RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 7  - Testo della trasmissione di domenica 7 gennaio  2007

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Ogni bambino che nasce ci reca il sorriso di Dio: così, Benedetto XVI nella Messa in Cappella Sistina, dove stamani ha battezzato 13 bimbi, nella solennità del Battesimo del Signore. All’Angelus, il Papa ribadisce che tutti i battezzati sono chiamati alla santità. Sull’odierna solennità, il commento del biblista mons. Gianfranco Ravasi

 

La nunziatura apostolica in Polonia comunica le dimissioni di mons. Stanislaw Wielgus, nel giorno in cui avrebbe dovuto iniziare il suo ministero pastorale nella chiesa di Varsavia. Ieri, mons. Wielgus aveva ammesso le sue responsabilità nella collaborazione con il passato regime comunista. Il Papa nomina il cardinale Jozef Glemp amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Varsavia. Sulla vicenda, il commento del nostro direttore, padre Federico Lombardi

 

Lutto nella Chiesa africana: all’età di 76 anni, è morto il cardinale Frédéric Etsou, arcivescovo di Kinshasa

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Una nuova tappa nel processo di pacificazione, dopo gli anni della guerra civile: la Repubblica Democratica del Congo oggi alle urne per il rinnovo del senato. Intervista con padre Gianni Magnaguagno

 

Riportare in auge l’organo nella liturgia e nei concerti: è quanto si propone il festival “Musicometa”, che coinvolge chiese cattoliche e protestanti di Roma. Con noi, la prof.ssa Livia Mazzanti e mons. Valentino Miserachs

 

“Vi darò un cuore nuovo”: è il titolo di un libro che raccoglie le esperienze del Rinnovamento nello Spirito Santo. Ce ne parla Piergiorgio Merlo

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Alessio II ha celebrato la Messa di mezzanotte del Natale, secondo il calendario giuliano. Al rito ha preso parte anche il nunzio apostolico, mons. Antonio Mennini  

 

Ricorre oggi in Egitto e Terra Santa il Natale dei copti. Migliaia al Cairo i fedeli alla Messa di mezzanotte presieduta dal Patriarca Shenuda III

 

Un segno di apertura e tolleranza interreligiosa: nel Gambia, il vescovo Robert Ellison visita l’imam Ratif di Banjul, in occasione della festa musulmana dell’Eid ul-Adha

 

Libano: l’esecutivo ha elaborato un progetto di riforme in vista della conferenza di Parigi del 25 gennaio. L’incontro riunirà gli Stati che intendono offrire il loro sostegno economico al Paese

 

Il 10 gennaio, alla Pontificia Università Lateranense, una giornata di studio su solidarietà e giustizia contributiva. L’iniziativa è promossa dal Pontificio Istituto pastorale Redemptor Hominis

 

24 ORE NEL MONDO:

Somalia: tutto il Paese sotto il controllo dell’esercito regolare. Diplomazia al lavoro per favorire contatti con le Corti islamiche

 

Rinviata in Iraq l’esecuzione di due gerarchi, condannati assieme all’ex rais. Appello dell’ONU per sospendere tutte le esecuzioni

 

Crisi palestinese: per il presidente Abu Mazen le elezioni anticipate sono l’unica via d’uscita

 

Israele smentisce piano di attacco contro gli impianti nucleari iraniani

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

7 gennaio 2007

 

OGNI BAMBINO CHE NASCE CI RECA IL SORRISO DI DIO:

COSI’, BENEDETTO XVI NELLA MESSA IN CAPPELLA SISTINA, DOVE STAMANI

HA BATTEZZATO 13 BIMBI, NELLA SOLENNITA’ DEL BATTESIMO DEL SIGNORE.

 ALL’ANGELUS, IL PAPA RIBADISCE CHE TUTTI I BATTEZZATI

SONO CHIAMATI ALLA SANTITA’

- Con noi, mons. Gianfranco Ravasi -

 

Nell’odierna Festa del Battesimo del Signore, Benedetto XVI ha battezzato nella Cappella Sistina 13 bimbi di diversa nazionalità. Durante la Santa Messa, il Papa ha esortato i genitori cristiani a seguire il modello di semplicità e armonia della Famiglia di Nazareth. Poi, all’Angelus, in Piazza San Pietro, ha ribadito che i cristiani sono chiamati a tendere alla santità, una vocazione che appartiene a tutti i battezzati. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(canti)

 

Nella straordinaria cornice della Cappella Sistina, una celebrazione famigliare, come il Papa stesso l’ha definita, accompagnata dal tenero vagito di 13 piccoli bimbi, nel giorno del loro Battesimo. Benedetto XVI sottolinea l’unicità di ogni nascita, un evento che ci porta il sorriso di Dio:

 

“Ogni bambino che nasce ci reca il sorriso di Dio e ci invita a riconoscere che la vita è dono Suo, dono da accogliere con amore e da custodire con cura sempre, in ogni momento”.

 

Ogni figlio che nasce, avverte, Dio lo affida ai suoi genitori. Di qui l’importanza della famiglia fondata sul matrimonio, “culla della vita e dell’amore”. Il Pontefice indica la Casa di Nazareth, dove vive la Santa Famiglia quale modello di “semplicità, pazienza e armonia per tutte le famiglie cristiane”. Parole corredate da una viva esortazione rivolta ai genitori dei bimbi battezzati e con loro a tutte le famiglie:

 

“Non dimenticate che è la vostra testimonianza e il vostro esempio ad incidere maggiormente sulla maturazione umana e spirituale della libertà dei vostri bambini. Pur presi dalle quotidiane attività, spesso vorticose, non tralasciate di coltivare personalmente e in famiglia la preghiera, che costituisce il segreto della perseveranza cristiana”.

 

Ricordando le parole dell’evangelista Luca, il Papa sottolinea che, dopo aver ricevuto il Battesimo sulle rive del Giordano, Gesù parla con il Padre. Prega non solo per sé, ma per tutti noi. Ed è allora che si apre il cielo. Da questo evento, rileva, comprendiamo che quanto più viviamo in comunione con Gesù nella realtà del nostro Battesimo, tanto più il cielo si apre sopra di noi. Il Battesimo, sottolinea, è adozione nella famiglia di Dio. Rivolge poi il pensiero alle parole di San Paolo, nella seconda lettura della liturgia, laddove afferma che possiamo essere salvati mediante un lavacro di rigenerazione e rinnovamento nello Spirito Santo. Il Battesimo, aggiunge il Santo Padre, non è solo parola, né solo una cosa spirituale. “La spiritualità dell’uomo concerne l’uomo nella sua totalità, corpo e anima”. Di qui una riflessione sulla vera dimensione del cristianesimo:

 

“Vediamo che il cristianesimo non è una cosa solo spirituale, individuale, una posizione oggettiva che io prendo, ma è una cosa reale, concreta, anche materiale; la famiglia di Dio è concreta nella famiglia reale, concreta della Chiesa; l’adozione a figli di Dio del Dio trinitario è nello stesso momento assunzione nella concreta famiglia dove viviamo con la Madre  Chiesa, come fratelli e sorelle in questa grande famiglia di Dio. E solo inserendoci in questo ‘noi’ dei figli, come fratelli e sorelle, possiamo dire:Padre nostro!”.

 

Il Papa si sofferma anche sull’acqua, segno forte del Battesimo. Ricorda così che in tutte le religioni l’acqua è segno di fecondità. Per i Padri della Chiesa, l’acqua “è il simbolo del grembo materno della Chiesa”, e cita Tertulliano, che diceva: “Cristo non è mai senza acqua”. Nel Battesimo, afferma ancora, siamo dunque adottati dal Padre Celeste e dalla Madre Chiesa. In Gesù Cristo, ribadisce, Dio ci viene incontro, ma non limita la nostra libertà:

 

“Naturalmente, Dio non agisce in modo ‘magico’; agisce solo con la nostra libertà. Non possiamo rinunciare alla nostra libertà. Dio provoca la nostra libertà, ci invita alla cooperazione con il fuoco dello Spirito Santo: queste due cose devono andare insieme. Il Battesimo rimane in tutta la vita il dono di Dio che ha messo il suo sigillo nelle nostre anime e la nostra cooperazione, l’apertura della nostra libertà che dice ‘sì’ a questa azione divina”.

 

A conclusione dell’omelia, l’esortazione del Papa ai genitori dei bimbi battezzati, affinché insegnino ai propri figli a pregare e a sentirsi membri attivi della comunità ecclesiale. E indica il Catechismo della Chiesa cattolica quale strumento per crescere nella fede e trasmetterla ai loro bambini. Nota di cronaca, tra i bimbi battezzati stamani anche il figlio del Comandante delle Guardie Svizzere.

 

(canti)

 

All’Angelus, il Papa è tornato a riflettere sul significato della Solennità del Battesimo del Signore. Un evento, rammenta, che la comunità apostolica riteneva molto importante non solo perché c’era stata “la manifestazione del mistero trinitario in maniera chiara e completa, ma anche perché da quell’evento aveva avuto inizio il ministero pubblico di Gesù sulle strade della Palestina”. Il Battesimo di Gesù al Giordano, spiega il Pontefice, è “anticipazione del suo battesimo di sangue sulla Croce”, simbolo dell’intera “attività sacramentale con cui il Redentore attuerà la salvezza dell’umanità”. Il Papa si sofferma, così, sulla stretta correlazione tra il Battesimo di Cristo e il nostro Battesimo:

 

“In esso noi siamo inseriti nel Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa, moriamo e risorgiamo con Lui, ci rivestiamo di Lui, come a più riprese sottolinea l’apostolo Paolo (cfr 1 Cor 12,13; Rm 6,3–5; Gal 3,27). L’impegno che scaturisce dal Battesimo è pertanto quello di ‘ascoltare’ Gesù: credere cioè in Lui e seguirlo docilmente facendo la sua volontà”.

 

“E’ in questo modo – conclude il Papa - che ciascuno può tendere alla santità, una meta che, come ha ricordato il Concilio Vaticano II, costituisce la  vocazione di tutti i battezzati”.

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Dunque, oggi la Chiesa celebra la Festa del Battesimo di Gesù. Più di duemila anni fa, anche Cristo, pur se senza peccato, volle avvicinarsi alle sponde del fiume Giordano, per ricevere il battesimo e solidarizzare con i penitenti alla ricerca della salvezza dell’anima. Con la sua presenza, in pratica, Gesù santifica questo rito, e il battesimo non sarà più una sola purificazione poiché con esso lo Spirito di Dio prende dimora in chi lo riceve. Dunque, il gesto di Gesù è la riconciliazione divina con il genere umano dopo il peccato originale. Per una riflessione sulla festività odierna, Tiziana Campisi ha intervistato il biblista mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana:

 

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R. – Il Battesimo di Gesù lungo le rive del Giordano ha sempre affascinato – dobbiamo dire – la storia dell’arte e la storia della pietà e della tradizione cristiana. Dal punto di vista strettamente esegetico-teologico, il battesimo di Cristo dev’essere considerato come la prima grande Epifania solenne di Cristo, il quale si presenta sulla scena del mondo come colui che una voce che scende dall’alto – quindi una rivelazione divina – definisce “il Figlio prediletto”. E’ il primo svelamento della Sua divinità, del mistero che si annida in quest’uomo di Nazareth che giunge tra la folla dei vari battezzandi, coloro che ricevevano un battesimo di purificazione, secondo un rito diffuso anche nel giudaismo, da Giovanni Battista.

 

D. – Qual è il significato di questo accostarsi di Gesù alle sponde del Giordano?

 

R. – Gesù si accosta alle acque del Giordano insieme ad una folla – dicono i Vangeli – e questa folla è richiamata da una voce che è una voce profetica: è la voce di Giovanni Battista, l’erede dei profeti ed anche l’ultimo dei profeti. La sua è una voce che spinge alla conversione, alla penitenza. Ecco, la folla va per trovare un battesimo di penitenza, una purificazione che sia anche interiore e Cristo entra in scena rompendo, in un certo senso, questo schema, lo schema del Battista. Si propone così non più semplicemente come un uomo che va a ricevere il perdono dei peccati, bensì come il Rivelatore e il Salvatore, come appunto dice la Voce che scende dall’alto e che lo proclama “il Figlio prediletto di Dio”.

 

D. – A quali meditazioni ci invita questa festività del Battesimo di Gesù?

 

R. – Ci invita prima di tutto a ritrovare le nostre radici, le radici cristiane autentiche e profonde, che non sono soltanto quelle culturali – pur importanti – ma sono quelle esistenziali. Esse sono sorgente della nostra redenzione, della nostra salvezza, della nostra liberazione dal male, mentre contempliamo il Cristo alonato di luce e immerso nelle acque che si rivela come il Figlio di Dio. Non dimentichiamo che Paolo, nel capitolo VI della Lettera ai Romani, descrive e connette il battesimo cristiano con il sepolcro di Cristo: come il cristiano entra nel sepolcro d’acqua del Battesimo e ne esce creatura nuova, trasfigurata, liberata dal male, così anche Cristo entra uomo sofferente che porta su di sé il peccato dell’umanità, entra nel sepolcro di pietra ma ne esce come una figura gloriosa. Colui che ha in sé ormai la luce della risurrezione rivela in sé la filiazione divina. Ecco, questi paralleli tra i due sepolcri – il sepolcro d’acqua e il sepolcro di pietra della Risurrezione di Cristo – sono un po’ l’emblema di quella esperienza che il cristiano deve fare quando medita sul suo battesimo, contemplando la grande scena del Battesimo di Cristo lungo le rive del Giordano.

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LA NUNZIATURA APOSTOLICA IN POLONIA COMUNICA LE DIMISSIONI

DI MONS. STANISLAW WIELGUS, NEL GIORNO IN CUI AVREBBE DOVUTO INIZIARE

IL SUO MINISTERO PASTORALE NELLA CHIESA DI VARSAVIA. IERI, MONS. WIELGUS

AVEVA AMMESSO LE SUE RESPONSABILITA’ NELLA COLLABORAZIONE

CON IL PASSATO REGIME COMUNISTA. IL PAPA NOMINA IL CARDINALE JOZEF GLEMP, AMMINISTRATORE APOSTOLICO DELL’ARCIDIOCESI DI VARSAVIA.

SULLA VICENDA, IL COMMENTO DEL NOSTRO DIRETTORE, PADRE FEDERICO LOMBARDI

 

La nunziatura apostolica in Polonia comunica che mons. Stanislaw Wielgus, arcivescovo metropolita di Varsavia, nel giorno in cui era previsto il suo ingresso nella basilica cattedrale, per dare inizio al suo ministero pastorale nella Chiesa di Varsavia, ha rassegnato al Papa le dimissioni dall’ufficio canonico a norma del canone 401 paragrafo 2 del Codice di Diritto Canonico. Ricordiamo che, ieri, mons. Wielgus aveva ammesso le sue responsabilità nella collaborazione, in gioventù, con i servizi segreti del passato regime comunista polacco. Benedetto XVI ha accettato le dimissioni dell’arcivescovo Stanislaw Wielgus ed ha nominato il cardinale Jozef Glemp, primate di Polonia, amministratore apostolico dell’arcidiocesi di Varsavia fino a nuovo provvedimento. Stamani, il cardinale Glemp ha celebrato la Messa nella cattedrale di San Giovanni Battista a Varsavia. Nell’omelia, tenuta a braccio e più volte interrotta dagli applausi dei fedeli, il porporato ha criticato la modalità delle accuse rivolte a mons. Wielgus. Su questa vicenda che ha profondamente scosso la Chiesa polacca, ascoltiamo la nota del nostro direttore, padre Federico Lombardi:

 

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Il comportamento di mons. Wielgus negli anni passati del regime comunista in Polonia ha compromesso gravemente la sua autorevolezza, anche presso i fedeli. Perciò, nonostante la sua umile e commovente richiesta di perdono, la rinuncia alla sede di Varsavia e la sua pronta accettazione da parte del Santo Padre è apparsa come una soluzione adeguata per far fronte alla situazione di disorientamento venutasi a creare in quella nazione.

 

E’ un momento di grande sofferenza per una Chiesa a cui tutti dobbiamo moltissimo e che amiamo, che ci ha dato pastori della grandezza del cardinale Wyszynski e soprattutto del Papa Giovanni Paolo II. La Chiesa universale deve sentirsi solidale spiritualmente con la Chiesa che è in Polonia ed accompagnarla con la preghiera e l’incoraggiamento perché possa ritrovare presto la serenità.

 

Allo stesso tempo, è bene osservare che il caso di mons. Wielgus non è il primo e probabilmente non sarà l’ultimo caso di attacco a personalità della Chiesa in base alla documentazione dei servizi del passato regime. Si tratta di un materiale sterminato e, nel cercare di valutarne il valore e di trarne conclusioni attendibili, non bisogna dimenticare che è stato prodotto da funzionari di un regime oppressivo e ricattatorio.

 

A tanti anni di distanza dalla fine del regime comunista, venuta a mancare la grande e inattaccabile figura di Papa Giovanni Paolo II, l’attuale ondata di attacchi alla Chiesa cattolica in Polonia, più che di una sincera ricerca di trasparenza e di verità, ha molti aspetti di una strana alleanza fra i persecutori di un tempo ed altri suoi avversari e di una vendetta da parte di chi, nel passato, l’aveva perseguitata ed è stato sconfitto dalla fede e dalla voglia di libertà del popolo polacco.

 

 “La verità vi farà liberi” dice Cristo. La Chiesa non ha paura della verità e, per essere fedeli al loro Signore, i suoi membri devono saper riconoscere le proprie colpe. Auguriamo alla Chiesa in Polonia di saper vivere e superare con coraggio e lucidità questo periodo difficile, affinché possa continuare a dare il suo prezioso e straordinario contributo di fede e di slancio evangelico alla Chiesa europea ed universale.

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LUTTO NELLA CHIESA AFRICANA:

ALL’ETA’ DI 76 ANNI, E’ MORTO IL CARDINALE FRÉDÉRIC ETSOU,

ARCIVESCOVO DI KINSHASA

- A cura di Tiziana Campisi -

 

Si è spento ieri sera, nell’ospedale di Lovanio, in Belgio, il cardinale congolese Frédéric Etsou-Nzabi-Bamungwabi, arcivescovo di Kinshasa. Ricove-rato da alcuni mesi, il porporato da giovedì era in terapia intensiva.

 

Il cardinale Etsou aveva compiuto 76 anni lo scorso 3 dicembre ed era originario dello Zaire. Religioso della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, era stato ordinato sacerdote nel 1958; eletto arcivescovo titolare di Menefessi e nominato arcivescovo coadiutore di Mbandaka l’8 luglio 1976, è stato ordinato nel novembre dello stesso anno. Arcivescovo della capitale della Repubblica Democratica del Congo dal 1990, è stato creato cardinale da Giovanni Paolo II nel ‘91.

 

Con la scomparsa del cardinale Frédéric Etsou, il Collegio Cardinalizio risulta adesso composto da 185 cardinali, di cui 111 elettori e 74 non elettori.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

7 gennaio 2007

 

 

UNA NUOVA TAPPA NEL PROCESSO DI PACIFICAZIONE,

DOPO GLI ANNI DELLA GUERRA CIVILE: LA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

OGGI ALLE URNE PER IL RINNOVO DEL SENATO

- Con noi, padre Gianni Magnaguagno -

 

Si vota oggi nella Repubblica Democratica del Congo per il rinnovo del Senato. Queste consultazioni costituiscono un altro tassello nel difficile cammino verso la distensione nel Paese, dopo la sanguinosa guerra civile che, dal 1996 al 2003, ha visto affrontarsi bande tribali e gruppi ribelli ugandesi e ruandesi per il controllo delle ricchezze naturali. Ancor oggi sacche di violenza permangono nella parte orientale dell’ex Zaire. In quale clima, dunque, si svolgono queste elezioni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Gianni Magnaguagno, parroco della Chiesa di San Bernardo a Kinshasa:

 

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R. – Direi che c’è un clima molto più disteso rispetto a quello di conflittualità che si viveva prima delle elezioni. Tutti sono ben disposti, aspettano di vedere realizzato il nuovo governo con tutto ciò che poi di positivo dovrebbe dare a questo Paese, quindi c’è molta attesa nella gente.

 

D. – Non più di un mese fa, sia i vescovi del Congo, sia l’ONU, hanno lanciato un appello al riconfermato presidente Kabila, affinché favorisca la pacificazione all’interno del Paese. Questo processo è veramente realizzabile oggi?

 

R. – Credo di sì, che sia realizzabile. Quei problemi che ci sono all’Est, quelle sacche di ribelli che permangono, una volontà politica può risolverli e far terminare questi problemi di conflittualità che ancora sussistono. La gente, anche all’Est, è stufa di guerre, di morti, di violenze e quindi se non c’è una volontà politica con l’appoggio internazionale, credo che quella situazione di violenza all’Est non sia risolvibile.

 

D. – Il lavoro dei missionari, e della Chiesa locale in generale, è diventato più semplice in questa fase?

 

R. – Mi pare di sì già da un po’. E’ più semplice perché intanto è più facile spostarsi e ci sono più mezzi di comunicazione e credo che c’è anche molto rispetto nei nostri confronti per tutta la solidarietà e la vicinanza alla popolazione dimostrata da parte dei missionari alla popolazione locale.

 

D. – Urgono però ancora interventi umanitari, la guerra ha lasciato il segno nella popolazione civile …

 

R. – Certo che ha lasciato il segno, un segno che è molto profondo. La sanità è quasi inesistente all’interno del Paese e costa carissima; ad esempio, le infrastrutture non ci sono più: ci sono tantissime scuole da costruire, e così i mezzi di comunicazione, le strade. Comunque credo che alla base di tutto ci sia un grande bisogno di formare la gente al rispetto del bene comune, al fatto che bisogna costruire insieme una nuova società, non è che venga dal di fuori così, quasi per miracolo. Bisogna rendere cosciente la gente che deve partecipare a questo processo attivamente con il loro lavoro, non deve restare passiva a guardare quel che si fa, questo è il rischio. Invece bisogna lavorare con loro, che siano loro i protagonisti del loro sviluppo. Si rischia sempre di cadere nell’aiuto umanitario, la gente riceve e dopo tutto cade.

 

D. – Qual è l’umore delle persone oggi?

 

R. – Molto positivo, sperano molto, stanno aspettando veramente un grande cambiamento in questo Paese.

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RIPORTARE IN AUGE L’ORGANO NELLA LITURGIA E NEI CONCERTI:

E’ QUANTO SI PROPONE IL FESTIVAL “MUSICOMETA”,

CHE COINVOLGE CHIESE CATTOLICHE E PROTESTANTI DI ROMA

- Con noi, la prof.ssa Livia Mazzanti e mons. Valentino Miserachs -

 

Da Natale all’Epifania, i percorsi organistici ideati da Livia Mazzanti nelle Chiese cattoliche e protestanti di Roma scandiscono ormai da 12 anni le festività, presentano un repertorio vasto, ricercato, e non soltanto sacro. Il Festival “Musicometa” sul tema “Dalla fantasia alla fantascienza”, dopo aver congedato l’anno mozartiano con la celebre Fantasia per organo automatico, e aver attraversato la fantasticheria romantica di Robert Schumann (ricordando il compositore tedesco a 150 anni dalla morte attraverso la sua vasta opera organistica), si è concluso ieri sera con l’atmosfera futurista dello straordinario film Metropolis di Fritz Lang, “sonorizzato” da estemporanee improvvisazioni all’organo, come agli albori del cinema muto, ma assecondando l’avanguardia musicale. Il servizio di A.V.:

 

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Strumento complesso e versatile, a canne e a tastiera insieme, è l’organo il cuore pulsante dei concerti come della vita musicale delle Chiese che li accolgono. La direttrice artistica e organista, Livia Mazzanti:

 

R. – L’organo riunisce in un’attitudine vocale con la polifonia, con le voci però c’è anche la vocazione strumentale, addirittura sinfonica nell’organo successivo, soprattutto, a partire, direi, da Mozart. Si ha già l’idea di un organo che richiami l’orchestra, senza però volerla necessariamente imitare.

 

Vocazione anche liturgica per lo strumento principe della Chiesa. Mons. Valentino Miserachs, preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra:

 

R. – A me, come preside dell’Istituto, maestro di cappella, come sacerdote preme il ripristino dell’organo come strumento principe della liturgia, che purtroppo è stato malamente sostituito da tanti altri strumenti. Sappiamo in quale stato di decadenza si trova la musica liturgica tuttora, ma prima di tutto bisognerebbe restaurare gli strumenti che, anche quelli di importanza storica, versano in stato pietoso.

 

D. – Secondo lei, un Festival che mette l’organo al centro del discorso musicale, può essere utile ad avvicinare i fedeli a questo tipo di ascolto?

 

R. – Certamente! Sono due dimensioni dello strumento, quella liturgica e quella concertistica, che si completano a vicenda, perchè ci può essere un concerto d’organo anche profano. Abbiamo grandi organi non soltanto nelle chiese ma anche in sale da concerto.

 

Esempi importanti li troviamo in Spagna e Francia, mentre in Italia questa tradizione si è persa, denuncia Livia Mazzanti:

 

R. – L’organo nelle sale da concerto non è proprio considerato, infatti se non fosse per la Sala del Pontificio Istituto di Musica Sacra, noi a Roma non avremmo un organo in una sala da concerto degno di questo nome, perché l’Auditorium, nonostante il simbolo di Santa Cecilia sia proprio un organo, non l’ha previsto. 

 

All’Auditorium Parco della Musica di Roma manca infatti l’organo. Ma non è l’unico caso eclatante, segnala ancora mons. Miserachs:

 

R. – All’Auditorium di Via della Conciliazione c’era un organo a 4 tastiere che fu a suo tempo smantellato; all’Auditorium della RAI c’era l’organo che fu smantellato. Non si spiega questo accanimento contro l’organo, di stampo ‘maligno’ io direi, contro la bellezza stessa.    

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“VI DARO’ UN CUORE NUOVO”: E’ IL TITOLO DI UN LIBRO CHE RACCOGLIE

LE ESPERIENZE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO

- Con noi, Piergiorgio Merlo -

 

Per ogni credente riscoprire e vivere l’azione dello Spirito Santo significa rendere efficace la grazia ricevuta nel Battesimo e rinnovare i prodigi della Pentecoste. E’ questo il cuore della riflessione proposta dal libro “Vi darò un cuore nuovo” di Piergiorgio Merlo, che raccoglie le esperienze spirituali del Rinnovamento nello Spirito Santo. L’autore, che ha visto nascere in Italia il movimento fondato da don Dino Foglio e che attualmente è guidato da Salvatore Martinez, intende, con questo libro, sostenere un cammino di preparazione biblica e carismatica. Alessandro Gisotti lo ha intervistato:

 

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R. – Dopo oltre trent’anni di cammino in Italia, il Rinnovamento nello Spirito ha ritenuto di raccogliere le migliori esperienze del Seminario di effusione, presenti in Italia e nel mondo, fornendo a tutti uno strumento agile, un vero e proprio manuale. Credo che sia necessario spiegare che con il termine effusione intendiamo una preghiera che segue un cammino di 11 settimane e che è volta a ricevere, con una nuova forza, come nel giorno della Pentecoste, il dono dello Spirito Santo. Una risposta di Dio all’apatia spirituale in cui è venuta a trovarsi la vita cristiana.

 

D. – Quali sono i contenuti di questo libro?

 

R. – Direi che, al centro di questo testo, c’è l’amore salvifico di Dio per l’uomo. E’ il cammino di base di coloro che vogliono rinascere nello Spirito, rendendo efficace la grazia ricevuta nel Battesimo e rinnovando i prodigi della Pentecoste. Si compone di due insegnamenti pre-seminario: uno sul Catechismo della Chiesa cattolica ed uno sulle origini del Rinnovamento. E’ un cammino fondato sulla Parola di Dio, incentrato tutto sulla Parola di Dio. Non è frutto di una elaborazione accademica, ma nasce e scaturisce da una esperienza di 30 anni maturata sul campo. Contiene domande, spunti, passi biblici da meditare quotidianamente al termine di ogni insegnamento e per ogni insegnamento vi è una dinamica o mistagogia. Questo significa fare esperienza di quanto abbiamo sentito annunciare.

 

D. – A chi si rivolge in particolare “Vi darò un cuore nuovo”?

 

R. – All’interno del cammino del Rinnovamento è rivolto agli animatori che sono gli anziani e agli “effusionandi” che sarebbero i novizi. Direi che è anche rivolto a tutti coloro che vogliono riscoprire la grazia del Battesimo, l’azione dello Spirito Santo e la potenza di una nuova Pentecoste nella loro vita. Si tratta di riscoprire un Gesù vivo grazie alla luce dello Spirito, che è l’amore che scorre tra il Padre e il Figlio. Ricordiamo che il Padre è il Dio per noi, il Figlio è il Dio con noi e lo Spirito è il Dio in noi. E’ un invito che la Chiesa - attraverso Leone XIII, che ha dedicato il Novecento allo Spirito Santo, il Concilio Vaticano, Giovanni XXIII fino ad arrivare all’attuale Pontefice – ha rivolto a tutti i credenti. Quindi, direi che questo libro è rivolto a tutti, proprio perché è un invito a riscoprire l’amore di Dio nella propria vita.

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CHIESA E SOCIETA’

7 gennaio 2007

 

IL PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTE LE RUSSIE ALESSIO II HA CELEBRATO

LA MESSA DI MEZZANOTTE DEL NATALE, SECONDO IL CALENDARIO GIULIANO.

AL RITO HA PRESO PARTE ANCHE IL NUNZIO APOSTOLICO, MONS. ANTONIO MENNINI 

- A cura di Chiaretta Zucconi -

 

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MOSCA. = In una Mosca semideserta e priva del caotico traffico che la caratterizza, si festeggia oggi il Natale secondo il calendario giuliano, in ritardo di 13 giorni rispetto a quello gregoriano adottato da cattolici, protestanti, alcuni ortodossi e mondo laico. Una festività religiosa ma anche nazionale qui in Russia, con la quale si conclude il periodo di astinenza da carne, dolci e alcolici iniziato il 28 novembre. Dopo il messaggio natalizio della vigilia in cui sollecitava i fedeli a portare la forza della fede nella vita quotidiana, il patriarca di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, è tornato nella cattedrale di Cristo Salvatore per celebrare la liturgia del Natale. Alla funzione erano presenti il primo ministro Mikail Fradkvov e il presidente del parlamento, Boris Grizlov. Dopo la Messa, cui hanno partecipato cinquemila fedeli e, tra gli ospiti, il nunzio apostolico, mons. Antonio Mennini, il patriarca Alessio II ha inviato un messaggio di congratulazioni ai cristiani. Auguri al Paese anche dal presidente Vladimir Putin, per il quale il Natale “porta gioia e speranza a milioni di persone e rafforza i fondamenti morali e la concordia nella società”. Di certo il Natale è una occasione per ribadire l’impegno a favore di un riavvicinamento sempre più concreto tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica. E gli “amati fratelli e sorelle delle Chiese orientali” sono stati ricordati ieri con affetto da Benedetto XVI, che ha augurato loro “abbondanza di pace e cristiana prosperità”. Purtroppo la festa del Natale in Russia è stata funestata dalla notizia appresa, poche ore fa, della morte di un sacerdote ortodosso, ucciso da ladri di icone la sera della vigilia nella sua chiesa, in un villaggio vicino alla città di Ekatèrinburg. Per nascondere il delitto i ladri hanno dato fuoco al luogo di culto, mentre le oltre 20 icone rubate - alcune delle quali del XVIII secolo - sono state ritrovate nel cimitero del villaggio, dove erano state nascoste dai rapinatori.

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RICORRE OGGI IN EGITTO E TERRA SANTA IL NATALE DEI COPTI. MIGLIAIA AL CAIRO

I FEDELI ALLA MESSA DI MEZZANOTTE PRESIEDUTA DAL PATRIARCA SHENUDA III

 

IL CAIRO. = I copti dell’Egitto e della Terra Santa festeggiano oggi il Natale. Migliaia i fedeli, riferisce l’agenzia MISNA, che al Cairo, hanno partecipato alla Messa di mezzanotte, nella cattedrale di San Marco, per celebrare la Natività secondo il rito ortodosso con il patriarca Shenuda III. Alla celebrazione ha preso parte anche un alto responsabile del governo egiziano, delegato dal presidente Hosni Mubarak. Al ritorno dalla Messa, secondo tradizione, i fedeli hanno rotto il digiuno di 45 giorni, durante il quale non è stato consumato “cibo con un’anima”, ovvero di origine animale. Una miscellanea di carne, pane fritto nel burro, riso e salsa d’aglio è stata per molti il primo cibo tradizionale. Tre i patriarchi che risiedono a Gerusalemme: quello greco-ortodosso, quello cattolico-latino e quello armeno. Ci sono anche dieci arcivescovi e vescovi: tre ortodossi (siriano, copto ed etiope), cinque cattolici (melchita, maronita, siriano, ameno, caldeo) e due protestanti (anglicano e luterano). Vescovi e patriarchi s’incontrano spesso per discutere di questioni comuni, indirizzando insieme anche messaggi ai fedeli. (T.C.)

 

 

UN SEGNO DI APERTURA E TOLLERANZA INTERRELIGIOSA:

NEL GAMBIA, IL VESCOVO ROBERT ELLISON VISITA L’IMAM RATIF DI BANJUL,

IN OCCASIONE DELLA FESTA MUSULMANA DELL’EID UL-ADHA

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

BANJUL.= Un gesto importante che avvicina cristiani e musulmani nel Gambia. Il vescovo di Banjul, mons. Robert P. Ellison, si è recato in visita dall’imam Ratif, supremo imam del Paese africano, in occasione della festività musulmana dell’Eid ul-Adha, che è coincisa con l’ultimo giorno dell’anno. Mons. Ellison ha sottolineato che “da molti anni, la Chiesa cattolica vuole accrescere la propria comprensione della religione musulmana”. Dal canto suo, il reverendo Edu Gomez, che accompagnava il presule, ha affermato che la visita di mons. Ellison vuole ripercorrere il cammino di Benedetto XVI, ricordando l’impegno del Papa per il dialogo tra le religioni in tutto il mondo. Padre Gomez ha, inoltre, messo l’accento sui buoni rapporti tra cristiani e musulmani nel Gambia, un esempio da imitare anche nel resto dell’Africa. All’incontro tra il presule e l’imam hanno preso parte diversi membri della comunità musulmana.

 

 

LIBANO: L’ESECUTIVO HA ELABORATO UN PROGETTO DI RIFORME IN VISTA

DELLA CONFERENZA DI PARIGI DEL 25 GENNAIO. L’INCONTRO RIUNIRÀ GLI STATI

CHE INTENDONO OFFRIRE IL LORO SOSTEGNO ECONOMICO AL PAESE

 

BEIRUT. = Il governo libanese ha approvato, nei giorni scorsi, un piano quinquennale di riforme economiche e sociali da sottoporre alla conferenza dei Paesi che il 25 gennaio, a Parigi, discuteranno del sostegno economico da offrire per la ripresa del Paese dei Cedri. L’esecutivo, scrive l’agenzia Asianews, ha anche deciso di portare avanti il programma di privatizzazioni – a partire dal servizio telefonico – e di concedere una gratifica pari ad un mese di stipendio al personale delle forze di sicurezza per lo sforzo straordinario mostrato da parecchie settimane. Intanto, la settimana prossima, alcuni ministri libanesi ed il governatore della Banca del Libano andranno a Parigi per una riunione preparatoria. Nell’attuale crisi politica libanese, la conferenza (Paris III) – vista dall’opposizione come un sostegno dell’Occidente e dei Paesi arabi filoccidentali al governo di Fouad Siniora – è per la maggioranza un mezzo di pressione sull’opposizione. Il ministro dell’informazione, Ghazi Aridi, ha chiesto al segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, un impegno comune per fare “dell’interesse del Libano la principale priorità”. Sullo stesso tono il primo ministro Siniora, che ha definito Paris III “opportunità unica per il Libano” ed ha sostenuto che “nessuno aiuterà il Libano se gli stessi libanesi non si aiuteranno”. A Nasrallah, il governo ha chiesto anche di accettare un accordo politico “equilibrato e simultaneo”, sulla base del principio “né vincitori, né vinti” che aveva guidato il tentativo di mediazione del segretario generale della Lega araba, Amr Moussa, interrotto prima delle festività. Il presidente Emile Lahoud, dal canto suo, ha definito “inesistenti” le decisioni del governo ed ha confermato la sua volontà di non firmare alcun provvedimento del Gabinetto sopravvissuto alle dimissioni presentate da sei ministri – cinque sciiti ed uno che fa riferimento allo stesso Lahoud - l’11 novembre. In Libano sono comunque forti le attese per la terza conferenza di Parigi. Nel 2001, la prima riunione dei “donatori”, tenuta nella capitale francese, raccolse 500 milioni di euro; la seconda, nel 2002, raccolse 2,6 miliardi di dollari. La prossima esaminerà i progetti per riparare i 3,6 miliardi di dollari dei danni provocati dal conflitto con Israele dell’estate scorsa e per ripianare i 41 miliardi di dollari dei debiti contratti dal Paese dopo la guerra civile del 1975-1990. (T.C.)

 

 

IL 10 GENNAIO, ALLA PONTIFICIA UNIVERSITA’ LATERANENSE, UNA GIORNATA

DI STUDIO SU SOLIDARIETA’ E GIUSTIZIA CONTRIBUTIVA. L’INIZIATIVA E’

 PROMOSSA DAL PONTIFICIO ISTITUTO PASTORALE REDEMPTOR HOMINIS

 

ROMA.= “Solidarietà e giustizia contributiva”: è il tema di una giornata di studio che si svolgerà il 10 gennaio – a partire dalle ore 9,30 – presso l’Aula Paolo VI della Pontificia Università Lateranense. L’evento è promosso dal Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis, unico istituto pontificio che presenta una specializzazione in Dottrina Sociale della Chiesa. La giornata si articolerà in due sessioni: la mattina, dopo l’introduzione del preside dell’istituto, mons. Dario Edoardo Vigano, interverranno il prof. Gianni Manzone, della Lateranense, con un discorso su “Antropologia cristiana e giustizia contributiva”, e il prof. Giuseppe Mastromatteo, della Cattolica di Milano. Moderatore, il prof. Rocco Pezzimenti dell’università del Molise. Nel pomeriggio, spazio agli interventi del prof. Luca Antonini, dell’università di Padova sulla “Sussidiarietà fiscale” e del prof. Flavio Felice, della Lateranense, con un intervento sul tema “Dal paternalismo di stato al paradigma della sussidiarietà”. Le conclusioni del convegno verranno affidate al prof. Sergio Lanza della Pontificia Università Lateranense (A.G.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

7 gennaio 2007

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

La situazione in Somalia è al centro degli sforzi della diplomazia internazionale. Una delegazione delle Corti islamiche, ormai allontanate da tutto il Paese dalle forze regolari, è da ieri sera a Sana’a, nello Yemen, per colloqui volti ad aprire un dialogo con il governo di transizione somalo. Dal canto suo, il vice segretario statunitense per le questioni africane, Jendayi Frazer, in visita nel Corno D’Africa, ha incontrato a Nairobi i vertici somali con l’obiettivo di favorire contatti con elementi islamici moderati. Intanto, mentre l’Etiopia ha accettato l’invito delle autorità somale a restare nel Paese per addestrare le forze governative, ieri sera a Mogadiscio un ex membro delle Corti islamiche è stato ucciso in un agguato.

 

Non si arresta la spirale di violenza in Iraq, dove il bilancio delle violenze oggi parla di almeno 14 morti in diversi attentati. Intanto, dopo le dichiarazioni del premier iracheno, al-Maliki, che ha difeso la legittimità dell’impiccagione di Saddam Hussein, minacciando di rivedere le relazioni con i Paesi che hanno criticato la scelta, si attendono le decisioni del governo iracheno in merito alla sorte degli altri due gerarchi, accusati assieme all’ex rais. Il nostro servizio: 

 

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Fonti governative hanno fatto sapere che non è stata fissata alcuna data per l’esecuzione del fratellastro di Saddam Hussein, Barzan Ibrahim al Tikriti, e dell’ex presidente del tribunale rivoluzionario, Awad Hamed al-Bander. Secondo alcune voci, i due, condannati insieme con l’ex rais per la strage di sciiti a Dujail, dovevano essere impiccati all’alba di oggi. In questo quadro si registra un nuovo forte appello del segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, che ha chiesto all’esecutivo di Baghdad di sospendere eventuali altre esecuzioni nel Paese. Sul terreno, intanto, dopo l’annuncio del premier iracheno, al-Maliki, di un nuovo, imminente piano di sicurezza per la capitale, la situazione non migliora. Come ogni giorno, la guerriglia, da un lato, continua a colpire, mentre le forze regolari, dall’altro, procedono con azioni mirate che ieri a Baghdad hanno portato all’uccisione di 30 miliziani e, nella scorsa settimana, all’arresto di un’ottantina di ribelli. Sul versante statunitense, si attende di conoscere i dettagli dell’annunciato cambio di strategia. Il presidente Bush dovrebbe definire pubblicamente il piano in settimana, forse mercoledì prossimo. Incremento delle truppe o ritiro graduale? Questo il dilemma da risolvere, con i Democratici che parlano apertamente di guerra civile e con nuovi dati che parlano di 3 mila soldati americani morti dall’inizio della guerra, nell’aprile 2003.

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In Medio Oriente, proseguono le operazioni delle forze armate israeliane nei Territori. In Cisgiordania stamani sono finiti in manette almeno 10 attivisti palestinesi, ritenuti in procinto di colpire lo Stato ebraico. Israele intanto ha rifiutato ufficialmente la proposta di liberare oltre 200 detenuti palestinesi in cambio di un video atto a provare che il soldato israeliano rapito lo scorso mese di giugno a Gaza è ancora vivo.

 

La possibilità di un governo di unità nazionale con Hamas è tramontata. Lo ha detto il presidente palestinese, Abu Mazen, che, parlando a Betlemme, in un incontro con esponenti di Al Fatah, ha precisato che l’unica via d’uscita per risolvere la crisi palestinese resta la convocazione di elezioni anticipate. In questo quadro si profila una nuova prova di forza tra il movimento palestinese di al Fatah e quello di Hamas. Al centro della discordia la decisione del presidente Abu Mazen che ha dichiarato illegale la forza di sicurezza del movimento islamista, se non sarà integrata nell’apparato ufficiale palestinese. Dura la replica degli esponenti di Hamas, secondo i quali il numero delle guardie raddoppierà fino a giungere a 12 mila unità.

 

Israele ha definito “assurde” le informazioni diffuse dalla stampa britannica, secondo le quali lo Stato ebraico avrebbe preparato piani segreti per distruggere, anche con l’uso di armi nucleari, gli impianti per l’arricchimento dell’uranio in Iran.

 

Dal canto suo, l’Iran ha ufficialmente smentito la voce, circolata su alcuni siti Internet, della morte dell’ayatollah supremo Alì Khamenei. “La Guida è in ottima salute e le notizie di alcuni mezzi d’informazione non sono corrette”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Mohammad Ali Hosseini, nella sua consueta conferenza stampa settimanale. Khamenei, che ha 67 anni, è Guida suprema dal 1989, quando prese il posto dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, fondatore della Repubblica islamica.

 

Nonostante l’accordo raggiunto il 31 dicembre scorso sulle forniture di gas, c’è ancora tensione tra Russia e Bielorussia. Mosca ha infatti minacciato di adottare misure di ritorsione contro Minsk se l’ex repubblica sovietica continuerà ad applicare una tassa sul petrolio russo in transito sul suo territorio verso l’Europa occidentale.

 

Il governo di Londra sta pensando di inviare soldati a proteggere le principali installazioni per la produzione di energia nel Paese da un eventuale attacco terroristico. Lo ha fatto sapere il ministero degli Esteri britannico, precisando che la decisione non è legata a minacce specifiche.

 

Il processo di pace con l’ETA è ad un punto morto. Il primo ministro spagnolo, José Luís Rodríguez Zapatero, ha definito così i rapporti con l’organizza-zione separatista basca dopo l’attentato di una settimana fa all’aeroporto di Madrid. Assicurando il suo impegno per la pace e la fine delle violenze, Zapatero illustrerà nel dettaglio la sua strategia per affrontare la nuova crisi con l’ETA il prossimo 15 gennaio nel suo discorso di apertura dell’attività legislativa delle Cortes.

 

Ottanta anni fa avvenne la prima telefonata transatlantica tra Londra e New York. “New York, please, operator...”: furono le prime parole pronunciate attraverso il canale radio, dai laboratori della Bell con l’ausilio del British Post Office. Era il 7 gennaio del 1927. Nel corso degli anni il servizio si diffuse in America del nord e in Europa. A parte la controversia relativa alla paternità dell’invenzione - recentemente risoltasi con l’attribuzione della scoperta, l’11 giugno 2002 da parte del Congresso degli Stati Uniti, all’italiano Antonio Meucci - il telefono rappresenta una tappa fondamentale per lo sviluppo della comunicazione globale.

 

 

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