RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 48  - Testo della trasmissione di sabato 17 febbraio 2007

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Libertà religiosa, difesa della famiglia, problema delle sette religiose tra le priorità pastorali dell’America Latina, ricordate da Benedetto XVI ai rappresentanti pontifici del Continente

 

Oggi alle 18.00 il Papa in visita al Seminario Romano Maggiore

 

Il cardinale Martino a Malta: no all’occhio per occhio nella lotta contro i terroristi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

E’ morto in Colombia il missionario italiano della Consolata, padre Mario Bianco, 90 anni, barbaramente percosso lo scorso 4 febbraio durante una rapina. Aveva dedicato tutta la sua vita ai poveri: ce lo ricorda padre Pietro Trabucco

 

L’intervento dei vescovi portoghesi dopo il referendum sull’aborto. Ai nostri microfoni, mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga

 

Associazioni, movimenti e diverse Chiese cristiane preparano la manifestazione “Insieme per l’Europa” che si svolgerà a Stoccarda, in Germania, il 12 maggio

 

Oggi l’ultimo commento al Vangelo di padre Rupnik. Dalla prossima settimana, le riflessioni saranno del teologo della Lateranense, don Massimo Serretti

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nota dei vescovi dell’Andalusia sul referendum di domani per l’approvazione del nuovo Statuto della Regione autonoma spagnola

 

Aggrediti, ieri in Somalia, due operatori umanitari di Medici Senza Frontiere

 

Il governo olandese introdurrà l’obiezione di coscienza per la celebrazione di matrimoni omosessuali

 

Messaggio di Chiara Lubich al convegno “Comunicazione e relazionalità in medicina”, che si conclude oggi all’Università Cattolica di Roma

 

Presentata dall’Ufficio informazioni dell'Opus Dei in Italia la campagna per far conoscere la figura di San Josemaria Escrivá

 

24 ORE NEL MONDO:

Visita a sorpresa a Baghdad del segretario di Stato USA Condoleezza Rice

 

Tensione a Vicenza per la manifestazione di protesta contro l’ampliamento della base a

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 febbraio 2007

 

 

Libertà religiosa, difesa della famiglia, problema delle sette religiose tra le priorità pastorali dell’America Latina, ricordate da Benedetto XVI ai rappresentanti pontifici del continente. L’incontro tra Vangelo e civiltà precolombiane, ha detto, non fu un’imposizione ma una felice fusione

 

La Chiesa in America Latina è alla vigilia di un appuntamento molto importante, quasi un esame di coscienza del proprio operato negli ultimi anni: la quinta Assemblea generale del CELAM, le Conferenze episcopali del continente sudamericano, che si svolgerà dal 13 al 31 maggio prossimi ad Aparecida, in Brasile, e che vedrà il Papa presiederne l’apertura. E proprio Benedetto XVI ha ricevuto oggi in udienza, dopo una Messa presieduta dal cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, i rappresentanti pontifici che, da giovedì scorso a stamani, si sono incontrati per discutere sulle priorità pastorali dell’evento di maggio. Priorità che lo stesso Pontefice ha sintetizzato nel suo intervento di stamattina. Ce ne parla Alessandro De Carolis.

 

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Il “Continente della speranza”, come definì anni fa Giovanni Paolo II l’America Latina, torna a riflettere su se stesso: sul rapporto tra la Chiesa locale e la popolazione al mondo numericamente più cattolica, tra fede e sfide pastorali presenti e future, tra cui la tutela della famiglia, il dilagare delle sette, il riconoscimento di una effettiva e formale libertà religiosa. Guardando alla prossima Assemblea generale del CELAM e al lavoro preparatorio di questi mesi - tra cui va inserito l’incontro appena concluso dei rappresentanti pontifici - Benedetto XVI ne ha in sostanza sintetizzato “l’agenda” dei lavori. L’America Latina, ha detto il Papa, ha una grande tradizione di cattolicità, figlia di una “epopea missionaria” definita “straordinaria”: è in queste radici, dunque, che il popolo latinoamericano deve rintracciare le radici del suo essere e del suo agire attuale. E Benedetto XVI ha voluto portare un punto della sua riflessione sul perché di questo forte radicamento ecclesiale nel continente, che fa oggi della Chiesa cattolica “l’istituzione che gode del maggior credito da parte delle popolazioni latinoamericane”:

 

“Alcuni ambienti, lo sappiamo, affermano un contrasto tra la ricchezza e profondità delle culture precolombiane e la fede cristiana, presentata come una imposizione esteriore o un’alienazione per i popoli dell’America Latina. In verità, l’incontro tra queste culture e la fede in Cristo fu una risposta interiormente aspettata da queste culture. Questo incontro quindi non è da rinnegare ma da approfondire e ha creato la vera identità dei popoli dell’America Latina”.

 

Legata alla precedente, un’altra questione di notevole rilevanza pastorale è stata sottolineata da Benedetto XVI, relativa a un aspetto forse poco considerato, quello della effettiva libertà religiosa di cui gode la Chiesa latinoamericana, che si muove in nazioni che “cercano, non raramente tra tante difficoltà, di consolidare la pace interna della propria Nazione”:

 

 “Essa auspica che nei Paesi latinoamericani dove le Carte Costituzionali si limitano a ‘concedere’ libertà di credo o di culto, ma nonriconoscono’ ancora la libertà religiosa, si possano quanto prima definire le reciproche relazioni fondate sui principi di autonomia e di sana e rispettosa collaborazione (…) Una corretta formulazione giuridica di tali relazioni non potrà non tenere conto del ruolo storico, spirituale, culturale e sociale svolto dalla Chiesa cattolica nell’America Latina”.

 

Netta la presa di posizione del Papa in difesa della famiglia. Essa, ha asserito, “mostra segni di cedimento sotto le pressioni di lobbies capaci di incidere negativamente sui processi legislativi”. Ed ha spiegato in che modo:

 

“Divorzi e unioni libere sono in aumento, mentre l’adulterio è guardato con ingiustificabile tolleranza. Occorre ribadire che il matrimonio e la famiglia hanno il loro fondamento nel nucleo più intimo della verità sull’uomo e sul suo destino; solo sulla roccia dell’amore coniugale, fedele e stabile, tra un uomo e una donna si può edificare una comunità degna dell’essere umano”.

 

Nell’enumerare poi le tematiche sociali più “calde” del continente latinoamericano – tra le quali la lotta alla povertà, il fenomeno della migrazione, l’educazione dei giovani e la formazione di laici in grado di incidere nella realtà sociale ed economica – Benedetto XVI si è soffermato su una problematica molto diffusa:

 

“Una così consolidata presenza deve però oggi tener conto, tra l’altro, del proselitismo delle sette, dell’influenza crescente del secolarismo edonista post-moderno. Sulle cause dell’attrattività delle sette dobbiamo seriamente riflettere, per trovare le risposte giuste”.

 

E una possibilità per “rispondere alle sfide delle sette”, ha osservato il Papa, è quello di “informare in modo adeguato l’opinione pubblica sulle grandi questioni etiche secondo i principi del Magistero della Chiesa”, tra l’altro con una “presenza efficace nel campo degli strumenti di comunicazione”. Quindi, Benedetto XVI ha fatto un’ultima considerazione sul ruolo delle nuove realtà ecclesiali:

 

“I Movimenti ecclesiali costiuiscono certo una valida risorsa per l’apostolato, ma vanno certamente aiutati a mantenersi fedeli al Vangelo e all’insegnamento della Chiesa, anche quando operano in campo sociale e politico. In particolare, sento il dovere di ribadire che non spetta agli ecclesiastici capeggiare aggregazioni sociali o politiche, ma ai laici maturi e professionalmente preparati”.

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E l’analisi sulle varie situazioni del continente ha interessato come detto, a più riprese e da varie angolazioni, le sessioni di lavoro in Vaticano che hanno impegnato i rappresentanti pontifici dell’America Latina. Il nunzio apostolico in Perù, l’arcivescovo Rino Passigato, ne ha parlato con Luis Badilla:

 

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R. - Molto spesso credo che ci sia stata distrazione nell’impegno degli uomini della Chiesa in questo continente, per affrontare le necessarie ed imminenti realtà sociali di grande povertà, di grande ingiustizia. Quindi, la preoccupazione nell’affrontare tali realtà ha distratto un po’ da quella che è la missione essenziale degli annunciatori: annunciare Gesù Cristo. Spero che in occasione di questo appuntamento della Chiesa latinoamericana, l’Assemblea generale del CELAM, si torni a riscoprire Gesù Cristo senza il quale nessun uomo può sperare la salvezza. Dunque, l’augurio è proprio quello emerso nelle nostre riunioni: che i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, i laici - che verranno invitati a partecipare a questo evento per riscoprire la centralità nella persona di Gesù Cristo, la forza del suo messaggio - abbiano anche la lucidità di poter proporre un cammino per tutta quanta la Chiesa di riscoperta di Gesù Cristo: della sua Parola, dei suoi Sacramenti, l’importanza della Messa, della celebrazione domenicale. Rivedere questa visione di Cristo morto e risorto, ci conforta anche nelle nostre difficoltà sociali, nella povertà. Il latinoamericano si identifica molto spesso con Gesù Cristo crocifisso. C’è tutta quanta una tradizione, anche iconografica in America Latina, che rappresenta spessissimo il Cristo crocifisso, anche esageratamente ricoperto di sangue, di piaghe: lì, il campesino, l’uomo semplice della terra, soggetto a delle situazioni di grande sofferenza e di grande difficoltà, ci si identificava. Non è per condannare le popolazioni latino-americane a vivere in una situazione di sottomissione, quasi di schiavitù, ma per trovare la forza di rialzarsi guardando Gesù Cristo risorto e quindi - dalla preghiera, dalla Parola di Dio - trovare la luce, il motivo per costruire una società più giusta: la vera liberazione ci viene da Gesù.

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Oggi alle 18.00 il Papa in visita al Seminario Romano Maggiore

 

Questa sera alle 18.00 il Papa si recherà in visita al Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia, Patrona del Seminario. E’ la seconda volta che Benedetto XVI visita il Seminario diocesano, dove attualmente studiano 121 alunni. L’anno scorso il Papa aveva ricordato don Andrea Santoro, a pochi giorni dal suo assassinio in Turchia, mentre pregava nella sua chiesa di Trebisonda; quindi aveva invitato i seminaristi ad imparare a servire “con amore la Chiesa di Cristo” come lui. Anche don Andrea aveva studiato nel Seminario Romano Maggiore. Quest’anno il Papa parlerà a braccio rispondendo alle domande di sei seminaristi. L’incontro sarà trasmesso in diretta da Telepace.

 

 

I nuovi profili della guerra, le nuove esigenze della pace,

il ruolo delle religioni al riguardo, sono stati evidenziati

dal cardinale Martino, a Malta, in una tre giorni di studio

sulla Dottrina sociale della Chiesa

 

La religione, ogni autentica religione non deve mai diventare pretesto per

alimentare conflitti, odio e violenza. Individui e comunità religiose hanno il dovere di manifestare chiaramente il loro completo e radicale rifiuto della violenza, di ogni violenza, specie di quella che si ammanta del nome santo di Dio. Oggi l’umanità si aspetta dai credenti concreti gesti di pace e solidarietà e credibili parole di speranza. Lo ha detto stamani il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, parlando ai giovani del St. Aloysius College di Malta sul tema: “Pace, violenza e religioni”. Il porporato si trova da ieri in visita nell’isola-Stato  mediterranea, per animare una tre giorni di riflessione e di studio sulla Dottrina sociale della Chiesa, nel 40.mo anniversario dell’Enciclica Populorum Progressio di Paolo VI e nel ventennale della Sollicitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II. Il servizio di Paolo Scappucci.

 

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         Stamani, dopo aver rilevato i mutati connotati sociologici della guerra e della pace oggi, nell’imperversare del terrorismo e nell’urgenza di difendere la sacralità della vita umana, promuovere la famiglia, eliminare la povertà,  impegnarsi fattivamente per il disarmo e sostenere lo sviluppo, il cardinale Martino ha insistito sul concetto che “nessun motivo autenticamente religioso può indurci a considerare gli altri come nemici contro cui combattere”. “C’è un tempo – ha detto il presidente di Giustizia e Pace – per imparare dalla diversità e c’è un tempo per imparare soprattutto da ciò che si ha in comune”.

 

         Sul terrorismo il porporato ha rilevato che esso “si è trasformato da atti isolati di singoli estremisti in una sofisticata rete di cooperazione politica, tecnologia ed economica, con accesso spesso ad immense risorse finanziarie e strategie pianificate su vasta scala”. Individui e nazioni presi di mira dal terrorismo sono tentati di  ricambiare “occhio per occhio, dente per dente” in spirito di vendetta, ma ciò non fa che aumentare la violenza in un tragico circolo vizioso, mentre occorre una “efficace cooperazione internazionale a livello politico per risolvere con coraggio e determinazione i problemi che, in certe drammatiche situazioni, aggiungono benzina al fuoco dei terroristi”. “E’ profanazione e bestemmia – ha detto il cardinale Martino, citando il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa – proclamarsi terroristi in nome di Dio. Nessuna religione può tollerare il terrorismo e tanto meno predicarlo. E’ imprescindibile dovere delle grandi religioni dell’umanità lavorare insieme per diffondere una maggiore consapevolezza dell’unità della famiglia umana, in modo di eliminare le cause culturali del terrorismo, insegnando che grande è la dignità della persona umana agli occhi di Dio e mai la violenza può giustificarsi in nome di Colui che è Amore”.  “Il servizio che le religioni possono rendere alla pace e alla lotta contro il terrorismo – ha concluso il cardinale – consiste esattamente nella pedagogia dell’amore e della riconciliazione”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il matrimonio e la famiglia hanno il loro fondamento nel nucleo più intimo della verità sull'uomo e sul suo destino.

 

Servizio estero - Medio Oriente: il Governo unitario palestinese nasce con l'auspicio di sottrarre l'Anp dall'isolamento internazionale.

 

Servizio culturale - Un articolo di Mario Spinelli dal titolo : “La romantica memoria di un sogno, l’evocazione di un tempo estraneo alla storia”: a Torcello, l’isola più a nord tra quelle storiche della Laguna veneta, alla ricerca delle radici della città di San Marco.

 

Servizio italiano - Base Usa; Vicenza: il giorno più lungo. Occhi puntati sul corteo di protesta.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 febbraio 2007

 

Deceduto in Colombia il missionario italiano della Consolata,

padre Mario Bianco, 90 anni, percosso lo scorso 4 febbraio

in una rapina nel Seminario di Manizales

- Intervista con padre Pietro Trabucco -

 

E’ morto per un infarto padre Mario Bianco, 90 anni, missionario della Consolata di origine italiana, aggredito lo scorso 4 febbraio durante una rapina nel Seminario di Manizales, nella Colombia centro-occidentale. Il sacerdote viveva da 60 anni nel Paese latinoamericano. Sulla dinamica dell’agguato, Roberta Moretti ha intervistato un confratello, padre Pietro Trabucco:

 

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R. – Alcuni ladri si sono intrufolati in casa, la sera tardi, e hanno legato padre Mario e la persona di servizio. L’altro confratello, padre Mellino, era fuori per servizi pastorali. Quando è rientrato, hanno preso pure lui e lo hanno legato. E poi i ladri naturalmente hanno preso tutto quello che sono riusciti a prendere, il televisore e parte di una batteria, utilizzata dai giovani, e poi li hanno lasciati legati e se ne sono andati con la macchina di padre Mellino. E così i confratelli sono rimasti legati per ben quattro ore e padre Bianco è rimasto steso per terra per cui ha sofferto il freddo, l’umidità di quella sera. Quando sono riusciti poi a slegarsi e a chiedere aiuto, il padre ha cominciato a sentirsi male. E’ stato ricoverato all’ospedale, ha avuto una broncopolmonite ed è morto di infarto; però tutti i confratelli della Colombia dicono che certamente il decesso è avvenuto per le conseguenze dei maltrattamenti subiti.

 

D. – Chi era padre Mario Bianco e quale testimonianza di vita ci lascia?

 

R. – E’ stato un missionario di vecchio stampo, di quelli che veramente hanno fatto la storia della missione. E’ stato un padre che ha dedicato tutta la sua vita per i poveri nelle situazioni più difficili ed è sempre stato di grande esempio. Lui si sentiva felice, nonostante la sua età è voluto rimanere in Colombia dando tutto quanto se stesso. E’ vissuto anche per anni proprio nella zona dove esiste la guerriglia e sempre con una grande passione per la sua gente. Ogni volta che tornava in Italia per le sue vacanze, sognava il momento di poter ritornare e vivere in mezzo alla sua gente.

 

D. – Cosa ci può dire della situazione sociale in Colombia, quali le maggiori difficoltà?

 

R. – La situazione colombiana è conosciuta; per questa guerriglia che continua a fare tante vittime per il narcotraffico e per la gente, per i poveri costretti a pagare la loro tassa alla guerriglia. Ad esempio noi missionari della Consolata siamo presenti nella zona del Caquetá che da decenni è in mezzo a tutta questa situazione tanto violenta. Tentativi verso la pace se ne fanno tanti, ma purtroppo l’esito è molto scarso. Il governo ha usato la mano forte sperando con questo di scoraggiare un po’ la guerriglia, ma questa – forse anche per gli interessi del traffico della droga – non si ferma e la Chiesa in modo particolare fa di tutto per risolvere il problema. I vescovi cercano in ogni maniera di intavolare un dialogo: d’altronde, una pacificazione della Colombia può avvenire solo attraverso il dialogo. E la Chiesa, forse anche per il suo ruolo di mediazione, tante volte ha pagato questo impegno con molte persone uccise e padre Bianco è l’ennesima vittima di questa violenza generalizzata che si incontra un po’ in tutto il Paese.

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Dopo il referendum sull’aborto, i vescovi portoghesi

richiamano al rispetto della vita

- Intervista con mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga -

 

I vescovi del Portogallo reagiscono con chiarezza alle intenzioni dell’esecutivo di riformare in senso permissivo la legislazione in materia di aborto, dopo il recente referendum sulla depenalizzazione dell’interruzione di gravidanza che ha registrato la vittoria dei “sì” ma senza raggiungere il quorum. In una nota pastorale pubblicata ieri dalla Conferenza episcopale portoghese al termine di una assemblea straordinaria tenuta a Fatima, i vescovi sottolineano come la prevalenza dei “sì” alla depenalizzazione dell’aborto riveli una carenza di valori etici essenziali e rammentano che l’aborto, le cui vittime sono già nell’ordine delle 20mila l’anno, rimane un peccato mortale. L’impegno della Chiesa cattolica nelle parole del presidente della Conferenza episcopale portoghese, mons. Jorge Ferreira da Costa Ortiga, intervistato da Stefano Leszczynski:

 

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R. – Il referendum è stato per noi un’opportunità, un’occasione per prendere coscienza, di nuovo, delle nostre responsabilità di evangelizzare e di formare le coscienze, perché noi abbiamo tanti portoghesi che si dicono cattolici ma poi nei fatti i risultati sono quelli che sono.

 

D. – Eccellenza, qual è l’appello che i vescovi rivolgono ai cattolici portoghesi?

 

R. – Abbiamo richiamato l’attenzione dei cristiani che hanno votato il “sì” e non soltanto hanno votato il “sì” all’aborto ma hanno anche lavorato alla campagna per il “sì”. Abbiamo anche chiesto ai medici, a chi lavora in campo sanitario, che non abbiano paura dell’obiezione di coscienza. Per quanto ci riguarda, abbiamo preso l’impegno di lavorare molto di più per la cultura della vita.

 

D. – Come si pone la Chiesa portoghese nei confronti delle donne che vivono con disagio la gravidanza?

 

R. – Abbiamo già alcune strutture che accompagnano le madri, le donne che hanno questa difficoltà da risolvere. Abbiamo cercato proprio di prendere in considerazione la nostra responsabilità di non abbandonare nessuno. Abbiamo chiesto alle donne che per la loro decisione cerchino di avere un consiglio di qualche amico. Non siamo entrati in riferimenti precisi riguardo ai contenuti della legge futura ma abbiamo cercato di parlare positivamente, proprio come una sfida per la nostra Chiesa che deve lavorare per il nostro popolo.

 

D. – Famiglia e giovani sono altri due ambiti che suscitano preoccupazione nella Chiesa portoghese …

 

R. – Noi abbiamo parlato molto di questa mutazione culturale. E’ per questo che abbiamo parlato di una sfida per noi, dell’evangelizzazione della famiglia ma io direi soprattutto dei giovani, perché siamo convinti che questa vittoria del sì all’aborto, è stata una decisione sostenuta dalla popolazione più giovane.

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Un cammino ecumenico per superare nazionalismi, sciogliere pregiudizi

e abbattere barriere storiche. A promuoverlo sono associazioni, movimenti e diverse Chiese, in preparazione della manifestazione“Insieme per l’Europa” che si svolgerà a Stoccarda, in Germania, il 12 maggio

 

Sono 180 i movimenti e le comunità cristiane che stanno promuovendo “Insieme per l’Europa”, la manifestazione internazionale prevista il 12 maggio a Stoccarda, in Germania. L’evento vuol far conoscere la possibile collaborazione fra gruppi, associazioni e persone che hanno fedi differenti, in un’Europa che necessita di un forte impegno sociale perchè vengano assicurate giustizia e pace, perché l’economia cresca e la famiglia riceva tutele. Ieri a Roma, alla Comunità di Sant’Egidio, è stato presentato il programma della manifestazione e del congresso che la precederà, sempre a Stoccarda, sul tema “Insieme in cammino”. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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Movimenti, associazioni e comunità cristiane di diverse Chiese si incontreranno per proseguire un cammino ecumenico iniziato nel ’99. Vogliono promuovere una pacifica convivenza fra i popoli, lavorare insieme per la difesa dei diritti umani e dar voce nel mondo all’Europa e ai valori nati dalle sue radici cristiane. Esponenti di comunità e gruppi che prenderanno parte alla manifestazione di Stoccarda hanno sottolineato l’importanza, oggi, della collaborazione, in un’Europa in cui i giovani affermano di credere in Cristo ma non nelle istituzioni della Chiesa, mentre la Francia vive problemi di integrazione sociale. Ma un po’ ovunque si registra la voglia di dialogare, e i frutti ci sono. Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio:

 

R. – Il primo frutto è che ci siamo capiti. Cioè, noi stiamo preparando Stoccarda, tutti insieme, e nella nostra grande diversità e pluralità, eppure è un cammino che procede. Poi, ci sono i frutti concreti nella vita quotidiana: di collaborazione dei movimenti più a livello locale, che sono frutti che naturalmente non emergono sulla grande stampa ma che hanno il risultato di costruire un tessuto nuovo di unità nella società. E questo tessuto si vede nell’aiuto ai poveri, si vede nella lotta per l’abolizione della pena di morte nel mondo.

 

D. – E su quali fronti vi state impegnando particolarmente, adesso?

 

R. – Noi ci stiamo impegnando per mandare un messaggio chiaro ai politici europei che i cristiani vogliono l’unità d’Europa, vogliono un’Europa che non solo riscopra le sue radici cristiane, che non si ripieghi sui propri problemi ma sappia guardare al mondo e dare un suo contributo allo sviluppo pacifico del mondo. E poi, ci stiamo concentrando sul grande obiettivo di capire che cosa significa avere un destino comune con il continente africano, quindi di mettere in atto delle opere di solidarietà verso l’Africa.

 

Ma in che modo si sta organizzando “Insieme per l’Europa”? Gabriella Fallacara del Movimento dei Focolari:

 

R. – La cosa che stiamo adesso vivendo è proprio la preparazione, che consiste in una comunione molto profonda, continua, tra i membri dei movimenti, i responsabili dei movimenti, gruppi associativi, comunità che hanno delle iniziative sociali, ispirate dal cristianesimo. Ora, la comunione che si sviluppa in questi incontri è di conoscenza reciproca, di aiuto reciproco, di preghiera l’uno per l’altro, e sviluppa come una rete di solidarietà cristiana che prima non si conosceva.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 18 febbraio, settima Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù dice:

 

“Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano … Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso … Amate invece i vostri nemici … e sarete figli dell'Altissimo”.

 

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento del teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:

 

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(musica)

 

Cristo esorta coloro che lo ascoltano ad amare i propri nemici, a fare del bene a coloro che li odiano e a benedire coloro che li maledicono. Dicendo questo, traccia un paragone con i peccatori i quali amano quelli che li amano, fanno bene a coloro che fanno loro del bene e prestano a coloro dai quali aspettano un guadagno. Ma il fatto è che per amare i nemici non basta darsi un ordine. Qui si sperimenta il fallimento della volontà umana. Amare i nemici “può” solo l’amore di Dio; infatti San Paolo dice che Dio ci ha amati quando eravamo ancora nemici di Dio e noi, solo accogliendo questo amore, diventiamo simili a Dio perché ciò che ci fa simili è esattamente quell’amore con cui Lui ci ha amati per primo. Nel suo amore noi “possiamo”.

 

(musica)

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Con la riflessione odierna, padre Rupnik termina, dopo tre anni, i suoi commenti al Vangelo della Domenica. Interventi che si possono trovare integralmente nell’archivio del Radiogiornale sul nostro sito web www.radiovaticana.va. Nel ringraziarlo affettuosamente per la sua collaborazione, vi rimandiamo all’intervista di commiato che padre Rupnik ci ha rilasciato per domani, in cui ci offre qualche spunto per meglio affrontare la Lectio divina e quindi l’incontro con la Parola di Dio. Da sabato prossimo inizierà il nuovo ciclo di commenti al Vangelo un altro teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia presso la Pontificia Università Lateranense.

 

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

17 febbraio 2007

 

 

Il servizio al bene comune è il criterio fondamentale

per la vita politica: così, i vescovi dell’Andalusia,

in vista del referendum di domani per l’approvazione

del nuovo Statuto della regione autonoma spagnola

 

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SIVIGLIA. = Gli elettori dell’Andalusia, una delle 17 regioni autonome della Spagna, sono chiamati a votare, questa domenica, per un nuovo Statuto, che sostituisce quello approvato nel 1981 e ancora in vigore. Non si prevedono sorprese per quanto riguarda la percentuale dei voti affermativi. Tra i quattro partiti regionali presenti nel Parlamento andaluso, solo quello nazionalista, con una bassa percentuale, si è manifestato contro il testo della riforma. Sono invece motivo di preoccupazione le previsioni su una bassa partecipazione al voto. I vescovi delle diocesi dell’Andalusia hanno pubblicato una nota con l’intenzione di aiutare gli elettori a comportarsi con senso di responsabilità morale in questo referendum sullo Statuto regionale. Il servizio al bene comune - si dice in questa nota - è il criterio fondamentale per la vita politica. Tuttavia, in questo caso ci sono motivi di preoccupazione per il forte interventismo permesso all’autorità dal testo, in ambiti che sono propri ed esclusivi dell’individuo e della famiglia. Più in particolare, la nota dei vescovi vede come un fatto positivo il riconoscimento di certi diritti sociali;  ma non il modo in cui viene affrontato il rispetto della vita e della famiglia fondata sul vero matrimonio. I vescovi dell’Andalusia, dichiarano poi specificamente che alcuni articoli dello Statuto possono legittimare certi attentati alla vita umana, sia nella sua origine che nella sua conclusione; che si fanno concessioni inaccettabili a certe teorie sulla definizione del genere e della sessualità; che l’istituzione matrimoniale appare indebolita con l’approvazione di altre forme di unione. Inoltre, rimane ambigua la dichiarazione sull’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, e non c’è alcun accenno alla storia e la cultura cristiana dell’Andalusia. Infine, i vescovi concludono la nota con un appello allo spirito di riconciliazione e di solidarietà di tutti gli abitanti. (A cura di Ignazio Arregui)

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Aggrediti, ieri in Somalia,

due operatori umanitari di Medici Senza Frontiere (MSF)

 

BARDHERE. = Non si fermano le violenze in Somalia dove ieri nella città di Bardhere, nel sud del Paese, è stato attaccato il personale di Medici Senza frontiere (MSF) Spagna. Secondo le informazioni riportate dalla MISNA e confermate dall’ufficio stampa di MSF, i due operatori umanitari spagnoli coinvolti nell’attacco si trovano in buone condizioni. Il personale si trovava nella città somala per rimettere in funzione il principale ospedale rimasto chiuso per 10 anni. L’episodio si inserisce in un clima di insicurezza crescente dovuto al moltiplicarsi di atti di banditismo, estorsioni e posti di blocco e coincide con la ricomparsa in varie zone del Paese dei vecchi ‘signori della guerra’, fatto che è stato denunciato in una nota dell’Ufficio per il coordinamento degli Affari umanitari dell’ONU. (M.G.)

 

 

Il governo olandese introdurrà l’obiezione di coscienza per chi

deve celebrare matrimoni omosessuali. La novità è stata fatta inserire

nella piattaforma programmatica del futuro governo

dalla piccola formazione politica (Unione Cristiana)

 

L’AJA. = Obiezione di coscienza per gli ufficiali che non vorranno celebrare matrimoni omosessuali.  Questa è la novità prevista nella piattaforma programmatica del futuro governo olandese che sta provocando un acceso dibattito all’interno del Paese.  A promuovere questa possibilità è il piccolo partito protestante Unione Cristiana alleato di cristiano democratici e laburisti: la formazione è riuscita ad ottenere una serie di impegni vincolanti dalla coalizione per via dei suoi sei deputati che rappresentano l’ago della bilancia nell’attuale assetto del Parlamento uscito dalle urne lo scorso 22 novembre.  Nel pacchetto d’iniziative previste nella piattaforma programmatica la lotta alla prostituzione illegale, il divieto di aprire coffe shop vicino alle scuole ed aiuti per offrire alternative all’aborto e all’eutanasia. (M.G.)

 

 

Costruire rapporti veri di fraternità per recuperare il rapporto

tra medico e malato: è quanto ha ribadito ieri Chiara Lubich

nel messaggio ai partecipanti del convegno internazionale

“Comunicazione e relazionalità in medicina, nuove prospettive

per l’agire medico”, che si conclude oggi all’Università Cattolica di Roma

 

ROMA. = “Lavorare nell’ambito della medicina dà la possibilità di amare il prossimo in un crescendo di carità che va rivolta a tutti; una carità che non è mero sentimentalismo, ma concreto agire, sempre attento alla necessità del momento; una carità capace di instaurare con tutti un dialogo profondo che, se vissuto da più, genera comunione, unità”. Così, Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, si è rivolta in un messaggio inviato ieri ai partecipanti al convegno internazionale “Comunicazione e relazionalità in medicina, nuove prospettive per l’agire medico”, che si conclude oggi presso l’Università Cattolica di Roma. Nel suo intervento, come riferisce l’agenzia ZENIT, la Lubich sottolinea l’importanza dell’amore reciproco nel costruire rapporti fraterni che “vissuti nella quotidianità della vita professionale possono liberare risorse inaspettate”. La fondatrice dei Focolari conclude con l’augurio che ciascuno sia capace “di far nascere e crescere una medicina secondo il cuore di Dio e che questo Congresso sia di stimolo e impegno rinnovato nel lavorare per costruire rapporti veri di fraternità”. Il messaggio ribadisce l’appello di Benedetto XVI ai partecipanti del convegno, che poneva l’accento sulla centralità che la comunicazione occupa nella professione medica. Al centro della due giorni promossa dall’Associazione Medicina Dialogo Comunione in collaborazione con l’Università Cattolica di Roma c’è infatti il recupero di una capacità comunicativa più autentica tra medico e malato, in una medicina che è sempre più soggetta a manipolazioni e tentativi di distorsione della sua natura specifica. (M.G)

 

 

Cartoon, Lungometraggi e ricerca storica. Presentata ieri,

dall'Ufficio informazioni dell'Opus Dei in Italia, la campagna

per far conoscere la figura di San Josemaria Escrivá

 

ROMA. = La figura di San Josemaria Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, sarà protagonista di due progetti audiovisivi: un film della produzione internazionale della Lux Vide di Ettore Bernabeie e, per i più piccoli, un cartone animato realizzato da Mondo Tv. Lo ha annunciato Giuseppe Corigliano, direttore dell'Ufficio informazioni dell'Opus Dei in Italia, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta ieri a Roma. Corigliano ha subito precisato che l’Opera non ha finanziato i progetti, ma ha partecipato in qualità di consulente su richiesta delle Case di produzione. Il cartone, realizzato da matite di cartoonist nord-coreani e scritto dal giovane sceneggiatore cattolico Francesco Arlanch, dovrebbe vedere la luce per Pasqua, mentre, per quanto riguarda il lungometraggio della Lux Vide, al momento esiste solo una bozza di sceneggiatura scritta sempre da Arlanch, che racconta tutte le difficoltà con cui Escrivá dal 1939 ha portato avanti la sua rivoluzione, secondo cui ogni momento della vita per il cristiano può essere occasione d'incontro con Dio. Il direttore dell'Ufficio Informazioni dell'Opus Dei rivela che per il ruolo del protagonista si sta pensando a tre grandi attori di fama internazionale, Robert De Niro, Antonio Banderas e Nicolas Cage, con i quali, però, non è stato preso ancora nessun contatto. Nella conferenza di ieri sono state presentate anche altre iniziative editoriali che rientrano in una campagna per far conoscere le attività dell’Opus Dei, tra le quali la pubblicazione della rivista storica a carattere scientifico Studia et Documenta, la diffusione di un dvd che presenta gli incontri con il santo in Spagna e in America Latina, la trasmissione due speciali televisivi sulla vita del santo e il potenziamento dei quattro siti internet ufficiali dell’Opera. (M.G) 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 febbraio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, è di almeno dieci morti il bilancio, ancora provvisorio, del duplice attacco dinamitardo avvenuto in mattinata a Kirkuk, principale centro petrolifero nel nord del Paese. L’Ufficio internazionale per le migrazioni (IOM) rende poi noto che a causa delle continue violenze, circa un milione di civili iracheni saranno probabilmente costretti nei prossimi mesi ad abbandonare le proprie case. Lo IOM fa anche notare che in molte zone dell’Iraq “la situazione umanitaria è grave e sta peggiorando”. A Baghdad, dove invece il piano di sicurezza avviato nei giorni scorsi sembra aver reso la città più sicura, è arrivato intanto a sorpresa il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice. Il nostro servizio:

 

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Il piano di sicurezza avviato nei giorni scorsi in Iraq e le divergenze sempre più nette negli Stati Uniti sul conflitto iracheno fanno da cornice al viaggio del segretario di Stato americano. Al suo arrivo, Condoleezza Rice si è subito complimentata per le operazioni militari in corso nella capitale dove gli attacchi e le violenze sono diminuiti negli ultimi giorni dell’80 per cento. A Baghdad sta infatti cominciando a dare incoraggianti risultati l’operazione anti guerriglia: la capitale irachena, visitata da Condoleezza Rice, è oggi una città dove soldati americani e iracheni garantiscono maggiore sicurezza anche grazie a controlli più rigidi nelle telecomunicazioni e al prolungamento del coprifuoco notturno. L’amministrazione americana è comunque preoccupata per la notizia, data da un portavoce del governo iracheno, della prossima riapertura di valichi di confine con Iran e Siria, chiusi nei giorni scorsi. Gli Stati Uniti accusano l’Iran di fornire armi a miliziani sciiti e la Siria di favorire il passaggio di combattenti stranieri. Ma i segnali più preoccupanti per la Casa Bianca arrivano non da Baghdad ma da Washington. Per la prima volta dall’inizio della guerra in Iraq, il Congresso statunitense – ora a maggioranza democratica - ha approvato ieri una risoluzione che condanna la strategia del presidente Bush nel Paese arabo. La Casa Bianca ha comunque subito sottolineato che non si tratta di una mozione vincolante. Sarà invece cruciale la prossima settimana, quando Camera e Senato dovranno decidere se approvare o respingere il budget di 93 miliardi di dollari per finanziare la guerra in Iraq.

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Il presidente statunitense, George Bush, ha avuto intanto una serie di colloqui telefonici con il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, sull’accordo raggiunto lo scorso 8 febbraio alla Mecca per la formazione di un governo di unità nazionale palestinese. Il capo della Casa Bianca ha anche parlato del vertice che si terrà lunedì a Gerusalemme tra il premier israeliano, Ehud Olmert, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ed il presidente palestinese, Abu Mazen. Nei Territori Palestinesi, intanto, il premier Ismail Haniyeh, incaricato di formare l’esecutivo di unità nazionale, ha detto di sperare di allestire entro tre settimane la nuova compagine governativa.

 

In Pakistan, ha provocato almeno 15 morti l’attentato dinamitardo condotto stamani a Quetta, nella parte sud-occidentale del Paese. L’esplosione è avvenuta all’interno di un edificio che ospita la sede della Corte Civile e un commissariato di polizia. La zona, che confina con Iran e Afghanistan, è da anni teatro di scontri tra forze di sicurezza e gruppi tribali della minoranza etnica dei beluci, ostili al potere centrale di Islamabad. Nella stessa area, però, potrebbero aver colpito anche i taleban, dopo che l’esercito pakistano - su pressione statunitense - ha cominciato a colpire basi e covi dei fondamentalisti islamici afghani.

 

La guida spirituale suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha detto che il governo di Teheran non intende fare alcuna concessione alla comunità internazionale sul proprio diritto a perseguire il programma nucleare. Khamenei ha detto, in un intervento ripreso dalla televisione di Stato iraniana, che le riserve di petrolio e gas del Paese non sono inesauribili. Ha sottolineato quindi la necessità di sviluppare fonti alternative, come il nucleare, per evitare la dipendenza energetica dall'Occidente. Le dichiarazioni di Ali Khamenei arrivano quattro giorni prima della scadenza dell'ultimatum delle Nazioni Unite all’Iran.

 

Oggi pomeriggio, a Vicenza, la manifestazione contro l’ampliamento della base americana insediata in città. Decine di migliaia i partecipanti provenienti da tutta Italia. Imponenti le misure di sicurezza per impedire incidenti. Un appello a manifestare pacificamente è giunto questa mattina dal capo dell’esecutivo, Romano Prodi. Ma c’è polemica nella maggioranza di centrosinistra per la presenza al corteo dei leader di partito della sinistra radicale. Dure le critiche dell’opposizione. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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E’ una città blindata, oggi, Vicenza: 1.300 gli uomini delle forze dell’ordine mobilitati, 4 i presidi medici. Divieto di sorvolo sulla città. Chiusi scuole, cinema, teatri e molti negozi. L’allarme sicurezza era stato lanciato nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno, Giuliano Amato, che, riferendo alla Camera sugli arresti di militanti delle nuove BR, aveva detto di temere che a Vicenza potessero saldarsi ostilità contro le forze dell’ordine. I manifestanti protestano per l’ampliamento della base americana, dove è di stanza la 173.ma Brigata già impiegata in Iraq e in Afghanistan. Il via libera all’ampliamento era stato concesso dal governo Berlusconi e confermato dal governo Prodi. Una decisione, quest’ultima, contestata dalla sinistra radicale dell’Unione. E oggi, in piazza, ci sono molti parlamentari del centrosinistra e anche alcuni segretari di partito, come Franco Giordano, di Rifondazione comunista, e Oliviero Di liberto, dei Comunisti italiani. Non ci saranno invece rappresentanti del governo, dopo le sollecitazioni in questo senso da parte di Prodi. E per motivi istituzionali non ci sarà il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, che pure condivide l’iniziativa e lancia un appello alla non violenza. Il centrodestra ha chiesto le dimissioni di Bertinotti e rimarca le divisioni nella maggioranza, una maggioranza “che non esiste più”, afferma Berlusconi. Romano Prodi spiega: la presenza di partiti dell’Unione al corteo non mi fa piacere, ma non rompe il patto di governo. E ieri, incontrando a Roma il presidente afghano Karzai, Prodi ha ribadito la necessità di una soluzione politica per Kabul. Il premier ha fatto poi sapere che il discorso di Bush sull’offensiva militare di primavera delle forze NATO non cambia la strategia e gli impegni della presenza italiana in Afghanistan.

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Il fenomeno del terrorismo in Italia è ancora da sradicare. Lo ha detto il capo dell’esecutivo, Romano Prodi, ricordando a Forlì, dove si è recato per la mostra di Silvestro Lega, lo storico e costituzionalista forlivese, Roberto Ruffilli, ucciso dalle Brigate Rosse nel 1988. Il segretario generale della CGIL, Guglielmo Epifani, ha dichiarato inoltre che sul terreno della lotta al terrorismo “il sindacato non può ricevere lezioni da nessuno”. “Saremo inflessibili – ha aggiunto Epifani - e sapremo separare le mele marce, isolarle e cacciarle”.

 

Una dichiarazione sul Darfur, un impegno a lottare contro l’AIDS, la malaria e la tubercolosi, una condanna delle violenze in corso in Guinea. Sono i risultati raggiunti durante il XXIV vertice franco-africano conclusosi ieri a Cannes. Il servizio di Francesca Pierantozzi:

 

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Il presidente francese, Jacques Cirac, il cui mandato all’Eliseo scade tra poco più di due mesi, ha detto di aver organizzato il suo ultimo vertice sull’Africa, “per quest’anno” ha aggiunto sorridendo, anche se praticamente nessuno crede che potrà ripresentarsi ancora alla presidenza. Se la maggior parte dei Paesi presenti, 48 sui 53 che conta l’Africa, hanno firmato una dichiarazione in cui si impegnano a rispettare la sovranità e a non sostenere nessun movimento armato nella drammatica crisi nel Darfur, il presidente sudanese, Al Bashir, ha subito ribadito la sua opposizione allo spiegamento di caschi blu nella regione. Soltanto di principio l’impegno a lottare contro le pandemie: 23 Paesi hanno ribadito la loro adesione all’UNAID, il programma voluto da Chirac per finanziare l’acquisto di medicine. Criticato per le sue amicizie personali con alcuni controversi dirigenti africani, Chirac ha tenuto a respingere l’immagine di una Francia gendarme dell’Africa. La Francia, ha detto Chirac, agisce sempre con l’accordo e su richiesta delle Nazioni Unite e dell’Unione Africana. Non potrà esserci una mondializzazione riuscita, ha concluso Chirac, senza un’Africa forte e fiduciosa.

 

Francesca Pierantozzi, da Parigi, per la Radio Vaticana.

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Nuove tensioni in Somalia. Durante combattimenti tra guerriglieri locali ed esercito etiopico, ancora schierato nel Paese africano, un obice è caduto su un campo profughi alla periferia di Mogadiscio, provocando la morte di una persona.

 

 

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