RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 48 - Testo della trasmissione di sabato 17 febbraio 2007
IL PAPA E LA
SANTA SEDE:
Oggi alle 18.00 il Papa in
visita al Seminario Romano Maggiore
Il cardinale Martino a Malta: no
all’occhio per occhio nella lotta contro i terroristi
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Aggrediti,
ieri in Somalia, due operatori umanitari di Medici Senza Frontiere
Il governo olandese introdurrà l’obiezione di
coscienza per la celebrazione di matrimoni omosessuali
Visita a sorpresa a
Baghdad del segretario di Stato USA Condoleezza Rice
Tensione a Vicenza per la manifestazione di protesta contro l’ampliamento della base a
17 febbraio 2007
Libertà religiosa, difesa della famiglia,
problema delle sette religiose tra le priorità pastorali dell’America Latina,
ricordate da Benedetto XVI ai rappresentanti pontifici del continente.
L’incontro tra Vangelo e civiltà precolombiane, ha detto, non fu un’imposizione
ma una felice fusione
La Chiesa in America Latina è alla vigilia di un
appuntamento molto importante, quasi un esame di coscienza del proprio operato
negli ultimi anni: la quinta Assemblea generale del CELAM, le Conferenze
episcopali del continente sudamericano, che si svolgerà dal
13 al 31 maggio prossimi ad Aparecida, in
Brasile, e che vedrà il Papa presiederne l’apertura. E proprio Benedetto XVI ha
ricevuto oggi in udienza, dopo una Messa presieduta dal cardinale segretario di
Stato, Tarcisio Bertone, i rappresentanti pontifici che, da giovedì scorso a
stamani, si sono incontrati per discutere sulle priorità pastorali dell’evento
di maggio. Priorità che lo stesso Pontefice ha sintetizzato nel suo intervento
di stamattina. Ce ne parla Alessandro De Carolis.
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Il “Continente della speranza”, come definì anni fa
Giovanni Paolo II l’America Latina, torna a riflettere su se stesso: sul
rapporto tra la Chiesa locale e la popolazione al mondo numericamente più
cattolica, tra fede e sfide pastorali presenti e future, tra cui la tutela
della famiglia, il dilagare delle sette, il riconoscimento di una effettiva e formale libertà religiosa. Guardando alla
prossima Assemblea generale del CELAM e al lavoro preparatorio di questi mesi -
tra cui va inserito l’incontro appena concluso dei rappresentanti pontifici -
Benedetto XVI ne ha in sostanza sintetizzato “l’agenda” dei lavori. L’America
Latina, ha detto il Papa, ha una grande tradizione di cattolicità, figlia di
una “epopea missionaria” definita “straordinaria”: è in queste radici, dunque,
che il popolo latinoamericano deve rintracciare le radici del suo essere e del
suo agire attuale. E Benedetto XVI ha voluto portare un punto della sua
riflessione sul perché di questo forte radicamento ecclesiale nel continente,
che fa oggi della Chiesa cattolica “l’istituzione che gode del maggior credito
da parte delle popolazioni latinoamericane”:
“Alcuni ambienti, lo
sappiamo, affermano un contrasto tra la ricchezza e profondità delle culture
precolombiane e la fede cristiana, presentata come una imposizione
esteriore o un’alienazione per i popoli dell’America Latina. In verità,
l’incontro tra queste culture e la fede in Cristo fu una risposta interiormente
aspettata da queste culture. Questo incontro quindi non è da rinnegare ma da
approfondire e ha creato la vera identità dei popoli dell’America Latina”.
Legata alla precedente, un’altra questione di notevole
rilevanza pastorale è stata sottolineata da Benedetto XVI, relativa a un
aspetto forse poco considerato, quello della effettiva libertà religiosa di cui
gode la Chiesa latinoamericana, che si muove in nazioni che “cercano, non
raramente tra tante difficoltà, di consolidare la pace interna della propria
Nazione”:
“Essa auspica che nei Paesi latinoamericani
dove le Carte Costituzionali si limitano a ‘concedere’ libertà di credo o di
culto, ma non ‘riconoscono’ ancora la libertà
religiosa, si possano quanto prima definire le reciproche relazioni fondate sui
principi di autonomia e di sana e rispettosa collaborazione (…) Una corretta
formulazione giuridica di tali relazioni non potrà non tenere conto del ruolo
storico, spirituale, culturale e sociale svolto dalla Chiesa cattolica
nell’America Latina”.
Netta la presa di posizione del Papa in difesa della
famiglia. Essa, ha asserito, “mostra segni di cedimento sotto le pressioni di lobbies capaci di
incidere negativamente sui processi legislativi”. Ed ha spiegato in che modo:
“Divorzi e unioni
libere sono in aumento, mentre l’adulterio è guardato con ingiustificabile
tolleranza. Occorre ribadire che il matrimonio e la famiglia hanno il loro
fondamento nel nucleo più intimo della verità sull’uomo e sul suo destino; solo
sulla roccia dell’amore coniugale, fedele e stabile, tra un uomo e una donna si
può edificare una comunità degna dell’essere umano”.
Nell’enumerare poi le tematiche sociali più “calde” del
continente latinoamericano – tra le quali la lotta
alla povertà, il fenomeno della migrazione, l’educazione dei giovani e la
formazione di laici in grado di incidere nella realtà sociale ed economica – Benedetto
XVI si è soffermato su una problematica molto diffusa:
“Una così
consolidata presenza deve però oggi tener conto, tra l’altro, del proselitismo
delle sette, dell’influenza crescente del secolarismo edonista post-moderno.
Sulle cause dell’attrattività delle sette dobbiamo seriamente riflettere, per
trovare le risposte giuste”.
E una possibilità per “rispondere alle sfide delle sette”,
ha osservato il Papa, è quello di “informare in modo adeguato l’opinione
pubblica sulle grandi questioni etiche secondo i principi del Magistero della
Chiesa”, tra l’altro con una “presenza efficace nel campo degli strumenti di
comunicazione”. Quindi, Benedetto XVI ha fatto un’ultima considerazione sul
ruolo delle nuove realtà ecclesiali:
“I Movimenti
ecclesiali costiuiscono certo una valida risorsa per
l’apostolato, ma vanno certamente aiutati a mantenersi fedeli al Vangelo e
all’insegnamento della Chiesa, anche quando operano in campo sociale e
politico. In particolare, sento il dovere di ribadire che non spetta agli ecclesiastici
capeggiare aggregazioni sociali o politiche, ma ai laici maturi e professionalmente
preparati”.
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E l’analisi sulle varie situazioni del continente ha
interessato come detto, a più riprese e da varie angolazioni, le sessioni di lavoro
in Vaticano che hanno impegnato i rappresentanti pontifici dell’America Latina.
Il nunzio apostolico in Perù, l’arcivescovo Rino Passigato,
ne ha parlato con Luis Badilla:
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R. - Molto spesso credo che ci sia stata distrazione
nell’impegno degli uomini della Chiesa in questo continente, per affrontare le
necessarie ed imminenti realtà sociali di grande povertà, di grande
ingiustizia. Quindi, la preoccupazione nell’affrontare tali realtà ha distratto
un po’ da quella che è la missione essenziale degli annunciatori: annunciare
Gesù Cristo. Spero che in occasione di questo appuntamento della Chiesa
latinoamericana, l’Assemblea generale del CELAM, si torni a riscoprire Gesù
Cristo senza il quale nessun uomo può sperare la salvezza. Dunque, l’augurio è
proprio quello emerso nelle nostre riunioni: che i vescovi, i sacerdoti, i
religiosi, i laici - che verranno invitati a
partecipare a questo evento per riscoprire la centralità nella persona di Gesù
Cristo, la forza del suo messaggio - abbiano anche la lucidità di poter
proporre un cammino per tutta quanta la Chiesa di riscoperta di Gesù Cristo:
della sua Parola, dei suoi Sacramenti, l’importanza della Messa, della
celebrazione domenicale. Rivedere questa visione di Cristo morto e risorto, ci
conforta anche nelle nostre difficoltà sociali, nella povertà. Il
latinoamericano si identifica molto spesso con Gesù Cristo crocifisso. C’è
tutta quanta una tradizione, anche iconografica in America Latina, che
rappresenta spessissimo il Cristo crocifisso, anche esageratamente ricoperto di
sangue, di piaghe: lì, il campesino, l’uomo semplice della terra, soggetto a delle
situazioni di grande sofferenza e di grande difficoltà, ci si identificava. Non
è per condannare le popolazioni latino-americane a vivere in una situazione di
sottomissione, quasi di schiavitù, ma per trovare la forza di rialzarsi
guardando Gesù Cristo risorto e quindi - dalla preghiera, dalla Parola di Dio -
trovare la luce, il motivo per costruire una società più giusta: la vera liberazione
ci viene da Gesù.
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Oggi alle 18.00 il Papa in visita al
Seminario Romano Maggiore
Questa sera alle 18.00 il Papa si recherà in visita al
Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia,
Patrona del Seminario. E’ la seconda volta che Benedetto XVI visita il
Seminario diocesano, dove attualmente studiano 121 alunni. L’anno scorso il
Papa aveva ricordato don Andrea Santoro, a pochi giorni dal suo assassinio in
Turchia, mentre pregava nella sua chiesa di Trebisonda; quindi aveva invitato i
seminaristi ad imparare a servire “con amore
I
nuovi profili della guerra, le nuove esigenze della pace,
il ruolo
delle religioni al riguardo, sono stati evidenziati
dal
cardinale Martino, a Malta, in una tre giorni di studio
sulla
Dottrina sociale della Chiesa
La religione, ogni autentica
religione non deve mai diventare pretesto per
alimentare conflitti, odio e violenza.
Individui e comunità religiose hanno il dovere di manifestare chiaramente il
loro completo e radicale rifiuto della violenza, di ogni violenza, specie di
quella che si ammanta del nome santo di Dio. Oggi l’umanità si aspetta dai
credenti concreti gesti di pace e solidarietà e credibili parole di speranza.
Lo ha detto stamani il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e
della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, parlando ai giovani del St. Aloysius College di Malta sul
tema: “Pace, violenza e religioni”. Il porporato si trova da ieri in visita
nell’isola-Stato mediterranea,
per animare una tre giorni di riflessione e di studio sulla Dottrina sociale
della Chiesa, nel 40.mo
anniversario dell’Enciclica Populorum Progressio di Paolo VI e nel ventennale della Sollicitudo Rei Socialis
di Giovanni Paolo II. Il servizio di Paolo Scappucci.
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Stamani,
dopo aver rilevato i mutati connotati sociologici della guerra e della pace
oggi, nell’imperversare del terrorismo e nell’urgenza di difendere la sacralità
della vita umana, promuovere la famiglia, eliminare la povertà, impegnarsi
fattivamente per il disarmo e sostenere lo sviluppo, il cardinale Martino ha
insistito sul concetto che “nessun motivo autenticamente religioso può indurci
a considerare gli altri come nemici contro cui combattere”. “C’è un tempo – ha
detto il presidente di Giustizia e Pace – per imparare dalla diversità e c’è un
tempo per imparare soprattutto da ciò che si ha in comune”.
Sul
terrorismo il porporato ha rilevato che esso “si è trasformato da atti isolati
di singoli estremisti in una sofisticata rete di cooperazione politica, tecnologia
ed economica, con accesso spesso ad immense risorse finanziarie e strategie
pianificate su vasta scala”. Individui e nazioni presi
di mira dal terrorismo sono tentati di
ricambiare “occhio per occhio, dente per dente” in spirito di vendetta,
ma ciò non fa che aumentare la violenza in un tragico circolo vizioso, mentre occorre
una “efficace cooperazione internazionale a livello politico per risolvere con
coraggio e determinazione i problemi che, in certe drammatiche situazioni, aggiungono
benzina al fuoco dei terroristi”. “E’ profanazione e bestemmia – ha detto il
cardinale Martino, citando il Compendio
della Dottrina Sociale della Chiesa – proclamarsi terroristi in nome di
Dio. Nessuna religione può tollerare il terrorismo e tanto meno predicarlo. E’
imprescindibile dovere delle grandi religioni dell’umanità lavorare insieme per
diffondere una maggiore consapevolezza dell’unità della famiglia umana, in modo
di eliminare le cause culturali del terrorismo, insegnando che grande è la
dignità della persona umana agli occhi di Dio e mai la violenza può
giustificarsi in nome di Colui che è Amore”.
“Il servizio che le religioni possono rendere alla pace e alla lotta
contro il terrorismo – ha concluso il cardinale – consiste esattamente nella pedagogia
dell’amore e della riconciliazione”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il matrimonio e la famiglia
hanno il loro fondamento nel nucleo più intimo della verità sull'uomo e sul suo
destino.
Servizio estero - Medio Oriente: il Governo unitario
palestinese nasce con l'auspicio di sottrarre l'Anp
dall'isolamento internazionale.
Servizio culturale - Un articolo di Mario Spinelli
dal titolo : “La romantica memoria di un sogno,
l’evocazione di un tempo estraneo alla storia”: a Torcello,
l’isola più a nord tra quelle storiche della Laguna veneta, alla ricerca delle
radici della città di San Marco.
Servizio italiano - Base Usa; Vicenza: il giorno
più lungo. Occhi puntati sul corteo di protesta.
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17 febbraio 2007
Deceduto in Colombia il missionario
italiano della Consolata,
padre Mario Bianco, 90 anni, percosso lo scorso
4 febbraio
in una rapina nel Seminario di Manizales
- Intervista
con padre Pietro Trabucco -
E’ morto per un infarto padre
Mario Bianco, 90 anni, missionario della Consolata di origine italiana,
aggredito lo scorso 4 febbraio durante una rapina nel Seminario di Manizales, nella Colombia centro-occidentale. Il sacerdote
viveva da 60 anni nel Paese latinoamericano. Sulla dinamica dell’agguato,
Roberta Moretti ha intervistato un confratello, padre Pietro Trabucco:
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R. – Alcuni ladri si sono intrufolati in casa, la sera
tardi, e hanno legato padre Mario e la persona di servizio. L’altro
confratello, padre Mellino, era fuori per servizi
pastorali. Quando è rientrato, hanno preso pure lui e lo hanno legato. E poi i
ladri naturalmente hanno preso tutto quello che sono riusciti a prendere, il
televisore e parte di una batteria, utilizzata dai giovani, e poi li hanno
lasciati legati e se ne sono andati con la macchina di padre Mellino. E così i confratelli sono rimasti legati per ben
quattro ore e padre Bianco è rimasto steso per terra per cui
ha sofferto il freddo, l’umidità di quella sera. Quando sono riusciti poi a
slegarsi e a chiedere aiuto, il padre ha cominciato a sentirsi male. E’ stato
ricoverato all’ospedale, ha avuto una broncopolmonite ed è morto di infarto; però
tutti i confratelli della Colombia dicono che certamente il decesso è avvenuto per
le conseguenze dei maltrattamenti subiti.
D. – Chi era padre Mario Bianco e quale testimonianza di
vita ci lascia?
R. – E’ stato un missionario di vecchio stampo, di quelli
che veramente hanno fatto la storia della missione. E’ stato un padre che ha
dedicato tutta la sua vita per i poveri nelle situazioni più difficili ed è
sempre stato di grande esempio. Lui si sentiva felice, nonostante la sua età è
voluto rimanere in Colombia dando tutto quanto se stesso. E’ vissuto anche per
anni proprio nella zona dove esiste la guerriglia e sempre con una grande passione
per la sua gente. Ogni volta che tornava in Italia per
le sue vacanze, sognava il momento di poter ritornare e vivere in mezzo alla
sua gente.
D. – Cosa ci può dire della situazione
sociale in Colombia, quali le maggiori difficoltà?
R. – La situazione colombiana è conosciuta; per questa
guerriglia che continua a fare tante vittime per il narcotraffico
e per la gente, per i poveri costretti a pagare la loro tassa alla guerriglia.
Ad esempio noi missionari della Consolata siamo presenti nella zona del Caquetá che da decenni è in mezzo a tutta questa situazione
tanto violenta. Tentativi verso la pace se ne fanno tanti, ma purtroppo l’esito
è molto scarso. Il governo ha usato la mano forte sperando con questo di
scoraggiare un po’ la guerriglia, ma questa – forse anche per gli interessi del
traffico della droga – non si ferma e la Chiesa in modo particolare fa di tutto
per risolvere il problema. I vescovi cercano in ogni maniera di intavolare un
dialogo: d’altronde, una pacificazione della Colombia può avvenire solo attraverso
il dialogo. E la Chiesa, forse anche per il suo ruolo di mediazione, tante volte
ha pagato questo impegno con molte persone uccise e padre Bianco è l’ennesima
vittima di questa violenza generalizzata che si incontra un po’ in tutto il
Paese.
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Dopo il referendum sull’aborto, i vescovi
portoghesi
richiamano al rispetto della vita
-
Intervista con mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga -
I vescovi del Portogallo reagiscono con chiarezza alle
intenzioni dell’esecutivo di riformare in senso permissivo la legislazione in
materia di aborto, dopo il recente referendum sulla depenalizzazione dell’interruzione
di gravidanza che ha registrato la vittoria dei “sì” ma senza raggiungere il quorum. In una nota pastorale pubblicata
ieri dalla Conferenza episcopale portoghese al termine di una
assemblea straordinaria tenuta a Fatima, i vescovi sottolineano come la
prevalenza dei “sì” alla depenalizzazione dell’aborto riveli una carenza di
valori etici essenziali e rammentano che l’aborto, le cui vittime sono già
nell’ordine delle 20mila l’anno, rimane un peccato mortale. L’impegno della Chiesa
cattolica nelle parole del presidente della Conferenza episcopale portoghese,
mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga,
intervistato da Stefano Leszczynski:
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R. – Il referendum è stato per noi un’opportunità, un’occasione
per prendere coscienza, di nuovo, delle nostre responsabilità di evangelizzare
e di formare le coscienze, perché noi abbiamo tanti portoghesi che si dicono cattolici ma poi nei fatti i risultati sono quelli che sono.
D. – Eccellenza, qual è l’appello che i vescovi rivolgono
ai cattolici portoghesi?
R. – Abbiamo richiamato l’attenzione dei cristiani che
hanno votato il “sì” e non soltanto hanno votato il “sì” all’aborto
ma hanno anche lavorato alla campagna per il “sì”. Abbiamo anche chiesto
ai medici, a chi lavora in campo sanitario, che non abbiano
paura dell’obiezione di coscienza. Per quanto ci riguarda, abbiamo preso l’impegno
di lavorare molto di più per la cultura della vita.
D. – Come si pone la Chiesa portoghese nei confronti delle
donne che vivono con disagio la gravidanza?
R. – Abbiamo già alcune strutture che accompagnano le
madri, le donne che hanno questa difficoltà da risolvere. Abbiamo cercato
proprio di prendere in considerazione la nostra responsabilità di non
abbandonare nessuno. Abbiamo chiesto alle donne che per la loro decisione cerchino di avere un consiglio di qualche amico. Non siamo entrati
in riferimenti precisi riguardo ai contenuti della legge futura
ma abbiamo cercato di parlare positivamente, proprio come una sfida per
la nostra Chiesa che deve lavorare per il nostro popolo.
D. – Famiglia e giovani sono
altri due ambiti che suscitano preoccupazione nella Chiesa portoghese …
R. – Noi abbiamo parlato molto di questa mutazione
culturale. E’ per questo che abbiamo parlato di una sfida per noi,
dell’evangelizzazione della famiglia ma io direi soprattutto
dei giovani, perché siamo convinti che questa vittoria del sì all’aborto, è
stata una decisione sostenuta dalla popolazione più giovane.
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Un
cammino ecumenico per superare nazionalismi, sciogliere pregiudizi
e abbattere barriere storiche. A promuoverlo sono associazioni,
movimenti e diverse Chiese, in preparazione della manifestazione“Insieme per l’Europa”
che si svolgerà a Stoccarda, in Germania, il 12 maggio
Sono 180 i movimenti e le comunità cristiane che stanno
promuovendo “Insieme per l’Europa”, la manifestazione internazionale prevista
il 12 maggio a Stoccarda, in Germania. L’evento vuol far conoscere la possibile
collaborazione fra gruppi, associazioni e persone che hanno fedi differenti, in
un’Europa che necessita di un forte impegno sociale perchè vengano
assicurate giustizia e pace, perché l’economia cresca e la famiglia riceva
tutele. Ieri a Roma, alla Comunità di Sant’Egidio, è
stato presentato il programma della manifestazione e del congresso che la
precederà, sempre a Stoccarda, sul tema “Insieme in cammino”. Il servizio di
Tiziana Campisi:
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Movimenti, associazioni e comunità cristiane di diverse
Chiese si incontreranno per proseguire un cammino ecumenico iniziato nel ’99.
Vogliono promuovere una pacifica convivenza fra i popoli, lavorare insieme per
la difesa dei diritti umani e dar voce nel mondo all’Europa e ai valori nati
dalle sue radici cristiane. Esponenti di comunità e gruppi che prenderanno
parte alla manifestazione di Stoccarda hanno sottolineato l’importanza, oggi,
della collaborazione, in un’Europa in cui i giovani affermano di credere in
Cristo ma non nelle istituzioni della Chiesa, mentre la
Francia vive problemi di integrazione sociale. Ma un po’ ovunque si
registra la voglia di dialogare, e i frutti ci sono. Marco Impagliazzo,
presidente della Comunità di Sant’Egidio:
R. – Il primo frutto è che ci siamo capiti. Cioè, noi
stiamo preparando Stoccarda, tutti insieme, e nella
nostra grande diversità e pluralità, eppure è un cammino che procede. Poi, ci
sono i frutti concreti nella vita quotidiana: di collaborazione dei movimenti
più a livello locale, che sono frutti che naturalmente non emergono sulla
grande stampa ma che hanno il risultato di costruire un tessuto nuovo di unità
nella società. E questo tessuto si vede nell’aiuto ai poveri, si vede nella lotta
per l’abolizione della pena di morte nel mondo.
D. – E su quali fronti vi state impegnando
particolarmente, adesso?
R. – Noi ci stiamo impegnando per mandare un messaggio
chiaro ai politici europei che i cristiani vogliono l’unità d’Europa, vogliono
un’Europa che non solo riscopra le sue radici
cristiane, che non si ripieghi sui propri problemi ma sappia guardare al mondo
e dare un suo contributo allo sviluppo pacifico del mondo. E poi, ci stiamo
concentrando sul grande obiettivo di capire che cosa significa avere un destino
comune con il continente africano, quindi di mettere in atto delle opere di
solidarietà verso l’Africa.
Ma in che modo si sta organizzando “Insieme per l’Europa”?
Gabriella Fallacara del Movimento dei Focolari:
R. – La cosa che stiamo adesso vivendo è proprio la
preparazione, che consiste in una comunione molto profonda, continua, tra i
membri dei movimenti, i responsabili dei movimenti, gruppi associativi,
comunità che hanno delle iniziative sociali, ispirate dal cristianesimo. Ora,
la comunione che si sviluppa in questi incontri è di conoscenza reciproca, di
aiuto reciproco, di preghiera l’uno per l’altro, e sviluppa come una rete di
solidarietà cristiana che prima non si conosceva.
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Domani, 18 febbraio, settima Domenica del Tempo Ordinario,
“Amate i vostri
nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono,
pregate per coloro che vi maltrattano … Se amate quelli che vi amano, che
merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso … Amate
invece i vostri nemici … e sarete figli dell'Altissimo”.
Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del
teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:
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(musica)
Cristo esorta coloro che lo ascoltano ad amare i propri nemici,
a fare del bene a coloro che li odiano e a benedire coloro che li maledicono.
Dicendo questo, traccia un paragone con i peccatori i quali amano quelli che li
amano, fanno bene a coloro che fanno loro del bene e prestano a coloro dai
quali aspettano un guadagno. Ma il fatto è che per amare i nemici non basta
darsi un ordine. Qui si sperimenta il fallimento della volontà umana. Amare i
nemici “può” solo l’amore di Dio; infatti San Paolo
dice che Dio ci ha amati quando eravamo ancora nemici di Dio e noi, solo
accogliendo questo amore, diventiamo simili a Dio perché ciò che ci fa simili è
esattamente quell’amore con cui Lui ci ha amati per
primo. Nel suo amore noi “possiamo”.
(musica)
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Con la riflessione odierna, padre Rupnik
termina, dopo tre anni, i suoi commenti al Vangelo della Domenica. Interventi
che si possono trovare integralmente nell’archivio del Radiogiornale
sul nostro sito web www.radiovaticana.va.
Nel ringraziarlo affettuosamente per la sua collaborazione, vi rimandiamo
all’intervista di commiato che padre Rupnik ci ha
rilasciato per domani, in cui ci offre qualche spunto per meglio affrontare
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17 febbraio 2007
Il servizio al bene comune è il criterio fondamentale
per la vita politica: così, i vescovi dell’Andalusia,
in vista del referendum di domani per l’approvazione
del nuovo Statuto della regione autonoma spagnola
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SIVIGLIA. = Gli elettori dell’Andalusia, una delle 17
regioni autonome della Spagna, sono chiamati a votare, questa domenica, per un
nuovo Statuto, che sostituisce quello approvato nel 1981 e ancora in vigore.
Non si prevedono sorprese per quanto riguarda la percentuale dei voti
affermativi. Tra i quattro partiti regionali presenti nel Parlamento andaluso, solo quello nazionalista, con una bassa
percentuale, si è manifestato contro il testo della riforma. Sono invece motivo
di preoccupazione le previsioni su una bassa partecipazione al voto. I vescovi
delle diocesi dell’Andalusia hanno pubblicato una nota con l’intenzione di
aiutare gli elettori a comportarsi con senso di responsabilità morale in questo
referendum sullo Statuto regionale. Il servizio al bene comune - si dice in
questa nota - è il criterio fondamentale per la vita politica. Tuttavia, in
questo caso ci sono motivi di preoccupazione per il forte interventismo
permesso all’autorità dal testo, in ambiti che sono propri ed esclusivi
dell’individuo e della famiglia. Più in particolare, la nota dei vescovi vede
come un fatto positivo il riconoscimento di certi diritti sociali; ma non il modo in
cui viene affrontato il rispetto della vita e della famiglia fondata sul vero
matrimonio. I vescovi dell’Andalusia, dichiarano poi
specificamente che alcuni articoli dello Statuto possono legittimare certi
attentati alla vita umana, sia nella sua origine che nella sua conclusione; che
si fanno concessioni inaccettabili a certe teorie sulla definizione del genere
e della sessualità; che l’istituzione matrimoniale appare indebolita con
l’approvazione di altre forme di unione. Inoltre, rimane ambigua la
dichiarazione sull’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, e non
c’è alcun accenno alla storia e la cultura cristiana dell’Andalusia. Infine, i
vescovi concludono la nota con un appello allo spirito di riconciliazione e di
solidarietà di tutti gli abitanti. (A cura di Ignazio Arregui)
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due operatori umanitari di Medici Senza Frontiere (MSF)
BARDHERE. = Non si fermano le violenze in Somalia dove
ieri nella città di Bardhere,
nel sud del Paese, è stato attaccato il personale di Medici Senza frontiere
(MSF) Spagna. Secondo le informazioni riportate dalla MISNA e confermate
dall’ufficio stampa di MSF, i due operatori umanitari spagnoli coinvolti
nell’attacco si trovano in buone condizioni. Il
personale si trovava nella città somala per rimettere in funzione il principale
ospedale rimasto chiuso per 10 anni. L’episodio si inserisce in un clima di
insicurezza crescente dovuto al moltiplicarsi di atti di banditismo, estorsioni
e posti di blocco e coincide con la ricomparsa in varie zone del Paese dei
vecchi ‘signori della guerra’, fatto che è stato
denunciato in una nota dell’Ufficio per il coordinamento degli Affari umanitari
dell’ONU. (M.G.)
Il governo olandese introdurrà
l’obiezione di coscienza per chi
deve celebrare matrimoni omosessuali. La novità è stata fatta inserire
nella piattaforma programmatica del futuro
governo
dalla piccola formazione politica (Unione
Cristiana)
L’AJA. = Obiezione di coscienza per gli ufficiali che non
vorranno celebrare matrimoni omosessuali.
Questa è la novità prevista nella piattaforma programmatica del futuro governo
olandese che sta provocando un acceso dibattito all’interno del Paese. A promuovere questa possibilità è il piccolo
partito protestante Unione Cristiana alleato di cristiano
democratici e laburisti: la formazione è riuscita ad ottenere una serie
di impegni vincolanti dalla coalizione per via dei suoi sei deputati che
rappresentano l’ago della bilancia nell’attuale assetto del Parlamento uscito
dalle urne lo scorso 22 novembre. Nel
pacchetto d’iniziative previste nella piattaforma programmatica la lotta alla
prostituzione illegale, il divieto di aprire coffe shop vicino alle scuole ed
aiuti per offrire alternative all’aborto e all’eutanasia. (M.G.)
Costruire rapporti veri di fraternità per recuperare il rapporto
tra medico e malato: è quanto ha ribadito ieri
Chiara Lubich
nel messaggio ai partecipanti del convegno internazionale
“Comunicazione e relazionalità in medicina,
nuove prospettive
per l’agire medico”, che si conclude oggi all’Università Cattolica di Roma
ROMA. = “Lavorare nell’ambito della medicina dà la
possibilità di amare il prossimo in un crescendo di carità che va rivolta a
tutti; una carità che non è mero sentimentalismo, ma concreto agire, sempre
attento alla necessità del momento; una carità capace di instaurare con tutti un dialogo profondo che, se vissuto da più, genera
comunione, unità”. Così, Chiara Lubich, fondatrice
del Movimento dei Focolari, si è rivolta in un messaggio inviato ieri ai
partecipanti al convegno internazionale “Comunicazione e relazionalità
in medicina, nuove prospettive per l’agire medico”, che si conclude oggi presso
l’Università Cattolica di Roma. Nel suo intervento, come riferisce l’agenzia
ZENIT,
Cartoon, Lungometraggi
e ricerca storica. Presentata ieri,
dall'Ufficio informazioni dell'Opus Dei in Italia, la campagna
per far conoscere la figura di
San Josemaria Escrivá
ROMA. = La figura di San Josemaria
Escrivá, fondatore dell’Opus
Dei, sarà protagonista di due progetti audiovisivi: un
film della produzione internazionale della Lux Vide di Ettore Bernabeie e, per i più piccoli, un cartone animato
realizzato da Mondo Tv. Lo ha annunciato Giuseppe Corigliano,
direttore dell'Ufficio informazioni dell'Opus Dei in Italia, nel corso di una conferenza stampa che si è
tenuta ieri a Roma. Corigliano ha subito precisato
che l’Opera non ha finanziato i progetti, ma ha partecipato in qualità di
consulente su richiesta delle Case di produzione. Il
cartone, realizzato da matite di cartoonist nord-coreani e scritto dal giovane
sceneggiatore cattolico Francesco Arlanch, dovrebbe
vedere la luce per Pasqua, mentre, per quanto riguarda il lungometraggio della Lux Vide, al momento esiste solo una bozza di
sceneggiatura scritta sempre da Arlanch, che racconta
tutte le difficoltà con cui Escrivá dal
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17 febbraio 2007
- A cura di Amedeo
Lomonaco -
In Iraq, è di almeno dieci morti
il bilancio, ancora provvisorio, del duplice attacco dinamitardo avvenuto in mattinata a Kirkuk, principale
centro petrolifero nel nord del Paese. L’Ufficio internazionale per le
migrazioni (IOM) rende poi noto che a causa delle continue violenze, circa un
milione di civili iracheni saranno probabilmente costretti nei prossimi mesi ad
abbandonare le proprie case. Lo IOM fa anche notare che in molte zone dell’Iraq
“la situazione umanitaria è grave e sta peggiorando”. A Baghdad, dove invece il
piano di sicurezza avviato nei giorni scorsi sembra aver reso la città più
sicura, è arrivato intanto a sorpresa il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Il nostro servizio:
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Il
piano di sicurezza avviato nei giorni scorsi in Iraq e le divergenze sempre più
nette negli Stati Uniti sul conflitto iracheno fanno da cornice al viaggio del
segretario di Stato americano. Al suo arrivo, Condoleezza Rice
si è subito complimentata per le operazioni militari in corso nella capitale
dove gli attacchi e le violenze sono diminuiti negli ultimi giorni dell’80 per
cento. A Baghdad sta infatti cominciando a dare incoraggianti risultati
l’operazione anti guerriglia: la
capitale irachena, visitata da Condoleezza Rice, è oggi una città dove soldati americani e iracheni
garantiscono maggiore sicurezza anche grazie a controlli più rigidi nelle telecomunicazioni
e al prolungamento del coprifuoco notturno. L’amministrazione americana è
comunque preoccupata per la notizia, data da un portavoce del governo iracheno,
della prossima riapertura di valichi di confine con Iran e Siria, chiusi nei
giorni scorsi. Gli Stati Uniti accusano l’Iran di fornire armi a miliziani
sciiti e la Siria di favorire il passaggio di combattenti stranieri. Ma i
segnali più preoccupanti per la Casa Bianca arrivano non da Baghdad ma da
Washington. Per la prima volta dall’inizio della guerra in Iraq, il Congresso
statunitense – ora a maggioranza democratica - ha approvato ieri una
risoluzione che condanna la strategia del presidente Bush
nel Paese arabo. La Casa Bianca ha comunque subito sottolineato che non si
tratta di una mozione vincolante. Sarà invece cruciale la prossima settimana,
quando Camera e Senato dovranno decidere se approvare o respingere il budget di
93 miliardi di dollari per finanziare la guerra in Iraq.
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Il presidente statunitense, George
Bush, ha avuto intanto una serie di colloqui telefonici
con il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, sull’accordo raggiunto lo scorso 8 febbraio alla
Mecca per la formazione di un governo di unità nazionale palestinese. Il capo
della Casa Bianca ha anche parlato del vertice che si terrà lunedì a
Gerusalemme tra il premier israeliano, Ehud Olmert, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ed il presidente
palestinese, Abu Mazen. Nei
Territori Palestinesi, intanto, il premier Ismail Haniyeh, incaricato di formare l’esecutivo di unità
nazionale, ha detto di sperare di allestire entro tre settimane la nuova
compagine governativa.
In
Pakistan, ha provocato almeno 15 morti l’attentato dinamitardo condotto stamani
a Quetta, nella parte sud-occidentale del Paese.
L’esplosione è avvenuta all’interno di un edificio che ospita la sede della
Corte Civile e un commissariato di polizia. La zona, che confina con Iran e
Afghanistan, è da anni teatro di scontri tra forze di sicurezza e gruppi
tribali della minoranza etnica dei beluci, ostili al
potere centrale di Islamabad. Nella stessa area,
però, potrebbero aver colpito anche i taleban, dopo
che l’esercito pakistano - su pressione statunitense - ha cominciato a colpire
basi e covi dei fondamentalisti islamici afghani.
La guida spirituale suprema
dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha detto che il
governo di Teheran non intende fare alcuna
concessione alla comunità internazionale sul proprio diritto a perseguire il
programma nucleare. Khamenei ha detto, in un
intervento ripreso dalla televisione di Stato iraniana, che le riserve di
petrolio e gas del Paese non sono inesauribili. Ha sottolineato quindi la
necessità di sviluppare fonti alternative, come il nucleare, per evitare la
dipendenza energetica dall'Occidente. Le dichiarazioni di Ali Khamenei arrivano quattro giorni prima della scadenza
dell'ultimatum delle Nazioni Unite all’Iran.
Oggi pomeriggio, a Vicenza, la manifestazione contro
l’ampliamento della base americana insediata in città. Decine di migliaia i
partecipanti provenienti da tutta Italia. Imponenti le misure di sicurezza per
impedire incidenti. Un appello a manifestare pacificamente è giunto questa
mattina dal capo dell’esecutivo, Romano Prodi. Ma c’è
polemica nella maggioranza di centrosinistra per la presenza al corteo dei
leader di partito della sinistra radicale. Dure le critiche dell’opposizione.
Il servizio di Giampiero Guadagni:
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E’ una città blindata, oggi, Vicenza: 1.300 gli uomini
delle forze dell’ordine mobilitati, 4 i presidi medici. Divieto di sorvolo
sulla città. Chiusi scuole, cinema, teatri e molti negozi. L’allarme sicurezza
era stato lanciato nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato,
che, riferendo alla Camera sugli arresti di militanti delle nuove BR, aveva
detto di temere che a Vicenza potessero saldarsi ostilità contro le forze
dell’ordine. I manifestanti protestano per l’ampliamento della base americana,
dove è di stanza la 173.ma Brigata già impiegata in
Iraq e in Afghanistan. Il via libera all’ampliamento era stato concesso dal governo Berlusconi e confermato dal governo Prodi. Una
decisione, quest’ultima, contestata dalla sinistra radicale dell’Unione. E
oggi, in piazza, ci sono molti parlamentari del centrosinistra e anche alcuni
segretari di partito, come Franco Giordano, di Rifondazione comunista, e
Oliviero Di liberto, dei Comunisti italiani. Non ci saranno invece rappresentanti
del governo, dopo le sollecitazioni in questo senso da parte di Prodi. E per
motivi istituzionali non ci sarà il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, che pure condivide l’iniziativa e lancia un
appello alla non violenza. Il centrodestra ha chiesto le dimissioni di Bertinotti e rimarca le divisioni nella maggioranza, una
maggioranza “che non esiste più”, afferma Berlusconi. Romano Prodi spiega: la
presenza di partiti dell’Unione al corteo non mi fa piacere, ma non rompe il
patto di governo. E ieri, incontrando a Roma il presidente afghano Karzai,
Prodi ha ribadito la necessità di una soluzione politica per Kabul. Il premier
ha fatto poi sapere che il discorso di Bush
sull’offensiva militare di primavera delle forze NATO
non cambia la strategia e gli impegni della presenza italiana in Afghanistan.
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Il fenomeno del terrorismo in
Italia è ancora da sradicare. Lo ha detto il capo dell’esecutivo,
Romano Prodi, ricordando a Forlì, dove si è recato per la mostra di Silvestro
Lega, lo storico e costituzionalista forlivese,
Roberto Ruffilli, ucciso dalle Brigate Rosse nel
1988. Il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani,
ha dichiarato inoltre che sul terreno della lotta al terrorismo “il sindacato
non può ricevere lezioni da nessuno”. “Saremo inflessibili – ha aggiunto Epifani - e sapremo separare le mele marce, isolarle e
cacciarle”.
Una dichiarazione sul Darfur, un
impegno a lottare contro l’AIDS, la malaria e la tubercolosi, una condanna
delle violenze in corso in Guinea. Sono i risultati raggiunti durante il XXIV vertice franco-africano conclusosi ieri a Cannes. Il
servizio di Francesca Pierantozzi:
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Il presidente francese, Jacques Cirac, il cui mandato all’Eliseo
scade tra poco più di due mesi, ha detto di aver organizzato il suo ultimo
vertice sull’Africa, “per quest’anno” ha aggiunto sorridendo, anche se
praticamente nessuno crede che potrà ripresentarsi ancora alla presidenza. Se
la maggior parte dei Paesi presenti, 48 sui 53 che conta l’Africa, hanno
firmato una dichiarazione in cui si impegnano a rispettare la sovranità e a non
sostenere nessun movimento armato nella drammatica crisi nel Darfur, il
presidente sudanese, Al Bashir, ha subito ribadito la
sua opposizione allo spiegamento di caschi blu nella regione. Soltanto di
principio l’impegno a lottare contro le pandemie: 23 Paesi hanno ribadito la
loro adesione all’UNAID, il programma voluto da Chirac
per finanziare l’acquisto di medicine. Criticato per le sue amicizie personali
con alcuni controversi dirigenti africani, Chirac ha
tenuto a respingere l’immagine di una Francia gendarme
dell’Africa. La Francia, ha detto Chirac,
agisce sempre con l’accordo e su richiesta delle Nazioni Unite e dell’Unione
Africana. Non potrà esserci una mondializzazione riuscita, ha concluso Chirac, senza un’Africa forte e fiduciosa.
Francesca Pierantozzi, da
Parigi, per la Radio Vaticana.
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Nuove tensioni in
Somalia. Durante combattimenti tra guerriglieri locali ed esercito etiopico,
ancora schierato nel Paese africano, un obice è caduto su un campo profughi alla
periferia di Mogadiscio, provocando la morte di una persona.
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