RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 32 - Testo della trasmissione di giovedì 1 febbraio 2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Al via oggi a Parigi il
3° Congresso mondiale contro la pena di morte: con noi Mario Marazziti
CHIESA E SOCIETA’:
Le
Tigri Tamil devono contribuire in maniera positiva al
processo di pace nello Sry Lanka
E’ guerra di attentati in Iraq tra sciiti e sunniti. Numerose vittime a Baghdad
1 febbraio 2007
IL
DIALOGO TRA CULTURE E RELIGIONI E’ UNA NECESSITA’ VITALE
PER I
NOSTRI TEMPI: E’ IL RICHIAMO DI BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA
AI MEMBRI DELLA FONDAZIONE PER LA RICERCA E IL
DIALOGO
INTERRELIGIOSO
E INTERCULTURALE, RICEVUTI STAMANI IN
VATICANO
Il dialogo interreligioso “è oggi più necessario che mai”:
è quanto sottolineato da Benedetto XVI nell’udienza di stamani ai membri della
Fondazione per la Ricerca e il Dialogo interreligioso e interculturale,
organismo che vanta tra i suoi cofondatori anche
l’allora cardinale Joseph Ratzinger.
A guidare la delegazione interreligiosa, il principe Hassan
di Giordania e il metropolita Damaskinos, che ha
donato al Papa una pubblicazione dei tre Libri sacri alle grandi religioni
monoteistiche. Il servizio di Alessandro Gisotti:
**********
Benedetto XVI ha messo l’accento sulla necessità di “un
dialogo vero, rispettoso delle differenze, coraggioso, paziente e perseverante
che attinga la sua forza nella preghiera e che si alimenti dell’esperienza
presente in tutti coloro che credono in Dio e che si affidano a Lui”. La
ricerca e il dialogo interreligioso e interculturale, ha avvertito, “non sono
un’opzione, ma una necessità vitale per i nostri tempi”. Riecheggiando poi il
documento conciliare Nostra Aetate, il Pontefice ha sottolineato che ebrei,
cristiani e musulmani sono chiamati a “riconoscere e sviluppare i legami che li
uniscono”.
Proprio questa, ha detto, è stata “l’idea che ci ha
portato a creare la Fondazione”, il cui obiettivo è ricercare “il messaggio più
essenziale e più autentico” che le tre religioni monoteistiche
“possono offrire al mondo del XXI secolo”. Il fine è perciò quello di donare un
“nuovo impulso al dialogo interreligioso”, mettendo in luce ciò che “nei
rispettivi patrimoni spirituali, contribuisce a rafforzare i nostri legami
fraterni”. Ha, così, lodato la Fondazione per aver realizzato un’edizione dei
tre Libri sacri - la Bibbia, il Nuovo Testamento e il Corano - che sono la
“fonte del credo religioso” e all’origine “di culture che segnano profondamente
i popoli”. D’altro canto, ha aggiunto, “la rilettura, e per certi versi, la scoperta
di testi che tante persone attraverso il mondo venerano come sacri obbligano al
reciproco rispetto nel contesto di un dialogo fiducioso”.
Gli uomini di oggi, è stata la riflessione del Papa,
“attendono da noi un messaggio di concordia e serenità”, così come “la manifestazione
concreta della nostra volontà comune di aiutarli a realizzare la loro legittima
aspirazione a vivere nella giustizia e nella pace”. I lavori della Fondazione,
ha detto ancora, “contribuiranno a una presa di coscienza crescente di tutto
ciò che, nella differenza culturale dei nostri tempi, è conforme alla sapienza
divina e serve la dignità dell’uomo per meglio discernere e meglio rifiutare
tutto ciò che usurpa il nome di Dio e snatura l’umanità dell’uomo”. Ancora, ha
affermato, “siamo invitati a impegnarci in un lavoro comune di riflessione” per
“scrutare il mistero di Dio alla luce delle nostre tradizioni religiose e delle
nostre rispettive saggezze” al fine di “discernere quei valori capaci di
illuminare gli uomini e le donne di tutti i popoli, quali che siano le loro culture
o religioni”.
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LA
TESTIMONIANZA COMUNE DI CATTOLICI E ORTODOSSI
DELLE
TRADIZIONI D’ORIENTE PUO’
AVERE RIFLESSI IMPORTANTI
PER LA
PACE IN TERRA SANTA: COSI’ BENEDETTO XVI ALLA COMMISSIONE MISTA
PER IL
DIALOGO TEOLOGICO CON LE CHIESE ORIENTALI
Pregare per il ritorno all’unità fra Chiesa cattolica e le
Antiche Chiese d’Oriente può avere riflessi fondamentali anche per il Medio
Oriente. Lo ha affermato Benedetto XVI nel ricevere stamattina i rappresentanti
delle Chiese ortodosse orientali, impegnati nei lavori della Commissione mista
che riunisce esponenti della Chiesa di Roma e delle tradizioni ortodosse
orientali che si divisero dai cattolici e dagli ortodossi di Bisanzio dopo il Concilio ecumenico di Calcedonia
del 451 dopo Cristo. Il servizio di Alessandro De Carolis.
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Un “patrimonio ecclesiale” che risale ai primi secoli del
cristianesimo. E un presente di dialogo che può restituire ai cristiani di
Terra Santa il coraggio di testimoniare il Vangelo in un contesto sociale e
politico difficile e spesso drammatico. Il tema dell’ecumenismo e della
stabilità del Medio Oriente sono tornati nelle parole di Benedetto XVI che ha
ricevuto nella Sala dei Papi in Vaticano i membri della Commissione mista per
il dialogo teologico con le Chiese Ortodosse Orientali. Creata nel 2003 e
composta di 14 esponenti, la Commissione studia questioni riguardanti le
strutture di comunione e l’esercizio del ministero apostolico nella Chiesa, sia
dal punto di vista cattolico sia da quello dei copti
e dei siro ortodossi, degli armeni apostolici e delle
altre tradizioni delle Chiese orientali staccatesi da Roma e dall’Ortodossia
bizantina 1500 anni fa.
“La vostra riunione riguardo alla costituzione ed alla
missione della Chiesa è di grande importanza per il nostro comune viaggio verso
il ristabilimento della piena comunione”, ha detto il Pontefice riferendosi
all’incontro della Commissione mista in corso da l’altro
ieri a sabato prossimo. “Molta gente sta ancora aspettando oggi che la verità
del Vangelo sia recata loro”, ha osservato Benedetto XVI, auspicando che
l’esigenza di annunciare il messaggio di Cristo rafforzi cattolici e ortodossi
orientali nella convinzione di lavorare e pregare per l’unità.
“Molti di voi - ha poi proseguito il Papa - vengono dai
Paesi del Medio Oriente”. La “difficile
situazione” che vivono gli individui e la comunità cristiane
nella regione “è una causa di preoccupazione profonda per noi tutti”.
“Effettivamente - ha riconosciuto il Pontefice - le minoranze cristiane trovano
difficile sopravvivere in un panorama geopolitico così volatile e spesso sono
tentate di emigrare”. Dunque, è stata l’esortazione conclusiva di Benedetto
XVI, “i cristiani di tutte le tradizioni e le comunità del Medio Oriente sono
chiamati ad essere coraggiosi e risoluti nella forza
dello Spirito di Cristo. L’intercessione e l’esempio dei molti martiri e Santi
che hanno dato coraggiosa testimonianza a Cristo in queste terre sostenga e
rafforzi le comunità cristiane nella loro fede”.
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IL
CORDOGLIO DI BENEDETTO
XVI PER
STAMANI A ROMA DEL CARDINALE SPAGNOLO ANTONIO
MARÍA JAVIERRE ORTAS,
SALESIANO, PREFETTO EMERITO DELLA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO.
AVEVA 86 ANNI
Il Papa ha espresso il suo
profondo cordoglio per la morte avvenuta stamane a
Roma del cardinale spagnolo Antonio María Javierre Ortas, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e
Il
porporato era nato a Siétamo, nella
diocesi di Huesca, in Spagna, il 21 febbraio 1921.
Sacerdote a 28 anni è stato rettore magnifico dell’Università Pontificia
Salesiana. Particolarmente intensa è
stata la sua attività accademica con seminari e conferenze negli atenei di
tutto il mondo. È stato l'ideatore, il fondatore e il segretario generale dei
"Simposi" di Teologia Fondamentale a Lovanio
e Gazzada.
Anche in campo ecumenico, ha svolto
un'intensa attività. È stato chiamato come esperto dell'Episcopato spagnolo ai
lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II. Consultore del Segretariato per
l'Unione dei Cristiani, per un triennio è stato membro di "Fede e Costituzione"
nel Consiglio Ecumenico delle Chiese. Il 20 maggio 1976 è stato eletto arcivescovo
titolare di Meta e nominato segretario della Congregazione per l'Educazione
Cattolica. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 29 giugno dello stesso anno.
All'interno della Curia Romana, ha offerto il contributo delle proprie
conoscenze ed esperienze a numerosi dicasteri. Archivista
e bibliotecario di Santa Romana Chiesa dal 1988, il 24 gennaio 1992, è stato
nominato prefetto della Congregazione per il Culto Divino e
Con la sua scomparsa il Collegio cardinalizio risulta ora
composto da 184 porporati di cui 110 elettori e 74 non elettori.
ALTRE
UDIENZE
Nel corso della mattinata il Papa ha ricevuto anche alcuni
presuli della Conferenza episcopale della Regione Liguria, in visita ad Limina.
Nel pomeriggio riceverà mons. Robert
Sarah, arcivescovo emerito di Conakry, segretario
della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.
CELEBRATA
LA QUINTA RIUNIONE DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI,
IN
PREPARAZIONE ALLA XII ASSEMBLEA SINODALE DELL’OTTOBRE 2008
Si è riunito per la quinta volta il 24 e 25 gennaio scorsi
l’XI Consiglio Ordinario della Segreteria generale del
Sinodo dei vescovi, impegnato nella preparazione della XII Assemblea Generale
Ordinaria del Sinodo, in programma dal 5 al 26 ottobre del prossimo anno sul
tema “
Guidati dal segretario generale del Sinodo, l’arcivescovo Nikola Eterović, i cardinali
e i presuli all’incontro hanno lavorato per ultimare la prima fase di
preparazione del prossimo Sinodo, in particolare nella redazione dei Lineamenta. Nel
corso della “feconda discussione collegiale”, si legge in una nota, “sono
emersi vari suggerimenti
diretti a migliorare il testo e a facilitarne la consultazione. Essi saranno
debitamente integrati nella versione approvata dei Lineamenta”. Stilato anche un Questionario che verrà
inviato alle Chiese particolari allo scopo di aiutarle a “prendere coscienza
del tema e di tutte le sue implicazioni nell’esperienza viva della Chiesa”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Un articolo di Cesare Mirabelli dal titolo “A proposito di un recente articolo su
un presunto ‘Governo del Papa’”.
Servizio estero - Dichiarazione della Santa Sede in
merito all’adozione della Convenzione sulla protezione e promozione dei diritti
e della dignità delle persone disabili.
Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo “Quel lavoro oscuro dei piccoli editori
che aiutano l’autore a generare l'opera”: a margine dell’uscita di “Lettera a
un giovane scrittore” di Claire Delannoy.
Servizio italiano - In
evidenza un articolo dal titolo: “Famiglia ferita; coppie di fatto: passa la
mozione dell’Unione”.
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1 febbraio 2007
LE
SPERANZE DI PACE IN SOMALIA DERIVANO DAL FATTO
CHE
COSÌ,
ALLA NOSTRA EMITTENTE, IL VESCOVO DI GIBUTI
E
AMMINISTRATORE APOSTOLICO DI MOGADISCIO, MONS. GIORGIO BERTIN
Si chiama “Conferenza di riconciliazione nazionale” la
possibile strada verso la pace in Somalia. La proposta è stata lanciata al
Vertice dell’Unione Africana, tenutosi nei giorni scorsi ad
Addis Abeba, dal presidente somalo Abdullahi Yusuf Ahmed per promuovere,
insieme con la comunità internazionale, una pace autentica. La situazione nel
Paese, devastato da una guerra civile che dura da 16 anni, si è infatti ulteriormente aggravata, negli ultimi mesi, con lo
scontro tra guerriglieri delle Corti islamiche e soldati del governo di
transizione, sostenuto da truppe dell’Etiopia e anche dall’aviazione
statunitense. Ma ci sono concrete speranze per un futuro di riconciliazione in
Somalia? Roberta Gisotti lo ha chiesto al vescovo di Gibuti
e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin.
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R. – Le speranze derivano dal fatto che
D. – L’importante è che questa conferenza di
riconciliazione annunciata si faccia magari anche in tempi brevi?
R. – Sì, pur sapendo che poi, nella tradizione somala sono
molto lunghi nelle loro trattative, nelle loro discussioni; potrebbe essere una
conferenza che durerà anche troppo ...
D. – Tra i miliziani delle Corti islamiche usciti
sconfitti, e i cosiddetti “signori della guerra” usciti vittoriosi, chi si deve
temere di più sulla strada della riconciliazione nazionale, promessa dal
presidente in carica Yusuf?
R. – Ma, anzitutto io criticherei il fatto di dire che
sono i “signori della guerra” i vincitori; i vincitori sono il governo di
transizione, rappresentato dal presidente Abdullah Yusuf che, anche se ha avuto un passato un po’
“burrascoso”, non qualificherei certamente come “signore della guerra”. Ha una
visione davvero di persona che ama la sua nazione e che vuol rivedere lo Stato
rinascere. Certamente, il presidente dovrà tenere sotto controllo i “signori
della guerra” che ha dovuto accogliere sotto il suo mantello, per evitare
appunto che sembri una rivincita dei “signori della guerra”.
D. – C’è poi il nodo delle truppe etiopi che hanno
sostenuto il governo di Yusuf ...
R. – Quanto prima è bene che le truppe etiopi si ritirino;
naturalmente, questo “quanto prima” dipenderà veramente dalla comunità
internazionale e particolarmente dall’Unione Africana, perché non si può dire
alle truppe etiopiche “uscite”, se non c’è qualcuno che le sostituisce. Il
governo di transizione non è ancora in grado di assicurare la sicurezza.
D. – Di questa Somalia afflitta
da 16 anni di guerra civile si parla poco in termini umanitari ...
R. – Ci sono state in questi 16 anni ondate di interessi.
Quando le calamità erano molto grandi, numerose, allora l’attenzione dei mass
media aumentava. Ecco, bisognerebbe che si seguisse con una certa costanza lo
sviluppo e soprattutto che venissero messi in risalto
quegli aspetti positivi piuttosto che prendere nota solo di “imboscati di qui”,
“uccisioni di là” ... Bisogna che il mondo della comunicazione sappia vedere
che ci sono dei passi positivi che vengono fatti.
D. – Si deve pensare, quindi, oltre alla riconciliazione,
naturalmente prioritaria, alla ricostruzione anche materiale di questo Paese
...
R. – Certo, perché tutta l’infrastruttura è stata
distrutta: dal sistema delle strade, all’elettricità, il trasporto dell’acqua.
E’ tutto da ricostruire! Gli ospedali, le scuole, tutto .
..
D. – E per questo ci vorranno anche ingenti aiuti?
R. – Ingenti aiuti, ma bisognerà fare accompagnare gli
ingenti aiuti anche da un controllo altrettanto accurato!
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DA OGGI AL 3 FEBBRAIO, A PARIGI,
IL III CONGRESSO MONDIALE CONTRO LA PENA DI
MORTE
- Ai
nostri microfoni Mario Marazziti -
La pena di morte:
un’inspiegabile e drammatica pratica ancora esistente in molti Paesi. Per fare
il punto sulla situazione è iniziato stamani a Parigi il “III Congresso Mondiale
contro la Pena di Morte”, promosso dalla Coalizione contro la pena capitale,
organismo internazionale creato dalla Comunità di Sant’Egidio, da anni in prima
linea per l’ottenimento di una moratoria universale sulle esecuzioni.
Sull’entità del fenomeno delle esecuzioni oggi nel mondo, Giancarlo La Vella ha intervistato Mario Marazziti
della Comunità di Sant’Egidio, relatore al Congresso di Parigi:
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R. – C’è un cambiamento a
livello planetario, perché negli ultimi 15 anni, 40 Paesi hanno abolito la pena
di morte. Quindi, c’è un movimento inarrestabile, culturale, civile, politico,
istituzionale che va verso la convinzione che questa pena è ormai
inaccettabile, barbara, inutile, antiumana, umilia la società, umilia lo Stato
e va davvero messa – come la schiavitù e la tortura – nel carnet del passato.
Ma abbiamo anche grandi Paesi – India, Cina, Stati Uniti, Giappone e molti
Paesi arabi – che ancora ne fanno uso. Questo crea una grande contraddizione.
La nuova iniziativa può essere una grande risoluzione per una moratoria
universale all’assemblea generale delle Nazioni Unite. In realtà, però, non è
certo un cammino facile.
D. – Negli Stati Uniti, la più
grande democrazia del mondo che mantiene ancora la pena capitale, per la prima
volta l’opinione pubblica si è schierata in maggioranza contro la pena di morte…
R. – C’è un cambiamento
nell’opinione pubblica americana. Lo scandalo che riguarda troppi innocenti –
siamo a 124 – che sono stati nel braccio della morte; l’orrore per le persone
che non muoiono con l’iniezione letale se non dopo trenta minuti, l’orrore per
la sedia elettrica che fa bruciare le teste: tutto questo orrore sta creando una inquietudine e si cerca una alternativa.
D. – Tra le immagini più crude,
alle quali abbiamo assistito recentemente, anche quelle dell’impiccagione di
Saddam Hussein. Un evento che ci porta all’utilizzo della pena di morte a scopi
politici: anche questo è uno degli aspetti inquietanti da evidenziare?
R. – La pena di morte è usata
dai Paesi totalitari, dalle non democrazie per colpire gli oppositori politici
e le minoranze religiose ed etniche, mentre nei Paesi democratici di fatto colpisce le minoranze sociali, perché invece di
risolvere i problemi sociali, si aumentano le prigioni e alla fine la pena di
morte dà in pasto all’opinione pubblica l’idea che si è duri con il crimine. In
realtà si sta soltanto legittimando una cultura di morte, addirittura a livello
statale. L’esecuzione di Saddam Hussein ha portato alla luce questa
contraddizione. Saddam Hussein era colpevole di alcuni crimini, ma si tratta
della giustizia dei vincitori e questa giustizia dei vincitori, deve essere
meglio della giustizia di chi si vuole colpire. Il mondo avrebbe veramente
avuto tutto da guadagnare dalla non uccisione di Saddam Hussein, proprio per
dimostrare un più alto livello di giustizia e di civiltà.
D. – Un nuovo e drammatico
aspetto della pena di morte viene da un Rapporto canadese, che evidenzia come
spesso dei condannati a morte vengano utilizzati - a
scopo di commercio - gli organi…
R. – Questo è possibile e c’è
qualche testimonianza in questo senso. E’ terribile, è orribile. Questo mostra
quanto la pena di morte sia parte di un meccanismo di
cultura di morte e addirittura, forse, di business.
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LA
REGIONE LOMBARDIA STABILISCE CHE TUTTI I FETI,
ANCHE
QUELLI ABORTITI PRIMA DEI 5 MESI DI VITA, ABBIANO UNA DEGNA SEPOLTURA
-
Interviste con Roberto Formigoni ed Erica Vitale
Palazzi -
In Italia,
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R. – Fino ad oggi sulla base della legge nazionale i feti
abortiti venivano considerati e trattati come rifiuti
ospedalieri e, quindi, smaltiti come qualunque materiale organico. Ma noi sappiamo
che non è così. I feti sono esseri umani, anche se ancora all’interno del seno
della madre, che per motivi volontari o involontari hanno dovuto cessare la
loro esistenza. Ci è sembrato importante dare due possibilità: prima di tutto la possibilità di informazione e quindi la madre o
i genitori verranno informati che, se lo desiderano, è possibile una vera e
propria cerimonia funebre; la seconda, nel caso in cui la madre o i genitori
non ne vogliono sapere, sarà comunque data una sepoltura degna che porta
all’inumazione in una terra dedicata all’interno del cimitero.
D. – Già ci sono delle associazioni convenzionate con gli
ospedali che offrono un servizio simile a chi lo chiede. Cosa cambia allora?
R. – Con questo regolamento viene
stabilita l’obbligatorietà di portare rispetto anche ai feti sotto le 24
settimane, che ci sia o che non ci sia l’interesse a dedicare loro una vera e
propria cerimonia funebre. Prima doveva essere la madre o la famiglia a
chiedere un trattamento di riguardo.
D. – Come risponde a chi accusa il regolamento di
colpevolizzare ancora di più chi abortisce?
R. – Non c’è l’intenzione di colpevolizzare nessuno, non
c’è nessun obiettivo ideologico. Noi ristabiliamo semplicemente la verità: un
feto non è del materiale organico qualsiasi. Ha questa dignità che deve essere
riconosciuta ad ogni essere umano.
D. – Sulle stesse possibili critiche al regolamento,
risponde anche la vice-presidente del Movimento per la
Vita in Italia, Erica Vitale Palazzi:
R. – Sapere che, comunque, questo nuovo essere umano viene accompagnato e non buttato via, può essere un cammino
per riassorbire meglio il lutto che rimane sempre dopo un aborto.
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“UN
VERO PRETE ROMANO”: IERI POMERIGGIO IN CAMPIDOGLIO,
LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI AUGUSTO D’ANGELO
“DON ANDREA SANTORO.
UN
PRETE TRA ROMA E L’ORIENTE”. L’INIZIATIVA, A UN ANNO DALLA MORTE
DEL
SACERDOTE, UCCISO NELLA CITTÀ TURCA DI TREBISONDA IL 5 FEBBRAIO 2006
- Con
noi, Augusto D’Angelo e Andrea Riccardi
-
“Don Andrea Santoro. Un prete tra Roma e l’Oriente”: così,
il libro di Augusto D’angelo, presentato ieri pomeriggio in Campidoglio, ad un
anno dalla morte del sacerdote, ucciso – lo ricordiamo – nella sua chiesa nella città turca di Trebisonda il 5 febbraio del 2006.
Presente nella sala romana della Protomoteca anche il cardinale vicario,
Camillo Ruini, che lunedì sarà proprio a Trebisonda
per celebrare una Messa in ricordo di don Santoro. Per noi c’era Roberta Moretti:
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Un incontro commovente, alla
presenza della madre e delle sorelle di don Santoro, che anticipa la Messa di
suffragio in sua memoria che la diocesi di Roma celebrerà lunedì prossimo nella
cappella del Seminario Romano Maggiore, di cui don Santoro è stato alunno.
L’autore del libro, Augusto
D’Angelo:
“Don Andrea Santoro era un prete profondamente radicato a
Roma, dove era stato parroco e vice parroco per oltre 30 anni, ma che della
Roma cattolica aveva preso tutta l’universalità, per cui
guardava verso Oriente, laddove c’erano le radici della fede, voleva
riscoprirle e ricongiungere quelle radici a Roma”.
Stessa attenzione alla romanità di don Santoro anche da
parte di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità
di Sant’Egidio, che ha curato l’introduzione del libro dedicato al sacerdote:
“Don Santoro è un vero prete romano e un uomo di grande
apertura umana. Un uomo che, in un mondo in crisi che si divide, ha creato dei
grandi ponti”.
“Don Andrea – ha aggiunto Riccardi
– era un prete-prete. Non un operatore sociale. E nemmeno un intellettuale,
anche se era colto, informato e intelligente. Era uno che viveva la fede, la
comunicava e la celebrava”. Del sacerdote, Riccardi
ha ricordato poi l’“inquietudine non immatura”, che lo ha condotto in Turchia.
“Per lui – ha precisato – la Turchia non è solo una terra di azione pastorale,
ma anche un deserto, un luogo per parlare con Dio, per ascoltarlo”.
“Dall’Oriente – ha concluso Riccardi – don Andrea
capisce di più l’occidente e i suoi problemi”, e insegna che “nessuno è
nemico”. Per il sindaco di Roma, Walter Veltroni, don
Santoro ha incarnato quell’“attenzione ai più
bisognosi” e quella “propensione al dialogo” tipica dei romani. “Ci ha
trasmesso – ha spiegato – che la meraviglia del mondo è nell’incontro,
nell’ascolto, nella ricerca, nella curiosità”. “Questo – ha concluso Veltroni – è anche il senso del viaggio di Benedetto XVI in
Turchia”.
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Radiogiornale
1 febbraio 2007
SOSPESO
A DIVINIS IL VESCOVO PARAGUAYANO,
FERNANDO ARMINDO LUGO MÉNDEZ, CANDIDATOSI ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 2008.
IN UN DECRETO
A
FIRMA DEL CARDINALE GIOVANNI BATTISTA RE, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE
PER I
VESCOVI, SI RIBADISCONO I DOVERI DEL PRESULE,
CHE
PUR SOSPESO, RIMANE NELLO STATO CLERICALE
ASUNCION.= Con un decreto a firma del prefetto della
Congregazione per i Vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, è stato sospeso
a divinis
mons. Fernando Armindo Lugo Méndez,
vescovo emerito di San Pedro, in Paraguay, per
essersi candidato alle elezioni presidenziali che si svolgeranno nel Paese nel
2008. Il decreto, che porta la data del 20 gennaio, è stato reso noto oggi. Il
cardinale Re si dice addolorato per la vicenda e ricorda che, nonostante
l’ammonizione canonica da parte della Congregazione per i Vescovi, mons. Lugo non ha rinunciato a candidarsi alle elezioni, come da
lui stesso annunciato il 25 dicembre scorso. Mons. Lugo, nominato vescovo nel 1994 da Giovanni Paolo II, aveva
chiesto nei giorni scorsi al Santo Padre la “rinuncia al ministero ecclesiale”,
per “tornare alla condizione di laico nella Chiesa”. Richiesta respinta giacché
come ha ricordato il cardinale Re in una lettera a mons. Lugo,
“l’episcopato è un servizio accettato liberamente per sempre”. Quindi,
nonostante la sospensione, che proibisce “l’esecuzione di tutti gli atti di
potestà, di ordine e di governo e l'esercizio di tutte le funzioni e i diritti
inerenti all'ufficio episcopale”, viene ribadito che
mons. Lugo “rimane nello stato clericale e continua
ad essere obbligato ai suoi doveri ad esso inerenti”. Il prefetto della
Congregazione dei Vescovi sottolinea, infine, che compito del vescovo è di
guidare i fedeli “seguendo in tutto la suprema legge
della Chiesa”, che opera “per la salvezza delle anime e non il governo della
comunità politica”. (A.G.)
E’ stato accolto con gratitudine nella diocesi di
luanda, in angola,
il messaggio
di solidarietà del papa, IN SEGUITO ALle alluvioni
dei giorni
scorsi, che hanno fatto 85 vittime 10 MILA sfollati
LUANDA. = In Angola, l’arcidiocesi di Luanda ha espresso
gratitudine per il messaggio di solidarietà inviato nei giorni scorsi da
Benedetto XVI per le vittime e per i danni che le alluvioni hanno causato in
zone estese della capitale angolana. Il nunzio
apostolico, mons. Angelo Becciu, ha letto il
telegramma del Papa in diretta televisiva durante la celebrazione eucaristica domenicale
in una delle parrocchie di Luanda, mentre attraverso varie parrocchie e la
Caritas proseguono le operazioni di soccorso. In particolare, l’agenzia MISNA,
citando il servizio di protezione civile nazionale (SNPC), parla
dell’attivazione di diversi centri di accoglienza che, nei dintorni di Luanda,
offriranno ospitalità alle 10 mila persone le cui case sono andate distrutte in
seguito alle forti piogge. Gli sfollati continuano ad affluire ai centri, i
quali – ha precisato un portavoce della SPNC - sono in grado di ospitarli per
un periodo di tre–sei mesi. Secondo la stessa fonte,
sono state 85 le vittime di crolli, smottamenti e altri
incidenti conseguenza delle forti precipitazioni continuate per giorni e
ancora si cercano decine di persone. Altre fonti ufficiali hanno stimato in 30
mila il numero di persone che, a vario titolo, avranno bisogno di assistenza. (E. B.)
SENEGAL:
EVITARE ECCESSI VERBALI E VIOLENZA.
LO
HANNO DETTO I VESCOVI LOCALI,
RIVOLGENDOSI
AI PARTITI POLITICI E AGLI ELETTORI,
IN
VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL PAESE IL 25 FEBBRAIO
DAKAR. = “Richiamiamo i governanti al dovere di permettere
lo svolgimento di elezioni nel rispetto delle coscienze, nella più completa
trasparenza, nella sicurezza della collettività e nel rispetto del verdetto
delle urne”. E’ l’appello dei vescovi del Senegal, che, in vista delle
presidenziali del 25 febbraio, si rivolgono ai partiti politici affinché
affrontino la campagna elettorale “evitando eccessi verbali e violenza”, si
rispettino a vicenda e “soprattutto” si astengano dal “ricorso all’uso di forze
armate”. I presuli - attraverso una nota citata dall’agenzia MISNA - invitano
gli elettori a partecipare al voto chiedendo alla società civile e ai
mass-media di perseverare nella loro missione di “vigilanza, di difesa e di
promozione dei valori morali”. Il clima nel Paese è teso a causa del rinvio
delle legislative, inizialmente previste nello stesso periodo delle
presidenziali. Sabato scorso le manifestazioni dell’opposizione sono state
sedate con insolita violenza dalle forze dell’ordine, suscitando anche critiche
sulla stampa vicina al governo. Per la massima carica, si candida per la
seconda volta l’attuale presidente del Senegal, Abdoulaye
Wade, 80 anni, eletto nel 2000. (E.
B.)
Le tigri tamil devono contribuire in maniera positiva al processo di pace nello Sry Lanka. E’
l’esortazione della conferenza episcopale locale,
che si dice costernata per le violenze SUBITE DAI
CIVILI
COLOMBO. = Occorre superare la situazione di stallo in cui
versa il processo di pace nello Stri Lanka. La
Conferenza episcopale del Paese affida ad un messaggio la profonda preoccupazione
per la sorte della popolazione civile, che quotidianamente si trova nel mezzo
di combattimenti fra i ribelli delle Tigri Tamil e l’esercito
regolare. I presuli, come riporta AsiaNews, si dicono sotto shock per le sempre
più frequenti uccisioni di civili innocenti e per
questo esortano i ribelli Tamil a desistere dalla
propria intransigenza nei confronti del processo di pace. I vescovi inoltre
sono “profondamente preoccupati” per la miseria in cui vive la popolazione
nelle are a nord ed est del Paese, sotto il controllo delle Tigri Tamil, dove mancano generi alimentari e il costo della vita
aumenta sempre di più. La pace, prosegue il testo, “è essenziale per la
stabilità e lo sviluppo del nostro Paese. Questa può essere raggiunta solo se
si usa giustizia e rispetto nei confronti di tutti”. In questo quadro, secondo
i vescovi, la proposta multi-partitica per un compromesso nel sud del Paese
“può essere la strada verso una soluzione politica dignitosa”. Da qui, l’invito
esplicito alle Tigri di contribuire positivamente a questo progetto. In
conclusione, i vescovi invitano le parti in causa a “guardare alle sofferenze
della popolazione e a mostrare un senso di responsabilità e buona volontà,
lavorando insieme per una rapida soluzione del problema”. (E.
B.)
I cristiani pakistani sono ancora
poveri e discriminati.
E’ la denuncia
dell’arcivescovo di Lahore, di mons. Saldhana,
che si è detto tuttavia ottimista per il futuro, NEL
VALUTARE l’impegno
del governo di Islamabad verso la tolleranza e il
dialogo interreligioso
NUOVA DELHI. = “I cristiani in Pakistan sono poveri,
isolati e discriminati, ma orgogliosi della loro fede”. Lo ha detto il presidente
della Conferenza episcopale pakistana, mons. Lawrence
Saldanha, incontrando nei giorni scorsi a New Delhi
il segretario esecutivo della Commissione per le comunicazioni sociali della
Conferenza episcopale indiana, padre Henry D’Souza. “I cristiani pakistani – ha riferito l’arcivescovo
di Lahore - costituiscono una comunità molto piccola,
in genere povera e con un basso livello di istruzione, poiché molte famiglie
sono costrette a ritirare i propri figli dalla scuola per mandarli a
lavorare”. A ciò si aggiungono le
discriminazioni: “Ci sono barriere sociali che fanno sì che ai cristiani non venga riconosciuta alcuna dignità. A causa del conflitto in
Medio Oriente – ha precisato - essi sono identificati con l’Occidente: di qui
gli attacchi contro le chiese ed altre istituzioni cristiane”. Ci sono poi le
leggi contro la blasfemia, “una vera spada di Damocle”.
“Questa situazione di insicurezza – ha rilevato mons. Saldhana
– fa sì che appena possano i cristiani pakistani lascino il Paese”.
L’arcivescovo si è detto tuttavia ottimista sul futuro, osservando come l’anno
scorso sia stato relativamente più tranquillo. Il governo - ha concluso - sta
inoltre cercando di presentare un volto più tollerante incoraggiando il dialogo
interreligioso”. (L. Z.)
VIA LIBERA
AL NUOVO STATUTO DEL MOVIMENTO ECCLESIALE
DEL
RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO
DOPO
IL “SI” DEL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI
ROMA. = L’introduzione del concetto di “Comunità del
Rinnovamento nello Spirito” e l’aggiunta di un “livello diocesano”, sono alcune
delle novità introdotte nello statuto del Movimento ecclesiale del Rinnovamento
nello Spirito approvato, in questi giorni, dal Consiglio permanente della
Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Lo ha annunciato ufficialmente mons.
Giuseppe Betori, segretario generale della CEI, nel
corso di una conferenza stampa, svoltasi martedì scorso. Giunge, così a
conclusione il lungo e attento processo di revisione dello statuto iniziato dal
Consiglio nazionale del movimento nel 2003. “Non è un altro statuto, ma il
precedente, rinnovato, ampliato, modificato”, ha precisato Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del Movimento. “Lodate il
Signore” – ha aggiunto – “ è oggi il nostro sentimento”. Tra le novità, anche l’allargamento del
Consiglio nazionale a tutti gli ambiti specifici della vita del Movimento,
finora basato su un criterio di rappresentanza territoriale. Inoltre, è stata
creata un’assemblea nazionale costituita da coordinatori diocesani e
ridistribuite le competenze dei membri che operano all’interno del Comitato
nazionale di servizio. (A.D.F.)
OGGI A
WÜRZBURG, IN GERMANIA, LA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA PROMUOVE UN INCONTRO
SUL FUTURO DELLA VITA CONSACRATA.
“SERVIRE IL VANGELO INSIEME” E’ IL TEMA DEL
MEETING,
CUI
PARTECIPANO 25 VESCOVI E 120 RELIGIOSI
WÜRZBURG. = “Servire il Vangelo insieme”: è il titolo
dell’incontro organizzato oggi dalla Conferenza episcopale tedesca a Würzburg per discutere sul futuro della vita consacrata.
All’iniziativa, che rappresenta il culmine di un dialogo intenso in corso da
due anni, parteciperanno 25 vescovi, tra cui il presidente della Conferenza
episcopale, il cardinale Karl Lehmann,
e 120 tra religiose e religiosi appartenenti a Ordini e istituti secolari della Germania, dell’Austria e della Svizzera. Come riferisce
l’agenzia SIR, il cardinale Lehmann interviene con un
discorso teologico sul tema “Vocazione e invio delle comunità di vita consacrata
nella Chiesa oggi”. In programma anche quattro dichiarazioni
di religiose e religiosi circa gli sviluppi nel settore della vita
consacrata e uno scambio di esperienze tra i partecipanti suddivisi in gruppi
di lavoro. A conclusione dell’appuntamento, una celebrazione solenne presso il
Duomo di Würzburg, presieduta dal cardinale Lehmann. (R.M.)
in Italia i centri di
permanenza temporanea per gli immigrati
non vanno chiusi, ma
svuotati progressivamente.
Lo afferma un rapporto voluto dal ministero dell’Interno presentato ieri
- A
cura di Eugenio Bonanata -
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ROMA. = Secondo il Rapporto redatto dalla Commissione
guidata dall’amba-sciatore Staffan De Mistura bisogna
lasciare nei centri solo gli immigrati irregolari non identificati, per i quali
non si apra alcuna possibilità di ottenere un permesso
di soggiorno. Se già identificati, non dovranno restare più di 5 giorni, che
diventano al massimo 20 per chi rifiuta di collaborare con le autorità per
l’identificazione. Poi l’espulsione. Fuori dal centro,
invece, le vittime della tratta di esseri umani. Per loro si ipotizzano
programmi di protezione sociale, con permesso di soggiorno temporaneo. Per le
colf e le badanti si prevedono, caso per caso, percorsi di regolarizzazione, mentre
si parla di permessi per ricerca di lavoro per quanti si trovano nei centri con
documenti scaduti. Ma il primo nodo da sciogliere è quello degli ex detenuti
che, per la Commissione, dovrebbero essere identificati in carcere e, se espulsi, rimpatriati da lì a fine pena. Serve un approccio
nuovo per superare un sistema inefficace e costoso, afferma la Commissione
guidata dall’ambasciatore Staffan De Mistura il quale, chiedendo maggiore attenzione alle persone,
sottolinea un altro aspetto: i centri vanno rafforzati sul versante dell’accoglienza e del soccorso
degli immigrati, prevedendo una permanenza limitata alla sola definizione dei
documenti.
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1 febbraio 2007
- A cura di
Amedeo Lomonaco -
In Iraq, almeno sei persone sono
morte per un attentato compiuto da un kamikaze su un minibus
in un quartiere sciita di Baghdad. Altre tre persone sono rimaste uccise in
seguito ad un attacco sferrato da ribelli in una zona sunnita della capitale irachena.
Sul versante
politico, intanto, il premier Nouri al Maliki, ha lanciato un chiaro appello ai governi americano
e iraniano: l’Iraq – ha detto il primo ministro - non diventi un terreno di
confronto militare tra Stati Uniti e Iran. Il nostro servizio:
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L’Iraq si conferma lo sfondo di un sempre più inquietante
scambio di accuse tra Washington e Teheran:
l’amministrazione statunitense ritiene che
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L’Afghanistan garantisce l’immunità a tutti gli afghani
implicati nei 25 anni di conflitto che hanno insanguinato il Paese, nonostante
le proteste di organizzazioni per i diritti umani. La decisione, presa ieri dal
Parlamento, riguarda anche il latitante leader talebano, il mullah Omar. Nel
Paese asiatico la notizia è stata accolta da critiche e polemiche: diverse
associazioni umanitarie hanno infatti ripetutamente
chiesto l’avvio di processi contro coloro che si sono macchiati di abusi,
inclusi alcuni ex membri del Parlamento e del governo. Secondo l’assemblea afghana,
la decisione costituisce un atto necessario per la riconciliazione.
Nei Territori palestinesi, soldati israeliani hanno ucciso
due militanti palestinesi in Cisgiordania durante un raid compiuto questa mattina. A Gaza, poi, uomini armati palestinesi
hanno aperto il fuoco contro il portavoce di Hamas e tre sue guardie del corpo.
La sparatoria, fortunatamente, non ha provocato vittime.
Il premier israeliano, Ehud
Olmert, ha iniziato a testimoniare questa mattina
davanti alla commissione di inchiesta sulla guerra in Libano della scorsa estate.
La prossima settimana verrà pubblicato il rapporto
finale con le conclusioni della Commissione. Secondo molti analisti politici,
se Olmert venisse
direttamente riconosciuto responsabile degli insuccessi nel conflitto, potrebbe
essere costretto a dimettersi.
Il presidente russo, Vladimir Putin, ha negato di aver già nominato il suo successore per
il 2008, quando scadrà il suo secondo mandato presidenziale. “Non ci sarà
nessun successore”, ha detto Putin aggiungendo che
“ci saranno più candidati per le elezioni presidenziali”. Putin,
che secondo
C’è attesa per la presentazione
ufficiale del progetto ONU sul futuro status del Kosovo, provincia serba a
maggioranza albanese. Oggi a Pristina, infatti, parlerà l’inviato speciale
delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari.
Le prime indiscrezioni sul documento - diffuse dalla stampa kosovara
- parlano di accesso alle istituzioni internazionali,
ma senza menzionare la parola indipendenza. Per un commento, Stefano
Leszczynski ha intervistato Federico Eichberg,
esperto di questioni balcaniche:
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R. – L’attesa è ancora maggiore per le negoziazioni con
Belgrado e Pristina. Questo aspetto nasce in maniera abbastanza estemporanea e
si colloca in un momento temporale molto complesso, soprattutto per la Serbia,
che ancora non ha un nuovo governo. Quindi, l’attesa sarà la settimana
successiva, alla presentazione del rapporto, per capire quale reazione troverà Ahtisaari a Pristina, ma
soprattutto a Belgrado.
D. – C’è effettivamente il pericolo che questa provincia
torni ad infiammarsi?
R. – I primi a non volere un Kosovo svuotato dalla
presenza internazionale sono i kosovari stessi.
Quindi, per quanto proclamassero un’idea di Kosovo pienamente indipendente, era
chiaro che nella loro agenda figurasse pienamente questa fase di transizione,
in cui comunque il Kosovo rimaneva e rimane con la cosiddetta International Civilian Office (ICO), che raccoglierà il mandato di UNMIC.
Quindi, da questo punto di vista non credo ci saranno grandi reazioni negative,
in particolare da parte albanese. Sulle reazioni serbe sarà interessante vedere
l’abilità strategica e negoziale di Kostunica, il
quale - come noto – con il suo DFF è indispensabile per la formazione di
qualsiasi governo serbo oggi e ha posto sul tavolo l’esigenza di una riconferma
a premier.
D. – Alcuni analisti lasciano intendere che, nell’arco di
un decennio o poco più, questi Paesi entreranno a far parte in un modo o
nell’altro dell’Unione Europea e questo appianerà le divergenze. E’
ipotizzabile una cosa del genere?
R. – Se tutto questo verrà
ritagliato sulle esigenze di una regione complessa, allora sì, sicuramente si
stempereranno questi odi e si risolveranno una serie di conflitti latenti o
palesi, grazie ad un cammino comune nell’Unione Europea. Il modello Ungheria e
Romania sembra che stia funzionando.
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Nelle Filippine il presidente della Conferenza
episcopale, mons. Angel Lagdameo, ha rifiutato ieri l’invito del
presidente Gloria Arroyo a partecipare ad un incontro
di preparazione elettorale. “E’ inutile riunirsi – ha detto il presule – per
dire che siamo impegnati per scopi comuni”, quali “elezioni oneste, credibili e
pacifiche”. “Basta dirlo – ha aggiunto il presule – e prometterlo a Dio con
coscienza onesta”.
In Italia, sarà presentato entro il 15
febbraio il disegno di legge del governo sulle coppie di fatto. E’ quanto
prevede la mozione dell’Ulivo, approvata ieri sera dalla Camera con la contrarietà
dell’UDEUR. Netto il dissenso anche di tutti i partiti del centrodestra. Ora il
confronto si sposta al Senato. Il servizio di Giampiero Guadagni:
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Il governo deve presentare un disegno di legge
sulle coppie di fatto entro il 15 febbraio, secondo le linee indicate nel
programma dell’Unione. E’ quanto stabilisce la mozione dell’Ulivo approvata
ieri sera a Montecitorio. La sostanza è contenuta
nella bozza del documento che stanno mettendo a punto il ministro per la
Famiglia, Rosy Bindi, e quello delle Pari
Opportunità, Barbara Pollastrini. Il testo prevede
alcuni diritti per le coppie di fatto, etero o
omosessuali. Tra questi: l’assistenza sanitaria e successione nell’affitto, la
reversibilità della pensione, gli assegni familiari, la possibilità di
estendere i benefici connessi ai rapporti di lavoro. I diritti, secondo la
bozza del documento, scatterebbero solo qualora l’unione durasse da un determinato
numero di anni, si parla di tre o cinque. E deriveranno non dall’iscrizione ad
un registro e neppure da un semplice certificato anagrafico, bensì da
certificati appositi, in seguito all’autocertificazione congiunta della coppia.
Dopo il voto di ieri, la legge ha fatto certo un passo avanti ma non ancora
decisivo. La partita si sposta ora al Senato, dove il centrosinistra come noto
ha una maggioranza assai ristretta. E, soprattutto, continuerà a non poter
contare sul sostegno dell’UDEUR, che ieri sera ha unito i propri voti a quelli
dei partiti del centrodestra nelle rispettive mozioni: che dicono no alla
equiparazione giuridica tra coppie di fatto e famiglie, e invitano il governo a
tenersi fuori dalla materia. La mozione dell’UDC,
inoltre, impegnava il governo ad avviare iniziative di promozione della
famiglia fondata sul matrimonio. Sembrano dunque destinati a cadere nel vuoto
gli appelli del Governo e dei leader del centrosinistra per una
ampia convergenza sulla legge anche con il contributo dell’opposizione.
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E’ morta la notte scorsa all’età di 77 anni
Adelaide Tambo, figura di spicco nella lotta contro
l’apartheid in Sudafrica e nelle battaglie civili per la promozione dei diritti
delle donne nel Paese africano. Nel 1956, Adelaide ha sposato il leader dell’African National Congress, Oliver Tambo, deceduto nel 1993. Un anno dopo, Nelson Mandela ha vinto le prime elezioni libere nella storia del
Paese.
Caos a Boston per una sconcertante iniziativa che finirà
davanti al tribunale. Una decina di pacchetti sospetti, contenenti materiale elettronico,
sono stati seminati ieri in vari punti della città. Fortunatamente, non si è
trattato di un’azione terroristica ma di una trovata
pubblicitaria di della rete televisiva ‘Cartoon Network’ per promuovere un cartone animato. Il responsabile
dell’iniziativa, un giovane pubblicitario, è stato arrestato con l’accusa di
turbativa dell’opinione pubblica e per aver procurato un falso allarme.
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