RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 32  - Testo della trasmissione di giovedì 1 febbraio  2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il dialogo tra culture e religioni è una necessità vitale per i nostri tempi: è il richiamo di Benedetto XVI nell’udienza ai membri della Fondazione per la ricerca e il dialogo interreligioso e interculturale, ricevuti stamani in Vaticano

 

Cattolici e ortodossi delle tradizioni orientali lavorino e preghino per ritrovare la piena unità: la loro testimonianza comune può avere riflessi importanti per la pace in Medio Oriente

 

Il cordoglio del Papa per la morte avvenuta stamani a Roma del cardinale spagnolo Antonio María Javierre Ortas, Salesiano, prefetto emerito della Congregazione per il culto divino

 

Celebrata la quinta riunione della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, in preparazione alla XII Assemblea sinodale dell’ottobre 2008

       

OGGI IN PRIMO PIANO:

Più speranze di pace in Somalia per la maggiore determinazione della comunità internazionale. Così, alla nostra emittente, mons. Giorgio Bertin

 

Al via oggi a Parigi il 3° Congresso mondiale contro la pena di morte: con noi Mario Marazziti

 

La regione Lombardia stabilisce che tutti i feti, anche quelli abortiti prima dei 5 mesi di vita, abbiano una degna sepoltura: ai nostri microfoni Roberto Formigoni ed Erica Vitale Palazzi

 

“Un vero prete romano”: così, ieri pomeriggio in Campidoglio, alla presentazione del libro di Augusto D’Angelo “Don Andrea Santoro. Un prete tra Roma e l’Oriente”. L’iniziativa, a un anno dalla morte del sacerdote, ucciso nel febbraio 2006: con noi, Augusto D’Angelo e Andrea Riccardi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Sospeso a divinis il vescovo paraguayano, Fernando Armindo Lugo Méndez, candidatosi alle elezioni presidenziali del 2008

 

E’ stato accolto con gratitudine nella diocesi di Luanda, in Angola, il messaggio di solidarietà del Papa in seguito alle alluvioni dei giorni scorsi

 

Senegal: evitare eccessi verbali e violenza. Così i vescovi locali rivolgendosi ai partiti politici e agli elettori, in vista delle elezioni presidenziali che si svolgeranno nel Paese il 25 febbraio

 

Le Tigri Tamil devono contribuire in maniera positiva al processo di pace nello Sry Lanka

 

I cristiani pakistani sono ancora poveri e discriminati. E’ la denuncia dell’arcivescovo di Lahore, mons. Saldhana, che si è detto tuttavia ottimista per il futuro

 

Via libera al nuovo statuto del Movimento ecclesiale del Rinnovamento nello Spirito dopo il “sì” del Consiglio permanente della CEI

 

Oggi a Würzburg, in Germania, la Conferenza episcopale tedesca promuove un incontro sul futuro della vita consacrata

 

In Italia i centri di permanenza temporanea per gli immigrati non vanno chiusi, ma svuotati progressivamente. Lo afferma un rapporto voluto dal Ministero dell’Interno presentato ieri

 

24 ORE NEL MONDO:

E’ guerra di attentati in Iraq tra sciiti e sunniti. Numerose vittime a Baghdad

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 febbraio 2007

 

IL DIALOGO TRA CULTURE E RELIGIONI E’ UNA NECESSITA’ VITALE

PER I NOSTRI TEMPI: E’ IL RICHIAMO DI BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA

 AI MEMBRI DELLA FONDAZIONE PER LA RICERCA E IL DIALOGO

INTERRELIGIOSO E INTERCULTURALE, RICEVUTI STAMANI IN VATICANO

 

Il dialogo interreligioso “è oggi più necessario che mai”: è quanto sottolineato da Benedetto XVI nell’udienza di stamani ai membri della Fondazione per la Ricerca e il Dialogo interreligioso e interculturale, organismo che vanta tra i suoi cofondatori anche l’allora cardinale Joseph Ratzinger. A guidare la delegazione interreligiosa, il principe Hassan di Giordania e il metropolita Damaskinos, che ha donato al Papa una pubblicazione dei tre Libri sacri alle grandi religioni monoteistiche. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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Benedetto XVI ha messo l’accento sulla necessità di “un dialogo vero, rispettoso delle differenze, coraggioso, paziente e perseverante che attinga la sua forza nella preghiera e che si alimenti dell’esperienza presente in tutti coloro che credono in Dio e che si affidano a Lui”. La ricerca e il dialogo interreligioso e interculturale, ha avvertito, “non sono un’opzione, ma una necessità vitale per i nostri tempi”. Riecheggiando poi il documento conciliare Nostra Aetate, il Pontefice ha sottolineato che ebrei, cristiani e musulmani sono chiamati a “riconoscere e sviluppare i legami che li uniscono”.

 

Proprio questa, ha detto, è stata “l’idea che ci ha portato a creare la Fondazione”, il cui obiettivo è ricercare “il messaggio più essenziale e più autentico” che le tre religioni monoteistiche “possono offrire al mondo del XXI secolo”. Il fine è perciò quello di donare un “nuovo impulso al dialogo interreligioso”, mettendo in luce ciò che “nei rispettivi patrimoni spirituali, contribuisce a rafforzare i nostri legami fraterni”. Ha, così, lodato la Fondazione per aver realizzato un’edizione dei tre Libri sacri - la Bibbia, il Nuovo Testamento e il Corano - che sono la “fonte del credo religioso” e all’origine “di culture che segnano profondamente i popoli”. D’altro canto, ha aggiunto, “la rilettura, e per certi versi, la scoperta di testi che tante persone attraverso il mondo venerano come sacri obbligano al reciproco rispetto nel contesto di un dialogo fiducioso”.

 

Gli uomini di oggi, è stata la riflessione del Papa, “attendono da noi un messaggio di concordia e serenità”, così come “la manifestazione concreta della nostra volontà comune di aiutarli a realizzare la loro legittima aspirazione a vivere nella giustizia e nella pace”. I lavori della Fondazione, ha detto ancora, “contribuiranno a una presa di coscienza crescente di tutto ciò che, nella differenza culturale dei nostri tempi, è conforme alla sapienza divina e serve la dignità dell’uomo per meglio discernere e meglio rifiutare tutto ciò che usurpa il nome di Dio e snatura l’umanità dell’uomo”. Ancora, ha affermato, “siamo invitati a impegnarci in un lavoro comune di riflessione” per “scrutare il mistero di Dio alla luce delle nostre tradizioni religiose e delle nostre rispettive saggezze” al fine di “discernere quei valori capaci di illuminare gli uomini e le donne di tutti i popoli, quali che siano le loro culture o religioni”.

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LA TESTIMONIANZA COMUNE DI CATTOLICI E ORTODOSSI

DELLE TRADIZIONI D’ORIENTE PUO’ AVERE RIFLESSI IMPORTANTI

PER LA PACE IN TERRA SANTA: COSI’ BENEDETTO XVI ALLA COMMISSIONE MISTA

PER IL DIALOGO TEOLOGICO CON LE CHIESE ORIENTALI

 

Pregare per il ritorno all’unità fra Chiesa cattolica e le Antiche Chiese d’Oriente può avere riflessi fondamentali anche per il Medio Oriente. Lo ha affermato Benedetto XVI nel ricevere stamattina i rappresentanti delle Chiese ortodosse orientali, impegnati nei lavori della Commissione mista che riunisce esponenti della Chiesa di Roma e delle tradizioni ortodosse orientali che si divisero dai cattolici e dagli ortodossi di Bisanzio dopo il Concilio ecumenico di Calcedonia del 451 dopo Cristo. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Un “patrimonio ecclesiale” che risale ai primi secoli del cristianesimo. E un presente di dialogo che può restituire ai cristiani di Terra Santa il coraggio di testimoniare il Vangelo in un contesto sociale e politico difficile e spesso drammatico. Il tema dell’ecumenismo e della stabilità del Medio Oriente sono tornati nelle parole di Benedetto XVI che ha ricevuto nella Sala dei Papi in Vaticano i membri della Commissione mista per il dialogo teologico con le Chiese Ortodosse Orientali. Creata nel 2003 e composta di 14 esponenti, la Commissione studia questioni riguardanti le strutture di comunione e l’esercizio del ministero apostolico nella Chiesa, sia dal punto di vista cattolico sia da quello dei copti e dei siro ortodossi, degli armeni apostolici e delle altre tradizioni delle Chiese orientali staccatesi da Roma e dall’Ortodossia bizantina 1500 anni fa.

 

“La vostra riunione riguardo alla costituzione ed alla missione della Chiesa è di grande importanza per il nostro comune viaggio verso il ristabilimento della piena comunione”, ha detto il Pontefice riferendosi all’incontro della Commissione mista in corso da l’altro ieri a sabato prossimo. “Molta gente sta ancora aspettando oggi che la verità del Vangelo sia recata loro”, ha osservato Benedetto XVI, auspicando che l’esigenza di annunciare il messaggio di Cristo rafforzi cattolici e ortodossi orientali nella convinzione di lavorare e pregare per l’unità.

 

“Molti di voi - ha poi proseguito il Papa - vengono dai Paesi del Medio Oriente”.  La “difficile situazione” che vivono gli individui e la comunità cristiane nella regione “è una causa di preoccupazione profonda per noi tutti”. “Effettivamente - ha riconosciuto il Pontefice - le minoranze cristiane trovano difficile sopravvivere in un panorama geopolitico così volatile e spesso sono tentate di emigrare”. Dunque, è stata l’esortazione conclusiva di Benedetto XVI, “i cristiani di tutte le tradizioni e le comunità del Medio Oriente sono chiamati ad essere coraggiosi e risoluti nella forza dello Spirito di Cristo. L’intercessione e l’esempio dei molti martiri e Santi che hanno dato coraggiosa testimonianza a Cristo in queste terre sostenga e rafforzi le comunità cristiane nella loro fede”.

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IL CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LA  MORTE AVVENUTA 

STAMANI A ROMA DEL CARDINALE SPAGNOLO ANTONIO MARÍA JAVIERRE ORTAS,

SALESIANO, PREFETTO EMERITO DELLA CONGREGAZIONE  PER IL CULTO DIVINO.

AVEVA 86 ANNI

 

Il Papa ha espresso il suo profondo cordoglio per la morte avvenuta stamane a Roma del cardinale spagnolo Antonio María Javierre Ortas, prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Aveva 86 anni. Salesiano, ieri aveva celebrato la sua ultima Messa proprio nella memoria liturgica di San Giovanni Bosco.  Benedetto XVI, in due diversi telegrammi, ha definito il porporato un “figlio benemerito di San Giovanni Bosco … mosso sempre dall’amore per Cristo e dalla sua fedeltà al Successore di Pietro”. Domani alle 12.00 il Papa presiederà le esequie nella Basilica Vaticana.

 

Il porporato era nato a Siétamo, nella diocesi di Huesca, in Spagna, il 21 febbraio 1921. Sacerdote a 28 anni è stato rettore magnifico dell’Università Pontificia Salesiana.  Particolarmente intensa è stata la sua attività accademica con seminari e conferenze negli atenei di tutto il mondo. È stato l'ideatore, il fondatore e il segretario generale dei "Simposi" di Teologia Fondamentale a Lovanio e Gazzada.

 

Anche in campo ecumenico, ha svolto un'intensa attività. È stato chiamato come esperto dell'Episcopato spagnolo ai lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II. Consultore del Segretariato per l'Unione dei Cristiani, per un triennio è stato membro di "Fede e Costituzione" nel Consiglio Ecumenico delle Chiese. Il 20 maggio 1976 è stato eletto arcivescovo titolare di Meta e nominato segretario della Congregazione per l'Educazione Cattolica. Ha ricevuto l'ordinazione episcopale il 29 giugno dello stesso anno. All'interno della Curia Romana, ha offerto il contributo delle proprie conoscenze ed esperienze a numerosi dicasteri. Archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa dal 1988, il 24 gennaio 1992, è stato nominato prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (emerito dal 21 giugno 1996). Giovanni Paolo II lo ha creato cardinale nel Concistoro del 28 giugno 1988, del Titolo di S. Maria Liberatrice a Monte Testaccio, diaconia elevata pro hac vice a Titolo Presbiterale il 9 gennaio 1999.

 

Con la sua scomparsa  il Collegio cardinalizio risulta ora composto da 184 porporati di cui 110 elettori e 74 non elettori.

 

ALTRE UDIENZE

 

Nel corso della mattinata il Papa ha ricevuto anche alcuni presuli della Conferenza episcopale della Regione Liguria, in visita ad Limina.

 

Nel pomeriggio riceverà mons. Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry, segretario della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.

 

 

CELEBRATA LA QUINTA RIUNIONE DELLA SEGRETERIA GENERALE

 DEL SINODO DEI VESCOVI,

IN PREPARAZIONE ALLA XII ASSEMBLEA SINODALE DELL’OTTOBRE 2008

 

Si è riunito per la quinta volta il 24 e 25 gennaio scorsi l’XI Consiglio Ordinario della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, impegnato nella preparazione della XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, in programma dal 5 al 26 ottobre del prossimo anno sul tema “La Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.

 

Guidati dal segretario generale del Sinodo, l’arcivescovo Nikola Eterović, i cardinali e i presuli all’incontro hanno lavorato per ultimare la prima fase di preparazione del prossimo Sinodo, in particolare nella redazione dei Lineamenta. Nel corso della “feconda discussione collegiale”, si legge in una nota, “sono emersi vari  suggerimenti diretti a migliorare il testo e a facilitarne la consultazione. Essi saranno debitamente integrati nella versione approvata dei Lineamenta. Stilato anche un Questionario che verrà inviato alle Chiese particolari allo scopo di aiutarle a “prendere coscienza del tema e di tutte le sue implicazioni nell’esperienza viva della Chiesa”.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Servizio vaticano - Un articolo di Cesare Mirabelli dal titolo “A proposito di un recente articolo su un presunto ‘Governo del Papa’”.

 

Servizio estero - Dichiarazione della Santa Sede in merito all’adozione della Convenzione sulla protezione e promozione dei diritti e della dignità delle persone disabili.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo “Quel lavoro oscuro dei piccoli editori che aiutano l’autore a generare l'opera”: a margine dell’uscita di “Lettera a un giovane scrittore” di Claire Delannoy

 

Servizio italiano - In evidenza un articolo dal titolo: “Famiglia ferita; coppie di fatto: passa la mozione dell’Unione”.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 febbraio 2007

 

 

LE SPERANZE DI PACE IN SOMALIA DERIVANO DAL FATTO

CHE LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE SEMBRA PIÙ DECISA AD INTERVENIRE.

COSÌ, ALLA NOSTRA EMITTENTE, IL VESCOVO DI GIBUTI

E AMMINISTRATORE APOSTOLICO DI MOGADISCIO, MONS. GIORGIO BERTIN

 

Si chiama “Conferenza di riconciliazione nazionale” la possibile strada verso la pace in Somalia. La proposta è stata lanciata al Vertice dell’Unione Africana, tenutosi nei giorni scorsi ad Addis Abeba, dal presidente somalo Abdullahi Yusuf Ahmed per promuovere, insieme con la comunità internazionale, una pace autentica. La situazione nel Paese, devastato da una guerra civile che dura da 16 anni, si è infatti ulteriormente aggravata, negli ultimi mesi, con lo scontro tra guerriglieri delle Corti islamiche e soldati del governo di transizione, sostenuto da truppe dell’Etiopia e anche dall’aviazione statunitense. Ma ci sono concrete speranze per un futuro di riconciliazione in Somalia? Roberta Gisotti lo ha chiesto al vescovo di Gibuti e amministratore apostolico di Mogadiscio, mons. Giorgio Bertin.

 

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R. – Le speranze derivano dal fatto che la Comunità internazionale sembra più decisa a intervenire in Somalia e supportare direttamente il governo federale di transizione che era stato istituito circa due anni fa. E allora, per la prima volta forse abbiamo l’opportunità che qualcosa di serio possa farsi, che lo Stato possa rinascere.

 

D. – L’importante è che questa conferenza di riconciliazione annunciata si faccia magari anche in tempi brevi?

 

R. – Sì, pur sapendo che poi, nella tradizione somala sono molto lunghi nelle loro trattative, nelle loro discussioni; potrebbe essere una conferenza che durerà anche troppo ...

 

D. – Tra i miliziani delle Corti islamiche usciti sconfitti, e i cosiddetti “signori della guerra” usciti vittoriosi, chi si deve temere di più sulla strada della riconciliazione nazionale, promessa dal presidente in carica Yusuf?

 

R. – Ma, anzitutto io criticherei il fatto di dire che sono i “signori della guerra” i vincitori; i vincitori sono il governo di transizione, rappresentato dal presidente Abdullah Yusuf che, anche se ha avuto un passato un po’ “burrascoso”, non qualificherei certamente come “signore della guerra”. Ha una visione davvero di persona che ama la sua nazione e che vuol rivedere lo Stato rinascere. Certamente, il presidente dovrà tenere sotto controllo i “signori della guerra” che ha dovuto accogliere sotto il suo mantello, per evitare appunto che sembri una rivincita dei “signori della guerra”.

 

D. – C’è poi il nodo delle truppe etiopi che hanno sostenuto il governo di Yusuf ...

 

R. – Quanto prima è bene che le truppe etiopi si ritirino; naturalmente, questo “quanto prima” dipenderà veramente dalla comunità internazionale e particolarmente dall’Unione Africana, perché non si può dire alle truppe etiopiche “uscite”, se non c’è qualcuno che le sostituisce. Il governo di transizione non è ancora in grado di assicurare la sicurezza.

 

D. – Di questa Somalia afflitta da 16 anni di guerra civile si parla poco in termini umanitari ...

 

R. – Ci sono state in questi 16 anni ondate di interessi. Quando le calamità erano molto grandi, numerose, allora l’attenzione dei mass media aumentava. Ecco, bisognerebbe che si seguisse con una certa costanza lo sviluppo e soprattutto che venissero messi in risalto quegli aspetti positivi piuttosto che prendere nota solo di “imboscati di qui”, “uccisioni di là” ... Bisogna che il mondo della comunicazione sappia vedere che ci sono dei passi positivi che vengono fatti.

 

D. – Si deve pensare, quindi, oltre alla riconciliazione, naturalmente prioritaria, alla ricostruzione anche materiale di questo Paese ...

 

R. – Certo, perché tutta l’infrastruttura è stata distrutta: dal sistema delle strade, all’elettricità, il trasporto dell’acqua. E’ tutto da ricostruire! Gli ospedali, le scuole, tutto . ..

 

D. – E per questo ci vorranno anche ingenti aiuti?

 

R. – Ingenti aiuti, ma bisognerà fare accompagnare gli ingenti aiuti anche da un controllo altrettanto accurato!

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DA OGGI AL 3 FEBBRAIO, A PARIGI,

 IL III CONGRESSO MONDIALE CONTRO LA PENA DI MORTE

- Ai nostri microfoni Mario Marazziti -

 

La pena di morte: un’inspiegabile e drammatica pratica ancora esistente in molti Paesi. Per fare il punto sulla situazione è iniziato stamani a Parigi il “III Congresso Mondiale contro la Pena di Morte”, promosso dalla Coalizione contro la pena capitale, organismo internazionale creato dalla Comunità di Sant’Egidio, da anni in prima linea per l’ottenimento di una moratoria universale sulle esecuzioni. Sull’entità del fenomeno delle esecuzioni oggi nel mondo, Giancarlo La Vella ha intervistato Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio, relatore al Congresso di Parigi:

 

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R. – C’è un cambiamento a livello planetario, perché negli ultimi 15 anni, 40 Paesi hanno abolito la pena di morte. Quindi, c’è un movimento inarrestabile, culturale, civile, politico, istituzionale che va verso la convinzione che questa pena è ormai inaccettabile, barbara, inutile, antiumana, umilia la società, umilia lo Stato e va davvero messa – come la schiavitù e la tortura – nel carnet del passato. Ma abbiamo anche grandi Paesi – India, Cina, Stati Uniti, Giappone e molti Paesi arabi – che ancora ne fanno uso. Questo crea una grande contraddizione. La nuova iniziativa può essere una grande risoluzione per una moratoria universale all’assemblea generale delle Nazioni Unite. In realtà, però, non è certo un cammino facile.

 

D. – Negli Stati Uniti, la più grande democrazia del mondo che mantiene ancora la pena capitale, per la prima volta l’opinione pubblica si è schierata in maggioranza contro la pena di morte…

 

R. – C’è un cambiamento nell’opinione pubblica americana. Lo scandalo che riguarda troppi innocenti – siamo a 124 – che sono stati nel braccio della morte; l’orrore per le persone che non muoiono con l’iniezione letale se non dopo trenta minuti, l’orrore per la sedia elettrica che fa bruciare le teste: tutto questo orrore sta creando una inquietudine e si cerca una alternativa.

 

D. – Tra le immagini più crude, alle quali abbiamo assistito recentemente, anche quelle dell’impiccagione di Saddam Hussein. Un evento che ci porta all’utilizzo della pena di morte a scopi politici: anche questo è uno degli aspetti inquietanti da evidenziare?

 

R. – La pena di morte è usata dai Paesi totalitari, dalle non democrazie per colpire gli oppositori politici e le minoranze religiose ed etniche, mentre nei Paesi democratici di fatto colpisce le minoranze sociali, perché invece di risolvere i problemi sociali, si aumentano le prigioni e alla fine la pena di morte dà in pasto all’opinione pubblica l’idea che si è duri con il crimine. In realtà si sta soltanto legittimando una cultura di morte, addirittura a livello statale. L’esecuzione di Saddam Hussein ha portato alla luce questa contraddizione. Saddam Hussein era colpevole di alcuni crimini, ma si tratta della giustizia dei vincitori e questa giustizia dei vincitori, deve essere meglio della giustizia di chi si vuole colpire. Il mondo avrebbe veramente avuto tutto da guadagnare dalla non uccisione di Saddam Hussein, proprio per dimostrare un più alto livello di giustizia e di civiltà.

 

D. – Un nuovo e drammatico aspetto della pena di morte viene da un Rapporto canadese, che evidenzia come spesso dei condannati a morte vengano utilizzati - a scopo di commercio - gli organi…

 

R. – Questo è possibile e c’è qualche testimonianza in questo senso. E’ terribile, è orribile. Questo mostra quanto la pena di morte sia parte di un meccanismo di cultura di morte e addirittura, forse, di business.

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LA REGIONE LOMBARDIA STABILISCE CHE TUTTI I FETI,

ANCHE QUELLI ABORTITI PRIMA DEI 5 MESI DI VITA, ABBIANO UNA DEGNA SEPOLTURA

- Interviste con Roberto Formigoni ed Erica Vitale Palazzi -

        

In Italia, la Regione Lombardia ha varato un nuovo regolamento proposto dalla giunta e accolto all’unanimità dal Consiglio regionale in materia di attività funebri e cimiteriali. Il provvedimento stabilisce che tutti i feti, anche quelli abortiti prima dei 5 mesi di vita, abbiano una sepoltura. “E’ un trattamento adeguato alla loro dignità” sostiene il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni. Ascoltiamolo al microfono di Gabriella Ceraso:

 

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R. – Fino ad oggi sulla base della legge nazionale i feti abortiti venivano considerati e trattati come rifiuti ospedalieri e, quindi, smaltiti come qualunque materiale organico. Ma noi sappiamo che non è così. I feti sono esseri umani, anche se ancora all’interno del seno della madre, che per motivi volontari o involontari hanno dovuto cessare la loro esistenza. Ci è sembrato importante dare due possibilità: prima di tutto la possibilità di informazione e quindi la madre o i genitori verranno informati che, se lo desiderano, è possibile una vera e propria cerimonia funebre; la seconda, nel caso in cui la madre o i genitori non ne vogliono sapere, sarà comunque data una sepoltura degna che porta all’inumazione in una terra dedicata all’interno del cimitero.

 

D. – Già ci sono delle associazioni convenzionate con gli ospedali che offrono un servizio simile a chi lo chiede. Cosa cambia allora?

 

R. – Con questo regolamento viene stabilita l’obbligatorietà di portare rispetto anche ai feti sotto le 24 settimane, che ci sia o che non ci sia l’interesse a dedicare loro una vera e propria cerimonia funebre. Prima doveva essere la madre o la famiglia a chiedere un trattamento di riguardo.

 

D. – Come risponde a chi accusa il regolamento di colpevolizzare ancora di più chi abortisce?

 

R. – Non c’è l’intenzione di colpevolizzare nessuno, non c’è nessun obiettivo ideologico. Noi ristabiliamo semplicemente la verità: un feto non è del materiale organico qualsiasi. Ha questa dignità che deve essere riconosciuta ad ogni essere umano.

 

D. – Sulle stesse possibili critiche al regolamento, risponde anche la vice-presidente del Movimento per la Vita in Italia, Erica Vitale Palazzi:

 

R. – Sapere che, comunque, questo nuovo essere umano viene accompagnato e non buttato via, può essere un cammino per riassorbire meglio il lutto che rimane sempre dopo un aborto.

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“UN VERO PRETE ROMANO”: IERI POMERIGGIO IN CAMPIDOGLIO,

 LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI AUGUSTO D’ANGELO “DON ANDREA SANTORO.

UN PRETE TRA ROMA E L’ORIENTE”. L’INIZIATIVA, A UN ANNO DALLA MORTE

DEL SACERDOTE, UCCISO NELLA CITTÀ TURCA DI TREBISONDA IL 5 FEBBRAIO 2006

- Con noi, Augusto D’Angelo e Andrea Riccardi -

 

“Don Andrea Santoro. Un prete tra Roma e l’Oriente”: così, il libro di Augusto D’angelo, presentato ieri pomeriggio in Campidoglio, ad un anno dalla morte del sacerdote, ucciso – lo ricordiamo – nella sua chiesa nella città turca di Trebisonda il 5 febbraio del 2006. Presente nella sala romana della Protomoteca anche il cardinale vicario, Camillo Ruini, che lunedì sarà proprio a Trebisonda per celebrare una Messa in ricordo di don Santoro. Per noi c’era Roberta Moretti:

 

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Un incontro commovente, alla presenza della madre e delle sorelle di don Santoro, che anticipa la Messa di suffragio in sua memoria che la diocesi di Roma celebrerà lunedì prossimo nella cappella del Seminario Romano Maggiore, di cui don Santoro è stato alunno. L’autore del libro, Augusto D’Angelo:

 

“Don Andrea Santoro era un prete profondamente radicato a Roma, dove era stato parroco e vice parroco per oltre 30 anni, ma che della Roma cattolica aveva preso tutta l’universalità, per cui guardava verso Oriente, laddove c’erano le radici della fede, voleva riscoprirle e ricongiungere quelle radici a Roma”.

        

Stessa attenzione alla romanità di don Santoro anche da parte di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che ha curato l’introduzione del libro dedicato al sacerdote:

 

“Don Santoro è un vero prete romano e un uomo di grande apertura umana. Un uomo che, in un mondo in crisi che si divide, ha creato dei grandi ponti”.

 

“Don Andrea – ha aggiunto Riccardi – era un prete-prete. Non un operatore sociale. E nemmeno un intellettuale, anche se era colto, informato e intelligente. Era uno che viveva la fede, la comunicava e la celebrava”. Del sacerdote, Riccardi ha ricordato poi l’“inquietudine non immatura”, che lo ha condotto in Turchia. “Per lui – ha precisato – la Turchia non è solo una terra di azione pastorale, ma anche un deserto, un luogo per parlare con Dio, per ascoltarlo”. “Dall’Oriente – ha concluso Riccardi – don Andrea capisce di più l’occidente e i suoi problemi”, e insegna che “nessuno è nemico”. Per il sindaco di Roma, Walter Veltroni, don Santoro ha incarnato quell’“attenzione ai più bisognosi” e quella “propensione al dialogo” tipica dei romani. “Ci ha trasmesso – ha spiegato – che la meraviglia del mondo è nell’incontro, nell’ascolto, nella ricerca, nella curiosità”. “Questo – ha concluso Veltroni – è anche il senso del viaggio di Benedetto XVI in Turchia”.

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RADIO VATICANA

Radiogiornale

 

CHIESA E SOCIETA’

1 febbraio 2007

 

 

SOSPESO A DIVINIS IL VESCOVO PARAGUAYANO, FERNANDO ARMINDO LUGO MÉNDEZ, CANDIDATOSI ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 2008. IN UN DECRETO

A FIRMA DEL CARDINALE GIOVANNI BATTISTA RE, PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE

 PER I VESCOVI, SI RIBADISCONO I DOVERI DEL PRESULE,

CHE PUR SOSPESO, RIMANE NELLO STATO CLERICALE

 

ASUNCION.= Con un decreto a firma del prefetto della Congregazione per i Vescovi, il cardinale Giovanni Battista Re, è stato sospeso a divinis mons. Fernando Armindo Lugo Méndez, vescovo emerito di San Pedro, in Paraguay, per essersi candidato alle elezioni presidenziali che si svolgeranno nel Paese nel 2008. Il decreto, che porta la data del 20 gennaio, è stato reso noto oggi. Il cardinale Re si dice addolorato per la vicenda e ricorda che, nonostante l’ammonizione canonica da parte della Congregazione per i Vescovi, mons. Lugo non ha rinunciato a candidarsi alle elezioni, come da lui stesso annunciato il 25 dicembre scorso. Mons. Lugo, nominato vescovo nel 1994 da Giovanni Paolo II, aveva chiesto nei giorni scorsi al Santo Padre la “rinuncia al ministero ecclesiale”, per “tornare alla condizione di laico nella Chiesa”. Richiesta respinta giacché come ha ricordato il cardinale Re in una lettera a mons. Lugo, “l’episcopato è un servizio accettato liberamente per sempre”. Quindi, nonostante la sospensione, che proibisce “l’esecuzione di tutti gli atti di potestà, di ordine e di governo e l'esercizio di tutte le funzioni e i diritti inerenti all'ufficio episcopale”, viene ribadito che mons. Lugo “rimane nello stato clericale e continua ad essere obbligato ai suoi doveri ad esso inerenti”. Il prefetto della Congregazione dei Vescovi sottolinea, infine, che compito del vescovo è di guidare i fedeli “seguendo in tutto la suprema legge della Chiesa”, che opera “per la salvezza delle anime e non il governo della comunità politica”. (A.G.)

 

 

E’ stato accolto con gratitudine nella diocesi di luanda, in angola,

 il messaggio di solidarietà del papa, IN SEGUITO ALle alluvioni

 dei giorni scorsi, che hanno fatto 85 vittime 10 MILA sfollati

 

LUANDA. = In Angola, l’arcidiocesi di Luanda ha espresso gratitudine per il messaggio di solidarietà inviato nei giorni scorsi da Benedetto XVI per le vittime e per i danni che le alluvioni hanno causato in zone estese della capitale angolana. Il nunzio apostolico, mons. Angelo Becciu, ha letto il telegramma del Papa in diretta televisiva durante la celebrazione eucaristica domenicale in una delle parrocchie di Luanda, mentre attraverso varie parrocchie e la Caritas proseguono le operazioni di soccorso. In particolare, l’agenzia MISNA, citando il servizio di protezione civile nazionale (SNPC), parla dell’attivazione di diversi centri di accoglienza che, nei dintorni di Luanda, offriranno ospitalità alle 10 mila persone le cui case sono andate distrutte in seguito alle forti piogge. Gli sfollati continuano ad affluire ai centri, i quali – ha precisato un portavoce della SPNC - sono in grado di ospitarli per un periodo di tre–sei mesi. Secondo la stessa fonte, sono state 85 le vittime di crolli, smottamenti e altri incidenti conseguenza delle forti precipitazioni continuate per giorni e ancora si cercano decine di persone. Altre fonti ufficiali hanno stimato in 30 mila il numero di persone che, a vario titolo, avranno bisogno di assistenza. (E. B.)

 

 

SENEGAL: EVITARE ECCESSI VERBALI E VIOLENZA.

LO HANNO DETTO I VESCOVI LOCALI,

RIVOLGENDOSI AI PARTITI POLITICI E AGLI ELETTORI,

IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL PAESE IL 25 FEBBRAIO

 

DAKAR. = “Richiamiamo i governanti al dovere di permettere lo svolgimento di elezioni nel rispetto delle coscienze, nella più completa trasparenza, nella sicurezza della collettività e nel rispetto del verdetto delle urne”. E’ l’appello dei vescovi del Senegal, che, in vista delle presidenziali del 25 febbraio, si rivolgono ai partiti politici affinché affrontino la campagna elettorale “evitando eccessi verbali e violenza”, si rispettino a vicenda e “soprattutto” si astengano dal “ricorso all’uso di forze armate”. I presuli - attraverso una nota citata dall’agenzia MISNA - invitano gli elettori a partecipare al voto chiedendo alla società civile e ai mass-media di perseverare nella loro missione di “vigilanza, di difesa e di promozione dei valori morali”. Il clima nel Paese è teso a causa del rinvio delle legislative, inizialmente previste nello stesso periodo delle presidenziali. Sabato scorso le manifestazioni dell’opposizione sono state sedate con insolita violenza dalle forze dell’ordine, suscitando anche critiche sulla stampa vicina al governo. Per la massima carica, si candida per la seconda volta l’attuale presidente del Senegal, Abdoulaye Wade, 80 anni, eletto nel 2000. (E. B.)

 

 

Le tigri tamil devono contribuire in maniera positiva al processo di pace nello Sry Lanka. E’ l’esortazione della conferenza episcopale locale,

che si dice costernata per le violenze SUBITE DAI CIVILI

 

COLOMBO. = Occorre superare la situazione di stallo in cui versa il processo di pace nello Stri Lanka. La Conferenza episcopale del Paese affida ad un messaggio la profonda preoccupazione per la sorte della popolazione civile, che quotidianamente si trova nel mezzo di combattimenti fra i ribelli delle Tigri Tamil e l’esercito regolare. I presuli, come riporta AsiaNews, si dicono sotto shock per le sempre più frequenti uccisioni di civili innocenti e per questo esortano i ribelli Tamil a desistere dalla propria intransigenza nei confronti del processo di pace. I vescovi inoltre sono “profondamente preoccupati” per la miseria in cui vive la popolazione nelle are a nord ed est del Paese, sotto il controllo delle Tigri Tamil, dove mancano generi alimentari e il costo della vita aumenta sempre di più. La pace, prosegue il testo, “è essenziale per la stabilità e lo sviluppo del nostro Paese. Questa può essere raggiunta solo se si usa giustizia e rispetto nei confronti di tutti”. In questo quadro, secondo i vescovi, la proposta multi-partitica per un compromesso nel sud del Paese “può essere la strada verso una soluzione politica dignitosa”. Da qui, l’invito esplicito alle Tigri di contribuire positivamente a questo progetto. In conclusione, i vescovi invitano le parti in causa a “guardare alle sofferenze della popolazione e a mostrare un senso di responsabilità e buona volontà, lavorando insieme per una rapida soluzione del problema”. (E. B.)

 

 

I cristiani pakistani sono ancora poveri e discriminati.

 E’ la denuncia dell’arcivescovo di Lahore, di mons. Saldhana,

che si è detto tuttavia ottimista per il futuro, NEL VALUTARE l’impegno

del governo di Islamabad verso la tolleranza e il dialogo interreligioso

 

NUOVA DELHI. = “I cristiani in Pakistan sono poveri, isolati e discriminati, ma orgogliosi della loro fede”. Lo ha detto il presidente della Conferenza episcopale pakistana, mons. Lawrence Saldanha, incontrando nei giorni scorsi a New Delhi il segretario esecutivo della Commissione per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale indiana, padre Henry D’Souza. “I cristiani pakistani – ha riferito l’arcivescovo di Lahore - costituiscono una comunità molto piccola, in genere povera e con un basso livello di istruzione, poiché molte famiglie sono costrette a ritirare i propri figli dalla scuola per mandarli a lavorare”.  A ciò si aggiungono le discriminazioni: “Ci sono barriere sociali che fanno sì che ai cristiani non venga riconosciuta alcuna dignità. A causa del conflitto in Medio Oriente – ha precisato - essi sono identificati con l’Occidente: di qui gli attacchi contro le chiese ed altre istituzioni cristiane”. Ci sono poi le leggi contro la blasfemia, “una vera spada di Damocle”. “Questa situazione di insicurezza – ha rilevato mons. Saldhana – fa sì che appena possano i cristiani pakistani lascino il Paese”. L’arcivescovo si è detto tuttavia ottimista sul futuro, osservando come l’anno scorso sia stato relativamente più tranquillo. Il governo - ha concluso - sta inoltre cercando di presentare un volto più tollerante incoraggiando il dialogo interreligioso”. (L. Z.)

 

 

VIA LIBERA AL NUOVO STATUTO DEL MOVIMENTO ECCLESIALE

DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO

DOPO IL “SI” DEL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI

 

ROMA. = L’introduzione del concetto di “Comunità del Rinnovamento nello Spirito” e l’aggiunta di un “livello diocesano”, sono alcune delle novità introdotte nello statuto del Movimento ecclesiale del Rinnovamento nello Spirito approvato, in questi giorni, dal Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Lo ha annunciato ufficialmente mons. Giuseppe Betori, segretario generale della CEI, nel corso di una conferenza stampa, svoltasi martedì scorso. Giunge, così a conclusione il lungo e attento processo di revisione dello statuto iniziato dal Consiglio nazionale del movimento nel 2003. “Non è un altro statuto, ma il precedente, rinnovato, ampliato, modificato”, ha precisato Salvatore Martinez, coordinatore nazionale del Movimento. “Lodate il Signore” – ha aggiunto – “ è oggi il nostro sentimento”. Tra  le novità, anche l’allargamento del Consiglio nazionale a tutti gli ambiti specifici della vita del Movimento, finora basato su un criterio di rappresentanza territoriale. Inoltre, è stata creata un’assemblea nazionale costituita da coordinatori diocesani e ridistribuite le competenze dei membri che operano all’interno del Comitato nazionale di servizio. (A.D.F.)

 

 

 

OGGI A WÜRZBURG, IN GERMANIA, LA CONFERENZA EPISCOPALE TEDESCA PROMUOVE UN INCONTRO SUL FUTURO DELLA VITA CONSACRATA.

 “SERVIRE IL VANGELO INSIEME” E’ IL TEMA DEL MEETING,

CUI PARTECIPANO 25 VESCOVI E 120 RELIGIOSI

 

WÜRZBURG. = “Servire il Vangelo insieme”: è il titolo dell’incontro organizzato oggi dalla Conferenza episcopale tedesca a Würzburg per discutere sul futuro della vita consacrata. All’iniziativa, che rappresenta il culmine di un dialogo intenso in corso da due anni, parteciperanno 25 vescovi, tra cui il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Karl Lehmann, e 120 tra religiose e religiosi appartenenti a Ordini e istituti secolari della Germania, dell’Austria e della Svizzera. Come riferisce l’agenzia SIR, il cardinale Lehmann interviene con un discorso teologico sul tema “Vocazione e invio delle comunità di vita consacrata nella Chiesa oggi”. In programma anche quattro dichiarazioni di religiose e religiosi circa gli sviluppi nel settore della vita consacrata e uno scambio di esperienze tra i partecipanti suddivisi in gruppi di lavoro. A conclusione dell’appuntamento, una celebrazione solenne presso il Duomo di Würzburg, presieduta dal cardinale Lehmann. (R.M.)

 

 

in Italia i centri di permanenza temporanea per gli immigrati

non vanno chiusi, ma svuotati progressivamente.

Lo afferma un rapporto voluto dal ministero dell’Interno presentato ieri

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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ROMA. = Secondo il Rapporto redatto dalla Commissione guidata dall’amba-sciatore Staffan De Mistura bisogna lasciare nei centri solo gli immigrati irregolari non identificati, per i quali non si apra alcuna possibilità di ottenere un permesso di soggiorno. Se già identificati, non dovranno restare più di 5 giorni, che diventano al massimo 20 per chi rifiuta di collaborare con le autorità per l’identificazione. Poi l’espulsione. Fuori dal centro, invece, le vittime della tratta di esseri umani. Per loro si ipotizzano programmi di protezione sociale, con permesso di soggiorno temporaneo. Per le colf e le badanti si prevedono, caso per caso,  percorsi di regolarizzazione, mentre si parla di permessi per ricerca di lavoro per quanti si trovano nei centri con documenti scaduti. Ma il primo nodo da sciogliere è quello degli ex detenuti che, per la Commissione, dovrebbero essere identificati in carcere e, se espulsi, rimpatriati da lì a fine pena. Serve un approccio nuovo per superare un sistema inefficace e costoso, afferma la Commissione guidata dall’ambasciatore Staffan De Mistura il quale, chiedendo maggiore attenzione alle persone, sottolinea un altro aspetto: i centri vanno rafforzati sul versante dell’accoglienza e del soccorso degli immigrati, prevedendo una permanenza limitata alla sola definizione dei documenti.

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24 ORE NEL MONDO

1 febbraio 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

        

 

In Iraq, almeno sei persone sono morte per un attentato compiuto da un kamikaze su un minibus in un quartiere sciita di Baghdad. Altre tre persone sono rimaste uccise in seguito ad un attacco sferrato da ribelli in una zona sunnita della capitale irachena. Sul versante politico, intanto, il premier Nouri al Maliki, ha lanciato un chiaro appello ai governi americano e iraniano: l’Iraq – ha detto il primo ministro - non diventi un terreno di confronto militare tra Stati Uniti e Iran. Il nostro servizio:

 

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L’Iraq si conferma lo sfondo di un sempre più inquietante scambio di accuse tra Washington e Teheran: l’amministrazione statunitense ritiene che la Repubblica islamica sostenga la guerriglia irachena e fomenti la violenza in Iraq. Lo scorso mese, soldati americani hanno anche arrestato diversi iraniani. L’Iran, invece, accusa gli Stati Uniti di aver ispirato le azioni terroristiche costate la vita a decine di persone e compiute in Iraq durante la festa dell’Ashura, la ricorrenza religiosa più importante per gli sciiti. In un Paese come l’Iraq, sconvolto da una drammatica contrapposizione tra sunniti e sciiti, le operazioni delle forze della coalizione, dopo la caduta e la morte di Saddam Hussein, sembrano poi aver subito radicali trasformazioni: le azioni militari statunitensi non sono più condotte soprattutto contro roccaforti dei ribelli sunniti, ma hanno sempre più spesso come obiettivo le milizie sciite dell’imam radicale Moqtada al Sadr. Questa nuova linea, secondo gli osservatori, può alimentare ulteriori gravi tensioni tra amministrazione americana e Iran, dove gli sciiti sono la maggioranza e detengono il potere. Le speranze per un futuro di pace in Iraq sono affidate soprattutto al dialogo: per questo, le autorità irachene hanno invitato anche Siria e Iran alla Conferenza regionale di pace, che si terrà a marzo a Baghdad per discutere sulle misure da adottare per rafforzare la sicurezza in tutto il Medio Oriente. Negli Stati Uniti, infine, restano sempre più forti le contrapposizioni tra Repubblicani e Democratici sul nuovo piano in Iraq annunciato da Bush. Per cercare di superare queste divisioni, i leader del partito democratico, che ha conquistato la maggioranza al Congresso, hanno accettato ieri la proposta del presidente statunitense per la creazione di una nuova commissione bipartisan sul terrorismo e sul conflitto iracheno.

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L’Afghanistan garantisce l’immunità a tutti gli afghani implicati nei 25 anni di conflitto che hanno insanguinato il Paese, nonostante le proteste di organizzazioni per i diritti umani. La decisione, presa ieri dal Parlamento, riguarda anche il latitante leader talebano, il mullah Omar. Nel Paese asiatico la notizia è stata accolta da critiche e polemiche: diverse associazioni umanitarie hanno infatti ripetutamente chiesto l’avvio di processi contro coloro che si sono macchiati di abusi, inclusi alcuni ex membri del Parlamento e del governo. Secondo l’assemblea afghana, la decisione costituisce un atto necessario per la riconciliazione.

 

Nei Territori palestinesi, soldati israeliani hanno ucciso due militanti palestinesi in Cisgiordania durante un raid compiuto questa mattina. A Gaza, poi, uomini armati palestinesi hanno aperto il fuoco contro il portavoce di Hamas e tre sue guardie del corpo. La sparatoria, fortunatamente, non ha provocato vittime.

 

Il premier israeliano, Ehud Olmert, ha iniziato a testimoniare questa mattina davanti alla commissione di inchiesta sulla guerra in Libano della scorsa estate. La prossima settimana verrà pubblicato il rapporto finale con le conclusioni della Commissione. Secondo molti analisti politici, se Olmert venisse direttamente riconosciuto responsabile degli insuccessi nel conflitto, potrebbe essere costretto a dimettersi.

 

Il presidente russo, Vladimir Putin, ha negato di aver già nominato il suo successore per il 2008, quando scadrà il suo secondo mandato presidenziale. “Non ci sarà nessun successore”, ha detto Putin aggiungendo che “ci saranno più candidati per le elezioni presidenziali”. Putin, che secondo la Costituzione russa in vigore non potrebbe più ricandidarsi, ha però aggiunto che non lascerà la politica.

 

C’è attesa per la presentazione ufficiale del progetto ONU sul futuro status del Kosovo, provincia serba a maggioranza albanese. Oggi a Pristina, infatti, parlerà l’inviato speciale delle Nazioni Unite, Martti Ahtisaari. Le prime indiscrezioni sul documento - diffuse dalla stampa kosovara - parlano di accesso alle istituzioni internazionali, ma senza menzionare la parola indipendenza. Per un commento, Stefano Leszczynski ha intervistato Federico Eichberg, esperto di questioni balcaniche:

 

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R. – L’attesa è ancora maggiore per le negoziazioni con Belgrado e Pristina. Questo aspetto nasce in maniera abbastanza estemporanea e si colloca in un momento temporale molto complesso, soprattutto per la Serbia, che ancora non ha un nuovo governo. Quindi, l’attesa sarà la settimana successiva, alla presentazione del rapporto, per capire quale reazione troverà Ahtisaari a Pristina, ma soprattutto a Belgrado.

 

D. – C’è effettivamente il pericolo che questa provincia torni ad infiammarsi?

 

R. – I primi a non volere un Kosovo svuotato dalla presenza internazionale sono i kosovari stessi. Quindi, per quanto proclamassero un’idea di Kosovo pienamente indipendente, era chiaro che nella loro agenda figurasse pienamente questa fase di transizione, in cui comunque il Kosovo rimaneva e rimane con la cosiddetta International Civilian Office (ICO), che raccoglierà il mandato di UNMIC. Quindi, da questo punto di vista non credo ci saranno grandi reazioni negative, in particolare da parte albanese. Sulle reazioni serbe sarà interessante vedere l’abilità strategica e negoziale di Kostunica, il quale - come noto – con il suo DFF è indispensabile per la formazione di qualsiasi governo serbo oggi e ha posto sul tavolo l’esigenza di una riconferma a premier.

 

D. – Alcuni analisti lasciano intendere che, nell’arco di un decennio o poco più, questi Paesi entreranno a far parte in un modo o nell’altro dell’Unione Europea e questo appianerà le divergenze. E’ ipotizzabile una cosa del genere?

 

R. – Se tutto questo verrà ritagliato sulle esigenze di una regione complessa, allora sì, sicuramente si stempereranno questi odi e si risolveranno una serie di conflitti latenti o palesi, grazie ad un cammino comune nell’Unione Europea. Il modello Ungheria e Romania sembra che stia funzionando.

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Nelle Filippine il presidente della Conferenza episcopale, mons. Angel Lagdameo, ha rifiutato ieri l’invito del presidente Gloria Arroyo a partecipare ad un incontro di preparazione elettorale. “E’ inutile riunirsi – ha detto il presule – per dire che siamo impegnati per scopi comuni”, quali “elezioni oneste, credibili e pacifiche”. “Basta dirlo – ha aggiunto il presule – e prometterlo a Dio con coscienza onesta”.

 

In Italia, sarà presentato entro il 15 febbraio il disegno di legge del governo sulle coppie di fatto. E’ quanto prevede la mozione dell’Ulivo, approvata ieri sera dalla Camera con la contrarietà dell’UDEUR. Netto il dissenso anche di tutti i partiti del centrodestra. Ora il confronto si sposta al Senato. Il servizio di Giampiero Guadagni:

 

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Il governo deve presentare un disegno di legge sulle coppie di fatto entro il 15 febbraio, secondo le linee indicate nel programma dell’Unione. E’ quanto stabilisce la mozione dell’Ulivo approvata ieri sera a Montecitorio. La sostanza è contenuta nella bozza del documento che stanno mettendo a punto il ministro per la Famiglia, Rosy Bindi, e quello delle Pari Opportunità, Barbara Pollastrini. Il testo prevede alcuni diritti per le coppie di fatto, etero o omosessuali. Tra questi: l’assistenza sanitaria e successione nell’affitto, la reversibilità della pensione, gli assegni familiari, la possibilità di estendere i benefici connessi ai rapporti di lavoro. I diritti, secondo la bozza del documento, scatterebbero solo qualora l’unione durasse da un determinato numero di anni, si parla di tre o cinque. E deriveranno non dall’iscrizione ad un registro e neppure da un semplice certificato anagrafico, bensì da certificati appositi, in seguito all’autocertificazione congiunta della coppia. Dopo il voto di ieri, la legge ha fatto certo un passo avanti ma non ancora decisivo. La partita si sposta ora al Senato, dove il centrosinistra come noto ha una maggioranza assai ristretta. E, soprattutto, continuerà a non poter contare sul sostegno dell’UDEUR, che ieri sera ha unito i propri voti a quelli dei partiti del centrodestra nelle rispettive mozioni: che dicono no alla equiparazione giuridica tra coppie di fatto e famiglie, e invitano il governo a tenersi fuori dalla materia. La mozione dell’UDC, inoltre, impegnava il governo ad avviare iniziative di promozione della famiglia fondata sul matrimonio. Sembrano dunque destinati a cadere nel vuoto gli appelli del Governo e dei leader del centrosinistra per una ampia convergenza sulla legge anche con il contributo dell’opposizione.

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E’ morta la notte scorsa all’età di 77 anni Adelaide Tambo, figura di spicco nella lotta contro l’apartheid in Sudafrica e nelle battaglie civili per la promozione dei diritti delle donne nel Paese africano. Nel 1956, Adelaide ha sposato il leader dell’African National Congress, Oliver Tambo, deceduto nel 1993. Un anno dopo, Nelson Mandela ha vinto le prime elezioni libere nella storia del Paese.

 

Caos a Boston per una sconcertante iniziativa che finirà davanti al tribunale. Una decina di pacchetti sospetti, contenenti materiale elettronico, sono stati seminati ieri in vari punti della città. Fortunatamente, non si è trattato di un’azione terroristica ma di una trovata pubblicitaria di della rete televisiva ‘Cartoon Network’ per promuovere un cartone animato. Il responsabile dell’iniziativa, un giovane pubblicitario, è stato arrestato con l’accusa di turbativa dell’opinione pubblica e per aver procurato un falso allarme.

 

 

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