RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 44  - Testo della trasmissione di martedì 13 febbraio 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il Messaggio di Quaresima di Benedetto XVI: nella follia della Croce, l'esempio più grande di "agape" e di "eros" di Dio per l'uomo. Il Papa invita i cristiani a vivere la Quaresima difendendo la dignità delle persone

 

Il commento di mons. Fisichella al discorso del Papa sulla legge naturale: sui temi etici c'è il tentativo di emarginare la Chiesa, ma noi continueremo ad annunciare con coraggio il Vangelo

 

Il pellegrinaggio come scoperta del senso dell’esistere al centro del Convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi in corso a Roma: intervista con mons. Gianfranco Ravasi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:                           

La famiglia al centro del dibattito in Italia: con noi mons. Luigi Moretti e Francesco Belletti

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi della Repubblica Democratica del Congo chiedono “una seria indagine” sugli scontri avvenuti recentemente tra forze dell’ordine e appartenenti ad un movimento politico

 

In Myanmar, accordo di pace tra la giunta militare e i ribelli di etnia Karen che combattono da decenni contro il governo per l’indipendenza della loro regione, nell’ovest del Paese

 

In India, nello Stato dell’Assam, si moltiplicano gli sforzi della Chiesa per aiutare la popolazione, soprattutto i contadini, vittime di violenze etniche, siccità ed usura

 

La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa unite nel portare aiuto ad oltre 370 immigrati asiatici e subsahariani sbarcati ieri in un porto della Mauritania dopo giorni passati alla deriva

 

In Asia, nonostante la strabiliante crescita economica, diventa sempre più profondo il divario fra ricchi e poveri

 

24 ORE NEL MONDO:

Raggiunto l’accordo sul nucleare nord-coreano

 

Tre morti in un attentato in Libano che il cardinale Bertone definisce in funzione anticristiana

 

Italia: la polizia colpisce le nuove Brigate Rosse

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

13 febbraio 2007

         

Il Messaggio di Quaresima di Benedetto XVI:

 nella follia della Croce, l'esempio più grande di "agape"

e di "eros" di Dio per l'uomo. Il Papa invita i cristiani a vivere la Quaresima difendendo la dignità delle persone

 

Gesù che muore in Croce è la rivelazione più sconvolgente dell’amore di Dio: mostra, al tempo stesso, la forza dell’agape di Dio - cioè del dono del suo amore all’uomo - e la forza dell’eros divino, cioè del desiderio che Dio ha che l’uomo accolga il suo amore. Questo insegnamento di Benedetto XVI costituisce l’essenza del suo Messaggio per la Quaresima che inizierà il prossimo 21 febbraio. Quaresima che il Papa chiede sia vissuta come “tempo eucaristico”, spesa cioè contro tutto ciò che offende la dignità umana. Sui contenuti del messaggio, il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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La Quaresima 2007 guarda al dramma del Calvario, al mistero d’amore che si è consumato sul Golgota, rivelazione dell’agape e dell’eros di Dio, dei due volti con i quali Dio ama l’umanità. La Quaresima, rammenta il Papa al termine del Messaggio, è e deve essere “una rinnovata esperienza dell’amore di Dio  donatoci in Cristo”. Ma qual è la qualità di questo amore? Che cosa si può cogliere di quell’agonia e di quel sacrificio sul quale da duemila anni generazioni di cristiani sono chiamati a riflettere in vista della Pasqua? Benedetto XVI penetra in questo mistero di “sangue e acqua” con la forza delle intuizioni che sorreggono il magistero dell’enciclica Deus caritas est. E lo fa partendo dai due termini che rappresentano, insieme, la diversità e la completezza dell’amore: agape e eros.

 

“Il termine agape – spiega il Papa - indica l’amore oblativo di chi ricerca esclusivamente il bene dell’altro”, mentre la parola eros “denota invece l’amore di chi desidera possedere ciò che gli manca ed anela all’unione con l’amato”. L’amore di cui Dio ci circonda “è senz’altro agape”, osserva Benedetto XVI, poiché in effetti “tutto ciò che l’umana creatura è ed ha è dono divino: è dunque la creatura ad aver bisogno di Dio in tutto”. Ma l’amore di Dio, afferma il Pontefice, “è anche eros”. E dove questo particolare aspetto si manifesta è proprio “nella Croce”. In essa, scrive, “si rivela appieno la potenza incontenibile della misericordia del Padre celeste”: la morte “che per il primo Adamo era segno estremo di solitudine e di impotenza”, in Gesù, Nuovo Adamo, si è trasformata nel “supremo atto d’amore e di libertà”. E, dunque si chiede il Papa, “quale più ‘folle eros’ di quello che ha portato il Figlio di Dio ad unirsi a noi fino al punto di soffrire come proprie le conseguenze dei nostri delitti?”. Ma Benedetto XVI si spinge un passo oltre: “Si potrebbe addirittura dire – osserva - che la rivelazione dell’eros di Dio verso l’uomo è, in realtà, l’espressione suprema della sua agape. In verità, solo l’amore in cui si uniscono il dono gratuito di sé e il desiderio appassionato di reciprocità infonde un’ebbrezza che rende leggeri i sacrifici più pesanti”. 

 

In questo senso, la risposta che “il Signore ardentemente desidera da noi – sottolinea il Papa - è innanzitutto che noi accogliamo il suo amore e ci lasciamo attrarre da Lui”. E subito dopo che ci impegniamo a comunicarlo agli altri. Volgere “lo sguardo a Colui che hanno trafitto”, come recita il titolo del Messaggio di Benedetto XVI, vuol dire per un cristiano “aprire il cuore agli altri riconoscendo le ferite inferte alla dignità dell’essere umano”, e “combattere - conclude il Papa - ogni forma di disprezzo della vita e di sfruttamento della persona e ad alleviare i drammi della solitudine e dell’abbandono di tante persone”.

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Il Messaggio per la Quaresima di Benedetto XVI è stato presentato stamani presso la Sala Stampa della Santa Sede. Alla presentazione sono intervenuti mons. Paul Josef Cordes, presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”, mons. Karel Kasteel e mons. Giovanni Pietro Dal Toso, rispettivamente segretario e sotto-segretario del medesimo dicastero vaticano e don Oreste Benzi, presidente della Fondazione “Giovanni XXIII”. La conferenza è stata seguita per noi da Alessandro Gisotti:

 

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“Nella prospettiva della fede siamo chiamati a riscoprire gli altri come nostri fratelli” e “a prenderci a cuore la loro miseria nelle sue forme più svariate”. E’ quanto sottolineato dall’arcivescovo Paul Josef Cordes, che commentando il Messaggio del Papa per la Quaresima, ha ribadito che la fede ci obbliga anche “all’impegno per il bene e per la giustizia rispetto a quanti soffrono”. D’altro canto, ha rilevato, anche imprenditori mondiali come Bill Gates riconoscono alcuni doveri sociali come propri dell’uomo. “Come cristiani – è stata la sua riflessione – possiamo registrare non senza soddisfazione”, che “il comandamento biblico dell’amore al prossimo sembra universalmente accettato”. Il presule ha così evidenziato che in questo Messaggio, il Papa mette “con forza al centro il Dio Padre di Gesù Cristo e pone dunque un accento non antropocentrico, ma teocentrico”. Certamente, ha proseguito, a Benedetto XVI, Dio appare “come il grande assente nella nostra epoca”:

 

Evidentemente il Papa non può arrendersi a questo impoverimento. L’assenza di Dio è peggiore della miseria materiale, poiché uccide ogni speranza ferma e lascia l’uomo solo con il suo dolore e il suo lamento. Il Papa riprende la riflessione su eros e agape avviata nell’Enciclica e vede queste due forme di amore incontrarsi nella loro pienezza in Cristo Crocifisso”.

 

Dopo l’intervento di mons. Cordes, è stata la volta della toccante testimonianza di don Oreste Benzi, che con la sua Fondazione “Papa Giovanni XXIII” si è messo al servizio dei nuovi poveri. Un sacerdote, ha detto il presule, che non “è un teorico della carità”, ma che ha avuto “il coraggio di mettere le mani sulle problematiche più difficili della nostra società”. La Quaresima, ha detto don Benzi è un tempo propizio per “imparare a sostare con Maria accanto a Colui che sulla Croce consuma per l’intera umanità il sacrificio della sua vita”:

 

Ciò che io vedo ogni giorno sono tante ragazze, tante donne, sostenute da Maria, che rigenerano all’amore i nostri piccoli angeli crocifissi. Alcuni sono generati da loro, ma la stragrande maggioranza sono rigenerati nell’amore. Io la vedo una via di evangelizzazione stupenda”.

 

“I poveri non possono più aspettare”, è stato l’accorato appello di don Benzi, che ha esortato tutti a impegnarsi a liberare le ragazze prostitute, uno degli impegni che ha preso più a cuore. Purtroppo, ha costatato il sacerdote, “l’umanità sedotta dalle menzogne del maligno si è chiusa all’amore di Dio, nell’illusione di una impossibile autosufficienza”. Ma ci sono anche luminosi segni di speranza: sono i giovani che oggi si accorgono che la nostra è una società vecchia che tenta di spegnere le realtà più belle create da Dio come la famiglia e la dignità della donna:

 

Quello che non capiscono degli adulti sono i messaggi contraddittori, per cui perdono la fiducia in tutti, ma non perdono la fiducia nella Chiesa, che è giovinezza. Lo vedrete, lo vedrete… In questo sbandamento totale a cui assistiamo, in questa decadenza d’Europa, Cristo ritornerà a rifulgere”.

La Quaresima, ha esortato il sacerdote riminese, “sia per ogni cristiano una rinnovata esperienza dell’amore di Dio”. Di qui l’invito a non essere “impiegati della carità, ma innamorati di Cristo”. Rispondendo alle domande dei giornalisti, mons. Cordes ha richiamato l’importanza per i cristiani di un “giusto equilibrio” tra l’attività solidale e la testimonianza di fede. Bisogna andare oltre la dimensione filantropica, ha avvertito. Uno sforzo che non significa rifugiarsi in uno spiritualismo alieno dalla realtà. Il presule ha poi affermato che va contrastato un certo secolarismo che mira a lasciare le categorie di fede fuori delle agenzie di aiuto.

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Il commento di mons. Rino Fisichella al discorso del Papa

sulla legge naturale: sui temi etici c'è il tentativo di emarginare la Chiesa,

ma noi continueremo ad annunciare con coraggio il Vangelo

 

Sono stati molti i commenti al discorso del Papa ieri ai partecipanti al Congresso internazionale organizzato a Roma dalla Pontificia Università Lateranense sul tema della legge naturale.  Benedetto XVI ha invitato a riscoprire “la legge scritta nel cuore dell’uomo” auspicando il dialogo tra credenti e non credenti per non distruggere “il dono della natura” con “la forza del nostro fare”. Parlando della famiglia ha poi affermato che “nessuna legge fatta dagli uomini può … sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare”. Su queste parole ascoltiamo, al microfono di Giovanni Peduto, la riflessione di mons. Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense:

 

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R. –  Ma con la lucidità e la profondità di sempre, Papa Benedetto XVI ci ha messo dinanzi a quello che è il compito, la missione e la responsabilità della Chiesa oggi e non solo della Chiesa, ma anche dei filosofi, dei teologi e dei giuristi. Il Papa ha richiamato al fatto che non può esserci alcun sistema giuridico degno di questo nome e, quindi, garanzia per tutti i cittadini, che non possa avere alla sua base una legge universale, non scritta da nessuno e che è, appunto, la legge morale naturale, che è il fondamento della dignità di ogni persona.

 

D. – Perché oggi risulta così difficile comprendere la ragionevolezza della legge morale naturale?

 

R. – Nel corso degli anni c’è stato uno slittamento continuo. Si può certamente affermare che a partire dagli anni Settanta c’è stata una crisi generalizzata all’interno dell’Accademia. Penso in modo particolare ad alcuni teologi, che hanno messo in dubbio il concetto stesso di legge naturale; penso ad alcuni filosofi che - ancora oggi, in alcune scuole - portano avanti il concetto per cui la legge naturale non esiste, perché il concetto stesso di natura è sottoposto ad una interpretazione differenziata e alcuni si spingono anzi ad affermare che il concetto di natura è soggetto al sentire generazionale. Questo equivale, quindi, ad un profondo relativismo di base. Non possiamo poi dimenticare anche l’insegnamento del diritto, che per molti versi si basa oggi su un positivismo della sola legge e, quindi, sulla interpretazione della legge, senza più riconoscere un suo fondamento basilare.

 

D. – Stiamo oggi assistendo ad un attacco, forse senza precedenti in questi ultimi tempi, alla Chiesa, al Papa e non tanto sui contenuti di alcuni interventi, quando sul fatto stesso che il Papa e i vescovi parlino di determinate questioni…

 

R. – Guardi, c’è sempre stato il tentativo di emarginare l’azione pastorale del Papa, dei vescovi all’interno della società. Gli strumenti sono tanti e penso anche al tentativo, di questi giorni, di alcuni di far emergere un magistero parallelo, quello dei vescovi e dei teologi in contraddizione fra di loro. Sono tutti tentativi molto vani ed inefficaci che non possono essere presi in considerazione se non per una questione di grande importanza. Abbiamo un compito, dal quale non potremmo venire meno, nessuno di noi, ed è quello di annunciare con forza, con coraggio, come ci ricorda l’Apostolo Paolo, “a tempo opportuno ed inopportuno”, la verità del Vangelo. Questo non vuol dire che la verità del Vangelo sia in contraddizione con una verità che la stessa ragione può cogliere. La nostra sfida è proprio questa: far comprendere che sui problemi cosiddetti sensibili, i problemi etici, su questo il nostro primo movimento non è quello che deve raccogliere la sfida della fede, perché inevitabilmente c’è chi crede e c’è chi non crede, ma di accogliere in profondità quello che la ragione, da se stessa, può cogliere. Ecco perché il discorso che il Papa ha fatto è di estrema importanza. Perché da sempre la legge naturale, fin dai tempi di Cicerone, che non era chiaramente cristiano, è stata pensata come quella conoscenza che la ragione, da sola, può arrivare a comprendere, a percepire e a spiegare, attraverso le sue forze e attraverso un processo di conoscenza sempre più vasto, che comporta la maturazione della coscienza personale.

 

D. – L’articolo 21 della Costituzione Italiana recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con le parole, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”. Tutti, tranne la Chiesa?

 

R. – Sembrerebbe purtroppo di sì , in qualche momento. Da questa prospettiva mi sembra non soltanto abbiamo la garanzia costituzionale, ma abbiamo anche la nostra testardaggine. Da questo punto di vista siamo testardi. Noi non rimarremo in silenzio, non possiamo rimanere in silenzio, non permetteremo che i nostri fedeli, i tanti cittadini che sono confusi e che non hanno voce, non possano avere voce attraverso la nostra predicazione. Continueremo ad essere presenti nella società con le nostre forze, consapevoli di quelle che sono le responsabilità che abbiamo, dei limiti che abbiamo e dei ruoli differenti che possediamo. Ma certamente non potremo rimanere in silenzio.

 

D. – Si torna a parlare di una sana laicità che eviti ogni laicismo integralista…

 

R. – La sana laicità è quello che noi stessi chiediamo, perché dove c’è vera, genuina ed autentica laicità non c’è nessun proclama ideologico, ma c’è il rispetto profondo per tutte le istanze che sono presenti nella società e nel Parlamento. E poiché, fino a prova contraria, il Parlamento è sovrano nel rispetto della legge, ma nel rispetto della volontà dei cittadini, allora anche all’interno del Parlamento dovranno confrontarsi, dovranno essere in grado di arrivare a quelle conclusioni, che siano rispettose nei confronti di tutti, soprattutto quando ci sono leggi su cui c’è una sensibilità particolare da parte della popolazione e - perché no? - arrivare credenti e laici ad essere capaci di coniugare insieme, in una collaborazione reciproca, leggi che siano non soltanto rispettose del bene di tutti, della dignità della persona, ma anche leggi che siano degne con il nome stesso della legge.

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Il pellegrinaggio come scoperta del senso dell’esistere  al centro del convegno dell’Opera Romana Pellegrinaggi in corso a Roma

- Intervista con mons. Gianfranco Ravasi -

 

Proseguono a Roma i lavori del XV Convegno teologico-pastorale promosso dall’Opera Romana Pellegrinaggi sul tema dei Cammini d’Europa, le mete cioè dei pellegrinaggi che hanno segnato la storia d’Europa. L’Opera Romana Pellegrinaggi, sotto la guida di mons. Liberio Andreatta, lancia, infatti, una sfida agli uomini e le donne di oggi: farsi pellegrini del terzo millennio sui sentieri percorsi dai nostri padri. La relazione cardine di questa mattina è stata svolta dal noto biblista Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana a Milano, che ha incentrato il suo intervento sul salmo 83: Beato chi trova in sé la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio’. Giovanni Peduto gli ha chiesto una sintesi della sua riflessione:

 

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R. – Il messaggio principale è soprattutto ricordare che il pellegrinaggio è il tentativo di una ricerca che non si ferma soltanto all’orizzonte storico: noi, infatti, andiamo nel pellegrinaggio verso spazi, verso regioni, verso santuari; ma nell’interno di questo movimento si scopre il senso ultimo dell’esistere e il mistero della propria esperienza di fede, che è trovare ciò che è eterno e infinito.

 

D. – Quale eredità hanno lasciato i pellegrini all’Europa?

 

R. – I pellegrini hanno lasciato due tipi di eredità. Da una parte, hanno lasciato una traccia di straordinaria bellezza attraverso monumenti, attraverso vicende culturali, attraverso grandi segni della loro cultura, del loro mondo, della loro arte; e dall’altra parte, hanno lasciato anche una profonda traccia di spiritualità. Possiamo dire quasi che l’Europa è attraversata da una rete di luce: e sono questi percorsi dei pellegrini, che rappresentano la costante ricerca dell’uomo nei confronti del mistero di Dio.

 

D. – Ancora oggi, milioni di fedeli si mettono in cammino: cosa cercano?

 

R. – Milioni di fedeli di tutte le religioni, dobbiamo dire. Tutta l’umanità, cioè, vuole abbandonare la banalità, l’ovvietà, la quotidianità, le cose comuni per scoprire che l’uomo non può vivere soltanto di pane, di tempo e di spazio ma ha bisogno anche – come dice la Bibbia – di parola divina; noi diciamo anche: di eternità, di mistero, di divino.

 

D. – L’uomo contemporaneo è molto preso dalla realtà materiale, come se tutto dovesse concludersi qui. Cosa cambierebbe se sapesse che ci aspetta una vita eterna?

 

R. – Il pellegrinaggio, in ultima analisi, è cercare di trovare – appunto – come si suol dire, la Gerusalemme celeste, il Santuario ultimo ed estremo, che è un’intera città. L’uomo di oggi, fermo com’è, cupo e chino sull’orizzonte concreto della sua storia, ha perso forse la grande speranza; spera in piccoli orizzonti. Il pellegrinaggio, ma anche – dovremmo dire – la grande predicazione della Chiesa, è quella di indicare la meta ultima ed estrema della storia e dell’essere umano. Dobbiamo più spesso, noi credenti, essere testimoni di un’esistenza che non ha – alla fine – come un fiume, l’estuario nel baratro del nulla, ma una soglia aperta oltre la quale c’è Dio che attende e che attende la Creatura umana per ri-abbracciarla, quella Creatura che era uscita dalle sue mani.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano – “Nessuna legge fatta dagli uomini può sovvertire la norma scritta dal Creatore: dimenticarlo significherebbe indebolire la famiglia, penalizzare i figli e rendere precario il futuro della società”; il discorso del Papa ai partecipanti al Congresso internazionale su “Legge morale naturale”, promosso dalla Pontificia Università Lateranense. 

Servizio estero - In evidenza l’Iraq: a Baghdad persistono gli atti di violenza. 

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Appella dal titolo “Sciascia, l’incisione e l’attimo fuggente”: un ricordo dello scrittore siciliano.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Danilo Veneruso dal titolo “Aspetti e momenti di storia della vita consacrata e della Chiesa nel Mezzogiorno”: un’antologia dei quarantennali contributi di Pietro Borzomati sull'argomento.

 

Servizio italiano - Terrorismo: le nuove BR preparavano attentati; per Prodi “inferto un colpo fatale”.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

13 febbraio 2007

 

 

La famiglia al centro del dibattito in Italia

- Interviste con mons. Luigi Moretti e Francesco Belletti -

 

Il tema della famiglia resta al centro degli attuali dibattiti in Italia. Secondo mons. Luigi Moretti, vicegerente di Roma, la famiglia è la cellula fondamentale della società e va apprezzata e sostenuta. Il presule ha lanciato questo appello domenica scorsa durante la festa diocesana della famiglia al Santuario della Madonna del Divino Amore. Su questo evento, che ha riunito nella gioia tante famiglie, Fabio Colagrande ha sentito lo stesso mons. Moretti:

 

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R. – Credo che sia stato un bel momento di festa, dove si è potuto sperimentare e vedere come la famiglia vive la sua serenità e vive la sua gioia di essere famiglia proprio quando riesce a ritrovarsi anche insieme alle altre famiglie per ritrovare motivazioni, per ritrovare coraggio; nel senso che soprattutto in un tempo in cui l’attenzione della società sembra solo la patologia della famiglia, solo ciò che non va, il fatto che ci siano molte famiglie, invece, che vivono positivamente tutto questo è veramente un grande segno di speranza e poi dà la possibilità di farsi carico anche delle difficoltà.

 

D. – Nei giorni del dibattito, nato dopo la proposta da parte del governo, del disegno di legge sui cosiddetti “DICO”, ieri il Papa ha pronunciato, in una sede diversa, parlando della legge naturale, parole che hanno fatto discutere e riflettere: “La famiglia non dipende dall’arbitrio dell’uomo”. E si è parlato proprio dell’importanza del tema della legge naturale. Ecco: come mettere in relazione questi due temi?

 

R. – Ma ... io, con una battuta, direi che non è la società che inventa la famiglia, come d’altronde nemmeno la Chiesa. La famiglia è prima della società, è prima della Chiesa. Sia la società, sia la Chiesa sono chiamati a riconoscere quello che la famiglia è, e noi sappiamo che questo si colloca dentro quello che noi chiamiamo “il disegno creatore di Dio”. In fin dei conti, Gesù stesso non è che propone una famiglia nuova; chiede di ritornare proprio all’origine, a quello che è il disegno della Creazione, purificando quelle che possono essere state, lungo la storia, le degenerazioni che Gesù dice essere state a causa della durezza del cuore dell’uomo: quindi potremmo dire che questo valeva al tempo di Gesù ma vale molto di più ancora oggi.

 

D. – Quindi, in un certo senso, il “no” che dai cattolici arriva di fronte a proposte legislative che mettono in pericolo la famiglia, è prima di tutto un “sì” alla famiglia ed una richiesta proprio di tutela, di una legislazione che aiuti la famiglia?

 

R. – Ma sì! Anche perché noi sappiamo bene, e credo che nessuno pensi di poterlo negare, che lì dove la famiglia è messa nella condizione di vivere la sua vera identità, le sue potenzialità, tutto questo ha una ricaduta estremamente positiva sulla società e sulla Chiesa. Io penso a tutto il disagio dei giovani, dei ragazzi, che è legato a carenze di esperienze di amore vero. Se tutti siamo convinti che la famiglia sia un bene per la società, non scommettere sulla famiglia mi sembra un po’ suicida. Ovviamente, la Chiesa propone tutto ciò, vuole chiedere alla gente, alle persone di farsi consapevoli di ciò che è in gioco!

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Un ulteriore spunto di riflessione sullo stato attuale della famiglia lo fornisce l’Istat: secondo i dati aggiornati al 2005, contro i 250 mila matrimoni annui, in calo continuo dal 1972, sono oltre 500 mila le coppie di fatto. Gabriella Ceraso ha chiesto un commento al direttore del Centro internazionale di studi sulla famiglia, Francesco Belletti:

 

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R. – I dati non sono comparabili, perché 250 mila matrimoni sono un dato annuale, mentre 500 mila sono il numero complessivo di coppie, non di nuove coppie che si formano. Quindi, la presenza di coppie di fatto nel nostro Paese è ancora certamente marginale. In più, questo numero non corrisponde al dibattito politico sulla legge, perché molte di queste coppie non sono assolutamente interessate al tipo di normativa che si ipotizzerebbe.

 

D. – Questi dati, comunque, arrivano quando i DICO si apprestano a diventare legge. E’ una coincidenza o una necessità?

 

R. – E’ nata una campagna, anche di stampa, esplicita a favore di questa regolarizzazione. Quindi, non ci ha sorpreso che questi dati vengano usati. Il problema è che non vengono letti. Ci dovremmo domandare, per esempio, come sono trattate le 180 mila famiglie con più di quattro figli, penalizzati perché le nostre politiche fiscali non riconoscono i carichi familiari. Di che cosa ci sarebbe bisogno oggi? Di una legge sulla famiglia in generale? Oppure di un provvedimento di nicchia?

 

D. – I DICO comunque scardineranno la famiglia? Incideranno sulla voglia dei giovani di sposarsi?

 

R. – Certo, si introduce un fattore di incertezza, un livello di progettualità intermedio, che indebolisce l’idea che la famiglia sia un bene pubblico.

 

D. – Allora, perchè non leggere nel calo dei matrimoni l’urgenza di sostenere chi vuole sposarsi?

 

R. – Questo nodo è centrale. E’ difficile fare famiglia, non solo perché i giovani hanno più paura, ma perché le condizioni sono più difficili e più incerte: il lavoro, la casa, la mobilità territoriale. Forse bisognerebbe mettere al centro la promozione delle famiglie, migliorare la capacità progettuale dei giovani, non rafforzare l’incertezza, investire su un piano casa, dare garanzie che quando ti nasce un figlio sia anche a carico della collettività. Quindi, il fare famiglia come un bene anche per la società.

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CHIESA E SOCIETA’

13 febbraio 2007

 

 

I vescovi della Repubblica Democratica del Congo

chiedono “una seria indagine” sugli scontri avvenuti recentemente

 tra Forze dell’Ordine e appartenenti ad un movimento politico.

A causa delle violenze sono morte decine di persone

 

KINSHASA. = Preoccupazione per “i dolorosi avvenimenti accaduti nelle ultime settimane” nella Repubblica Democratica del Congo, la “condanna delle cause che hanno portato agli scontri” e la richiesta di “una seria indagine” per stabilire responsabilità ed evitare nuove violenze. E’ quanto si legge nel comunicato diffuso al termine del Comitato permanente della Conferenza episcopale congolese. I vescovi si riferiscono ai violenti scontri scoppiati  tra il 31 gennaio ed il primo febbraio in diverse città del Bas – Congo, provincia occidentale del Paese africano, tra forze dell’ordine e membri del movimento politico ‘Bundu dia Kongo. Secondo le Nazioni Unite sono morte almeno 134 persone. Per le autorità locali, invece, le vittime sono 87. Nel comunicato - riferisce l’Agenzia missionaria MISNA - i vescovi si soffermano anche sul futuro del Paese: sottolineando che “il processo elettorale è ormai prossimo alla conclusione”, i presuli auspicano “una gestione conforme ai principi e alle regole di uno Stato democratico”. Tra i compiti prioritari delle istituzioni ci devono essere, secondo i vescovi congolesi, “la lotta all’analfabetismo, il rispetto della dignità della persona umana e l’apertura del Paese all’Africa e al mondo”. La Conferenza episcopale congolese ribadisce infine il proprio impegno per la formazione delle coscienze e per l’educazione integrale della persona, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa. (A.L.)

 

 

In Myanmar, accordo di pace tra la giunta militare  e i ribelli

di etnia Karen che combattono da decenni contro il governo

per l’indipendenza della loro regione, nell’ovest del Paese

 

YANGON. = In Myanmar, la giunta militare ha annunciato di aver raggiunto un accordo di pace con i ribelli indipendentisti di etnia karen. L’intesa – riferisce l’Agenzia Fides - segue il cessate il fuoco siglato mesi fa dalle parti e garantisce un allentamento della pressione da parte dell’esercito regolare in alcuni distretti karen, nella parte occidentale del Paese. Ma secondo diversi osservatori la strada per una vera pace in Myanmar è ancora costellata da insidie: il gruppo di ribelli noto con il nome ‘Karen National Union (KNU) è diviso, ad esempio, in numerose fazioni e si teme che alcuni di questi gruppi non abbandoneranno la lotta armata. La popolazione di etnia karen, composta in maggioranza da cristiani, ha chiesto maggiore autonomia e il rispetto dei diritti umani già nel 1948, all’indomani dell’indipendenza nazionale. Ma il regime militare ha sempre attuato campagne di repressione contro le minoranze etniche. Per questo, molti civili karen sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Si stima che almeno 120 mila persone abbiano superato il confine con la Thailandia, dove sono stati allestiti diversi campi profughi. Secondo ilThailand Border Consortium, principale agenzia umanitaria che si occupa dei rifugiati nell’area, sono stati distrutti a partire dal 1996 oltre 3000 villaggi. Considerando anche le altre etnie presenti in Myanmar, i rifugiati sono più di un milione. (A.L.)

 

 

In India, nello Stato dell’Assam, si moltiplicano gli sforzi della Chiesa

per aiutare la popolazione, soprattutto i contadini,

vittime di violenze etniche, siccità ed usura

 

DISPUR. = E’ sempre più forte l’impegno della Chiesa per affrontare le emergenze a Karbi Anglong, località dello Stato indiano dell’Assam dove molti abitanti vivono in condizioni precarie a causa della grave siccità degli ultimi anni. Padre Tom Mangattuthaze, coordinatore del Forum dei cristiani uniti, ha riferito ad Asia News che “i contadini hanno lavorato nei campi ogni giorno, da mattina a sera, però il loro lavoro è stato del tutto inutile ed ora si trovano nella morsa dell’usura”. Il problema è che questi contadini sono oppressi da violenze etniche e dalla siccità. Molti agricoltori si sono anche rivolti ad usurai che hanno loro prestato denaro a tassi di interesse alti. Ma gran parte dei contadini sono poveri e non riescono a restituire in tempo i soldi. La conseguenza, in alcuni casi, è drammatica: alcuni coltivatori si sono anche tolti la vita. Padre Tom Mangattuthaze, della diocesi di Diphu, ha lanciato un appello al governo locale e alle organizzazioni private per sostenere la popolazione: “Hanno bisogno – sostiene il sacerdote - di un aiuto concreto e mirato”; “Sarò contento - conclude - se sarò riuscito a dare un chilo di riso ad ogni abitante”. (C. A.)

 

 

La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa unite nel portare aiuto

ad oltre 370 immigrati asiatici e sub-sahariani sbarcati ieri

in un porto della Mauritania dopo giorni passati alla deriva

- A cura di padre Ignacio Arregui -

 

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NUADIBU. = dopo una settimana di attesa, con la nave ferma in alto mare a causa di un guasto meccanico vicino alle coste della Mauritania, è finalmente iniziato ieri lo sbarco dei 372 passeggeri immigrati illegali asiatici e sub-sahariani nel porto mauritano di Nuadibu. Sono sei i passeggeri ricoverati in ospedale a causa delle loro critiche condizioni di salute. La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa hanno allestito nel porto tutto il necessario per l’assistenza igienica e sanitaria di tutti gli immigrati. Sono stati molto complessi i lavori di controllo sanitario e di accertamento della provenienza e le situazioni personali degli immigrati. Le autorità mauritane si occuperanno del rimpatrio degli immigrati africani. Il governo spagnolo, invece, assume la responsabilità di esaminare le possibilità di offrire asilo politico agli immigrati asiatici o di rinviarli ai loro Paesi di origine. La maggior parte (305) sono del Kashmir, mentre tutti gli altri provengono da Costa de Marfil, Myanmar, Sierra Leone, Sri lanka e Liberia. E’ finita, dunque, la drammatica emergenza di questi immigrati, ma inizia adesso per loro il ritorno ai loro Paesi, dopo una fallita evasione in cerca di migliori condizioni di vita.  

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In Asia, nonostante la strabiliante crescita economica,

diventa sempre più profondo il divario fra ricchi e poveri.

Il presidente dell’Asian Development Bank lancia un appello ai governi:

bisogna investire su sanità ed istruzione

 

HANOI.= La crescita economica in sé “non è la soluzione ai problemi del Continente. Queste economie che corrono così in fretta mostrano che, anche se si è ridotta la povertà assoluta, si è intensificato il divario tra ricchi e poveri”: l’allarme è stato lanciato dal presidente dell’Asian Development Bank, Haruiko Kuroda, nel corso di una conferenza in Vietnam, dove alcuni fra i più importanti donatori al mondo si sono riuniti per studiare il modo di distribuire al meglio ricchezza e aiuti umanitari alle popolazioni asiatiche. Nonostante l’eccezionale sviluppo economico di alcuni Paesi del continente asiatico, infatti, la Banca Mondiale afferma che in Asia vivono i 2/3 dei poveri di tutto il mondo; solo nella parte orientale del continente vi sarebbero 585 milioni di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno. Kuroda sostiene che i “benefici di questa crescita non sono stati distribuiti in modo equanime”. “Mentre molti avanzano nella società - prosegue - moltissimi vengono lasciati indietro”. Per questo, il presidente Kuroda lancia un accorato appello ai governi: “Spendete più soldi per l’assistenza sanitaria e l’istruzione, perché questa è la chiave per risolvere il problema”. (E.L.)

 

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

13 febbraio 2007

 

- A cura di Roberta Gisotti -

 

Raggiunto, a Pechino un accordo definito ancora “virtuale” sul disarmo nucleare della Corea del Nord. Un successo della diplomazia internazionale, dopo oltre dieci anni di tensione. L’intesa è stata raggiunta fra i rappresentanti di sei Paesi: le due Coree, Cina, Stati Uniti, Giappone e Russia. Il nostro servizio:

 

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Storico accordo ancora da definire nei dettagli e forse non di poco conto se il negoziatore americano, Hill, ha detto che resta ancora molto da fare. Generale comunque la soddisfazione dopo cinque giorni di fitti negoziati e lo spettro di un fallimento che ha aleggiato con insistenza nella capitale cinese. La Corea del Nord si avvia dunque a smantellare il proprio arsenale nucleare, in cambio di massicci rifornimenti di energia. L’intesa – annunciata dal delegato cinese, Wu – prevede la chiusura del reattore di Yongbyon, l’unico in grado di produrre uranio per le armi nucleari, e ad aprire l’impianto ai “controlli e alle verifiche” dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA). Misure – ha precisato Wu – previste nel documento già firmato dai Paesi negoziatori nel settembre del 2005, per una penisola coreana libera da armi nucleari. La “fase iniziale” del processo di disarmo durerà 60 giorni e la Corea del Nord riceverà subito una fornitura di 50 mila tonnellate di petrolio e in seguito ne avrà altre 950 mila. Entro 30 giorni, poi, a partire da oggi – ha spiegato Wu – si riuniranno cinque gruppi di lavoro su come denucleare la penisola; normalizzare le relazioni tra Corea del Nord e Stati Uniti e tra Corea del Nord e Giappone; promuovere la cooperazione su economia ed energia; e rafforzare la sicurezza nell’Asia del nordest. A fine mattinata, il negoziatore americano ha annunciato l’impegno a regolare entro un mese la questione della sanzioni imposte nel 2005 alla Corea del Nord.

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Torna la violenza in Libano. Una duplice esplosione questa mattina a bordo di due minibus nei pressi della cittadina cristiana di Bikfaya, a nord-est di Beirut, ha ucciso 12 persone. Il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, intervenendo oggi a un convegno a Roma, ha parlato di grave attentato in funzione anticristiana invitando a pregare per la martoriata terra del Libano. Il doppio attacco è avvenuto alla vigilia del secondo anniversario dell’uccisione del premier Hariri. Si tratta, dunque, di un atto puramente dimostrativo o dietro l’attentato si cela qualcos’altro? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera, analista politico ed esperto dell’area mediorientale:

 

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R. – Chi ha compiuto questo duplice attentato non poteva non aver tenuto conto della data. Questo ha sicuramente come obiettivo quello di far ricrescere la paura all’interno del mondo libanese, provato da molti omicidi mirati. Proprio questo - omicidi mirati – è stata la caratteristica di quello che è accaduto dall’assassinio di Hariri in poi: c’era un qualcuno di estremamente identificabile come rappresentante di una parte o dell’altra. Per la prima volta negli ultimi due anni, non si è voluto colpire un obiettivo preciso, ma seminare il panico. Credo che questo sia l’elemento nuovo di questo terribile attentato. Penso che si volesse colpire proprio per spaventare e colpire la gente. Questo è un elemento molto preoccupante!

 

D. – Questo episodio politicamente che significato ha nel processo di distensione interno?

 

R. – Paradossalmente potrebbe addirittura avere un aspetto positivo. Forse da questi spaventosi attentati che colpiscono la gente, ci potrebbe anche essere un segnale per le forze politiche di dire: “Smettiamola e cerchiamo di riunificare il Paese”. Anche perché se non si riunifica il Paese, io credo che il rischio di una vera guerra civile possa essere preso in considerazione. Questo sarebbe assolutamente devastante. L’unica speranza è, quindi, che proprio la gente si riunisca nel segno dell’identità e della saldezza nazionale. Ma, per ora, è solo un auspicio, purtroppo.

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La violenza continua a dominare la scena anche in Iraq: 15 i morti e 30 i feriti, stamane, in un attacco kamikaze con un'autobomba vicino ad una Scuola universitaria a Baghdad, dove ieri più di 80 persone sono rimaste vittime di un  attentato in un mercato, mentre altre 40 hanno perso la vita in vari attacchi della guerriglia in diverse zone del Paese e 6 sospetti terroristi sono saltati in aria a Mandali. La grave situazione continua a spingere i civili alla fuga e sono 600 mila quelli che dalla caduta di Saddam nell’aprile del 2003 sono emigrati in Siria, dove oggi è atteso il presidente del Parlamento iracheno, al-Mashadani, per discutere anche la questione dei profughi.

 

Ancora, in Medio Oriente, i leader di Hamas e al Fatah premono sulla comunità internazionale per porre fine all’isolamento palestinese, mentre sul fronte di guerra, un palestinese è rimasto ucciso oggi – in circostanze non certe - nella zona fra Gaza e il territorio israeliano.

 

Acqua sul fuoco nella crisi diplomatica tra Italia e Croazia, apertasi dopo che  ieri il presidente croato Mesic ha accusato il capo di Stato italiano, Napolitano, di “aperto razzismo, revisionismo storico e revanscismo politico” per avere parlato – commemorando le vittime delle foibe – di un “moto di odio e furia sanguinaria”, figlia di un “disegno annessionistico slavo”, con “i sinistri contorni della pulizia etnica”. Il portavoce del governo croato ha sottolineato oggi l’interesse a sviluppare rapporti di buon vicinato con l’Italia, emerso stamane nel colloquio telefonico tra il presidente del Consiglio italiano, Prodi, ed il premier di Zagabria, Macek, ed ha proposto di riavviare i lavori della Commissione storica bilaterale italo-croata per indagare con strumenti scientifici e senza polemiche “sui crimini commessi prima, durante e dopo la Seconda Guerra mondiale nei territori della ex Jugoslavia.

 

Restiamo in Italia, sono attesi oggi pomeriggio a Milano i primi interrogatori dei 15 arrestati nell’ambito della vasta operazione antiterrorismo condotta della Polizia di Stato, nel nord del Paese, che ha smantellato una frangia delle Brigate Rosse, ritenuta dagli investigatori particolarmente pericolosa, e pronta a colpire alla vigilia di Pasqua. Il ministro dell’Interno, Giuliano Amato, ha sottolineato la possibile presenza nel Paese di altri focolai eversivi. Polemiche nel mondo politico. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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 “Si sentivano in guerra con lo Stato”. In queste parole di Ilda Boccassini, il pubblico ministero milanese che ha diretto in questi mesi un’indagine da lei stessa definita pericolosissima, è racchiusa l’importanza dell’operazione effettuata ieri dalla Polizia, che ha impegnato le questure di Milano, Padova, Torino e Trieste. Ma c’è anche il senso di preoccupazione per un fantasma, quello del terrorismo, che periodicamente prende corpo. L’accusa principale per i 15 arrestati è di associazione a delinquere finalizzata a terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico. Gli inquirenti hanno tra l’altro acquisito come prove anche filmati di esercitazioni di tipo paramilitare. Coinvolti anche sette iscritti alla CGIL, subito sospesi dal sindacato di Epifani, che ha espresso pieno sostegno alle Forze dell’Ordine. Da Calcutta, il premier Prodi ha parlato di operazione preventiva molto importante che ha inferto un colpo - speriamo - fatale a qualsiasi possibilità di riorganizzazione delle BR. “Abbiamo sventato un probabile attentato”, ha spiegato il ministro dell’Interno, Amato. Il primo obiettivo in ordine di tempo era la sede del quotidiano Libero. Nel mirino anche la casa milanese di Berlusconi e il giuslavorista Pietro Ichino, che - da tempo sotto scorta - sottolinea: “Bisogna andare avanti, altrimenti vincono loro, vince l’intimidazione”. Dalle forze politiche, un plauso unanime alle Forze dell’ordine, ma anche polemiche. Forza Italia e Lega affermano che una certa sinistra radicale deve ancora fare i conti col proprio passato. Replicano i DS: ad usare il terrorismo come argomento di polemica politica si fa solo il gioco dei terroristi. E, intanto, crescono le tensioni anche in vista della manifestazione di sabato prossimo, a Vicenza, contro l’amplia-mento della base americana.

 

Giampiero Guadagni, per la Radio Vaticana.

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Si è conclusa ieri la drammatica vicenda di circa 400 clandestini afro-asiatici da una settimana in balia del mare al largo delle coste della Mauritania su un natante in avaria, che era diretto verso la Spagna. Gli immigrati sono stati fatti sbarcare in un porto del Paese nordafricano, che aveva prima rifiutato di accoglierli.

 

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