RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 116  - Testo della trasmissione di giovedì 26 aprile 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Da Benedetto XVI l’incoraggiamento a proseguire sulla via del dialogo ecumenico: ricevuti in Vaticano i membri della presidenza del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa: ai nostri microfoni, mons. Aldo Giordano e il cardinale Péter Erdö

 

Il Papa ha ricevuto oggi alcuni vescovi del Triveneto in visita “ad Limina”: intervista con il patriarca di Venezia, Angelo Scola

 

Il Papa sui cambiamenti climatici: promuovere stili di vita improntati alle reali esigenze di progresso sostenibile dei popoli

 

La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali riflette sull'assenza di carità e giustizia nel mondo: ce ne parlano Mary Ann Glendon e mons. Marcelo Sánchez Sorondo

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

In Nigeria, 20 partiti di opposizione scendono in piazza per l'annullamento delle presidenziali. Anche i vescovi nigeriani denunciano irregolarità e brogli. Un'analisi di Massimo Alberizzi

 

Dopo 21 anni continua la tragedia di Chernobyl: con noi, Damiano Rizzi

 

Vescovi-Nazionale Cantanti: 3 a 1. Ma vincono i giovani di Scampia: con noi, mons. Giancarlo Vecerrica

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi della Bolivia invitano i fedeli ad essere critici verso le scelte contrarie ai valori evangelici

 

Basta con "gli indecorosi attacchi" a mons. Bagnasco: così l'agenzia SIR a proposito di una mozione contro il presule presentata oggi all'Europarlamento

 

Argentina: la nuova legge sull’Educazione al centro dei lavori della 93.ma Assemblea plenaria dei vescovi

 

Rivendicato dai fondamentalisti indù l'attentato contro un orfanotrofio cristiano nel Nepal

 

Partirà il 4 maggio dall'Inghilterra alla volta della Liberia  la 'Africa Mercy', la più grande nave-ospedale del mondo

 

Si commemora oggi in Spagna il settantesimo anniversario del bombardamento della città di Guernica

 

24 ORE NEL MONDO:

Il presidente russo Vladimir Putin minaccia la moratoria sul trattato per la riduzione delle armi convenzionali

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 aprile 2007

 

Da Benedetto XVI l’incoraggiamento a proseguire sulla via

del dialogo ecumenico: ricevuti in Vaticano i membri della presidenza

del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa

 

Benedetto XVI ha ricevuto, stamani, i membri della presidenza del CCEE, il Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa, guidati dal cardinale presidente, Péter Erdö. L’udienza è avvenuta dopo la visita, nei giorni scorsi, di alcuni Dicasteri vaticani per riflettere sulle questioni dell’Europa e sui progetti del CCEE. Per l’occasione presso la Sala Marconi della nostra emittente, è stata organizzata una Conferenza stampa in cui sono state fornite informazioni sulle prossime iniziative europee promosse dal CCEE. Intervistato da Alessandro Gisotti, il segretario generale della CCEE, mons. Aldo Giordano si sofferma sul colloquio con il Papa e i prossimi appuntamenti di carattere ecumenico:

 

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R. – Certamente il Papa ha incoraggiato la riconciliazione tra i cristiani e quindi il discorso ecumenico. Abbiamo parlato del progetto dell’Assemblea ecumenica di Sibiu, che avremo a settembre. Abbiamo parlato del rapporto tra est ed ovest in Europa e, quindi, anche dell’importanza del rapporto tra le Chiese d’occidente e le Chiese dell’est, con la Chiesa ortodossa. Abbiamo parlato dell’Unione Europea e di come le Chiese debbano contribuire per questa Unione Europea, facendo passi all’interno e soprattutto cercando insieme di sostenere quei valori che sono importanti per l’Unione Europea.

 

D. – Guardando all’attività del CCEE, proprio in vista dell’importante appuntamento di Romania, quali sono i passi che porteranno a questo evento?

 

R. – Noi abbiamo impostato questo evento quasi come un pellegrinaggio. Quindi, abbiamo avuto una tappa a Roma, nel gennaio 2006, per conoscere più in profondità, dall’interno, la tradizione cattolica, con l’incontro con il Santo Padre. Abbiamo avuto un altro incontro nella città di Lutero, Wittemberg, in Germania, per conoscere meglio la tradizione della riforma. Abbiamo suggerito che a livello nazionale si realizzassero tanti incontri sul tema dell’assemblea “La luce di Cristo illumina tutti” e sappiamo di centinaia di incontri, che si realizzano anche in Paesi dove la situazione è difficile, come in Bulgaria. La tappa ultima sarà in un Paese a maggioranza ortodossa, dove verranno 2500 delegati ufficiali da tutti i Paesi e tutte le comunità cristiane.

 

D. – Quali sono le sue aspettative anche sulla scorta dell’esperienza? Com’è il clima nei confronti dell'appuntamento di Sibiu?

 

R. – Nella prima attesa, noi siamo capaci come cristiani di ripartire dal cuore del Vangelo e vedere quale novità ci sia nel cuore del Vangelo, per affrontare le grosse problematiche che abbiamo in Europa: dall’unificazione, alle migrazioni, al confronto con le religioni, al confronto dell’Europa con il mondo. Cosa ha da dirci il Vangelo in questo nuovo scenario mondiale, dove emergono Cina, India, ma dove per esempio c’è un’Africa che ha bisogno assoluto di solidarietà? Secondo scopo sono le persone che vivono quest’esperienza, sono queste migliaia di persone che possono vivere un’esperienza europea, un’esperienza globale del cristianesimo, interrogarsi insieme su questi temi. Noi speriamo che queste persone siano il vero messaggio vivente di Sibiu, che siano dei moltiplicatori.

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Dal canto suo, durante la conferenza stampa alla quale ha preso parte anche il vicepresidente del CCEE il cadinale Josip Bozanić, il cardinale Péter Erdö, ha presentato l’Incontro europeo dei docenti universitari, in programma a Roma dal 21 al 24 giugno prossimi. Il presidente del CCEE sottolinea l’importanza di un nuovo umanesimo per l’Europa:

 

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R. – Parleremo del nuovo umanesimo per l’Europa, di valori umani fondamentali da rappresentare, da difendere, da rinforzare anche nella vita pubblica del continente. Questo convegno importantissimo comprenderà anche conferenze scientifiche, incontri di livello sociale. E alla fine speriamo di avere anche un incontro con Sua Santità, che incoraggia molto questa nostra attività comune. Sicuramente i valori fondamentali non si difendono a livello politico, ma c’è anche un altro livello umano più profondo. Con gli uomini della scienza e della cultura stiamo svolgendo un dialogo approfondito e di anno in anno vediamo i segni di un’apertura sempre maggiore, che è una soddisfazione speciale per noi.

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Il Papa ha ricevuto oggi alcuni vescovi del Triveneto in visita “ad Limina”: intervista con il patriarca di Venezia Angelo Scola

 

Il Papa ha ricevuto oggi alcuni vescovi del Triveneto in visita “ad Limina”: ieri all’udienza generale salutando i pellegrini di questa regione Benedetto XVI li ha invitati a restare fedeli alle “feconde tradizioni cristiane” della propria terra  “che hanno ispirato e dato vita a significative opere di carità”. La Regione ecclesiastica, che comprende Veneto, Friuli-Venezia-Giulia e Trentino-Alto Adige, conta quasi 6 milioni e mezzo di abitanti; oltre tremila le parrocchie sparse sul territorio. Con quella di oggi si chiudono le visite “ad Limina” dei vescovi italiani. Adriana Masotti ha chiesto al presidente della Conferenza episcopale triveneta il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, qual è la realtà di oggi in quest'area del nord-Italia:

 

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R. – Penso di poter esprimere bene la mia opinione, partendo proprio dall’esperienza che sto facendo da qualche anno di visita pastorale. Io constato un dato di fatto, che quando celebro l’Eucaristia, la domenica, ho sempre intorno il 20 per cento di fedeli che partecipano alla grande azione liturgica domenicale. Questo a me sembra un dato molto significativo. Quindi, la situazione della secolarizzazione è certamente presente anche in Italia, nel Triveneto e nel Veneto, si presenta però molto, molto diversa rispetto a quella di altri Paesi, come la Francia o la Germania. E’ il cristianesimo, nel Nordest, ancora un fatto di popolo rilevante. Comunque, tutto questo sta sottoponendo il popolo di Dio ad un’urgenza fondamentale: quella di passare da un cristianesimo di convenzione ad un cristianesimo di convinzione. A me pare che noi siamo, anche nel Nordest, nel cuore di questo processo, di questo travaglio, con tutti gli aspetti di speranza e di dolore.

 

D. – In particolare il Veneto, dal punto di vista economico, è una regione ricca. Questo attira molti immigrati. Come si vive questa presenza e la Chiesa locale, quale compito si è data in questo ambito?

 

R. – Anche qui, è molto importante essere rigorosi e sfatare un poco un mito. Cioè quello di un Veneto, un Nordest, che sarebbe sottilmente razzista. I dati ultimi hanno mostrato che in realtà le nostre regioni sono le regioni in cui la cosiddetta integrazione sta avvenendo al meglio. E il compito particolare della Chiesa, secondo me, va visto anzitutto a questo livello, nell’ottica della carità, perché il compito della Chiesa non è quello della società civile, non è quello dello Stato. Mi pare che le Chiese del Nordest, che hanno una grandissima tradizione nell’ambito della condivisione e soprattutto nelle situazioni di prova, di emarginazione, di bisogno, anche nel lavoro con gli immigrati stanno dando realmente una testimonianza molto significativa e che fa molto ben sperare per il futuro non solo della Chiesa, ma della società civile.

 

D. – I giovani sono spesso attratti dal guadagno, dall’autonomia personale e perciò anche dal lavoro precoce, a scapito a volte – forse – della scuola. Quali obiettivi si è data la pastorale giovanile nelle diocesi del Triveneto?

 

R. – Qui sta emergendo una consapevolezza sempre più grande, che è quella che l’unica strada è testimoniare ai giovani la bellezza della sequela di Gesù: io mi lascio sorprendere e legare da Gesù nella misura in cui qualcuno mi mostra che seguire Gesù è bello, perché rende più vero il proprio modo di vivere gli affetti, la scuola, il lavoro, i rapporti, il divertimento e io ho la percezione che laddove comunità giovanili diventano luoghi di bellezza a cui si possono invitare tutti gli amici e dire loro: “Vieni e vedi”, come disse Gesù, realmente i giovani oggi rispondono con appassionato ardore come quelli di 30 o di 50 anni fa.

 

D. – E qual è la situazione sul fronte delle vocazioni religiose?

 

R. – Ci sono segni buoni di risveglio anche nel nostro Nordest, da questo punto di vista: qui bisognerebbe entrare in una considerazione più dettagliata di una serie di elementi, non escluso l’elemento del calo demografico, perché certamente le generazioni che vanno dai 15 ai 30 anni sono le meno presenti nelle nostre realtà, e questo ovviamente incide poi anche sul piano della vocazione religiosa.

 

D. – Quali le urgenze che la Chiesa del Triveneto affronta?

 

R. – L’urgenza principale è quella educativa a tutti i livelli. Per esempio, nella grande, ricchissima trama di scuole materne, non solo di riferimento cattolico, nel nostro Nordest, che sono fantastiche. E poi anche le trasformazioni che sono in atto a livello di ciò che si chiama l’iniziazione cristiana, che sta abbandonando quasi ovunque il carattere del doposcuola che poi terminerà con la Cresima. Ma poi penso anche a tutte le varie associazioni, movimenti, gruppi che sono ancora molto vivaci nel Nordest, anche se siamo ancora troppo timidi nelle Università e nei vari mondi del lavoro.

 

D. – La visita “ad Limina”:con quale animo lei e gli altri i vescovi, vi recate dal Papa?

 

R. – Noi abbiamo un grande desiderio nel cuore: di pregare sulle tombe di Pietro e di Paolo e di incontrare Benedetto XVI. Siamo gli ultimi della lista, chiuderemo la visita “ad Limina” dei vescovi italiani. Ci siamo preparati con molta attenzione, anche coinvolgendo il nostro popolo: molti sono venuti a Roma con noi pellegrini. Il desiderio è quello di essere confermati dal Santo Padre: il grande amore che il nostro popolo ha per il Papa è per noi di grande conforto e siamo tutti molto edificati dal suo volto umile e profondamente intelligente, dal suo straordinario insegnamento.

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Il Papa sui cambiamenti climatici: promuovere stili di vita improntati

alle reali esigenze di progresso sostenibile dei popoli

 

Apprezzamento e riconoscenza di Benedetto XVI per il Seminario su “Cambiamenti climatici e Sviluppo”, promosso dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. In un telegramma, inviato a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, il Papa guarda con favore all’incontro, oggi e domani, presso la sede del dicastero pontificio. Un’iniziativa, si legge, “volta ad approfondire problematiche di rilevante importanza ambientale, etica, economica, sociale e politica, con ripercussioni incidenti soprattutto sui settori più deboli della società”. Il Seminario si propone di analizzare i mutamenti del clima e le sue ricadute sociali e politiche. Il servizio di Barbara Castelli:

 

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Auspico che la “significativa iniziativa contribuisca ad incentivare ricerca e promozione di stili di vita, modelli di produzione e consumo improntati al rispetto del creato e alle reali esigenze di progresso sostenibile dei popoli, tenendo conto della destinazione universale dei beni, come ripetutamente ribadito dalla Dottrina sociale della Chiesa”. Con queste parole, in un telegramma, Benedetto XVI saluta l’apertura dei lavori del Seminario “Cambiamenti climatici e Sviluppo”, promosso dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. La due giorni di studio è una risposta al grido d’allarme ecologico lanciato nei giorni scorsi dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e ha radunato esponenti politici, esperti e autorità religiose dei cinque Continenti. Binario guida per l’assise, articolata in quattro sessioni, lo studio pubblicato dalla IPCC, l’Intergovernmental Panel on Climate Change, la più importante commissione di studio delle Nazioni Unite sul surriscaldamento globale, secondo cui, entro la fine del secolo in corso, la temperatura superficiale della Terra crescerà probabilmente da 1,8 a 4 gradi centigradi. Una prospettiva devastante, dunque, che chiama direttamente in causa le scelte di sviluppo energetico e produttivo centrate sui combustibili e sulla deforestazione. Ad aprire il confronto internazionale, il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del dicastero pontificio. Ricordando la lezione dei primi capitoli della Bibbia, il porporato ha sottolineato come “il dominio dell’uomo sul creato non deve essere dispotico e dissennato”. Da qui, l’urgenza di un perfetto equilibrio tra le esigenze della tutela ambientale e quelle dello sviluppo dei popoli più bisognosi. Occorre “coltivare e custodire” i beni creati, ha concluso il cardinale Martino, “per sviluppare l’uomo, tutto l’uomo, tutti gli uomini”. Di grande interesse l’intervento del ministro britannico per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari Rurali, David Miliband. Quest’ultimo, auspicando una sempre più fruttuosa collaborazione tra Stato e Chiesa, ha illustrato la realtà dei cambiamenti climatici nel mondo, presentando la strategia del suo Governo. “Il cambiamento climatico non può essere risolto dai governi o dal business da soli – ha precisato l’esponente del Regno Unito – dobbiamo mobilitare i cittadini nel mondo”. “Il cambiamento climatico”, infatti, solleva “questioni etiche circa l’equilibrio di responsabilità tra generazioni e tra nazioni ricche e povere”. In questa prospettiva, ha concluso il ministro Miliband, “i gruppi religiosi hanno un ruolo fondamentale nello sviluppare una base morale ed etica per un’azione internazionale”. L’ambasciatore francese per l’Ambiente, Laurent Stefanini, ha chiarito, invece, come, quando e perché sorge il problema dei mutamenti climatici; mentre il tedesco Stefan Rahmstorf, dell’Istituto Potsdam di ricerca sugli impatti climatici, ha parlato della dinamica dei gas serra. Ed ancora, l’italiano Antonino Zichichi, presidente della Federazione Mondiale degli Scienziati, ha riferito sui modelli della temperatura globale e Shyam Notka, del Comitato nazionale della Guyana per i Cambiamenti climatici, si è soffermato sulle foreste fluviali.

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La Pontificia Accademia delle Scienze Sociali riflette

sull'assenza di carità e giustizia nel mondo

 

“Carità e Giustizia nelle relazioni tra popoli e nazioni”: questo il tema della 13.ma plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, in programma in Vaticano da domani al primo maggio. Un incontro che si ispira alla prima Enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est, per riflettere sulla diffusa assenza di carità e giustizia nella società contemporanea. Il convegno è stato presentato stamani presso la Sala Stampa della Santa Sede. C’era per noi Isabella Piro.

 

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In un mondo globalizzato, in cui le risorse sono distribuite in modo iniquo e sproporzionato, è possibile la collaborazione nel campo della carità e della giustizia? A questo interrogativo tenterà di rispondere la 13ma plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. A tracciare le linee guida dei 5 giorni di lavoro, saranno due macroaree tematiche, la prima dedicata ai segni dei tempi, la seconda all’Enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI, non a caso descritta in parte come un’Enciclica sociale. Tra i segni dei tempi, definiti “preoccupanti” dall’Accademia, c’è il riemergere del nazionalismo, legato alla crisi dell’emigrazione e alla tensione tra protezionismo e libero scambio. Ribadita anche la grave diffusione della povertà non solo economica ma anche nel campo dell’istruzione, e denunciata la debolezza di istituzioni multilaterali, come l’ONU, il WTO e la Banca Mondiale. Non mancheranno riferimenti alla difficoltà di realizzare gli Obiettivi del Millennio entro il 2015 e all’insufficienza e inefficacia degli aiuti internazionali, così come centrale sarà la riflessione sul flagello sociale e morale del terrorismo, sempre più in crescita.

 

ECONOMICAL GLOBALIZATION, CULTURAL GLOBALIZATION...

 

Globalizzazione quindi come fenomeno complesso, economico, sociale e culturale, ha detto Mary Ann Glendon, presidente dell’Accademia, e globalizzazione come sfida al pensiero sociale cattolico per cui occorre lavorare ancora molto. Riflettendo su quanto scrive il Papa, ossia che “la giustizia è sia lo scopo sia la misura intrinseca di ogni politica”, la plenaria metterà in evidenza la connessione naturale tra giustizia ed etica e il ruolo della fede nel liberare la ragione dai suoi limiti. Tanti, quindi, gli spunti di riflessione; ascoltiamo in proposito il commento di mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere dell’Accademia, intervistato da Giovanni Peduto:

 

R. – Io sono rimasto molto impressionato per quanto ho letto nel recente libro che ci ha offerto il Santo Padre Benedetto XVI in occasione del suo 80.mo compleanno, “Gesù di Nazaret”. In questo libro, quando si parla delle tentazioni di Cristo, il Papa afferma che il mondo moderno ha realizzato in un certo modo questa tentazione: ha promesso alle popolazioni povere che avrebbe dato loro da mangiare, ma in realtà non ha dato altro che pietre. Se si prende in esame il mondo globale, ci si domanda: chi si prende cura della distribuzione delle ricchezze? La cosa preoccupante è che non se ne occupa nessuno e, quindi, il più forte assoggetta il più debole. Questo non è accettabile. Tanto più che questo genera guerre.

 

D. - Secondo gli ultimi rapporti i Paesi ricchi hanno diminuito gli aiuti allo sviluppo per i Paesi poveri …

 

R. – Sì, effettivamente. C’è, tra l’altro, il fatto che i Paesi ricchi hanno promesso che entro il 2015 avrebbero sconfitto la povertà, dando a tutti da mangiare. Ma questa promessa non è stata assolutamente onorata. Noi abbiamo, quindi, ingiustizie riguardo alle parole non onorate, che rappresentano le clausole fondamentali di un contratto, ed ingiustizie anche riguardo l’elementare distribuzione dei beni fondamentali del Pianeta. Come ripetutamente dice, in questo libro su Gesù, Benedetto XVI: se noi non seguiamo il principio di cercare prima il Regno di Dio e la sua giustizia, tutto quello che viene in surplus in realtà non viene. E, quindi, anche questo principio è quasi un principio esclusivamente economico: se con l’economia cerchiamo di realizzare soltanto il benessere di pochi, avremo soltanto il benessere di pochi. Ma questo porta – come già diceva Aristotele – a ciò che capitò al re Mida che chiese agli dei di poter convertire le cose che toccava in oro e gli dei lo accontentarono, dandogli il dono di convertire tutto ciò che toccava in oro: questo lo portò alla fine a non riuscire più nemmeno a mangiare. Morì di oro: è quello che oggi sta capitando a noi.

 

 D. - Tra i fenomeni inquietanti del momento si parlerà anche del riemergere del nazionalismo, sotto la forma di ostilità all’immigrazione e di protezionismo commerciale …

 

R. – Naturalmente la migrazione rappresenta il fenomeno umano più toccante della globalizzazione. E questo perché la gente si sposta, si muove, perché o non può vivere per problemi crescenti di cambiamenti climatici o perché non ha risorse o perché non ha da mangiare o perché non ha acqua. Il problema è che non sono neanche ricevuti bene. La cosa veramente preoccupante è che non c’è una risposta adeguata.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata al cammino della Chiesa in Oceania.

 

Servizio estero - Iraq: la Camera Usa approva la legge che indica nella data del 31 marzo 2008 il termine ultimo per il ritiro delle truppe.

 

Servizio culturale - Un articolo dell'inviato Marcello Filotei dal titolo "O dentro o fuori!"; Antigone dilaniata tra leggi degli uomini e coscienza. Una "premiere" di Ivan Fedele apre il settantesimo Maggio Musicale Fiorentino.

 

Servizio italiano - In primo piano l'emergenza siccità.

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

26 aprile 2007

 

In Nigeria, 20 partiti di opposizione scendono in piazza

per l'annullamento delle presidenziali.

Anche i vescovi nigeriani denunciano irregolarità e brogli

 

L’opposizione nigeriana riunita in una coalizione di 20 partiti ha deciso di scendere in piazza per chiedere l’annullamento delle elezioni presidenziali di sabato scorso, denunciando irregolarità e brogli. Le consultazioni che hanno decretato la vittoria al primo turno del candidato governativo Alhaji Umaru Musa Yar’Adua sono state criticate anche dagli osservatori internazionali. E in campo sono scesi anche i vescovi della Nigeria che parimenti contestano la credibilità delle elezioni. Stefano Leszczynski ha intervistato Massimo Alberizzi, inviato del Corriere della Sera:

 

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R. – Francamente è molto strano che abbia potuto vincere un candidato al primo turno, prendendo cioè tutti quei voti. E questo perché i candidati erano veramente tantissimi. D’altro canto proprio gli stessi osservatori internazionali avevano già detto che le elezioni sarebbero state truccate. Su questo, quindi, non ci piove.  Si sa che quello è un regime plutocratico, dove la corruzione è un sistema normale ed ormai accettato anche da tutti. Quindi chi pensava che si sarebbe potuta rovesciare la situazione democraticamente, pensava cose sbagliate.

 

D. – Quanto potrebbe aggravarsi la situazione e soprattutto a questo punto i ribelli della zona della Delta del Niger cosa potrebbero fare?

 

R. – Devo dire che i ribelli sono abbastanza deboli, ma si stanno però rinforzando sempre più, soprattutto nel Delta del Niger, perché questa è la zona più ricca. Il fatto che adesso il presidente sia un musulmano del nord può creare, ancora di più, antagonismi con il sud. Io credo, quindi, che si vada incontro non dico ad una nuova guerra del Biafra, perché ora non è più proponibile, ma sicuramente il Paese non essendo pacificato, rischia di andare ancora peggio.

 

D. – Anche i vescovi della Nigeria sono scesi apertamente in campo, schierandosi contro queste consultazioni elettorali. Che peso può avere la posizione dei vescovi nigeriani?

 

R. – Ha un peso politico assai rilevante, proprio perché i leader politici si richiamano alle religioni per tenere sotto controllo le loro popolazioni: proprio perché la gente è disperata, non crede più a niente e cerca, appunto, nella spiritualità di riuscire a trovare un po’ di conforto e consolazione.

 

D. – La Comunità internazionale potrebbe intraprendere delle azioni nei confronti della Nigeria o considerata la sua importanza petrolifera preferisce lasciar perdere?

 

R. – La politica estera delle nazioni occidentali, in Nigeria, non la fanno i governi  ma la fanno le compagnie petrolifere. I vari ambasciatori che si sono succeduti in Nigeria lo hanno confermato apertamente. A questo punto, appare molto difficile che intraprendano delle azioni, si dovrebbe per esempio attuare un embargo. Ma il vero problema è che bisogna bloccare la corruzione. Se le compagnie petrolifere sono in grado di fare dei cartelli sui prezzi, ebbene facciano allora anche dei cartelli sull’etica, sull’etica del business.

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Dopo 21 anni continua la tragedia di Chernobyl

Il 26 aprile di 21 anni fa esplodeva il quarto reattore della centrale nucleare di Chernobyl, coprendo di radioattività 10 milioni di persone e 145 mila chilometri quadrati fra Ucraina, Bioelorussia e Russia. Ancora non si è fatto chiarezza sugli effetti sanitari del disastro. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità esiste solo una correlazione diretta tra il disastro e i tumori della tiroide ma Greenpeace, citando vari studi indipendenti, denuncia che i tumori solidi sono aumentati del 40% in Bielorussia, di 3 volte in Ucraina e di 2,7 volte in Russia. Da 4 anni l’associazione non governativa Soleterre opera nell’ospedale oncologico di Kiev. Al microfono di Antonella Villani il presidente Damiano Rizzi racconta qual è la situazione sul posto:

 

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R. – La comunità internazionale non è per nulla presente. Ad oggi c’è ancora una crisi politica. Sicuramente questi fenomeni non aiutano a migliorare il livello sanitario. Pensiamo che in Ucraina non esiste la banca del sangue. Per una semplice trasfusione occorre fare una fotografia del bambino che ha bisogno di sangue. Questa fotografia poi viene messa su un giornale e si cerca il donatore. Dobbiamo pensare che l’Ucraina è un Paese estremamente povero e che all’ospedale si recano famiglie il cui reddito mensile è di 100 euro. Per curare un bambino, quindi per le chemioterapie, per tutti i medicinali che leniscono il dolore, occorrono dai 15  mila ai 20 mila euro. Quindi, a queste famiglie è persino negato il diritto alla speranza di poter fare guarire i loro figli.

 

D. – Che tipo di assistenza fornite voi di Soleterre?

 

R. – Dall’alimentazione alle cure sanitarie, all’acquisto di materiale diagnostico. Il livello di intervento è di pura emergenza e attraverso un finanziamento invece dell’Unione Europea stiamo creando un network di associazioni ed enti che si occupano di oncologia pediatrica per cercare di dire a gran voce che questi bambini hanno il diritto di essere curati gratuitamente.

 

D. – Tra l’altro c’è tutto un effetto sociale…

 

R. – Le donne hanno paura di avere figli. C’è un impoverimento in atto con aumenti del tasso di alcolismo, aumenti della disoccupazione e questo è stato anche riconosciuto a livello internazionale dal Chernobyl Forum. Quindi, dal punto di vista sociale sono stati ampiamente riconosciuti gi effetti di questa catastrofe ambientale di Chernobyl.

 

D. – A questo punto, il suo appello in occasione di questo anniversario?

 

R. – Non lasciare sole delle famiglie e dei bambini che si stanno esaurendo nella malattia. Sono condizioni di vita davvero incredibili. Molto spesso basta poco, basta un sorriso. Noi stiamo inviando regolarmente degli animatori, clown, che portino un sorriso, perchè al di là delle cure e ovviamente dei fondi che permettono a questa oncologia di proseguire nella cura dei bambini, è molto importante anche restituire una dimensione umana.

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Vescovi-Nazionale cantanti: 3 a 1. Ma vincono i giovani di Scampia

Una selezione composta da vescovi e giovani ha battuto ieri ad Ancona per 3 a 1 la nazionale cantanti. L’iniziativa di pastorale giovanile della CEI “In campo per la legalità”, giocata allo stadio Del Conero davanti a 10mila spettatori, ha registrato una doppietta di mons. Claudio Giuliodori, neo vescovo di Macerata, già  portavoce della Conferenza episcopale italiana. In campo per la legalità, tra i cantanti, c’erano, Giulio Rapetti, in arte Mogol, Luca Barbarossa, Gianni Morandi, Enrico Ruggeri, gli attori Raul Bova e Neri Marcorè. Per la rappresentativa giovanile dell’Agorà sono scesi in campo mons. Edoardo Menichelli, vescovo di Ancona-Osimo e mons. Giancarlo Vecerrica, vescovo di Fabriano-Matelica, ai microfoni di Luca Collodi:

 

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R. - Li abbiamo battuti, perché avevamo un vescovo che è un grande giocatore di calcio, mons. Giuliodori, che ha segnato due gol, uno meglio dell’altro.

 

D. – Mons. Vecerrica, qualcuno dice che lei prima di scendere in campo si è allenato?

 

R. – Sì, il mister ci ha allenato e mi richiamava, perchè chiedeva che ci mettessimo tutto il nostro impegno. E anch’io ho cercato di farlo con responsabilità e mi sono allenato. Il risultato non c’è stato, perché io volevo fare un gol, ma non ci sono riuscito.

 

D. – Mons. Vecerrica, in quale ruolo giocava lei?

 

R. – Ala destra. Mons. Giuliodori, in attacco, ha fatto delle uscite davvero straordinarie che hanno suscitato continui applausi. E' partito dal centrocampo, è riuscito ad evitare tutti e ha fatto gol!

 

D. – Qual è il significato di avere quattro vescovi in un campo di calcio che giocano a pallone?

 

R. – Il Papa quando ha radunato i vescovi a Colonia, per la Giornata mondiale dei giovani, due anni fa, ci ha detto: “Voi vescovi dovete stare davanti ai giovani, essere una guida, essere di esempio”. Noi siamo chiamati a stare sempre davanti ai giovani, a dare l’esempio, ad indicare una strada e a giocarci la nostra vita e questa testimonianza di guida, di esempio e di impegno, in prima persona, ha un valore fortemente educativo.

 

D. – Un valore anche di legalità. Così aveva chiesto anche l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Sepe?

 

R. – Sì, perché il risultato economico della partita è andato tutto per l’acquisto di un pulmino per i ragazzi di Scampia, che hanno consegnato i loro coltelli per bruciarli e farci delle falci. Il pulmino servirà per coordinare questa esperienza nuova dei giovani di Napoli.

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CHIESA E SOCIETA’

26 aprile 2007

 

I vescovi della Bolivia invitano i fedeli ad essere critici verso

le scelte contrarie ai valori evangelici

 

Con l’invito a vivere l’imminente V Conferenza generale dell’Episcopato latinoamericano e caraibico, che sarà aperta da Benedetto XVI il 13 maggio ad Aparecida, in Brasile, “come un grande evento di fede”, si sono chiusi ieri i lavori dell’Assemblea plenaria dei vescovi della Bolivia. Nel documento “Cristo risorto, la nostra speranza” i presuli esortano i fedeli a pregare affinché lo Spirito del Signore doni ai partecipanti la saggezza necessaria per trovare le risposte alle sfide della Chiesa e della società in America Latina. Il cardinale Julio Terrazas, arcivescovo di Santa Cruz e presidente della Conferenza episcopale boliviana, nel suo discorso di apertura dell’Assemblea, il 19 aprile, aveva ricordato che la Chiesa in America Latina ha il compito ineludibile di “presentare Cristo Gesù, Via, Verità e Vita, alle generazioni di oggi, che vivono nei processi di globalizzazione che implicano correnti di secolarizzazione, relativismo etico morale ed un materialismo pratico generalizzato”. Nel documento pubblicato al termine dell’Assemblea l’Episcopato boliviano si sofferma invece, in particolare, sul futuro del Paese, analizzando le prospettive dell’Assemblea costituente che dovrebbe disegnarne la nuova architettura istituzionale (e costituzionale) e le norme della convivenza nazionale. I presuli sottolineano che “la nuova Costituzione si deve fondare su principi, valori e diritti”, che possano far “nascere una nuova Bolivia, più fraterna e pacifica, senza che le maggioranze impongano le loro visioni sulle minoranze e senza il predominio degli interessi regionali, di settori o gruppi”. I vescovi hanno espresso preoccupazione per gli scontri verificatisi nei mesi scorsi e per la poca efficienza dell’Assemblea costituente, elementi che hanno seminato parecchi dubbi in diversi settori sociali dove si dubita di poter giungere ad una felice conclusione. “I costituenti hanno la grave responsabilità di superare le tensioni e lavorare in un clima di apertura, dialogo, rispetto e unità, portando a compimento il compito loro affidato” sostengono i vescovi. Di fronte alla realtà che la Bolivia sta vivendo, i presuli boliviani hanno lanciato ai fedeli l’appello ad un impegno e ad una partecipazione attiva perchè vengano garantiti i diritti fondamentali della persona, ed ancora ad essere critici verso le scelte contrarie ai principi e ai valori evangelici”, esprimendo l’auspicio che il processo costituente “si svolga in un clima di apertura, dialogo, rispetto e unità”. (A cura di Luis Badilla)

 

 

Basta con "gli indecorosi attacchi" a mons. Bagnasco:

così l'agenzia SIR a proposito di una mozione contro

il presule presentata oggi all'Europarlamento

 

“È ora di dire ‘basta’. Dirlo con il tono di mons. Bagnasco, mite e fermo, sereno e deciso. Dire ‘basta’ con fermezza e risolutezza”. E’ quanto scrive in una nota il SIR, l'agenzia della Conferenza episcopale Italiana (CEI) a proposito degli “indecorosi attacchi al presidente della CEI mons. Angelo Bagnasco”, nella sede del Parlamento europeo, da parte di tre europarlamentari italiani di Rifondazione comunista (Vittorio Agnoletto e Giusto Catania) e Verdi (Monica Frassoni) firmatari di una mozione anti-Bagnasco presentata nel corso del dibattito sull’omofobia che giunge oggi al voto. “E’ ora di finirla. Dire ‘basta’ a questi attacchi – prosegue la nota – significa nello stesso tempo assicurare che tutti, non solo i cattolici, continueranno a parlare con passione e con impegno di quei grandi temi – la famiglia, la vita, la verità – sui quali mons. Bagnasco ha inaugurato la sua presidenza della CEI, in piena coerenza con il magistero del Papa e nella continuità della testimonianza delle Chiese in Italia”. Nell’evidenziare che questa “è la ‘libertas ecclesiae’, che diventa oggi esemplare, preziosa risorsa per il Paese e per la stessa Europa” la nota dell’agenzia SIR rivolge poi al Parlamento europeo l’invito a seguire la “strada deldialogo strutturato’ con le Chiese, indicato nel Trattato costituzionale” che consentirà di scoprire “non gli schemi di ideologie sconfitte dalla storia, laiciste o comuniste, ma la realtà delle cose, l’esperienza elementare di vita, un grande patrimonio, che è responsabilità e dovere di tutti in Italia come in Europa, fare crescere e sviluppare, per il bene di tutti”. (A cura di Tiziana Campisi)

 

 

Argentina: la nuova legge sull’Educazione al centro dei lavori

della 93.ma Assemblea plenaria dei vescovi

 

Riuniti in Assemblea plenaria da lunedì i vescovi dell’Argentina stanno discutendo, tra gli altri argomenti all’ordine del giorno, delle conseguenze della nuova legge sull’Educazione e dell’attuazione del Programma di educazione sessuale, oltre che di fenomeni preoccupanti come le droghe, il gioco e le assuefazioni. Nel corso dei lavori, riferisce l’agenzia Fides, la Commissione di pastorale sociale presieduta dal vescovo di San Isidro, mons. Alcides Jorge Pedro Casaretto, presenterà su tali temi una relazione al fine di organizzare una pastorale specifica. Un’altra relazione riguarderà il piano triennale della Commissione Nazionale Giustizia e Pace. Sull’Educazione oggi i vescovi ascolteranno alcune esperienze pastorali diocesane sulle linee tracciate dal documento “Prendere il largo”; domani, invece, è prevista una relazione della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali. Riguardo alla nuova Legge sull’Educazione, mons. Héctor Rubén Aguer, arcivescovo di La Plata, ha manifestato la sua preoccupazione per il processo ideologico contenuto nella nuova legge. Secondo l’arcivescovo, questi cambiamenti educativi si propongono di “trasformare la realtà trasformando la mentalità dei docenti e dopo quella degli alunni. Trasformare la mentalità attraverso un cambiamento del linguaggio – ha commentato il presule – non è un cambiamento innocente. La conoscenza è considerata come una costruzione, come un’elaborazione, come un prodotto. Non è la manifestazione della realtà all’intelligenza dell’uomo”. La nuova legge, ha concluso mons. Rubén Aguer, presenta la conoscenza come potere, ma non esistono verità obiettive né valori obiettivi che fondono l’etica. (T.C.)

 

 

Rivendicato dai fondamentalisti indù l'attentato

contro un orfanotrofio cristiano nel Nepal

 

Il Nepal Defense Army (NDA), gruppo di recente formazione impegnato nel restaurare lo status di teocrazia indù per il Nepal, abolito un anno fa, ha rivendicato l’attentato compiuto ieri ai danni della “Grace Children Home”, un orfanotrofio cristiano di Birganj, capitale industriale del Paese. Il gruppo di fondamentalisti indù, scrive l’agenzia AsiaNews, ha lanciato una bomba contro l’istituto con l’accusa di convertire bambini e di ricevere fondi da organizzazioni filo-maoiste. L’esplosione ha ferito gravemente un bambino. La struttura, gestita dalla Chiesa pentecostale, ospita circa 80 orfani provenienti da tutto il Paese. Uno dei coordinatori locali del NDA, ha spiegato il duplice movente dell’attentato di ieri affermando che “in quell’orfanotrofio si compiono conversioni di bambini dal buddismo e dall’induismo al cristianesimo. Con la bomba – ha detto – abbiamo lanciato un avvertimento: non vi permetteremo di continuare il vostro piano!”. E infine: “Abbiamo prove che i bambini ospitati sono tutti figli di guerriglieri maoisti uccisi in operazioni militari durante i 10 anni di insorgenza e l’orfanotrofio è finanziato da gruppi pro-maoisti in patria e all’estero, ai quali non interessa se i piccoli diventano cristiani”. Interpellati da AsiaNews, i responsabili dell’orfanotrofio respingono come false tutte le accuse e spiegano che il loro lavoro è “solo assistere ed istruire questi poveri bambini senza più famiglia”. (T.C.)

 

 

Partirà il 4 maggio dall'Inghilterra alla volta della Liberia  la 'Africa Mercy', la più grande nave-ospedale del mondo

 

Oltre 400 professionisti volontari stanno per imbarcarsi in Inghilterra nella ‘Africa Mercy’ (la misericordia dell'Africa), la più grande nave-ospedale che partirà il 4 maggio alla volta del continente africano per fornire assistenza medica gratuita e aiuti umanitari alle popolazioni più bisognose. Prima tappa del traghetto danese trasformato in ospedale, scrive l’agenzia MISNA, sarà la Liberia. Grazie ai finanziamenti, che negli otto anni di preparazione del progetto hanno raggiunto i 30 milioni di sterline (oltre 44 milioni di euro), la ‘Africa Mercy’ permetterà circa 7 mila operazioni chirurgiche l’anno, tra cui la rimozione della cataratta, l’asportazione di tumori, la ricostruzione del palato o delle labbra leporine e altri interventi ortopedici e ostetrici. E’ la quarta nave tra quelle gestite dalla ‘Mercy Ships’, organizzazione impegnata dal 1978 in interventi umanitari internazionali e le cui imbarcazioni hanno provveduto fino ad ora a curare oltre 200 mila persone, permettendo più di 32 mila interventi chirurgici. (T.C.)

 

 

Si commemora oggi in Spagna il settantesimo anniversario

del bombardamento della città di Guernica

 

Ricorre oggi il settantesimo anniversario del bombardamento della città di Guernica, nei Paesi Baschi, in Spagna, avvenuto il 26 aprile del 1937 e immortalato poco dopo da Picasso con un dipinto murale ormai conosciuto in tutto il mondo. La commemorazione ha quest’anno una solennità straordinaria con la partecipazione dei sindaci di alcune delle città martiri delle ultime guerre e di storici, parlamentari europei, i Premi Nobel Adolfo Perez Esquivel e Mario Molina ed in particolare i superstiti di quella tragedia. Tra gli invitati anche il nipote di uno dei capi militari tedeschi che hanno guidato il “blitz”. Va ricordato, che il governo tedesco ha chiesto pubblicamente perdono nel 1997 per la responsabilità dell’esercito di Hitler in quella tragedia che fu preceduta dal bombardamento della città di Durango, nei pressi di Guernica. Secondo l'ipotesi prevalente, la Legione tedesca Condor, agli ordini del generale Franco, avrebbe avuto come bersaglio del bombardamento non solo alcuni obiettivi strategici ma anche la popolazione in generale, in modo da accelerare la resa delle truppe che, nei dintorni di Bilbao, opponevano resistenza all’esercito di Franco. L’attacco aereo contro Guernica sarebbe stato la prova di una nuova tecnica distruttiva applicata più tardi durante la Guerra Mondiale non solo dai tedeschi ma anche dalle truppe alleate. E’ per questo che alla commemorazione sono stati invitati i sindaci di altre città che durante la guerra mondiale hanno subito analoghe tragedie come, Coventry, Dresda, Colonia, Rotterdam, Tokyo, Pforzheim, Varsavia, e Oswiecim-Auschwitz, e infine, Hiroshima e Nagasaki queste ultime distrutte con la bomba atomica. E’ prevista una dichiarazione collettiva, firmata da tutti gli invitati, in favore della pace e contro tutte le guerre. (A cura di padre Ignazio Arregui)

 

 

 

24 ORE NEL MONDO

26 aprile 2007

 

- A cura di Roberta Moretti e Franco Lucchetti -

 

- Scudo spaziale, ingerenze estere nella politica interna, un ricordo di Boris Eltsin, scomparso lunedì scorso. Questi, alcuni dei temi che il presidente russo, Putin, ha affrontato nel suo ultimo discorso annuale alla nazione, prima della fine del mandato. Ce ne parla Giuseppe D’Amato:

 

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Vladimir Putin a tutto campo nel suo discorso davanti al Parlamento, riunito in sessione congiunta alla Sala di Marmo del Cremlino. Per circa un’ora il presidente russo ha tracciato un bilancio dell’ultimo anno. La Russia è entrata nelle prime economie del mondo e questo è un successo, considerata la situazione di partenza nel Duemila. Il 21 dicembre vi saranno le elezioni parlamentari e secondo il capo del Cremlino con questo sistema elettorale le opposizioni avranno maggiori possibilità di allargare le loro rappresentanze. Putin ha, però, denunciato che i capitali stranieri sono portati in Russia per interferire in questioni di politica interna. Mosca proporrà una moratoria per il Trattato sulle armi convenzionali in Europa: dalle parole bisogna passare ai fatti, che tutti i Paesi della NATO lo ratifichino come ha fatto la Russia. Il Cremlino ne parlerà prossimamente nelle sedi competenti. Il chiaro riferimento è al progetto di dispiegamento dello scudo spaziale nel vecchio continente.

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- Giunta ad Oslo, in Norvegia, per partecipare a una riunione con i colleghi della NATO e col rappresentante russo, Condoleezza Rice, segretario di Stato USA, si è detta convinta che alla fine i partner europei accetteranno l'installazione dello scudo spaziale americano antimissili. “A livello ufficiale – ha chiarito Rice – abbiamo constatato una migliore comprensione del fatto che parliamo della difesa di Europa e USA dalle minacce degli stati canaglia. Questo scudo non può essere una minaccia per la dissuasione russa, non è in grado di esserlo”.

 

- In Iraq, almeno 20 persone sono morte in diversi attentati, mentre la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti ha fissato la data per il ritiro delle truppe USA dal Paese. Roberta Moretti:

 

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Soldati americani a casa ad aprile 2008: lo ha deciso la Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, approvando stanotte una legge che stanzia i fondi per le operazioni militari nel Golfo e in Afghanistan. Il testo sarà votato oggi anche dal Senato. Da parte sua, il presidente Bush ha fatto sapere che opporrà il veto. E intanto, è stato arrestato con l’accusa di “intelligenza con il nemico” e relativo favoreggiamento l'ufficiale statunitense, William Steele, che dirigeva la prigione di Camp Cropper, vicino all'aeroporto di Baghdad, dove fu detenuto Saddam Hussein. Lo ha reso noto un portavoce dell’esercito USA. Sul campo, 4 ribelli sono rimasti uccisi in un bombardamento aereo delle forze statunitensi contro postazioni di al Qaeda a nord di Baghdad. Nell’operazione sarebbero morte anche due donne e due bambini. Intanto, un ordigno piazzato in un affollato mercato della capitale ha fatto almeno due vittime. Uccisi, poi, nove soldati iracheni da un kamikaze che si è fatto esplodere a bordo di un’automobile a un posto di blocco dell’esercito a Khalis, nella provincia di Diyala, già teatro, questa settimana, di altri due attentati che hanno provocato numerosi morti.

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- Stanno bene i due operatori umanitari francesi rapiti il 3 aprile scorso in Afghanistan dai talebani. Lo ha annunciato un portavoce dei ribelli. Si attendono ulteriori dettagli. Intanto, dall’Italia rimbalza la notizia che Gino Strada ha deciso di sospendere le attività di Emergency in Afghanistan fino a che non ci saranno novità e chiarimenti sul caso di Rahmatullah Hanefi, il collaboratore dell'organizzazione umanitaria detenuto nelle carceri afghane perché accusato di collusione coi talebani. A riferirlo è il Corriere della Sera.

 

- Resta alta la tensione tra Israele e la guerriglia palestinese, braccio militare di Hamas, anche se la tregua siglata il 26 novembre scorso sembra continuare a reggere. Tuttavia, il capo del governo israeliano Ehud Olmert ribadisce che gli attacchi di martedì con razzi Qassam contro il territorio israeliano non resteranno senza risposta. Il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen, ha comunque sottolineato che gli incontri periodici con il premier Olmert proseguiranno. Ma quali sono le difficoltà che ostacolano il dialogo israelo palestinese? Stefano Leszczynski lo ha chiesto a mons. Fouad Twal, coadiutore del Patriarcato Latino di Gerusalemme:

 

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R. – Noi invitiamo al dialogo, perché un vero dialogo ancora non si è avuto. C’è un conflitto politico con ripercussioni religiose, che non fanno che aggravare la situazione. Il dialogo per essere fattivo deve basarsi su un minimo di fiducia reciproca. In Palestina, finora, non c’è fiducia, anzi c’è al contrario una forte sfiducia. Abbiamo bisogno di un mediatore esterno, che faccia in modo di trasmettere più fiducia tra le due parti in conflitto, così da poter mettere sul tavolo tutti quei problemi che si ha ancora paura ad affrontare, come il problema relativo a Gerusalemme, il problema dei rifugiati, il problema delle frontiere. Sono tutte questioni che ancora non si osano toccare, perché non c’è una fiducia reciproca.

 

D. – Eccellenza, chi potrebbe intervenire in questa crisi?

 

R. – Io credo che tutti possono e devono cercare di fare in modo di arrivare ad avere quello che attualmente manca e quindi una volontà politica di risolvere la situazione. Gli Stati Uniti non si sono ancora convinti del fatto che l’origine di tutta la crisi in Medio Oriente è da ricercare proprio nella situazione palestinese, che da 50-60 non ha ancora trovato una soluzione. Tanto più che gli Stati Uniti potrebbero fare veramente molto nella situazione. L’Europa ha sempre avuto, in verità, un ruolo finanziario ed economico; l’Europa non ha mai avuto nella crisi del Medio Oriente un ruolo politico. A livello internazionale avvertiamo, però, che qualcosa si sta muovendo.

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- E la situazione resta precaria anche in Libano. Lo ha affermato ai nostri microfoni il Patriarca di Antiochia dei Maroniti, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, in questi giorni a Roma. L’intervista è di Jamal Ward, del Programma arabo della nostra emittente:

 

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R. – La situation actuelle au Liban est inquietante, parce-que comme tout ...

La situazione attuale in Libano è inquietante perché, come tutti sanno, è una situazione molto precaria. E’ importante, però, notare una cosa: ed è che in tutto il Medio Oriente non esiste uno Stato in cui la libertà sia così ampia come in Libano. E’ praticamente l’unico Paese in cui vi siano ancora delle libertà anche se, purtroppo,  ne è derivato un grande caos. Ma il Libano è libero, e prova ne sia quanto è accaduto finora: ci sono state delle manifestazioni, i dimostranti hanno montato delle tende sulla pubblica piazza da tre mesi e nessuno li ha cacciati via con la forza, e continuano a stare lì. E’ la dimostrazione che in Libano la libertà è riconosciuta; è solo che – purtroppo, ripeto – la libertà si è trasformata in caos e questo fa sì che molti giovani lasciano il Libano per trovare lavoro altrove, sia nei Paesi arabi sia in Paesi molto più lontani, come l’Australia, il Canada e gli Stati Uniti.

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- “Gli incontri sul nucleare iraniano continueranno” perché sono stati compiuti “piccoli progressi” in materia: lo ha annunciato il capo negoziatore iraniano sul nucleare, Ali Larijani, all’indomani dell’incontro ad Ankara, in Turchia, con il responsabile della politica estera dell’UE, Javier Solana. “Il migliore approccio – ha sottolineato Larijani – è di risolvere tutte le questioni con il negoziato e sulla base delle norme internazionali”. Intanto, il viceministro dell’Interno di Teheran, Zolghadr, ha fatto sapere che “se fosse attaccato per il suo programma nucleare, l'Iran reagirebbe colpendo interessi degli USA nel mondo e Israele”.

 

- L’Iran potrebbe partecipare alla Conferenza sull’Iraq, fissata a Sharm el Sheik il 2 e il 3 maggio. La risposta è attesa per i prossimi giorni, fa sapere il presidente Ahmadinejad. Washington e Teheran potrebbero dunque riavviare le relazioni diplomatiche interrotte nel 1980, dopo un attacco contro l’ambasciata degli Stati Uniti e il sequestro di diplomatici americani da parte di studenti islamici.

 

- Come previsto, le legislative di domenica e lunedì in Siria sono state vinte dal partito Baath e dalla sua coalizione, ma l’affluenza alle urne non è andata oltre il 56%. Lo ha affermato stamani a Damasco il ministro dell’Interno, Majeed. Il Fronte Nazionale Progressista (FNP), coalizione di dieci partiti guidata dal partito Baath, ha ottenuto 172 seggi su 250, lasciando i restanti 78 a candidati indipendenti. Intanto, la Casa Bianca ha accusato il presidente siriano, Bashar al-Assad, di aver usato metodi intimidatori durante lo svolgimento delle elezioni. Per il capo di Stato siriano, “si è trattato di elezioni svolte in modo democratico e trasparente”. Il partito Baath è al potere in Siria dal 1963.

 

- In Somalia, le truppe etiopi, appoggiate da quelle governative, hanno sfondato le linee degli insorti delle Corti Islamiche allo strategico check point di Balad road, a Mogadiscio nord, in quella che è stata definita “la più violenta battaglia delle ultime settimane”. Il premier del governo federale di transizione nazionale, Ali Gedi, ha proclamato la vittoria, mentre stanno per essere avviate trattative.

 

- Parliamo, ora delle presidenziali in Francia. Né con la Royal né con Sarkozy, il leader centrista Bayrou non si è schierato e non ha dato le tanto attese indicazioni di voto per il ballottaggio del sei maggio. “Entrambi rischiano di aggravare i mali della Francia”, ha dichiarato Bayrou, che annunciato la costituzione di un nuovo Partito Democratico che sarà presente alle politiche del 10 giugno.

 

- Il Parlamento europeo ha votato, a larga maggioranza, una nuova risoluzione a sostegno di una moratoria universale sulla pena di morte. Una presa di posizione analoga era stata approvata dall'assemblea di Strasburgo il primo febbraio scorso.

 

- Myanmar (ex Birmania) e Corea del Nord hanno deciso di ristabilire le relazioni diplomatiche. Lo ha reso noto Kyaw Thu, viceministro degli esteri birmano, dopo un incontro con il suo omologo nordcoreano, Kim Yong-il, giunto ieri a Rangoon. La Birmania ruppe le relazioni diplomatiche con la Corea del Nord dopo un attentato, il 9 ottobre 1983, contro il presidente sudcoreano allora in carica, Chun Doo-hwan, che era in visita a Rangoon. Il presidente sopravvisse all'esplosione al Mausoleo dei Martiri, ma 17 persone del suo seguito, fra cui quattro ministri, furono uccisi.