RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 3  - Testo della trasmissione di mercoledì 3 gennaio  2007

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Con il nuovo anno, rinnoviamo l’impegno ad aprire a Cristo il cuore e la mente, contrastando le diverse forme di rifiuto di Dio: è l’esortazione di Benedetto XVI nella prima udienza generale del 2007. Il Papa mette in guardia dalle facili riduzioni della figura di Cristo, che negano la sua divinità. Ai nostri microfoni, padre Raniero Cantalamessa

 

Domani, la visita di Benedetto XVI alla mensa Caritas di Colle Oppio, a Roma, quindici anni dopo quella compiuta da Giovanni Paolo II: ce ne parla Gennaro Di Cicco

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Da ieri, Ban Ki-moon è il nuovo segretario generale dell’ONU. Nelle sue prime parole, l’attenzione al negoziato sul nucleare, alla crisi del Darfur e al dibattito internazionale sulla pena di morte: intervista con il prof. Giandonato Caggiano e Mario Marazziti

 

Firmato dal Ministero delle comunicazioni italiano un decreto che impone l’oscuramento in sei ore dei siti internet a carattere pedopornografico. Con noi, Sergio Staro e don Fortunato Di Noto

 

Non bisogna lasciarsi fuorviare da fantasiose narrazioni sui personaggi dei Vangeli. lo afferma mons. Gianfranco Ravasi a proposito delle ipotesi formulate sulla figura di  Maria Maddalena. Una riflessione con il prefetto della Biblioteca Ambrosiana

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Chiesa dello Sri Lanka condanna il raid delle forze governative contro un villaggio di civili nel nord, che ieri ha fatto 14 morti, tra cui 6 bambini

 

“Dialogo inevitabile”: è il titolo del messaggio per il nuovo anno dei vescovi del Ciad, che lanciano un appello per la pace nel Paese

 

In India, anche lo Stato dell’Himachal Pradesh introduce una legge anti-conversione. E’ la prima volta, per un governo retto dal partito Congress, da sempre contrario a queste normative

 

Un centro psicoterapeutico per aiutare i bambini palestinesi traumatizzati dalla guerra: è il progetto di don Manawel Musallam, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza

 

Migliaia di sfollati nell’ovest e nel nordest del Kenya per le piogge torrenziali di fine dicembre

 

Persiste la violenza in Salvador, dove tra Natale e Capodanno sono stati compiuti 50 omicidi. L’ausiliario di San Salvador, mons. Rosa Chávez, invoca riforme politiche e sociali coraggiose

 

Al via, oggi a Roma, il Convegno del Centro nazionale vocazioni della CEI

 

Nasce l’edizione per non vedenti del “Messaggero di Sant’Antonio”: il mensile padovano, in formato elettronico, potrà essere letto con un sintetizzatore vocale

 

Cambia veste grafica e linea editoriale lo storico periodico “Il Carmelo e le missioni”, dedicato alle realtà missionarie carmelitane nel mondo

 

24 ORE NEL MONDO:

In Iraq, prevista per domani l’impiccagione del fratellastro di Saddam Hussein e di un ex giudice. Secondo la stampa saudita, all’esecuzione di Saddam avrebbe assistito anche il leader sciita, Moqtada al Sadr

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

3 gennaio 2007

 

 

RINNOVIAMO L’IMPEGNO AD APRIRE A CRISTO IL CUORE

 E LA MENTE, CONTRASTANDO LE DIVERSE FORME DI RIFIUTO DI DIO,

COME LE RIDUZIONI DELLA FIGURA DI CRISTO: E’ L’ESORTAZIONE DI BENEDETTO XVI NELLA PRIMA UDIENZA GENERALE DEL 2007, TENUTA IN AULA PAOLO VI

- Con noi, padre Raniero Cantalamessa -

 

All’inizio del nuovo anno va dato nuovo slancio all’impegno di aprire a Cristo la mente e il cuore, rifuggendo le forme subdole e pericolose di rifiuto di Dio. E’ l’esortazione di Benedetto XVI ai fedeli, nella prima udienza generale del 2007, tenuta in un’Aula Paolo VI gremita di fedeli. La catechesi del Papa è stata tutta incentrata sulla figura di Gesù, davanti al quale, ha avvertito, non si può restare indifferenti. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Nel Bambino di Betlemme ogni uomo scopre di essere gratuitamente amato da Dio”: è la riflessione offerta ai fedeli da Benedetto XVI, che ha sottolineato come chi si fermi davanti al Figlio di Dio che giace inerme nel presepe “non può non sentirsi sorpreso da questo evento umanamente incredibile”. Un evento che cambia per sempre la storia dell’uomo:

 

“Nella luce del Natale si manifesta a ciascuno di noi l’infinita bontà di Dio. In Gesù il Padre celeste ha inaugurato una nuova relazione con noi; ci ha resi ‘figli nello stesso Figlio’”.

 

San Giovanni, apostolo prediletto del Signore, ricorda il Papa, sottolinea che noi siamo realmente figli di Dio, “apparteniamo veramente alla famiglia che ha Dio come Padre”. E ciò pèrché Gesù, Figlio Unigenito, “è venuto a porre la sua tenda in mezzo a noi, per radunare tutte le genti in un’unica famiglia, in un solo popolo”. Nel Natale, afferma ancora, “risuona nel mondo intero l’annuncio semplice e sconvolgente: “Dio ci ama”. “Noi amiamo – dice san Giovanni - perché egli ci ha amati per primo”. E ribadisce che “questo mistero è ormai affidato alle nostre mani perché, sperimentando l’amore divino, viviamo protesi verso le realtà del cielo, cercando anzitutto il Regno e la sua giustizia”. Tuttavia, constata il Papa, la gioia del Natale “non ci fa però dimenticare il mistero del male, il potere delle tenebre che tenta di offuscare lo splendore della luce divina”.

 

“E’ il dramma del rifiuto di Cristo, che, come in passato, si manifesta e si esprime anche oggi in tanti modi diversi. Forse persino più subdole e pericolose sono le forme del rifiuto di Dio nell’era contemporanea: dal netto rigetto all’indifferenza, dall’ateismo scientista alla presentazione di un Gesù modernizzato, o, meglio, postmodernizzato. Un Gesù uomo, ridotto a semplice ‘maestro di saggezza’ e privato della sua divinità; oppure un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba”.

 

Ma Gesù, prosegue, “non si stanca di proporre il suo Vangelo a tutti, sapendo di essere segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori”. “Solo il Bambino, che giace nel Presepe – avverte il Pontefice – possiede il vero segreto della vita”. Per questo, “chiede di fargli spazio in noi, nelle nostre case e nelle nostre città”. Dinnanzi a Lui, è il richiamo del Papa, “non si può restare indifferenti”. Parole corredate da una viva esortazione per il 2007:

 

“All’inizio di questo nuovo anno, ravviviamo in noi l’impegno di aprire a Cristo la mente ed il cuore, manifestandogli sinceramente la volontà di vivere da veri amici suoi. Diventeremo così collaboratori del suo progetto di salvezza e testimoni di quella gioia che Egli ci dona perché la diffondiamo in abbondanza attorno a noi”.

 

Benedetto XVI indica anche l’atteggiamento che ci deve caratterizzare nell’accogliere il Bambino. “Ci viene in aiuto – sottolinea – la semplicità dei pastori e la ricerca dei Magi”, e ancora “ci è di esempio la docilità di Maria e la sapiente prudenza di Giuseppe”. Non solo, il Papa ricorda che “gli oltre duemila anni di storia cristiana sono pieni di esempi di uomini e donne”, che “hanno creduto al mistero del Natale, hanno aperto le braccia all’Emmanuele divenendo con la loro vita fari di luce e di speranza”. E’ il segno che l’amore di Gesù “lega a sé quanti lo accolgono in un duraturo rapporto di amicizia e di fraternità”. “In compagnia di Gesù – ha concluso il Papa, parlando a braccio – il cammino faticoso diventa di gioia. Camminiamo insieme a Gesù e così questo anno sarà felice e buono”.

 

 Al momento dei saluti, il Papa ha dedicato un pensiero speciale alle Capitolari dell’Unione Santa Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola, che celebrano in questi giorni il loro capitolo generale. A loro, l’augurio del Papa affinché “il mistero dell’Incarnazione, che meditiamo in questo tempo liturgico”, le “conduca ad una sempre più solida fedeltà alla vostra missione nella Chiesa”. Infine, ha salutato i fedeli della parrocchia di Maria Santissima Immacolata in Scauri, che ricordano il 75.mo anniversario di erezione canonica della loro comunità parrocchiale.

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La prima udienza generale del Papa nel 2007 sembra quasi anticipare la riflessione contenuta nel suo libro “Gesù di Nazareth. Dal Battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione”, che uscirà prossimamente per i tipi della Rizzoli Editore. Nella prefazione del libro, il cui testo è stato reso noto nel novembre scorso, Benedetto XVI rileva che la distanza tra il Gesù storico e il Cristo della fede è diventata sempre più grande: col trascorrere dei secoli, si è diffusa l’impressione di sapere con certezza ben poco sulla figura di Gesù e solo più tardi la fede nella sua divinità ne ha plasmato l’immagine. Fabio Colagrande ha domandato a padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, di commentare quest’affermazione del Papa:

 

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R. - La sua diagnosi è perfettamente vera: soprattutto a livello di divulgazione, questa è ormai la tesi che viene diffusa. I risultati sono inaccettabili per la fede, perché rendere il Gesù della storia irraggiungibile o insignificante significa minare alla base tutta la fede cristiana. Quindi, benvenuto questo libro che con l’autorità ed il prestigio del Papa possa invogliare tante gente a mettere un punto interrogativo a tutte queste proposte, inchieste o visioni di Gesù che allettano perché praticamente non chiedono più di credere in nulla. In esse, Gesù è un uomo come gli altri, lo sentiamo vicinissimo, ma non è più un Salvatore, non è più Dio che viene a salvarci.

 

D. - Il Papa scrive: “Io ritengo che proprio questo Gesù, quello dei Vangeli, sia una figura storicamente sensata e convincente”. L’attuale storiografia è d’accordo su questa tesi?

 

R. - Qui, purtroppo, le strade si dividono, nel senso che la storiografia non credente naturalmente contesta questo, ma non può non farlo. A volte si dice che la fede condiziona la ricerca storica: è vero, certamente. Ma l’incredulità la condiziona infinitamente di più. Perché se uno si accosta a Gesù - l’ateo, il non credente, per i quali Dio non esiste - è ovvio che l’essenziale l’ha già risolto in partenza. Se Gesù non è Dio, non c’è parto virginale, la risurrezione è illusoria e anche tutto il resto. Quindi, bisogna distinguere la storiografia non credente dalla storiografia credente, soprattutto, direi, quella nata in relazione alle tesi di Bultmann, dopo gli anni ’60, che presenta un Gesù molto più raggiungibile attraverso i Vangeli di quanto si credesse prima. Gli esegeti, cioè, ritengono che il divario tra il Gesù predicato dalla Chiesa e quello reale dei Vangeli sia molto minore di quello che, sull’onda di Bultmann, si pensasse. In altre parole, noi possiamo – attraverso i Vangeli – ricostruire un’immagine verosimile anzi, come dice il Papa – e io sono perfettamente d’accordo – la più plausibile di Gesù. Perché non si spiega la nascita del cristianesimo, un fenomeno così repentino, così travolgente, se non si pone alla base un fatto che sia proporzionato a quello che ci presentano i Vangeli.

 

D. - Lei come studioso e come religioso, in che modo si spiega il successo di queste pubblicazioni che mettono in un certo senso in dubbio la storicità di quanto afferma la fede?

 

R. - La spiegazione è un po’ la stessa che spiega il successo di Dan Brown con il suo “Codice da Vinci”: l’idea, cioè, che vi sia una scoperta di un qualcosa tenuto nascosto per secoli dalla Chiesa, e questo incuriosisce, alletta... Io mi auguro che molte persone, leggendo queste cose, capiscano che c’è una improbabilità di fondo, e in coerenza, alla fine di queste inchieste, si pongano la domanda cruciale: “Ma questo Gesù, che non ha fatto niente di nuovo, non ha portato nulla di nuovo che non fosse già nell’ebraismo, non ha voluto fondare una religione, non è venuto se non per gli ebrei: come si spiega che poi questi libri portano come sottotitolo ‘chi era l’uomo che ha cambiato il mondo’?”. Come ha fatto a cambiare il mondo se non ha fatto niente? Quindi, ripeto, sono perfettamente d’accordo con queste poche pagine di prefazione che conosciamo del libro del Papa,. Non si tratta di negare il frutto dell’esegesi storica che effettivamente può fare la parte di Gesù, la parte dei Vangeli, ma il fatto è - e mi è piaciuto molto questo concetto del Papa - che tutti questi sviluppi successivi, anche della fede della Chiesa, non si spiegano se non c’è stato un fatto, una persona, un evento prima che ha determinato questa novità assoluta, che ha piantato il seme da cui è venuto tutto il resto. Io posso dire che la gente di oggi dice che Gesù è reale molto meno di quello che è scritto nei Vangeli: Gesù storico è molto di meno, non è questo, non è quello, non è quello... Io sono persuaso che è infinitamente di più di quello che è scritto nei Vangeli, Gesù, non di meno.

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RINUNCE E NOMINE

 

In Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Quixadá, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Adélio Giuseppe Tomasin. Al suo posto, il Papa ha nominato il sacerdote Angelo Pignoli, del clero della diocesi di Franca, finora coordinatore diocesano di pastorale e parroco delle ParrocchiaSant’Ana”. Il neo presule, 60 anni, è italiano di nascita e all’età di 14 anni è emigrato con la sua famiglia in Brasile. Ha compiuto gli studi di Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Ha esercitato, tra gli altri, il ministero di parroco, di vicario episcopale per il Cammino neocatecumenale, di rettore del Seminario “Nossa Senhora do Patrocínio”.

 

Sempre in Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di União da Vitória presentata per raggiunti limiti di età da mons. Walter Michael Ebejer. Al suo posto, il Pontefice ha nominato padre João Bosco Barbosa de Sousa, dei Francescani minori, finora parroco della Parrocchia “São Francisco de Assis” nell’arcidiocesi di São Paulo. Mons. Barbosa de Sousa ha 55 anni ed è originario dell’arcidiocesi di Aparecida, nello Stato di São Paulo. Ha studiato Filosofia e Teologia presso l’“Instituto Filosófico e Teológico Francescano” a Petrópolis. Ha frequentato anche un corso di Comunicazioni Sociali in Germania. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto, tra le altre, le seguenti attività: parroco, direttore di produzione dell’agenzia di audiovisivi religiosi “SONOVISO do Brasil”, presidente della Fondazione “CELINAUTA - Radio e TV” nell’arcidiocesi di Palmas.

 

Ancora in Brasile, Benedetto XVI ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Uruaçu presentata per raggiunti limiti di età da mons. José da Silva Chaves. Al suo posto, il Papa ha nominato vescovo di Uruaçu il sacerdote Messias dos Reis Silveira, del clero della diocesi di Guaxupé, finora parroco della cattedrale diocesana “Nossa Senhora das Dores”. Il 49.enne nuovo vescovo ha iniziato gli studi nel seminario minore dei Padri Redentoristi e poi, come seminarista della diocesi di Guaxupé, ha studiato filosofia presso la Pontificia Università Cattolica di Campinas e teologia presso il Centro di Studi dell’arcidiocesi di Ribeirão Preto. Ha esercitato il ministero di parroco, rettore del Seminario “São José” e della Casa di Formazione presbiterale “Nossa Senhora das Dores”. E’ stato anche membro del Consiglio di formazione presbiterale e coordinatore della Pastorale presbiterale diocesana.

 

Nel Benin, il Papa ha nominato vescovo di Porto Novo mons. René-Marie Ehuzu, dei Missionari di Scheut, finora vescovo di Abomey.

 

 

DOMANI, LA VISITA DI BENEDETTO XVI ALLA MENSA CARITAS DI COLLE OPPIO,

QUINDICI ANNI DOPO QUELLA COMPIUTA DA GIOVANNI PAOLO II

- Intervista con Gennaro Di Cicco -

 

Quindici anni dopo l’ultima visita, un Pontefice torna a visitare una Mensa della Caritas romana. Domattina, alle 11, Benedetto XVI sarà alla Mensa sociale di Colle Oppio, una struttura che dal 1983 - anno della sua apertura - ha servito oltre nove milioni di pasti a persone vittime del disagio sociale, italiane e straniere. Accompagnato, tra gli altri, dal cardinale vicario, Camillo Ruini, e dal direttore della Caritas italiana, mons. Guerino Di Tora, Benedetto XVI incontrerà gli ospiti della Mensa, i volontari che vi prestano servizio, e scoprirà una targa commemorativa in ricordo della visita che Giovanni Paolo II vi compì nel dicembre del 1992. Alessandro De Carolis ha domandato a Gennaro Di Cicco, responsabile delle Mense Caritas di Roma, quale accoglienza sia stata preparata per l’arrivo del Papa:

 

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R. - Un’accoglienza molto calorosa: è un segnale molto forte la scelta di venire in visita in una mensa dei poveri, soprattutto in quest’anno in cui la città di Roma, in modo particolare, è stata flagellata da persone che sono morte per la strada: abbiamo contato, purtroppo, otto decessi. Dunque, è un segnale di notevole attenzione verso queste fasce di cittadinanza più debole, che la Caritas incontra direttamente per la strada o all’interno delle mense o dei Centri di accoglienza. Inoltre, si tratta di un forte segnale di accoglienza anche verso il mondo del volontariato, che ci permette di gestire per tutto l’anno queste iniziative caritative.

 

D. - Il vostro è un lavoro che traduce in fatto quotidiano il “dar da mangiare agli affamati” del Vangelo. Quante sono le persone che vi chiedono aiuto, e quante sono i volontari che lo offrono?

 

R. - Le persone che purtroppo a Roma vivono situazioni di disagio sono tantissime. Noi stimiamo grosso modo 6 mila persone su strada, e bisogna tener presente che la città è in grado di offrire non più di 4 mila posti letto. E’ una vera città nascosta, una città che si popola di notte. A fronte di tutto questo disagio, devo dire, c’è il lavoro di migliaia di volontari: sono gruppi di impegno, sono parrocchie, scout, che si organizzano per alleviare le sofferenze di queste persone. Il primo, vero obiettivo è proprio quello di creare una relazione. Noi, ai volontari, chiediamo soprattutto questo: di stabilire relazioni che possano poi convincere la persona a lasciare la strada e, magari, ad accettare asilo un centro di accoglienza. In questi ultimi vent’anni, tante sono le persone che sono state strappate alla strada, che abbrutisce e detta le sue regole. La grande difficoltà sta nella mancanza di un nucleo familiare di riferimento: in genere, abbiamo a che fare con persone sole, finite sulla strada dopo un percorso di degrado sociale. Non è facile, dopo anni di vita sul marciapiede, decidere di lasciarlo. E in tante situazioni, il mondo del volontariato, la Caritas stessa, si pone in qualche modo come famiglia verso chi la famiglia non ce l’ha più.

 

D. - “L’uomo che soffre ci appartiene”, vi disse Giovanni Paolo II durante la sua visita del ’92. In che modo la Caritas appartiene ai disagiati? Quali progetti avete per loro?

 

R. - Oltre ai progetti immediati, quasi di pronto intervento - offrire da mangiare e da dormire - ora ci stiamo orientando sempre di più verso l’assistenza al nucleo familiare. Stiamo lavorando ad un progetto di emporio per famiglie in difficoltà: lo apriremo nei prossimi mesi. L’obiettivo è proprio quello di garantire quella relazione, quel rapporto umano che purtroppo queste persone non hanno.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La catechesi e la cronaca dell'udienza generale.

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq: il presidente Jalal Talabani (contrario alla pena di morte) non era stato informato della data dell'esecuzione di Saddam Hussein. Nell'arco del 2006 più di sedicimila iracheni sono rimasti uccisi a causa dell'imperversare delle violenze.  

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Lanza dal titolo "La vita, le domande, le certezze, il Mistero": attualità e fascino di Dino Buzzati.

 

Servizio italiano - In primo piano un articolo dal titolo "L'Italia si schiera contro la pena di morte": sarà chiesta all'ONU la moratoria. 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

3 gennaio 2007

 

 

INSEDIATO FORMALMENTE A CAPO DELL’ONU, IL NUOVO SEGRETARIO GENERALE

BAN KI-MOON. NUCLEARE, DARFUR E PENA DI MORTE TRA I TEMI “CALDI”

AFFRONTATI NEL SUO PRIMO INTERVENTO

- Interviste con il prof. Giandonato Caggiano e Mario Marazziti -

 

Da ieri, l’ex ministro degli Esteri sud-coreano, Ban Ki-moon, è formalmente il nuovo segretario generale delle Nazioni Unite, al posto dell’uscente Kofi Annan. Molti i temi proposti dall’attualità internazionale - dal negoziato sul nucleare, alla crisi in Darfur, al dibattito sulla pena di morte - che hanno trovato riflesso nelle prime parole del nuovo capo del Palazzo di Vetro. Ce ne parla, da New York Paolo Mastrolilli:

 

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Ban Ki-moon ha dichiarato che si impegnerà per fermare le violenze nel Darfur e a questo scopo a fine gennaio incontrerà il presidente sudanese, Al Bashir, durante il vertice dell’Unione Africana in Etiopia. Il nuovo segretario ha aggiunto di voler favorire la soluzione della crisi nucleare nord coreana, aiutando i negoziati a sei che dovrebbero riprendere nel prossimo futuro. Sull’esecuzione di Saddam Hussein, ha notato che si era macchiato di gravi crimini e l’ONU non può dimenticare le sue vittime. Quindi, ha suscitato sorpresa affermando che il tema della pena di morte va deciso da ogni Stato membro, in conformità con le leggi internazionali, senza ribadire la pregiudiziale del Palazzo di Vetro contro questa pratica, proprio mentre Roma ne chiede la sospensione e poi l’abolizione. Il nuovo segretario generale, considerato un diplomatico prudente, eredita un’organizzazione che negli ultimi anni è stata al centro delle polemiche. Ieri, ha dichiarato che l’ONU è stata spesso criticata in maniera ingiusta e ha sollecitato il suo staff ad avere un rapporto più diretto con i media, in modo da far conoscere meglio il lavoro del Palazzo di Vetro. Quindi, ha rilanciato l’approccio multilaterale ai problemi internazionali, sottolineando che nessuna persona, compreso se stesso, e nessuno Stato per quanto potente, può risolvere crisi come l’Iraq, l’Iran e il Libano, da solo. Di conseguenza, è sempre necessario uno sforzo comune. Il nuovo segretario ha compiuto anche le prime mosse operative, nominando l’indiano Vijay Nambiar come capo del suo staff, e l’haitiana Michele Montas come portavoce.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Per una riflessione sulle priorità che il neo segretario generale dell’ONU si troverà ad affrontare nel corso del suo mandato, Stefano Leszczynski ha sentito il parere di Giandonato Caggiano, docente di relazioni internazionali all’Università di Roma Tre:

 

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R. - Io penso che la cosa più importante sia recuperare credibilità per le Nazioni Unite. Si tratta di un’opera molto complessa, in cui la capacità di mediazione, la personalità, l’equilibrio sono sempre elementi molto forti.

 

D. - Tra le numerose crisi ereditate dal passato, due in particolare sono state citate dal nuovo segretario generale, cioè quella nel Darfur e la crisi nucleare nordcoreana

 

R. - Io penso che il Darfur sia veramente un lato scoperto del diritto internazionale e della gestione delle relazioni internazionali, della vita pacifica, della convivenza pacifica. Si tratta di intervenire ponendo sotto i riflettori questa crisi rimasta un po’ nascosta, non sufficientemente importante, considerati i suoi profili geopolitici non immediatamente percepibili. Per quanto riguarda la crisi coreana, più che del regime delle sanzioni, vedrei il nuovo segretario generale occuparsi della crescita di un profilo giuridico relativo al bando delle armi nucleari - che in fondo coinvolge con accenti molto diversi, ma certamente coinvolge, anche l’Iran - e quindi il labile confine tra uso dell’uranio per produzione pacifica dell’energia e il potenziamento dell’uranio, che porta al rischio di un arsenale atomico nel mondo.

 

D. - Per la proposta di una moratoria sulla pena di morte, in questo caso Ban Ki-moon ha lasciato un poco sorpresi i cronisti, mostrandosi freddino sulla questione. Ha detto che è un problema che devono affrontare gli Stati al proprio interno. Le Nazioni Unite poco possono fare su questa questione…

 

R. – Non penso che il segretario generale possa forzare la mano agli Stati, ma debba essere il guidatore della macchina delle Nazioni Unite. Quindi, il problema del rapporto tra Nazioni Unite e sovranità degli Stati è correttamente impostato. Naturalmente, noi possiamo auspicare che tutto questo sia il risultato di un cambiamento di posizione di Stati. Questo è, a medio termine, sicuramente raggiungibile. E’ frustrante, naturalmente, per chi vorrebbe che le Nazioni Unite fossero qualcosa di equivalente ad un governo mondiale, ma così non è ed è giusto che il segretario interpreti in questa maniera il suo ruolo.

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“La pena di morte è uno strumento barbaro del passato”, che “non abbatte il numero dei delitti”, ma “congela nell’odio le famiglie delle vittime per anni”, promettendo “una guarigione impossibile”. Sono alcuni passaggi contenuti nel comunicato della Comunità di Sant’Egidio, che appoggia l’iniziativa italiana di una moratoria universale contro la pena di morte, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Una iniziativa che Mario Marazziti, portavoce di Sant’Egidio, commenta in questi termini, al microfono di Massimiliano Menichetti:

 

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R. - Io penso sia un’iniziativa importante, utile, necessaria. La seconda cosa che penso è che bisogna però fare un grande lavoro per far sì che i Paesi co-sponsor dell’Italia e dell’Unione Europea, in questa iniziativa, siano anche grandi Paesi del sud e dell’est del mondo - intendo dire Paesi come il Cile, il Brasile, o Paesi come il Sudafrica o le Filippine - in modo che non possa esserci un’iniziativa come quella di Singapore o dell’Egitto o di chi, in passato, ha lavorato a spaccare il fronte. Altrimenti, l’iniziativa italiana rischia di essere velleitaria.

 

D. - Oggi, di fatto, sempre meno Paesi fanno ricorso alla pena di morte: questo conferma che la tendenza è di abbandonarla?

 

R. - La tendenza è che la pena di morte diventerà un fatto del passato. E’ un processo inarrestabile. Noi abbiamo avuto 25 Paesi, negli ultimi anni, che sono passati da un fronte all’altro. Anche negli USA, gli Stati che vi fanno ricorso la utilizzano di meno. Ma questo non vuol dire che Cina, Giappone, Stati Uniti, Paesi arabi che la utilizzano siano ad un metro, ad un passo dall’abolirla. Ci vuole un grande processo culturale ed una grande iniziativa politica. E i numeri, il fatto che la maggioranza dei Paesi sia già contro la pena di morte o non la utilizzi da più di 10 anni, non è un fatto automatico che all’Assemblea generale delle Nazioni Unite significa “la risoluzione passerà”: perché questa non è la logica dell’Assemblea generale!

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FIRMATO DAL MINISTERO DELLE COMUNICAZIONI ITALIANO UN DECRETO CHE IMPONE

IN POCHE ORE L’OSCURAMENTO DEI SITI INTERNET A CARATTERE PEDOPORNOGRAFICO

- Interviste con Sergio Staro e don Fortunato Di Noto -

 

Contrastare il fenomeno della pedopornografia in Internet. Questo l’obiettivo del decreto firmato ieri dal ministro delle Comunicazioni italiano, Paolo Gentiloni, di concerto con il dicastero per le Riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. In vigore tra 60 giorni, il decreto obbliga gli internet provider a dotarsi di sistemi in grado di oscurare entro 6 ore dalla comunicazione ricevuta dalle autorità giudiziarie i siti che diffondano, distribuiscano o facciano commercio di immagini pedopornografiche. Un passo, dicono gli esperti, su una strada ancora lunga da percorrere. Il servizio di Gabriella Ceraso.

 

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Governo e provider alleati nella lotta contro lo sfruttamento dei minori online: è un successo, perchè completa un percorso iniziato dieci anni fa con la legge 269 del ’98 integrata, nel 2006, con l’istituzione di un Centro nazionale di contrasto al fenomeno pedopornografico, ed è anche un esempio positivo di collaborazione tra due Ministeri, polizia postale e gli stessi provider, dopo un’istruttoria durata alcuni mesi. Ma qual è il percorso attraverso cui si arriverà all’oscuramento dei siti? Sergio Staro, vicequestore aggiunto della Polizia postale e delle comunicazioni:

 

R. - Questo complesso di informazioni praticamente viene previsto e legittimato. Tutti coloro che hanno una segnalazione si devono rivolgere alle forze dell’ordine, perché queste segnalazioni verranno a confluire in una lista di siti illegali, che verrà fornita agli internet provider, i quali ufficialmente saranno incaricati di non renderli più visibili a tutti gli utenti italiani che volessero accedervi volontariamente o quasi per caso o per curiosità.

 

Il decreto rispetta il criterio della sovranità dello Stato. Avrà valenza nazionale, dunque: fattore positivo, ma con qualche limite. Ancora Staro:

 

R. - Speriamo che, come è stato per altri testi normativi, l’Italia possa vedersi riconoscere un ruolo-guida nel settore e, pertanto, ci saranno altri Paesi che seguiranno questo esempio.

 

Ed è da qui che muovono obiezioni le associazioni che da anni si occupano del contrasto alla pedopornografia online. “Ci vuole un impegno corale - dicono - oscurare un sito può non bastare”. Il parere di don Fortunato Di Noto, fondatore dell’Associazione Meter:

 

R. - Oscurare deve corrispondere anche ad individuare i soggetti che hanno immesso il prodotto. E’ lì che dobbiamo colpire. E’ vero che l’italiano pedofilo nei server italiani, magari, non troverà nulla - ed è giusto che sia così – ma dall’altra parte, basta andare nei siti russi, australiani, nei siti iracheni, mediorientali, della Colombia, del Brasile... Si può benissimo usufruire di quel materiale. Forse, l’impegno è quello di fare un lavoro più internazionale, di coinvolgere gli Stati che hanno sottoscritto la Convenzione del fanciullo, coloro che in Europa hanno adeguato la loro legislazione alle norme e alle direttive della Comunità Europea. Forse, bisogna fare un lavoro più a 360 gradi.

 

Individuazione, dunque, dei soggetti produttori, coordinamento a livello internazionale, ma anche grande attenzione ai bambini, perchè siano individuati. Ancora don Fortunato Di Noto:

 

R. - Io non riesco a capire perché non si punti sull’individuazione dei bambini, che sono la produzione di questo abietto fenomeno che è lo sfruttamento sessuale. Suggerisco sicuramente – perché no – un coinvolgimento di tutti i settori educativi, affinché i bambini sappiano difendersi da possibili molestatori e adescatori. E suggerisco di educare i giovani, ma anche gli adulti, ad un uso consapevole, responsabile, di Internet, e di lanciare anche un appello a tutti gli utenti della rete, perché se ogni utente che si accorgesse di materiale illegale lo segnalasse alla polizia postale o alle forze dell’ordine sparse in tutto il mondo, credo che il fenomeno potrebbe essere contrastato e potrebbe diminuire.

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NON BISOGNA LASCIARSI FUORVIARE DA FANTASIOSE NARRAZIONI SUI PERSONAGGI

DEI VANGELI. LO AFFERMA MONS. GIANFRANCO RAVASI A PROPOSITO DELLE DIVERSE IPOTESI FORMULATE SULLA FIGURA DI MARIA MADDALENA

- Intervista con il prefetto della Biblioteca Ambrosiana -

 

Il rifiuto di Dio si manifesta oggi in forme subdole e pericolose che vanno “dal netto rigetto all’indifferenza, dall’ateismo scientista alla presentazione di un Gesù cosiddetto modernizzato o postmodernizzato”. Lo ha detto oggi Benedetto XVI durante l’udienza generale osservando che nell’era contemporanea, in particolare, Gesù viene ridotto in “ad un semplice uomo del suo tempo, privato della sua divinità … un Gesù talmente idealizzato da sembrare talora il personaggio di una fiaba”. Qualcosa di simile accade con alcuni personaggi che conosciamo nei Vangeli. Ne è un esempio Maria Maddalena, spesso spogliata della sua identità per essere disegnata nelle maniere più disparate. Tiziana Campisi ha chiesto al biblista mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana, come guardare questa figura senza cadere in equivoci:

 

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R. - E’ nell’opinione comune la figura della Maddalena come una prostituta. In realtà, il Vangelo dice solamente che da lei Gesù fece “uscire sette demoni”, e noi sappiamo che sotto questa immagine c’è la rappresentazione di un travaglio grave del male, anche forse della sofferenza fisica, in questa donna. Poi, successivamente, verrà identificata come Maria, sorella di Lazzaro. E ancora, è stata trasformata in Maria stessa, Madre di Gesù: ci sono dei testi successivi della tradizione apocrifa che la confondono con la figura di Maria. Alla fine, all’interno degli scritti gnostici, diventa in pratica la rappresentazione della sapienza che esce dalla bocca di Dio. Ed è per questo che tante malizie – non dimentichiamo mai l’influsso deleterio di Dan Brown – sono state ricamate attorno alla Maddalena riguardo al suo ipotetico amore con Cristo. La tradizione apocrifa dice che Gesù baciava spesso sulla bocca Maria. Ma sappiamo che nell’interno della Bibbia, la rappresentazione della sapienza esce dalla bocca di Dio, ed è per questo che l’autore antico voleva usare questa immagine per parlare di Maria di Magdala come sapiente che ha ricevuto un dono divino. Abbiamo perciò una deformazione dell’autentico messaggio evangelico.

 

D. - Ecco: perché, questo?

 

R. - Perché tante volte la lettura dei testi sacri viene condotta non tenendo conto del loro linguaggio di riferimento, delle loro caratteristiche. Si tenta, il più delle volte, di ricondurle ad alcune istanze, ad alcune esigenze - ad alcuni desideri, anche - della cultura contemporanea.

 

D. - Come deve guardare il credente, allora, alla figura di Maria Maddalena senza lasciarsi fuorviare dalle innumerevoli congetture formulate su di lei?

 

R. - Ritornando a vedere, a guardare il suo volto di donna, di persona che ha sofferto, che ha vissuto l’esperienza del male, che ha ritrovato la luce della speranza quando la sua strada si è incrociata con quella di Gesù.

 

D. - Il cristiano può conoscere Maria Maddalena attraverso gli occhi della fede, ma un non credente o uno studioso come può conoscere Maria Maddalena?

 

R. - Nel Vangelo di Luca, al capitolo VIII, all’inizio, c’è un elenco di discepole di Cristo: rappresenta dunque una originalità di Cristo, il quale ha deciso non soltanto di scegliere di avere attorno a sé discepoli maschi, come avveniva anche nella tradizione rabbinica, ma ha colto anche questa presenza femminile dandole un rilievo particolare.

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CHIESA E SOCIETA’

3 gennaio 2007

 

 

LA CHIESA DELLO SRI LANKA CONDANNA IL RAID DELLE FORZE GOVERNATIVE

CONTRO UN VILLAGGIO DI CIVILI NEL NORD, CHE IERI HA FATTO 14 MORTI,

TRA CUI 6 BAMBINI. IL VESCOVO DI  MANNAR, MONS. RAYAPPU:

“NELL’AREA NON VI ERANO BASI DEI RIBELLI”.

 

MANNAR. = Condanna della Chiesa dello Sri Lanka per il raid compiuto ieri dalle forze governative contro il villaggio di Padahuthurai, nel nord, che ha ucciso 14 civili, tra cui sei bambini. Dopo una visita al luogo dell’attacco, il vescovo di Mannar, mons. Joseph Rayappu, ha dichiarato che l’operazione militare ha completamento distrutto l’insediamento, dove alloggiavano per lo più profughi interni. Secondo il vescovo, citato da AsiaNews, nel villaggio non vi era nessuna base delle Liberation Tigers of Tamil Eelam (LTTE). La maggior parte dei 236 abitanti del villaggio sono civili fuggiti da Navanthurai e dalle vicine coste di Jaffna, dove è in atto una recrudescenza della pluridecennale guerra civile tra esercito e separatisti Tamil, che si sperava conclusa con il cessate-il-fuoco. E per una soluzione positiva del conflitto etnico e un maggiore impegno in questo senso da parte delle potenze mondiali si è espresso il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam, nel suo messaggio per il nuovo anno. “Mi rivolgo alla comunità internazionale – ha affermato – in un momento in cui le nubi della guerra si ammassano sulle zone Tamil, la fame minaccia la popolazione, all’orizzonte si intravede lo spettro di malattie infettive che si diffondono nella mancanza di medicinali e ansia e paura soffocano la gente Tamil, costretta a vivere alla giornata”. Mons. Savundaranayagam ha esortato a pregare per la pace e perché, come ha detto il Papa a Natale, “nello Sri Lanka trovi ascolto, nelle parti in lotta, l’anelito delle popolazioni per un avvenire di fraternità e di solidarietà”. (R.M.)

 

 

 “DIALOGO INEVITABILE”: E’ IL TITOLO DEL MESSAGGIO PER IL NUOVO ANNO

DEI VESCOVI DEL CIAD, CHE LANCIANO UN APPELLO PER LA PACE NEL PAESE

 

N’DJAMENA. = “Non è mai troppo tardi per cominciare a dialogare”: è quanto scrivono a caratteri cubitali i vescovi del Ciad nel loro messaggio per il nuovo anno, intitolato “Dialogo inevitabile”. Come riferisce l’agenzia MISNA, i presuli ricordano che tutta la storia del Ciad come Paese indipendente “è seminata, sin dagli inizi, da conflitti armati che, lontani dal risolvere i problemi dello sviluppo e della concordia nazionale, hanno immerso il Paese nell’orrore e nel terrore”. Rivolgendosi ai ribelli che da oltre un anno seminano terrore nella parte orientale del Paese, i vescovi ricordano che la scelta della via armata “non genera altro che odio e vendetta, lacrime e sofferenze”. I presuli chiedono poi al governo di N’Djamena “che siano attuate strutture efficaci di dialogo sociale e politico, senza escludere nessuno” e che vengano ripartiti equamente “i beni della terra e del sottosuolo, che troppo spesso sono oggetto di bramosie e ostacolo alla pace”. Allargando infine il discorso alle grandi potenze mondiali, di cui riconoscono gli sforzi per lo sviluppo, i vescovi ribadiscono: “Deploriamo che la generosità di quest’impegno sia troppo spesso contaminata gravemente da interessi divergenti che niente hanno a che fare con l’interesse del nostro popolo”. (R.M.)

 

 

IN INDIA, ANCHE LO STATO DELL’HIMACHAL PRADESH INTRODUCE UNA LEGGE

ANTI-CONVERSIONE. È LA PRIMA VOLTA, PER UN GOVERNO RETTO DAL PARTITO

CONGRESS, DA SEMPRE CONTRARIO A QUESTE NORME,

PROMOSSE PER LO PIÙ DAI NAZIONALISTI

 

Shimla. = Il governo dell’Himachal Pradesh, Stato dell’India settentrionale guidato dal partito Congress, ha varato lo scorso 29 dicembre una legge anti-conversione. La notizia – riferisce AsiaNews – è stata accolta con favore dal Bharatiya Janata Party (BJP), all’opposizione, ed è fonte di allarme per le comunità di minoranza e soprattutto per i cristiani. Kaul Singh, ministro della Giustizia, spiega che, “secondo la nuova legge, se qualcuno è costretto a cambiare la sua religione senza consenso, avrà un mese di tempo per tornare indietro”. Previste, inoltre, pene severe per chi costringe o induce qualcuno a convertirsi. Negli ultimi mesi, cinque  Stati governati dal nazionalista BJP o dai suoi alleati hanno introdotto o inasprito legislazioni di questo genere. Lo scopo – a quanto dicono le autorità – è proteggere l’identità religiosa indiana e promuovere l’armonia sociale. Per l’Himachal Pradesh, però, si tratta di un caso particolare: è infatti la prima volta che uno Stato guidato dal Congress approva tale normativa, verso la quale il partito è sempre stato molto critico. Già a novembre 2005, quando la legge era solo in fase di studio, la Chiesa cattolica indiana aveva espresso forti preoccupazioni per il fatto che “un altro Stato dell’Unione, che è sempre stata di stampo laico, stia cercando di attuare una legge anti-conversione”. L’arcivescovo Stanislaus Fernandes, segretario generale della Conferenza episcopale indiana, aveva dichiarato ad AsiaNews: “Oltre alla legge, preoccupa il fatto che il ministero sociale della Chiesa venga analizzato e guardato con sospetto”. (R.M.)

 

 

UN CENTRO PSICOTERAPEUTICO PER AIUTARE I BAMBINI PALESTINESI

TRAUMATIZZATI DALLA GUERRA: È IL PROGETTO DI DON MANAWEL MUSALLAM,

PARROCO DELLA CHIESA DELLA SACRA FAMIGLIA DI GAZA

 

GAZA.= “Non c’è bimbo, qui a Gaza, che non abbia subito traumi”: così, don Manawel Musallam, parroco della chiesa della Sacra Famiglia di Gaza, ha motivato il suo progetto di costruzione di un centro di cura per i bambini traumatizzati della città palestinese. L’iniziativa – riferisce l’agenzia SIR – gode della collaborazione della municipalità di Beit Hanoun, che si è già impegnata a fornire il terreno e un primo finanziamento per avviare l’opera. Il centro psicoterapeutico, unico in tutta la regione, sarà gestito da 15 specialisti e sarà dotato di un giardino per l’infanzia, cui verrà affiancata anche una scuola. “Qui nella Striscia di Gaza – afferma don Manawel Musallam – viviamo nel caos e nella violenza”. “La gente chiede il necessario per vivere, specie per i bambini, i più colpiti. Non c’è un bambino, qui a Gaza, che non abbia subito traumi da questa situazione e dagli scontri con gli israeliani”. “Molti di questi piccoli – prosegue il sacerdote - mostrano una predisposizione alla violenza e quasi tutti hanno smarrito il gusto del gioco”. La notizia segue la visita pre-natalizia a Gaza di una delegazione del patriarcato latino, guidata dal patriarca Michel Sabbah, che ha trasmesso la solidarietà della Chiesa cattolica alla comunità cristiana della Striscia di Gaza. (A.D.F.)

 

 

MIGLIAIA DI NUOVI SFOLLATI NELL’OVEST E NEL NORDEST DEL KENYA

PER LE PIOGGE TORRENZIALI RIPRESE A FINE DICEMBRE

 

NAIROBI.= Sono migliaia i nuovi sfollati nell’ovest e nel nordest del Kenya per le piogge torrenziali riprese il 21 dicembre scorso, dopo un periodo di relativa calma. La zona più colpita – riferisce l’agenzia MISNA – è la provincia occidentale di Nyanza, dove violente alluvioni hanno provocato l’allagamento di Budalangi, Migori, Nyando e Kisumu. Almeno 2700 persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni in seguito allo straripamento del fiume Awach, a Kisumu. Salgono a 4400 gli sfollati nel vicino distretto di Migori e a 600 nel distretto di Nyando, mentre a Budalangi almeno tre mila persone vivono negli accampamenti. “Non sono state segnalate vittime, ma la maggior parte dei residenti si è spostata in terreni più alti per salvarsi dalle alluvioni”, riferisce King’Ori Mangi, capo della polizia locale, mentre il Dipartimento meteorologico prevede una lunga ondata di precipitazioni proprio sulle aree di Kisumu e di Nyanza. Le piogge hanno causato alluvioni anche nell’est e nel nordest del Paese e, in particolare, nel distretto di Wajir, dove almeno 26 mila persone vivono in accampamenti e le strade sono inaccessibili. (A.D.F.)

 

 

PERSISTE LA VIOLENZA IN SALVADOR, DOVE TRA NATALE E CAPODANNO

SONO STATI COMPIUTI 50 OMICIDI. L’AUSILIARIO DI SAN SALVADOR,

MONS. ROSA CHÁVEZ: “OCCORRONO POLITICHE SOCIALI CORAGGIOSE”

 

SAN SALVADOR. = A 15 anni dalla firma degli accordi di pace che posero fine a 12 anni di guerra civile, la violenza persiste in Salvador, dove si registra, insieme al Guatemala, un indice di omicidi tra i più alti della regione. Solo durante le festività natalizie e di capodanno, sono stati contati 50 morti, la maggior parte dei quali per arma da fuoco, in un Paese di 6,7 milioni di abitanti che dal 2004 conta una media di almeno 10 vittime al giorno. “Sentiamo che la nostra gente ha l’animo prostrato, molti disperati scelgono di emigrare, ma io credo che dobbiamo invece scegliere di cambiare il nostro Paese”, ha affermato il vescovo ausiliare di San Salvador, mons. Gregorio Rosa Chávez. “Questo presuppone di affrontare temi sensibili come il modello economico, la democrazia partecipativa, la credibilità dei dirigenti politici e politiche sociali coraggiose”, ha aggiunto il presule. Secondo mons. Rosa Chávez, la proposta della Commissione di sicurezza cittadina e pace sociale, una rete di organismi della società civile che chiede il disarmo della popolazione civile, “sarebbe una misura efficace per frenare la violenza”. (R.M.)

 

 

AL VIA, OGGI A ROMA, IL CONVEGNO DEL CENTRO NAZIONALE VOCAZIONI (CNV)

DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (CEI), SUL TEMA: “QUALE PRESBITERO

PER UNA COMUNITÀ CRISTIANA A SERVIZIO DI TUTTE LE VOCAZIONI?”

 

ROMA. = “Quale presbitero per una comunità cristiana a servizio di tutte le vocazioni?”: questo, il tema del Convegno nazionale del Centro nazionale vocazioni (CNV) della Conferenza episcopale italiana (CEI), che prende il via oggi pomeriggio a Roma. Tra gli interventi in programma fino a venerdì, quello di mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza-Bobbio, sul tema “Il presbitero per una Chiesa ricca di vocazioni”, mentre il rettore del Seminario regionale pugliese, don Antonio Ladisa, presenterà la pastorale vocazionale come “vocazione” della pastorale di oggi. Il giornalista di Avvenire, Mimmo Muolo, modererà poi una tavola rotonda dedicata alla figura del “presbitero animatore di vocazioni nell’esercizio della testimonianza”. A chiudere i lavori, la Celebrazione Eucaristica presieduta dal cardinale Camillo Ruini, presidente della CEI, e la relazione conclusiva di padre Amedeo Cencini, docente all’Università pontificia salesiana, su “Il presbitero educatore, formatore e accompagnatore”. (R.M.)

 

 

NASCE L’EDIZIONE PER NON VEDENTI DEL “ MESSAGGERO DI SANT’ANTONIO”:

IL MENSILE PADOVANO, IN FORMATO ELETTRONICO,

PUO’ ESSERE LETTO CON UN SINTETIZZATORE VOCALE

 

PADOVA. = Un’edizione per non vedenti del “Messaggero di Sant’Antonio”: l’idea, che è diventata realtà, è di Sabrina Baldin, una collaboratrice non vedente del mensile padovano. “Qui alMessaggero’ – racconta la Baldin, citata dal quotidiano Avvenire – i miei colleghi mi passano la rivista in formato elettronico, così la posso leggere grazie al sintetizzatore vocale del mio computer. Ho pensato che avrebbe fatto piacere a molti non vedenti avere a disposizione contenuti e riflessioni spirituali”. I “file” delMessaggero di Sant’Antonio’ possono essere spediti via email in formato testuale ai non vedenti provvisti di sintetizzatore vocale, oppure trasferiti su CD-Rom e inviati via posta. In questo secondo caso, ogni articolo viene letto da una voce femminile sintetizzata, ribattezzata “Silvia”, e può essere ascoltato da chi non ha il sintetizzatore vocale. Chi si abbonerà al “Messaggero di Sant’Antonio” per non vedenti riceverà gratuitamente la rivista per i primi sei mesi, poi pagherà un abbonamento ridotto. Sull’onda di questa esperienza, il tradizionale Calendario Antoniano 2007 è stato realizzato anche in scrittura braille. (R.M.)

 

 

CAMBIA VESTE GRAFICA E LINEA EDITORIALE LO STORICO PERIODICO “IL CARMELO

E LE MISSIONI”, DEDICATO ALLE REALTÀ MISSIONARIE CARMELITANE NEL MONDO

 

ROMA.= Un taglio editoriale e una veste grafica completamente nuovi per l’ormai secolare rivista “Il Carmelo e le Missioni”: lo ha annunciato il neo-direttore del mensile, padre Massimo Angelelli, in un editoriale pubblicato nell’ultimo numero. Il periodico, che si occupa delle realtà missionarie carmelitane in Italia e all’estero, cambia struttura e contenuti, per seguire l’evolversi del tempo e della società. “L’asse portante del nostro lavoro sarà quello di dare voce ai nostri missionari, facendoci raccontare da loro cosa avviene nei Paesi dove sono presenti i Carmelitani Scalzi”, ha spiegato padre Angelelli. Come riferisce l’agenzia MISNA, tra le novità, è prevista anche una rubrica dedicata ai più piccoli, dal titolo “Piedini scalzi”. In queste pagine, i bambini potranno compiere una sorta di “giro del mondo”, attraverso favole e racconti provenienti dai cinque continenti. (A.D.F.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

3 gennaio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, è stato rapito e assassinato a Baghdad un importante capo tribale sunnita. Una fonte governativa ha rivelato, inoltre, che l’esecuzione dei due coimputati nel processo contro Saddam Hussein, condannati a morte dal tribunale iracheno, è stata fissata per domani. Si tratta del fratellastro dell’ex rais e dell’ex presidente del tribunale rivoluzionario. Sull’uccisione di Saddam Hussein emergono, inoltre, nuovi particolari. Il nostro servizio:

 

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Due quotidiani sauditi rivelano che l’esecuzione è avvenuta nel quartiere sciita di Kadhimiyah alla presenza del leader sciita Moqtada Al Sadr. “Ho visto Al Sadr indossare il passamontagna nero all’interno della stanza”, ha spiegato un testimone. Secondo la stampa saudita, Al Sadr sarebbe l’uomo, a volto coperto, che appare in un video dietro le spalle dell’ex rais. Vedendo il filmato, probabilmente realizzato con un cellulare, si possono chiaramente sentire insulti contro Saddam Hussein e grida in favore dell’estremista sciita. Il premier iracheno, Nuri Al Maliki, ha ordinato l’apertura di un’inchiesta proprio per scoprire l’identità dell’autore di questo video non autorizzato e diffuso su Internet e da varie emittenti televisive. Secondo il vice procuratore generale del tribunale iracheno, a riprendere gli ultimi istanti di vita dell’ex rais sarebbe stato un funzionario del governo di Baghdad e non una guardia carceraria. La televisione araba Al Arabiya ha rivelato, poco fa, che l’autore del video sarebbe già stato arrestato ma, al momento, la notizia non è stata confermata dal governo. Intanto, nel nord del Paese, centinaia di sostenitori del deposto regime continuano a rendere omaggio a Saddam davanti alla sua tomba nei pressi di Tikrit, dove è stato revocato il coprifuoco. Negli Stati Uniti, infine, il presidente George Bush ha annunciato che nei prossimi giorni presenterà una nuova strategia per l’Iraq mirata “ad aiutare il popolo iracheno a conquistare il controllo sul versante della sicurezza”, e il governo a svolgere le proprie funzioni.

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Situazione tesa anche in Afghanistan, dove in una operazione congiunta di militari afghani e forze della NATO, condotta nella turbolenta provincia meridionale di Helmand, sono stati uccisi 11 guerriglieri talebani. Lo ha reso noto il capo della polizia locale, precisando che tra le vittime c'è anche uno dei capi della guerriglia della zona.

 

Dopo due anni di carcere è stata liberata oggi, dal carcere femminile a nord di Tel Aviv, l’attivista della sinistra radicale israeliana Taly Fahima. La donna era stata condannata per essere entrata illegalmente in Cisgiordania, per aver incontrato “un agente nemico” e per avergli inoltrato notizie segrete. I servizi di sicurezza palestinesi hanno chiesto, intanto, agli stranieri occidentali, americani ed europei, di abbandonare la Striscia di Gaza per l’elevato rischio di rapimenti.

 

Le autorità indonesiane hanno avviato una vasta operazione terrestre, aerea e per mare alla ricerca dell’aereo, con a bordo 102 persone, scomparso lunedì scorso dai radar. Ieri sono state diffuse notizie sul ritrovamento di resti del velivolo ma, poco dopo, è arrivata la smentita da parte del governo. Fonti della marina hanno annunciato, intanto, che su una piattaforma petrolifera sono stati trovati 12 superstiti del naufragio del traghetto affondato sabato scorso al largo del Borneo. A bordo dell’imbarcazione, secondo fonti locali, c’erano 628 persone; 212 sono riuscite a salire sulle scialuppe di salvataggio. Più di 400, invece, risultano ancora disperse.

 

“Il processo di pace con l’organizzazione separatista basca dell’ETA è finito”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno spagnolo, Alfredo Perez Rubalcaba, tre giorni dopo l’annuncio del premier, José Luis Rodriguez Zapatero, della sospensione del dialogo in seguito all’attentato all’aeroporto di Madrid dello scorso 30 dicembre. Diciannove persone sono rimaste ferite e risultano ancora dispersi due cittadini dell’Ecuador. L’azione terroristica è stata subito rivendicata dall’ETA, che nel mese di marzo aveva invece annunciato una tregua. Non mancano, comunque, nuovi spiragli di pace. Per Batasuna, l’ala politica dell’organizzazione separatista armata basca, il processo di pacificazione “non è interrotto”. Ma è necessario – sostiene Batasuna – rinnovare il dialogo “per trovare una soluzione politica al conflitto”. Il servizio di padre Ignacio Arregui:

 

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Ormai è certo che il processo di pace tra il governo centrale di Madrid e il gruppo armato indipendentista ETA è finito. Il capo di governo, Zapatero, il giorno stesso dell’attentato all’aeroporto di Barajas di Madrid, aveva parlato di “sospensione”; questa ipotesi lasciava aperta la possibilità di una ripresa del negoziato, in altre circostanze e nel rispetto delle condizioni approvate dal Parlamento. Ieri, il ministro dell’Interno ha chiarito che il processo di pace è stato cancellato. Tutta la responsabilità di questo fallimento ricade sull’ETA, che ha rotto il dialogo con la violenza delle armi. In questi giorni si è fatta avanti l’ipotesi che, all’interno dell’ETA, ci sarebbero due tendenze e che stavolta ha prevalso la linea più dura e intransigente. Nonostante il pessimismo generale, alcune voci continuano a insistere che non si deve mai rinunciare al processo di pace se si danno le condizioni che lo rendano fattibile. Il governo di Zapatero prevede adesso un incontro con i rappresentanti di tutti i partiti presenti nel Parlamento, per studiare una nuova strategia di pace. Il primo incontro, con i portavoce dei partiti, si terrà martedì prossimo al Parlamento. Resta il dubbio se il partito Popolare, che si è sempre opposto ad ogni tentativo di dialogo con l’ETA, accetterà,  o meno, il nuovo progetto di pace del governo.

 

Per la Radio Vaticana, Ignacio Arregui

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La comunità internazionale, e non il governo di Belgrado, deve elaborare un percorso per risolvere il problema del futuro del Kosovo. Lo ha dichiarato il primo ministro serbo, Vojislav Kostunica, in un’intervista rilasciata al quotidiano ‘Politika’ auspicando il via a veri negoziati sul futuro della provincia serba a maggioranza albanese, amministrata dalle Nazioni Unite dal 1999.

 

Negli Stati Uniti, l’FBI ha pubblicato ieri un rapporto che descrive una trentina di casi di presunti maltrattamenti inflitti a detenuti durante interrogatori nel carcere americano di Guantanamo. Il rapporto contiene anche le testimonianze di responsabili militari, secondo cui il Pentagono avrebbe approvato indicibili metodi di interrogatorio. Il comandante John Carpenter, portavoce del Pentagono, ha dichiarato, invece, che queste pratiche non sono mai state approvate ad alto livello.

 

All’indomani del discorso del neo segretario dell’ONU, Ban Ki moon, una nuova bufera si abbatte sulle Nazioni Unite. Alcuni militari della forza di pace dell’ONU, impegnati nella regione meridionale del Sudan, sono accusati di abusi sessuali su bambini. Lo riferisce il quotidiano britannico ‘Daily Telegraph’, precisando che le violenze sarebbero iniziate con l’arrivo due anni fa, nell’area, di circa diecimila tra militari e funzionari dell’ONU. Il loro compito è quello di contribuire all’opera di ricostruzione dopo 23 anni di guerra civile, ma sulla missione aleggia lo spettro, a partire dal 2005, di diverse denunce di presunte violenze contro minori. Il giornale britannico sostiene di aver raccolto le testimonianze di almeno 20 vittime sudanesi. Le Nazioni Unite non hanno commentato la notizia e non hanno aperto un’inchiesta. Il governo sudanese, contrario ad un intervento dell’ONU nella martoriata regione occidentale del Darfur, ha invece raccolto prove, tra cui un filmato, di maltrattamenti e abusi.

 

E’ stato alto il prezzo, pagato nel 2006, dagli osservatori di pace e dei civili impegnati in operazioni di monitoraggio dell’ONU in Paesi devastati da guerre e violenze. Lo scorso anno sono stati uccisi 22 osservatori. Gli episodi più sanguinosi sono accaduti nella Repubblica Democratica del Congo, dove le vittime sono state nove, e nel Libano, con un bilancio di sei morti.

 

Colpi d’arma da fuoco sono risuonati al confine tra Somalia e Kenya e aerei da guerra etiopi, in appoggio al governo somalo, sono in perlustrazione alla ricerca di miliziani islamici in fuga. I guerriglieri islamici, che si sono ritirati dalla loro ultima roccaforte lunedì dopo due settimane di guerra, si sono impegnati a proseguire la lotta, respingendo un'amnistia offerta dal governo ad interim somalo. Intanto, nello Yemen, sono arrivati almeno 300 mila profughi somali. L’Italia ha dato la propria disponibilità ad inviare un aiuto umanitario urgente.

 

Il Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (MEND) sostiene di aver bloccato un tentativo di far rilasciare, tramite il pagamento di un riscatto, i tre tecnici italiani e il loro collega libanese rapiti un mese fa in Nigeria. Il MEND afferma che la compagnia petrolifera AGIP ha utilizzato per la consegna del riscatto un "truffatore", che è stato intercettato. L’ENI ha subito precisato che non ha avuto nessun contatto diretto con altri soggetti se non il ministero degli Affari Esteri e le autorità nigeriane.

 

In Myanmar, sono stati liberati quasi 3 mila detenuti in occasione del 59.mo anniversario dell’indipendenza del Paese. Tra i rilasciati non figura, però, nessun dissidente politico. La giunta militare ha precisato di aver concesso l’amnistia a 2831 prigionieri. Sale così a più di 23 mila il numero di detenuti rilasciati nel Paese asiatico, a partire dal 2004.  Il governo concede spesso amnistie in occasioni di feste nazionali ma fino ad oggi, sono stati liberati pochissimi prigionieri politici.

 

In Bangladesh, dopo settimane di scioperi e manifestazioni, l’opposizione ha invitato i propri sostenitori a boicottare le elezioni parlamentari, previste per il prossimo 22 gennaio. L’attuale governo di transizione – ha spiegato il leader dell’opposizione – non è riuscito a dimostrare la propria neutralità.

 

E’ morto il ministro degli Esteri nordcoreano, Paek Namsun. Lo ha reso noto l’agenzia giapponese ‘Kyodo’ citando la nordcoreanaKcna’. Paek aveva 77 anni ed era a capo della diplomazia di Pyongyang dal 1998. Alla fine degli anni ‘60 è stato nominato vicedirettore del dipartimento Esteri del partito e ha partecipato alla prima serie di colloqui umanitari con la Corea del Sud. Successivamente, è stato designato ambasciatore in Polonia e, dal 1990, deputato all’Assemblea del popolo.

 

Un altro piccolo tabù che si infrange: da oggi è al lavoro a Teheran la prima autista donna di autobus, un mestiere finora tradizionalmente riservato solo agli uomini. Ne danno notizia i media iraniani, secondo cui la prima autista di sesso femminile potrà guidare solo mezzi di una linea destinata esclusivamente alle donne.



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