RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 33 - Testo della trasmissione di venerdì 2 febbraio 2008
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Installate in Iran, secondo fonti diplomatiche a Vienna, alcune
centrifughe per l’arricchimento dell’uranio: notizia subito smentita da parte
del governo di Teheran
IL
PAPA E LA SANTA SEDE
2 febbraio 2007
UN
PASTORE CHE HA SPESO LA SUA VITA A COMUNICARE A TUTTI
COSI’, IL PAPA NELLA MESSA ESEQUIALE, IN BASILICA
VATICANA,
PER IL
CARDINALE SPAGNOLO ANTONIO MARÍA
JAVIERRE ORTAS,
SPENTOSI IERI ALL’ETA’ DI 86 ANNI
Con la sua esistenza e la sua
missione, il cardinale Antonio María Javierre Ortas ha dato un
messaggio di speranza: è quanto sottolineato da Benedetto XVI, che stamani ha
presieduto nella Basilica di San Pietro le esequie per il porporato spagnolo,
spentosi ieri all’età di 86 anni. Il Papa ha ricordato il servizio del
cardinale Ortas alla guida della Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sottolineando il carattere
gioviale e generoso del porporato salesiano. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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(canti)
Un pastore “fedele e generoso,
sempre disponibile e cordiale”: Benedetto XVI ha tratteggiato così la figura
del cardinale Antonio María Javierre Ortas, spentosi, lui salesiano, proprio all’indomani della
memoria liturgica di San Giovanni Bosco. Il Papa ha ricordato che, nella sua
lunga esistenza, il porporato spagnolo, nato nel 1921, fu
animato “sin dalla giovinezza da uno spiccato spirito missionario”:
“Seguendo l’esempio di don Bosco avrebbe voluto vivere la sua
vocazione di salesiano a diretto contatto con la gioventù, in terra di
missione, ma la Provvidenza lo ha chiamato ad altre mansioni. Egli è stato così
apostolo negli ambienti dell’Università e della Curia Romana, senza però mai
perdere occasione per svolgere un’intensa attività spirituale nell’ambito più
propriamente teologico e in quello più vasto della cultura, soprattutto
animando gruppi di professori e di religiosi, e come cappellano tra gli
universitari”.
Benedetto XVI si è soffermato
sulla liturgia odierna che ci ricorda la Presentazione del Signore al Tempio.
“Le parole dell’anziano Simeone che stringe tra le sue braccia il Bambino Gesù
– ha detto – risuonano in questa circostanza con particolare emozione”.
“‘Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada
in pace secondo la tua parola’. E’ la preghiera che
la Chiesa eleva a Dio quando scende la notte, ed è
quanto mai significativo ricordarla oggi, ripensando a questo nostro fratello
giunto al tramonto della sua vita terrena”.
Dunque, “per l’uomo che vive in
Cristo, la morte non fa paura”. Si è soffermato così sul passo del Vangelo di
Giovanni dove Cristo afferma: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Se uno
mangia di questo pane vivrà in eterno”. E’ questa, ha sottolineato, “una delle
espressioni di Gesù che racchiudono in sintesi tutto
il suo mistero”. Espressione, ha proseguito, che è confortante ascoltare e
meditare, mentre si prega “per un’anima sacerdotale che ha trovato
nell’Eucaristia il centro della sua vita”. Il Papa ha così citato alcune
lettere che il cardinale Javierre aveva indirizzato a
Giovanni Paolo II, “dalle quali emerge proprio questo riferimento privilegiato
all’Eucaristia”. La comunione “sacramentale, intima e perseverante, con il
Corpo e il Sangue di Cristo – è stato il richiamo del Papa – opera una
trasformazione profonda della persona”. Il morire, ha proseguito, è allora un “guadagno perché solo morendo si può
realizzare pienamente quell’essere in Cristo di cui la comunione
eucaristica è pegno su questo terra”. Ha così rivolto
il pensiero al motto episcopale del cardinale Ortas, Ego vobiscum sum:
“Il cardinale Javierre Ortas
ha voluto che la sua esistenza personale e la sua missione ecclesiale fossero
un messaggio di speranza; attraverso il suo apostolato, seguendo l’esempio di
san Giovanni Bosco, si è sforzato di comunicare a tutti che Cristo è sempre con
noi”.
Come degno figlio di Don Bosco, ha
aggiunto, il porporato era profondamente devoto di Maria, di cui ha cercato di
“imitare lo stile di un servizio discreto e generoso”. Quando lasciò l’incarico
di prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
ha rammentato, lo fece “in punta di piedi” per dedicarsi “al servizio che
invece non si deve lasciare mai: la preghiera”. Benedetto XVI ha concluso
l’omelia citando un pensiero del cardinale spagnolo. “E’ meraviglioso –
scriveva – pensare che non importa la serie di peccati della nostra vita” poiché “basta alzare gli occhi e vedere il gesto del
Salvatore che ci accoglie ad uno ad uno con bontà infinita”.
(canto)
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UDIENZE
E NOMINE
Benedetto XVI ha ricevuto nel
corso della mattinata il cardinale Camillo Ruini,
vicario generale per la Diocesi di Roma, presidente della Conferenza episcopale
italiana.
Il Papa ha accettato la rinuncia
al governo pastorale dell’arcidiocesi tedesca di Monaco e Frisinga
presentata per raggiunti limiti di età dal 79.enne
cardinale Friedrich Wetter. Nel 1982, il porporato
sostituì alla guida dell’arcidiocesi l’allora cardinale Joseph
Ratzinger, chiamato a Roma da Giovanni Paolo II alla
guida della Congregazione per la Dottrina della Fede
Sempre
in Germania, il Pontefice ha accettato la rinuncia al governo pastorale della
diocesi di Limburg, presentata per raggiunti limiti
di età da mons. Franz Kamphaus.
In Colombia, il Pontefice ha
nominato vescovo di Palmira mons. Abraham Escudero Montoya, finora vescovo di Espinal.
Il presule, 67 anni, ha compiuto gli studi ecclesiastici nel Seminario
Maggiore di Medellín. Ha ottenuto
NEL
POMERIGGIO, BENEDETTO XVI INCONTRA I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE
PER LA
FESTA DELLA VITA CONSACRATA. LA MESSA IN SAN PIETRO
PRESIEDUTA
DAL CARDINALE FRAN RODE’
- Intervista con il porporato -
Più
di 137 mila sacerdoti religiosi, circa 768 mila suore e 48 mila monache: e al
loro fianco, 3.600 membri di Istituti Secolari, 520 diaconi permanenti, 280
membri di Istituti Secolari laici. E’ questa la “mappa” dei religiosi e delle
religiose che vivono e operano oggi nel mondo. Per il milione di consacrati,
fra uomini e donne, oggi è un giorno importante: il 2 febbraio, in coincidenza con
la festa liturgica della presentazione di Gesù al tempio, si celebra
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R. - E’ una testimonianza
coraggiosa e creativa del mondo di oggi. Questa testimonianza presenta anche
una sfida all’uomo contemporaneo. In ogni angolo del mondo, i consacrati e le
consacrate si impegnano con la propria vita donata per amore a rispondere ai
continui scatti di odio e di violenza, che infiammano la nostra terra.
Rispondono con la propria castità al dilagare dell’edonismo e dell’egoismo, con
la propria povertà e predilezione per gli ultimi, i più piccoli e abbandonati,
offrono una risposta concreta alla sete di denaro e di potere, con il dono
della propria obbedienza, liberamente scelta, rispondono all’individualismo e
al relativismo che assediano la nostra società e la rendono sterile e priva di
speranza. Ecco, la testimonianza essenziale, fondamentale dei religiosi e delle
religiose nel mondo di oggi.
D. - Eminenza, oggi noi assistiamo
ad una rapida secolarizzazione della società. La vita religiosa si deve
rinnovare continuamente dinanzi a queste sfide per essere testimone
dell’annuncio evangelico…
R. - Secondo il Santo Padre, che
torna sul problema della secolarizzazione in tanti suoi discorsi, il rimedio
che offre la Chiesa - e che devono rendere anche i religiosi e le religiose - è
quello di testimoniare il primato di Dio, della spiritualità, in questo mondo
così accecato dai beni materiali. Testimoniare che solo il Signore, solo Dio
può veramente appagare il cuore dell’uomo: in Lui l’uomo può trovare la sua
gioia, la sua speranza e in fondo il senso della sua vita. Questa penso sia la
testimonianza essenziale che i religiosi danno, oggi,
al mondo: che questa vita - la vita nella cornice del tempo tra la nascita e la
morte non è tutto - che l’uomo è creato per delle cose più grandi, più
durature, è creato per raggiungere un giorno il Signore e vivere con Lui,
essere con Lui. Ecco la testimonianza essenziale dei religiosi, dei consacrati,
oggi.
D. - Eminenza, oggi assistiamo ad
una crisi vocazionale per quanto riguarda gli Istituti religiosi di vita
attiva, mentre la simpatia dei giovani si rivolge piuttosto verso gli Istituti
di vita contemplativa. Un suo parere a proposito…
R. - Direi che è abbastanza
comprensibile. La vita contemplativa attrae perché ha una specificità,
un’identità molto chiara, molto trasparente nella mentalità della generazione
giovane di oggi, mentre la vita attiva, o la vocazione delle religiose e dei
religiosi attivi, crea dubbio in tanti giovani, perché lo Stato per esempio ha
preso nelle sue mani e sotto la sua responsabilità le attività che prima
svolgevano i religiosi e le religiose, come per esempio le scuole, la
formazione, l’educazione, la cura dei malati e così via. Tutti questi servizi
oggi li ha presi in mano lo Stato e così, spesso, le religiose o i religiosi
non vedono che sia una vocazione chiara per loro. Nella vita contemplativa,
invece, evidentemente lo Stato non penetra e la vocazione alla vita
contemplativa appare in tutta la sua originalità e in tutta la sua forza e
bellezza.
D. - Eminenza, lei cosa pensa che
direbbero oggi un San Francesco d’Assisi, un Sant’Ignazio di Loyola, un San
Giovanni Bosco, se tornassero ad annunciare il Vangelo?
R. - Direbbero, penso, quello che
essenzialmente hanno detto nel loro tempo. Direbbero che Dio è l’unica speranza
dell’uomo, l’unico antidoto contro la morte, l’unico che dà un senso alla vita,
l’unico che apre orizzonti infiniti al destino umano. In Lui, dunque, hanno
visto, hanno trovato, hanno sperimentato la libertà, la gioia, il senso della
vita. Direbbero la stessa cosa oggi.
D. - E lei, eminenza, cosa direbbe
ad un giovane che vuole orientarsi verso la vita religiosa? Come spiegherebbe
la bellezza di donare tutto per il Signore?
R. - Ad un giovane che ha un cuore
esigente e che sente la sua vocazione, sente di essere nato per qualcosa di
grande, direi che la cosa per cui vale la pena
impegnare la propria vita sia proprio il Regno di Dio. Il Vangelo di Gesù
Cristo, annunciato e vissuto in questo mondo, nella realtà della vita
quotidiana, è praticamente la cosa più bella, la cosa più grande, la cosa che
ha più senso e che dà senso ad una vita umana. Penso che questo possa essere
ciò che riempie e dà pienezza alla nostra esistenza. Conoscere Gesù Cristo,
dunque, vivere della sua vita, vivere in comunione con i fratelli che hanno la
stessa fede e annunciare questa gioia e questa libertà che il Signore porta e
offre ad ogni uomo.
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RESI
NOTI GLI IMPEGNI DEL PAPA DEI PROSSIMI MESI:
A FINE
APRILE, LA VISITA PASTORALE DI BENEDETTO XVI A PAVIA E VIGEVANO
PER L’ANNIVERSARIO
DELL’ORDINE AGOSTINIANO
La visita pastorale ad una
parrocchia romana, un viaggio di due giorni tra Pavia e Vigevano, in Lombardia,
per i 750 anni dalla fondazione dell’Ordine agostiniano: sono due tra gli
appuntamenti di spicco dei prossimi mesi per Benedetto XVI, oltre alle
cerimonie quaresimali e pasquali. Il calendario degli impegni del Papa è stato
reso noto dall’Ufficio delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Il servizio di
Alessandro De Carolis.
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Il primo impegno di carattere
quaresimale sarà per mercoledì 21 febbraio: Benedetto XVI celebrerà la Santa
Messa nella Basilica romana di Santa Sabina, dove benedirà e imporrà le ceneri.
Dal 25 febbraio a sabato 3 marzo, il Papa e la Curia interromperanno ogni
impegno per la tradizionale pausa imposta degli esercizi spirituali della
Quaresima. Attività che più avanti, alla fine del mese, vedrà fra l’altro il
Pontefice visitare la chiesa romana di Santa Felicita nella borgata di Fidene, che sarà così la prima parrocchia della capitale a
ricevere il Papa nel 2007. Quattro giorni dopo, Benedetto XVI incontrerà i
giovani della diocesi di Roma per una liturgia penitenziale.
Dopo i riti della Settimana Santa
e la Santa Messa di Pasqua dell’8 aprile, da ricordare la Messa per l’80.mo compleanno di Benedetto XVI, in programma per domenica
15, e la visita pastorale a Pavia e Vigevano, tra sabato 21
e domenica 22: dal 1327 la Santa Sede ha affidato alla Custodia dell’Ordine
Agostiniano le reliquie del vescovo di Ippona, e la
visita del Papa concluderà un triennio di celebrazioni legate alla figura di
Sant’Agostino. Tre, infine, le Beatificazioni approvate dal Papa per questo
periodo: si terranno tutte in Italia, tra Torino, Castellammare di Stabia e Rimini, rispettivamente il 14, il 15 e il 29
aprile.
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IL
DIALOGO TRA CRISTIANI E MUSULMANI DEVE ESSERE BASATO SULL’ESPERIENZA:
LO HA
AFFERMATO MONS. MAMBERTI, SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI
STATI,
INTERVENUTO
ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI DON GIUSSANI
“IL
SENSO RELIGIOSO” NELLA TRADUZIONE ARABA
- Ai
nostri microfoni mons. Dominique Mamberti,
il prof. Wael Farouq
e il
principe El Hassan Bin Talal -
Un vero dialogo fra cristiani e
musulmani deve partire dall’esperienza, che consente di apprezzare i valori
autentici dell’altro, di riconoscere ciò che è comune e a rispettare ciò che è
differente. È quanto ha detto ieri l’arcivescovo Dominique
Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati,
intervenuto ieri a Roma, nel gremito auditorium dell’Augustinianum, alla presentazione
dell’edizione in arabo del libro di don Luigi Giussani
“Il senso religioso”. Parlando agli aderenti di Comunione e Liberazione, il
Movimento fondato dal sacerdote scomparso il 22 febbraio di due anni fa, il
presule ha affermato che questo dialogo deve essere portato avanti con
ragionevolezza e collaborazione. Il servizio di Tiziana Campisi:
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“Un dono ai cristiani di lingua
araba che devono affrontare non di rado situazioni difficili”.
Così il segretario per i Rapporti con gli Stati, arcivescovo. Dominique Mamberti, ha definito
la traduzione in arabo de “Il senso religioso”, il primo volume del percorso
nel quale don Luigi Giussani riassume il suo
itinerario di pensiero e di esperienza, toccando le domande che l’uomo si pone
sul significato della vita, della realtà e di tutto ciò che accade. E a
proposito dei cristiani in Medio Oriente, mons. Mamberti
ha osservato:
“Il problema molto doloroso è la
continua diminuzione della presenza cristiana. Soltanto lo scorso anno sono
stati migliaia i cattolici che hanno abbandonato l’Iraq, ma anche in Libano per
le note situazioni di guerra e di violenza. E’ importante perciò sostenere
queste comunità, per loro stesse e per il ruolo che possono e devono svolgere
in Medio Oriente”.
Il libro di mons. Giussani, ha detto mons. Mamberti
può essere utile anche ai musulmani, suggerisce infatti
spunti per far fronte alla crisi che il mondo musulmano sta vivendo in varie
forme a causa del divario tra fede e ragione. Quindi mons. Mamberti
ha aggiunto:
“C’è una sfida che il mondo
islamico è chiamato ad affrontare, come è avvenuto e continua ad avvenire per
la Chiesa cattolica e nella quale ci possiamo aiutare con il dialogo”.
Ma in che modo i
cristiani possono concretamente offrire questo aiuto? Lo abbiamo chiesto allo
stesso mons. Mamberti, avvicinandolo al termine della
presentazione del libro:
R. – Penso proprio nel rinnovare
la nostra disponibilità e la nostra offerta di dialogo con tutti ed offrendo
proprio questa grammatica del dialogo che è l’uso della ragione: essa è un
fondamento comune a tutti che ci consente di andare alle questioni
fondamentali, di non rimanere quindi in superficie, ma ci permettere di
arrivare alle questioni fondamentali della fede.
E il mondo islamico come può
affrontare questa sfida tra fede e modernità? Il parere del prof. Wael Farouq, docente di scienze
islamiche alla facoltà copto-cattolica di Sakakini, al Cairo, presente ieri a Roma:
R. – (Parole in lingua araba)
“Il mondo arabo vive la modernità,
ma allo stesso tempo la rigetta. Questa è la sfida. E’ necessario che il mondo
arabo cerchi la propria identità sia nel suo patrimonio che nella sua vita
quotidiana. Io confermo ed affermo che tutti gli arabi, senza eccezione, sono modernissimi ed
europeisti nella loro pratica”.
Ma in questa realtà che il mondo
islamico sta attraversando, può crescere il dialogo fra cristiani e musulmani?
Ancora il prof. Farouq:
R. – (Parole in lingua araba)
“Questo dialogo non deve essere un
dialogo tra cristianesimo ed islam, ma tra i fedeli appartenenti alle due
religioni, tra la gente normale e non specificatamente tra uomini religiosi,
tra leader religiosi. Il dialogo deve essere una testimonianza e, quindi, il
modo migliore per dialogare è che ogni parte metta in pratica la propria
cultura. Non si tratta soltanto di uno scambio di tesi o di teorie teologiche.
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E su questo argomento,
intervistato dal nostro collega della redazione inglese Charles
Collins, si è espresso anche El
Hassan Bin Talal, principe della corona del Regno di Giordania,
fratello del defunto re Husseim e zio dell’attuale re
Abdullah II, ricevuto ieri in udienza dal Papa in
Vaticano. Il principe Hassan è considerato una delle
voci arabe più autorevoli a favore della modernizzazione, un fautore del
dialogo e delle riforme democratiche in Medio Oriente. Autore del libro “Il
cristianesimo nel mondo arabo”, ritiene importante il ruolo degli arabi
cristiani nella mediazione tra islam e mondo esterno.
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Well, I would like to refer to the Declaration of
European Muslims, ...
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“Vorrei fare riferimento alla
Dichiarazione dei musulmani d’Europa: ovviamente, questo fa parte della
stabilizzazione dell’Europa sud-orientale. Ricordiamo che stiamo parlando dei
musulmani e della Casa della riconciliazione in Europa. Credo che l’appello che
i musulmani europei rivolgono agli europei affinché assumano un ruolo-guida
nella promozione della pace e della sicurezza nel mondo, è indice di una nuova
identità che sta nascendo. E’ un’identità che crede nell’importanza di leggere
e studiare, di avere un credo religioso e lavorare sodo, di
essere pii e rispettosi nei riguardi dei genitori, non dimenticando il
valore della famiglia...In questo senso, credo che le notizie che parlano di
storie positive non vengano messe sufficientemente in risalto dai media. E’
necessario quindi togliere ai media il ruolo di
intermediari e sviluppare una maggiore partecipazione diretta dei cittadini,
raggiungere l’opinione pubblica e riscoprire la sovranità popolare”.
Quale contributo può offrire in
questo senso il dialogo fra i popoli? Ascoltiamo
ancora il
principe El Hassan Bin Talal:
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The purpose of conversation is building bridges with
the international. …
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“Lo scopo del dialogo è costruire
ponti con la comunità internazionale. Abbiamo la sensazione di essere stati
polarizzati tra gli estremi e gli estremisti. Sono felice di essere insieme al
mio collega sciita proprio per ricordare al mondo che esiste un islam
eterogeneo. In secondo luogo, ci tengo a sottolineare che considero una sfida
essere associato ai miei colleghi ebrei, in quanto una volta ancora veniamo qui
per parlare di legittimazione e la legittimazione dell’istruzione è parte di
questo discorso. Ho fortemente sottolineato lo stato pietoso dell’istruzione in
Terra Santa, oggi. Ho ricordato l’istituzione del Centro ecumenico “Tantum”,
nel 1966, e le recenti parole del cardinale Martini secondo cui il livello
dell’istruzione è sempre più carente. Sono convinto che, in questa situazione
di estremismo, attualmente ci troviamo nella situazione che Demostene, per
ridefinire la moderazione, aveva descritto tanto bene, dicendo: “Non elevarti
troppo, non denigrare il prossimo”. Questo è il codice di condotta che vorrei
vedere sviluppato, attraverso la vera comprensione e la vera istruzione che
rivesta un vero significato per tutti”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Un
articolo di Umberto Santarelli dal titolo “La ‘verità sul matrimonio’”.
Servizio estero - Medio
Oriente: di nuovo infranta la tregua tra Hamas ed al Fatah; la Striscia di Gaza ad un passo dalla guerra civile.
Servizio culturale - Un
articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Uno spazio
di sintesi e di dialogo fra l'antico e il moderno”: Palazzo Madama a Torino e
il suo nuovo volto dopo gli imponenti lavori di restauro.
Servizio italiano -
Tragico rogo in provincia di Vicenza; morti tre fratellini nella loro casa.
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2 febbraio 2007
I LIVELLI DEL MARE E DELLE TEMPERATURE SALIRANNO, I GHIACCI SI
SCIOGLIERANNO ED IL SURRISCALDAMENTO DURERÀ OLTRE UN MILLENNIO: QUESTE LE
PREVISIONI
DEGLI ESPERTI DEL GRUPPO INTERGOVERNATIVO SUL CAMBIAMENTO
CLIMATICO,
RIUNITI A PARIGI
- Intervista con Giampiero Maracchi -
Un grave allarme climatico giunge da Parigi, dov’è stato diffuso
questa mattina il documento redatto dai 500 esperti del Gruppo intergovernativo
sul cambiamento climatico, costituito nel 1998 dalle Nazioni Unite. Il servizio
è di Salvatore Sabatino:
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Un forte grido di allarme. I dati di sintesi emersi dal lavoro del
gruppo di esperti intergovernativo delle Nazioni Unite sono preoccupanti. La
temperatura del pianeta da oggi alla fine del secolo potrebbe salire tra 1,8 e
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Dagli esperti del gruppo
intergovernativo sul cambiamento climatico, riuniti a Parigi, arriva dunque un
inquietante allarme. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, climatologo e direttore dell’Istituto di Biometeorologia
del CNR di Firenze, Giampiero Maracchi:
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R. - E’ il risultato di quello che
è stato fatto negli ultimi quattro anni. Il riscaldamento complessivo del
pianeta mette a rischio la macchina del clima, la sta cioè modificando,
causando quei fenomeni che vediamo già da 16 anni. I primi segnali si sono
avuti negli anni Novanta e in questi anni abbiamo già pagato molto per questi
fenomeni che sono tre volte più intensi e più frequenti
del passato.
D. - Ma i conflitti tra uomo e
ambiente sono inevitabili?
R. - Secondo me no, ma questo
richiederebbe una riflessione a tutto tondo, centrato su due quesiti. Il primo
quesito fondamentale: partendo dall’inizio della scienza sperimentale, da
Galileo in poi, abbiamo ottenuto di liberare l’uomo occidentale dalla fame, da
una parte di malattie, dalla fatica fisica. Abbiamo quindi ottenuto dei
benefici. Si potevano ottenere gli stessi benefici attraverso una strada
diversa? Il secondo quesito è ancora più importante, poiché riguarda il futuro:
ci sono cinque miliardi e 200 milioni di persone che anelano a questi stessi
risultati, è possibile ottenerli con una strada diversa? Questo rimette allora
in discussione una serie di temi fondamentali: è possibile un’economia che non
sia guidata dai temi del mercato e del profitto? E’ necessario discutere di
questo, se vogliamo veramente risolvere i problemi ambientali.
D. – Dunque, i principali
responsabili di questi attacchi contro l’ambiente restano i modelli economici
adottati dall’uomo…
R. – Io sono di origine liberale
dal punto di vista economico. Mi rendo conto però che così come è caduto il
Muro di Berlino dal punto di vista politico, sta ora cadendo un altro muro: il
pianeta con questo modello economico non regge.
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SPETTA
ANCHE ALLA CHIESA IL DIRITTO DI MANIFESTARE IL PROPRIO PENSIERO:
LO
RIBADISCE OGGI “L’OSSERVATORE ROMANO”, A MARGINE DEL DIBATTITO
APERTO
IN ITALIA SUI PACS E
IN
DISCUSSIONE AL PARLAMENTO
-
Intervista con il prof. Giuseppe Dalla Torre -
Il diritto della Chiesa di
intervenire su questioni che riguardano la difesa della vita e della famiglia, viene ribadito oggi da “L’Osservatore Romano”, a margine
delle montanti polemiche in Italia circa i PACS e la legge sulle unioni di
fatto in discussione al Parlamento, che vede alcuni sostenitori della nuova
normativa denunciare l’ingerenza – a loro dire – di un presunto “Governo del
Papa”. Il servizio di Roberta Gisotti.
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E’ Cesare Mirabelli,
presidente emerito della Corte costituzionale, a chiarire – in un editoriale
che compare in prima pagina sul quotidiano vaticano – che in gioco è “non solo
la libertà della Chiesa, ma la stessa libertà di manifestazione del pensiero”.
“Si può comprendere – scrive Mirabelli – che il
giudizio morale della Chiesa ed il suo insegnamento in questioni che sono
oggetto di largo dibattito, per le quali si manifestano opinioni diverse ed anche vivacemente
contrastanti nella società, non sia da pochi o da molti condiviso. Si può anche
comprendere – aggiunge il giurista – che il dissenso sia
sincero ed esplicito, che a quell’insegnamento non si
aderisca ed anzi lo si contrasti. Non si può invece comprendere – sottolinea Mirabelli – che si pretenda di escludere la legittimità di
manifestare quel giudizio e quell’insegnamento,
venendo così a colpire la libertà di esprimerlo, anche nella più sottile forma
dei limiti che si intendono porre ai modi della sua manifestazione.” “Rimane allora l’impressione – conclude il
costituzionalista Mirabelli – che la denuncia di
indebita invasione della sfera politica intenda non
solo mettere fuori campo una voce autorevole e dissonante dalla propria
impostazione, ma anche escludere che sia legittima o ammissibile la stessa
concezione che quella voce manifesta.”
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Prosegue intanto, in
Italia, il dibattito politico dopo il via libera della Camera alla mozione dell'Ulivo sulle
coppie di fatto. Il voto impegna il governo a presentare un disegno di legge
(DDL) entro la metà febbraio sul riconoscimento giuridico delle unioni di
fatto, in attuazione del programma dell'Unione. Ascoltiamo l’intervista di
Debora Donnini al prof. Giuseppe Dalla Torre,
presidente onorario dei giuristi cattolici:
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R. –
D. – Chi è contrario al riconoscimento
giuridico per le coppie di fatto sostiene che ci sono già dei diritti
soggettivi garantiti…
R. – Facciamo due o tre esempi.
D. – Dal punto di vista fiscale,
cosa si può dire?
R. – Dal punto di vista fiscale,
oggi la coppia di fatto ha dei vantaggi maggiori rispetto alla famiglia
costituita sul matrimonio. Questo è un paradosso. L’art. 31 della Costituzione
dice che
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MORTO GIANCARLO MENOTTI, MUSICISTA DI FAMA
MONDIALE,
FONDATORE
E ANIMA DEL “FESTIVAL DEI DUE MONDI” DI SPOLETO
Grande lutto nel mondo della
cultura per la scomparsa, ieri pomeriggio a Montecarlo,
di Giancarlo Menotti, compositore, regista e librettista tra i più importanti
del ‘900, internazionalmente noto come ideatore e
anima del “Festival dei Due Mondi” di Spoleto, che lascia proprio a pochi mesi
dal 50.mo anniversario.
Menotti aveva 95 anni e si trovava nel Principato di Monaco assieme al figlio
Francis, per l’allestimento della sua opera “La medium”.
Il compositoree
era nato a Cadegliano, in provincia di Varese, nel
1911, e aveva studiato al Conservatorio Verdi di
Milano, ma furono gli Stati Uniti il teatro della sua affermazione artistica dove,
spinto da Arturo Toscanini, si iscrisse al Curtis Institute di Philadelphia,
avendo come compagni di studio e lavoro, tra gli altri, Leonard
Bernstein e Samuel Barber.
Nel 1950, “Il Console”, opera sull’emigrazione italiana in America, gli fece
guadagnare una copertina sul Time e il Pulitzer per
la musica, premio che raddoppiò nel ’54 con “La santa di Bleeker
Street”, rappresentata per la prima volta a Broadway.
Nel 1958, fondò il “Festival dei Due Mondi” a Spoleto, uno dei primi eventi
culturali internazionali nell’Italia del dopo-guerra e della ricostruzione,
scenario di prestigiose produzioni di Visconti, Ronconi,
De Simone, gemellato, nel 1977, con Charleston, nel South
Carolina. Tra i suoi ultimi incarichi, anche la direzione artistica del Teatro dell'Opera
di Roma nel 1993. Ce ne parla A.V..
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Giancarlo Menotti è stato
soprattutto il suo Festival, invenzione d’arte e spettacolo
unica e inimitabile, che ha riportato l’arcivescovado di Spoleto agli
antichi fasti del Regno Pontificio. Riascoltiamolo rievocare quei momenti:
R. - Io ho fondato il Festival di
Spoleto per un bisogno spirituale. Quando avevo 50 anni, ho cominciato a
sentire il bisogno di sentirmi utile, utile ad una città. Mi sono ribellato
all’idea di essere la persona che diverte il pubblico, dopo pranzo. Volevo
essere il pane di una città. Volevo dimostrare al mondo che l’artista in una
comunità non è soltanto una persona che diverte, è una
persona che può anche più di educare, può essere anche una presenza molto importante
per lo sviluppo economico di una città. L’artista è altrettanto necessario alla
comunità, quanto gli altri professionisti.
Ma negli anni più recenti l’ultimo
grande compositore lirico italiano era tornato alle sue opere, lamentando di
averle trascurate per il Festival:
R. - Per 15 anni ho proibito la
mia musica al Festival, perchè non volevo che si pensasse che facevo questo
Festival per aiutare la mia musica. L’ho fatto veramente come un atto di
altruismo. Posso dire con gioia che ha funzionato, perché adesso Spoleto non è
più una città povera e dimenticata, ma è conosciuta in tutto il mondo.
Gli ultimi compleanni, festeggiati
coralmente il 7 luglio, sempre durante il Festival, erano occasione di
riflessione:
R. - Ognuno di noi ha la propria
morte ed è un’esperienza che nessuno può avere per noi. Dobbiamo affrontarla
noi stessi. Io, che mi avvicino alla fine della mia vita, lo faccio con
umorismo, con calma, con serenità. Per me la morte è come una persona che mi è
vicina. Io dialogo con la morte ogni giorno, è una compagna abbastanza
straordinaria. Mi fa pensare a tutte le cose cui non pensavo una volta, quella
che io chiamo la mia angoscia metafisica. Io sono credente a metà e non
credente per l’altra metà. Questa è sempre stata quella che io chiamo la mia
lotta con l’Angelo: anzi ho scritto anche una composizione sulla lotta
dell’Angelo con Giacobbe, “Giacobbe e l’Angelo”, il quale tutta la notte lotta
con l’Angelo. L’Angelo poi lo ferisce ad una coscia e lui ha la prima visione
di Dio. Io adesso sono in lotta con l’Angelo. Non sono ancora stato ferito,
perciò ancora non ho avuto questa visione. Spero di averla prima di morire o
morendo.
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Nel messaggio di cordoglio inviato
al figlio Francis, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano definisce
Giancarlo Menotti “Compositore prestigioso dall'inconfondibile genio artistico,
con un grande amore per la pace che ha consentito al Festival dei Due Mondi di
Spoleto di diventare un punto di riferimento per la cultura e la fratellanza fra
i popoli”. “Una delle figure più carismatiche del mondo dello spettacolo”, così
lo ricorda anche il ministro per i Beni e le attività culturali, Francesco Rutelli, riconoscente “per il contributo dato alla cultura
italiana che perde con lui un rappresentante di raro spessore”.
E Spoleto, la città scelta da
Giancarlo Menotti per il suo celebre Festival, vuole testimoniargli ancora una
volta il suo “affetto” candidandosi a ospitarne i funerali, ed è pronta anche a
custodire la sua tomba, così come per un altro dei grandi protagonisti del
Festival, il direttore d'orchestra Thomas Schippers, le cui ceneri riposano in piazza
Duomo.
2 febbraio 2007
Nella repubblica
dominicana, la nuova costituzione deve includere
le radici cristiane e la difesa della vita. Così i
vescovi
DEL PAESE CARAIBICO in un messaggio inviato ieri alla
commissione
che si occupa
della riforma costituzionale
- A
cura di Luis Badilla -
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SANTO DOMINGO. = “E' necessario
definire con chiarezza, senza alibi né equivoci, l’identità dominicana”,
affermano i vescovi del Paese caraibico
sottolineando: “In questa nostra identità va incluso l’elemento religioso, la
fede cristiana che ha ispirato la sovranità nazionale e che, inoltre, ha dato,
storicamente, forma ai comportamenti dei dominicani”. Il testo episcopale,
inviato ieri alla Commissione che si sta occupando delle riforme
costituzionali, chiede anche che sia definita con precisione e chiarezza “la
libertà religiosa di tutte le confessioni cristiane e di altre ispirazioni” e
che sia ugualmente garantito “il diritto di culto”. I presuli chiedono anche
che sia definito con rigorosità il “dovere dello Stato nella difesa e
promozione dei diritti fondamentali”; diritti - si sottolinea - basati
"sull’inviolabilità della dignità umana e non su un qualsiasi consenso
numerico”. Fra tali diritti, “centrale e irrinunciabile, resta quello alla
vita, dal suo concepimento fino alla sua fine naturale”. Alla Commissione, i
vescovi chiedono anche che il nuovo testo costituzionale sancisca come dovere
dello Stato quello di dare al popolo dominicano i servizi essenziali come
l’educazione primaria e media, di qualità e gratuita, salute e servizi clinico-sanitari adeguati,
alloggio e lavoro dignitoso. Infine, la Conferenza episcopale ricorda il dovere
di ogni cittadino di prendere parte - col proprio sforzo e contributo - al
raggiungimento del bene comune, in particolare, assieme allo Stato,
“riconoscendo la famiglia come cellula primaria della società” e, dunque, come
istituzione “alla quale devono essere garantiti tutti i mezzi necessari per il
suo consolidamento”. I vescovi dominicani, in conclusione, ricordano che anche
lo Stato ha i suoi limiti, poiché è al servizio della persona umana e non deve
mai assumere comportamenti autoritari o assolutisti.
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DON ANDREA SANTORO è stato ucciso perché, aiutando
persone in difficoltà, “OSTACOLAVA GROSSI INTERESSI”. LO AFFERMA IL presidente
della Caritas turca, che al mensile “Italia Caritas” parla di traffici di
esseri umani
che affliggono da sempre la zona
ROMA. = Per spiegare l’omicidio di
don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso il 5 febbraio scorso a Trebisonda, in
Turchia, non serve solo la chiave di lettura “religiosa”, ossia la vicenda dei
musulmani contro i cristiani. In quella zona, “c’erano e ci sono problemi
sociali causati soprattutto dal traffico di persone umane; sono questioni che
vedono coinvolte le mafie, anche internazionali”. A parlare è Sleiman
Saikali, libanese, cattolico melchita
e segretario generale della Caritas turca, che ha rilasciato una lunga
intervista al mensile “ItaliaCaritas” anticipata
all’Agenzia SIR. Don Andrea – racconta Saikali - si
impegnava ad aiutare le persone, soprattutto quelle che subivano ingiustizie
sociali e violazioni dei diritti umani. “Perciò – prosegue - certe persone
hanno cominciato a vedere in lui un pericolo, perché ostacolava grossi
interessi”. (E. B.)
UNA GIORNATA PER RICORDARE
LE VITTIME DEL RWANDA E PER SCONFIGGERE
“LA CULTURA DEL GENOCIDIO”. QUESTO L’OBIETTIVO
DELL’INCONTRO CHE SI TERRÀ OGGI POMERIGGIO, A ROMA, PRESSO LA CASA DELLA
MEMORIA E DELLA STORIA
- A cura di Alessia Di Fabio -
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ROMA.=
Un omicidio ogni dieci secondi e circa 800 mila morti in tre mesi quelli
avvenuti in Rwanda nel 1994. E’ in ricordo delle vittime del genocidio tra le
etnie Hutu e Tutsi, la
giornata della memoria che si svolgerà questo pomeriggio, a Roma, alle ore 17,
presso la Casa della memoria e della storia. L’iniziativa, promossa
dall’Associazione Bene-Rwanda ONLUS, fondata e diretta dai cittadini rwandesi
che vivono in Italia, ha l’obiettivo di conservare la memoria di quei tragici
avvenimenti, diffondendo, al tempo stesso, gli strumenti per prevenire il
formarsi di una cultura del genocidio. “La nostra filosofia – ha affermato Francoise Kankindi, presidente
dell’Associazione - si basa sulla convinzione che la condanna dei colpevoli non
sia l’unico modo per ottenere giustizia”. “L’urgenza di approfondire un
dibattito sulla cultura del genocidio – ha aggiunto - è dimostrata dai fatti
che continuano a insanguinare l’Africa”. Durante l’incontro verrà
proiettato un documentario realizzato da Cristina Comencini
nel Paese africano. E’ previsto, inoltre, un dibattito con i testimoni diretti
alla presenza di Flavia Lattanzi, giudice del
Tribunale penale internazionale per i crimini del Rwanda e Jean-Pierre
Ruhigisha, presidente della Comunità rwandese a Roma. All’incontro parteciperanno, inoltre,
anche gli alunni delle scuole romane che presero parte alla visita, in Rwanda,
del sindaco di Roma Veltroni.
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UN
SESTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE E’ AFFLITTA DA SEI “MALATTIE TROPICALI
DIMENTICATE”.
E’ L’ALLARME LANCIATO DALL’OMS CHE HA CHIESTO ALLA COMUNITA’ SANITARIA
INTERNAZIONALE FARMACI E VACCINI EFFICACI
BANGKOK. = “Antiche”, “ampiamente
invisibili”, “silenziose” e dai nomi quasi impronunciabili. Queste le parole
usate nel corso di una conferenza a Bangkok, in Thailandia, da Margaret Chan, neo
direttrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), per
definire le sei “malattie tropicali dimenticate” che colpiscono almeno un
miliardo di persone, un sesto cioè della popolazione mondiale. Si tratta di
malattie che colpiscono soprattutto le fasce deboli della società e che – ha precisato
Chan – provocano una sofferenza umana maggiore di
quella rappresentata dai 270 casi di influenza aviaria riscontrati globalmente
negli ultimi tre anni. Come riporta l’agenzia Misna,
la sola filaria linfatica, nota come
“elefantismo” per le vistose deturpazioni che provoca
– causata da un parassita trasmesso dai morsi di zanzara ed endemica in oltre
80 paesi dell’Africa, dell’Asia, del Sud America e delle isole del Pacifico –
colpisce 120 milioni di persone e ne sfigura o rende inabili a vita circa 44
milioni di persone. La schistosomiasi
(detta anche bilharziosi o distomatosi
sanguigna, contratta attraverso il contatto con acque dolci contaminate dagli
animali portatori di parassiti) è la seconda malattia tropicale prevalente al
mondo dopo la malaria: nel solo continente africano, vi sono 160 milioni di
casi, 30 milioni dei quali cronici. La oncocercosi o
“cecità fluviale”, trasmessa dalla puntura di una mosca nera, è la quarta causa
di cecità nel mondo, la seconda tra le patologie di natura infettiva dopo il
tracoma accecante. La Chan ha sottolineato la
necessità di combattere queste malattie, che – ha detto – contribuirebbe
direttamente a “promuovere lo sviluppo” e le “strategie di riduzione della
povertà”. Nonostante, ultimamente, governi e compagnie farmaceutiche abbiano
collaborato per combattere queste malattie, ha concluso la direttrice generale
dell’OMS, vi è ancora bisogno di “vaccini efficaci, migliore diagnostica e
migliori farmaci per fare progressi veramente epocali”. (E.
B.)
OTTANTUNO giornalisti sono stati uccisi nel 2006, il
dato più alto
degli ultimi anni. Lo afferma il rapporto
dell’organizzazione
umanitaria “Reporter Sans Frontières”, che si dice
inquieta
per la condizione della libertà di stampa nel mondo
PARIGI. = Il 2006 è stato un anno
“nero” per la libertà di stampa nel mondo, che ha visto 110 operatori
dell’informazione uccisi, 871 giornalisti arrestati, circa 1.472 minacciati e 912 media censurati. A dipingere il quadro, è il rapporto
annuale sulla libertà di stampa in 98 Paesi, stilato dall’organizzazione
umanitaria Reporter Sans Frontieres
(RFS) e presentato ieri a Parigi. La situazione nel 2006 è la peggiore dal
1994, quando i giornalisti uccisi furono 103. Per il quarto anno consecutivo,
l’Iraq resta in cima alla lista con 39 morti, segue il Messico (9 morti), le
Filippine (6 morti) e poi Russia, Colombia e Sri Lanka
(3 morti). Per RSF, i Paesi arabi “non hanno conosciuto miglioramenti
democratici significativi”. Anche in Africa non migliorano le cose, con
Etiopia, Eritrea, Costa d’Avorio e Zimbabwe tra i Paesi “più pericolosi”. La
violazione della libertà di stampa ha raggiunto un livello “allarmante” in
Asia, dove anche la censura è un fenomeno “molto esteso”, soprattutto in Cina e
Corea del Nord. Inquieta inoltre quella che RFS
definisce l’attitudine “rinunciataria” dei Paesi democratici a “difendere i
valori che si suppone incarnino”. Nel quadro complessivo, preoccupano infine
anche i sei giornalisti morti e i 142 sequestrati nel primo mese del 2007. (E. B.)
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2 febbraio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
Nei
Territori Palestinesi, è stata infranta la tregua tra al
Fatah, partito del presidente Abu
Mazen, e il gruppo radicale Hamas, al governo. Almeno
due esponenti di al Fatah
sono stati uccisi stamani in una sparatoria nei pressi di Gaza. Nelle ultime ore, secondo fonti mediche, sono morte altre 13 persone. Il
presidente Abu Mazen ha
lanciato un nuovo appello alla calma.
In Iraq, l’esercito americano ha
ucciso, nelle ultime 24 ore, almeno 18 sospetti guerriglieri iracheni a Ramadi, capoluogo della provincia sunnita di Al Anbar. Intanto, nella città
sciita di Najaf è stato imposto il coprifuoco totale
per il timore di nuovi attacchi da parte di gruppi armati, dopo gli scontri di
domenica scorsa, nei quali sono stati uccisi 200 miliziani.
L’Iran ha cominciato a
installare alcune centrifughe nell’impianto nucleare di Natanz,
nella parte centrale del Paese. Lo rivelano fonti diplomatiche a Vienna, anche
se ufficialmente
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R. – Questo dovrebbe essere il
primo passo per la realizzazione di un sistema per la produzione, su scala
industriale, dell’uranio arricchito. C’è una quantità di uranio, secondo quanto
dice l’Iran, per alimentare e produrre combustibile per le centrali nucleari,
per produrre energia elettrica; l’Occidente sospetta o accusa anche l’Iran di
voler usare l’uranio arricchito a livelli molto più
alti, per produrre cioè ordigni nucleari. Il problema è che per ben 18 anni
l’Iran ha continuato le sue ricerche in segreto, senza darne notizia. Fino ad
ora, l’Iran ha messo in funzione solo due cascate di centrifughe, composte da 164 centrifughe l’una, a scopi di ricerca. Questa
costruzione, invece, di tremila centrifughe dovrebbe essere il primo passo per
arrivare ad una produzione, appunto, industriale per arrivare poi nei prossimi
anni addirittura a costruire 50 o 60 mila centrifughe.
D. – La posizione dell’Iran
rimane, dunque, quella del programma nucleare a scopi pacifici. Di fatto,
quanto ci vorrebbe al passaggio a progetti con finalità militari?
R. – Secondo uno studio di
ricerche strategiche britannico, considerato molto affidabile, una volta
installate queste tremila centrifughe, sarebbero sufficienti due o tre anni per
produrre il materiale fissile, e cioè l’uranio arricchito, necessario per
costruire un ordigno nucleare.
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“Una proposta di compromesso”. Così, il
mediatore dell’ONU, Marrti Ahtisaari,
ha definito il piano sul futuro status della provincia del Kosovo illustrando
stamani il progetto al presidente della Serbia, Boris Tadic.
Il piano prevede la creazione di un “Kosovo stabile” per “contribuire alla
sicurezza” dell’intera regione balcanica.
In Italia è previsto nei prossimi
giorni un chiarimento politico nella maggioranza sulla politica estera del
governo, dopo il voto di ieri al Senato sull’ampliamento della base americana.
E’ stato approvato, infatti, un ordine del giorno dell’opposizione di
centrodestra contro il quale si è invece espressa l’Unione. Il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha anche chiesto al capo dell’esecutivo,
Romano Prodi, di rassegnare le dimissioni. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Il termine più usato nei commenti
dei giornali di oggi è paradosso. Paradosso perché l’opposizione di
centrodestra ha presentato un ordine del giorno che accoglie le indicazioni del
ministro della Difesa, Parisi, favorevoli
all’ampliamento della base americana di Vicenza dove è schierata la 173.ma brigata impegnata in operazioni militari in Iraq e
Afghanistan. L’ordine del giorno è stato approvato, con il voto contrario della
maggioranza, grazie a 4 astensioni e a 18 assenze prevalentemente di senatori
centristi dell’Unione.
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Almeno 90
persone sono state uccise tra mercoledì e ieri nel corso di scontri tra forze
dell’ordine e oppositori di un movimento politico nella provincia di Bas Congo, nell’ovest del Paese. La
situazione continua ad essere drammatica anche in
Somalia, dove un gruppo di miliziani islamici ha sparato colpi di mortaio la
scorsa notte a Mogadiscio. Nella sparatoria, secondo fonti
locali, sono morte almeno sette persone.
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