RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 33  - Testo della trasmissione di venerdì 2 febbraio 2008

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Cristo è sempre con noi: con queste parole Benedetto XVI ha ricordato il cardinale spagnolo, Antonio María Javierre Ortas, nella Messa esequiale presieduta in San Pietro

 

Nel pomeriggio, Benedetto XVI incontra i religiosi e le religiose per la Festa della vita consacrata. La Messa in San Pietro presieduta dal cardinale Fran Rodé: intervista con il porporato

 

Resi noti gli impegni del Papa dei prossimi mesi: a fine aprile, la visita pastorale di Benedetto XVI a Pavia e Vigevano per l’anniversario dell’Ordine agostiniano

 

Il dialogo tra cristiani e musulmani deve essere basato sull’esperienza: lo ha affermato mons. Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, intervenuto alla presentazione del libro di don Giussani “Il senso religioso”, nella traduzione araba: con noi, mons. Mamberti, il prof. Wael Farouq e il principe El Hassan Bin Talal di Giordania

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Presentati i risultati del Rapporto sui mutamenti climatici, al termine della Conferenza internazionale di Parigi: fosche le previsioni degli esperti, dito puntato sulle responsabilità dell’uomo. Ce ne parla il climatologo Giampiero Maracchi

 

Spetta anche alla Chiesa il diritto di manifestare il proprio pensiero: lo ribadisce oggi “L’Osservatore Romano”, a margine del dibattito aperto in Italia sui PACS e la legge sulle unioni di fatto in discussione al Parlamento. Il commento del prof. Giuseppe Dalla Torre

 

Lutto nel mondo dell’arte: si è spento a 95 anni Giancarlo Menotti, musicista di fama mondiale, fondatore del celebre “Festival dei due mondi” di Spoleto

 

CHIESA E SOCIETA’:

Nella Repubblica Dominicana, la nuova costituzione deve includere le radici cristiane e la difesa della vita: così i vescovi del Paese caraibico

 

Don Andrea Santoro è stato ucciso perché, aiutando persone in difficoltà, “ostacolava grossi interessi”: lo ha affermato il presidente della Caritas turca

 

Una giornata per ricordare le vittime del Rwanda e per sconfiggere “la cultura del genocidio”. questo l’obiettivo dell’incontro che si terrà oggi pomeriggio, a Roma, presso la Casa della memoria e della storia

 

Un sesto della popolazione mondiale è afflitta da sei “malattie tropicali dimenticate”: è l’allarme lanciato dall’OMS

 

Ottantuno giornalisti uccisi nel 2006, il dato più alto degli ultimi anni: lo afferma il Rapporto dell’organizzazione umanitaria “Reporter sans Frontières

 

24 ORE NEL MONDO:

Installate in Iran, secondo fonti diplomatiche a Vienna, alcune centrifughe per l’arricchimento dell’uranio: notizia subito smentita da parte del governo di Teheran

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

2 febbraio 2007

 

UN PASTORE CHE HA SPESO LA SUA VITA A COMUNICARE A TUTTI

CHE CRISTO E’ SEMPRE CON NOI:

 COSI’, IL PAPA NELLA MESSA ESEQUIALE,  IN BASILICA VATICANA,

PER IL CARDINALE SPAGNOLO ANTONIO MARÍA JAVIERRE ORTAS,

SPENTOSI IERI ALL’ETA’ DI 86 ANNI

 

Con la sua esistenza e la sua missione, il cardinale Antonio María Javierre Ortas ha dato un messaggio di speranza: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che stamani ha presieduto nella Basilica di San Pietro le esequie per il porporato spagnolo, spentosi ieri all’età di 86 anni. Il Papa ha ricordato il servizio del cardinale Ortas alla guida della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sottolineando il carattere gioviale e generoso del porporato salesiano. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(canti)

 

Un pastore “fedele e generoso, sempre disponibile e cordiale”: Benedetto XVI ha tratteggiato così la figura del cardinale Antonio María Javierre Ortas, spentosi, lui salesiano, proprio all’indomani della memoria liturgica di San Giovanni Bosco. Il Papa ha ricordato che, nella sua lunga esistenza, il porporato spagnolo, nato nel 1921, fu animato “sin dalla giovinezza da uno spiccato spirito missionario”:

 

“Seguendo l’esempio di don Bosco avrebbe voluto vivere la sua vocazione di salesiano a diretto contatto con la gioventù, in terra di missione, ma la Provvidenza lo ha chiamato ad altre mansioni. Egli è stato così apostolo negli ambienti dell’Università e della Curia Romana, senza però mai perdere occasione per svolgere un’intensa attività spirituale nell’ambito più propriamente teologico e in quello più vasto della cultura, soprattutto animando gruppi di professori e di religiosi, e come cappellano tra gli universitari”.

 

Benedetto XVI si è soffermato sulla liturgia odierna che ci ricorda la Presentazione del Signore al Tempio. “Le parole dell’anziano Simeone che stringe tra le sue braccia il Bambino Gesù – ha detto – risuonano in questa circostanza con particolare emozione”.

 

“‘Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola’. E’ la preghiera che la Chiesa eleva a Dio quando scende la notte, ed è quanto mai significativo ricordarla oggi, ripensando a questo nostro fratello giunto al tramonto della sua vita terrena”.

Dunque, “per l’uomo che vive in Cristo, la morte non fa paura”. Si è soffermato così sul passo del Vangelo di Giovanni dove Cristo afferma: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. E’ questa, ha sottolineato, “una delle espressioni di Gesù che racchiudono in sintesi tutto il suo mistero”. Espressione, ha proseguito, che è confortante ascoltare e meditare, mentre si prega “per un’anima sacerdotale che ha trovato nell’Eucaristia il centro della sua vita”. Il Papa ha così citato alcune lettere che il cardinale Javierre aveva indirizzato a Giovanni Paolo II, “dalle quali emerge proprio questo riferimento privilegiato all’Eucaristia”. La comunione “sacramentale, intima e perseverante, con il Corpo e il Sangue di Cristo – è stato il richiamo del Papa – opera una trasformazione profonda della persona”. Il morire, ha proseguito, è allora un “guadagno perché solo morendo si può realizzare pienamente quell’essere in Cristo di cui la comunione eucaristica è pegno su questo terra”. Ha così rivolto il pensiero al motto episcopale del cardinale Ortas, Ego vobiscum sum:

 

“Il cardinale Javierre Ortas ha voluto che la sua esistenza personale e la sua missione ecclesiale fossero un messaggio di speranza; attraverso il suo apostolato, seguendo l’esempio di san Giovanni Bosco, si è sforzato di comunicare a tutti che Cristo è sempre con noi”.

 

Come degno figlio di Don Bosco, ha aggiunto, il porporato era profondamente devoto di Maria, di cui ha cercato di “imitare lo stile di un servizio discreto e generoso”. Quando lasciò l’incarico di prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha rammentato, lo fece “in punta di piedi” per dedicarsi “al servizio che invece non si deve lasciare mai: la preghiera”. Benedetto XVI ha concluso l’omelia citando un pensiero del cardinale spagnolo. “E’ meraviglioso – scriveva – pensare che non importa la serie di peccati della nostra vita” poiché “basta alzare gli occhi e vedere il gesto del Salvatore che ci accoglie ad uno ad uno con bontà infinita”.

 

(canto)

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UDIENZE E NOMINE

 

Benedetto XVI ha ricevuto nel corso della mattinata il cardinale Camillo Ruini, vicario generale per la Diocesi di Roma, presidente della Conferenza episcopale italiana.

 

Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi tedesca di Monaco e Frisinga presentata per raggiunti limiti di età dal 79.enne cardinale Friedrich Wetter. Nel 1982, il porporato sostituì alla guida dell’arcidiocesi l’allora cardinale Joseph Ratzinger, chiamato a Roma da Giovanni Paolo II alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede

 

         Sempre in Germania, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Limburg, presentata per raggiunti limiti di età da mons. Franz Kamphaus.

 

In Colombia, il Pontefice ha nominato vescovo di Palmira mons. Abraham Escudero Montoya, finora vescovo di Espinal. Il presule, 67 anni, ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario Maggiore di Medellín. Ha ottenuto la Licenza in Psicologia presso l’Università di Antioquia, sempre a Medellín, e la Licenza in Teologia Spirituale presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Dopo l’ordinazione sacerdotale, ha svolto, fra gli altri, i seguenti incarichi: direttore spirituale del Seminario Maggiore, direttore della Casa di Formazione Paolo VI, delegato arcidiocesano per la pastorale dei giovani e vicario episcopale per la Vita consacrata. E’ stato consacrato vescovo il 21 giugno 1986 e promosso alla sede di Espinal nel 1990.

 

 

NEL POMERIGGIO, BENEDETTO XVI INCONTRA I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE

PER LA FESTA DELLA VITA CONSACRATA. LA MESSA IN SAN PIETRO

PRESIEDUTA DAL CARDINALE FRAN RODE’

- Intervista con il porporato -

 

Più di 137 mila sacerdoti religiosi, circa 768 mila suore e 48 mila monache: e al loro fianco, 3.600 membri di Istituti Secolari, 520 diaconi permanenti, 280 membri di Istituti Secolari laici. E’ questa la “mappa” dei religiosi e delle religiose che vivono e operano oggi nel mondo. Per il milione di consacrati, fra uomini e donne, oggi è un giorno importante: il 2 febbraio, in coincidenza con la festa liturgica della presentazione di Gesù al tempio, si celebra la Giornata della Vita Consacrata. Una festa che avrà il suo culmine oggi pomeriggio, alle 18.30, quando Benedetto XVI incontrerà religiose e religiosi nella Basilica di San Pietro. In precedenza, alle 17.30, vi sarà la Santa Messa preceduta dalla cerimonia della benedizione delle Candele e dalla processione: la nostra emittente la trasmetterà in radiocronaca diretta a partire dalle 17.20, con commento in italiano per la zona di Roma, sull’onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. A presiedere il rito sarà il prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di vita apostolica, il cardinale Franc Rodé. Giovanni Peduto lo ha incontrato e gli ha chiesto di definire la presenza dei religiosi nel mondo contemporaneo:

 

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R. - E’ una testimonianza coraggiosa e creativa del mondo di oggi. Questa testimonianza presenta anche una sfida all’uomo contemporaneo. In ogni angolo del mondo, i consacrati e le consacrate si impegnano con la propria vita donata per amore a rispondere ai continui scatti di odio e di violenza, che infiammano la nostra terra. Rispondono con la propria castità al dilagare dell’edonismo e dell’egoismo, con la propria povertà e predilezione per gli ultimi, i più piccoli e abbandonati, offrono una risposta concreta alla sete di denaro e di potere, con il dono della propria obbedienza, liberamente scelta, rispondono all’individualismo e al relativismo che assediano la nostra società e la rendono sterile e priva di speranza. Ecco, la testimonianza essenziale, fondamentale dei religiosi e delle religiose nel mondo di oggi.

 

D. - Eminenza, oggi noi assistiamo ad una rapida secolarizzazione della società. La vita religiosa si deve rinnovare continuamente dinanzi a queste sfide per essere testimone dell’annuncio evangelico…

 

R. - Secondo il Santo Padre, che torna sul problema della secolarizzazione in tanti suoi discorsi, il rimedio che offre la Chiesa - e che devono rendere anche i religiosi e le religiose - è quello di testimoniare il primato di Dio, della spiritualità, in questo mondo così accecato dai beni materiali. Testimoniare che solo il Signore, solo Dio può veramente appagare il cuore dell’uomo: in Lui l’uomo può trovare la sua gioia, la sua speranza e in fondo il senso della sua vita. Questa penso sia la testimonianza essenziale che i religiosi danno, oggi, al mondo: che questa vita - la vita nella cornice del tempo tra la nascita e la morte non è tutto - che l’uomo è creato per delle cose più grandi, più durature, è creato per raggiungere un giorno il Signore e vivere con Lui, essere con Lui. Ecco la testimonianza essenziale dei religiosi, dei consacrati, oggi.

 

D. - Eminenza, oggi assistiamo ad una crisi vocazionale per quanto riguarda gli Istituti religiosi di vita attiva, mentre la simpatia dei giovani si rivolge piuttosto verso gli Istituti di vita contemplativa. Un suo parere a proposito…

 

R. - Direi che è abbastanza comprensibile. La vita contemplativa attrae perché ha una specificità, un’identità molto chiara, molto trasparente nella mentalità della generazione giovane di oggi, mentre la vita attiva, o la vocazione delle religiose e dei religiosi attivi, crea dubbio in tanti giovani, perché lo Stato per esempio ha preso nelle sue mani e sotto la sua responsabilità le attività che prima svolgevano i religiosi e le religiose, come per esempio le scuole, la formazione, l’educazione, la cura dei malati e così via. Tutti questi servizi oggi li ha presi in mano lo Stato e così, spesso, le religiose o i religiosi non vedono che sia una vocazione chiara per loro. Nella vita contemplativa, invece, evidentemente lo Stato non penetra e la vocazione alla vita contemplativa appare in tutta la sua originalità e in tutta la sua forza e bellezza.

 

D. - Eminenza, lei cosa pensa che direbbero oggi un San Francesco d’Assisi, un Sant’Ignazio di Loyola, un San Giovanni Bosco, se tornassero ad annunciare il Vangelo? 

 

R. - Direbbero, penso, quello che essenzialmente hanno detto nel loro tempo. Direbbero che Dio è l’unica speranza dell’uomo, l’unico antidoto contro la morte, l’unico che dà un senso alla vita, l’unico che apre orizzonti infiniti al destino umano. In Lui, dunque, hanno visto, hanno trovato, hanno sperimentato la libertà, la gioia, il senso della vita. Direbbero la stessa cosa oggi.

 

D. - E lei, eminenza, cosa direbbe ad un giovane che vuole orientarsi verso la vita religiosa? Come spiegherebbe la bellezza di donare tutto per il Signore?

 

R. - Ad un giovane che ha un cuore esigente e che sente la sua vocazione, sente di essere nato per qualcosa di grande, direi che la cosa per cui vale la pena impegnare la propria vita sia proprio il Regno di Dio. Il Vangelo di Gesù Cristo, annunciato e vissuto in questo mondo, nella realtà della vita quotidiana, è praticamente la cosa più bella, la cosa più grande, la cosa che ha più senso e che dà senso ad una vita umana. Penso che questo possa essere ciò che riempie e dà pienezza alla nostra esistenza. Conoscere Gesù Cristo, dunque, vivere della sua vita, vivere in comunione con i fratelli che hanno la stessa fede e annunciare questa gioia e questa libertà che il Signore porta e offre ad ogni uomo.

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RESI NOTI GLI IMPEGNI DEL PAPA DEI PROSSIMI MESI:

A FINE APRILE, LA VISITA PASTORALE DI BENEDETTO XVI A PAVIA E VIGEVANO

PER L’ANNIVERSARIO DELL’ORDINE AGOSTINIANO

 

La visita pastorale ad una parrocchia romana, un viaggio di due giorni tra Pavia e Vigevano, in Lombardia, per i 750 anni dalla fondazione dell’Ordine agostiniano: sono due tra gli appuntamenti di spicco dei prossimi mesi per Benedetto XVI, oltre alle cerimonie quaresimali e pasquali. Il calendario degli impegni del Papa è stato reso noto dall’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Il primo impegno di carattere quaresimale sarà per mercoledì 21 febbraio: Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa nella Basilica romana di Santa Sabina, dove benedirà e imporrà le ceneri. Dal 25 febbraio a sabato 3 marzo, il Papa e la Curia interromperanno ogni impegno per la tradizionale pausa imposta degli esercizi spirituali della Quaresima. Attività che più avanti, alla fine del mese, vedrà fra l’altro il Pontefice visitare la chiesa romana di Santa Felicita nella borgata di Fidene, che sarà così la prima parrocchia della capitale a ricevere il Papa nel 2007. Quattro giorni dopo, Benedetto XVI incontrerà i giovani della diocesi di Roma per una liturgia penitenziale.

 

Dopo i riti della Settimana Santa e la Santa Messa di Pasqua dell’8 aprile, da ricordare la Messa per l’80.mo compleanno di Benedetto XVI, in programma per domenica 15, e la visita pastorale a Pavia e Vigevano, tra sabato 21 e domenica 22: dal 1327 la Santa Sede ha affidato alla Custodia dell’Ordine Agostiniano le reliquie del vescovo di Ippona, e la visita del Papa concluderà un triennio di celebrazioni legate alla figura di Sant’Agostino. Tre, infine, le Beatificazioni approvate dal Papa per questo periodo: si terranno tutte in Italia, tra Torino, Castellammare di Stabia e Rimini, rispettivamente il 14, il 15 e il 29 aprile.

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IL DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI DEVE ESSERE BASATO SULL’ESPERIENZA:

LO HA AFFERMATO MONS. MAMBERTI, SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI,

INTERVENUTO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI DON GIUSSANI

“IL SENSO RELIGIOSO” NELLA TRADUZIONE ARABA

- Ai nostri microfoni mons. Dominique Mamberti, il prof. Wael Farouq

e il principe El Hassan Bin Talal -

 

Un vero dialogo fra cristiani e musulmani deve partire dall’esperienza, che consente di apprezzare i valori autentici dell’altro, di riconoscere ciò che è comune e a rispettare ciò che è differente. È quanto ha detto ieri l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, intervenuto ieri a Roma, nel gremito auditorium dell’Augustinianum, alla presentazione dell’edizione in arabo del libro di don Luigi Giussani “Il senso religioso”. Parlando agli aderenti di Comunione e Liberazione, il Movimento fondato dal sacerdote scomparso il 22 febbraio di due anni fa, il presule ha affermato che questo dialogo deve essere portato avanti con ragionevolezza e collaborazione. Il servizio di Tiziana Campisi:

 

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“Un dono ai cristiani di lingua araba che devono affrontare non di rado situazioni difficili”. Così il segretario per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo. Dominique Mamberti, ha definito la traduzione in arabo de “Il senso religioso”, il primo volume del percorso nel quale don Luigi Giussani riassume il suo itinerario di pensiero e di esperienza, toccando le domande che l’uomo si pone sul significato della vita, della realtà e di tutto ciò che accade. E a proposito dei cristiani in Medio Oriente, mons. Mamberti ha osservato:

 

“Il problema molto doloroso è la continua diminuzione della presenza cristiana. Soltanto lo scorso anno sono stati migliaia i cattolici che hanno abbandonato l’Iraq, ma anche in Libano per le note situazioni di guerra e di violenza. E’ importante perciò sostenere queste comunità, per loro stesse e per il ruolo che possono e devono svolgere in Medio Oriente”.

 

Il libro di mons. Giussani, ha detto mons. Mamberti può essere utile anche ai musulmani, suggerisce infatti spunti per far fronte alla crisi che il mondo musulmano sta vivendo in varie forme a causa del divario tra fede e ragione. Quindi mons. Mamberti ha aggiunto:

 

“C’è una sfida che il mondo islamico è chiamato ad affrontare, come è avvenuto e continua ad avvenire per la Chiesa cattolica e nella quale ci possiamo aiutare con il dialogo”.

        

Ma in che modo i cristiani possono concretamente offrire questo aiuto? Lo abbiamo chiesto allo stesso mons. Mamberti, avvicinandolo al termine della presentazione del libro:

 

R. – Penso proprio nel rinnovare la nostra disponibilità e la nostra offerta di dialogo con tutti ed offrendo proprio questa grammatica del dialogo che è l’uso della ragione: essa è un fondamento comune a tutti che ci consente di andare alle questioni fondamentali, di non rimanere quindi in superficie, ma ci permettere di arrivare alle questioni fondamentali della fede.

 

E il mondo islamico come può affrontare questa sfida tra fede e modernità? Il parere del prof. Wael Farouq, docente di scienze islamiche alla facoltà copto-cattolica di Sakakini, al Cairo, presente ieri a Roma:

 

R. – (Parole in lingua araba)

“Il mondo arabo vive la modernità, ma allo stesso tempo la rigetta. Questa è la sfida. E’ necessario che il mondo arabo cerchi la propria identità sia nel suo patrimonio che nella sua vita quotidiana. Io confermo ed affermo che tutti gli arabi, senza eccezione,  sono modernissimi ed europeisti nella loro pratica”.

 

Ma in questa realtà che il mondo islamico sta attraversando, può crescere il dialogo fra cristiani e musulmani? Ancora il prof. Farouq:

 

R. – (Parole in lingua araba)

“Questo dialogo non deve essere un dialogo tra cristianesimo ed islam, ma tra i fedeli appartenenti alle due religioni, tra la gente normale e non specificatamente tra uomini religiosi, tra leader religiosi. Il dialogo deve essere una testimonianza e, quindi, il modo migliore per dialogare è che ogni parte metta in pratica la propria cultura. Non si tratta soltanto di uno scambio di tesi o di teorie teologiche.

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E su questo argomento, intervistato dal nostro collega della redazione inglese Charles Collins, si è espresso anche El Hassan Bin Talal, principe della corona del Regno di Giordania, fratello del defunto re Husseim e zio dell’attuale re Abdullah II, ricevuto ieri in udienza dal Papa in Vaticano. Il principe Hassan è considerato una delle voci arabe più autorevoli a favore della modernizzazione, un fautore del dialogo e delle riforme democratiche in Medio Oriente. Autore del libro “Il cristianesimo nel mondo arabo”, ritiene importante il ruolo degli arabi cristiani nella mediazione tra islam e mondo esterno.

 

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Well, I would like to refer to the Declaration of European Muslims, ...

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“Vorrei fare riferimento alla Dichiarazione dei musulmani d’Europa: ovviamente, questo fa parte della stabilizzazione dell’Europa sud-orientale. Ricordiamo che stiamo parlando dei musulmani e della Casa della riconciliazione in Europa. Credo che l’appello che i musulmani europei rivolgono agli europei affinché assumano un ruolo-guida nella promozione della pace e della sicurezza nel mondo, è indice di una nuova identità che sta nascendo. E’ un’identità che crede nell’importanza di leggere e studiare, di avere un credo religioso e lavorare sodo, di essere pii e rispettosi nei riguardi dei genitori, non dimenticando il valore della famiglia...In questo senso, credo che le notizie che parlano di storie positive non vengano messe sufficientemente in risalto dai media. E’ necessario quindi togliere ai media il ruolo di intermediari e sviluppare una maggiore partecipazione diretta dei cittadini, raggiungere l’opinione pubblica e riscoprire la sovranità popolare”.

 

Quale contributo può offrire in questo senso il dialogo fra i popoli? Ascoltiamo ancora il principe El Hassan Bin Talal:

 

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The purpose of conversation is building bridges with the international. …

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“Lo scopo del dialogo è costruire ponti con la comunità internazionale. Abbiamo la sensazione di essere stati polarizzati tra gli estremi e gli estremisti. Sono felice di essere insieme al mio collega sciita proprio per ricordare al mondo che esiste un islam eterogeneo. In secondo luogo, ci tengo a sottolineare che considero una sfida essere associato ai miei colleghi ebrei, in quanto una volta ancora veniamo qui per parlare di legittimazione e la legittimazione dell’istruzione è parte di questo discorso. Ho fortemente sottolineato lo stato pietoso dell’istruzione in Terra Santa, oggi. Ho ricordato l’istituzione del Centro ecumenico “Tantum”, nel 1966, e le recenti parole del cardinale Martini secondo cui il livello dell’istruzione è sempre più carente. Sono convinto che, in questa situazione di estremismo, attualmente ci troviamo nella situazione che Demostene, per ridefinire la moderazione, aveva descritto tanto bene, dicendo: “Non elevarti troppo, non denigrare il prossimo”. Questo è il codice di condotta che vorrei vedere sviluppato, attraverso la vera comprensione e la vera istruzione che rivesta un vero significato per tutti”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Un articolo di Umberto Santarelli dal titolo “La ‘verità sul matrimonio’”.

 

Servizio estero - Medio Oriente: di nuovo infranta la tregua tra Hamas ed al Fatah; la Striscia di Gaza ad un passo dalla guerra civile.

 

Servizio culturale - Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Uno spazio di sintesi e di dialogo fra l'antico e il moderno”: Palazzo Madama a Torino e il suo nuovo volto dopo gli imponenti lavori di restauro.

 

Servizio italiano - Tragico rogo in provincia di Vicenza; morti tre fratellini nella loro casa.

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

2 febbraio 2007

 

I LIVELLI DEL MARE E DELLE TEMPERATURE SALIRANNO, I GHIACCI SI SCIOGLIERANNO ED IL SURRISCALDAMENTO DURERÀ OLTRE UN MILLENNIO: QUESTE LE PREVISIONI

DEGLI ESPERTI DEL GRUPPO INTERGOVERNATIVO SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO,

 RIUNITI A PARIGI

- Intervista con Giampiero Maracchi -

 

Un grave allarme climatico giunge da Parigi, dov’è stato diffuso questa mattina il documento redatto dai 500 esperti del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, costituito nel 1998 dalle Nazioni Unite. Il servizio è di Salvatore Sabatino:

 

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Un forte grido di allarme. I dati di sintesi emersi dal lavoro del gruppo di esperti intergovernativo delle Nazioni Unite sono preoccupanti. La temperatura del pianeta da oggi alla fine del secolo potrebbe salire tra 1,8 e 4 gradi centigradi, mentre il livello degli oceani potrebbe aumentare fino a 58 centimetri, cancellando - di fatto - decine di migliaia di chilometri di coste. Alla base di questa drammatica previsione - gli scienziati non hanno dubbi - c’è l'immissione dei gas serra nell’atmosfera; immissioni causate dalle attività umane. E ancora peggiore è il quadro degli effetti: un'accentuazione della forza delle perturbazioni meteorologiche, le estati sempre più calde, gli inverni più miti, mentre le piogge sempre più frequenti. I 500 studiosi del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, rappresentanti di 130 Paesi, avevano raggiunto ieri sera l'accordo definitivo sul testo. La sintesi del migliaio di pagine dello studio scientifico è di una quindicina di pagine, discusse ed analizzare riga per riga in questi quattro giorni di intenso lavoro. Il gruppo, costituito nel 1988 dalle Nazioni Unite, affida ora il proprio lavoro a chi ha i poteri per decidere, governi ed organizzazioni internazionali, che proprio oggi, sempre a Parigi, si riuniranno per esaminare il problema della governance globale e la possibilità che le Nazioni Unite si dotino di uno strumento per l’ambiente come esiste per sanità e beni culturali. Il precedente rapporto era stato predisposto nel 2001.

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Dagli esperti del gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, riuniti a Parigi, arriva dunque un inquietante allarme. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, climatologo e direttore dell’Istituto di Biometeorologia del CNR di Firenze, Giampiero Maracchi:

 

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R. - E’ il risultato di quello che è stato fatto negli ultimi quattro anni. Il riscaldamento complessivo del pianeta mette a rischio la macchina del clima, la sta cioè modificando, causando quei fenomeni che vediamo già da 16 anni. I primi segnali si sono avuti negli anni Novanta e in questi anni abbiamo già pagato molto per questi fenomeni che sono tre volte più intensi e più frequenti del passato.

 

D. - Ma i conflitti tra uomo e ambiente sono inevitabili?

 

R. - Secondo me no, ma questo richiederebbe una riflessione a tutto tondo, centrato su due quesiti. Il primo quesito fondamentale: partendo dall’inizio della scienza sperimentale, da Galileo in poi, abbiamo ottenuto di liberare l’uomo occidentale dalla fame, da una parte di malattie, dalla fatica fisica. Abbiamo quindi ottenuto dei benefici. Si potevano ottenere gli stessi benefici attraverso una strada diversa? Il secondo quesito è ancora più importante, poiché riguarda il futuro: ci sono cinque miliardi e 200 milioni di persone che anelano a questi stessi risultati, è possibile ottenerli con una strada diversa? Questo rimette allora in discussione una serie di temi fondamentali: è possibile un’economia che non sia guidata dai temi del mercato e del profitto? E’ necessario discutere di questo, se vogliamo veramente risolvere i problemi ambientali.

 

D. – Dunque, i principali responsabili di questi attacchi contro l’ambiente restano i modelli economici adottati dall’uomo…

 

R. – Io sono di origine liberale dal punto di vista economico. Mi rendo conto però che così come è caduto il Muro di Berlino dal punto di vista politico, sta ora cadendo un altro muro: il pianeta con questo modello economico non regge.

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SPETTA ANCHE ALLA CHIESA IL DIRITTO DI MANIFESTARE IL PROPRIO PENSIERO:

LO RIBADISCE OGGI “L’OSSERVATORE ROMANO”, A MARGINE DEL DIBATTITO

APERTO IN ITALIA SUI PACS E LA LEGGE SULLE UNIONI DI FATTO

IN DISCUSSIONE AL PARLAMENTO

- Intervista con il prof. Giuseppe Dalla Torre -

 

Il diritto della Chiesa di intervenire su questioni che riguardano la difesa della vita e della famiglia, viene ribadito oggi da “L’Osservatore Romano”, a margine delle montanti polemiche in Italia circa i PACS e la legge sulle unioni di fatto in discussione al Parlamento, che vede alcuni sostenitori della nuova normativa denunciare l’ingerenza – a loro dire – di un presunto “Governo del Papa”. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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E’ Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, a chiarire – in un editoriale che compare in prima pagina sul quotidiano vaticano – che in gioco è “non solo la libertà della Chiesa, ma la stessa libertà di manifestazione del pensiero”. “Si può comprendere – scrive Mirabelli – che il giudizio morale della Chiesa ed il suo insegnamento in questioni che sono oggetto di largo dibattito, per le quali si manifestano opinioni diverse  ed anche vivacemente contrastanti nella società, non sia da pochi o da molti condiviso. Si può anche comprendere – aggiunge il giurista – che il dissenso sia sincero ed esplicito, che a quell’insegnamento non si aderisca ed anzi lo si contrasti. Non si può invece comprendere – sottolinea Mirabelli – che si pretenda di escludere la legittimità di manifestare quel giudizio e quell’insegnamento, venendo così a colpire la libertà di esprimerlo, anche nella più sottile forma dei limiti che si intendono porre ai modi della sua manifestazione. “Rimane allora l’impressione – conclude il costituzionalista Mirabelli – che la denuncia di indebita invasione della sfera politica intenda non solo mettere fuori campo una voce autorevole e dissonante dalla propria impostazione, ma anche escludere che sia legittima o ammissibile la stessa concezione che quella voce manifesta.”

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Prosegue intanto, in Italia, il dibattito politico dopo il via libera della Camera alla mozione dell'Ulivo sulle coppie di fatto. Il voto impegna il governo a presentare un disegno di legge (DDL) entro la metà febbraio sul riconoscimento giuridico delle unioni di fatto, in attuazione del programma dell'Unione. Ascoltiamo l’intervista di Debora Donnini al prof. Giuseppe Dalla Torre, presidente onorario dei giuristi cattolici:

 

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R. – La Costituzione riconosce come famiglia soltanto quella che è fondata sul matrimonio e mette in evidenza il fatto che non spetta allo Stato modificare le basi naturali dell’istituzione naturale. D’altra parte, mi pare che ci sia un elemento essenziale che non si può non volere e volere allo stesso tempo: non si possono volere gli effetti del matrimonio e non volere il matrimonio. E’ evidente che noi siamo dinanzi ad una irragionevolezza. Bisogna spiegare perché chi non vuole il matrimonio vuole gli effetti del matrimonio e quali saranno le differenze tra chi è sposato e chi ha contratto un PACS, se è vero - come si sostiene - che si vuole mantenere una differenza tra famiglia fondata sul matrimonio e convivenza di fatto.

 

D. – Chi è contrario al riconoscimento giuridico per le coppie di fatto sostiene che ci sono già dei diritti soggettivi garantiti…

 

R. – Facciamo due o tre esempi. La Corte costituzionale, con una sentenza famosa di alcuni anni fa, ha detto che non per chi è una famiglia di fatto, ma perché esiste un diritto fondamentale all’abitazione, deve essere riconosciuto questo subentrare del convivente nel contratto di locazione nel caso in cui l’altra parte sia deceduta. Secondo esempio, quello relativo alla materia ereditaria: chiunque di noi può lasciare le proprie sostanze a chi vuole, naturalmente fatti salvi i legittimari e cioè se il coniuge ha figli. In terzo caso è quello della possibilità di accedere in ospedale: come è richiesto il consenso informale per qualsiasi trattamento terapeutico, non vedo perché non possa valere la manifestazione di volontà da parte di chi deve subire dei trattamenti sanitari, in rapporto con la persona con la quale convive o comunque di cui ha fiducia. Lo strumento privato non toglie nulla alla possibilità di una garanzia di interessi che siano maturati nel corso di queste forme di convivenza e nello stesso tempo certamente porta ad una netta distinzione tra ciò che è famiglia e ciò che famiglia non è.

 

D. – Dal punto di vista fiscale, cosa si può dire?

 

R. – Dal punto di vista fiscale, oggi la coppia di fatto ha dei vantaggi maggiori rispetto alla famiglia costituita sul matrimonio. Questo è un paradosso. L’art. 31 della Costituzione dice che la Repubblica tutela la famiglia e agevola la famiglia, in realtà il fatto di essere non sposati fiscalmente è un vantaggio rispetto al fatto di essere sposati. Noi ci preoccupiamo di pochissimi casi e non ci preoccupiamo invece della famiglia, per la quale la Costituzione prevede un impegno specifico dello Stato.

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MORTO GIANCARLO MENOTTI, MUSICISTA DI FAMA MONDIALE,

FONDATORE E ANIMA DEL “FESTIVAL DEI DUE MONDI” DI SPOLETO

 

Grande lutto nel mondo della cultura per la scomparsa, ieri pomeriggio a Montecarlo, di Giancarlo Menotti, compositore, regista e librettista tra i più importanti del900, internazionalmente noto come ideatore e anima del “Festival dei Due Mondi” di Spoleto, che lascia proprio a pochi mesi dal 50.mo anniversario. Menotti aveva 95 anni e si trovava nel Principato di Monaco assieme al figlio Francis, per l’allestimento della sua opera “La medium”.

 

Il compositoree era nato a Cadegliano, in provincia di Varese, nel 1911, e aveva studiato al Conservatorio Verdi di Milano, ma furono gli Stati Uniti il teatro della sua affermazione artistica dove, spinto da Arturo Toscanini, si iscrisse al Curtis Institute di Philadelphia, avendo come compagni di studio e lavoro, tra gli altri, Leonard Bernstein e Samuel Barber. Nel 1950, “Il Console”, opera sull’emigrazione italiana in America, gli fece guadagnare una copertina sul Time e il Pulitzer per la musica, premio che raddoppiò nel ’54 con “La santa di Bleeker Street”, rappresentata per la prima volta a Broadway. Nel 1958, fondò il “Festival dei Due Mondi” a Spoleto, uno dei primi eventi culturali internazionali nell’Italia del dopo-guerra e della ricostruzione, scenario di prestigiose produzioni di Visconti, Ronconi, De Simone, gemellato, nel 1977, con Charleston, nel South Carolina. Tra i suoi ultimi incarichi, anche la direzione artistica del Teatro dell'Opera di Roma nel 1993. Ce ne parla A.V..

 

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Giancarlo Menotti è stato soprattutto il suo Festival, invenzione d’arte e spettacolo unica e inimitabile, che ha riportato l’arcivescovado di Spoleto agli antichi fasti del Regno Pontificio. Riascoltiamolo rievocare quei momenti:

 

R. - Io ho fondato il Festival di Spoleto per un bisogno spirituale. Quando avevo 50 anni, ho cominciato a sentire il bisogno di sentirmi utile, utile ad una città. Mi sono ribellato all’idea di essere la persona che diverte il pubblico, dopo pranzo. Volevo essere il pane di una città. Volevo dimostrare al mondo che l’artista in una comunità non è soltanto una persona che diverte, è una persona che può anche più di educare, può essere anche una presenza molto importante per lo sviluppo economico di una città. L’artista è altrettanto necessario alla comunità, quanto gli altri professionisti.

 

Ma negli anni più recenti l’ultimo grande compositore lirico italiano era tornato alle sue opere, lamentando di averle trascurate per il Festival:

 

R. - Per 15 anni ho proibito la mia musica al Festival, perchè non volevo che si pensasse che facevo questo Festival per aiutare la mia musica. L’ho fatto veramente come un atto di altruismo. Posso dire con gioia che ha funzionato, perché adesso Spoleto non è più una città povera e dimenticata, ma è conosciuta in tutto il mondo.

 

Gli ultimi compleanni, festeggiati coralmente il 7 luglio, sempre durante il Festival, erano occasione di riflessione:

 

R. - Ognuno di noi ha la propria morte ed è un’esperienza che nessuno può avere per noi. Dobbiamo affrontarla noi stessi. Io, che mi avvicino alla fine della mia vita, lo faccio con umorismo, con calma, con serenità. Per me la morte è come una persona che mi è vicina. Io dialogo con la morte ogni giorno, è una compagna abbastanza straordinaria. Mi fa pensare a tutte le cose cui non pensavo una volta, quella che io chiamo la mia angoscia metafisica. Io sono credente a metà e non credente per l’altra metà. Questa è sempre stata quella che io chiamo la mia lotta con l’Angelo: anzi ho scritto anche una composizione sulla lotta dell’Angelo con Giacobbe, “Giacobbe e l’Angelo”, il quale tutta la notte lotta con l’Angelo. L’Angelo poi lo ferisce ad una coscia e lui ha la prima visione di Dio. Io adesso sono in lotta con l’Angelo. Non sono ancora stato ferito, perciò ancora non ho avuto questa visione. Spero di averla prima di morire o morendo.

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Nel messaggio di cordoglio inviato al figlio Francis, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definisce Giancarlo Menotti “Compositore prestigioso dall'inconfondibile genio artistico, con un grande amore per la pace che ha consentito al Festival dei Due Mondi di Spoleto di diventare un punto di riferimento per la cultura e la fratellanza fra i popoli”. “Una delle figure più carismatiche del mondo dello spettacolo”, così lo ricorda anche il ministro per i Beni e le attività culturali, Francesco Rutelli, riconoscente “per il contributo dato alla cultura italiana che perde con lui un rappresentante di raro spessore”.

 

E Spoleto, la città scelta da Giancarlo Menotti per il suo celebre Festival, vuole testimoniargli ancora una volta il suo “affetto” candidandosi a ospitarne i funerali, ed è pronta anche a custodire la sua tomba, così come per un altro dei grandi protagonisti del Festival, il direttore d'orchestra Thomas Schippers, le cui ceneri riposano in piazza Duomo.

 

 

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CHIESA E SOCIETA’

2 febbraio 2007

                       

 

Nella repubblica dominicana, la nuova costituzione deve includere

le radici cristiane e la difesa della vita. Così i vescovi

DEL PAESE CARAIBICO in un messaggio inviato ieri alla commissione

 che si occupa della riforma costituzionale

- A cura di Luis Badilla -

 

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SANTO DOMINGO. = “E' necessario definire con chiarezza, senza alibi né equivoci, l’identità dominicana”, affermano i vescovi del Paese caraibico sottolineando: “In questa nostra identità va incluso l’elemento religioso, la fede cristiana che ha ispirato la sovranità nazionale e che, inoltre, ha dato, storicamente, forma ai comportamenti dei dominicani”. Il testo episcopale, inviato ieri alla Commissione che si sta occupando delle riforme costituzionali, chiede anche che sia definita con precisione e chiarezza “la libertà religiosa di tutte le confessioni cristiane e di altre ispirazioni” e che sia ugualmente garantito “il diritto di culto”. I presuli chiedono anche che sia definito con rigorosità il “dovere dello Stato nella difesa e promozione dei diritti fondamentali”; diritti - si sottolinea - basati "sull’inviolabilità della dignità umana e non su un qualsiasi consenso numerico”. Fra tali diritti, “centrale e irrinunciabile, resta quello alla vita, dal suo concepimento fino alla sua fine naturale”. Alla Commissione, i vescovi chiedono anche che il nuovo testo costituzionale sancisca come dovere dello Stato quello di dare al popolo dominicano i servizi essenziali come l’educazione primaria e media, di qualità e gratuita, salute e servizi clinico-sanitari adeguati, alloggio e lavoro dignitoso. Infine, la Conferenza episcopale ricorda il dovere di ogni cittadino di prendere parte - col proprio sforzo e contributo - al raggiungimento del bene comune, in particolare, assieme allo Stato, “riconoscendo la famiglia come cellula primaria della società” e, dunque, come istituzione “alla quale devono essere garantiti tutti i mezzi necessari per il suo consolidamento”. I vescovi dominicani, in conclusione, ricordano che anche lo Stato ha i suoi limiti, poiché è al servizio della persona umana e non deve mai assumere comportamenti autoritari o assolutisti.

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DON ANDREA SANTORO è stato ucciso perché, aiutando persone in difficoltà, “OSTACOLAVA GROSSI INTERESSI”. LO AFFERMA IL presidente della Caritas turca, che al mensile “Italia Caritas” parla di traffici di esseri umani

che affliggono da sempre la zona

 

ROMA. = Per spiegare l’omicidio di don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso il 5 febbraio scorso a Trebisonda, in Turchia, non serve solo la chiave di lettura “religiosa”, ossia la vicenda dei musulmani contro i cristiani. In quella zona, “c’erano e ci sono problemi sociali causati soprattutto dal traffico di persone umane; sono questioni che vedono coinvolte le mafie, anche internazionali”.  A parlare è Sleiman Saikali, libanese, cattolico melchita e segretario generale della Caritas turca, che ha rilasciato una lunga intervista al mensile “ItaliaCaritas” anticipata all’Agenzia SIR. Don Andrea – racconta Saikali - si impegnava ad aiutare le persone, soprattutto quelle che subivano ingiustizie sociali e violazioni dei diritti umani. “Perciò – prosegue - certe persone hanno cominciato a vedere in lui un pericolo, perché ostacolava grossi interessi”. (E. B.)

 

 

UNA GIORNATA PER RICORDARE LE VITTIME DEL RWANDA E PER SCONFIGGERE

“LA CULTURA DEL GENOCIDIO”. QUESTO L’OBIETTIVO DELL’INCONTRO CHE SI TERRÀ OGGI POMERIGGIO, A ROMA, PRESSO LA CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA

- A cura di Alessia Di Fabio -

 

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ROMA.= Un omicidio ogni dieci secondi e circa 800 mila morti in tre mesi quelli avvenuti in Rwanda nel 1994. E’ in ricordo delle vittime del genocidio tra le etnie Hutu e Tutsi, la giornata della memoria che si svolgerà questo pomeriggio, a Roma, alle ore 17, presso la Casa della memoria e della storia. L’iniziativa, promossa dall’Associazione Bene-Rwanda ONLUS, fondata e diretta dai cittadini rwandesi che vivono in Italia, ha l’obiettivo di conservare la memoria di quei tragici avvenimenti, diffondendo, al tempo stesso, gli strumenti per prevenire il formarsi di una cultura del genocidio. “La nostra filosofia – ha affermato Francoise Kankindi, presidente dell’Associazione - si basa sulla convinzione che la condanna dei colpevoli non sia l’unico modo per ottenere giustizia”. “L’urgenza di approfondire un dibattito sulla cultura del genocidio – ha aggiunto - è dimostrata dai fatti che continuano a insanguinare l’Africa”. Durante l’incontro verrà proiettato un documentario realizzato da Cristina Comencini nel Paese africano. E’ previsto, inoltre, un dibattito con i testimoni diretti alla presenza di Flavia Lattanzi, giudice del Tribunale penale internazionale per i crimini del Rwanda e Jean-Pierre Ruhigisha, presidente della Comunità rwandese a Roma. All’incontro parteciperanno, inoltre, anche gli alunni delle scuole romane che presero parte alla visita, in Rwanda, del sindaco di Roma Veltroni.

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UN SESTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE E’ AFFLITTA DA SEI “MALATTIE TROPICALI

DIMENTICATE”. E’ L’ALLARME LANCIATO DALL’OMS CHE HA CHIESTO ALLA COMUNITA’ SANITARIA INTERNAZIONALE FARMACI E VACCINI EFFICACI

 

BANGKOK. = “Antiche”, “ampiamente invisibili”, “silenziose” e dai nomi quasi impronunciabili. Queste le parole usate nel corso di una conferenza a Bangkok, in Thailandia, da Margaret Chan, neo direttrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), per definire le sei “malattie tropicali dimenticate” che colpiscono almeno un miliardo di persone, un sesto cioè della popolazione mondiale. Si tratta di malattie che colpiscono soprattutto le fasce deboli della società  e che – ha precisato Chan – provocano una sofferenza umana maggiore di quella rappresentata dai 270 casi di influenza aviaria riscontrati globalmente negli ultimi tre anni. Come riporta l’agenzia Misna, la sola filaria linfatica, nota come “elefantismo” per le vistose deturpazioni che provoca – causata da un parassita trasmesso dai morsi di zanzara ed endemica in oltre 80 paesi dell’Africa, dell’Asia, del Sud America e delle isole del Pacifico – colpisce 120 milioni di persone e ne sfigura o rende inabili a vita circa 44 milioni di persone. La schistosomiasi (detta anche bilharziosi o distomatosi sanguigna, contratta attraverso il contatto con acque dolci contaminate dagli animali portatori di parassiti) è la seconda malattia tropicale prevalente al mondo dopo la malaria: nel solo continente africano, vi sono 160 milioni di casi, 30 milioni dei quali cronici. La oncocercosi o “cecità fluviale”, trasmessa dalla puntura di una mosca nera, è la quarta causa di cecità nel mondo, la seconda tra le patologie di natura infettiva dopo il tracoma accecante. La Chan ha sottolineato la necessità di combattere queste malattie, che – ha detto – contribuirebbe direttamente a “promuovere lo sviluppo” e le “strategie di riduzione della povertà”. Nonostante, ultimamente, governi e compagnie farmaceutiche abbiano collaborato per combattere queste malattie, ha concluso la direttrice generale dell’OMS, vi è ancora bisogno di “vaccini efficaci, migliore diagnostica e migliori farmaci per fare progressi veramente epocali”. (E. B.)

 

 

OTTANTUNO giornalisti sono stati uccisi nel 2006, il dato più alto

degli ultimi anni. Lo afferma il rapporto dell’organizzazione

umanitaria “Reporter Sans Frontières”, che si dice inquieta

per la condizione della libertà di stampa nel mondo

 

PARIGI. = Il 2006 è stato un anno “nero” per la libertà di stampa nel mondo, che ha visto 110 operatori dell’informazione uccisi, 871 giornalisti arrestati, circa 1.472 minacciati e 912 media censurati. A dipingere il quadro, è il rapporto annuale sulla libertà di stampa in 98 Paesi, stilato dall’organizzazione umanitaria Reporter Sans Frontieres (RFS) e presentato ieri a Parigi. La situazione nel 2006 è la peggiore dal 1994, quando i giornalisti uccisi furono 103. Per il quarto anno consecutivo, l’Iraq resta in cima alla lista con 39 morti, segue il Messico (9 morti), le Filippine (6 morti) e poi Russia, Colombia e Sri Lanka (3 morti). Per RSF, i Paesi arabi “non hanno conosciuto miglioramenti democratici significativi”. Anche in Africa non migliorano le cose, con Etiopia, Eritrea, Costa d’Avorio e Zimbabwe tra i Paesi “più pericolosi”. La violazione della libertà di stampa ha raggiunto un livello “allarmante” in Asia, dove anche la censura è un fenomeno “molto esteso”, soprattutto in Cina e Corea del Nord. Inquieta inoltre quella che RFS definisce l’attitudine “rinunciataria” dei Paesi democratici a “difendere i valori che si suppone incarnino”. Nel quadro complessivo, preoccupano infine anche i sei giornalisti morti e i 142 sequestrati nel primo mese del 2007. (E. B.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

2 febbraio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

Nei Territori Palestinesi, è stata infranta la tregua tra al Fatah, partito del presidente Abu Mazen, e il gruppo radicale Hamas, al governo. Almeno due esponenti di al Fatah sono stati uccisi stamani in una sparatoria nei pressi di Gaza. Nelle ultime ore, secondo fonti mediche, sono morte altre 13 persone. Il presidente Abu Mazen ha lanciato un nuovo appello alla calma.

 

In Iraq, l’esercito americano ha ucciso, nelle ultime 24 ore, almeno 18 sospetti guerriglieri iracheni a Ramadi, capoluogo della provincia sunnita di Al Anbar. Intanto, nella città sciita di Najaf è stato imposto il coprifuoco totale per il timore di nuovi attacchi da parte di gruppi armati, dopo gli scontri di domenica scorsa, nei quali sono stati uccisi 200 miliziani.

 

 L’Iran ha cominciato a installare alcune centrifughe nell’impianto nucleare di Natanz, nella parte centrale del Paese. Lo rivelano fonti diplomatiche a Vienna, anche se ufficialmente la Repubblica Islamica nega l’assemblaggio di tali materiali. Il progetto annunciato da Teheran rimane comunque quello di montare nel sito 3.000 centrifughe per l’arricchimento dell'uranio su scala industriale, nonostante gli appelli dell’ONU a bloccare ogni tipo di attività atomica. Ma qual è, dunque, la linea operativa iraniana? Risponde Alberto Zanconato, corrispondente ANSA da Teheran, intervistato da Giada Aquilino:

 

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R. – Questo dovrebbe essere il primo passo per la realizzazione di un sistema per la produzione, su scala industriale, dell’uranio arricchito. C’è una quantità di uranio, secondo quanto dice l’Iran, per alimentare e produrre combustibile per le centrali nucleari, per produrre energia elettrica; l’Occidente sospetta o accusa anche l’Iran di voler usare l’uranio arricchito a livelli molto più alti, per produrre cioè ordigni nucleari. Il problema è che per ben 18 anni l’Iran ha continuato le sue ricerche in segreto, senza darne notizia. Fino ad ora, l’Iran ha messo in funzione solo due cascate di centrifughe, composte da 164 centrifughe l’una, a scopi di ricerca. Questa costruzione, invece, di tremila centrifughe dovrebbe essere il primo passo per arrivare ad una produzione, appunto, industriale per arrivare poi nei prossimi anni addirittura a costruire 50 o 60 mila centrifughe.

 

D. – La posizione dell’Iran rimane, dunque, quella del programma nucleare a scopi pacifici. Di fatto, quanto ci vorrebbe al passaggio a progetti con finalità militari?

 

R. – Secondo uno studio di ricerche strategiche britannico, considerato molto affidabile, una volta installate queste tremila centrifughe, sarebbero sufficienti due o tre anni per produrre il materiale fissile, e cioè l’uranio arricchito, necessario per costruire un ordigno nucleare.

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 “Una proposta di compromesso”. Così, il mediatore dell’ONU, Marrti Ahtisaari, ha definito il piano sul futuro status della provincia del Kosovo illustrando stamani il progetto al presidente della Serbia, Boris Tadic. Il piano prevede la creazione di un “Kosovo stabile” per “contribuire alla sicurezza” dell’intera regione balcanica.

 

In Italia è previsto nei prossimi giorni un chiarimento politico nella maggioranza sulla politica estera del governo, dopo il voto di ieri al Senato sull’ampliamento della base americana. E’ stato approvato, infatti, un ordine del giorno dell’opposizione di centrodestra contro il quale si è invece espressa l’Unione. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha anche chiesto al capo dell’esecutivo, Romano Prodi, di rassegnare le dimissioni. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Il termine più usato nei commenti dei giornali di oggi è paradosso. Paradosso perché l’opposizione di centrodestra ha presentato un ordine del giorno che accoglie le indicazioni del ministro della Difesa, Parisi, favorevoli all’ampliamento della base americana di Vicenza dove è schierata la 173.ma brigata impegnata in operazioni militari in Iraq e Afghanistan. L’ordine del giorno è stato approvato, con il voto contrario della maggioranza, grazie a 4 astensioni e a 18 assenze prevalentemente di senatori centristi dell’Unione. La Casa delle Libertà evoca la crisi di Governo e chiede al Capo dello Stato di rinviare Prodi in Parlamento. E Napolitano ieri sera ha avuto un colloquio telefonico con il premier, al quale ha manifestato la sua viva preoccupazione. Prodi, che inizialmente aveva cercato di sdrammatizzare parlando di un dissenso all’interno della coalizione noto ma circoscritto, ha poi deciso di mettere in agenda nei prossimi giorni un vertice di maggioranza per quel chiarimento sollecitato per primo dal ministro della Difesa. Vertice inevitabile, dal momento che questa settimana, a partire dal voto sulle coppie di fatto con lo strappo dell’UDEUR, sono venuti al pettine i nodi irrisolti nei rapporti tra l’ala riformista e quella radicale dell’Unione. Incombe peraltro l’importante voto del Parlamento sul rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan. Con Rifondazione comunista, Comunisti italiani e Verdi che minacciano di comportarsi come ieri gli ulivisti, rompendo cioè la disciplina di coalizione.

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Almeno 90 persone sono state uccise tra mercoledì e ieri nel corso di scontri tra forze dell’ordine e oppositori di un movimento politico nella provincia di Bas Congo, nell’ovest del Paese. La situazione continua ad essere drammatica anche in Somalia, dove un gruppo di miliziani islamici ha sparato colpi di mortaio la scorsa notte a Mogadiscio. Nella sparatoria, secondo fonti locali, sono morte almeno sette persone.

 

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