RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 119 - Testo della trasmissione di domenica 29 aprile 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Sono 406 mila oggi i
sacerdoti nel mondo. Intervista con padre Vito Magno
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
La Chiesa ricorda oggi Santa Caterina da Siena, dottore
della Chiesa e patrona d’Italia e d’Europa
Inaugurato a Melbourne
un Centro pastorale per giovani vietnamiti
Ogni anno, oltre due
milioni di morti per incidenti o malattie legate al lavoro
L’Iran
annuncia la sua partecipazione alla Conferenza internazionale sull’Iraq che si
apre giovedì in Egitto. Intanto, nel Paese del Golfo continua la violenza
29 aprile 2007
Nella Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni,
Benedetto XVI ordina 22 sacerdoti della diocesi di
Roma e dice loro:
abbiate nel vostro ministero la forza della fedeltà e il
coraggio della gioia
Un ministero svolto a
servizio della gente nella gioia e con i sentimenti di Gesù, il Buon Pastore.
Un mandato e un augurio con il quale Benedetto XVI ha accompagnato, questa
mattina alle 9, nella Basilica di San Pietro, il rito dell’ordinazione
presbiterale impartita a 22 diaconi della Diocesi di Roma. Durante la Messa e
poi al Regina Caeli, il Papa ha pregato per le
vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata, sottolineando la “comunione” che
deve unire le varie chiamate all’interno della Chiesa. La cronaca della cerimonia
nel servizio di Alessandro De Carolis:
**********
(canto - voce che chiama gli
ordinandi)
Ventidue giovani in
ginocchio, la testa fra le mani del Papa, le palme unte dall’olio del Crisma,
pronti a diventare sacerdoti. Un’immagine che sa di sfida in un’epoca in cui le
statistiche raccontano di popolazione mondiale in crescita e di vocazioni in
calo. Un’immagine forse poco comprensibile per tanti, ma non per le migliaia di
persone –moltissimi fra genitori, parenti, amici - che questa mattina, nella
Basilica Vaticana, hanno fatto ala al passaggio dei 22 diaconi della Diocesi di
Roma, ai quali Benedetto XVI ha conferito il Sacramento dell’Ordine, attorniato
dal cardinale vicario, Camillo Ruini, e dai vescovi delle diocesi di
provenienza dei giovani. Un traguardo raggiunto dai nuovi
sacerdoti nel giorno in cui la liturgia presenta la figura del Buon Pastore: un
brano evangelico di grande “densità teologica”, sul quale il Papa ha imperniato
la sua omelia:
“Gesù parla di sé come
del Buon Pastore che dà la vita eterna alle sue pecore (…) Egli conosce le sue
pecore e le sue pecore lo conoscono, come il Padre conosce Lui ed Egli conosce
il Padre. Non si tratta di mera conoscenza intellettuale, ma
di una relazione personale profonda; una conoscenza del cuore, propria di chi
ama e di chi è amato; di chi è fedele e di chi sa di potersi a sua volta
fidare; una conoscenza d’amore in virtù della quale il Pastore invita i suoi a
seguirlo, e che si manifesta pienamente nel dono che fa loro della vita
eterna”.
Questa profonda intimità
spirituale con Cristo, il poter entrare “nei suoi sentimenti”, vanno alimentati
anzitutto - ha detto il Papa - con la quotidiana “scuola di santità”
dell’altare, l’Eucaristia. Di lì, scaturisce il servizio della Parola, della riconciliazione.
Benedetto XVI ha insistito molto sull’aspetto della “gioia” che deve
accompagnare il modo in cui i nuovi sacerdoti esprimeranno il loro ministero.
Sia per voi “motivo di costante consolazione”, ha detto loro, la “certezza che
Cristo non ci abbandona e che nessun ostacolo potrà impedire la realizzazione
del suo universale disegno di salvezza”. Quindi, un pensiero alla Giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni, che la Chiesa celebra oggi:
“Preghiamo perché quanti
sono scelti a così alta missione siano accompagnati dall’orante comunione di
tutti i fedeli. Preghiamo perché cresca in ogni parrocchia e comunità cristiana
l’attenzione per le vocazioni e per la formazione dei sacerdoti: essa inizia in
famiglia, prosegue in seminario e coinvolge tutti coloro che hanno a cuore la
salvezza delle anime (…) Attorniamoli, questi nostri fratelli
nel Signore, con la nostra spirituale solidarietà. Preghiamo perché siano fedeli
alla missione a cui oggi il Signore li chiama, e siano
pronti a rinnovare ogni giorno a Dio il loro “sì”, il loro “eccomi”, senza
riserve”.
“E chiediamo al Padrone
della messe, in questa Giornata per le Vocazioni - ha concluso la sua
invocazione il Papa - che continui a suscitare molti e santi presbiteri, totalmente
dediti al servizio del popolo cristiano”.
(canto)
Ai 22 nuovi sacerdoti,
un nuovo augurio del Papa a “mantenersi fedeli alla preghiera” e a celebrare
“la Santa Messa con devozione sempre rinnovata” è giunto al momento della
recita del Regina Caeli, intonato da Benedetto
XVI dalla finestra del suo studio, davanti a circa 50 mila fedeli. Il Papa ha
voluto soffermarsi ancora sulla Giornata di preghiera per le vocazioni, ribadendo
in che modo esse siano - come recita il titolo della
Giornata - “a servizio della Chiesa comunione”:
“Tutti i battezzati sono
chiamati a contribuire all’opera della salvezza. Nella Chiesa ci sono però alcune vocazioni specialmente dedicate al servizio
della comunione. Primo responsabile della comunione cattolica è il Papa,
Successore di Pietro e Vescovo di Roma; con lui custodi e maestri di unità sono
i Vescovi, successori degli Apostoli, coadiuvati dai presbiteri. Ma al servizio
della comunione sono anche le persone consacrate e tutti i fedeli. Nel cuore
della Chiesa comunione c’è l’Eucaristia: le differenti vocazioni attingono da
questo sommo Sacramento la forza spirituale per edificare costantemente nella
carità l’unico Corpo ecclesiale”.
(canto)
**********
Sono 406 mila oggi i sacerdoti nel mondo. Per la
loro formazione
si punta ad una buona preparazione che trovi
le sue basi nella chiamata d’amore di Dio
La cura delle vocazioni esige una
costante "educazione" ad ascoltare la voce di Dio, e questo si
realizza innanzitutto nella preghiera. Secondo l’esplicito comando del Signore,
noi dobbiamo implorare il dono delle vocazioni in primo luogo pregando
instancabilmente e insieme il "Padrone della messe". E’ quanto ha
scritto Benedetto XVI nel suo Messaggio per la 44.ma
Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, ricordata più volte questa
mattina dal Papa in San Pietro. Ma qual è oggi la realtà delle vocazioni
sacerdotali e religiose nel mondo? Tiziana Campisi
lo ha chiesto a padre Vito Magno, rogazionista,
direttore della rivista “Rogate ergo”:
**********
R. -
Sulla base dell’ultimo Annuario Statistico della Chiesa, la situazione, sia
quantitativa sia qualitativa, non è ovunque la stessa. In generale, i sacerdoti
diocesani continuano a segnare il passo nei Paesi del nord del mondo, mentre crescono
in Asia, Africa e America Latina. Per le vocazioni alla vita consacrata, la situazione
è più complessa. Ove crescono, crescono lentamente, mentre in Europa e in
America esse continuano a diminuire, salvo eccezioni riguardanti i monaci e le
monache di clausura o recenti forme religiose legate a Movimenti nati nel nostro
tempo. Concretamente il miliardo e centoquindici milioni di cattolici viene assistito da 406 mila preti, dei quali 150 mila sono
religiosi. Le suore sono invece 882 mila.
D. -
Quali dati sono in grado di dare una motivazione alla speranza?
R. -
Innanzitutto, l’aumento delle ordinazioni, che dal 1978 al 2004 hanno registrato
un continuo crescendo ovunque, anche se con percentuali diverse. Delle 210 mila
ordinazioni di questo periodo, il 40 per cento riguarda l’Europa, il 30 per
cento le Americhe, il 17,2 per cento l’Asia, il 12,5 per cento l’Africa e l’un
per cento l’Australia. Ovviamente, l’incidenza di questo aumento sul totale dei
sacerdoti va commisurato al numero dei decessi, che è elevato. C’è poi un dato non confrontabile con il passato, ma in continuo
aumento: quello dei diaconi permanenti: erano 5.500 nel 1978, quando da pochi
anni erano stati ripristinati, oggi sono saliti a 32 mila.
D. - E’
giusto insistere più sulla qualità dei sacerdoti che non sulla loro quantità,
come spesso fanno persone ed organismi autorevoli?
R. - Lo
trovo più che giusto. Senza qualità, la quantità non
ha senso. Non occorre che i sacerdoti siano tanti, occorre che siano buoni e
assolvano con competenza e dedizione i compiti loro spettanti, quali
l’amministrazione dei Sacramenti e il servizio di guida spirituale della
comunità loro affidata, lasciando ai laici l’assunzione delle responsabilità
per tutto il resto.
D. -
Negli ultimi anni, quali punti fermi ha indicato il Magistero della Chiesa in
tema di vocazioni?
R. - È
noto con quale insistenza Giovanni Paolo II ripetesse
che all’origine di qualsiasi vocazione è l’esempio di chi consacra a Dio la
propria vita, e nello stesso tempo non si stancava di indicare il ruolo della
preghiera personale e di tutta la comunità cristiana, in linea con il comando
di Gesù. Benedetto XVI, quando parla a sacerdoti, religiosi e seminaristi,
soprattutto nei messaggi per la presente Giornata, sia in quello dello scorso
anno, sia in quello di quest’anno, ripete che ogni vocazione è chiamata d’amore
da parte di Dio: chiamata a cui deve corrispondere una
risposta d’amore. Sembra d’altra parte logico che se
nell’enciclica Deus caritas est parla dell’amore come risposta
cristiana ai problemi del mondo, senta poi d’impostare nella medesima chiave il
problema vocazionale.
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Il Papa ai membri del Rinnovamento
nello Spirito, riuniti a Rimini:
promuovete i valori
umani e difendete la famiglia
Si è aperta ieri, alla
Fiera di Rimini, la 30.ma Convocazione nazionale del
Movimento ecclesiale Rinnovamento nello Spirito Santo sul tema: “Nulla è
impossibile a Dio”. I circa 25 mila partecipanti, provenienti da tutta Italia e
da diversi Paesi del mondo, hanno accolto con grande gioia un lungo messaggio
autografo di Benedetto XVI. Il Papa ha sottolineato l’importanza del “carisma
della fede” e l’“urgenza dell’evangelizzazione della famiglia”. Il servizio di Luciano
Castro:
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“Desidero con gioia
unirmi” ai partecipanti alla vostra Convocazione, che “intende approfondire,
nell’ascolto costante dello Spirito, l’impegno per la nuova evangelizzazione
con un tema che apre il cuore alla fiducia: ‘Nulla è
impossibile a Dio’”. Inizia così il lungo messaggio
autografo di Benedetto XVI, inviato al presidente nazionale del Rinnovamento
nello Spirito Santo, Salvatore Martinez. Un messaggio
in occasione dell’apertura, ieri qui a Rimini, della 30° Convocazione nazionale
di questo Movimento ecclesiale, in cui sarà anche celebrato il 40ennale della nascita
del Rinnovamento carismatico cattolico nel mondo. “E’ vostra intenzione porre
in risalto ‘il carisma della fede’ - ha scritto il
Papa ai partecipanti alla Convocazione - mostrando come l’incontro con Dio in
Cristo Gesù trasformi, grazie alla forza dello Spirito, l’esistenza del
credente e lo renda testimone gioioso - ha sottolineato ancora il Papa - delle
meraviglie che il Signore non cessa di compiere anche in questo tempo”. Le
parole del Santo Padre sono state accolte con grande gioia dai 25 mila
partecipanti alla Convocazione, che ieri hanno potuto anche vedere le immagini
dell’incontro di Benedetto XVI con i responsabili nazionali del Rinnovamento
durante l’ultima udienza generale sul sagrato della Basilica di San Pietro. Nel
messaggio, il Papa ha sottolineato “l’urgenza che riveste oggi l’evangelizzazione
della famiglia. Seguendo gli orientamenti dei vescovi italiani - si legge nello
scritto - anche voi vi dedicate attivamente a sostenere tutto ciò che
concretamente difende e promuove quei valori umani e cristiani che devono essere
alla base di ogni nucleo familiare”. Proprio domani, il Rinnovamento ha infatti organizzato qui a Rimini un evento in preparazione
alla grande manifestazione “Più Famiglia”, che si svolgerà il prossimo 12
maggio a Roma e dove riecheggeranno le parole del Papa nel messaggio al
Rinnovamento: “Quando una famiglia fonda ogni suo progetto sulla fiducia in
Dio, nulla veramente le è impossibile”. Questa seconda giornata della
Convocazione è dedicata all’esperienza della misericordia di Dio e della
guarigione: centinaia i sacerdoti impegnati per ore nelle confessioni. Stasera,
la concelebrazione eucaristica sarà presieduta da mons. Mathieu
Madega, vescovo di Port-Gentil,
in Gabon.
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Una missionaria d’amore che ha
sperimentato nel dolore la felicità
in Cristo:
Maria Rosa Pellesi è la religiosa beatificata a
Rimini
dal cardinale
Saraiva Martìns
Ha speso
la sua vita con amore nel dolore ma è sempre stata
felice di offrire la sua sofferenza a Dio e per l’umanità. Questo ha portato
Maria Rosa Pellesi agli onori degli altari. La religiosa della
Congregazione delle Suore Francescane Missionarie di Cristo, morta nel 1972
all’età di 55 anni, è stata proclamata Beata stamattina, nella cattedrale di
Rimini, dal cardinale José Saraiva Martìns, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi. Il servizio di Tiziana Campisi:
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In lei, si
è dispiegato l’abisso del mistero della Passione, morte e risurrezione di
Cristo, che l’ha chiamata a passare attraverso la grande tribolazione,
lasciando che le sue vesti venissero lavate e rese
candide col sangue dell’Agnello, ha sottolineato il cardinale José Saraiva Martìns. Maria
Rosa Pellesi ha vissuto 27 anni in un sanatorio per una grave forma di tubercolosi
polmonare che ha richiesto dolorose terapie. Ma pur debilitata la religiosa
riuscì a dire: “Sono ancora un coccio servibile. Gesù è tutto per me e il mio
cuore è pieno. Sono felice”. Per 17 anni, le provocò strazi il frammento di un
ago spezzatosi per un errore medico nel suo torace, eppure, nel ricordare il
suo 25° di malattia, volle ringraziare Dio con queste parole: “Sono stati anni
di grazia. Aiutami a dimenticarmi, a donarmi a te e agli altri tutti nel
mondo”. “Pur chiusa in un angusto ospedale - ha detto il cardinale Saraiva Martìns - spaziava con
l’anelito missionario di Cristo verso l’umanità. Se c’è un immediato segno di
riconoscimento di suor Maria Rosa - ha proseguito il prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi - questo è sicuramente il sorriso che
diventava la prima carità verso chi viveva con lei, ma che si traduceva anche
in gesti umani umilissimi e forti di ascolto, di pazienza, di servizio che le
richiedevano un prezzo altissimo di abnegazione e di dono di sé”. Nel terminare
la sua omelia, il porporato ha affermato che la Beata Maria Rosa “ci invita
alla speranza”, “a non lasciarci inchiodare dai nostri limiti e” dalle nostre
“colpe”. Come lei, ha concluso, dobbiamo pregare perché Gesù agisca in ciascuno
di noi “per costruire sulle macerie” della miseria umana, “quel capolavoro che”
Dio “si è prefisso fin dall’eternità”.
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E sulla figura della
nuova Beata, Giovanni Peduto ha intervistato
il postulatore della Causa di beatificazione, padre Florio Tessari. A lui ha chiesto di descrivere il percorso che
ha portato Maria Rosa Pellesi alla consacrazione:
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R. - Maria Rosa, al
secolo Bruna, nata il 10 novembre 1917 a Frignano sul Secchia, nel modenese, da
genitori contadini dalla fede profonda ed ultima di nove fratelli, era una
ragazza vivace, che amava vestirsi bene, alla moda e che non lesinava la cura
del proprio corpo. Era corteggiata dai giovani, era una delle bellezze del
paese. Era colma del desiderio di amare e di essere amata. A 17 anni conosce
l’amore per un giovane del paese, lo frequenta per un po’ di tempo, poi lo
lascia perché il suo
cuore batte già per un Altro: Cristo è diventato il termine esclusivo del suo
amore. Nel 1933, con la morte di due giovanissime cognate che avevano lasciato
sei bambini, Maria Rosa si sente coinvolta e fa loro da mamma. Ma
contemporaneamente intensifica la sua vita cristiana. A 23 anni lascia la famiglia
per entrare fra le Suore Francescane Missionarie di Cristo. A 26 anni è colpita
da tubercolosi, malattia che l’accompagnerà per tutta la vita, cioè per 27 anni.
Fu ricoverata 3 anni al Sanatorio di Gaiato di Modena e 24 al
"Pizzardi" di Bologna. Le estraevano il
liquido dai polmoni anche 5 volte al giorno. Il dottor Rossi, un medico del Pizzardi,
ricorda: “Quante volte, per necessità di cure, ho trafitto con grossi aghi il
costato di suor Maria Rosa: io solo, certamente molte volte; più di mille un
giorno ne contai nella cartella clinica; ma altri medici, per anni ancora,
dovettero continuare quell’intervento quotidiano. Io
non ho sentito, mai, dico mai, un lamento”. Costretta all’inerzia, era tuttavia
l’anima della sua Famiglia religiosa: era il respiro ampio, la freschezza
mentale, la nobiltà d’animo. Il 6 novembre 1972 è trasportata all’Istituto San
Giuseppe di Sassuolo, dove vivrà gli ultimi venticinque giorni della sua vita.
Con un fil di voce regala il distillato del suo
cuore: “Lo dico in un momento in cui non posso tradire… quello che conta è
amare il Signore. Sono felice perché muoio nell’amore, sono felice perché amo
tutti”. Sono le ultime parole. Poi spira dolcemente alle ore 20 del 1° dicembre
1972.
D. - Qual è stato il
carisma di questa donna?
R. - E’ una religiosa
Francescana Missionaria di Cristo, semplice e disponibile a riconoscere Cristo
nella realtà e ad aderire a Lui, lieta di servire, di
gioire e di soffrire per amore Suo. Ecco i quattro segreti di Maria Rosa.
"Essere di Gesù" è stato il suo instancabile anelito, la prima
occupazione e preoccupazione: questo è stato il primo segreto. "Si è
consegnata come un’Agnella, non ha aperto bocca":
è il suo secondo segreto. L’intimità con l’Eucaristia: lì
imparava a tacere, come Gesù nella Passione: questo è il terzo segreto.
"Fare del bene sempre, finché si può, a tutti": questo è il suo
quarto segreto.
D. - In quale contesto
è vissuta e dove ha espletato la sua attività?
R. - Il contesto nel
quale è vissuta è stato il Sanatorio. Dei suoi 55 anni di vita, 27 li ha
passati in ospedale. “Ho iniziato la mia vita sanatoriale piangendo, ma ho
chiesto al buon Dio di terminarla cantando le sue misericordie, e sono stata esaudita…
Non so che cosa stia avvenendo
in me. So solo che sento Gesù vicino, vicino: sento che non è più disposto ad
aspettare come ha fatto sino ad ora. Egli vuole tutto, tutto,
anima, cuore, corpo. Mio Dio, come è bella la vita
quando Gesù, solo, è nel nostro cuore (Bologna, Pasqua 1956)”.
D. - Un episodio
significativo della sua vita?
R. - Nel 1969, le viene diagnosticata una distrofia angiosclerotica
della retina che la rende quasi cieca. Suor Maria Rosa ha un movimento di
sgomento: “La cecità mi fa paura”. Ma poi si abbandona: “E’
Gesù che chiede e io non posso fare a meno di ripetere: sì, Gesù, sangue per
sangue, amore per amore. Vorrei parlare
della mia gioia, della
gioia pura che dà il Signore quando si fa allegramente la sua Volontà. Ogni giorno e tante volte al giorno, ripeto il mio "Fiat voluntas
tua, Domine" e Lui mi riempie il cuore di pace e
gioia”.
D. - Quale messaggio
lascia al mondo d’oggi?
R. - Suor Maria Rosa è
vissuta fuori delle mura del convento, ma tra quelle del sanatorio - microcosmo
tra reclusione e clausura - in un ambiente laico, e là ha vissuto nell’ordinarietà dei giorni una straordinaria intimità con il
Signore. Come a dire che la santità è per tutti ed è possibile in qualunque
contesto. Vive in uno spazio chiuso e ristretto con una coscienza cattolica,
cioè in un abbraccio totale al mondo e alla vita della Chiesa. La sua è una
credibile testimonianza che si può essere felici nella malattia, che si può
vivere il centuplo promesso da Cristo in ogni circostanza della vita. Ed è
proprio questo suo "segreto" a farne una grande donna che la Chiesa
proclamerà Beata.
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29 aprile 2007
Nuovo messaggio di intimidazione
all’arcivescovo di Genova
e presidente della Cei,
Angelo Bagnasco:
recapitati nella
curia genovese una busta
con un
proiettile e un simbolo nazista
Non si
arresta la sconcertante catena di intimidazioni rivolte contro l’arcivescovo di
Genova, Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza
episcopale italiana. L’ultima in ordine di tempo, due giorni fa, una busta con
dentro un proiettile di piccolo calibro recapitata venerdì mattina nella curia
cittadina. Lo rivela oggi il quotidiano genovese Corriere Mercantile. Il
servizio di Tiziana Campisi:
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Il
Corriere Mercantile riferisce che il plico conteneva, oltre al proiettile,
anche una foto del presule, ritagliata da un quotidiano, sulla quale è stata
incisa una svastica. La busta, secondo quanto si apprende dalle agenzie di
stampa, è stata recapitata direttamente all’arcivescovado ed aperta da un
collaboratore della segreteria. Plico, proiettile e fotografia sono stati posti
sotto sequestro dalla DIGOS e inviati alla Polizia scientifica. Da venerdì,
scrive il quotidiano ligure, l’arcivescovo di Genova, che ha incontrato alcuni
dirigenti della questura ed ha avuto un colloquio con il questore, Salvatore
Presenti, è scortato da tre poliziotti. Le Forze dell’ordine hanno previsto
nuovi presidi e vigilanze, attorno alla cattedrale e all’arcivescovado di
Genova, e in occasione di tutte le manifestazioni alle quali mons. Bagnasco prenderà parte. Il portavoce della diocesi di
Genova, Carlo Arcolao, ha definito le recenti minacce
contro l’arcivescovo opera di “frange molto piccole e psicologicamente labili”.
Ma sulla nuova intimidazione al presidente della CEI ascoltiamo il commento del
portavoce della Conferenza episcopale italiana, don Domenico Pompili:
R. -
Quest'ultimo episodio di Genova si inserisce nel clima di incomprensibile eccitazione
di questi giorni. E' un gesto intimidatorio, ovviamente, che si commenta sé.
D'altra parte, non si vuole enfatizzare oltre misura questo gesto irresponsabile,
perchè non è intenzione della Chiesa alimentare uno scontro che non è mai stato
cercato e che è fuori pertanto dalle sue intenzioni e dalle sue azioni.
D. - Come
porsi di fronte ad episodi del genere?
R. - Credo
che non bisogna assolutamente lasciarsi intimidire e bisogna augurarsi che
questo clima possa essere stemperato ispirandosi al buon senso e ad un dialogo
che porti veramente a ragionare sulle questioni e non a contrapporsi in modo
pretestuoso.
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In 50 Paesi del mondo, manifestazioni
di solidarietà contro
le stragi
che insanguinano il Darfur
Il mondo si mobilita per
solidarietà nei confronti del Darfur. Trecentomila
morti e due milioni e mezzo di profughi in 4 anni: è questo l'agghiacciante
quadro della situazione che presenta la regione sudanese messa in ginocchio dal
feroce conflitto in corso tra le milizie arabe Janjaweed,
appoggiate non ufficialmente dal governo e i ribelli delle tribù locali. Ma
nonostante i numeri inducano a parlare di un vero e proprio genocidio, è ancora
diffusa l’indifferenza nella comunità internazionale. Per contrastarla si è
svolto oggi a Roma, e in contemporanea in altri 50 paesi nel mondo, il "Global Day for Darfur". Sulla situazione di questa martoriata regione
africana, Paolo Ondarza ha sentito Irene Panozzo, giornalista di "Lettera
22" ed esperta dell’area.
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R. - Il Darfur, in questi ultimi tempi, non ha avuto grandi
miglioramenti rispetto a quella che è stata la sua storia negli ultimi anni,
cioè da quando nel 2003 è scoppiata la guerra tra una
serie di gruppi ribelli della regione e il governo nazionale di Kartuun e le milizie Janjaweed che il governo sostiene
e pare abbia finanziato in passato. Soprattutto, a partire dal maggio del 2006,
quando è stato firmato un trattato di pace tra una fazione di uno dei gruppi
ribelli e il governo di Karthoum, la situazione in
realtà è peggiorata. Questo accordo di pace ha causato la divisione ulteriore
dei gruppi ribelli che hanno iniziato a farsi la guerra tra
di loro.
D. - I primi a pagare il
duro prezzo sono i civili?
R. - Diciamo che anche
in Darfur è stata applicata una sorta di regola aurea
delle guerre sudanesi, che è quella della politica della terra bruciata:
ovvero, attacchi dal cielo con l’aviazione governativa seguiti poi da razzie e
scorribande delle varie milizie che mettono a ferro e fuoco i villaggi.
D. - Qualcuno chiama in
ballo la responsabilità di potenze come la Cina. Come
mai?
R. - Perché la Cina ha grandi interessi e grandi rapporti di business
con il governo di Karthoum e in questi quattro anni
ha utilizzato spesso il proprio peso e soprattutto il proprio diritto di veto
all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per ostacolare ogni
decisione che, ad esempio, applicasse delle sanzioni nei confronti del Sudan o
che prevedesse un intervento di peace keeper. Negli ultimi mesi, qualcosa si sta un po’ muovendo
nel senso che è ormai da un anno e mezzo che tra il governo di Karthoum e la Nazioni Unite c’è un
lungo braccio di ferro sull’eventualità di mandare dei caschi blu in Darfur e la Cina, in questo caso, non si è opposta.
D. - E l’intervento
dell’ONU è auspicabile?
R. - Può essere
auspicabile nel senso che sicuramente in questo momento la forza dell’Unione
Africana ormai da tempo non ha più la forza - anche economica - per fare la
differenza sul terreno. Però non è quella la soluzione: la soluzione è
necessariamente una soluzione politica.
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Mons. Odilo Sherer, nuovo arcivescovo di San Paolo,
parla ai
nostri microfoni
del prossimo
arrivo di Benedetto XVI in Brasile
A poco più di una
settimana dall’arrivo di Benedetto XVI nella metropoli di San Paolo, che
segnerà l'inizio dell'importante visita pastorale in Brasile, mons. Odilo Sherer prende possesso oggi pomeriggio dell’arcidiocesi paulista. E sarà proprio mons. Sherer
- attualmente segretario generale della Conferenza dei vescovi del Brasile - a
ricevere il Papa nel Paese latinoamericano, il prossimo 9 maggio. Silvonei Protz ha
parlato con mons. Odilo Sherer di questo
momento importante per la diocesi di San Paolo e delle sfide che dovrà
affrontare:
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R. - Sono tante le sfide
all’interno della vita della Chiesa: il risveglio o un nuovo risveglio della
vita ecclesiale, della vita missionaria, un nuovo atteggiamento della Chiesa di
fronte alla società. La Chiesa non deve mettersi da parte nella vita della
società, ma partecipare con il messaggio di Gesù Cristo, per contribuire alla
soluzione dei problemi, perché i nostri popoli abbiano veramente vita piena in
Gesù Cristo. Poi le sfide della società che, a San Paolo come in tutto il
Brasile, sono tante: la povertà che continua, la violenza, l’esclusione
sociale. E’ una cultura che tante volte fa poco caso ai valori della vita,
della giustizia, della solidarietà. Quindi, abbiamo molto da fare anche nel
senso dell’evangelizzazione della società, della cultura, della convivenza
umana, delle organizzazioni della vita sociale, perché attraverso il contributo
dei cattolici, il lievito del Vangelo, la società possa vivere meglio.
D. - Che aspettativa c’è
in questo momento, in Brasile, per l’arrivo di Benedetto XVI?
R. - Noi siamo molto
felici. La gente è contenta e l’organizzazione va avanti. Il Santo Padre avrà
alcuni incontri importanti con il popolo brasiliano, soprattutto a San Paolo:
l’incontro con i giovani e una grande celebrazione eucaristica, durante la
quale sarà canonizzato un padre Francescano, il primo Santo nato in Brasile.
Questo religioso ha lavorato e vissuto a San Paolo. Quindi, sarà canonizzato proprio
in casa sua. Il Papa incontrerà anche un’organizzazione della Chiesa per il
recupero e il reinserimento sociale dei tossicodipendenti. E questa visita è
molto attesa, perchè si vuole sentire la parola del Santo Padre di fronte a
questa piaga sociale molto grande della droga, davanti ai tanti
tossicodipendenti che hanno in qualche modo la vita stroncata dall’uso della
droga. Il grande momento sarà il 13 maggio ad Aparecida,
quando il Santo Padre aprirà la V Conferenza generale dei vescovi dell’America
Latina e dei Carabi. E lì attendiamo il messaggio del Santo Padre, sempre molto
importante, all’inizio di questi avvenimenti, che darà anche l’orientamento, le
direttrici dell’avvenimento. Il Papa viene per confortare la Chiesa, per
orientare la Chiesa, per confermare i cristiani cattolici nel cammino e nella
via del Signore.
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Celebrati a Mosca i funerali del
celebre
violoncellista, Mtislav Rostropovich
Un addio fatto di grande
partecipazione di folla e di commozione. E' la cornice in cui si è svolto ieri,
alla presenza del presidente russo, Vladimir Putin,
l'ultimo saluto nella camera ardente che ha accolto a Mosca la salma di Mstislav Rostropovich, il
leggendario violoncellista spentosi venerdì scorso. Stamattina, la cerimonia
delle esequie nella cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, gremita di persone,
che Rostropovich contribuì a ricostruire dopo la
decisione del primo presidente russo Boris Eltsin di
farla rinascere com'era e dov'era prima che Stalin la facesse abbattere negli
anni Trenta. Riascoltiamo le parole del celebre musicista ai nostri microfoni
in questo servizio di Gabriella Ceraso:
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Oggi
l’ultimo saluto al Maestro Mtislav Rostropovich morto venerdì a Mosca all’età di 80 anni. Il
violoncellista e compositore russo tra le più grandi personalità dell’arte
moderna riposa ora nel cimitero di Novodèvitchi tra i
suoi amici d’arte e di vita:
Chostakovitch et
Prokofiev. Ieri, la musica è stata presente anche
nella grande Sala del Conservatorio dove, a rendergli omaggio, sono andati in migliaia:
lì dove aveva studiato, insegnato e tenuto l’ultimo concerto pubblico prima
dell’esilio nel 1974. Artista eccelso ma anche uomo impegnato al fianco dei
dissidenti contro il regime sovietico e in tante iniziative di solidarietà. E’
questo dunque il ruolo dell’artista? Sentiamo la risposta di Rostropovich ai nostri microfoni, in un’intervista del
2006:
R. - (Parole di Rostropovich in russo)
Dipende dalla vita
dell’artista, dalla sua persona. Se non ha sofferto nel passato quanto me... Io ho incontrato molte persone che mi hanno aiutato - e non
solo tra coloro che mi conoscevano e sapevano che ero musicista, dotato - ma
anche altri, persone sconosciute, che sembravano mandate da Dio. Nella città di
Oremburg, per esempio, eravamo stati sfollati durante
la guerra. Eravamo in una casetta, presso la nostra matrigna, io e mia sorella.
Non c’erano né cibo, né soldi. Un giorno, poi, scoppiò la caldaia, a casa.
Eravamo a -35°. Ci mettevamo addosso di tutto: coperte, materassi… Poi,
all’improvviso, ho visto dalla finestra un carro trainato da cavalli che si
fermava. Ne scese un vecchio, con una enorme barba: un
tipico siberiano. Entrò in casa e mi chiese: “Ragazzo, hai freddo? Ti ho portato
della legna”. Io continuavo a dire: “Non possiamo utilizzarla, abbiamo il
riscaldamento centralizzato”. E lui mi rispose: “Per ora, ti lascio la legna.
Poi ti porterò anche la stufetta”. E l’indomani si
presentò con la stufetta a legna. Quindi, quando mi
capita di fare qualcosa di buono, penso al vecchio della legna. Lui sarà in
cielo, ormai, e spero che da lì mi veda e capisca che io gli rispondo.
D. - Maestro, ha un
posto la fede nella sua vita?
R. - (Parole di Rostropovich in russo)
Devo dire che la
questione della fede è la questione principale della mia vita. Non c’è niente
altro di simile. Sono credente fino al punto di essere convinto che in tutto
ciò che faccio c’è qualcuno che mi guida ad opere di bene. Cerco di non
compiere errori. A questo proposito, voglio raccontarvi una cosa. Dopo quattro
mesi dal mio esilio, nel 1974, ho tenuto il mio primo concerto. Stavo già per andare
alle prove, quando arrivò un uomo in moto e ci lasciò un biglietto. Era di Papa
Paolo VI e ci invitava in udienza generale. Io e mia moglie ci sentimmo molto
agitati, ma decidemmo di andare. C’era molta gente. Quando arrivammo, scoprimmo
che sapeva già tante cose su di noi. A me il Papa diede una
medaglia vaticana, mentre a mia moglie chiese: “Ha qualcosa in contrario se le
regalo una croce?”, e nel momento in cui stavamo per andare via, ci stavamo
salutando, si rivolse a me e disse: “Maestro, tra la terra e il cielo, tra noi
e Dio c’è una scala molto lunga. Lei, maestro, si trova a metà della
salita. Però, le resta un problema: qualsiasi cosa faccia, prima ci pensi.
Questo è un passo in su o in giù?”. Questo pensiero
del Papa mi aiuta ancora nella mia vita. Quando mi rendo conto che ho fatto un
passo in giù, poi devo farne tre in su e seguo sempre
questo principio.
**********
29 aprile 2007
La Chiesa ricorda oggi Santa Caterina da Siena,
dottore della Chiesa
e patrona d’Italia e
d’Europa
L’ha dichiarata
Dottore della Chiesa, nel 1970, Paolo VI per i consigli dispensati a Papi, re e
generali e per le parole di conforto che riusciva a trovare per quanti erano
colpiti da sventure, detenuti, condannati a morte, ma anche gente comune. Santa
Caterina da Siena, ultima di 25 figli e vissuta nel Trecento, è descritta dalle
fonti come una donna dal forte carattere e dalle incrollabili convinzioni personali.
Non venne mandata a scuola né ebbe maestri, ma questo
non le impedì di redigere trattati e lettere, che per lo più dettava. “Essere
la serva di Dio significa non essere soggetta all’autorità di nessun uomo.
Cancellare ogni sensazione umana di dolore, fatica, desiderio sessuale e fame
significa essere padrona di se stessa”, si legge nel suo Trattato della
Provvidenza. I genitori volevano accasarla bene e presto, e secondo l’uso di
allora, avviarono pratiche di matrimonio quando
Caterina aveva 12 anni. Non sapevano che la loro figlia si era votata a Dio e
aveva cominciato un percorso di mortificazione, fatto di digiuni e, in seguito,
con l’uso del cilicio. Venuta a conoscenza dell’intenzione dei suoi genitori Caterina
reagisce anche con il taglio completo dei capelli e si chiude in casa con il
capo coperto da un velo. Entra nel Terz'ordine delle
Domenicane a 16 anni, pur restando presso la sua abitazione. Lei stessa
racconta di essersi avvicinata alle letture sacre pur essendo semianalfabeta e,
dopo giorni di estenuanti e poco fruttuose fatiche, di aver ricevuto dal
Signore il dono di sapere leggere. Secondo la tradizione
devozionale, l’1 aprile del 1375 avrebbe ricevuto le
stimmate nella chiesa di Santa Cristina, a Pisa, dove si trovava su invito di
Papa Gregorio XI, al fine di preparare la crociata da lei sollecitata: tali
stimmate sarebbero rimaste invisibili fino alla sua morte. La
si ricorda, poi, come ambasciatrice dei fiorentini ad Avignone, per una
non riuscita missione di pace presso lo stesso Pontefice, che però diede al
Vicario di Cristo la spinta per il ritorno a Roma, nel 1377. Nella capitale,
Caterina si recherà più avanti, chiamata da Urbano VI dopo la ribellione di
alcuni cardinali che diede inizio allo scisma di Occidente. Qui si ammala e
muore, a soli 33 anni. Sarà canonizzata nel 1461 da Pio II. Nel 1939, Pio XII
la dichiarerà patrona d’Italia con Francesco d’Assisi, e da molti verrà ricordata tale per aver affermato: “Niuno Stato si può
conservare nella legge civile in stato di grazia senza la santa giustizia”. Il
primo ottobre 1999, Giovanni Paolo II ha posto sotto la sua protezione l’intera
Europa. (T.C.)
Coltivare il dialogo e rinsaldare i punti di incontro:
è l’invito alle
Chiese d’Europa emerso negli interventi della
XII settimana Cefaludese per l’Ecumenismo
Si è conclusa ieri a Cefalù, in Sicilia, la
dodicesima "Settimana Cefaludese per
l’Ecumenismo", promossa dal Centro La Palma. Tre incontri di preparazione
affidati rispettivamente ad una teologa cattolica, una ortodossa
e ad un pastore evangelico donna della Chiesa valdese , in vista della III
Assemblea ecumenica europea, che si terrà a settembre in Romania, sul tema: “La
luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento e unità in Europa”. “A Sibiu avremo modo di avvicinare la teoria e la pratica, gli
‘uffici’ dell’ecumenismo alla vita reale delle piccole, semplici, persone
normali. Non dobbiamo perdere questa opportunità”. E’ un passaggio
dell’intervento del pastore valdese, Elisabetta Ribet,
con cui si è chiusa la Settimana Cefaludese. “Le
Chiese possono essere più unite, nel servizio al mondo – ha aggiunto il pastore
Ribet – Sibiu può essere lo
spazio nel quale anche le Chiese, insieme, iniziano e rafforzano un cammino di
formazione alla ‘cittadinanza attiva’ e responsabile”. “L’ortodossia deve porgere il proprio
aiuto ai fedeli affinché essi possano difendere la propria identità", ha
affermato la teologa ortodossa, Simona Paula Dobrescu,
durante il secondo incontro. "Inoltre - ha soggiunto - deve instaurare
rapporti di cooperazione e corresponsabilità con i fedeli delle altre
Chiese che operano in Europa e nel mondo intero, con l'intento di testimoniare
insieme l'amore di Dio”. Coltivare il dialogo e rinsaldare i punti di incontro,
sembra il comune denominatore degli interventi, ai quali ha preso parte anche
la teologa cattolica, Cettina Militello, che ha posto
in evidenza l’importanza di “accogliere e tradurre in pratica tutto quello su
cui si è d’accordo e il recepire gli uni dagli altri tutto quello che ciascuno
apprezza negli altri e che non si oppone alla propria tradizione”. (A cura di Alessandra Zaffiro)
In Francia, le Congregazioni religiose che
insegnano nelle scuole
si riuniscono in un nuovo soggetto unitario per manifestare
meglio
la loro forza educativa
“Unione di reti di
Congregazioni dell’insegnamento cattolico” (URCEC). E’ il nome della realtà che
sta nascendo in Francia, alla quale partecipano Congregazioni religiose che si
occupano di insegnamento. L’obiettivo principale è quello di far sentire una
voce comune sulle grandi proposte educative. Al progetto sono interessate 110
congregazioni femminili e maschili che scolarizzano
circa mezzo milione di alunni. Secondo frère Jacques d’Huiteau, segretario
generale dell’URCEC, l’ambizione specifica dell’organismo è di manifestare
sempre meglio, in questi tempi di nuove urgenze educative, la “capacità
dell’insegnamento cattolico di raggiungere i giovani maggiormente in
difficoltà”. "Si tratta di un’unione necessaria - ha aggiunto -
specialmente oggi che la Chiesa riscopre l’importanza, per i cristiani,
dell’impegno educativo, e quanto le istituzioni scolastiche possano testimoniare
una presenza di Chiesa”. (A. M.)
Inaugurato a Melbourne un Centro pastorale per
giovani vietnamiti
Si chiama “Thien An” (dono di Dio) il Centro
pastorale per l’educazione e la formazione dei giovani vietnamiti appena
realizzato alla periferia di Melbourne, in Australia. Attraverso iniziative di
carattere culturale e sociale, scrive l’agenzia Fides, darà modo ai giovani di
avere un luogo di aggregazione sano, dove esprimersi, confrontarsi e crescere
secondo i valori cristiani. Il Centro è dono dei giovani australiani ai loro
coetanei vietnamiti della diaspora che abitano nella zona. La struttura era una
fabbrica di abbigliamento ed è stata inaugurata il 22 aprile scorso. Come
informa l’Agenzia Salesiana ANS, alla cerimonia erano presenti don Frank Moloney, ispettore dei
Salesiani dell’Australia, suor Margaret Bentley, vicaria dell’ispettoria
della Regione Pacifico delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ed Anthony Helou, sindaco di Moreland, centro suburbano di Melbourne. Il progetto è
stato portato avanti da don Anthony Quang, Salesiano vietnamita, appena nominato parroco della
chiesa di St Margaret Mary's, grazie al contributo di molti benefattori
vietnamiti e di volontari australiani. Don Quang,
come molti vietnamiti, è giunto in Australia negli anni ’70, dopo aver superato
i pericoli della traversata in mare e dei campi profughi. Insieme ad alcuni sacerdoti del clero vietnamita, ha la cura
pastorale della comunità vietnamita ormai pienamente inserita nella vita
ecclesiale e sociale dei grandi centri australiani. Il Centro “Thien An”, che assiste ragazzi
svantaggiati le cui famiglie parlano solo il vietnamita, è frequentato da 200
studenti ai quali vengono offerti corsi gratuiti di
matematica, inglese e di lingua vietnamita. (T.C.)
Ogni anno, oltre due milioni di morti
per incidenti
o malattie legate al lavoro
Nel mondo, 2,2 milioni
di persone ogni anno muoiono per incidenti o malattie connesse col loro lavoro,
270 milioni restano ferite e 160 soffrono di malattie professionali. A
rivelarlo è un rapporto dell'Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL),
presentato venerdì scorso a Ginevra, alla vigilia della
Giornata mondiale per la Sicurezza e la salubrità sul lavoro. Secondo il
rapporto, il danno economico provocato da tutti gli incidenti sul lavoro è pari
al 4% del prodotto interno lordo globale. ''L'esperienza
- sostiene la direttrice del Programma anti-incidenti
dell'OIL, Semira Mazadi - mostra che la maggior parte
degli incidenti potrebbero essere evitati. Pratiche di prevenzione rigorosa
devono essere attuate sistematicamente dai governi''.
(M.G.)
29 aprile 2007
- A cura di Isabella Piro -
- Ci sarà
anche l’Iran tra i Paesi presenti alla Conferenza internazionale sull’Iraq, in
programma il 3 e 4 maggio a Sharm el
Sheik, in Egitto. Lo rende noto il premier iracheno
Al Maliki, in seguito ad una telefonata con il presidente
iraniano, Ahmadinejad. Intanto, sul terreno, continua
a crescere il bilancio dell’attentato suicida avvenuto ieri a Kerbala. Il nostro servizio:
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71 morti e
170 feriti, tra cui donne e bambini: cresce di ora in ora il bilancio
dell’attacco kamikaze avvenuto ieri a Kerbala, città
santa sciita a sud di Baghdad, dove un’autobomba è esplosa nei pressi del
santuario dell’imam Abbas.
E anche oggi la capitale si è svegliata sotto i colpi dell’artiglieria:
un’offensiva americana si è concentrata nella parte sud della città, mentre il
comando USA comunica che, negli ultimi due giorni, nove marines
sono morti in diversi combattimenti. E la violenza continua anche contro i
giornalisti: stamani, la reporter radiofonica Amal al
Moudarres è stata gravemente ferita da un commando
armato davanti alla sua abitazione, nel quartiere al Kadraa
di Bagdhad. Per cercare di arginare gli attacchi
terroristici, l’esercito americano ha compiuto una serie di raid nelle province
di Al Anbar e Salaheddin, in cui cresce l’insurrezione sunnita. Settantadue persone sono state arrestate, perché
sospettate di appartenere ad Al Qaeda.
Intanto, si avvicina il 3 maggio, data di apertura della Conferenza
internazionale sull’Iraq ospitata dall’Egitto, a Sharm
el Sheik. In una telefonata
al premier iracheno, Al Maliki, il presidente
iraniano Ahmadinejad ha fatto sapere che Teheran siederà al tavolo delle trattative. Accanto a lui,
i ministri degli Esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU, i Paesi del G8 e quelli confinanti con l’Iraq. Tra i presenti, anche
il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon. E per discutere i temi della conferenza, oggi a
Baghdad è arrivato Ali Larjiani, capo del Supremo
consiglio per la Sicurezza nazionale in Iran.
*********
- In Afghanistan, è di
almeno sei vittime, tra cui due donne civili, il bilancio del blitz delle forze
multinazionali contro una presunta cellula terroristica nella provincia
orientale di Nangarhar. Intanto, parlando al Forum
per lo sviluppo del Paese, in corso a Kabul, il presidente, Hamid
Karzai, ha chiesto di poter avere un maggiore
controllo sugli aiuti stranieri per la ricostruzione dell’Afghanistan. Sul
fronte sequestri, è rientrata in Franca Celine Cordalier, la cooperante della Ong
"Terre d’Enfance", rilasciata ieri dai
talebani nella provincia di Kandahar, dopo 25 giorni
di prigionia. Restano ancora sotto sequestro, invece, un altro cooperante
francese e tre afghani: l’ultimatum per la loro liberazione è stato prorogato
di una settimana. In cambio, i rapitori chiedono il rilascio di detenuti
afghani e il ritiro delle truppe francesi dal Paese.
- Il governo
pakistano ha aperto un’inchiesta sull’attentato suicida avvenuto ieri a Charsada, nel nord-ovest del Paese, in cui 28 persone sono
morte ed altre 52 sono rimaste ferite. Tra queste, anche il ministro
dell’Interno, Aftab Khan Sherpao,
uno dei più stretti alleati del presidente, Pervez Musharraf, e in prima linea nella lotta al terrorismo.
L’uomo non è in pericolo di vita.
- Il
ministro degli Esteri turco, Abdullah Gul, non intende ritirare la sua candidatura alle elezioni
presidenziali, in seguito alla presa di posizione dell’esercito che, con un
comunicato, ha accusato il governo di “attività antilaiche”. Gul, unico candidato alle elezioni presidenziali sostenuto
dal partito filo-islamico del premier Tayyp Erdogan, non è riuscito ad ottenere la maggioranza
qualificata in parlamento per l’elezione diretta. Ieri, la presidenza tedesca
dell’Unione Europea ha ricordato che le votazioni presidenziali devono
svolgersi “in conformità con le regole democratiche”. Oggi, intanto, ad Instanbul si è svolta un’imponente manifestazione a favore
di uno Stato laico: almeno 300 mila le persone scese in piazza.
- Una
delegazioni della Duma, la Camera bassa del
parlamento russo, si recherà in Estonia per cercare una soluzione alla crisi
tra Mosca e Tallin, esplosa dopo la rimozione di un
monumento all’Armata Rossa. L’incontro potrebbe avvenire già domani. Intanto,
nella capitale estone sembra tornata la calma dopo
due giorni di scontri tra nazionalisti e filorussi,
che hanno provocato un morto, un centinaio di feriti ed oltre 600 fermi. Ieri,
in un colloquio telefonico con la presidente di turno dell’UE, Angela Merkel, il capo del Cremlino, Vladimir Putin,
aveva espresso “profonda preoccupazione” per la situazione. Dal suo canto, la Merkel aveva invitato entrambe le parti alla moderazione.
- È stato
rivendicato dai ribelli Tamil l’attacco aereo
compiuto nella notte a Colombo, capitale dello Sri Lanka.
Il raid ha provocato almeno 5 feriti ed è stato deciso in rappresaglia contro i
precedenti bombardamenti dell’esercito regolare su postazioni ribelli. Le
squadriglie Tamil hanno dichiarato di aver colpito
alcuni depositi di carburante dell’aeronautica militare.
- Si
terranno il 24 maggio le prossime elezioni legislative in Irlanda. Lo ha annunciato
un portavoce del premier, Bertie Ahern,
la cui coalizione centrista è al potere dal 1997. Il nuovo parlamento, secondo
quanto annunciato dalla presidente, Mary McAleese, si
riunirà il 14 giugno per eleggere l’esecutivo. Il servizio di Enzo Farinella:
**********
La presidente d’Irlanda,
Mary McAleese, ha sciolto questa mattina il
parlamento irlandese indicendo elezioni politiche il 24 maggio su richiesta del primo ministro Bertie
Ahern. L’Irlanda è governata in questo momento da una
coalizione di centrodestra tra lo storico partito Fianna
Fail, fondato da Eamon de Valera, e i democratici progressisti. Secondo molti
osservatori politici, la stessa coalizione potrebbe tornare al potere il 24
maggio, ma l’opposizione di centrosinistra dei partiti Fine Gail
e laburisti potrebbe formare una valida alternativa, secondo recenti sondaggi
d'opinione, che preannunciano un risultato molto ravvicinato.
Da Dublino, per la Radio
Vaticana, Enzo Farinella.
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- È morto
nella notte, a Zagabria, Ivica Racan,
leader dell’opposizione croata e storico capo della socialdemocrazia del Paese.
Malato da tempo di cancro, Racan si era dimesso nei
giorni scorsi da tutte le cariche del partito. Aveva 64 anni. La sua morte giunge mentre i partiti politici croati si apprestano a
scegliere il candidato alle elezioni generali del novembre prossimo.
- Urne
aperte oggi in Mali, nell’Africa nord-occidentale, per le elezioni presidenziali.
Circa 7 milioni gli elettori chiamati a scegliere il nuovo capo di Stato tra
otto candidati, tra cui il presidente uscente, Amadou
Tuomani Touré. Più di mille
osservatori internazionali sorvegliano le operazioni di voto. I risultati sono
attesi tra mercoledì e giovedì.
- Italia,
caso Telecom: accordo raggiunto tra Mediobanca, Intesa SanPaolo,
Generali, Benetton e la spagnola Telefonica per
l’acquisizione di Olimpia, che controlla Telecom
attraverso la propria quota del 18%. L’operazione prevede la costituzione di
una "new corporation" che si chiamerà Telco Spa e il cui presidente
sarà indicato “concordemente dai soci italiani”. A Telefonica spetterà il 10%
del pacchetto azionario di Telecom, oltre a due
rappresentanti nel consiglio di amministrazione dell’azienda. Soddisfazione è
stata espressa dal ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni.