RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 46  - Testo della trasmissione di giovedì 15 febbraio 2007

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Appello di Benedetto XVI per la soluzione pacifica del negoziato sul nucleare in Corea, nell’udienza al presidente sudcoreano, Roh Moo-Hyun

 

Mons. Francesco Coccopalmerio, vescovo ausiliare di Milano, nominato dal Papa presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, al posto del cardinale Herranz Casado

 

Il Papa celebrerà il Mercoledì delle Ceneri nella Basilica romana di Santa Sabina all’Aventino

 

Primi echi alla preghiera personale del Papa per la prossima Agorà dei giovani di Loreto, perché siano protagonisti della loro vita di fede: con noi don Alessandro Amapani

 

 Riscoprire nella vita il valore della morale naturale: ce ne parla padre Gianluigi Pasquale

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La Chiesa ha il diritto-dovere di difendere la famiglia: così, il vescovo Vincenzo Paglia. Per il giurista Giuseppe Dalla Torre, sbagliata la contrapposizione tra laici e cattolici su un valore universale come la famiglia

 

La Chiesa deve alzare il livello di guardia formativo fra i giovani: il commento di mons. Miglio della CEI, dopo i nuovi arresti fra le Brigate Rosse

 

I pellegrinaggi verso Roma, Gerusalemme e Santiago: strade di formazione della fede in Europa. Con noi, padre Caesar Atuire

 

La Conferenza episcopale portoghese non abbandona la lotta in difesa della vita, dopo il referendum sulla depenalizzazione dell’aborto: ai nostri microfoni, Pedro Vaz Patto

 

CHIESA E SOCIETA’:

L’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, è stato eletto ieri presidente della Conferenza episcopale siciliana

 

La Chiesa cattolica nigeriana ha varato un piano di sensibilizzazione della popolazione in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari di aprile

 

La Congregazione della Missione in festa per i venti anni della formazione della provincia cinese

 

Gli auguri dell’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, al suo predecessore, il cardinale Carlo Maria Martini, in occasione del suo ottantesimo compleanno

 

“La Civiltà cattolica” definisce “un episodio di giornalismo avvilente” l’inchiesta del settimanale ‘L’Espresso’, che tentava di rendere pubbliche le confessioni in alcune chiese

 

Sono 1261 le edizioni della Bibbia, tradotte in 160 lingue, raccolte in uno studio di Giovanni Rizzi, docente di Sacra Scrittura all’Università Urbaniana

 

Secondo la FAO entro il 2025 l’acqua sarà insufficiente per circa 2 miliardi di persone

 

24 ORE NEL MONDO:

Avviata in Iraq la chiusura dei valichi con l’Iran e la Siria per evitare l’afflusso di combattenti stranieri e la fornitura di armi alle milizie sciite

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

15 febbraio 2007

 

 

Risolvere le tensioni fra le due Coree con mezzi pacifici,

per ridurre i rischi della corsa agli armamenti nucleari:

l’appello di Benedetto XVI al presidente sudcoreano, ricevuto in udienza

 

La corsa al nucleare nella penisola coreana preoccupa la Santa Sede e Benedetto XVI invita le parti in causa a non compromettere il delicato negoziato in corso, ma anzi a fare tutto ciò che possa dirimere pacificamente la questione. L’appello è contenuto nella lettera consegnata questa mattina da Benedetto XVI al presidente della Repubblica sudcoreana, Roh Moo-hyun, ricevuto in udienza in Vaticano.

 

L’incontro in privato è durato poco meno di mezz’ora ed ha visto il Pontefice e il capo di Stato sudcoreano evocare - secondo la nota ufficiale della Sala Stampa vaticana - “i cordiali rapporti tra la Santa Sede e la Repubblica di Corea, nonché l’intesa e la cooperazione esistenti fra la Chiesa cattolica e le autorità civili”. La situazione politica e sociale nell’Asia Orientale e, in particolare, “l’evoluzione del processo di riconciliazione nella Penisola coreana e sul rispetto e sulla promozione dei diritti umani in quella Regione” sono stati gli altri temi del colloquio, riecheggiati dalla lettera di Benedetto XVI al presidente della Corea del Sud. Sul suo contenuto, il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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“Sollecito le parti interessate a compiere ogni sforzo per risolvere con mezzi pacifici le tensioni attuali e ad astenersi da ogni gesto o iniziativa che possano mettere in pericolo le trattative, accertandosi nel frattempo che la parte più vulnerabile della popolazione coreana del nord abbia accesso all’aiuto umanitario”. Parole accorate che Benedetto XVI usa, a metà lettera, quando tocca uno dei punti nevralgici della cronaca internazionale: la corsa agli armamenti nucleari e il negoziato in corso con la Nord-Corea. Il Pontefice definisce la corsa al nucleare un “rischio” e una “fonte di ulteriore di preoccupazione” anche per la Santa Sede, che segue da vicino l’evolversi della situazione. Ma quella del Pontefice è una lettera ricca di solidarietà e di comprensione per tutte le circostanze, storiche e attuali, nei quali versano i due Paesi divisi dal 38° parallelo. Per oltre cinquanta anni – si legge all’inizio - la popolazione coreana ha sofferto le conseguenze della divisione”: famiglie spaccate, parenti e vicini “separati l'uno dall'altro”. “Il mondo moderno – osserva Benedetto XVI - è tristemente contrassegnato da un crescente numero di minacce contro la dignità della vita umana” e dunque, scrive, desidero porgere il mio apprezzamento a “tutti quelli che nel vostro Paese lavorano per sostenere e difendere la sacralità della vita, il matrimonio e la famiglia, settori nei quali, com'è noto, la Chiesa cattolica in Corea è particolarmente attiva”.

 

Lo sguardo di Benedetto XVI si posa poi sulla realtà sociale interna della Corea del Sud. “Il vostro Paese - constata - ha sperimentato di recente un notevole sviluppo economico, del quale ringrazio Dio. Allo stesso tempo – prosegue - sono tuttavia consapevole che non tutti i cittadini sono in grado di trarre pieno giovamento da questa aumentata prosperità. Sollecito dunque il vostro governo – conclude il Papa - a lavorare in armonia con tutti coloro che cercano di promuovere il bene comune e la giustizia sociale”.

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Il Papa nomina mons. Francesco Coccopalmerio nuovo

presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

Sostituisce nell’incarico il cardinale Julián Herranz Casado

- A cura di Alessandro Gisotti -

 

Benedetto XVI ha accolto la rinunzia presentata dal cardinale Julián Herranz Casado all’incarico di presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, per sopraggiunti limiti d’età. Il Papa ha chiamato a succedergli mons. Francesco Coccopalmerio, finora ausiliare dell’arcidiocesi di Milano, elevandolo in pari tempo alla dignità arcivescovile. Nato a San Giuliano Milanese, 68 anni fa, mons. Coccopalmerio è stato ordinato sacerdote nel 1962. Dal 1966 al 1999 è stato professore di Diritto Canonico nella Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale. Nominato vescovo ausiliare di Milano nel 1993, è presidente della Commissione episcopale per i Problemi giuridici della Conferenza episcopale italiana. Autore di numerose pubblicazioni di carattere giuridico e pastorale, dall’agosto del 2000 è membro del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

 

Sempre oggi, il Papa ha nominato vice-presidente del medesimo Pontificio Consiglio, mons. Bruno Bertagna, uditore generale della Camera Apostolica, elevandolo in pari tempo alla dignità di arcivescovo. Il Santo Padre ha poi nominato segretario dello stesso dicastero vaticano mons. Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, della Prelatura dell’Opus Dei.

 

 

Il Papa celebrerà il Mercoledì delle Ceneri

nella Basilica romana di Santa Sabina all’Aventino

 

Il 21 febbraio 2007, Mercoledì delle Ceneri, giorno di inizio della Quaresima, avrà luogo un’assemblea di preghiera nella forma delle “Stazioni” romane presieduta da Benedetto XVI. E’ quanto comunica oggi l’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Alle ore 16.30, nella Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino, avrà luogo un momento di preghiera, cui farà seguito la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina. Qui, al termine della processione, avrà luogo la celebrazione dell’Eucaristia con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri.

 

 

Primi echi alla preghiera personale del Papa per l’Agorà dei giovani,

perché siano protagonisti della loro vita di fede

- Intervista con don Alessandro Amapani -

 

“Con Maria in dialogo con Gesù” è il titolo della supplica alla Vergine per l’Agorà dei giovani composta personalmente dal Papa e letta ieri per la prima volta da Benedetto XVI nell’incontro nella Basilica di San Pietro con i fedeli e i vescovi delle Marche, la regione che  ospiterà il raduno giovanile previsto a settembre nel Santuario mariano di Loreto, primo dei tre grandi appuntamenti, cui parteciperà il Santo Padre, tappa d’avvio di un cammino triennale che passerà per Sidney nel 2008 e proseguirà con altri eventi nel 2009. Quale eco di questa particolarissima preghiera che proprio i giovani avevano chiesto al Papa? Roberta Gisotti lo chiesto a don Alessandro Amapani, vice-responsabile dell’Ufficio per la Pastorale giovanile della Conferenza episcopale italiana, che ha promosso l’Agorà dei giovani:

 

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D. - Don Alessandro sappiamo che la preghiera già pubblicata sul sito Internet www.agoradeigiovani.it sta già diffondendosi per l’Italia e non solo…

 

R. – Questo è un segno forte che il Papa ci ha dato - e ci ha sorpreso - perché dirci che Maria è Colei che ci indica il cammino, che ci porta in dialogo all’ascolto con Gesù, è la traccia proprio di questo primo anno, di questo triennio dell’Agorà dei giovani.

 

D. – Don Alessandro, la preghiera del Papa a Maria recita: “aiutaci a portare la gioia nel mondo” ed ancora “aiutaci a levare in alto lo sguardo”. Quale messaggio in queste parole per un giovane, per la sua vita di ogni giorno?

 

R. – Sono suppliche che guardano alla ferialità del mondo giovanile. Lo cita anche ad un certo punto, quando all’inizio, stupendamente, il Papa dice: “Maria, tu aiutaci ad ascoltare Gesù, perchè conosci il suo timbro di voce, conosci il suo battito del cuore”. Sono espressioni normalissime nel mondo giovanile. E’ un testo ed è un’invocazione che guarda alla loro ferialità e che guarda soprattutto a quello che è ordinario nella loro esistenza, e cioè la prassi normale di tutti i giorni, della lotta dell’essere credenti in questo mondo che si fa, come dice sempre il Santo Padre, sempre più laicista e sempre più individualista. E dall’altra parte, questo sguardo continuo dalla ferialità all’alto, che è Dio, che fa vivere ai ragazzi questa loro dimensione di vita di tutti i giorni.

 

D. – Il motto dell’Agorà è rendere i giovani sempre più protagonisti della propria missione. Del mancato protagonismo dei giovani si parla anche in termini di società laica. Quali sono i motivi di questo oscuramento, in qualche modo, del protagonismo giovanile?

 

R. – Ci stiamo rendendo conto, soprattutto guardando alla storia italiana degli ultimi anni, che i giovani sono sempre più considerati come un problema, come una dimensione problematica della nostra società, qualche volta – possiamo dirlo - anche a livello ecclesiale. Quindi, anche il nostro interessamento a loro, e il nostro intervento con loro, ha sempre una dimensione problematica e di recupero. Noi, con l’Agorà, vogliamo dire – il Papa ce l’ha sostenuto nella preghiera, e i vescovi italiani lo stanno dicendo a tutti – che i giovani per noi sono un talento. Così i vescovi italiani nel documento “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia” chiamano i giovani. Sono un talento, una profezia, e sono loro capaci di rileggere la situazione ordinaria che vivono. San Benedetto dice nella sua regola che, quando un padre abate deve fare delle scelte dure e straordinarie per la comunità monastica, tenga sempre in conto il parere del giovane, perchè al più giovane spesso lo Spirito rivela la verità e la sua volontà.

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Riscoprire la legge naturale al centro della vita umana

- Intervista con padre Gianluigi Pasquale -

 

Si è concluso a Roma il Convegno internazionale, promosso dalla Pontificia Università Lateranense e richiesto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, sul tema “La legge morale naturale. Problemi e prospettive”. La riflessione si è soffermata sulla dimensione teologica, filosofica e giuridica della legge morale naturale per rilevarne, in un secondo momento, gli aspetti epistemologici e antropologici. L’approfondimento si è valso dei contributi di docenti provenienti da diversi Paesi e del dibattito fra i docenti delle Università romane. Dibattito, questo, volto a creare una base comune di ricerca interdisciplinare. Tra i teologi intervenuti, il padre cappuccino Gianluigi Pasquale, preside dello Studio Teologico Laurentianum di Venezia, al quale Giovanni Peduto ha chiesto quali riflessioni lo abbiano colpito in modo particolare:

 

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R. – Quella del teologo della Casa Pontificia, il quale ha esplicitamente parlato del fatto che non ci deve essere soltanto una fides et ratio, ma anche una fides et un liberum arbitrum e quello che a me ha interessato di più una fides et passio. E questo proprio per dire che la legge naturale colpisce ed interessa non soltanto la fede, ma anche la nostra volontà e il nostro libero arbitrio.

 

D. – Perché oggi la legge morale naturale viene spesso rigettata?

 

R. – Viene spesso rigettata perché c’è una specie di proceduralità giuridica che vorrebbe far passare per vero quello che è un consenso democratico attorno ad alcuni presunti diritti del diritto positivo, che non sempre hanno una trasparenza tale nella legge morale naturale.

 

D. – Quali sono le conseguenze di questo rifiuto?

 

R. – Le conseguenze del rifiuto sono note a tutti e riguardano un certo relativismo che entra come una diastasis, come una separazione tra la legge naturale, che noi riusciamo a scoprire con la retta ragione e che tutti acconsentano a riconoscere come tale e, invece, alcuni diritti che vengono soprattutto da – per così dire – piccoli gruppi di potere che vogliono avere la loro cassa di risonanza e che, talvola, se non guidati dalla retta ragione sono diametralmente in contrasto con la legge naturale.

 

D. – Il Papa ha esortato credenti e non credenti ad un fecondo dialogo sulla base della legge naturale…

 

R. – Sì e questo perché la legge naturale, in quanto tale, viene prima della legge naturale morale. La legge naturale, infatti, è riconoscibile ex naturae suae, cioè “per natura sua”, da coloro che credono e da coloro che non credono, perché la semplice ragione che vede la verità trasparente della legge naturale: in parole semplici, è la semplice ragione che vede che quando nasce la vita, essa pretenda che debba raggiungere fino alla fine la sua germinazione.

 

D. – In tanti inneggiano alla natura, ma la Chiesa sembra talvolta un  po’ solitaria nel difendere la legge naturale…

 

R. – Sembra in questo momento che la Chiesa cattolica sia rimasta la sola ad avere la certezza, insisto sul termine “certitudinem-certezza”, di quanto sia importante la legge morale e la legge naturale morale. Il fatto che sia rimasta sola non deve importare, deve invece soprattutto importare il fatto che essa abbia una tradizione che la spinga in avanti ad annunciare, con coraggio e con fermezza, quello che ha sempre ritenuto giusto dover proclamare per la salvaguardia del bene della persona stessa. Altrimenti, c’è il rischio che ci sia un diritto positivo completamente rescisso dalla legge naturale e dalla legge naturale morale che non difende più i valori del singolo individuo, di quell’individuo appunto che è guidato da una ragione chiara, che vede come la natura per sé abbia – per così dire – il codice genetico di quella che è la salvaguardia della vita.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Italia.

 

Servizio estero - Libano: pacifica e corale commemorazione dell’anniversario dell'uccisione di Hariri 

 

Servizio culturale – “Il vento” è il titolo di una piccola fiaba inedita che Giuseppe Bonaviri regala a grandi e piccini.  

 

Servizio italiano - Base USA; corteo: preoccupazione per le forze dell'ordine. L'allarme del Ministro Amato.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

15 febbraio 2007

 

 

La Chiesa ha il diritto-dovere di difendere la famiglia: così,

 il vescovo Vincenzo Paglia. Per il giurista Giuseppe Dalla Torre,

sbagliata la contrapposizione tra laici e cattolici

 su un valore universale come la famiglia

 

“Meno DICO più famiglia”: è questo il titolo che campeggia sulla copertina dell’ultimo numero di Famiglia Cristiana. Con la sua scelta, si legge in un editoriale del settimanale dei Paolini, “il governo indica una strada pericolosa e ambigua”. Con i DICO, prosegue, “non si lancia un segnale positivo ai giovani, ai quali si indica così come possibile e praticabile un modello, meno impegnativo e stabile, alternativo alla famiglia, senza la quale tuttavia nessun Paese può costruire il proprio futuro”. Intanto, il dibattito sui DICO e la famiglia è sempre acceso nella società italiana, mentre continuano le accuse di ingerenza alla Chiesa italiana da parte di alcuni settori politici. Critiche inopportune, sottolinea il vescovo di Terni-Narni-Amelia, mons. Vincenzo Paglia, intervistato da Luca Collodi:

 

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R. - Si tratta di una grossa miopia, di una grossa sciocchezza, perché fortunatamente abbiamo raggiunto la libertà di parola, che è uno dei diritti fondamentali dell’uomo.  Anzi, guai se non parlasse, guai se non esprimesse questa prospettiva ideale, che peraltro è il campo proprio della Chiesa! Il problema non è legato al tacere della Chiesa, semmai il problema è che tutti, chi crede e chi non crede, in questo caso, chi è cattolico e chi non lo è, dobbiamo esercitare quella dimensione ragionevole della ragione, che il Papa sottolinea spesso. Esercitiamo questo ragionamento sulla base di un pensiero umano per aiutarci tutti a scrivere leggi che aiutino la società nella sua crescita, ed è auspicabile che chiunque intervenga per inserirsi in questo dibattito, che è proprio della democrazia, per far crescere la vita della società. In questo senso, è davvero miope, oltre che illiberale, mettere il bavaglio a chiunque.

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Uno degli errori che si stanno compiendo nel confronto sui DICO è di considerare la famiglia esclusivamente una “questione cattolica”. Ne è convinto il giurista Giuseppe Dalla Torre, rettore dell’Università LUMSA di Roma, al microfono di Alessandro Gisotti:

 

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R. - Evidentemente ai cattolici stanno a cuore la famiglia e il matrimonio, ma il problema “famiglia e matrimonio” è un problema che riguarda l’intera società. La famiglia è sempre stata la cellula fondamentale della società, il luogo nel quale la società si è riprodotta e il luogo nel quale la società ha trovato le basilari e fondamentali forme di solidarietà. Quindi, credo che il tema “famiglia” non possa essere un tema soltanto cattolico, ma un tema di carattere generale.

 

D. – Si può dire, dunque, che c’è stata un’esasperazione dei toni…

 

R. – Io ho l’impressione che anche in questo caso si tenda a spostare l’ottica della discussione da un dibattito sui problemi, che da un punto di vista giuridico, politico, possono essere affrontati e discussi, ad una contrapposizione laici-cattolici. Non so se questa deviazione sia una deviazione fatta ad arte, ma certo si perde un’occasione di approfondire, quindi anche di dialogare, mettendo invece dei muri, mettendo degli steccati.

 

D. – Purtroppo, si registra anche una divisione o comunque una contrapposizione nel mondo cattolico…

 

R. – Anche qui ho l’impressione che giochi più l’emotività o, come dire, il prevalere della ragione politica, che non, da un lato, il senso di responsabilità di un’appartenenza, e dall’altro, invece, il porre la questione in termini, ripeto nuovamente, razionali e quindi discutibili e verificabili.

 

D. – Guardiamo un po’ più all’aspetto giuridico. Nel disegno di legge sui cosiddetti DICO si parla di “convivenze affettive”. Quali scenari apre questa formula?

 

R. – A me questo riferimento all’affetto suscita delle perplessità. Intendiamoci, la vita dell’uomo è una vita attraversata dall’affetto, attraversata dai sentimenti. Questo vale nella famiglia, vale nell’amicizia. A me pare, però, dal punto di vista del diritto, che la dimensione dei sentimenti, la dimensione quindi affettiva, debbano esulare. E’ chiaro che è auspicabile che nella società crescano rapporti di amicizia, quindi rapporti fondati sul sentimento. Tuttavia, a me pare che il diritto non possa fermarsi a questo elemento, che sfugge alla sua osservazione.

 

D. – Da giurista, secondo lei, c’è con i DICO il rischio che si vada ad instaurare, come qualcuno ha sostenuto, una specie di “parafamiglia”?

 

R. – A me pare, almeno così come è stato elaborato, che questo riferimento al paradigma familiare ci sia in alcune norme che sono qualificanti, come quelle in materia successoria. Il che significa che, in fondo, il modello soggiacente è il modello del matrimonio e quindi della famiglia.

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La Chiesa deve alzare il livello di guardia formativo fra i giovani:

il commento di mons. Miglio della CEI, dopo i nuovi arresti

 fra le Brigate Rosse

 

Non si allenta, in Italia, la tensione seguita all’arresto dei presunti militanti delle Brigate Rosse-Seconda posizione, da tre giorni sottoposti a interrogatorio da parte degli inquirenti. Nelle prime ore di stamani, è stato scoperto, all’interno di un bidone nascosto sotto il terreno in un casolare nella campagna di Bovolenta, nel padovano, l’arsenale del gruppo terroristico. Le Forze dell’ordine hanno messo sotto sequestro numerose armi da fuoco, tra le quali Kalashnikov, Uzi e Skorpion. Alla vicenda guarda con grande preoccupazione anche la Chiesa italiana. Fabio Colagrande ha chiesto un commento al presidente della Commissione CEI per i Problemi sociali e il lavoro, mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea:

 

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R. – Quella degli arresti mi pare una notizia molto grave, che costringe noi tutti a fare un esame di coscienza: la comunità ecclesiale, i pastori e gli educatori. Il problema dei giovani, lo sappiamo, è un problema grave. Questa notizia, però, ha aperto uno squarcio su una parte di mondo giovanile che non è quello dello “sballo”, delle discoteche. Mi pare che una notizia del genere richieda a tutti quanti noi una vigilanza educativa maggiore. Dobbiamo alzare il livello di guardia, dal punto di vista dell’impegno educativo e le comunità cristiane, le comunità parrocchiali, sono chiamate ad impegnarsi nell’educazione. Troppo in fretta abbiamo cominciato a dire che le ideologie erano morte, erano passate, mentre le ideologie ci sono. Ma nascono delle miscele esplosive tra vecchie e nuove ideologie, che hanno delle matrici comuni, profonde, che toccano l’antropologia.

 

D. – Sembra che per molti giovani, pensiamo anche a quello che è successo negli stadi di calcio recentemente, la violenza non sia più una scelta grave, una scelta da condannare, ma la si viva con molta leggerezza…

 

R. – E’ veramente paradossale perché con tante parole sulla pace e la non violenza che abbiamo detto in questi anni, la violenza rischia invece di diventare una cultura condivisa, una cultura accettata. L’accostamento con la violenza negli stadi credo sia importante, io stesso lo ho detto in questi giorni in altra occasioni. E’ un insieme di cultura che va sottoposta a critica. Questi sono episodi che hanno dei denominatori comuni. E’ tutta una cultura che dobbiamo rivedere.

 

D. – Un’altra riflessione che volevo chiederle riguarda il fatto che tra i possibili obiettivi nel mirino dei brigatisti ci fosse un giuslavorista come Pietro Ichino. Perché il terrorismo vede fra i suoi obiettivi chi è impegnato nelle riforme del mondo del lavoro?

 

R. – Il problema del mondo del lavoro è sicuramente molto complesso e, in questi anni, si è dibattuto - da una parte - sulla necessità di una riforma di leggi, di norme, perché le condizioni del lavoro cambiano, ma - dall’altra - è pur vero che ci sono state delle derive, tipo quelle del precariato spinto. Se poi a questo aggiungiamo che c’è tutta una parte di lavoro nero e di lavoro sommerso, a cui non si presta abbastanza attenzione, credo che riuscieremmo a capire come questo mondo del lavoro possa diventare terreno di una cultura della violenza. E’, dunque, importante una maggiore chiarezza nel distinguere quelle che sono le necessarie riforme, che continuamente vanno aggiornate, ma è ugualmente importante un rifiuto di situazioni di precarietà, che per i giovani diventano veramente intollerabili.

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I pellegrinaggi verso Roma, Gerusalemme e Santiago, strade

 lungo le quali è maturata la coscienza cristiana europea

- Intervista con padre Caesar Atuire -

        

Si è concluso ieri, 14 febbraio, il XV Convegno Nazionale Teologico Pastorale dell'Opera Romana Pellegrinaggi. Il tema di quest'anno, "Cammini d'Europa - Romei, Palmieri e Giacobei", ha preso in esame quei pellegrinaggi, diretti rispettivamente a Roma, Gerusalemme e Santiago di Compostela, che hanno formato una vera e propria geografia dell'Europa. Ma in che modo la comune esperienza cristiana ha fatto da connessione in questa rete di cammini? Rosario Tronnolone lo ha chiesto al direttore generale dell'ORP, padre Caesar Atuire:

 

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R. – Questi movimenti, in qualche modo, hanno per così dire tracciato la “mappatura” spirituale dell’Europa. Ci sono, infatti, una serie di iniziative per rivalorizzare questi cammini. Abbiamo pensato di soffermarci per rifletterci un po’ sopra.

 

D. - Quali sono stati i punti fondamentali toccati in queste giornate del Convegno?

 

R. – Io credo che il punto essenziale emerso durante questo convegno sia che questi cammini toccano l’identità dell’Europa, perché per capire l’Europa si ha bisogno di conoscere la sua storia, le sue radici che hanno poi portato alla conformazione dell’identità europea, che è una identità non soltanto geografica, ma soprattutto culturale. La cultura di base che ha formato questa identità è naturalmente il cristianesimo. E, facendo queste riflessioni, abbiamo visto l’importanza di sottolineare l’identità europea e non soltanto l’identità chiusa in se stessa o una identità che si va, in qualche modo, a sottolineare per entrare in contrasto con gli altri: si tratta soprattutto ed anzitutto di una possibilità di conoscersi meglio per poi potersi aprire e dialogare meglio con gli altri.

 

D. – Lei parla di dialogo e questo è proprio il tema di una delle relazioni di mons. Rino Fisichella, che aveva come titolo una frase di Goethe, che parla appunto dell’Europa nata nel pellegrinaggio, ma unita da un’unica lingua materna, nonostante naturalmente la pluralità rappresentata dal cristianesimo…

 

R. – Questa è la realtà. Basti pensare che quando i pellegrini partivano per Roma o partivano per Santiago dovevano attraversare diverse nazioni europee, che non sono le nazioni che noi conosciamo oggi, e che spesso erano anche in conflitto. Ma la cosa importante è che durante questo cammino dei pellegrini, loro incontravano almeno un linguaggio, una cultura che li accoglieva, che dava loro una certa unità. Pertanto questa esperienza del pellegrinaggio può essere anche un momento per superare le differenze che esistono.

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La conferenza episcopale portoghese non abbandona la lotta in difesa della vita. Dopo il referendum sulla depenalizzazione dell’aborto di domenica scorsa, i vescovi si riuniranno domani in assemblea straordinaria

per analizzare la situazione

- Con noi Pedro Vaz Patto -

 

I vescovi del Portogallo si riuniranno domani per discutere i risultati del referendum sulla depenalizzazione dell’aborto di domenica scorsa. Nella consultazione – lo ricordiamo - ha vinto il “sì”, tuttavia, questo dato non sarà vincolante perché non è stato raggiunto il quorum necessario dei votanti: solamente il 43,6 per cento degli aventi diritto si è infatti presentato alle urne. Nonostante l’enorme astensione, il primo ministro, José Sócrates, il cui governo ha la maggioranza assoluta in Parlamento, ha affermato che “l’aborto cesserà di essere un crimine nelle prime dieci settimane di gestazione”. In questo quadro, la Chiesa portoghese ha fatto sapere che non rinuncerà alla lotta in difesa della vita. In particolare, mons. Jorge Ortiga, arcivescovo di Braga e presidente della Conferenza episcopale portoghese, ha precisato che “la questione della vita per sua natura non dovrebbe essere trattata attraverso un referendum”. Sulla questione, al microfono di Fabio Colagrande, è intervenuto Pedro Vaz Patto, magistrato e membro della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale portoghese:

 

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R. – Devo dire che, in un certo senso, il risultato del referendum è una delusione perché si constata che la Chiesa cattolica non ha più l’influenza che aveva una volta. Dall’altra parte, grazie a tutto il lavoro che è stato fatto durante la campagna, c’è stata una mobilitazione veramente eccezionale: penso che non abbia paragoni nella storia recente del Portogallo. Una mobilitazione popolare, indipendente dai partiti politici, così viva, così dinamica... Per questo, io penso che questo lavoro porterà i suoi frutti, al di là di questo risultato. E’ stato un lavoro di formazione delle coscienze che è iniziato e che continuerà sicuramente.

 

D. – Come sarà il futuro del dialogo tra la Chiesa e il governo in Portogallo, dopo questo risultato? Sarà più difficile?

 

R. – Io penso che non si debba ridurre questa faccenda ad una questione di rapporto tra la Chiesa e il governo, perché i valori che sono al fondo di questa questione non solo religiosi in senso stretto, sono valori che hanno una portata universale di rispetto del diritto alla vita... Ed è stato così che anche la Chiesa ha cercato di porre il problema. Tutti i gruppi che si sono formati erano formati per la maggior parte da laici cattolici, eppure tutti i discorsi non avevano niente di confessionale; anche persone di altre religioni, di altre denominazioni cristiane, anche agnostici si sono ritrovati in questi gruppi: ecco, non si può dire che ci sia stata una “guerra” tra la Chiesa cattolica e il governo. Non mi sembra che questo sia il modo migliore di impostare la situazione.

 

D. – In concreto, cosa faranno questi cattolici impegnati nelle associazioni, d’ora in poi? Quale sarà la linea d’azione da seguire, proprio per non permettere ad una nuova legge di liberalizzare, in qualche modo, l’aborto in Portogallo?

 

R. – Io non penso che possiamo avere grandi speranze, ma penso che la cosa più importante sia la formazione delle coscienze: questo, veramente, è un lavoro che bisogna fare perché questo risultato è un segno di una crisi di valori che è molto evidente anche nelle generazioni più giovani. E’ qualcosa che deve farci riflettere. Questa è la sfida: di lavorare sul piano della solidarietà concreta verso le madri in difficoltà, un lavoro che è stato fatto già in questi anni e che sicuramente sarà rinforzato.

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CHIESA E SOCIETA’

15 febbraio 2007

 

 

L’arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, è stato eletto ieri

presidente della Conferenza episcopale siciliana

 

PALERMO. = “Sarò al servizio dei confratelli come i vescovi saranno a servizio dei fedeli, non solo perché la società si aspetta questo da noi, ma soprattutto perché questo è l’essere Chiesa”. Così, il neo-arcivescovo di Palermo, Paolo Romeo, eletto ieri presidente della Conferenza episcopale siciliana. Succede al cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, che per dieci anni ha guidato i vescovi siciliani. “Per i prossimi anni il cammino da compiere è quello della comunione - ha detto l’arcivescovo Romeo dopo l’elezione - la Sicilia è una e uno è l’episcopato. Noi pastori siamo i primi a dover camminare insieme in quel clima di famiglia che mi ha accolto come guida della Chiesa palermitana e che deve invadere l’isola per dare seguito – ha concluso - al Convegno ecclesiale nazionale di Verona, per dare ragione della nostra speranza”. (E. B.)

 

 

La Chiesa cattolica nigeriana ha varato un piano di sensibilizzazione

della popolazione in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari

di aprile, considerate un passaggio cruciale per la Nigeria

 

LAGOS. = Sensibilizzare la popolazione nigeriana in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del 21 aprile. Questa la campagna della Chiesa cattolica nigeriana, annunciata nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Lagos, cardinale Antony Okogie. Secondo quanto riferisce l’agenzia Fides, che cita l’agenzia CISA di Nairobi, il cardinale Okogie, sottolineando che la qualità delle persone elette dal popolo determina la qualità del governo. Quindi, ha ammonito gli elettori a non prestarsi a truffe elettorali perché significa mettere le proprie vite alla mercé dei politici. Le elezioni di aprile sono viste come un passaggio molto delicato nella storia della Nigeria. Vista la decisione specifica del parlamento, dopo due mandati l’attuale capo dello Stato, Olesegun Obasanjo, non può essere rieletto. La lotta per la successione ad Obasanjo avviene sullo sfondo di tensioni tra le regioni del nord e quelle del sud, con un uso strumentale del fattore religioso e dell’irrisolta questione delle spartizioni delle risorse petrolifere, concentrate nel Delta del Niger. Malgrado la Nigeria sia l’8° produttore al mondo di greggio, gran parte degli oltre suoi 140 milioni di abitanti – si tratta del Paese africano più popoloso - continua a vivere al di sotto della soglia di povertà. (E. B.)

 

 

La Congregazione della Missione in festa per i venti anni

della formazione della provincia cinese

 

TAIPEI. = La provincia cinese della Congregazione della Missione (Lazzaristi) ha festeggiato recentemente i 20 anni delle sua fondazione nella parrocchia di Cristo Re, nell’arcidiocesi di Tai Pei. Secondo l’agenzia Fides, che cita il bollettino dell’arcidiocesi, Christian Life Weekly, alla celebrazione giubilare hanno partecipato religiosi provenienti da tutte le parti dell’isola di Taiwan, dalle Filippine e dal continente, le rappresentanti della congregazione femminile delle suore della carità e tanti amici e simpatizzanti dei Lazzaristi. La Congregazione della Missione  - che venne fondata da San Vincenzo de’ Paoli nel 1625 nel collegio di San Labaro (ex clinica dei lebbrosi) a Parigi per cui i suoi missionari sono chiamati anche lazzaristi – arrivarono in Cina già nel 1699 e costituiscono oggi una delle più importanti congregazioni missionarie nel Paese asiatico. I Lazzaristi, formati da 3.600 membri in tutto il mondo, sono molto attivi nell’evangelizzazione dei poveri e nella formazione del clero, seguendo il fine ultimo della Congregazione: seguire Cristo Evangelizzatore dei Poveri. (E. B.) 

 

 

Gli auguri dell’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi,

al suo predecessore, il cardinale Carlo Maria Martini,

in occasione del suo ottantesimo compleanno

 

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MILANO. = Un augurio nel segno della pace quello che l’arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi ha rivolto al suo predecessore, il cardinale Carlo Maria Martini, in occasione, oggi, dell’ottantesimo compleanno. Lo ha fatto con un messaggio in cui “a nome dei cristiani ambrosiani e di tutti quelli che ti hanno conosciuto” – scrive – “nel segno della pace, la pace di un cuore abitato dalla Parola di Dio, continuiamo ad apprezzarti nel ministero della predicazione e della consolazione e desideriamo unirci con affetto e gratitudine alla tua incessante preghiera per la pace di tutto il mondo”. Sono centinaia i messaggi di auguri giunti al sito Internet della diocesi, che per l’occasione ha aperto un’apposita sezione. Auguri telematici, tutti con un ricordo ed una dedica, messaggi giunti anche dall’estero, oltre che dal territorio della diocesi guidata per 22 anni dal presule, che ora passa gran parte del suo tempo a Gerusalemme, realizzando così un sogno di studio e di preghiera coltivato lungo tutto il suo ministero episcopale. E a Gerusalemme lo festeggeranno almeno un migliaio di persone che hanno già aderito al pellegrinaggio diocesano in Terra Santa che si terrà dal 12 al 19 marzo prossimi. Lo guiderà il cardinale Tettamanzi che, con l’ottantesimo compleanno del suo predecessore, festeggerà così il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale. Il cardinale Martini è nato a Torino il 15 febbraio 1927. Entrato nella Compagnia di Gesù, è stato rettore del Pontificio Istituto Biblico prima di venir nominato, sul finire del 1979, arcivescovo di Milano da Giovanni Paolo II. (A cura di Fabio Brenna)

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“La Civiltà cattolica” definisce “un episodio di giornalismo avvilente” l’inchiesta del settimanale ‘L’Espresso’, che ha reso pubbliche

le confessioni in alcune chiese. “E’ un sacrilegio nei confronti

del sacramento della penitenza, che la Chiesa condanna con la scomunica”,

afferma la rivista dei gesuiti

 

ROMA. = L’inchiesta del settimanale ‘L’Espresso’ sui confessionali italiani rappresenta un “oltraggio” che se fosse stato rivolto verso l’islam o la religione ebraica certamente non sarebbe stato tollerato. Lo scrive ‘La Civiltà Cattolica, il periodico dei Gesuiti, che si chiede in una nota perché “solo i cattolici possono essere offesi pubblicamente e impunemente?”. Secondo il periodico, “ovviamente è legittimo cercare di conoscere il pensiero dei confessori su tali argomenti, ma – si legge - il modo scelto è scorretto dal punto di vista professionale e, per i credenti, costituisce una manipolazione e un sacrilegio nei confronti del sacramento della penitenza, che la Chiesa condanna con la scomunica”. Lo stesso risultato, aggiunge, “poteva essere ottenuto, ad esempio, frequentando un corso di preparazione al matrimonio! Per la rivista, infine, “questo episodio avvilente mette in luce una volta di più l’inadeguatezza dell’Ordine dei giornalisti, caratterizzato, come sempre più spesso accade, dall’assenza. Molti ritengono, secondo noi purtroppo giustamente, - conclude la rivista - che sia giunto il momento di valutare più approfonditamente il modo con il quale l'Ordine vigila sulla deontologia dei suoi iscritti”. (E. B.)

 

Sono 1261 le edizioni della Bibbia, tradotte in 160 lingue, raccolte in uno studio di Giovanni Rizzi, docente di Sacra Scrittura all’Università Urbaniana

 

CITTA’ DEL VATICANO. = 1261 edizioni della Bibbia in oltre 160 lingue provenienti da tutto il mondo. E’ il patrimonio biblico documentato presso la biblioteca dell’Università Pontificia Urbaniana, classificato e descritto nello studio di Giovanni Rizzi, “Edizioni della Bibbia nel contesto di Propaganda Fide”, presentato ieri sera presso l’ateneo. Condotto dal docente di Sacra Scrittura all’Università Urbaniana, legata alla congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli (ex-Propaganda Fide), lo studio è diviso in 3 volumi, dedicati rispettivamente alle edizioni nelle lingue costitutive del testo sacro, a quelle del continente europeo, a quelle di Asia, Oceania, Africa e continente americano. Le edizioni – afferma l’agenzia SIR - provengono dalle stesse diocesi e circoscrizioni di ‘Propaganda Fide’, dicastero fondato nel 1622 per diffondere la fede cattolica in tutto il mondo “presso gli infedeli e gli eretici”, oltre che dalla chiesa ortodossa e riformata. “Il patrimonio dei testi biblici – ha osservato Marek Rostkowsky, direttore della Biblioteca – fornisce importanti informazioni sulle chiese locali, sul loro modo di leggere il testo biblico, nella liturgia e nel privato, sul modo di interpretarlo”. La ricerca, ha aggiunto infine l’autore, corrisponde al progetto di individuare le “traiettorie di inculturazione della fede attraverso l’osservazione delle edizioni bibliche”. (E. B.)

 

 

La gestione sostenibile di risorse idriche limitate sarà una delle sfide

centrali del prossimo secolo. Secondo la FAO, entro il 2025

l’acqua sarà insufficiente per circa 2 miliardi di persone

 

ROMA. = Entro il 2025, quasi 2 miliardi di persone vivranno in condizioni di assoluta scarsità d’acqua. E’ l’allarme lanciato ieri dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura), secondo cui, per oltre i 2/3 della popolazione mondiale c’è il rischio di dover affrontare una grave crisi idrica nei prossimi anni. Secondo gli esperti dell’agenzia dell’ONU si tratta di una situazione preoccupante, considerato che – si legge in una nota diffusa ieri dalla FAO – il consumo d’acqua “è cresciuto a un ritmo doppio rispetto al tasso di crescita della popolazione”. Principale imputata è l’agricoltura, primo fattore di consumo dell’acqua a livello mondiale. Oggi, fa sapere la FAO, nel mondo oltre un miliardo di persone non hanno un adeguato accesso a fonti d’acqua pulita e circa 2,6 miliardi di persone non dispongono di servizi igienici adeguati. Per questo il responsabile dell’Unità FAO per la Valorizzazione e la Gestione delle Risorse Idriche, Pasquale Seduto, sostiene che “una delle sfide centrali del prossimo secolo sarà la gestione sostenibile, efficiente ed equa di limitate risorse idriche”. “Molte delle risposte alla scarsità d’acqua – ha aggiunto Steduto – si possono trovare nell’impiego di buone tecniche agricole che aiutino a far raccogliere una maggiore quantità di acqua piovana, ridurre gli sprechi nell’irrigazione e aumentare la produttività”. “Fare i conti con la scarsità d’acqua – sostiene ancora la FAO – significa affrontare numerose questioni: dalla difesa dell’ambiente al riscaldamento globale, a un’equa distribuzione dell’acqua per l’irrigazione, l’industria e il consumo domestico”. (E. L.)  

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

15 febbraio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

In Iraq, si intensifica la battaglia contro il terrorismo: le autorità irachene hanno cominciato a chiudere i valichi di confine con Iran e Siria. Il provvedimento è stato preso per impedire l’arrivo di combattenti stranieri e la fornitura di armi alle milizie sciite. Un parlamentare iracheno ha dichiarato intanto che il leader radicale sciita, Moqtada al Sadr, si troverebbe in Iran per una breve visita. Proprio contro la Repubblica islamica, il presidente americano Bush ha lanciato ieri nuove, pesanti accuse. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Nel corso di una conferenza stampa, il presidente Bush ha ribadito ieri l’accusa secondo cui un gruppo d’elite delle forze armate di Teheran avrebbe fornito armi ed esplosivi alla guerriglia. Il capo della Casa Bianca ha detto di non sapere se l’ordine è venuto direttamente dal leader della Repubblica islamica, ma ha promesso di stroncare questo traffico. Bush ha negato che sta preparando un attacco al regime degli ayatollah, ribadendo la speranza di risolvere la crisi nucleare con gli strumenti diplomatici, come è appena avvenuto con la Corea del Nord. Un altro elemento, però, si è aggiunto alle tensioni tra i due Paesi. Secondo il Pentagono, Moqtada Al Sadr, il religioso sciita antiamericano, si sarebbe rifugiato proprio in Iran alla vigilia dell’annunciata offensiva per stabilizzare Baghdad. Durante la conferenza stampa, Bush si è dovuto difendere anche dalle critiche interne. La Camera dei deputati sta discutendo una risoluzione contraria al suo piano per l’invio di oltre 21 mila militari in Iraq; il voto dovrebbe arrivare domani. Il presidente ha ripetuto che la sua decisione serve ad ottenere una vittoria indispensabile a Baghdad, rimproverando ai suoi avversari di aver bocciato la nuova strategia prima ancora che cominciasse. Quindi, li ha sfidati a tagliare i fondi per i soldati, sicuro che questa misura impopolare si ritorcerebbe contro i democratici.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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In Iran, intanto, rimane alta l’allerta dopo che ieri una bomba è esplosa a Zahedan, nella parte meridionale del Paese, provocando la morte di almeno 11 persone. L’ordigno è scoppiato al passaggio di un autobus appartenente ai Guardiani della Rivoluzione. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo sunnita estremista “Joundallah - Brigata di Allah”, particolarmente attivo nell’area al confine con Pakistan e Afghanistan.

 

Nuovo rinvio per la nascita del governo di unità nazionale palestinese: è stato annullato il discorso televisivo previsto per oggi con cui il presidente Abu Mazen avrebbe dovuto nominare l’attuale premier di Hamas, Ismail Haniyeh, a capo del nuovo esecutivo. Lo scorso 8 febbraio, delegazioni dei due partiti palestinesi avevano raggiunto alla Mecca un accordo per la ripartizione dei ministeri.

 

La Corea del Nord e la Corea del Sud tornano a parlarsi a livello ministeriale: i governi dei due Paesi hanno annunciato che dal 27 febbraio al 2 marzo si terranno a Pyongyang colloqui ufficiali bilaterali. Le relazioni tra le due Coree si erano interrotte nel luglio del 2006 dopo un esperimento missilistico nordcoreano. L’importante decisione di riprendere i colloqui è arrivata dopo la storica intesa di martedì scorso a Pechino sul disarmo nucleare nordcoreano. L’accordo, raggiunto da due Coree, Cina, Stati Uniti, Giappone e Russia, prevede lo smantellamento dell’arsenale nucleare di Pyongyang in cambio di forniture energetiche e alimentari.

 

Altro giro di vite contro la corruzione in Bangladesh: il governo ad interim ha varato un provvedimento che vieta a coloro che sono stati condannati per aver commesso reati penali di candidarsi alle prossime elezioni. In Bangladesh, è stato proclamato lo stato di emergenza lo scorso 11 gennaio dopo sanguinosi tumulti. Attualmente, è in carica un governo provvisorio con a capo l’ex governatore della Banca Centrale, Fakruddin Ahmed. L’esecutivo ha promesso di eliminare la corruzione prima di fissare nuove elezioni. Le forze di sicurezza hanno arrestato, finora, oltre 100 politici tra cui una decina di ex ministri.

 

Si è aperto stamani a Madrid il processo per le stragi dell’11 marzo 2004, una delle pagine più drammatiche della storia recente della Spagna. Sono 29 le persone accusate di avere responsabilità negli attacchi che hanno causato 191 morti. Il servizio di padre Ignacio Arregui:

 

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E’ iniziata questa mattina a Madrid la prima seduta pubblica del processo per gli attentati terroristici dell’11 marzo del 2004. Il primo imputato ad essere interrogato è stato Rabei Osman el Sayed Ahmed, chiamato anche “Mohammed l’egiziano”, il quale in una conversazione telefonica registrata dalla polizia italiana si sarebbe dichiarato organizzatore dell’attentato. L’“egiziano” si trovava allora a Milano, e dopo essere stato arrestato dalla polizia italiana il 7 giugno del 2004 fu estradato a Madrid. L’“egiziano” si è rifiutato di rispondere alle domande dei magistrati ed ha annunciato che non risponderà neppure alle domande della sua difesa. Il processo continuerà con gli interrogatori di altri due imputati considerati i “cervelli” o massimi responsabili dell’attentato e, a quanto pare, legati al mondo del movimento terroristico internazionale al Qaeda. Le sedute a partire da oggi si terranno tre volte alla settimana. Gli imputati presenti in aula sono 29, dei quali 15 del Marocco, 9 spagnoli, due siriani, un algerino, un libanese e un egiziano. Si prevede che il processo possa durare cinque mesi.

 

Ignazio Arregui, per la Radio Vaticana.

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La questione del Kosovo è stata al centro della prima seduta del nuovo Parlamento serbo, eletto lo scorso 21 gennaio: la stragrande maggioranza dei deputati serbi ha votato ieri una risoluzione di condanna del piano dell’inviato dell’ONU, Martti Ahtisaari, che prevede una parziale sovranità per il Kosovo. Delegazioni di Belgrado e Pristina sono state invitate a Vienna il 21 febbraio prossimo per discutere sulla bozza delle Nazioni Unite. Ma la netta presa di posizione della Serbia rischia di compromettere i negoziati ancor prima del loro inizio.

 

Il Parlamento Europeo riunito a Strasburgo in sessione plenaria ha approvato ieri la relazione della commissione di inchiesta sui voli della CIA in Europa presentata dall'eurodeputato dei DS, Claudio Fava. Dal documento emerge una condanna “dei trasferimenti straordinari in quanto strumenti illegali utilizzati dagli Stati Uniti nella lotta contro il terrorismo”. La relazione raccoglie prove di operazioni illegali di agenti americani in Europa contro presunti terroristi.

 

Si è aperto stamani a Cannes il 24.mo vertice Francia - Africa, al quale prendono parte delegazioni di 48 Paesi africani. Si tratta dell’ultimo summit al quale prende parte il presidente francese, Jacques Chirac, che ha sempre dedicato grande attenzione al Continente africano. Il nostro servizio:

 

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Il vertice è incentrato, soprattutto, sul conflitto nella regione occidentale sudanese del Darfur e sulle possibili ripercussioni di questa crisi in Ciad e nella Repubblica Centrafricana. Inaugurando il summit, il capo di Stato francese, Jacques Chirac, ha chiesto a tutte le parti coinvolte nel conflitto di accettare il dispiegamento di una forza di pace in Darfur. All’incontro, incentrato sul tema “Africa ed equilibri mondiali”, partecipano oltre al presidente francese anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e diversi capi di Stato e politici africani. Le aree tematiche sono tre: le materie prime in Africa; il posto e il peso dell'Africa nel mondo; l’Africa e la società dell’informazione. Durante i lavori, sarà presa in esame anche la difficile situazione in Guinea Conakry, dove violente manifestazioni e dure repressioni hanno provocato, a partire da gennaio, la morte di oltre 110 persone. In Guinea, è cominciata, intanto, una seconda ondata di scioperi e proteste. I sindacati chiedono le dimissioni del presidente, Lansana Conté, salito al potere 23 anni fa con un colpo di Stato. Il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, ha comunque ribadito nei giorni scorsi che la Francia resterà l’“instancabile avvocato” dell’Africa, un continente destinato a divenire “la nuova frontiera del ventunesimo secolo”.

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L’Uganda è teatro di nuovi scontri: l’esercito ugandese ha reso noto di aver ucciso, ieri, almeno 45 guerrieri tribali nella regione nord orientale di Karamoja. L’azione rientra in un’operazione militare iniziata un anno fa per disarmare tribù pastorali che usano armi per razzie di bestiame. Nei giorni scorsi – ha riferito un portavoce militare – ci sono stati diversi agguati e sono morte molte persone. Le Nazioni Unite e diverse organizzazioni per i diritti umani hanno accusato l’esercito, lo scorso dicembre, di utilizzare metodi troppo duri per disarmare le tribù. L’ONU ha anche denunciato vari casi di abusi da parte di soldati ugandesi nei confronti di civili.

 

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