RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 54 - Testo della
trasmissione di venerdì 23 febbraio 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Il cardinale Tarcisio Bertone: la diplomazia vaticana al servizio del vero bene dell'uomo
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Sud Sudan: non accenna ad arrestarsi l’epidemia di meningite: oltre 100 le vittime
Crisi di governo in Italia.
Berlusconi dice no ad un Prodi bis ma per Mastella la maggioranza ha i numeri
23 febbraio 2007
Alla presenza del Papa, si è tenuto
il Concistoro per la canonizzazione
di 5 Beati, “umili e pazienti costruttori del Regno di
Dio”
Cinque
testimoni del Vangelo, che in epoche diverse si sono lasciati attrarre
dall’amore di Cristo: si è svolto stamani, nel Palazzo Apostolico alla presenza
del Papa, il Concistoro ordinario per la canonizzazione di 5 Beati. A
presentare le figure dei nuovi Santi al Papa è stato il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Ecclesia, Sanctorum mater, semper gaudet
cum in filiis suis…
“La
Chiesa, madre dei Santi, gioisce sempre quando nei
suoi figli vede splendere l’immagine di Cristo, esempio di perfezione divina”.
E’ quanto sottolineato dal cardinale José Saraiva Martins, che, nell’illustrare la vita e l’opera dei 5 nuovi
Santi, ha messo l’accento sul loro essere attratti dalla “verità e carità” di
Gesù:
Unusquisque, suo in ambitu
ac tempore…
“Ognuno
di loro – ha affermato – nel suo tempo e nel suo ambito fu un umile e paziente
costruttore del Regno di Dio”. Tra i nuovi Santi, c’è il sacerdote maltese
Giorgio Preca, vissuto nel secolo scorso, autore di
una vera rivoluzione nella Chiesa di Malta. Si distinse, in particolare, nella
promozione del ruolo dei laici nell’apostolato. Nella Messa per la sua
Beatificazione, nel 2001, Papa Wojtyla sottolineò che al centro della sua
spiritualità c’era l’Incarnazione. Nei suoi scritti sulla mitezza, don Giorgio
esortava i suoi amici cristiani “a seguire l’esempio del Signore Crocifisso,
perdonando ogni offesa”. Verrà canonizzato anche il
Frate minore polacco, Simone da Lipnica, vissuto nel
XV secolo e noto come “predicatore ferventissimo”.
Morì di peste, male che contrasse proprio mentre,
incurante del pericolo, portava conforto agli appestati di Cracovia.
Tra i
nuovi Santi, il Frate minore alcantarino brasiliano
Antonio di Sant’Anna, vissuto tra il 1700 e il 1800, fondatore del Monastero
delle Concezioniste. C’è anche una nuova Santa: si
tratta della francese Maria Eugenia di Gesù, vissuta nel 1800, fondatrice
dell’Istituto delle Suore dell’Assunzione della Beata Maria Vergine. Fu
beatificata da Paolo VI nel febbraio del 1975, la prima beatificazione di
quell’Anno Giubilare. Papa Montini definì la sua
figura e il suo messaggio “di palpitante attualità”. La sua - sottolineò - è
“l'immagine suadente che la santità” è “non solo possibile a umane forze, ma reale, ma vera, ma presente in mezzo al mondo,
nascosta, forte e benefica”. Infine, tra i nuovi Santi, il passionista olandese
Carlo di Sant’Andrea, anch’egli vissuto nel 1800, particolarmente impegnato sul
fronte dell’ecumenismo e instancabile confessore. “Il Beato Carlo – affermò
Giovanni Paolo II nella Messa per la sua beatificazione, il 16 ottobre 1988 -
richiama tutti i cristiani ad essere una sola cosa nell’unità per la quale
Cristo ha pregato nell’Ultima Cena”. La cerimonia di canonizzazione del Beato
Antonio di Sant’Anna si terrà l’11 maggio 2007, quella degli altri 4 nuovi
Santi, il 3 giugno 2007. Proprio ieri, nell’incontro con i sacerdoti romani,
Benedetto XVI aveva sottolineato il ruolo dei Santi nella crescita della nostra
fede. Ascoltiamo:
“Naturalmente
ci accompagnano i Santi. Sono figure che hanno vissuto con tanti problemi, vere
interpretazioni vive della Sacra Scrittura e naturalmente ognuno ha il suo
Santo, dal quale può meglio imparare che cosa è vivere da cristiano,
soprattutto i Santi del nostro tempo. Sempre e naturalmente Maria rimane la
Madre della Parola. Scoprire Maria ci aiuta ad andare avanti nella santità”.
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Altre udienze e nomine
Nel
pomeriggio il Papa riceverà in udienza l’arcivescovo Angelo Amato, segretario
della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Nelle
Filippine, il Santo Padre ha nominato vescovo ausiliare dell’arcidiocesi di Tuguegarao il rev. Ricardo Lingan
Baccay, del clero della medesima arcidiocesi, finora
rettore del Seminario minore di "S. Jacinto",
assegnandogli la sede titolare vescovile di Gabala.
Il rev. Ricardo Lingan Baccay
è nato a Tuguegarao il 3 aprile 1961. E' stato
ordinato sacerdote il 10 aprile 1987 per l’arcidiocesi di Tuguegarao.
Il diritto all'obiezione di coscienza per un
cristiano
al centro del Congresso
internazionale
promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita
Formare
la propria coscienza è "un dovere fondamentale" per ogni persona e
specialmente per un cristiano, che è chiamato a modellarla sugli insegnamenti
del Magistero ecclesiale per poi testimoniarne gli effetti nella vita
quotidiana . E' l'assunto dell'ampia riflessione
svolta dal cardinale Javier Lozano
Barragán al Congresso internazionale intitolato
"La coscienza cristiana a sostegno del diritto alla vita". Il
presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute ha introdotto
i lavori del Congresso promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita, in
concomitanza con la sua XIII Assemblea generale. Oggi e domani, scienziati,
docenti e teologi si interrogano, nell'Aula Nuova del Sinodo Vaticano, su temi
etici di grande attualità, tra i quali il diritto a ricorrere all'obiezione di
coscienza da parte di un credente nel caso in cui la vita umana sia messa a
rischio. Sulle finalità complessive del Congresso, Giovanni Peduto ha sentito
il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, il vescovo Elio Sgreccia:
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R. – L’obiettivo del Convegno è duplice.
In primo luogo si vuole sottolineare l’identità di una coscienza cristiana e,
quindi, cosa vuol dire essere cristiani ed avere un giudizio capace di
orientare la vita quotidiana, specialmente sui problemi della difesa della vita
nel contesto di oggi. Il secondo obiettivo è quello di fare una rassegna dei
problemi nuovi che esigono l’obiezione di coscienza. Finora conoscevamo due
tipi di obiezione di coscienza: quello verso il servizio militare e la guerra e
quello verso l’aborto ed anche la sterilizzazione. Ora, però, i casi si
moltiplicano. C’è ora, ad esempio, tutta la questione
dell’aborto chimico, della pillola del giorno dopo RU486 e di tutti gli altri
strumenti impiegati anche nel terzo mondo come i vaccini. Tutta questa prassi
di tipo intercettivo che impedisce l’impianto
dell’embrione oppure di tipo abortivo è materia di obiezione di coscienza.
Coloro che sono chiamati come operatori a diffondere queste cose o a fare gli
esecutori di questi tipi di interventi - è chiaro - si trovano di fronte ad una obiezione
della coscienza cristiana. C’è poi il problema nuovo dell’eutanasia e ci sono
problemi che riguardano anche la famiglia. Già in Spagna ci si è posto il
problema di un ufficiale civico che viene chiamato a celebrare
– diciamo così – un matrimonio fra due persone omosessuali e la domanda che ci
si pone è se, come credente, possa farlo. C’è una coscientizzazione da fare
sulle novità in questo campo. Se pensiamo – in conclusione – che la coscienza
sia la carta di identità, la bussola di una persona e che nel pluralismo
attuale, nel contrasto e nella confusione anche di idee, non è facile farsi una
coscienza cristiana che è l’ultima difesa in una democrazia, penso che risulti
allora l’attualità e l’importanza di questo Convegno.
D. – Eccellenza, in Gran Bretagna
dovrebbe entrare in vigore una legge che obbligherebbe anche le associazioni
cattoliche a dare l’avallo all’adozione di bambini per coppie omosessuali…
R. – In Europa si sta profilando questo
rischio e si va omogeneizzando una mentalità laicista per cui
la legge e le strutture operative finiscono per imporre e sovrapporsi anche
alla libertà religiosa, alla libertà delle coscienze. Non per niente tutte le
raccomandazioni, tutte le direttive che escono dall’Europa cominciano sempre
con la dicitura ‘Si invitano i governi ad uniformare le leggi su questo punto’ e si va anche a toccare questi argomenti. Ora io mi
auguro che nella democratica Inghilterra, che è stata l’antesignana delle
democrazie in Europa, questo venga avvertito come una
offesa grave alla coscienza degli operatori
cristiani. Non si può imporre a loro quello che primariamente non è
consentito per la loro coscienza cristiana. E’ un po’ curioso che, mentre si è
giustamente sensibili a non imporre agli immigrati dei comportamenti che
offendono la loro sensibilità religiosa, in qualche nazione si fa perfino
imposizione sul vestiario o sulle immagini di carattere religioso esposte in
pubblico , a questo riguardo si imponga addirittura di
abdicare a ciò che c’è di essenziale nel proprio giudizio morale.
D. – Di fronte alla difesa della vita e
di altri principi di carattere etico, i cristiani non rischiano anche nel
democratico Occidente di trovarsi sempre di più di fronte a forme più o meno
sottili di persecuzione?
R. – Se con persecuzione si intende la morte violenta, questo capita raramente nei regimi
democratici. E’ capitato recentemente in Turchia. Quello che viene
praticato è, invece, più sottile. Si tratta dell’emarginazione, dell’esclusione
dall’attività professionale, il non poter esercitare il proprio lavoro con
tutta la dignità, con il proprio credo, in una società che, essendo
democratica, deve dare a tutti lo spazio per operare
secondo scienza e coscienza. Questo rischio di emarginazione e di persecuzione
sottile è prevedibile e in qualche parte attivo.
D. – Quale contributo si aspetta dai
partecipanti a questa Assemblea?
R. – Il contributo immediato sarà quello
di una presa di coscienza di ciò che comporta per la coscienza cristiana operare
nel mondo della sanità oggi per le varie categorie coinvolte e non soltanto
quella medica. In secondo luogo rappresenta un impegno per una formazione delle
coscienze, perché credo che oggi l’emergenza maggiore sia la formazione delle
coscienze. Se non abbiamo coscienze e coscienze rette, vere e certe, siamo
omogeneizzati, siamo sepolti e qualche volta anche confusi.
Questo è il rischio di questo momento.
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Il cardinale Tarcisio Bertone:
la diplomazia vaticana
al servizio del vero bene dell'uomo
“Gli interessi che la Santa Sede e la Chiesa perseguono non sono a
vantaggio proprio, ma cercano il vero bene dell’uomo”: così il cardinale
segretario di Stato Tarcisio Bertone, intervenuto ieri pomeriggio a Roma,
all’Istituto Luigi Sturzo, all’incontro sul tema “Le
rappresentanze diplomatiche della Santa Sede: storia, ricerche e attualità”. Il
servizio di Tiziana Campisi:
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Sono
177 le nazioni con le quali oggi la Santa Sede intrattiene relazioni
diplomatiche, 33 le organizzazioni e gli organismi intergovernativi
internazionali presso le quali ha rappresentanze
stabili, 10 quelli regionali. Ma quale il contributo che la diplomazia
pontificia vuole offrire alla società civile? Il cardinale Tarcisio Bertone:
"Mi
pare che quella che viene chiamata la diplomazia della
Santa Sede contribuisce, con i mezzi suoi propri, a quel dialogo e a quella
sana collaborazione con la comunità civile, con le sue autorità, che deve
servire al bene integrale della persona che è al tempo stesso membro della comunità
civile e membro della Chiesa. Gli interessi che la Chiesa e la Santa Sede
perseguono, non sono a vantaggio proprio; essi cercano solo il vero bene
dell’uomo e dell’umanità, svolgendo una missione di insegnamento, di
santificazione e guida dei battezzati. Dall’altro, promuovendo ovunque quel
diritto fondamentale che è il diritto alla libertà religiosa".
E
quali i compiti cui sono chiamate le rappresentanze diplomatiche della Santa
Sede? Mons. Antonio Filippazzi
autore del volume “Rappresentanze e rappresentanti pontifici” pubblicato dalla
Libreria Editrice Vaticana:
"Primo rendere forti i legami fra le
Chiese particolari e il Romano Pontefice, quindi la comunione intraecclesiale e secondo è quello di perseguire quei
grandi valori che l’umanità sta cercando di costruire come la pace, la vita, la
lotta contro i grandi problemi come la fame e così via".
Ma
come è cresciuta nel corso degli anni la diplomazia pontificia? Risponde mons. Dominique Mamberti, segretario
per i Rapporti con gli Stati:
"La diplomazia pontificia ha seguito
l’evoluzione della comunità internazionale passando da una diplomazia
prevalentemente bilaterale alla diplomazia multilaterale che è la
rappresentanza e la partecipazione alla vita delle organizzazioni
internazionali. Il numero delle nunziature apostoliche e il numero degli Stati
che mantengono relazioni diplomatiche con la Santa Sede è aumentato, in
particolare dopo la caduta del muro di Berlino. D’altra parte, la presenza
della Santa Sede in seno alle organizzazioni internazionali, si è anche
sviluppata moltissimo e cito in particolare le grandi conferenze degli anni ’90
su popolazioni e sviluppo, sulla condizione della donna, sullo sviluppo sociale
nelle quali la Santa Sede ha potuto sviluppare e far conoscere meglio la dottrina
sociale della Chiesa".
Sono
17 i Paesi con i quali la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni
diplomatiche, quali tempi sono ipotizzabili perché queste possano istaurarsi?
Ancora mons. Mamberti:
"La risposta dipende certamente da
vari fattori e verrebbe data caso per caso. Ciò che
voglio sottolineare è che anche se non ci sono relazioni diplomatiche formali
con un certo numero di Stati, ciò non impedisce che ci siano contatti o a
livello informale oppure nell’ambito precisamente delle organizzazioni
internazionali".
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Nei Giardini Vaticani, posa del
segnale del Primo Meridiano d’Italia,
alla presenza dell'arcivescovo
Lajolo
Il Signore Gesù,
‘Stella del mattino’, risponde alla generale
necessità di orientamento nei tortuosi sentieri della vita: così, l’arcivescovo
Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello
Stato della Città del Vaticano, intervenendo stamani, presso il monumento di
San Pietro nei Giardini Vaticani, alla posa del segnale del Primo Meridiano
d’Italia, indicato dalla Torre di Padre Secchi, costruita su Monte Mario nel
1870 per la misura del grado europeo. L’iniziativa è stata patrocinata dal
Governatorato della Città del Vaticano, su proposta
del Centro di ricerca topografica “Studium Urbis” e
dell’Università di Roma “La Sapienza”. Ce ne parla, al
microfono di Roberta Moretti, Tullio Aebischer,
ideatore del progetto per “Studium Urbis”:
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R. – Il Primo Meridiano d’Italia è uno
dei tantissimi meridiani che collegano il Polo Nord al Polo Sud e, in
particolare, questo primo meridiano fu quello utilizzato per la cartografia di
tutta la penisola italiana.
D. – Come si è arrivati alla sua
definizione?
R. – Padre Angelo Secchi, che era il
direttore dell’Osservatorio Astronomico del Collegio Romano, con il suo lavoro
geodetico definì questo punto su Monte Mario che, dopo l’arrivo degli italiani
a Roma, fu accettato completamente. Quindi, gli italiani decisero di far
passare il meridiano per questa Torre ed utilizzarlo per la cartografia
italiana, fino alla fine del secolo passato, quando poi si passò all’altro
sistema di localizzazione che si chiama GPS, la localizzazione con i satelliti.
Oggi vogliamo mettere in rilievo il fatto che questo Primo Meridiano non esiste
più e quindi bisogna rivalutarlo dal punto di vista storico, geografico ed
anche culturale. Inoltre, la figura di padre Angelo Secchi era molto conosciuta
nel secolo passato e oggi è completamente dimenticata.
D. – Perché avete scelto di mettere una
targa che segni la linea del Primo Meridiano d’Italia proprio qui in Vaticano?
R. – Perché per pura fortuna il Primo
Meridiano d’Italia passa anche nello Stato vaticano e volevamo fare un raccordo
con questa attività di padre Angelo Secchi che fu iniziata
quando c’era il Primo Meridiano che passava per la Cupola di San Pietro
e che lui invece spostò a Monte Mario per fare la cartografia dello Stato
Pontificio.
D. – Perché questo cambiamento?
R. – La Cupola di San Pietro è molto
prestigiosa, ma dal punto di vista scientifico aveva due problemi: non si aveva
un orizzonte completamente libero in tutte le sue direzioni e poi era
praticamente impossibile mettere uno strumento sulla Cupola di San Pietro, in
corrispondenza della croce.
D. – Abbiamo nominato tante volte padre
Angelo Secchi, cui è dedicata la Torre di Monte Mario. Chi era?
R. – Era un gesuita che si interessò di
matematica, meteorologia, geodesia, astronomia. In particolare, fondò
l’astrofisica, cioè applicò la fisica allo studio del cielo. Fu nominato
direttore dell’Osservatorio Astronomico del Collegio Romano e a quell’epoca
ebbe grandi riconoscimenti non solo nello Stato
Pontificio, ma anche in tutto il mondo.
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Mons. Agostino Marchetto alla
BIT: ieri il pellegrinaggio, oggi il turismo
l'elemento-ponte fra culture e popoli
Cresce
l’incidenza del turismo cultural-religioso, un
turismo d’alto profilo, istruito e consapevole, spirituale e solidale. La sfida
è ora quella di saper indirizzare un turismo che è anche motore di sviluppo
economico in una sintesi di popoli e culture aperti alla solidarietà, alla
reciproca convivenza, alla tolleranza e alla pace. Se ne dice convinto
l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i
Migranti e gli itineranti, nel messaggio inviato all’annuale convegno promosso
nell’ambito della BIT, la Borsa Internazionale del
Turismo. Il servizio di Fabio Brenna.
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Viaggiare per incontrare l’uomo,
"evitando l’uso improprio delle risorse senza rispettare l’ambiente e le
popolazioni locali". Questa l’esigenza evidenziata da mons. Marchetto, che
chiede agli operatori di rendere il turismo un’opportunità per tutti, per chi
accoglie e per chi è accolto: un turismo dove tutti possano far parte di
un’unica famiglia umana in una sorta di "globalizzazione della solidarietà".
Nel corso del convegno, dopo un’analisi di tipo quali-quantitativo
del turismo religioso, mons. Carlo Mazza, della Conferenza episcopale italiana,
ha cercato di evidenziare i nuovi contenuti che occorre dare a questo comparto.
P.Lucio Abrami, missionario
della Consolata, ha focalizzato l’attenzione sull’impatto che il turismo ha sui
destinatari, specie nelle fasce più povere del mondo. Nel suo intervento
conclusivo, mons. Erminio De Scalzi vescovo delegato della Conferenza
episcopale lombarda, ha osservato come i cammini di Compostela
formarono nel Medioevo il tessuto unitario della nascente Europa: nell’epoca
del villaggio globale, è il turismo che può fungere da tessuto connettivo fra i
popoli e le culture diverse.
Da Milano, per la Radio Vaticana, Fabio
Brenna.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizo vaticano - Il sacerdote è il pastore che
"precede" il popolo di Dio sulla strada della preghiera, del perdono,
della carità: l'incontro di Benedetto XVI con i parroci e il Clero della
Diocesi di Roma all'inizio della Quaresima.
Servizio
estero - Nucleare: l'Iran ignora le richieste del Consiglio di Sicurezza dell'Onu e aumenta le attività di arricchimento dell'uranio.
Servizio
culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal
titolo "Colori e riflessi nei tessuti di personaggi senza tempo": la
pittura di Antonio Donghi in una mostra monografica
al Vittoriano.
Servizio
italiano - Politica: il centrodestra appoggia Prodi; trattative per acquisire
altri senatori. Le consultazioni al Quirinale. Elezioni anticipate chieste solo
dalla Lega.
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23 febbraio 2007
Cinque anni fa, in Colombia, le FARC rapivano Ingrid Betancourt,
candidata alle presidenziali
Cinque anni fa, il 23 febbraio del 2002, veniva
rapita a Florencia, 600 km a sud di Bogotà, Ingrid Betancourt, all’epoca candidata dei Verdi alle
presidenziali in Colombia. A sequestrarla i guerriglieri delle FARC, il Fronte
armato rivoluzionario. Mentre il presidente Uribe ha
ordinato una nuova offensiva contro i ribelli, rimangono senza risultato i
contatti tra rapitori, autorità colombiane e familiari della Betancourt, che aveva ottenuto con
il matrimonio anche la cittadinanza francese. Ma perché Ingrid
Betancourt venne
sequestrata? Risponde Ivana Borsotto, responsabile
dei progetti per la Colombia del Movimento Laici America Latina, intervistata
da Giada Aquilino:
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R. - Sicuramente perché è sempre stata
una voce scomoda e non per ragioni economiche o perché aveva ottenuto la
cittadinanza francese. È stata rapita dalle FARC, che per il suo rilascio hanno
chiesto la liberazione di 500 guerriglieri dalle carceri colombiane. Avrebbe
potuto essere veramente una voce forte per una nuova Colombia, nel senso che è
sempre stata una nemica convinta della corruzione e soprattutto, nei suoi
programmi politici, voleva mettere fine alla violenza, vero dramma che tuttora
insanguina la Colombia. Il Paese, da 40 anni, soffre per una lotta che vede
intrecciarsi la guerriglia contro lo Stato, la violenza dell’esercito, la
criminalità dei narcotrafficanti, il terrorismo dei
paramilitari. La corruzione politica, per la Betancourt,
era la malattia della democrazia colombiana. Il conflitto interno, in questi
anni, ha causato più di 70 mila vittime. Purtroppo, la pratica del sequestro è
molto diffusa. Si calcola che ci siano almeno 4 mila persone vittime in questo
momento di sequestri. I rapimenti sono, da un lato, un’industria, perché molti
sono fatti a scopi economici, ma purtroppo sono anche uno strumento politico,
come il sequestro della Betancourt e della sua
collaboratrice, Clara Rojas.
D. – Guerriglia, corruzione,
narcotraffico: la Colombia oggi che Paese è?
R. – E’ un Paese che ha appena rieletto
il presidente Alvaro Uribe, che tra l’altro si è
anche impegnato per il rilascio dei sequestrati. E’ comunque un Paese in cui la
violenza è all’ordine del giorno e, di fatto, è totalmente occupato da gruppi
militari.
D. – A quali sigle si riferisce?
R. – Le FARC sono i guerriglieri. Poi ci
sono i paramilitari: Amnesty International e molte
organizzazioni hanno spesso denunciato chi fa il lavoro sporco di violazione
dei diritti umani, di occupazione del territorio. Noi lavoriamo nelle periferie
di Bogotà, occupate dai desplazados,
che sono quelle famiglie o intere comunità costrette da un giorno all’altro,
con la violenza, a lasciare le loro terre, perché appetibili economicamente. Si
tratta degli sfollati interni. L’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati ha
riconosciuto intere comunità – si parla di 4 milioni di persone – costrette ad
abbandonare le loro proprietà e che si trovano senza nulla, sperando in nuovi
orizzonti di vita.
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I Nobel Rigoberta
Menchu e Muhammad
Yunus
candidati alle presidenziali in Guatemala e Bangladesh
Due
Premi Nobel per la Pace entrano in politica. Sono l'inventore del microcredito,
Muhammad Yunus, e la
paladina per i diritti umani, Rigoberta Menchu, che si candidano rispettivamente alle presidenziali
in Bangladesh e in Guatemala. Il primo punta a fare uscire Dacca
dalla grave crisi in cui è precipitata lo scorso ottobre, quando l'attuale
presidente, Ahmed, impose lo stato d'emergenza. La Menchu, in Guatemala, punta a dare voce agli indigeni. Ce
ne parla Sergio Marelli, presidente delle ONG
italiane, intervistato da Salvatore Sabatino:
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R. – E’ sicuramente un fenomeno positivo,
che è soprattutto un indicatore del fatto che le ONG e le Associazioni fanno
politica, quella politica con la “P” maiuscola, quella che, preoccupandosi del servizio che essi
svolgono, esige che i governi si preoccupino anche delle povertà non solo a
livello nazionale, ma anche internazionale. Quindi un indicatore che dice che
proprio questo è il prioritario impegno delle Associazioni che si occupano dei
diritti, delle povertà e della lotta alla fame nel mondo.
D. – Secondo lei, si può parlare di una
vera e propria sfida del sociale alla politica?
R. – Io penso che ci sia sicuramente una
sfida nel senso dell’impellenza e dell’urgenza, che oramai in molti
riconosciamo, a che la politica ritorni ad essere legata e vicina ai cittadini,
legata e vicina ai bisogni dei propri cittadini e, in particolare, di quelli
più emarginati, di quelli più poveri e svantaggiati.
D. – Stiamo ovviamente parlando del
Guatemala e del Bangladesh, due Paesi molto particolari e complessi, come
possono influire queste due candidature sulle situazioni sociali di questi due
Paesi?
R. – Io penso che la sfida che, in
qualche modo, raccolgono la Menchu e Yunus sia una sfida molto
difficile. Sappiamo che gli interessi che sono in campo nella politica,
mediamente parlando, sono tutt’altro che quelli dei piccoli, dei poveri e degli
emarginati. Una scommessa, questa, difficile che non si può se non augurare che
abbia proprio un impatto importante anche per convincere della necessità che
senza la giustizia ed i diritti per tutti non c’è politica sostenibile.
D. – Ci sono stati anche precedenti
importanti di Premi Nobel che hanno avuto ruoli di primo piano nella politica
internazionale, pensiamo a Gorbaciov, a Rabin, a Mandela. La Menchu e Yunus potranno
contribuire – secondo lei – in maniera importante a cambiare la politica del
futuro?
R. – C’è sicuramente questo fenomeno
interessante di una – diciamo – coalizione informale tra personalità di spicco
della società civile internazionale, che sempre più stanno tessendo una rete
proprio per richiamare l’importanza a tutti, a coloro i quali hanno la
responsabilità di governare, di preoccuparsi dell’universalità della giustizia
o della solidarietà e della solidarietà internazionale, ma comunque di un
sentimento che riporti alla responsabilità etica della politica. Penso, quindi,
che sia ormai tracciata una strada per la quale sicuramente il contributo della
società civile, e in particolare di alcuni dei suoi leader, diventerà sempre
più determinante.
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Inaugurazione, a Roma, dell'Anno Accademico della LUMSA
Ieri
pomeriggio, presso l’Aula Magna “Santa Caterina da Siena”, si è tenuta
l’inaugurazione dell’Anno Accademico 2006-2007 della LUMSA, la Libera Università
Maria Santissima Assunta di Roma, che è giunta quest’anno al 68.mo anno di fondazione. Alla cerimonia erano presenti il
cardinale Carlo Furno, presidente del Consiglio
d’Amministrazione della LUMSA, il prof. Giuseppe Dalla Torre, Magnifico Rettore
e il prof. Luigi Nicolais, ministro per le Riforme e
le Innovazioni nella Pubblica Amministrazione, oltre a numerosi studenti e
docenti. All’inaugurazione c’era per noi Francesco Vitale:
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“La Madonna Santissima Assunta continui a
far crescere e fruttificare questo albero promettente della ragione e della
fede”.
Con
queste parole di affidamento alla Vergine Maria, il cardinale Carlo Furno, presidente del Consiglio di Amministrazione
dell’Università LUMSA, ha aperto la cerimonia d'inaugurazione dell’Ateneo per
l’Anno Accademico 2006-2007. La LUMSA non ha voluto nemmeno quest’anno mancare
al tradizionale incontro con docenti, studenti e con tutti coloro che vivono
all’interno di questo edificio, per un piccolo bilancio del passato, ma anche e
soprattutto per un grande sguardo verso il futuro. Nella sua relazione, il
prof. Giuseppe Dalla Torre, Magnifico Rettore della LUMSA, ha rivolto un
pensiero filiale a Benedetto XVI, che quest’ateneo si onora di annoverare tra i
propri laureati honoris causa in Giurisprudenza ed ha, inoltre, sottolineato
l’importanza di promuovere l’educazione integrale della persona secondo i
principi cristiani nella tradizione cattolica. Ma sui criteri formativi di
questa Università ascoltiamo il prof. Giuseppe Dalla Torre:
R. - La nostra Università ha la pretesa non solo di formare persone e professionisti di
grande spessore nella loro attività lavorativa, ma anche di educare le persone.
Riteniamo che nella nostra società vi sia un deficit di educazione, di
educazione a vivere insieme agli altri, di educazione
ad essere solidali con gli altri, di educazione – in sostanza – ad essere
cittadini a pieno titolo.
D. – Ci sono tante difficoltà che spesso
le Università non statali incontrano. Quali sono queste difficoltà che incontra
la LUMSA, ma anche i tentativi e gli sforzi per cercare di rimediare in questo
percorso?
R. – La maggior difficoltà è quella,
forse, di una incomprensione: di non rendersi conto
del grande contributo educativo, formativo, ma anche scientifico che il
complesso delle Università non statali – che sono ormai circa un quinto di
tutto il sistema universitario nazionale – dà alla crescita e al sistema
universitario nazionale.
Un’attenzione
quindi all’educazione e alla formazione, come anche sottolineato dal cardinale
Carlo Furno:
“Una formazione completa che va da quella
che è la natura, fino a quello che il Signore ha voluto aggiungere e cioè il
grande dono della Rivelazione. La natura è quella che sostiene il fondamento
del pensiero”.
Inizia
un nuovo anno: tante saranno le iniziative e gli eventi di natura scientifica e
umanistica. Quello che caratterizza gli studenti della LUMSA è un senso di
appartenenza e di dialogo tra giovani e corpo docente, come spiega lo stesso
prof. Dalla Torre:
R. – Torniamo a quella che è l’origine
dell’Università, come comunità di studenti e di docenti che, insieme,
attraversano una meravigliosa esperienza intellettuale.
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23febbraio 2007
Il ricordo del cardinale Dionigi Tettamanzi di don Luigi Giussani,
nella Messa celebrata
ieri sera nel Duomo di Milano,
a due anni
dalla morte del fondatore di “Comunione e liberazione”
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Un amore appassionato a Cristo e
alla Chiesa, ha contrassegnato la vita di don Luigi Giussani:
il ricordo del cardinale Dionigi Tettamanzi, che ieri sera ha presieduto una
Santa Messa nel Duomo di Milano, in memoria del fondatore del movimento
Comunione e Liberazione, a due anni dalla sua morte. “Lo sentiamo vivo in tutta
la sua forte paternità anche nello scorrere del tempo”, ha esordito nella sua
omelia l’arcivescovo di Milano, tracciando il ritratto di don Giussani ed esaltando quell’eredità preziosa del suo
insegnamento ed opera educativa, del suo ministero sacerdotale, della sua vita
e spiritualità: anzitutto “la passione per Cristo” .
“Cristo conosciuto, amato e servito – ha spiegato il cardinale Tettamanzi -
come criterio dei nostri giudizi e delle nostre scelte nella vita personale e
sociale: nella Chiesa e nel mondo”. “Il criterio di giudizio” è dunque “la
fede, il criterio di scelta è l’amore”, cosi come lo stile di vita di Gesù. Poi
la passione di don Giussani per la Chiesa generata e
sostenuta dall’amore di Cristo: “una Chiesa costitutivamente e dinamicamente missionaria”, ha
sottolineato il porporato rivolto ai fedeli che gremivano il Duomo, tra questi
il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni
ed il vice Sindaco di Roma Maria Pia Garavaglia.
Rinnovando quindi l’invito del Papa alla Chiesa lombarda di continuare a
testimoniare il Vangelo in ogni ambito della società, l’arcivescovo di Milano
ha espresso “gratitudine per la passione missionaria” che la contraddistingue,
“non solo nei più diversi ambienti di vita - perché Dio non rimanga escluso
dalla cultura e dalla vita pubblica - ma anche e in vari modi nelle comunità
parrocchiali” della diocesi, chiedendo infine “di rendere più salda, e perciò
più credibile ed efficace”, la comunione tra tutti i credenti e le realtà della
Chiesa, vista “l’urgenza sempre più acuta della missione – ha sottolineato il
cardinale Tettamanzi - nell’attuale contesto sociale ed ecclesiale”. (Servizio di Roberta Gisotti)
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La proposta in Ungheria di legalizzare
le foto pornografiche di minori
tra i 14 e i
18 anni consenzienti suscita sdegno e vibrate proteste
delle comunità
cristiane ed ebraiche
Sdegno in Ungheria per la proposta
di depenalizzare il reato di scattare foto
pornografiche a minori fra i 14 ed i 18 anni consenzienti. Vibrate proteste per
il paventato vergognoso emendamento al Codice Penale sono state rivolte dalle
comunità cristiane ed ebraiche del Paese. "Questo emendamento non condanna
la depravazione, la pedofilia, ma lascia spazio alla perversione",
denunciano in una nota i rappresentanti delle Chiese
cattolica, luterana e calvinista, insieme alla Federazione delle
Comunità ebraiche in Ungheria. "Con l'emendamento – si legge nel testo
riportato dall’agenzia cattolica Magyar Kurir - si spalanca la strada a chi sfrutta la curiosità
dei bambini, e si dà spazio a chi in un modo non comprovabile estorcerà il loro
consenso". "In nessun modo fa parte della sana maturazione sessuale
dei bambini riprenderli in foto pornografiche", sottolineano i firmatari
della nota. "Riteniamo preoccupante inoltre il fatto che i prodotti con
contenuti apertamente - e spesso in modo osceno – sessuali, siano raggiungibili
quasi senza difficoltà a chiunque, ed i bambini, gli adulti ci si imbattano
anche senza volerlo, nelle edicole e negli scaffali dei negozi". Per
questo i firmatari insistono perché "come negli altri Paesi europei, anche
in Ungheria siano controllate maggiormente le pubblicazioni a sfondo sessuale e
la loro distribuzione”, per difendere i minori “dall'incontro incauto con tali
prodotti". (R.G.)
Importante sentenza della
Corte Costituzionale spagnola
sugli
insegnanti di religione nella Scuola pubblica
In Spagna, la Corte Costituzionale
ha confermato il diritto della gerarchia cattolica, attraverso i vescovi
locali, a decidere sui contratti di lavoro con gli insegnanti di religione
anche nella Scuola pubblica. La questione è scoppiata quando
ad una professoressa di religione della Scuola pubblica non è stato rinnovato
il contratto di lavoro annuale, perche la sua situazione matrimoniale era contraria ai
principi della morale cattolica. Secondo alcune voci critiche, qui entrano in
conflitto il diritto al lavoro sancito dalla Costituzione spagnola nel 1978, e
gli accordi tra Governo e Chiesa cattolica firmati nel 1979 e che riconoscono
alla Chiesa, nel caso specifico dell’insegnamento della religione nella Scuola,
il diritto ad intervenire sui contenuti da offrire e sulla scelta degli
insegnanti. La sentenza della Corte Costituzionale afferma che l’ insegnamento della religione, per la sua specificità sul
piano educativo può comportare certi requisti da
parte degli educatori. Questa particolare missione è diversa da altri contratti
di lavoro, e può richiedere da parte degli insegnanti l’adesione a determinati
principi dottrinali ed una testimonianza di vita cristiana. La sentenza della
Corte Costituzionale dà risposta ai conflitti che negli ultimi anni sono sorti
in simili circostanze ma riapre una polemica molto
delicata tra i diritti dei lavoratori ed il diritto-dovere dei vescovi a
garantire un vero piano educativo sulla religione cattolica anche nella Scuola
pubblica. (A cura di Ignazio Arregui)
Il presidente dei vescovi
pachistani condanna l'uccisione del ministro
per gli Affari sociali del Punjab,
quale atto di
violenza insensata verso le donne
“Atto di violenza insensata”, così
mons. Lawrence John Saldanha,
presidente della Conferenza episcopale del Pakistan, ha qualificato l’omicidio
di Zil-e-Huma Usman, ministro donna per gli Affari sociali del Punjab. L’omicidio è avvenuto martedì scorso, quando un
“fanatico”, come lo ha definito la polizia dopo averlo arrestato, ha
ucciso il ministro,
37 anni, in procinto di aprire un comizio a Gujranwala.
Mercoledì si sono svolti i funerali a Rahwali Cantt. Mons. Saldanha
ha espresso le proprie condoglianze alla famiglia del ministro e, nel contempo,
ha auspicato che il governo pachistano “controlli e metta fine a questa
intolleranza verso le donne, a cui bisogna dare la
libertà e il diritto di scelta”. “L’ho uccisa - ha infatti
dichiarato l’assassino - perché conduceva una vita non islamica e diffondeva
un’influenza negativa sulle altre donne”. (A.M.)
Incontro a Milano organizzato
dall’Associazione medici cattolici
sui simboli
religiosi nei luoghi pubblici
Nessuna guerra sul crocefisso. Ma
anzi, una sfida per i laici cristiani a fare in modo che i valori che incarna e
rappresenta, riconosciuti anche dalle sentenze della Giustizia amministrativa
italiana, siano condivisi con le altre persone. E’ questa la raccomandazione
emersa al termine dell’incontro organizzato dalla sezione milanese dell’Associazione
dei medici cattolici, e che ha avuto come protagonisti il
presidente del Tribunale di Como, Giuseppe Anziani e padre Bartolomeo Sorge,
direttore di “Aggiornamenti Sociali”. Padre Sorge ha ricordato come la
questione centrale non sia esporre il crocefisso, quanto viverlo. In termini
pratici per padre Sorge bisogna evitare che diventi uno strumento di divisione:
ogni caso va valutato a sé, utilizzando il criterio di eguaglianza stabilito
dalla Costituzione. La questione del crocefisso ripropone il
tema del rapporto Stato-Chiesa: è inevitabile che il futuro sia solo di
collaborazione, con dei laici cristiani sempre meglio formati per essere capaci
di vivere nella società i valori evangelici riuscendo a condividerli con tutti.
(A cura di Fabio Brenna)
Sud Sudan: non accenna ad arrestarsi
l’epidemia di meningite,
E’ salito a 117 morti e 1477 casi
di contagio il bilancio dell’epidemia di meningite dall’inizio del 2007 in Sud
Sudan. Lo riferisce l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), precisando
che la malattia si sta diffondendo, sopratutto fra bambini e giovani, in 8 dei
10 Stati del Sud Sudan e che le aree più colpite sono quelle di Warrap, Yambio, Maridi e Mundi. Per gli esperti, nonostante la campagna di
vaccinazione avviata nelle scorse settimane, l’epidemia si arresterà
verosimilmente solo a maggio/giugno con l’arrivo delle prime piogge. Le
epidemie di meningite si possono contenere rapidamente solo se si è in possesso
di dati affidabili sull'andamento della malattia, ma l’OMS continua a
sottolineare le difficoltà nel raccogliere tali informazioni. Il Sud Sudan si
trova nella cosiddetta “fascia della meningite”, quell’area del continente
africano a sud del Sahara che va dal Senegal all’Etiopia in cui vivono circa
300 milioni di persone. La malattia fa la sua comparsa quando, tra dicembre e
gennaio, comincia a spirare il caldo e secco vento Harmattan,
principale vettore dei germi della meningite. (E.L.)
Pellegrinaggi in ripresa nella Terra
Santa: in arrivo il Consiglio permanente della
Conferenza episcopale tedesca
“Un segno evidente di solidarietà
con i cristiani in Terra Santa”: questo lo spirito del pellegrinaggio che i
membri del Consiglio permanente della Conferenza episcopale tedesca si
accingono a compiere, tra il 26 febbraio e il 4 marzo nella regione. Il
programma del viaggio prevede un incontro con il vice premier israeliano, Shimon Peres, il presidente
dell’autorità palestinese, Mahmud Abbas,
il Patriarca di Gerusalemme, Michel Sabbah ed i vescovi delle Chiese unite. I principali luoghi
toccati dal pellegrinaggio saranno Nazareth, Gerusalemme e Betlemme. I presuli
tedeschi avranno inoltre modo di conoscere da vicino le tante attività delle
istituzioni cristiane, come la Scuola delle Salvatoriane
a Nazareth, l’Università cattolica di Betlemme e l’Ospedale pediatrico della
Caritas. Altro momento
significativo sarà la visita al memoriale dell’Olocausto Yah Vashem e alla stele del
cardinale Josef Höffner nel
Viale dei Giusti. (E.L.)
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23 febbraio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
- L’Iran sempre più intransigente sul proprio programma nucleare:
all’indomani del Rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica
(AIEA), che denuncia il mancato rispetto del termine fissato dalle Nazioni
Unite per sospendere i processi di arricchimento dell’uranio, il presidente
iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ribadisce l’intenzione
della Repubblica islamica di continuare le proprie attività nucleari. A Londra,
intanto, si teme che la questione atomica iraniana possa sfociare in un
drammatico conflitto. Il nostro servizio:
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Il Regno Unito considera la guerra contro
la Repubblica islamica un’ipotesi purtroppo realistica: un alto funzionario
governativo ha rivelato al quotidiano “Times” che
l’esecutivo britannico teme un intervento militare statunitense contro l’Iran
il prossimo anno, prima della fine del secondo mandato del presidente, George Bush. Ieri, il premier britannico, Tony Blair,
ha espresso la propria contrarierà all’ipotesi di un intervento armato contro
la Repubblica islamica. Ma la questione nucleare iraniana continua ad essere
intricata e aperta a varie opzioni: il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha detto ieri
che saranno usati tutti i canali disponibili per far sospendere il programma
atomico della Repubblica islamica. Sull’altro fronte, il presidente iraniano,
Ahmadinejad, continua a ribadire di voler portare avanti il programma nucleare.
Sul Paese incombe intanto la minaccia di nuove restrizioni economiche da parte
della comunità internazionale. Il Consiglio di Sicurezza valuterà già lunedì
prossimo la possibilità di inasprire le sanzioni contro il governo di Teheran. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica
(AIEA) ha già diffuso un Rapporto in cui si afferma che l’Iran non ha sospeso
le attività di arricchimento dell’uranio, come richiesto dall’ONU. Fonti
dell’AIEA, citate dal quotidiano britannico The Guardian,
hanno anche riferito che gran parte delle informazioni di intelligence raccolte
dalle agenzie americane sugli impianti nucleari iraniani e trasmesse agli
ispettori delle Nazioni Unite si sono rivelate inattendibili. Secondo queste
fonti, in molti siti militari iraniani non c’era traccia di attività nucleari
vietate come invece indicato dai servizi segreti statunitensi.
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- La
Corea del Nord sarebbe pronta ad interrompere la produzione di plutonio ma la strada da percorrere verso un completo
abbandono del suo programma nucleare è ancora lunga. Lo ha detto stamani un
inviato speciale sudcoreano per la questione nucleare
nordcoreana. In seguito ad un accordo raggiunto
recentemente, la Corea del Nord ha accettato di porre i sigilli al suo
principale reattore nucleare, in cambio di 50 mila tonnellate di carburante e
aiuti.
- La
crisi nucleare iraniana, la situazione in Medio Oriente ma anche i contrasti
legati all’azienda aeronautica europea "Airbus"
sono al centro del vertice franco-tedesco di oggi in Germania. Il cancelliere
tedesco, Angela Merkel, riceve in un castello del Brandeburgo, presso Berlino, il presidente francese, Jacques Chirac. Le relazioni fra i due Paesi, vivono una fase di
relativo stallo anche per le divergenze sulla Costituzione europea.
- In Iraq, hanno ricevuto vasta eco nuovi casi di
violenza contro due donne: nel primo, una donna sunnita ha accusato di violenza
sessuale tre agenti delle Forze di sicurezza, composte soprattutto da sciiti.
Al Qaeda e gruppi estremisti sunniti hanno subito minacciato di intensificare
gli attacchi contro le forze statunitensi e irachene per vendicare questo
episodio. Un soldato americano è stato condannato inoltre a 100 anni di
prigione per aver preso parte a violenze sessuali e all’omicidio di una giovane
irachena di 14 anni. Il militare, un sergente di 24 anni, si è dichiarato
colpevole e non rischia di essere condannato a morte.
- Il Regno Unito si prepara ad inviare oltre mille soldati in
Afghanistan per contrastare l’offensiva dei taleban
prevista per i prossimi mesi. Lo rende noto il quotidiano britannico The Guardian. La decisione di inviare nuove truppe in
Afghanistan, se confermata, segue l’annuncio dato lo scorso 21 febbraio dal
primo ministro, Tony Blair, di voler ridurre di oltre
1000 uomini il contingente britannico dislocato in Iraq. In Afghanistan,
intanto, 25 mila persone hanno manifestato a Kabul in favore di un progetto di
amnistia per i crimini di guerra durante gli ultimi 25 anni di conflitti.
- Sperimentato, in Pakistan, un nuovo missile a
lungo raggio: l’ordigno ha una gittata di duemila
chilometri, è capace di trasportare una testata nucleare ed è in grado di
raggiungere obiettivi a 2000 chilometri di distanza. Commentando il test, il
capo di Stato maggiore pakistano, il generale Ehsanul
Haq, ha detto che “la strategia del Pakistan di una
credibile deterrenza minima è una garanzia di pace
nella regione”.
- In
Italia, seconda e ultima giornata di consultazioni del capo dello Stato per
risolvere la crisi di governo. Questa mattina, il presidente Giorgio Napolitano
ha incontrato i leader dell’opposizione di centrodestra e quelli dei partiti di
maggioranza. La chiusura stasera con i tre ex presidenti della Repubblica, Cossiga, Scalfaro e Ciampi. Il servizio di Giampiero
Guadagni:
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Napolitano stringe i tempi. Questa
mattina gli incontri con i leader di opposizione e maggioranza. Articolata la
posizione del centrodestra: Forza Italia con Silvio Berlusconi
ha detto no alla riedizione di questo esecutivo, che, osserva, al Senato non ha
mai potuto contare su una maggioranza autosufficiente. Sulla
stessa linea Gianfranco Fini, leader di AN, per il quale una maggioranza
non deve più contare sui senatori a vita. L’UDC propone un governo di
responsabilità nazionale affidato ad un’alta personalità, con l’obiettivo
principale di approvare una legge elettorale sul modello tedesco. Per la Lega
invece, l’unica strada sono le elezioni anticipate. Da parte loro, i leader
dell’Unione hanno chiesto al capo dello Stato il rinvio di
questo stesso governo Prodi alle Camere per avere la fiducia. In un
vertice notturno, Romano Prodi ha presentato ai suoi alleati le condizioni per
accettare il reincarico. La premessa è dura: il comportamento di ministri e
forze politiche, ha scritto Prodi, ha oggettivamente logorato tutto il governo.
Tra i punti non negoziabili: il rispetto degli impegni internazionali, a
partire dal decreto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan. E
ancora: la realizzazione della TAV Torino-Lione, il
riordino del sistema previdenziale, il rilancio delle politiche a sostegno
della famiglia. Nel testo non si fa menzione dei DICO, che dovrebbero essere
rinviati all’esame del Parlamento. Prodi inoltre ha chiesto e ottenuto
l’autorità di esprimere in maniera unitaria la posizione del governo stesso in
caso di contrasto. Nello stesso tempo, il centrosinistra lavora per allargare
la maggioranza al Senato a singoli parlamentari del Polo. Offerta che finora
non ha avuto risposte positive. E l’UDC intanto definisce intollerabili le
minacce e violenze subite in treno da Ferdinando Rossi, il dissidente che ha
votato contro Prodi, da parte del segretario del Comunisti
italiani (PDCI), Mino Frosini, segretario
regionale del PDCI della Toscana.
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- Ad Oslo, le delegazioni di 46 dei 49 Paesi che partecipano alla
Conferenza internazionale per la messa al bando delle munizioni a grappolo, le
cosiddette "cluster bomb",
hanno raggiunto un accordo per vietare l'uso di queste armi che causano vittime
soprattutto civili. Le "cluster bomb" sono ordigni che nell'impatto disseminano
diverse centinaia di munizioni più piccole: molte restano inesplose nel terreno
e scoppiano se vengono urtate. Secondo i rapporti
delle principali organizzazioni umanitarie, il maggior numero di vittime
provocate da questi ordigni sono civili, in particolare
bambini.
-
Tragedia in Lettonia: almeno 26 persone sono morte a causa di un incendio
scoppiato nella notte in una casa di riposo per anziani e disabili ad Alsunga, 200 chilometri ad ovest della capitale Riga. Le
autorità non hanno ancora stabilito le cause dell’incendio ma
l’ipotesi più probabile, al momento, è quella di un cortocircuito elettrico.
- Sempre alta l’emergenza maltempo in Bolivia: secondo l’ultimo
bilancio fornito dalle autorità locali, sono 35 le persone uccise dalle
inondazioni che hanno devastato la zona tropicale dell’est del Paese
sudamericano in queste ultime settimane. La situazione resta critica in diversi
distretti e sono almeno 69 mila le famiglie in pericolo. L’ONU ha lanciato un
appello chiedendo l’intervento della comunità internazionale: servono
immediatamente aiuti per oltre 7 milioni di euro.
- Il maltempo imperversa anche in Mozambico: almeno 4 persone sono
morte ed oltre 40 mila sono rimaste senzatetto a causa del passaggio di un
ciclone tropicale. Lo ha reso noto il Centro nazionale emergenze precisando che
le zone più colpite si trovano sulla costa meridionale del Paese. Il servizio
meteo ha annunciato l’arrivo, nei prossimi giorni, di un secondo ciclone.
-
Bombe contro l’aeroporto di Mogadiscio: uomini armati hanno attaccato
l’aeroporto della capitale lanciando numerosi ordigni. Secondo le prime
informazioni fornite dalle autorità locali, non ci sarebbero vittime.
L’episodio è un ulteriore segnale del peggioramento delle condizioni di
sicurezza nella capitale somala, a quasi due mesi dalla cacciata delle milizie
delle Corti islamiche. Un consigliere del primo ministro etiope, Meles Zenawi, ha smentito intanto
un articolo del New York Times,
secondo cui le Forze armate statunitensi hanno usato l’Etiopia lo scorso
gennaio come base per bombardamenti in Somalia contro presunti rifugi di alcuni
esponenti di al Qaeda.
- L’ostaggio libanese sequestrato nella
Nigeria meridionale insieme con tre tecnici italiani dell’AGIP non è stato
liberato, ma è fuggito. Lo afferma il Movimento per l’emancipazione del Delta
del Niger (MEND), smentendo le notizia del rilascio
organizzato dai rapitori, diffusa ieri dalle agenzie di stampa. Il gruppo
accusa la compagnia petrolifera italiana e le autorità locali di aver
orchestrato la fuga dell’ostaggio. Il MEND minaccia anche di far “pagare un
prezzo molto alto”. Due italiani sono ancora nelle mani dei sequestratori.
- Il
primo ministro del Ciad, Pascal Yoadimnadji,
è morto stamani a Parigi a causa di un’emorragia cerebrale. Yoadimnadji
aveva 56 anni e, dopo essere stato ministro dell’Agricoltura, era stato
designato premier nel 2005, dal presidente Idriss Deby salito al potere con un colpo di Stato nel 1990. Il
Ciad è uno dei Paesi più poveri del mondo e con l’indice di sviluppo fra i più
bassi dell’Africa, nonostante importanti giacimenti di petrolio.
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Condannato a quattro anni di prigione per aver scritto, nel suo blog, parole di critica contro il fondamentalismo islamico
e nei confronti del presidente egiziano Hosni Mubarak. Protagonista della vicenda è Abdel
Karim Suleiman, ragazzo
egiziano di 22 anni. Il suo caso ha suscitato forti clamori e polemiche. “E’ un
nuovo capitolo di abuso sulla libertà di espressione, in quel Paese”,
sottolinea in un comunicato Amnesty International.
L’associazione Reporter senza frontiere ha definito inoltre “una disgrazia” la
condanna.
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