RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 39 - Testo della trasmissione di giovedì 8 febbraio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Pace,
violenza e religioni, al centro della prossima visita del
cardinale Renato Martino a Malta
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Ordinati tre nuovi diaconi nel Kurdistan iracheno
Al via questa sera il 57.mo Festival
del cinema di Berlino
Alla Mecca prosegue il
vertice tra Hamas e al Fatah
per mettere fine alle violenze interpalestinesi
8 febbraio 2007
I
VOSTRI MOVIMENTI TESTIMONIANO
AI VESCOVI AMICI DEI FOCOLARI E DELLA
COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
I Movimenti ecclesiali, ponendosi
“a servizio della Chiesa”, possono affiancare i vescovi con i loro specifici
carismi e il loro slancio di fede nell’affrontare le sfide sociali e religiose
di questo inizio di millennio. E’ il messaggio lasciato da Benedetto XVI ai
circa 80 presuli amici del Movimento dei Focolari e ai circa 110 presuli amici
della Comunità di Sant’Egidio, ricevuti questa
mattina in udienza, in occasione dei loro rispettivi convegni annuali. Il
servizio di Alessandro De Carolis.
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A livello spirituale, un segno
della “comunione fra i carismi”. A livello pastorale, un sostegno all’azione
missionaria della Chiesa, “nella ricerca della giustizia e della pace”, della
solidarietà con il sud del mondo a partire dall’Africa. Sono le caratteristiche
centrali dei Movimenti ecclesiali, sulle quali Benedetto XVI è tornato a
riflettere nel ricevere i vescovi che da tempo condividono gli ideali di due
delle maggiori aggregazioni di fedeli presenti oggi nella Chiesa: il Movimento
dei Focolari, fondato da Chiara Lubich, e la Comunità
di Sant’Egidio, fondata da Andrea Riccardi.
Ogni anno, i presuli amici dei due
Movimenti si ritrovano per vivere giorni di “fraternità episcopale” e di
preghiera in convegni organizzati distintamente dalle due realtà. “Il Cristo
crocifisso e abbandonato, luce nella notte culturale” è il titolo dell’appuntamento
2007 dei Focolarini, “La globalizzazione
dell’amore” quello di Sant’Egidio. Benedetto XVI, che
ha salutato con calore i rappresentanti ortodossi presenti all’udienza, ha
ricordato di aver sottolineato più volte, il valore della “dimensione
carismatica” dei Movimenti ecclesiali, come in passato aveva fatto Giovanni
Paolo II:
“Mi sembra che questo incontro dei carismi dell’unità della Chiesa,
nella diversità dei doni, sia un segno molto incoraggiante e importante. Quando
ero ancora professore e poi cardinale ho avuto occasione di esprimere questa
mia convinzione, che realmente i movimenti sono un dono dello Spirito Santo
alla Chiesa e proprio nell’incontro dei carismi mostrano anche la ricchezza sia
dei doni, sia anche dell’unità della fede”.
L’ultimo suggello temporale risale
allo scorso anno, alla grande Veglia di Pentecoste che vide radunati in Piazza
San Pietro decine di migliaia di appartenenti ai vari Movimenti. Una “multiformità di carismi” e ministeri chiamati, ha ribadito
ancora una volta il Papa, a testimoniare l’unità della Chiesa:
“Lo Spirito Santo vuole la multiformità dei
Movimenti al servizio dell’unico Corpo che è appunto
Dunque, è dalla comunione tra
Chiesa istituzionale e Chiesa carismatica che “può scaturire – ha insistito
Benedetto XVI – un valido impulso per un rinnovato impegno della Chiesa
nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo della speranza e della carità
in ogni angolo del mondo”. Il Movimento dei Focolari, ha specificato il Papa,
“a partire dal cuore della sua spiritualità e cioè da Gesù crocifisso e
abbandonato”, che sottolinea “il carisma e il servizio dell'unità, che si
realizza nei vari ambiti sociali e culturali”: da quello del dialogo ecumenico
e interreligioso a quello economico. Mentre la Comunità di Sant’Egidio,
ha proseguito il Pontefice, “mettendo al centro della propria esistenza la
preghiera e la liturgia”, per farsi “prossima di coloro che sperimentano
situazioni di disagio e di emarginazione sociale”:
“Per il cristiano l’uomo, anche se lontano, non è mai un estraneo. Insieme
è possibile affrontare con più forte slancio le sfide che ci interpellano in
maniera pressante in questo inizio del terzo millennio: penso in primo luogo
alla ricerca della giustizia e della pace e all’urgenza di costruire un mondo
più fraterno e solidale, a partire proprio dai Paesi dai quali alcuni di voi
provengono, e che sono provati da sanguinosi conflitti. Mi riferisco
specialmente all’Africa, continente che porto nel cuore e che spero possa
finalmente conoscere un tempo di stabile pace e di vero sviluppo. Il prossimo
Sinodo dei Vescovi africani sarà sicuramente un momento propizio per mostrare
il grande amore che Dio riserva alle amate popolazioni africane”.
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ALTRE
UDIENZE
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina anche il cardinale Michele Giordano, arcivescovo emerito di Napoli, e
alcuni presuli della Conferenza episcopale della Regione Lombardia, in visita
"ad Limina". Quindi il Papa ha
ricevuto Sua Altezza Reale il Principe Alberto di Sassonia, con la Principessa
Elmira.
PADRE LOMBARDI
SMENTISCE, COME PUBBLICATO OGGI DA UN QUOTIDIANO,
CHE CI SIA STATO UN RECENTE INCONTRO TRA IL
CARDINALE BERTONE E ROMANO
PRODI SULLA QUESTIONE DEI PACS E CHE SIA GIUNTA IN
VATICANO UNA LETTERA
DEI VESCOVI PIEMONTESI IN RELAZIONE AD UN NUOVO
PRESIDENTE DELLA CEI
Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha
smentito, in una dichiarazione resa nota oggi, “che abbia avuto luogo recentemente” un incontro fra
il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone e
il presidente del Consiglio italiano Romano Prodi, e “che sia giunta in
Vaticano una lettera dei vescovi del Piemonte concernente
PACE, VIOLENZA E RELIGIONI, AL CENTRO
DELLA PROSSIMA VISITA
DEL CARDINALE RENATO RAFFAELE MARTINO A MALTA DAL 16 AL 18
FEBBRAIO
Il presidente del Pontificio
Consiglio della Giustizia e della Pace, cardinale Renato Raffaele Martino, dal
16 al 18 febbraio si recherà a Malta per parlare del grande tema della
solidarietà in un mondo – sottolinea un comunicato del dicastero - sempre più
intollerante e violento. L’ispirazione dei discorsi del porporato sarà attinta
dal messaggio di Benedetto XVI per
Nel pomeriggio di venerdì 16
febbraio, il cardinale Martino terrà al Phoenicia
Hotel della capitale maltese una pubblica conferenza su: “La persona umana,
cuore della pace”, tema del citato messaggio papale. La mattina del giorno
seguente, sabato 17 febbraio, al St. Aloysius College de
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il
discorso del Papa agli amici del Movimento dei Focolari e della Comunità di Sant'Egido.
Servizio estero - Medio
Oriente: Il Governo di unità nazionale obiettivo del negoziato tra palestinesi.
Servizio culturale - Un
articolo di Giuseppe Bonaviri dal titolo
"Quando gli inglesi giunsero a Mineo...
": ricordi della Sicilia del 1943.
Servizio italiano - In
rilievo il tema degli incidenti sul lavoro.
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8 febbraio 2007
IL NO DELLA CHIESA AL RICONOSCIMENTO GIURIDICO
DELLE UNIONI DI FATTO
E’ UN FORTE SÌ ALLA DIFESA E PROMOZIONE DELLA
FAMIGLIA: E’ QUANTO
SOTTOLINEATO,
AI NOSTRI MICROFONI, DA MONS. SERGIO NICOLLI,
DIRETTORE
DELL’UFFICIO NAZIONALE DELLA CEI PER LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA
- Con
noi mons. Sergio Nicolli e il prof. Fabio Macioce -
“Chi
intende convivere, dando vita a coppie etero o
omosessuali è libero di farlo”, ma “questa scelta non
determina alcuna realtà di tipo parafamiliare”: è quanto ribadisce il
segretario generale della CEI, mons. Giuseppe Betori,
in un editoriale pubblicato sul prossimo numero di “Famiglia Cristiana”.
Intanto, si fa sempre più acceso il confronto politico sul disegno di legge
sulle unioni civili, che verrà discusso in Consiglio
dei Ministri, nei prossimi giorni. All’interno della maggioranza, alcuni
deputati della Margherita, di area cattolica, hanno annunciato il loro voto
contrario a qualsiasi forma di parafamiglia. Ma quali sono le ragioni della
contrarietà della Chiesa italiana ai PACS? Alessandro Gisotti lo ha chiesto a
mons. Sergio Nicolli, direttore dell’Ufficio
nazionale della CEI per la Pastorale della Famiglia:
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R. – Perché la famiglia ha un
ruolo che è unico nella società: ha il ruolo di essere l’ambiente nel quale la
persona viene al mondo, muove i primi passi, impara la comunicazione, impara a
stare in maniera matura nella società. Per tutto questo, la famiglia ha bisogno
– appunto – della stabilità, ha bisogno quindi del matrimonio, di un patto
sociale, ha bisogno di riconoscersi non soltanto come un fatto privato ma come
un bene comune, un bene sociale, e non c’è nessun’altra
realtà che può essere paragonata a questa. Le unioni di fatto non si ritengono
per niente vincolate da un patto sociale; si ritengono esclusivamente un fatto
privato e su questo la Chiesa non dice niente. Però, che questa unione venga riconosciuta come un bene sociale, come un bene comune
sullo stesso piano della famiglia, questo evidentemente è impossibile.
D. – Perché sembra quasi che sia
rimasta soltanto la Chiesa a difendere la famiglia, cioè un valore che in
realtà appartiene a tutti, credenti e non?
R. – Io credo che questo sia dovuto al fatto che ci troviamo di fronte ad una cultura
che in questi ultimi decenni ha in qualche modo enfatizzato il benessere
personale. In questo modo, però, ha perso di vista il valore del matrimonio e
della famiglia, cioè il valore di una relazione particolare com’è quella
matrimoniale. Allora la Chiesa è rimasta forse l’unica a difendere questo
valore, almeno in Italia, perché la cultura tutto intorno è venuta meno.
D. – Benedetto XVI ha detto più
volte – ricordiamo per esempio a Valencia, al Congresso mondiale della famiglia
– che quelli che apparentemente sembrano dei “no” della Chiesa sono invece dei
forti “sì”: sì alla vita, sì alla famiglia ... Come la
Chiesa italiana può raccogliere questa sfida del Papa e promuovere questi “sì”
nella società?
R. – Questo è un compito
eminentemente pastorale. Io credo che la Chiesa italiana fa questo
ogni volta che si occupa della famiglia in termini propositivi, cioè
ogni volta che si prende cura – per esempio – della educazione affettiva e
sessuale degli adolescenti, quindi li prepara da lontano al matrimonio o
comunque a vivere con equilibrio la propria identità, maschile o femminile;
ogni volta che la Chiesa accompagna i fidanzati al matrimonio e li prepara a
vivere questa missione all’interno della Chiesa ma anche all’interno della
società; lo fa ogni volta che accompagna le persone anche dopo il fallimento
dell’esperienza matrimoniale: tutto il discorso dei separati, dei divorziati ai
quali la Chiesa in questo momento sta dedicando molta attenzione. Cioè, la
pastorale è tutta costruita sul “sì” alla famiglia, cioè sul riconoscere
l’importanza delle persone e nel rafforzare questo legame, nel dare consistenza
a questo legame e nel fare in maniera che la comunità familiare sia davvero una ricchezza, sia per la missione della Chiesa,
sia per la vita sociale.
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Queste,
dunque, le ragioni della Chiesa italiana. Ma quali sono, invece, gli argomenti
giuridici contro la parificazione delle unioni di fatto alle famiglie fondate
sul matrimonio? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Fabio Macioce, docente di Filosofia del Diritto, all’università
LUMSA di Palermo:
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R. – Le relazioni di fatto tra
eterosessuali sono relazioni che scelgono volontariamente di rinunciare ad una
‘giuridificazione’, cioè scelgono volontariamente di
rimanere in una sfera privata, di rimanere gestite unicamente dalla volontà dei
due partner e rifiutano – appunto – il diritto. Nel momento in cui fanno la
scelta – liberissima! – nel momento in cui due persone fanno questa scelta,
però rinunciano anche a tutti gli oneri ma anche a tutti i diritti che
l’ordinamento garantisce al matrimonio. Quindi, non si capisce perché ad un
certo punto dovrebbero, invece, chiedere di essere trattate come coloro che
scelgono di sposarsi. Se vogliono la protezione dell’ordinamento, possono
sposarsi.
D. – Si possono
però tutelare i diritti individuali, senza creare situazioni
parafamiliari che scardinano la famiglia fondata sul matrimonio?
R. – Assolutamente sì! Intanto,
per cominciare, i diritti individuali sono in gran parte già tutelati
dall’ordinamento. Tanto per fare un esempio: il convivente oggi già può subentrare
in un contratto di rogazione, questo la giurisprudenza lo ha già detto da tanto
tempo. E tante altre piccole forme di tutela già ci sono. Si possono estendere
queste forme di tutela e si può anche pensare a contratti con cui i singoli
soggetti disciplinano i loro rapporti personali e patrimoniali. Ma cosa molto
diversa è istituzionalizzare queste relazioni.
D. – C’è, secondo lei, un disegno
che vuole portare alla parificazione delle unioni eterosessuali a quelle
omosessuali?
R. – Non so se ci sia un disegno.
Sicuramente c’è una grande spinta da parte di settori della nostra società a
parificare le unioni omosessuali a quelle eterosessuali; parificarle nel senso
di renderle identiche di fronte allo Stato. Cosa che non si può fare, ma non
per una discriminazione nei confronti dell’omosessualità, ma perché appunto non
c’è quella medesima importanza sociale che le relazioni eterosessuali hanno in
quanto danno vita ai cittadini di domani.
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CRESCE
LA SETE DI DIO IN CINA: SECONDO UN SONDAGGIO SONO 300 MILIONI
I CINESI CHE ADERISCONO AD UNA RELIGIONE. 40
MILIONI I CRISTIANI
-
Intervista con padre Bernardo Cervellera
-
In forte aumento la richiesta di
spiritualità in Cina. Un sondaggio dell’East Asia
University di Shangai rivela che gli aderenti, nella
Repubblica Popolare, ad un credo religioso sono almeno 300 milioni. Quasi il
35% della popolazione al di sopra dei 16 anni d’età si definisce “credente”.
Inoltre, si registra una forte adesione al Cristianesimo con 40 milioni di
fedeli. Quali le motivazioni del fenomeno in un Paese dove i cambiamenti
sociali sono in grande incremento? Giancarlo La Vella
lo ha chiesto a padre Bernardo Cervellera,
direttore dell’agenzia del Pime “Asia News”:
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R. – Anzitutto, la gente non crede
più nel marxismo. Seconda cosa, c’è un vuoto spirituale che deriva dal nuovo
consumismo presente in Cina, che magari riempie la vita di tante cose, ma non
riesce a riempire l’anima. Terza cosa, c’è nelle campagne la disperazione per
il fatto che non ci sono aiuti sociali da parte dello Stato. La gente non sa
più a chi votarsi e si vota alle religioni. Quindi, c’è una rinascita religiosa
dovuta alla povertà, ma anche una rinascita religiosa dovuta alla ricerca di
nuovi ideali e alla ricerca della soddisfazione di una sete spirituale, che
tantissimi anni di ateismo non hanno saziato.
D. – La ricerca di spiritualità si
indirizza più verso le sette o verso le religioni tradizionali, tra cui il
cristianesimo e il cattolicesimo?
R. – Secondo l’analisi, il maggior
numero di persone – circa il 60 per cento di tutti i credenti – sono fedeli
buddisti o taoisti. Bisogna dire, però, che nelle
città c’è una grande crescita del cristianesimo e, anzi, l’incremento maggiore
in tutta questa rinascita religiosa l’ha avuta il cristianesimo. Molti di
coloro che riscoprono la fede sono, infatti, giovani oppure professori
universitari, studenti, professionisti. Quindi, persone che vivono in una
società moderna. In questa società moderna, il cristianesimo è molto più
apprezzato, perchè è una religione storica, di fatti storici, di fatti
realmente accaduti, e anche capaci di giudicare, di valutare i fenomeni
scientifici, i fenomeni della modernità, della secolarizzazione. Le religioni
tradizionali, invece, sembrano più delle favole. Quindi, la gente istruita
tende a metterle da parte. C’è, perciò, una grande crescita del cristianesimo.
D. – I risultati di questo
sondaggio porteranno le autorità cinesi a rivedere la propria posizione sulle
garanzie da dare alla libera espressione religiosa?
R. – Senz’altro questa inchiesta
mostra che ci sono più fedeli che aderiscono alla religione di quelli che il
governo avesse mai pensato. Questo significa che ci sono molti fedeli che
aderiscono ad una fede religiosa al di fuori dei canali controllati dal governo
e controllati dalle associazioni patriottiche. L’intelligenza vuole che si
elimini questo controllo statale, anche perchè inutile e dispendioso. Potrebbe
essere, quindi, una buona occasione per una maggiore libertà religiosa.
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LA
THAILANDIA VUOLE COSTRUIRE UN MURO LUNGO
CON LA
MALAYSIA PER BLOCCARE IL TRAFFICO DI ARMI DEI RIBELLI MUSULMANI
-
Intervista con Francesco Sisci -
La Thailandia è intenzionata a costruire un muro nella zona
della guerriglia musulmana e separatista a sud del Paese, al confine con
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R. – L’idea pare sia venuta al
premier precedente, quello deposto con il colpo di Stato del settembre scorso.
In tutta onesta, però, si trattava di una idea sempre
ventilata, ma che poi non è stata mai portata avanti. Adesso il nuovo governo
instaurato dopo il colpo di Stato e sostenuto dai militari, invece, sembra
molto più determinato e più deciso a costruirlo e a portare a termine questa
opera.
D. – Non si rischia con la
costruzione di questo muro di rompere l’equilibrio tra i generali golpisti e
gli insorti del sud?
R. – Questo è senz’altro vero e
credo che, in realtà, questo equilibrio sia stato già rotto: i generali
golpisti che pensavano di poter trovare una soluzione alla questione del sud,
stanno in realtà fallendo miseramente e se costruiscono il muro – come pare sia
loro intenzione – la situazione andrà soltanto a peggiorare e non certo a
migliorare.
D. – Ci puoi disegnare un po’ il
quadro sociale di questa parte della Thailandia? C’è
davvero bisogno di questo muro?
R. – I muri sono difficili da
giudicare e l’utilità storica di questi muri è sempre stata dubbia. Certo c’è
un problema vero: c’era un traffico di armi che partiva, almeno cinque o sei
anni fa, dal sud della Thailandia per raggiungere i
ribelli musulmani di Aceh, che è la zona musulmana di
Sumatra, in Indonesia. Con un accordo a tre e cioè
tra Thailandia, Malaysia ed Indonesia questo traffico
è stato intercettato, interrotto e quindi bloccato. In realtà quelle armi che
non sono più arrivate in Indonesia sono rimaste in Thailandia
e sono finite, in parte, nelle mani di gruppi di ribelli locali.
D. – C’è il rischio di pesanti
ricadute sul settore turistico, che è poi il vero motore economico della Thailandia?
R. – Questo è certamente uno dei
timori. Ci sono stati, tra l’altro, attentati dinamitardi a Bangkok all’inizio
del nuovo anno e, in qualche modo, i terroristi sono sbarcati quindi nella
capitale thailandese. E’ possibile che nuovi
attentati possano colpire anche i centri turistici della Thailandia.
E’ una situazione grave e delicata che se non viene
ben gestita può rovinare economicamente tutta la Thailandia,
che si regge poi per larga parte proprio sul flusso turistico che è presente
tutto l’anno.
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LA DEBOLEZZA DELLA PREGHIERA PER VINCERE
-
Intervista col padre domenicano François Dermine -
“Non si trovi in mezzo a te chi
(...) esercita la divinazione o il sortilegio o l’augurio o la magia. Né chi faccia incantesimi, né chi consulti gli spiriti o gli
indovini, né chi interroghi i morti, perché chiunque fa queste cose è in
abominio al Signore”. Sono le parole del Deuteronomio
(18, 10-12) che accompagnano il servizio pastorale dei sacerdoti esorcisti
nelle Diocesi di tutto il mondo contro il potere del demonio. Come ricordato
nei giorni scorsi ai nostri microfoni dal cardinale Severino Poletto, arcivescovo di Torino, gli esorcisti svolgono la
loro missione nel combattere le “potenze del male” senza ricorrere a gesti
plateali o spettacolari, ma ricorrendo semplicemente alla fede e alla
preghiera. E accertandosi, ovviamente, della inesistenza di eventuali patologie medico-psichiatriche.
Al microfono di Luca Collodi, la testimonianza del padre domenicano canadese
padre François
Dermine, esorcista, docente di Teologia Morale e
membro della giunta esecutiva del GRIS, il Gruppo di Ricerca e Informazione Socioreligiosa:
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R. – Quando si pensa
all’esorcista, si pensa a casi di esorcismo. Ma in realtà l’esorcista ha
pochissimi casi relativi a posseduti e questo perché l’insieme delle persone
che si rivolgono all’esorcista sono persone che in realtà soffrono di varie
forme di persecuzioni che non sono, però, possessioni. Nei casi di possessione
veri e propri, abitualmente il demonio si sostituisce alla persona che
possiede: non ha ovviamente poteri sulla sua anima, ma ha poteri sul suo corpo.
Ed anzi utilizza le sue membra, la sua voce per esprimersi e per parlare. E’ un
essere che odia l’umanità e lo dichiara apertamente. Anche se molto spesso si
presenta sotto apparenze molto eleganti, in realtà a mala pena riesce a
nascondere il suo odio per l’umanità e soprattutto il suo odio per Dio. Si
presenta, quindi, come un essere prepotente, come un essere che vuole
sostituirsi a Dio stesso. Questo lo vuole lasciare intendere, anche se il
demonio - essendo un essere intelligente - sa benissimo di essere una creatura
senz’altro più forte di noi esseri umani, ma infinitamente inferiore a Dio.
D. – Padre Dermine,
a livello sociale quali sono le persone più a rischio?
R. – Io penso, soprattutto, alle
persone che hanno delle curiosità verso l’occulto o che cercano di sfuggire ai
limiti della nostra condizione umana, che è legata ad un tempo e ad uno spazio
determinati, ricorrendo quindi anche a cartomanti, a maghi per sortire degli
effetti o per conseguire delle conoscenze che Dio non ha assolutamente
intenzione di concedere all’essere umano. E questo perché - diversamente – Dio,
in un certo senso, si troverebbe ad abolire la stessa condizione umana che invece
ha voluto che noi vivessimo. Queste persone sono, quindi, tremendamente esposte
ad un intervento diabolico, perché l’occulto richiede -
quando non si tratta di ciarlataneria – senz’altro un intervento, più o
meno celato, del demonio. Dal punto di vista strettamente sociologico io non
vedo una categoria particolare di persone, che possa
essere traviata dal demonio rispetto ad altre categorie.
D. – Nemmeno i giovani?
R. – Di giovani ce ne sono; ci
sono giovani che non sono credenti ed altri che lo sono. Abbiamo tutte le
categorie di giovani, chi è acculturato e chi non lo è. Non ci sono delle
categorie sociali particolarmente bersagliate dal demonio. Abbiamo avuto più
donne che uomini, ma non perché le donne sono più colpite dagli uomini, ma
semplicemente perché le donne oppongono meno barriere razionali all’eventualità
di un intervento preternaturale e cioè diabolico.
D. – Padre Dermine,
lei oppone alla forza del diavolo, la forza della preghiera…
R. – Non c’è altro, non c’è
assolutamente altro. La preghiera ovviamente non soltanto mia, ma la preghiera
della Chiesa. Io sono un esorcista incaricato. Solo questo del resto mi
consente di farlo e mi dà forza per compiere questo ministero, perché
diversamente sarebbe una guerra personale e quindi persa con il demonio.
Essendo esorcista ufficiale di una diocesi so che la Chiesa prega con me e
attraverso di me e questo mi dà tanta forza ed è l’unica forza, ovviamente, in
grado di vincere l’avversario. Insisto anche molto sulla fede delle vittime,
perché in ultima analisi sono le vittime stesse che con la loro fede riescono a
superare l’ostacolo.
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8 febbraio 2007
“L’EDUCAZIONE CULTURALE PER
IL CARDINALE
PAUL POUPARD, PRESIDENTE DEI PONTIFICI CONSIGLI PER LA CULTURA
E IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, INTERVENENDO
STAMANI A ROMA AL CONVEGNO
NAZIONALE
DEGLI ASSISTENTI DIOCESANI E PARROCCHIALI
DI
AZIONE CATTOLICA ITALIANA
- A
cura di Ada Serra -
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ROMA. =
“L’educazione culturale dei giovani è di fondamentale importanza per la
testimonianza di una fede adulta, nel cuore della nostra cultura secolarizzata
e post-moderna”: questo il cuore del messaggio che il cardinale Paul Poupard, presidente dei
Pontifici Consigli per la Cultura e il Dialogo Interreligioso, ha rivolto
stamani ai circa 250 assistenti diocesani e parrocchiali dell’Azione Cattolica
Italiana, riuniti a Roma per il loro Convegno nazionale, sul tema della
comunicazione della fede alle nuove generazioni. A conclusione di una quattro giorni di lavori, il cardinal Poupard ha tenuto un intervento sull’importanza della
formazione culturale, di fronte alla sfida del secolarismo e all’impegno nella
nuova evangelizzazione. “In un contesto culturale in cui l’abbassamento del
livello di guardia etico ha condizionato non pochi credenti – ha affermato il
cardinale Poupard – i giovani riconoscano in noi
educatori, pastori e laici insieme, persone attente e
disponibili ad accompagnarli in una solida formazione culturale, per scoprire
la bellezza dell’amicizia e dell’incontro con
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ANKAWA. = “Un segno di speranza
tra tanta violenza e disperazione”: con queste parole, mons. Louis Sako, arcivescovo caldeo di Kirkuk, nel Kurdistan
iracheno, ha descritto l’ordinazione di tre nuovi diaconi, avvenuta lo scorso 2
febbraio ad Ankawa. Come riferisce AsiaNews, la cerimonia, svoltasi nella chiesa di Saint Joseph, è stata celebrata dal vescovo di Amadhyia ed amministratore vescovile di Erbil,
mons. Rabban Al-Qas.
Presenti anche mons. Mikha Pola
Maqdassi, vescovo di Alquoch
dei Caldei, e lo stesso mons. Sako
che, come insegnante alla locale facoltà di teologia, ha voluto dare il suo
“sostegno” ai seminaristi. Dal mese scorso, ad Ankawa
sono infatti ripresi ufficialmente i corsi
del seminario maggiore caldeo di Saint Peter e del Babel College, unica
facoltà teologica cristiana in Iraq, dopo il trasferimento forzato di entrambe
le istituzioni da Baghdad, diventata troppo pericolosa. I nuovi diaconi sono
Salar Soulayman Bodagh,
della diocesi di Alquocsh, Raymond
Hamid Sargis, di Baghdad, e
Louyà Gilyana Dinkha, di Mosul. Commentando le
nuove ordinazioni, mons. Sako è
tornato a parlare delle violenze che continuano a insanguinare il Paese e, in
particolare, della difficile situazione della comunità cristiana irachena.
Secondo il presule, l’attuale insicurezza in Iraq ha creato nella Chiesa “un
vero e proprio vuoto a livello pastorale”, mentre di contro proliferano i
gruppi evangelici, arrivati con l’esercito americano. “Questi – aveva già
denunciato il vescovo – conducono un proselitismo aggressivo anche tra
cattolici e ortodossi e nella sola Baghdad hanno già 36 nuove chiese”. (L.Z.)
“NOI CREDIAMO. OGNI LAVORO DEVE RISPETTARE
DELLA CAMPAGNA ECUMENICA DI QUARESIMA 2007, AL VIA
IN SVIZZERA
IL PROSSIMO
25 FEBBRAIO
OSANNA.
= Sarà all’insegna della denuncia dello sfruttamento e della lotta alle nuove
schiavitù
PANAMÁ. = Dopo la massiccia protesta di lunedì davanti all’Assemblea
nazionale,
Il PROGRAMMA ALIMENTARE MONDIALE DELL’ONU (PAM) LANCIA UN APPELLO
AI DONATORI PER FRONTEGGIARE L’IMMINENTE CRISI
ALIMENTARE IN BURUNDI,
DOPO LE
FORTI ALLUVIONI CHE NEI GIORNI SCORSI HANNO DISTRUTTO
GRAN PARTE DEI RACCOLTI
BUJUMBURA/GINEVRA.=
Circa due milioni di abitanti del Burundi, un quarto della popolazione totale,
potrebbero avere seri problemi di approvvigionamento di cibo nei prossimi mesi,
a causa delle gravi alluvioni che nei giorni scorsi hanno distrutto gran parte
dei raccolti: è quanto sostiene il Programma Alimentare Mondiale dell’ONU
(PAM), che da Ginevra ha parlato di “catastrofe” e ha lanciato un appello ai
donatori per raccogliere alcuni milioni di dollari indispensabili a nuovi
programmi di distribuzione, minacciando altrimenti di ridurre le razioni di
cibo entro giugno. Secondo fonti locali, contattate
dalla MISNA, le zone più colpite dalle intense piogge, che tra l’altro hanno
provocato una decina di vittime e circa 20 mila sfollati, sono le province di Ruyigi, Burbanza e Cibitoke. Il
governo di Bujumbura ha già dichiarato il “disastro
nazionale” in 7 delle 17 province del Paese e ha lanciato un fondo di
solidarietà nazionale, chiedendo un contributo da parte dei lavoratori locali.
(E.L.)
AL VIA QUESTA SERA, NEGLI SPAZI AVVENIRISTICI DELLA POTSDAMMER PLATZ,
IL 57.MO FESTIVAL DEL CINEMA DI BERLINO
- A
cura di Luciano Barisone -
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BERLINO. =
Ospitato dagli spazi avveniristici della Potsdammer Platz, il 57.mo Festival del cinema di Berlino si apre
questa sera con un film che guarda al passato, “La vie en rose” del francese Olivier Dahan, stralcio romanzato
della vita di un mito della canzone popolare del XX secolo come Edith Piaf. Non sarà l’unico film a compiere questa operazione
retrospettiva, così spesso utilizzata dal cinema per parlare di cose
contemporanee tenendole a distanza, in un altro tempo, in un altro mondo. Pensiamo a “Die Falscher2” dell’austriaco
Stefan Ruzowitzky,
rievocazione dell’avventura di un gruppo di falsari all’interno di un campo di
concentramento nazista; a “O ano em que meus pais
sairan de ferias” di Cao Hamburger, visione della dittatura militare brasiliana
degli anni ‘70 attraverso gli occhi di un ragazzino; a “Goodbye bafana” di Bille August, affresco di un Sudafrica ai tempi dell’apartheid;
e, soprattutto, “Letters from
Iwo Jima” di Clint Eastwood, racconto di una
guerra crudele visto dagli occhi del nemico. Ma al Festival ci saranno
anche dei film che parlano apertamente del nostro presente, dal film italiano
in competizione, “In memoria di me” di Saverio Costanzo, ai nuovi, molto attesi
film di André Téchiné, Jacques Rivette, Robert De Niro, Steven Soderberh, Paul Schrader. Tutti
insieme, compresa la folta pattuglia delle pellicole provenienti
dall’Estremo Oriente, ci segnalano le ansie contemporanee, le paure e le
speranze del mondo.
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8 febbraio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Prosegue alla Mecca il vertice tra Hamas e
al Fatah per trovare una soluzione alla crisi
palestinese. Fonti dei due partiti hanno reso noto che è stata raggiunta
un’intesa per la ripartizione dei ministeri di un governo di unità nazionale.
Ma restano ancora alcuni intricati nodi da sciogliere. Secondo gli analisti
arabi, il vertice della Mecca è l’ultima occasione per evitare una guerra civile
nei Territori Palestinesi. Il nostro servizio:
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Gli obiettivi del vertice sono la cessazione delle violenze, la
formazione di un governo di unità nazionale e il rilancio del processo di pace
con Israele. Ogni obiettivo eventualmente raggiunto è propedeutico per il
successivo. La strada intrapresa appare quella giusta: sembra
infatti reggere, nei Territori Palestinesi, la tregua decretata dopo quattro giorni di scontri costati
la vita ad oltre 90 persone. Ma l’equilibrio è fragile ed un eventuale
fallimento dei negoziati alla Mecca renderebbe la situazione esplosiva. Il
passo successivo, quello che dovrebbe portare ad un governo di unità nazionale,
sembra realizzabile. I due partiti
hanno reso noto, infatti, che è stato trovato un accordo per la ripartizione
dei principali ministeri. Secondo fonti di stampa, Hamas avrà nel nuovo governo nove ministri, al Fatah sei. Sette
ministeri, tra cui quelli chiave degli Esteri, degli Interni e delle Finanze,
saranno invece affidati a politici indipendenti. Ma questo ipotetico scenario
ha già innescato alcune forti resistenze da parte di Hamas,
perché il gruppo radicale, con un esecutivo così composto, non avrebbe più la
maggioranza. Si accelera poi l’attività diplomatica in vista di un possibile
rilancio del processo di pace tra israeliani e palestinesi. Il
principale ostacolo resta, in questo caso, il rifiuto
di Hamas di accettare gli accordi siglati dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), in
particolare con Israele, che prevedono un riconoscimento implicito dello Stato
ebraico. Il gruppo radicale ha accettato di rispettare, finora, solo le intese
che riguardano il popolo palestinese. La strada tracciata alla Mecca è dunque
piena di insidie ma la volontà di superare gli ostacoli, espressa sia da Hamas sia da al Fatah, fa sperare in un percorso virtuoso che possa
realmente portare la pace nei Territori e tra israeliani e palestinesi.
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Per la prima volta dalla fine della guerra di questa estate tra Israele
ed Hezbollah, si riaccendono
le tensioni in Libano. Carri armati del contingente dell’UNIFIL si sono dispiegati stamani
nella zona teatro ieri sera dello scontro a fuoco fra soldati libanesi e
israeliani. L’esercito libanese ha aperto ieri il fuoco contro bulldozer
dell’esercito israeliano che avevano superato il confine tra Israele e Libano.
Due soldati libanesi sono rimasti feriti.
In Iraq,
almeno 24 persone sono morte in seguito a tre attentati compiuti in una
cittadina a sciita a sud di Baghdad e in un paese a nord della capitale. In un
raid aereo condotto dall’aviazione statunitense sono poi rimasti uccisi 13
presunti ribelli. Le forze americane e irachene hanno arrestato, inoltre, il viceministro della Sanità iracheno,
vicino all’imam radicale sciita, Al Sadr. Il viceministro è accusato
di corruzione e di aver sostenuto miliziani sciiti.
Oggi e
domani, i ministri della Difesa della NATO si
riuniranno a Siviglia per discutere sull’impegno dell’Alleanza atlantica in
Afghanistan. Gli Stati Uniti hanno già anticipato che chiederanno l’invio di
maggiori truppe agli alleati per lanciare un’offensiva in primavera contro
ribelli Talebani.
La Corea
del Nord ha espresso disponibilità a “prendere misure” per bloccare il proprio
programma atomico. Lo hanno dichiarato fonti sudcoreane
a margine della trattativa a sei sul nucleare di Pyongyang,
ripresa oggi a Pechino.
Nello Stato indiano del Bengala, il governo ha deciso di
espropriare terre ad oltre 100 mila contadini per consentire la creazione di
zone commerciali. L’esecutivo ha avviato il progetto senza consultare i
contadini che hanno risposto con dure manifestazioni di protesta: sono
scoppiati scontri tra agricoltori e funzionari del partito comunista. Nei
tumulti sono morte almeno 6 persone.
Manifestazione nazionale domani, in Bulgaria, per protestare
contro la condanna a morte inflitta a dicembre da un tribunale libico a cinque
infermiere bulgare e a un medico palestinese, riconosciuti colpevoli di aver
deliberatamente inoculato il virus dell'AIDS a circa 400 bambini del Paese
africano. I sei si sono sempre dichiarati innocenti. In diverse occasioni,
l’Unione Europea si è pronunciata affinché venga
salvata la vita ai condannati, arrestati esattamente otto anni fa. Secondo
alcune organizzazioni di difesa dei diritti umani, l’infezione
potrebbe essersi propagata all'interno dell'ospedale di Bengasi
anche prima dell'arrivo delle infermiere bulgare e del medico palestinese. Della mobilitazione di domani a Sofia, ci parla padre Kristoforo Kujok, parroco della
cattedrale della capitale bulgara, intervistato da Iva Mihailova:
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R. – Penso
che questa sarà un’iniziativa che potrebbe aiutare i sei a sentirsi uniti a
noi, più di quanto lo sentono adesso. Il popolo bulgaro soffre moltissimo
perché - stando alle notizie che abbiamo letto - le infermiere ed il medico
sono stati sottoposti ad un processo non giusto e ci sono tante cose delle
quali non si è tenuto conto. Questa sofferenza dura già da otto anni e c’è una
forte partecipazione da parte della gente. I bulgari, come tutta l’Unione
Europea, sono contrari alla pena di morte e quindi, se anche queste persone
avessero commesso un qualcosa di illecito, certamente la morte non sarebbe una
soluzione.
D. – In
particolare, come Chiesa cattolica, quali iniziative state facendo in merito?
R. – Noi
stiamo organizzando una Messa per i sei operatori sanitari ed anche per i
bambini colpiti dal virus dell’AIDS, che hanno sofferto e soffrono tantissimo.
Vogliamo pregare insieme per tutti loro: e dopo la Messa, insieme agli studenti
universitari, terremo una meditazione, rifacendoci a tutto ciò che è stato
scritto in questi otto anni. E attraverso la preghiera ed i canti, vogliamo
riflettere e pregare Dio affinché si arrivi ad una soluzione giusta: perché Dio
trova sempre le soluzioni giuste.
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In Italia,
è indagato per omicidio il 17.enne incensurato
fermato ieri nelle indagini sulla morte dell’ispettore di polizia, Filippo Raciti, rimasto ucciso in seguito agli scontri scoppiati lo
scorso 2 febbraio durante la partita di calcio tra Catania e Palermo. Da
intercettazioni ambientali, emergerebbe secondo gli inquirenti anche una
parziale ammissione di colpevolezza. Il minorenne confiderebbe infatti a un amico: “Sì,sono stato io”. Il governo ha
varato, intanto, nuove misure per combattere la violenza nel calcio. Le partite
saranno disputate a porte chiuse negli stadi “non a norma” e sarà vietata la
vendita di blocchi di biglietti ai tifosi in trasferta.
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