RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 43 - Testo della trasmissione di lunedì 12 febbraio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Dal Papa i vescovi delle Marche in visita ad Limina: intervista con l’arcivescovo Luigi Conti
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Italia
diminuiscono i matrimoni e aumentano le coppie di fatto: lo rivela un’indagine
ISTAT
Almeno 96 morti in Burkina Faso nel solo mese di
gennaio per un’epidemia di meningite
In Indonesia, almeno 80 morti
e 500 mila sfollati per le gravi alluvioni abbattutesi su Giakarta
Un attentato fa strage in un mercato a Baghdad:
almeno 70 i morti
12 febbraio 2007
Senza il rispetto della legge naturale, la
vita, la famiglia e la società
vittime del relativismo etico: così Benedetto XVI
ai partecipanti
al Congresso internazionale sul diritto naturale,
promosso dalla Lateranense
Nel mondo contemporaneo, si assiste a una deriva
relativistica che ferisce drammaticamente la società: a fare le spese del
mancato rispetto che si deve alla “legge morale naturale” è in molti casi la
stessa vita umana, spesso oggetto di arbitrii, come pure la famiglia fondata da
Dio sull’amore coniugale. Sono alcuni dei concetti espressi questa mattina da
Benedetto XVI nel corso dell’udienza concessa ai circa 200 partecipanti al
Congresso internazionale sul diritto naturale, promosso dalla Pontificia
Università Lateranense. Scienza e fede possono e devono
dialogare, ha detto il Papa nel suo lungo e denso intervento, purché non si
dimentichi mai che “non tutto ciò che è scientificamente fattibile è anche eticamente lecito”. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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C’è una tentazione in agguato dietro l’agire umano: quella
di dimenticarsi dell’esistenza di Dio, di tradire quella legge “scritta nel
cuore dell’uomo” che viene prima di ogni legge umana, di ogni sapere scoperto
dalla scienza, e che risponde al primo e generalissimo principio di “fare il
bene ed evitare il male”. Al contrario, il rispetto della vita, il diritto alla
libertà, l’esigenza di giustizia e di solidarietà che scaturiscono da questo
principio sono spesso violati da arbitrii di potere o manipolazioni
ideologiche, frutto di una visione dell’uomo e del mondo che non ha alla base
alcun codice etico ma che tende a idolatrare il progresso.
E’ questa, in sintesi, la piattaforma culturale e
spirituale sulla quale Benedetto XVI ha articolato il suo intervento sul tema
della “legge morale naturale”, davanti alla platea di teologi, giuristi e
scienziati che partecipano Congresso internazionale sul diritto naturale,
promosso dalla Pontificia Università Lateranense. Pur
vivendo un momento di straordinario sviluppo nell’acquisizione di forme di vita
tuttavia, ha riconosciuto il Papa all’inizio del suo discorso, emergono delle evidenti
contraddizioni:
“Vediamo tutti i
grandi vantaggi di questo progresso, ma vediamo sempre più anche le minacce di
una distruzione del dono della natura per la forza del nostro fare. E c’è un
altro pericolo, meno visibile, ma non meno inquietante: il metodo che ci
permette di conoscere sempre più le strutture razionali della materia ci rende
sempre più incapaci di vedere la fonte di questa
razionalità, la Ragione creatrice”.
Ecco, dunque, l’“urgenza”, ha obiettato Benedetto XVI, di
riflettere sul tema della legge naturale, quale sorgente di norme, che
precedono qualsiasi legge umana e non ammettono interventi in deroga da parte
di nessuno:
“Tale è il principio
del rispetto per la vita umana, dal suo concepimento fino al suo termine
naturale, non essendo questo bene della vita proprietà dell’uomo,
ma dono gratuito di Dio. Tale è pure il dovere di cercare la verità,
presupposto necessario di ogni autentica maturazione della persona. Altra
fondamentale istanza del soggetto è la libertà, tenendo conto del fatto che la
libertà umana è sempre una libertà condivisa con gli altri (...) E come non
menzionare l’esigenza di giustizia (...) Doveroso è infine almeno un accenno
all’attesa di solidarietà che alimenta in ciascuno, specialmente se disagiato,
la speranza di un aiuto da parte di chi ha avuto una sorte migliore di lui”.
Tale “dover essere” è invece distante dalla realtà
odierna. Con grande realismo, il Papa ha denunciato i condizionamenti imposti
dall’imperante “positivismo giuridico”, in base al quale, in sostanza, sono gli
“interessi privati” ad essere “trasformati in diritti”, quando invece a fare da
base a “ogni ordinamento giuridico sia interno che internazionale” è e resta
oggi la lex naturalis:
“La legge naturale è
in definitiva il solo, valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli
inganni della manipolazione ideologica. La prima preoccupazione per tutti, e
particolarmente per chi ha responsabilità pubblica, è quindi aiutare perché
possa progredire la coscienza morale. Questo è il progresso
fondamentale e senza questo progresso tutti gli altri progressi non sono
veri progressi”.
Le “applicazioni concrete” di quanto affermato, Benedetto
XVI le individua anzitutto nel rispetto della famiglia, intesa come “quell’intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata
dal Creatore” e quindi un “vincolo sacro”, come afferma il Vaticano II, che
“non dipende dall’arbitrio dell’uomo”:
“Nessuna legge fatta
dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la
società venga drammaticamente ferita in ciò che
costituisce il suo stesso fondamento basilare. Dimenticarlo significherebbe
indebolire la famiglia, penalizzare i figli e rendere precario il futuro della
società”.
Purtroppo, ha affermato il Papa, nella società
contemporanea si è preferito confinare il riferimento alla legge naturale nel
campo della speculazione filosofica, piuttosto che vederne le ricadute nella
vita sociale. E questo con conseguenze etiche allarmanti:
“In proposito, sento
il dovere di affermare ancora una volta che non tutto ciò che è
scientificamente fattibile è anche eticamente lecito.
La tecnica quando riduce l’essere umano ad oggetto di sperimentazione finisce
per abbandonare il soggetto debole all’arbitrio del più forte. Affidarsi
ciecamente alla tecnica come unica garante di progresso, senza offrire nello
stesso tempo un codice etico, che affondi le sue radici in quella stessa
realtà, che viene studiata e sviluppata, equivarrebbe
a fare violenza alla natura umana, con conseguenze devastanti per tutti”.
Poiché,
comunque, la legge naturale resta imperfetta e bisognosa di approfondimenti, un
ruolo decisivo - ha concluso Benedetto XVI - lo giocano in questo contesto gli
uomini di scienza:
“Gli scienziati
devono anche contribuire ed aiutare a capire in profondità la nostra
responsabilità per l’uomo e per la natura affidatagli. Su questa base è
possibile e necessario sviluppare un fecondo dialogo tra credenti e non
credenti, tra teologi, filosofi, giuristi, uomini di scienza che possono
fornire anche ai legislatori un materiale prezioso per il vivere personale e sociale”.
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Benedetto XVI incontra un primo gruppo di vescovi
marchigiani, in visita
ad Limina
-
Intervista con l’arcivescovo Luigi Conti -
Nell’ambito delle visite ad Limina dei vescovi italiani, Benedetto
XVI ha ricevuto oggi in Vaticano il primo gruppo di presuli della Conferenza
episcopale delle Marche. Una regione che, su un milione e mezzo di abitanti,
può contare su 1560 sacerdoti, tra secolari e regolari, 79 diaconi permanenti e
823 parrocchie. Sulla visita ad Limina,
Paolo Ondarza ha intervistato l’arcivescovo di Fermo, Luigi Conti, presidente
della Conferenza episcopale marchigiana:
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R. - In un certo senso veniamo come San Paolo, nella
Lettera ai Galati, “videre Petrum”, a vedere Pietro. Abbiamo
bisogno di questo incontro con il Papa per rafforzarci nel nostro ministero. Da
tempo noi abbiamo impegnato le nostre comunità diocesane a pregare per questo
evento: più di 10 mila persone si sono prenotate per la visita al Santo Padre.
E’ molto forte poi tra la gente il desiderio di andare a pregare sulla tomba di
Giovanni Paolo II.
D. – La qualità della vita nelle Marche è tra le più
elevate in Italia. Molteplici le ragioni: turismo, industria, agricoltura. Come
si riflette questa situazione di benessere nella vita della Chiesa marchigiana?
R. – Negli ultimi anni, ha fatto cronaca, il cosiddetto
modello marchigiano di sviluppo fatto di artigianato e di piccole imprese
diffuse su tutto il territorio. L’attuale benessere ha origini profonde nella
cultura contadina della nostra gente. Noi, Chiesa marchigiana sentiamo di
gioire di questo progresso, ma ne avvertiamo anche i rischi: il rapporto
problematico con la vita di tanti nostri fedeli, l’invecchiamento della
popolazione che è un dato visibile ed anche un po’ di fatica davanti alla nuove culture e davanti all’immigrazione recente.
D. – Fino al 1860 le Marche appartenevano allo Stato
Pontificio, oggi quanto è viva la tradizione religiosa
in questa regione?
R. – Le Marche hanno ben 165 santuari riconosciuti anche
dal punto di vista civile e sono già una dimostrazione di quanto sia radicata e diffusa capillarmente nel territorio la
presenza della Chiesa. E’ chiaro, poi, che questa presenza è data soprattutto
dalle parrocchie: pur avendo difficoltà dal punto di vista delle vocazioni,
abbiamo potuto garantire per ogni comunità – anche per le più piccole – la
presenza di un sacerdote. Possiamo dire che l’identità popolare del prete
italiano trova la sua incarnazione più caratteristica nella nostra regione. La
pietà popolare è poi ancora un valore permanente, ma che possiamo rivitalizzare. Basti pensare al pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, promosso da Comunione e Liberazione e
dalla diocesi di Macerata: aggrega più di 60 mila persone ogni anno. Ci sono
sempre nuove presenze. La diocesi di Fermo accoglie inoltre il Centro
internazionale del cammino neocatecumenale, Servo di Jahwè. Una cosa che da noi è davvero impressionante è
l’amore all’Eucaristia. Le Marche sono la culla delle Quarant’ore,
ci sono una miriade di confraternite dedicate al Santissimo Sacramento.
Un’ultima cosa che poi connota un po’ la religiosità di questa regione è che le
Marche sono la terra dei Fioretti, la terra anche di grandi Santi come San
Giacomo della Marca, San Giuseppe da Copertino, Santa
Veronica Giuliani, San Nicola da Tolentino, padre Matteo Ricci che è stato il
grande evangelizzatore della Cina.
D. – Loreto è stata spesso meta per incontri giovanili e
continua ad essere luogo di importanti manifestazioni per i giovani in
Italia...
R. – A Loreto, nella Spianata di Montorso
abbiamo visto grandi raduni, anche intorno a Giovanni Paolo II. Lui stesso ha
voluto quel centro che oggi è intitolato a lui: il Centro internazionale
giovanile. Siamo, tra l’altro, in attesa perché il 1°
e il 2 settembre di quest’anno, nell’ambito del progetto Agorà, le diocesi marchigiane accoglieranno i
giovani delle altre chiese che sono in Italia proprio nella Spianata di Montorso e lì ascolteremo Benedetto XVI e con lui adoreremo
l’Eucaristia.
D. – Eccellenza, lei non nascondeva i problemi che la
Chiesa vive in questa Regione...
R. – Sarebbero tanti, ma ne posso citare due in modo
particolare. Noi siamo la regione con il clero più anziano d’Italia: l’età
media è intorno ai 65 anni. Peraltro le Marche sono una regione con tantissimi
e piccoli borghi sparsi un po’ ovunque, in cui diventa un po’ difficile
garantire la presenza stabile ed adeguata di un sacerdote. Il primo problema è
quindi un problema vocazionale. L’altro problema riguarda, invece, l’emergenza
educativa: questo è il problema, forse, più serio da affrontare, quello del
mondo dei giovani e delle famiglie che fanno fatica ad esercitare il loro
servizio formativo ed educativo. Abbiamo istituito dei
luoghi di spiritualità familiare e sono sempre più frequentati.
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Aumentano i cattolici nel mondo, soprattutto in Africa ed
Asia. E’ questo il dato principale che emerge dall’Annuario Pontificio 2007,
presentato stamane al Papa dal cardinale segretario
di Stato Tarcisio Bertone e da mons. Leonardo Sandri, sostituto alla Segreteria di Stato per gli Affari
Generali. La redazione del nuovo Annuario è stata curata da mons. Vittorio Formenti, incaricato dell’Ufficio Centrale di Statistica
della Chiesa e dall’equipe dei collaboratori. Il complesso lavoro di stampa è
stato invece curato da don Elio Torrigiani, da
Antonio Maggiotto e da Giuseppe Canesso,
rispettivamente direttore generale, direttore commerciale e direttore tecnico
della Tipografia Vaticana. Il Papa ha ringraziato per l’omaggio esprimendo
interesse per i dati illustrati. Il volume sarà prossimamente in vendita nelle
librerie. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Secondo i dati dell’Annuario, riferiti al 2005, i
cattolici sono aumentati rispetto all’anno precedente
di 17 milioni arrivando a circa un miliardo 115 milioni. Si tratta di una crescita relativa (1,5%)
molto vicina a quella della popolazione mondiale (1,2%), per
cui la presenza dei cattolici nel mondo risulta sostanzialmente
invariata al 17,20%. L’analisi geografica mostra un aumento dei cattolici
superiore a quello della popolazione in Africa (3,1% contro il 2.5%), Asia
(2,71% contro l’1,18%) e America (1,2% contro lo 0,9%). Più lieve la crescita
in Europa.
Aumenta anche il numero dei sacerdoti salito nel
Durante il 2006, infine, sono state erette dal Santo Padre
12 nuove Sedi Vescovili; sono state costituite 9 Sedi Metropolitane e
un’Amministrazione Apostolica. In tutto, sono stati nominati 180 nuovi vescovi.
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Contemplando la vita di Maria il dolore e
la sofferenza possono
essere
vissuti con più serenità ed una maggiore apertura alla speranza: così ieri il
Papa nel suo discorso ai malati al termine della Messa
celebrata dal cardinale Ruini
nella Basilica vaticana
Anche quando sembra svanire il senso della speranza e la
certezza della guarigione, guardare a Maria insegna ad avere una visione più
serena della vita. Questo il messaggio che Benedetto XVI ha rivolto nel
pomeriggio ai malati al termine della Messa presieduta dal cardinale vicario
Camillo Ruini nella Basilica Vaticana, per l’Opera Romana Pellegrinaggi e l’UNITALSI, in
occasione della festa della Madonna di Lourdes e della XV Giornata mondiale del
malato. Il Papa ha benedetto anche una statua della Vergine, realizzata con offerte
raccolte nel pellegrinaggio a Lourdes dello scorso fine settembre, e che farà
tappa in tutte le diocesi italiane. Il servizio di Tiziana Campisi:
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Sono i piccoli, i poveri, i prediletti di Dio, ed a loro è
rivelato il mistero del Regno dei cieli: con queste parole Benedetto XVI ha
spiegato la singolare esperienza di Bernardetta Soubirous,
rivolgendosi poi, specialmente, a “quanti sono colpiti da malattie gravi e
dolorose”. Citando l’Esortazione apostolica Marialis cultus di Paolo VI, il Santo Padre ha
esortato a contemplare la vicenda evangelica della Vergine, perché guardando ad
essa la speranza prevale sull’angoscia, la comunione
sulla solitudine, la pace sul turbamento, la bellezza sul tedio e la nausea. E
per le persone particolarmente provate il Papa ha aggiunto:
“Ad essi vorremmo far sentire la vicinanza materiale e
spirituale dell’intera comunità cristiana. E’ importante non lasciarli
nell’abbandono e nella solitudine mentre si trovano ad affrontare un momento
tanto delicato della loro vita”.
Ma Benedetto XVI ha voluto inoltre esprimere il suo
pensiero a quanti “con pazienza ed amore mettono” a servizio dei malati “competenze
professionali e calore umano”:
“Penso ai medici,
agli infermieri, agli operatori sanitari, ai volontari, ai religiosi e alle
religiose, ai sacerdoti che senza risparmiarsi si chinano su di essi, come il buon Samaritano, non guardando alla loro
condizione sociale, al colore della pelle o all’appartenenza religiosa, ma solo
a ciò di cui abbisognano”.
“Nel volto di ogni essere umano – ha proseguito il Papa – ancor più se provato e sfigurato dalla
malattia, brilla il volto di Cristo, il quale ha detto: ‘Ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me’”. Poi il Santo Padre ha
voluto anche ricordare l’esperienza di tanti pellegrini a Lourdes, nella
“grotta di Massabielle, dove si incrociano il dolore
umano e la speranza, la paura e la fiducia”:
“Quanti pellegrini,
confortati dallo sguardo della Madre, trovano a Lourdes la forza di compiere
più facilmente la volontà di Dio anche quando costa rinuncia e dolore,
consapevoli che, come afferma l’apostolo Paolo, tutto concorre al bene di
coloro che amano il Signore”.
E nella sua omelia, durante la celebrazione che ha
preceduto l’incontro dei membri dell’UNITALSI e degli operatori dell’Opera
Romana Pellegrinaggi con Benedetto XVI, il cardinale vicario Camillo Ruini ha invitato i fedeli a ripensare alle parole che
Maria ha affidato alla piccola Bernardetta Soubirous:
“È bello far riecheggiare in noi il suo messaggio, il suo
invito, l’invito alla penitenza, alla conversione del cuore e della vita,
l’invito alla preghiera, l’invito alla carità. Da questo invito di Maria è nato
un grande movimento di vicinanza e di solidarietà verso gli ammalati, come
sulla base di questo invito tanti ammalati si sono messi in viaggio, in cammino
per Lourdes.
Al termine della Messa tanti malati hanno voluto rendere
il loro omaggio alla Madonna accendendo delle fiaccole e a loro Benedetto XVI
ha detto ancora:
“La candela, che
tenete accesa tra le mani, sia anche per voi, cari fratelli e sorelle, il segno
di un sincero desiderio di camminare con Gesù, fulgore di pace che rischiara le
tenebre e ci spinge, a nostra volta, ad essere luce e sostegno per chi ci vive
accanto. Nessuno, specialmente chi si trova in condizioni di dura sofferenza,
si senta mai solo e abbandonato”.
Poi le luci della Basilica Vaticana si sono spente
rendendo suggestivo il canto “aux flambeau”
dei fedeli a Maria.
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E proprio ieri nella capitale della Corea del Sud, Seoul, si sono concluse le celebrazioni ufficiali della XV
Giornata mondiale del malato. Il servizio di Gianfranco Grieco.
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La celebrazione della XV Giornata mondiale del malato
voleva segnare per la Chiesa che è in Corea un nuovo
inizio. Ne è fortemente convinto il cardinale Nicholas
Cheong Jinsuk, arcivescovo di Seoul,
il quale nell’ottobre del 2004 istituiva qui nella capitale il Comitato per la
vita, con lo scopo di annunciare il Vangelo della vita. Questo Comitato
promuove il Fondo denominato “Mistero della vita” e raccoglie 10 miliardi di won, che corrispondono a 10 milioni di dollari, per promuovere
la ricerca. Tutti i fedeli dell’arcidiocesi fanno donazioni a questo Fondo con
cento won, circa dieci centesimi al
giorno. Il premio del Mistero della vita di 300 milioni di won,
circa 300 mila dollari, viene consegnato a chi ha ottenuto
i successi più significativi nella ricerca ispirata ai criteri della bioetica.
“Nella cura pastorale, per tutelare i diritti umani, la Chiesa deve dare
priorità alla difesa della dignità della vita umana”, sottolineava - a
conclusione della XV Giornata mondiale del malato - il cardinale di Seoul. L’embrione umano è vita umana. Tutelare la dignità
della vita umana è la missione storica della nostra Chiesa coreana. E la tre giorni di Seoul dava così
al cardinale Cheong e alla
Chiesa coreana nuovi stimoli e nuovi impegni per proclamare il Vangelo della
vita, senza compromessi e senza accettare manipolazioni.
Da Seoul, padre Gianfranco Grieco, per la Radio Vaticana.
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Con la prolusione del cardinale Camillo Ruini
ha avuto inizio questa mattina a Roma il XV Convegno nazionale italiano teologico-pastorale dell’Opera Romana Pellegrinaggi
sul tema dei Cammini d’Europa
Autorevoli esponenti del mondo della Chiesa, della cultura
e della politica, sono presenti al XV Convegno teologico-pastorale
dell’Opera Romana Pellegrinaggi in corso a Roma fino a mercoledì sul tema dei
Cammini d’Europa. Presenti anche delegazioni di alcuni Paesi europei. A margine
dei lavori il cardinale Camillo Ruini, presidente
della Conferenza episcopale italiana, rispondendo
alle domande dei giornalisti in merito al disegno di legge sui DICO ha
sottolineato che su questa questione “sono già state dette da parte nostra
tante cose importanti e, credo, che tutto ciò era necessario”. Il porporato ha
quindi affermato che a questo proposito “potrà essere importante una parola
meditata, ufficiale, che sia impegnativa per coloro che accolgono il Magistero
della Chiesa e che possa essere chiarificatrice per tutti”. Sui lavori del
Convegno, che si svolgono al Torre Rossa Park
Hotel, ascoltiamo il servizio di Giovanni
Peduto:
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Quei pellegrini, che come
leggiamo in Dante (Vita Nova, XL) si dirigevano a Roma, i Romei, a Santiago de Compostela, i Giacobei, ed
infine a Gerusalemme, i Palmieri, ispirano quest’anno il tema del Convegno che suona
così “Cammini d’Europa. Romei, Palmieri, Giacobei”, convegno realizzato in collaborazione con
Dal Torre Rossa Park Hotel, Giovanni
Peduto, Radio Vaticana.
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Annunciare
il Vangelo e diffondere il messaggio del Papa
attraverso le nuove tecnologie: così, padre Lombardi
nel 76.mo anniversario
della Radio Vaticana
Con un radiomessaggio in latino di Pio XI, nasceva 76 anni
fa la Radio Vaticana. “Invenzione marconiana”, la
definì nell’occasione Papa Ratti. E, in effetti, la
prima stazione radio pontificia fu realizzata proprio grazie a Guglielmo Marconi, che mise il suo genio al servizio della Santa
Sede. Il 75.mo anno di vita della Radio ha avuto come
momento culminante la visita di Benedetto XVI. Nel suo discorso, tenuto a
Palazzo Pio il 3 marzo dell’anno scorso, il Papa ha esortato quanti lavorano
alla Radio Vaticana a promuovere il dialogo della verità, sottolineando
l’importanza dell’emittente per collegare il centro della cattolicità con i
diversi Paesi del mondo. Per una riflessione sul significato della ricorrenza
odierna e sulle sfide più importanti per la Radio Vaticana, Alessandro Gisotti
ha intervistato il direttore generale della nostra emittente, padre Federico
Lombardi:
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R. – E’ la conclusione del 75.mo, un anno in cui noi
abbiamo lavorato e riflettuto molto sulla nostra missione e sulla sua
attualità. E’ un anno che è stato poi solennizzato dalla visita del Santo
Padre, come evento centrale. Per quanto riguarda la nostra riflessione sulla
Radio Vaticana e sulla sua attualità, per noi è assolutamente chiaro che il
fatto di collegare il cuore della Chiesa a tutta la sua realtà universale,
mettere a disposizione di tutti la parola del Santo
Padre e il suo Magistero come orientamento e come proposizione di grandi valori
dell’umanità di oggi, è una missione che è sempre attualissima. Noi, come Radio
Vaticana, non siamo legati nello svolgere questa missione ad una sola
tecnologia particolare; noi siamo, anzitutto, una grande realtà che cerca di
tradurre i messaggi del Santo Padre e della Chiesa universale in tante lingue
diverse – noi ne usiamo più di 40 – e far capire, quindi, ad uditori, a
pubblici di culture, di collocazioni, di composizione molto varia, che si
trovano in tutto il mondo, qual è questo messaggio. Ecco da Roma svolgiamo
questo servizio di traduzione multiculturale del messaggio
della Chiesa per tutto il mondo. Questa è la nostra funzione fondamentale, che
si traduce poi tecnicamente in modi diversi per raggiungere questi nostri
ascoltatori, questi nostri interlocutori. Tradizionalmente
c’è stata la tecnologia della Radio, con le sue Onde Corte, con le sue Onde
Medie, con la Modulazione di Frequenza, ma oggi ci sono moltissime altre tecnologie:
oggi c’è Internet; ci sono i satelliti; c’è il podcast;
l’email… Noi ci siamo così attrezzati nel tempo per
utilizzare tutte queste tecnologie per svolgere al meglio la sua missione.
Per capire, quindi, che cos’è veramente la Radio Vaticana, credo che bisogna
mettere un po’ tra parentesi la parola Radio, non esserne cioè troppo
condizionati o legati e pensare a questa grande realtà che genera continuamente
informazione, a partire dal cuore della Chiesa e dal Ministero del Santo Padre.
La genera in tante lingue e culture differenti e la mette a disposizione con le
tecnologie più appropriate per il mondo di oggi. Questo è un po’ il messaggio
che noi, a 76 anni di età, vogliamo dare per chi ci chiede di capire qual è
effettivamente la nostra realtà e il nostro servizio.
D. – Nel suo compito di evangelizzazione e di informazione
la Radio Vaticana, chiaramente non è sola, guardando anche agli altri mezzi di
comunicazione del Vaticano…
R. – Infatti, quando dico che la Radio non è più soltanto
una radio, perché usa tante e diverse tecnologie, dico allo stesso tempo che
entra in un contesto di comunicazione globale, in cui deve sempre più
collaborare strettamente con tanti altri media e strumenti di comunicazione sia
a livello di Chiesa universale, con tutti coloro che ritrasmettono i nostri
programmi, radio e televisioni che prendono da noi l’audio e i commenti delle
celebrazioni del Santo Padre, ma anche nella realtà vaticana stessa, in
cui abbiamo la stampa (L’Osservatore Romano), con cui coltiviamo molte forme di
collaborazione; il Centro Televisivo Vaticano (CTV), con cui siamo veramente ad
un livello di sinergia molto, molto approfondito; il sito web del Vaticano (Vatican.va), con cui siamo in certo senso complementari con
quello che noi forniamo via web; naturalmente il Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, con cui ci sono pure molte forme di intesa, di scambio
di informazioni e di collaborazioni; la Sala Stampa, a cui forniamo audio e
forme di documentazione, che possono essere utili anche per i giornalisti
accreditati. Ci sentiamo, quindi, veramente parte di un contesto ampio e ricco
in cui, con l’evoluzione delle forme di comunicazione sociale, dobbiamo
intenderci e collaborare sempre più profondamente.
D. – Come lei accennava, il 75.mo
anno di vita della Radio Vaticana ha avuto come evento culmine la visita del
Santo Padre Benedetto XVI a Palazzo Pio. Quale importanza riveste oggi
nell’attività quotidiana della Radio Vaticana quella visita del Papa?
R. – Un incontro personale con il Papa è, naturalmente,
per tutti noi – sia come comunità, sia come singoli – un momento assolutamente
fondamentale, anche proprio di incoraggiamento per sentirci in comunione con
colui che noi, ogni giorno, vogliamo servire nel suo ministero per la Chiesa.
Il fatto che egli abbia passato con noi un’ora e mezzo, abbia girato per tutti
i nostri uffici, per le nostre regie e i nostri studi, abbia visto i nostri
posti di lavoro, si sia intrattenuto così gentilmente ed abbia accettato i
nostri saluti ed i nostri piccoli doni, abbia pregato con noi… questo è un
qualcosa che rimane assolutamente indimenticabile ed è veramente una pietra
miliare del nostro cammino. Ci siamo sentiti incoraggiati, capiti, vorrei dire
veramente capiti ed ascoltati in quello che è il nostro desiderio di servirlo
nel modo migliore per il servizio dell’annuncio del Vangelo e della Chiesa.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - "Nel
volto di ogni essere umano, ancor più se provato e sfigurato dalla malattia,
brilla il volto di Cristo": l'incontro di Benedetto XVI con gli ammalati
nella Basilica Vaticana nel giorno della memoria della Beata Vergine di
Lourdes, XV Giornata mondiale del malato.
Servizio estero - In evidenza
l'Iraq: settanta morti in un attentato compiuto in un centro commerciale.
Servizio culturale - Un
articolo di Marco Testi dal titolo "Giosuè Carducci e i suoi limiti ottocenteschi":
nel centenario della morte un giudizio critico al di là delle convenzioni.
Servizio italiano - In primo
piano la violenza negli stadi.
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12 febbraio 2007
In Portogallo il referendum sulla depenalizzazione
dell’aborto
non raggiunge il quorum,
ma il premier socialista Socrates
sulla scia
della vittoria dei “sì” annuncia:
cambieremo la legge
- Intervista con Luigi Geninazzi
-
Il Portogallo si prepara a una nuova fase del dibattito
politico per la
depenalizzazione dell’aborto. Nonostante il referendum di domenica non abbia
raggiunto il quorum del 50%, il premier socialista José
Socrates ha annunciato che seguirà comunque la volontà
di coloro che hanno optato per il sì, e cioè circa il 58% dei votanti. La legge
portoghese del 1984 è considerata una delle più restrittive d’Europa e prevede
che si possa abortire soltanto in caso di malformazione del feto, violenza
carnale o rischio grave per la salute della madre. Gli aborti considerati
illegali invece vengono puniti con pene fino a tre
anni sia per la donna che interrompe la gravidanza sia per il personale medico.
Per una riflessione sull’esito del referendum portoghese, Stefano Leszczynski
ha intervistato Luigi Geninazzi, inviato del
quotidiano Avvenire.
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R. - La riflessione è come se si fosse svolto un
sondaggio: si contano i ‘sì’ e i ‘no’ e i ‘sì’, in questo caso, hanno vinto. Di
fatto il premier socialista José Socrates
aveva già detto, alla vigilia della consultazione popolare, che avrebbe tenuto
conto del voto anche se non si fosse raggiunto il
quorum e questo ha un po’ disincentivato gli elettori ma soprattutto ha fatto
già capire che il governo socialista, che ricordiamo in Parlamento gode della
maggioranza assoluta, è deciso a modificare questa che è una delle leggi più
severe, in fatto di aborto, in tutta Europa.
D. – La modifica di questa legge sarà una modifica che
terrà conto anche della grande quantità di pareri negativi o sarà uno
stravolgimento totale di quanto previsto oggi?
R. – Io credo che siccome c’è già un testo di legge
pronto, si cercherà dentro il Parlamento di portare avanti questa legge che
dovrebbe però introdurre delle modifiche rispetto al quesito referendario. Il
quesito referendario poneva solo una domanda sulla depenalizzazione senza dire
quali saranno le conseguenze oltre alla modifica del
codice penale. Qui, come fanno osservare molti del fronte del
‘no’, c’è stato un po’ un equivoco, un gioco ambiguo nel senso che si è
chiesto alla gente di esprimersi sulla depenalizzazione ed è chiaro che la
maggioranza non vuole che una donna, dopo aver abortito, vada in carcere ma
nello stesso tempo è chiaro che con questo passa una vera e propria
liberalizzazione e anche qui, tutti i sondaggi d’opinione, rivelano che in
Portogallo la stragrande maggioranza è contro la permissività sull’aborto.
Quindi è un difficile passaggio che però il Parlamento
potrà risolvere secondo una linea, non diciamo “zapaterista”
ma certo radical-socialista. Cambierà questa legge,
introdurrà delle piccole modifiche nel senso che dirà che prima di abortire la
donna avrà un colloquio con il medico e con lo psicologo ma
di fatto si allineerà a quello che avviene nella maggior parte dei Paesi
europei.
D. – La Conferenza episcopale portoghese non si è ancora
espressa ufficialmente...
R. – Il fatto che ci sia un così alto astensionismo
significa che la maggioranza dei portoghesi non vedeva la necessità di cambiare
questa legge. I vescovi quindi si sono espressi già molto
tempo prima del referendum di ieri e in questi giorni hanno una riunione
già stabilita da tempo a Fatima e credo che la Conferenza episcopale emetterà
un comunicato fra pochi giorni, quando appunto finirà questa riunione.
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12 febbraio 2007
La famiglia, “base
della società umana”, va “apprezzata e sostenuta”
davanti al
mondo che vorrebbe “organizzarsi senza tenerne conto”:
così, il vice gerente di
Roma, arcivescovo Luigi Moretti, durante la Messa,
ieri al Santuario del
Divino Amore,
in occasione della
Giornata diocesana della famiglia
ROMA. = “L’uomo e la donna sono stati creati
per unirsi e tornare come carne unica, nel disegno che è di Dio”. Questo, il
cuore del messaggio dell’arcivescovo Luigi Moretti, vicegerente di Roma, durante l’omelia della Messa celebrata
ieri al santuario romano del Divino Amore, in occasione della Giornata
diocesana della famiglia. Come riferisce l’AGI,
l’arcivescovo ha affermato che è compito delle istituzioni religiose trasmettere
il Vangelo dell’amore in ogni società e in ogni condizione. La famiglia – ha
sottolineato il presule – non è un “problema”, ma “la possibilità” che Dio
offre agli uomini di vivere in pienezza e in libertà la loro vita. Secondo
mons. Moretti, la famiglia è estrinsecazione dell’amore divino e “base della
società umana”, che va “apprezzata e sostenuta” davanti a ciò che le è
contrario, davanti al mondo che vorrebbe “organizzarsi senza tenerne conto” e
davanti agli “atteggiamenti, alle mentalità e alle scelte di vita che
distruggono ciò che ne costituisce il nucleo”. Il presule ha quindi richiamato
la comunità cristiana a “ricostituire una grande rete di solidarietà tra i vari
nuclei familiari” e a riflettere sulla necessità di riuscire a “trasmettere il valore
della famiglia e le modalità di vivere l’amore” alle generazioni future,
ricordando anche ai vari membri del nucleo familiare di rinnovare l’impegno a
pregare insieme, nonché ai genitori di “aprire i Vangeli insieme ai propri
figli”. (R.M.)
In Italia
diminuiscono i matrimoni e aumentano le coppie di fatto:
lo rivela un’indagine ISTAT, secondo cui nel 2005
sono state 250 mila le
nozze rispetto a 500 mila libere unioni
ROMA. = In Italia ci si sposa sempre di meno
(un dato in calo dal 1972), sempre più in età matura e si sceglie al contrario
di formare la famiglia al di fuori del vincolo del matrimonio: è quanto emerge
da un’indagine ISTAT, secondo cui nel 2005 sono stati celebrati poco più di 250
mila matrimoni, a fronte di oltre 500 mila coppie di fatto. “Un fenomeno –
precisa l’ISTAT – in rapida espansione (solo 10 anni fa erano meno della metà), anche se in Italia le libere unioni non sono ancora
così frequenti come in altri Paesi europei". Dallo studio, emerge inoltre
che “accanto alle convivenze prematrimoniali cresce l’accettazione sociale
della convivenza come modalità di formazione della famiglia alternativa al
matrimonio”. La conferma di questo mutato atteggiamento arriva anche dalle
informazioni sulle nascite rilevate dall’ISTAT: l’incidenza di bambini nati al
di fuori del matrimonio è, attualmente, intorno al 15%, cioè quasi 80 mila nati
all’anno, quasi il doppio rispetto a 10 anni fa,
quando questo valore era pari all’8%. Si è rafforzata poi la tendenza alla
posticipazione delle nozze verso età più mature: gli sposi alle prime nozze
hanno un’età media intorno ai 32 anni e le spose intorno ai 30, quattro anni in
più dell’età che avevano in media i loro genitori al primo matrimonio. E c’è da
dire che la tendenza alla diminuzione dei matrimoni e al ‘ritardo’
delle nozze è diffusa in tutto il Paese, anche se il fenomeno presenta delle
importanti differenze territoriali: ci si sposa infatti più al Sud e nelle
Isole che al Nord. (R.M.)
In Indonesia, una folla di musulmani
costringe alla chiusura
una
chiesa domestica nella provincia di West Java
JAKARTA. = Nella provincia indonesiana di West Java, una
folla di musulmani ha costretto ieri alla chiusura una chiesa domestica nella
reggenza di Bandung. Un centinaio di
persone, tra residenti locali e membri della Divisione anti-apostasia
del Forum degli Ulema islamici (FUUI), ha fatto
irruzione nella casa di Tayung, nel villaggio di
Padawulun, usata settimanalmente come luogo di
preghiera dagli aderenti al Gruppo Bethel Church (GBI), costringendo i presenti a lasciare
l’edificio. A quanto riferiscono gli organizzatori della violenta
manifestazione anti-cristiana, citati da AsiaNews, “in passato già erano state
inviate rimostranze ai responsabili della GBI sulle attività religiose nella
casa di Tayung, ma senza ricevere risposta”. Gli
abitanti e alcuni estremisti contestano il fatto che l’abitazione sia stata
illegalmente convertita in una chiesa e, per di più, che questa si trovi nei
pressi di una moschea. “La dura reazione della folla – spiega Omay Komarudin, capo del
villaggio – è giustificata, in quanto i nostri avvertimenti non sono mai stati
presi in considerazione”. La zona di Bandung è stata
già teatro di simili incidenti. Dal 2005 si assiste ad un crescendo delle
violenze contro le cosiddette chiese domestiche illegali. Per rispondere al
problema, il governo centrale un anno fa ha varato l’attesa revisione
del Decreto ministeriale che regola la costruzione di luoghi di culto.
Tuttavia, le lunghe procedure e difficoltà per ottenere i permessi ad edificare
costringono ancora numerose comunità religiose a praticare la propria fede
nell’illegalità. (R.M.)
Almeno
96 morti in Burkina Faso nel solo mese di gennaio
per un’epidemia di
meningite. Il governo cerca di correre ai ripari
e
lancia una campagna di vaccinazione di massa
OUAGADOUGOU. = Nel solo mese di gennaio, 96
persone sono morte in Burkina Faso
per un’epidemia di meningite, che ha fatto registrare anche 789 casi sospetti
di contagio: lo riferisce l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS),
precisando che le zone maggiormente colpite sono i distretti di Ouargaye, Banfora, Batie e Sapouy. Come riferisce
l’agenzia MISNA, il governo ha avviato nei giorni scorsi una campagna di vaccinazione
di massa nel distretto di Ouargaye, in cui si è
registrato il maggior numero di casi. Per le autorità locali, l’epidemia
sarebbe da ricondurre ad una campagna di vaccinazione incompleta condotta
l’anno scorso, che non sarebbe riuscita a coprire l’intero Paese. Secondo i
dati dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni
Unite (OCHA), circa un migliaio di persone sarebbero morte per la stessa
malattia nel corso del solo 2006. Il Burkina Faso, infatti, si trova nella cosiddetta “fascia della
meningite”, ovvero quell’area del continente africano
a sud del Sahara che va dal Senegal all’Etiopia. La malattia fa la sua comparsa
durante la stagione secca, tra dicembre e gennaio, quando comincia a spirare il
vento Harmattan, principale vettore dei germi della
meningite. (E.L.)
In Indonesia, almeno 80 morti e 500 mila sfollati per le gravi alluvioni
abbattutesi sulla capitale, Jakarta.
Pessime le previsioni meteorologiche per i prossimi giorni
JAKARTA.=
E’ di 80 morti e 500 mila sfollati il bilancio, ancora provvisorio, delle gravi
alluvioni che si sono abbattute nei giorni scorsi sulla capitale indonesiana, Jakarta, e sui vicini distretti di Belasi, Karawang e Tangerang: lo rivela
il “Jakarta crisis center”,
che fa parte del coordinamento delle forze dell’ordine della capitale, citato
dall’agenzia MISNA. “In più zone alluvionate della città le acque si sono
ritirate, ma bisogna cercare di convincere gli sfollati ad andare nei rifugi,
prima che riprendano con forza le piogge”, ha affermato Laksmita
Novera, dell’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’ONU
(OCHA), ricordando le pessime previsioni meteorologiche per i prossimi giorni.
“La gente – ha aggiunto – fa molta resistenza a lasciare e ad allontanarsi
dalle abitazioni perché teme atti di sciacallaggio, per
questo resta accampata lì intorno nonostante le condizioni precarie e il
pericolo”. Il fenomeno delle inondazioni a Jakarta ha
un ciclo quinquennale, ma – ha precisato Novera – quest’anno la situazione è
più grave che in passato. Secondo alcuni esperti, il peggioramento rispetto
all’alluvione del 2002, ricordata come la più drammatica nella storia della
città, sarebbe da imputare non solo all’aumento delle precipitazioni, ma anche
alla distruzione delle foreste di mangrovie, tagliate per far posto alla
costruzione di quartieri residenziali. (E.L.)
Con una lettera, il
superiore di Comunione e Liberazione,
don Juliá Carrón, invita i membri del Movimento,
fondato da mons.
Luigi Giussani a partecipare all’udienza particolare
concessa loro da Benedetto XVI il prossimo 24 marzo
CITTA’ DEL VATICANO. = Il movimento di Comunione e
Liberazione (CL) ha invitato i suoi membri a partecipare all’udienza
particolare concessa loro da Benedetto XVI il prossimo 24 marzo. La convocazione
– riferisce l’agenzia Zenit – è stata presentata attraverso una lettera, datata
30 gennaio 2007, indirizzata da don Julián Carrón, superiore della realtà ecclesiale fondata da mons.
Luigi Giussani. L’udienza avrà luogo in occasione del
25.mo anniversario del
riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione, avvenuto
con un decreto del Pontificio Consiglio per i Laici dell’11 febbraio 1982.
“Tutti noi siamo ben consapevoli dell’importanza della figura del Successore di
Pietro per la vita della Chiesa – afferma don Carrón
nella lettera –. In lui abbiamo il punto di riferimento incrollabile della
nostra fede, senza il quale essa decadrebbe in una delle tante varianti
ideologiche che dominano il mondo”. “Papa Benedetto – aggiunge – ha avuto e ha
un legame così singolare con la nostra storia che lo sentiamo particolarmente
vicino. Ci conosce bene, così come conosceva bene don Giussani:
tutti abbiamo avuto occasione di vederlo al suo funerale”. E sottolinea: “Tutti
sappiamo che cosa ha significato per la nostra esperienza il mandato di Papa
Giovanni Paolo II, in occasione dell’udienza per il trentennale del movimento,
nel 1984: ‘Andate in tutto il mondo a portare la
verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore’”.
“Prepariamoci – invita infine don Carrón – a incontrare
Benedetto XVI domandando alla Madonna, nell’Angelus quotidiano, e a don Giussani,
una disponibilità tutta tesa ad ascoltarlo e a seguirlo”. CL, che conta circa
50 mila membri in 64 Paesi, sintetizza la convinzione che l’avvenimento cristiano,
vissuto nella comunione, è il fondamento dell’autentica liberazione dell’uomo.
(R.M.)
Entra nel vivo il 57.mo Festival di Berlino,
con quattro film dedicati all’America dello spionaggio, all’Africa
dell’Apartheid,
al
Giappone della II Guerra mondiale e alla Chiesa di oggi
- A cura di Luciano Barisone –
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BERLINO.= L’America dello spionaggio, l’Africa
dell’Apartheid, il Giappone della II Guerra mondiale e la Chiesa di oggi:
esplorando questi territori e questi tempi storici, il 57.mo
Festival del cinema di Berlino entra nel vivo della competizione con quattro
film di grande respiro, ma dai differenti esiti qualitativi. “The good
shepherd”, di Robert De Niro, racconta 40 anni di storia attraverso la nascita e la
formazione del servizio segreto americano. Pur avendo a disposizione una storia
avvincente, buoni attori e un budget di rilevanti proporzioni, il film spreca
tutto, buttandosi in una messa in scena didascalica, sovente noiosa e
prevedibile, senza alcun guizzo di recitazione o di regia. “Goodbye Befana” di Bille August mostra, invece, la
prigionia dei detenuti politici nel Sudafrica degli anni ‘60 e, in particolare,
il rapporto tra Nelson Mandela e il suo carceriere.
Costruito sulla base di una robusta drammaturgia, il film afferma con forza il
potere di convincimento degli atti e delle parole, creando le premesse per un
positivo ribaltamento delle coscienze. Meglio di August
e di De Niro fa poi Clint Eastwood con “Letters from Iwo Jima”,
che illustra con competenza e rispetto la disperata resistenza giapponese
all’invasione americana in un’isola trasformata in un bunker, senza acqua, cibo
e munizioni. Film bellico, più attento alla dignità umana che agli aspetti
spettacolari, “Letters from
Iwo Jima” emana una nobiltà
d’animo rara nel cinema contemporaneo e lascia commossi ed ammirati. Un quarto
film, tutto sul versante della contemporaneità, ha tuttavia calamitato
l’attenzione del pubblico e della stampa: “In memoria di me” di Saverio
Costanzo. Il giovane regista italiano, già segnalatosi per “Private”, film
centrato sul conflitto israelo-palestinese, si immerge ora nei conflitti
interiori che accompagnano il cammino verso la fede di un giovane seminarista,
attraverso il cui sguardo conosciamo i tempi e i modi che precedono
l’ordinazione sacerdotale, ma anche la sottile dialettica che da millenni oppone
all’interno della Chiesa passione e ragione.
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12 febbraio 2007
- A cura di Roberta Gisotti -
Prosegue inesorabile la carneficina di civili in Iraq,
dove stamane un attentato dinamitardo nel cuore di
Baghdad, nella zona del mercato all’ingrosso di Shorja,
ha provocato almeno 70 morti e 120 feriti. Secondo le prime ricostruzioni, la
strage sarebbe stata provocata da tre autobomba. E, sulla guerra in Iraq è
intervenuto oggi il presidente iraniano Ahmadinejad
dichiarando - in un'intervista alla rete americana ABC - che la pace tornerà quando se ne andranno i soldati statunitensi e le
altre truppe straniere. Intanto prosegue il lavoro dell'Alta Corte irachena che
ha condannato a morte per impiccagione Taha Yassin Ramadan, l'ex vice presidente sotto il regime di Saddam Hussein, per il suo ruolo
nel massacro di 148 sciiti nel
Spiragli di distensione in Terra Santa, dopo
la decisione del sindaco di Gerusalemme di sospendere i lavori archeologici
alla Spianata delle Moschee, dopo l’avvio della costruzione di un ponte
metallico, dalla piazza del Muro del Pianto fino alla porta del Magreb, seguita da numerose proteste da parte palestinese
ed araba. Ma a frenare l’entusiasmo è stato il rabbino della Spianata del Muro
del Pianto, Rabinovic, che alla Radio militare ha
chiarito che i lavori interrotti riguardano solo il ponte, mentre proseguono i
sondaggi archeologici nella massicciata. Attesa nel pomeriggio una delegazione
araba-israeliana, nella zona contesa, per un sopralluogo. Ma qual è la valenza
politica di questa diatriba? Luca Collodi lo ha chiesto al padre francescano
David Jaeger, esperto di questioni religiose e
politiche del Medio Oriente:
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R. - I sospetti dei musulmani sono che le autorità
israeliane possano avere qualche disegno di nuocere alle moschee o di allargare
una presenza, un’attività, un dominio israeliano, rispetto ad esse. Non ho alcuna ragione per dubitare della buona fede
del governo e delle sue assicurazioni che non si tratti di alcuna impresa del
genere. D’altra parte però, c’è la questione della percezione di questi lavori
da parte della popolazione musulmana, ma anche israeliana, oltre che dei Paesi
vicini. Quindi, la questione che si pone è di opportunità proprio per non infiammare
la situazione già così delicata e fragile.
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Intanto, sul fronte di guerra, come quasi ogni
giorno, sono stati lanciati razzi da miliziani palestinesi appostati nel nord
della Striscia di Gaza, stamane, verso la città israeliana
di Sderot, nonostante il cessate il fuoco concordato
oltre due mesi fa.
Il segretario alla
Difesa americano, Gates, giunto oggi in Pakistan, ha
assicurato il presidente Musharraf, che gli Stati
Uniti non permetteranno ai talebani di riprendere il controllo in Afghanistan.
Parlando dalla base militare di Chaklaka, nella città
di Rawalpindi, Gates ha
spiegato che l'America ha assorbito la lezione degli anni Ottanta e Novanta,
quando commise l'errore di lasciare che l'Afghanistan precipitasse nel caos
dopo aver sostenuto i ribelli islamici e la loro Jihad
per un decennio in funzione antisovietica. “Gli Stati Uniti - ha dichiarato il
segretario alla Difesa USA - hanno pagato un prezzo per questo: l'11 settembre
2001. Non faremo di nuovo quello sbaglio”.
Intanto, almeno 700
guerriglieri talebani sono entrati attraverso il Pakistan in Afghanistan per
attaccare un'importante diga, fra le principali fonti di elettricità del Paese.
Secondo la denuncia del governatore della provincia di Helmand,
gli infiltrati sarebbero cittadini pakistani, uzbeki
e ceceni, in collegamento con al
Qaeda. Nonostante le accuse di Afghanistan e Stati
Uniti, il Pakistan ha sempre negato di sostenere i talebani, dai quali la NATO si attende, in primavera con il disgelo, una
violenta offensiva. Intanto nella stessa provincia di Helmand
le Forze della Coalizione a guida USA si sono scontrate con guerriglieri
talebani, uccidendone numerosi. Il 2006, con circa 4.000 morti, è stato l'anno
più sanguinoso in Afghanistan dalla caduta del regime dei talebani,
nell'autunno del 2001.
Non si spengono le
polemiche tra Mosca e Washington, dopo che il presidente russo, Putin, dal palco della Conferenza internazionale sulla
sicurezza, a Monaco di Baviera, ha definito gli USA una potenza mondiale
pericolosa e destabilizzante. La risposta americana non si è fatta attendere.
Il segretario alla Difesa, Robert Gates,
nello stesso consesso, ha tentato di abbassare i toni, dichiarando che “una
guerra fredda basta e avanza”. Ma cosa sta cambiando nei rapporti tra Mosca e
Washington? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vice-direttore
di Famiglia Cristiana, esperto di politica russa:
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R. - Credo che si
intersechino due fenomeni, uno di medio periodo e l’altro di breve periodo. Il
fenomeno di medio periodo è la “rinascita delle ambizioni russe” di giocare un
ruolo a livello di politica mondiale. Questa rinascita va di pari passo con la
rinnovata fiducia che
D. – Concretamente
quali scenari potrebbero aprirsi dopo questa dura presa di posizione di Mosca?
R. – Io credo che
gli scenari non cambieranno affatto.
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Violenza anche Mogadiscio, almeno
tre i morti e diversi i feriti. La minaccia delle Corti islamiche di scatenare
anche in Somalia una guerriglia in stile iracheno sta diventando realtà. Non passa infatti giorno che in Somalia non vi siano scontri
soprattutto nella capitale, da quando i governativi hanno strappato il
controllo del Paese ai guerriglieri islamici. Ieri a Chisimaio
un'esplosione durante una cerimonia militare ha provocato quattro vittime.
Consiglio, oggi a Bruxelles, dei
ministri degli Esteri della Unione Europea, per discutere il piano Ahtisaari per il nuovo status del Kosovo
alla presenza dell'inviato speciale dell'ONU. In agenda anche l'Afghanistan, la
situazione in Medio e l'Iran. L’UE ha dato il via libera
formale alle sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU contro Teheran, lasciando aperta la possibilità di irrigidire le
misure restrittive, ma anche di avviare nuovi negoziati. Approvata pure una
missione UE in Afganistan per addestrare
E’ entrata nel vivo la campagna elettorale francese. “Cento
proposte per una Francia più giusta e più forte”.
Questo lo slogan della candidata socialista, Segolene
Royal, che ieri ha presentato il suo programma per
conquistare la fiducia degli elettori e diventare la prima donna a capo dell’Eliseo. Pubblicato su Internet il “patto presidenziale” in
100 punti, stilato dalla 53.enne affascinante signora
Royal, punta soprattutto su politica sociale,
economia, l’istruzione ed aiuto ai giovani. In particolare, propone l’aumento
del 5 per cento delle pensioni minime ed un alloggio per tutti, ma anche di
rinegoziare e rafforzare le 35 ore lavorative e di aumentare il salario minimo,
e di riformare il sistema scolastico per abolire i ghetti e favorire
l’integrazione all’interno degli istituti.
Ultimo giorno di colloqui, oggi, a Pechino per i
rappresentanti dei sei Paesi chiamati a confrontarsi sul disarmo nucleare della
Corea del Nord, oltre le due Coree,
Elezioni presidenziali ieri nella Repubblica ex sovietica del Turkmenistan, dove si è registrato un afflusso record di
oltre il 98,5 per cento degli aventi diritto. Scontato l’esito del voto, che
dovrebbe assegnare una vittoria di larga misura a Berdymukhammedov
che ha preso il posto del dittatore Niyàzov,
recentemente scomparso. Domani i risultati ufficiali.
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