. Arcivescovo della
capitale della Repubblica Democratica del Congo dal
1990, è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel ‘91.
Con la scomparsa del
cardinale Frédéric
Etsou, il Collegio Cardinalizio
risulta adesso composto da 185 cardinali, di cui 111 elettori e 74 non elettori.
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7 gennaio 2007
UNA
NUOVA TAPPA NEL PROCESSO DI PACIFICAZIONE,
DOPO
GLI ANNI DELLA GUERRA CIVILE: LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO
OGGI
ALLE URNE PER IL RINNOVO DEL SENATO
- Con
noi, padre Gianni Magnaguagno -
Si vota oggi nella Repubblica Democratica del Congo per il rinnovo del Senato. Queste consultazioni
costituiscono un altro tassello nel difficile cammino verso la distensione nel
Paese, dopo la sanguinosa guerra civile che, dal 1996 al 2003, ha visto affrontarsi
bande tribali e gruppi ribelli ugandesi e ruandesi per il controllo delle ricchezze naturali. Ancor
oggi sacche di violenza permangono nella parte orientale dell’ex Zaire. In quale clima, dunque, si svolgono queste elezioni?
Giancarlo La Vella lo ha
chiesto a padre Gianni Magnaguagno, parroco della Chiesa
di San Bernardo a Kinshasa:
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R. – Direi che c’è un clima molto più
disteso rispetto a quello di conflittualità che si viveva prima delle elezioni.
Tutti sono ben disposti, aspettano di vedere realizzato il nuovo governo con tutto ciò che poi di positivo dovrebbe dare a questo
Paese, quindi c’è molta attesa nella gente.
D. – Non più di un mese fa, sia i vescovi del Congo, sia l’ONU, hanno lanciato un appello al
riconfermato presidente Kabila, affinché favorisca la pacificazione all’interno
del Paese. Questo processo è veramente realizzabile oggi?
R. – Credo di sì, che sia realizzabile. Quei problemi che
ci sono all’Est, quelle sacche di ribelli che permangono, una volontà politica
può risolverli e far terminare questi problemi di conflittualità che ancora
sussistono. La gente, anche all’Est, è stufa di guerre, di morti, di violenze e
quindi se non c’è una volontà politica con l’appoggio internazionale, credo che
quella situazione di violenza all’Est non sia risolvibile.
D. – Il lavoro dei missionari, e della Chiesa locale in
generale, è diventato più semplice in questa fase?
R. – Mi pare di sì già da un po’. E’ più semplice perché
intanto è più facile spostarsi e ci sono più mezzi di comunicazione e credo che
c’è anche molto rispetto nei nostri confronti per tutta la solidarietà e la
vicinanza alla popolazione dimostrata da parte dei missionari alla popolazione
locale.
D. – Urgono però ancora
interventi umanitari, la guerra ha lasciato il segno nella popolazione civile …
R. – Certo che ha lasciato il segno, un segno che è molto
profondo. La sanità è quasi inesistente all’interno del Paese e costa
carissima; ad esempio, le infrastrutture non ci sono più: ci sono tantissime
scuole da costruire, e così i mezzi di comunicazione, le strade. Comunque credo
che alla base di tutto ci sia un grande bisogno di formare la gente al rispetto
del bene comune, al fatto che bisogna costruire insieme una nuova società, non
è che venga dal di fuori così, quasi per miracolo. Bisogna
rendere cosciente la gente che deve partecipare a questo processo attivamente
con il loro lavoro, non deve restare passiva a guardare quel che si fa, questo
è il rischio. Invece bisogna lavorare con loro, che siano loro i protagonisti
del loro sviluppo. Si rischia sempre di cadere nell’aiuto umanitario, la gente
riceve e dopo tutto cade.
D. – Qual è l’umore delle persone oggi?
R. – Molto positivo, sperano molto, stanno aspettando
veramente un grande cambiamento in questo Paese.
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RIPORTARE
IN AUGE L’ORGANO NELLA LITURGIA E NEI CONCERTI:
E’
QUANTO SI PROPONE IL FESTIVAL “MUSICOMETA”,
CHE
COINVOLGE CHIESE CATTOLICHE E PROTESTANTI DI ROMA
- Con
noi, la prof.ssa Livia Mazzanti e mons. Valentino Miserachs -
Da Natale all’Epifania, i percorsi organistici ideati da
Livia Mazzanti nelle Chiese cattoliche e protestanti
di Roma scandiscono ormai da 12 anni le festività, presentano un repertorio
vasto, ricercato, e non soltanto sacro. Il Festival “Musicometa”
sul tema “Dalla fantasia alla fantascienza”, dopo aver congedato l’anno mozartiano con la celebre Fantasia per organo automatico, e aver attraversato la
fantasticheria romantica di Robert Schumann (ricordando il compositore tedesco a 150 anni
dalla morte attraverso la sua vasta opera organistica), si è concluso ieri sera
con l’atmosfera futurista dello straordinario film Metropolis di Fritz Lang,
“sonorizzato” da estemporanee improvvisazioni all’organo, come agli albori del
cinema muto, ma assecondando l’avanguardia musicale. Il servizio di A.V.:
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Strumento complesso e versatile, a canne e a tastiera
insieme, è l’organo il cuore pulsante dei concerti come della vita musicale
delle Chiese che li accolgono. La direttrice artistica e organista, Livia Mazzanti:
R. – L’organo riunisce in sè
un’attitudine vocale con la polifonia, con le voci però
c’è anche la vocazione strumentale, addirittura sinfonica nell’organo
successivo, soprattutto, a partire, direi, da Mozart.
Si ha già l’idea di un organo che richiami l’orchestra, senza però volerla
necessariamente imitare.
Vocazione anche liturgica per lo strumento principe della
Chiesa. Mons. Valentino Miserachs,
preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra:
R. – A me, come preside dell’Istituto, maestro di
cappella, come sacerdote preme il ripristino dell’organo come strumento
principe della liturgia, che purtroppo è stato malamente
sostituito da tanti altri strumenti. Sappiamo in quale stato di decadenza si
trova la musica liturgica tuttora, ma prima di tutto bisognerebbe restaurare
gli strumenti che, anche quelli di importanza storica, versano in stato
pietoso.
D. – Secondo lei, un Festival che mette l’organo al centro
del discorso musicale, può essere utile ad avvicinare i fedeli a questo tipo di
ascolto?
R. – Certamente! Sono due dimensioni dello strumento,
quella liturgica e quella concertistica, che si completano a vicenda, perchè ci
può essere un concerto d’organo anche profano. Abbiamo grandi organi non
soltanto nelle chiese ma anche in sale da concerto.
Esempi importanti li troviamo in Spagna e Francia, mentre
in Italia questa tradizione si è persa, denuncia Livia Mazzanti:
R. – L’organo nelle sale da concerto non è proprio
considerato, infatti se non fosse per la Sala del
Pontificio Istituto di Musica Sacra, noi a Roma non avremmo un organo in una
sala da concerto degno di questo nome, perché l’Auditorium, nonostante il simbolo
di Santa Cecilia sia proprio un organo, non l’ha previsto.
All’Auditorium Parco della Musica di Roma manca infatti l’organo. Ma non è l’unico caso eclatante, segnala
ancora mons. Miserachs:
R. – All’Auditorium di Via della Conciliazione c’era un
organo a 4 tastiere che fu a suo tempo smantellato; all’Auditorium della RAI c’era l’organo che fu smantellato. Non si spiega
questo accanimento contro l’organo, di stampo ‘maligno’ io direi, contro la
bellezza stessa.
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“VI
DARO’ UN CUORE NUOVO”: E’ IL TITOLO DI UN LIBRO CHE RACCOGLIE
LE
ESPERIENZE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO
SANTO
- Con
noi, Piergiorgio Merlo -
Per ogni credente riscoprire e vivere l’azione dello
Spirito Santo significa rendere efficace la grazia ricevuta nel Battesimo e
rinnovare i prodigi della Pentecoste. E’ questo il cuore della riflessione
proposta dal libro “Vi darò un cuore nuovo” di Piergiorgio Merlo, che raccoglie
le esperienze spirituali del Rinnovamento
nello Spirito Santo. L’autore, che ha visto
nascere in Italia il movimento fondato da don Dino Foglio e che attualmente è
guidato da Salvatore Martinez, intende, con questo
libro, sostenere un cammino di preparazione biblica e carismatica. Alessandro Gisotti
lo ha intervistato:
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R. – Dopo oltre trent’anni di
cammino in Italia, il Rinnovamento nello
Spirito ha ritenuto di raccogliere le migliori esperienze del Seminario di
effusione, presenti in Italia e nel mondo, fornendo a tutti
uno strumento agile, un vero e proprio manuale. Credo che sia necessario
spiegare che con il termine effusione intendiamo una preghiera che segue un
cammino di 11 settimane e che è volta a ricevere, con una nuova forza, come nel
giorno della Pentecoste, il dono dello Spirito Santo. Una risposta di Dio
all’apatia spirituale in cui è venuta a trovarsi la vita cristiana.
D. – Quali sono i contenuti di questo libro?
R. – Direi che, al centro di questo testo, c’è l’amore salvifico
di Dio per l’uomo. E’ il cammino di base di coloro che vogliono rinascere nello
Spirito, rendendo efficace la grazia ricevuta nel Battesimo e rinnovando i
prodigi della Pentecoste. Si compone di due insegnamenti pre-seminario:
uno sul Catechismo della Chiesa cattolica ed uno sulle origini del
Rinnovamento. E’ un cammino fondato sulla Parola di Dio, incentrato tutto sulla
Parola di Dio. Non è frutto di una elaborazione
accademica, ma nasce e scaturisce da una esperienza di 30 anni maturata sul
campo. Contiene domande, spunti, passi biblici da meditare quotidianamente al
termine di ogni insegnamento e per ogni insegnamento vi è una dinamica o mistagogia. Questo significa fare esperienza di quanto abbiamo
sentito annunciare.
D. – A chi si rivolge in particolare “Vi darò un cuore
nuovo”?
R. – All’interno del cammino del Rinnovamento è rivolto
agli animatori che sono gli anziani e agli “effusionandi”
che sarebbero i novizi. Direi che è anche rivolto a tutti coloro che vogliono
riscoprire la grazia del Battesimo, l’azione dello Spirito Santo e la potenza
di una nuova Pentecoste nella loro vita. Si tratta di riscoprire un Gesù vivo
grazie alla luce dello Spirito, che è l’amore che scorre tra il Padre e il
Figlio. Ricordiamo che il Padre è il Dio per noi, il Figlio è il Dio con noi e
lo Spirito è il Dio in noi. E’ un invito che
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7 gennaio 2007
IL PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTE LE RUSSIE ALESSIO
II HA CELEBRATO
LA MESSA DI MEZZANOTTE DEL NATALE, SECONDO IL
CALENDARIO GIULIANO.
AL RITO HA PRESO PARTE ANCHE IL NUNZIO APOSTOLICO,
MONS. ANTONIO MENNINI
- A cura di Chiaretta Zucconi -
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MOSCA. = In una Mosca
semideserta e priva del caotico traffico che la caratterizza, si festeggia oggi
il Natale secondo il calendario giuliano, in ritardo di 13 giorni rispetto a
quello gregoriano adottato da cattolici, protestanti, alcuni ortodossi e mondo
laico. Una festività religiosa ma anche nazionale qui in Russia, con la quale
si conclude il periodo di astinenza da carne, dolci e
alcolici iniziato il 28 novembre. Dopo il messaggio natalizio della
vigilia in cui sollecitava i fedeli a portare la forza della fede nella vita
quotidiana, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie,
Alessio II, è tornato nella cattedrale di Cristo Salvatore per celebrare la
liturgia del Natale. Alla funzione erano presenti il primo ministro Mikail Fradkvov e il presidente
del parlamento, Boris Grizlov. Dopo
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RICORRE
OGGI IN EGITTO E TERRA SANTA IL NATALE DEI COPTI. MIGLIAIA AL CAIRO
I
FEDELI ALLA MESSA DI MEZZANOTTE PRESIEDUTA DAL PATRIARCA SHENUDA III
IL CAIRO. = I copti dell’Egitto
e della Terra Santa festeggiano oggi il Natale. Migliaia i
fedeli, riferisce l’agenzia MISNA, che al Cairo, hanno partecipato alla Messa
di mezzanotte, nella cattedrale di San Marco, per celebrare
UN
SEGNO DI APERTURA E TOLLERANZA INTERRELIGIOSA:
NEL
GAMBIA, IL VESCOVO ROBERT ELLISON VISITA L’IMAM RATIF DI BANJUL,
IN OCCASIONE
DELLA FESTA MUSULMANA DELL’EID UL-ADHA
- A cura di Alessandro Gisotti -
BANJUL.=
Un gesto importante che avvicina cristiani e musulmani nel Gambia. Il vescovo
di Banjul, mons. Robert P. Ellison, si è recato in visita dall’imam
Ratif, supremo imam del
Paese africano, in occasione della festività musulmana dell’Eid
ul-Adha, che è coincisa con l’ultimo giorno
dell’anno. Mons. Ellison ha
sottolineato che “da molti anni,
LIBANO: L’ESECUTIVO HA ELABORATO UN PROGETTO DI
RIFORME IN VISTA
DELLA CONFERENZA DI PARIGI DEL 25 GENNAIO.
L’INCONTRO RIUNIRÀ GLI STATI
CHE INTENDONO OFFRIRE IL LORO SOSTEGNO ECONOMICO AL
PAESE
BEIRUT.
= Il governo libanese ha approvato, nei giorni scorsi, un piano quinquennale di
riforme economiche e sociali da sottoporre alla conferenza dei Paesi che il 25
gennaio, a Parigi, discuteranno del sostegno economico da offrire per la
ripresa del Paese dei Cedri. L’esecutivo, scrive l’agenzia Asianews,
ha anche deciso di portare avanti il programma di privatizzazioni – a partire
dal servizio telefonico – e di concedere una gratifica pari ad un mese di
stipendio al personale delle forze di sicurezza per lo sforzo straordinario
mostrato da parecchie settimane. Intanto, la settimana prossima, alcuni
ministri libanesi ed il governatore della Banca del Libano andranno a Parigi
per una riunione preparatoria. Nell’attuale crisi politica libanese, la
conferenza (Paris III) – vista dall’opposizione come un sostegno dell’Occidente
e dei Paesi arabi filoccidentali al governo di Fouad Siniora – è per la
maggioranza un mezzo di pressione sull’opposizione. Il ministro
dell’informazione, Ghazi Aridi, ha chiesto al
segretario generale di Hezbollah, Hassan
Nasrallah, un impegno comune per fare “dell’interesse
del Libano la principale priorità”. Sullo stesso tono il primo ministro Siniora, che ha definito Paris III “opportunità unica per
il Libano” ed ha sostenuto che “nessuno aiuterà il Libano se gli stessi
libanesi non si aiuteranno”. A Nasrallah, il governo
ha chiesto anche di accettare un accordo politico “equilibrato e simultaneo”,
sulla base del principio “né vincitori, né vinti” che aveva guidato il
tentativo di mediazione del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, interrotto prima
delle festività. Il presidente Emile Lahoud, dal canto suo, ha definito “inesistenti” le
decisioni del governo ed ha confermato la sua volontà di non firmare alcun
provvedimento del Gabinetto sopravvissuto alle dimissioni presentate da sei
ministri – cinque sciiti ed uno che fa riferimento allo stesso Lahoud - l’11 novembre. In Libano sono comunque forti le
attese per la terza conferenza di Parigi. Nel 2001, la prima riunione dei
“donatori”, tenuta nella capitale francese, raccolse 500 milioni di euro; la
seconda, nel 2002, raccolse 2,6 miliardi di dollari. La prossima esaminerà i
progetti per riparare i 3,6 miliardi di dollari dei danni provocati dal
conflitto con Israele dell’estate scorsa e per ripianare i 41 miliardi di
dollari dei debiti contratti dal Paese dopo la guerra civile del 1975-1990.
(T.C.)
IL 10
GENNAIO, ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE, UNA
GIORNATA
DI
STUDIO SU SOLIDARIETA’ E GIUSTIZIA CONTRIBUTIVA. L’INIZIATIVA E’
PROMOSSA DAL PONTIFICIO ISTITUTO PASTORALE REDEMPTOR HOMINIS
ROMA.= “Solidarietà e giustizia contributiva”: è il tema
di una giornata di studio che si svolgerà il 10 gennaio – a partire dalle ore 9,30 – presso l’Aula Paolo VI della Pontificia Università Lateranense. L’evento è promosso dal Pontificio Istituto
Pastorale Redemptor Hominis,
unico istituto pontificio che presenta una specializzazione in Dottrina Sociale
della Chiesa. La giornata si articolerà in due sessioni: la mattina, dopo
l’introduzione del preside dell’istituto, mons. Dario Edoardo Vigano,
interverranno il prof. Gianni Manzone, della Lateranense, con un discorso su “Antropologia cristiana e
giustizia contributiva”, e il prof. Giuseppe Mastromatteo,
della Cattolica di Milano. Moderatore, il prof. Rocco Pezzimenti
dell’università del Molise. Nel pomeriggio, spazio
agli interventi del prof. Luca Antonini,
dell’università di Padova sulla “Sussidiarietà
fiscale” e del prof. Flavio Felice, della Lateranense,
con un intervento sul tema “Dal paternalismo di stato al paradigma della sussidiarietà”. Le conclusioni del convegno verranno affidate al prof. Sergio Lanza
della Pontificia Università Lateranense (A.G.)
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7 gennaio 2007
- A cura di Eugenio
Bonanata -
La situazione in Somalia è al centro degli sforzi della
diplomazia internazionale. Una delegazione delle Corti islamiche, ormai allontanate
da tutto il Paese dalle forze regolari, è da ieri sera a Sana’a,
nello Yemen, per colloqui volti ad aprire un dialogo
con il governo di transizione somalo. Dal canto suo, il vice segretario statunitense
per le questioni africane, Jendayi Frazer, in visita nel Corno D’Africa, ha incontrato a
Nairobi i vertici somali con l’obiettivo di favorire contatti con elementi islamici
moderati. Intanto, mentre l’Etiopia ha accettato l’invito delle autorità somale
a restare nel Paese per addestrare le forze governative, ieri sera a Mogadiscio
un ex membro delle Corti islamiche è stato ucciso in un agguato.
Non si arresta la spirale di violenza in Iraq, dove il
bilancio delle violenze oggi parla di almeno 14 morti in diversi attentati.
Intanto, dopo le dichiarazioni del premier iracheno, al-Maliki,
che ha difeso la legittimità dell’impiccagione di Saddam
Hussein, minacciando di rivedere le relazioni con i
Paesi che hanno criticato la scelta, si attendono le decisioni del governo
iracheno in merito alla sorte degli altri due gerarchi, accusati assieme all’ex
rais. Il nostro servizio:
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Fonti governative hanno fatto sapere che non è stata
fissata alcuna data per l’esecuzione del fratellastro di Saddam
Hussein, Barzan Ibrahim al Tikriti, e dell’ex presidente
del tribunale rivoluzionario, Awad Hamed al-Bander. Secondo alcune
voci, i due, condannati insieme con l’ex rais per la strage di sciiti a Dujail, dovevano essere impiccati all’alba di oggi. In questo
quadro si registra un nuovo forte appello del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, che ha chiesto
all’esecutivo di Baghdad di sospendere eventuali altre esecuzioni nel Paese.
Sul terreno, intanto, dopo l’annuncio del premier iracheno, al-Maliki,
di un nuovo, imminente piano di sicurezza per la capitale, la situazione non migliora.
Come ogni giorno, la guerriglia, da un lato, continua a colpire, mentre le
forze regolari, dall’altro, procedono con azioni mirate che ieri a Baghdad
hanno portato all’uccisione di 30 miliziani e, nella scorsa settimana,
all’arresto di un’ottantina di ribelli. Sul versante statunitense, si attende
di conoscere i dettagli dell’annunciato cambio di strategia. Il presidente Bush dovrebbe definire pubblicamente il piano in settimana,
forse mercoledì prossimo. Incremento delle truppe o ritiro graduale? Questo il
dilemma da risolvere, con i Democratici che parlano apertamente di guerra
civile e con nuovi dati che parlano di 3 mila soldati americani morti
dall’inizio della guerra, nell’aprile 2003.
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In Medio Oriente, proseguono le operazioni delle forze
armate israeliane nei Territori. In Cisgiordania stamani sono finiti in manette
almeno 10 attivisti palestinesi, ritenuti in procinto di colpire lo Stato ebraico.
Israele intanto ha rifiutato ufficialmente la proposta di liberare oltre 200
detenuti palestinesi in cambio di un video atto a provare che il soldato
israeliano rapito lo scorso mese di giugno a Gaza è ancora vivo.
La possibilità di un governo di unità nazionale con Hamas
è tramontata. Lo ha detto il presidente palestinese, Abu
Mazen, che, parlando a Betlemme, in un incontro con
esponenti di Al Fatah, ha
precisato che l’unica via d’uscita per risolvere la crisi palestinese resta la
convocazione di elezioni anticipate. In questo quadro si profila una nuova
prova di forza tra il movimento palestinese di al Fatah e quello di Hamas. Al centro della discordia la
decisione del presidente Abu Mazen
che ha dichiarato illegale la forza di sicurezza del movimento islamista, se non sarà integrata nell’apparato ufficiale palestinese.
Dura la replica degli esponenti di Hamas, secondo i quali il numero delle
guardie raddoppierà fino a giungere a 12 mila unità.
Israele ha definito “assurde” le informazioni diffuse
dalla stampa britannica, secondo le quali lo Stato ebraico avrebbe preparato piani
segreti per distruggere, anche con l’uso di armi nucleari, gli impianti per l’arricchimento
dell’uranio in Iran.
Dal canto suo, l’Iran ha ufficialmente smentito la voce,
circolata su alcuni siti Internet, della morte dell’ayatollah supremo Alì Khamenei. “La Guida è in ottima
salute e le notizie di alcuni mezzi d’informazione non sono corrette”, ha affermato
il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Mohammad Ali Hosseini, nella sua
consueta conferenza stampa settimanale. Khamenei, che
ha 67 anni, è Guida suprema dal 1989, quando prese il posto dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore
della Repubblica islamica.
Nonostante l’accordo raggiunto il 31 dicembre scorso sulle
forniture di gas, c’è ancora tensione tra Russia e Bielorussia.
Mosca ha infatti minacciato di adottare misure di ritorsione
contro Minsk se l’ex repubblica sovietica continuerà
ad applicare una tassa sul petrolio russo in transito sul suo territorio verso
l’Europa occidentale.
Il governo di Londra sta pensando di inviare soldati a
proteggere le principali installazioni per la produzione di energia nel Paese
da un eventuale attacco terroristico. Lo ha fatto sapere il ministero degli Esteri
britannico, precisando che la decisione non è legata a minacce specifiche.
Il processo di pace con l’ETA è ad un punto morto. Il
primo ministro spagnolo, José Luís
Rodríguez Zapatero, ha
definito così i rapporti con l’organizza-zione separatista basca dopo
l’attentato di una settimana fa all’aeroporto di Madrid. Assicurando il suo impegno
per la pace e la fine delle violenze, Zapatero illustrerà
nel dettaglio la sua strategia per affrontare la nuova crisi con l’ETA il
prossimo 15 gennaio nel suo discorso di apertura dell’attività legislativa
delle Cortes.
Ottanta anni fa avvenne la prima telefonata transatlantica
tra Londra e New York. “New York, please,
operator...”: furono le prime parole pronunciate attraverso il canale radio, dai
laboratori della Bell con l’ausilio del British Post Office. Era il 7 gennaio del 1927. Nel corso
degli anni il servizio si diffuse in America del nord e in Europa. A parte la
controversia relativa alla paternità dell’invenzione - recentemente risoltasi
con l’attribuzione della scoperta, l’11 giugno 2002 da parte del Congresso
degli Stati Uniti, all’italiano Antonio Meucci - il
telefono rappresenta una tappa fondamentale per lo sviluppo della comunicazione
globale.
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