RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 107 - Testo della trasmissione di martedì 17 aprile 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
A Londra, Santa Messa nella Cattedrale di Westminster
per gli 80 anni di Benedetto XVI
“Rosari da Betlemme”: in Italia, diffuse 15 mila
coroncine per aiutare i cristiani in Terra Santa
La Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles istituisce una
cappellania per gli zingari
Sempre più grave l’emergenza profughi in Iraq: anche molte famiglie
cristiane costrette ad abbandonare le loro case.
17 aprile 2007
La bellezza della
musica possa elevare gli uomini a Dio aiutandoli
a costruire un mondo
di amore e di pace:
così il Papa al Concerto in
Vaticano per i suoi 80 anni
Giorno di preghiera e
di meditazione oggi per Benedetto XVI che domani terrà in Piazza San Pietro
un'udienza generale in qualche modo segnata ancora dai festeggiamenti per l'80°
compleanno appena passato e dalla significativa data del secondo anniversario
del Pontificato che cadrà, il giorno dopo, giovedì 19 aprile. Ieri nel giorno
del suo compleanno sono giunti auguri da tutto il mondo: autorità ecclesiali,
civili e semplici fedeli e cittadini di tanti Paesi hanno fatto pervenire al
Papa la loro stima e il loro affetto in tanti modi diversi. Ieri è stato anche
il primo giorno per Italia, Germania e Polonia, del libro di Benedetto XVI
"Gesù di Nazaret": è stato un boom di
vendite. E sempre ieri, nel pomeriggio, si è svolto nell'Aula Paolo VI in
Vaticano il concerto dell’Orchestra Sinfonica della Radio-Televisione di
Stoccarda, in onore del Papa. Ascoltiamo in proposito il servizio di A.V..
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“Ringrazio Iddio per
avermi posto accanto la musica quasi come una compagna
di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia”
L’omaggio musicale,
che Joseph Ratzinger riceve
nel giorno del suo 80.mo compleanno dall’Orchestra Sinfonica della Radio
Televisione di Stoccarda, è dono di una vita intera, accolto sin dall’infanzia
nella pratica corale e all’amato pianoforte, e che il Papa partecipa al folto
pubblico in platea come a quanti collegati dai mass media, e si direbbe al
mondo intero, unito pur nelle differenze culturali e religiose – dici - dal
linguaggio universale della musica:
“Sono convinto che la
musica – e qui penso in particolare al grande Mozart
e naturalmente a molti altri compositori – sia veramente il linguaggio
universale della bellezza, capace di unire fra loro gli uomini di buona volontà
su tutta la terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’Alto ed ad aprirsi
al Bene e al Bello assoluti, che hanno la loro ultima sorgente in Dio stesso”.
(musica)
Introdotto con
maestosa festosità da una fanfara di ottoni disposti ai lati dell’orchestra –
la Canzon di Giovanni Gabrieli
dalle “Sacre Sinfonie” - il programma ha trovato un momento lirico nella soave
leggerezza di Mozart, tra gli autori prediletti dal
Pontefice: il giovanile III Concerto in Sol maggiore per violino. Silenzio
assoluto durante la cadenza solista, in cui le note acute e gli impervi accordi
hanno sfidato la vastità dell’Aula Paolo VI. Qui la musica nasce e si dissolve
in un’Aria lieve e colma di tenerezza, come nell’Adagio centrale.
Giovanissimi e pieni
di talento gli interpreti, la violinista statunitense Hilary
Hahn, 27 anni, e il direttore venezuelano Gustavo Dudamel, 26, quasi a voler testimoniare anch’essi che la
musica, oltre che tecnica ed esperienza, è soprattutto dono, ricevuto ed
elargito con generosità. Ad essi in particolare è andato
il ringraziamento di Benedetto XVI.
(musica)
Poi la Sinfonia “Dal
Nuovo Mondo” di Dvorak, felice sintesi fra tradizione
sinfonica ottocentesca e musica popolare, tra gli stilemi delle scuole
nazionali europee e le novità della musica degli indiani e dei neri d’America,
proprio nel segno dell’universalità della musica esaltato dal Papa.
(musica)
“Ecco il mio auspicio:
che la grandezza e la bellezza della musica possano donare anche a voi, cari
amici, nuova e continua ispirazione per costruire un mondo di amore, di
solidarietà e di pace”.
(applausi)
Infine, avvicinandosi
ai musicisti, il Papa ha ringraziato nella sua lingua il ministro degli Esteri
del Baden Wuertemberg, Willi Staechele, e il direttore
della Suedwestrundfunk, che gli avevano rivolto il
saluto iniziale, invocando la benedizione di Dio sui presenti, tra
l’acclamazione festosa e cori di auguri improvvisati.
(cori di buon compleanno -
applausi)
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Il Papa al Capitolo metropolitano di Monaco: i
cristiani testimonino
la gioia della fede come forza di bene che risana e pacifica
il mondo
“Grazie di cuore a
tutti … salutatemi la Baviera!”Con queste parole Benedetto XVI ha concluso ieri
mattina il gioioso incontro in Vaticano con il
cardinale Friedrich Wetter e il Capitolo Metropolitano
di Monaco. Il testo del discorso del Papa è stato pubblicato oggi dalla Sala
Stampa vaticana. Ce ne parla Sergio Centofanti.
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Durante l’udienza,
svoltasi nella festosa cornice dell’80° compleanno del Pontefice, Benedetto XVI
ha ricordato i “bei giorni” del suo viaggio in Baviera nel settembre 2006.
“L’uomo – ha detto -
ha bisogno di ricordi che lo aiutino. Io sono solito
ripercorrere con animo riconoscente il paesaggio dei ricordi; e allora amo in
particolare tornare mentalmente a quei giorni benedetti”. Ha parlato poi dei
colloqui definiti “incoraggianti” che ha avuto in precedenza sempre nella
mattinata di ieri con i Ministri Presidenti della Baviera e dello Schleswig-Holstein: entrambi – ha rilevato - “pur partendo da
ambienti e da temperamenti notevolmente diversi” hanno manifestato la “certezza
interiore che la fede apra un futuro e che in questo momento dell’incontro
delle culture, ma anche dell’incombente conflitto tra le culture, sia
importantissimo che la forza interiore, pacificatrice e risanatrice della fede
cristiana rimanga viva nel nostro popolo influenzando così come forza del bene
il futuro”.
Il Papa si è poi
soffermato su un altro incontro della mattinata di ieri, quello con il
metropolita Ioannis Zizioulas
di Pergamo, inviato del Patriarca di Costantinopoli, “uno dei grandi
sostenitori del dialogo cattolico-ortodosso”, che – ha detto - “è sorretto da
una profonda convinzione interiore, che cioè l’incontro tra Roma e l’Ortodossia
sia di importanza fondamentale per il continente europeo e per il futuro della
storia universale e che dobbiamo fare ogni sforzo possibile, affinché questo
incontro conduca veramente alla comunione fraterna e da essa
nasca poi la benedizione della comunione della fede: la benedizione perché l’umanità
possa vedere che siamo ‘uno’ e in base a ciò credere in Cristo”. Questa – ha concluso il Papa - è “la missione
di tutti noi: impegnarci – ciascuno nel suo ruolo – affinché la forza della
fede diventi operativa in questo mondo, efficace come gioia, come fiducia, come
dono in questo momento”.
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La nostra
vita è nelle buone mani del Signore: le parole del Papa
durante il pranzo con i cardinali nel giorno del suo
compleanno
La Sala Stampa
vaticana ha pubblicato oggi anche il testo del discorso del Papa pronunciato
ieri in occasione del pranzo con il Collegio cardinalizio nel giorno del suo
compleanno. Un “bellissimo pranzo” – ha detto il Papa ringraziando i porporati – espressione “della nostra collegialità
affettiva ed effettiva”. “Il Collegio cardinalizio – ha aggiunto - offre
realmente un sostegno efficiente e grande al lavoro del Successore di Pietro”,
un ministero – ha spiegato – “che non posso assolvere da solo, ma soltanto in
comunione con tutti quelli che mi aiutano, anche pregando, perché il Signore
sia con noi tutti e sia con me”. “Nelle
tue mani sono i miei giorni” – ha poi detto il Papa citando il Salmo 31/30. Si
tratta di una verità che ci fa vedere che “il nostro tempo, ogni giorno, le
vicende della nostra vita, le nostre sorti, il nostro agire è nelle buone mani
del Signore. E’ questa la grande fiducia con la quale andiamo avanti, sapendo
che queste mani del Signore sono sostenute dalle mani e dai cuori di tanti
Cardinali. Questo - ha concluso - è per me il motivo della grande gioia di
questo giorno”.
Nomine
In Papua Nuova Guinea, il Santo Padre ha
nominato, in data di ieri 16 aprile, arcivescovo coadiutore di Port Moresby mons. John Ribat, M.S.C., finora vescovo di Bereina, sempre in Papua Nuova Guinea.
Presentata nella Sala Stampa vaticana la visita di
Benedetto XVI
a Vigevano e Pavia. Il Papa pregherà accanto alle
spoglie di Sant'Agostino
E' stata presentato
oggi nella Sala Stampa vaticana il viaggio pastorale del Papa a Vigevano e Pavia il 21 e 22 aprile prossimi. Benedetto XVI, a Pavia,
pregherà accanto all’urna delle reliquie di Sant’Agostino,
dove verrà posta una lampada votiva. Il servizio di Tiziana
Campisi:
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“Vigevano è l’unica diocesi della Lombardia che non era stata visitata
da Giovanni Paolo II … bisogna venire”. Con queste parole Benedetto XVI ha
risposto all’invito rivoltogli dal vescovo Claudio Baggini;
la sua diocesi vuole salutare il Papa prima della sua
tappa a Pavia. Nell'occasione il consorzio dei calzaturieri di Vigevano, città
nota per l’ottima qualità delle calzature che vi vengono
prodotte, donerà 10 mila paia di scarpe per alcuni Paesi poveri, mentre un
paio, ha detto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa
Sede, sarà regalato al Papa. Nella Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, a Pavia, dove sono custodite dall’VIII secolo
le reliquie di Sant’Agostino il Papa farà il suo
ingresso dopo la benedizione di un Centro culturale per la promozione del
dialogo interreligioso e interculturale, come ha spiegato il priore generale
dell’Ordine di Sant’Agostino padre Robert Prevost:
“Il Santo Padre, prima
di entrare nella Basilica di San Pietro in Ciel
d’Oro, benedirà il progetto e la prima pietra del Centro culturale ‘Augustinianum’ che l’Ordine intende costituire ed intitolare
a Benedetto XVI, a motivo dei forti legami spirituali e teologici che legano
Benedetto XVI al Padre della Chiesa, Sant’Agostino”.
La figura del vescovo di Ippona ha affascinato
il giovane Joseph Ratzinger
sin da quando era studente al seminario di Frisinga, tanto che poi ha voluto dedicare la sua tesi
all’ecclesiologia di Sant'Agostino, come ha ricordato
padre Vittorino Grossi, docente dell’Istituto Patristico Augustinianum:
“Tutti ormai sappiamo
che lui fece la tesi di laurea nel 1953 proprio con questo titolo: ‘Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino’. Poi, lui più tardi ha spiegato questo amore
di Sant’Agostino, l’ha spiegato recentemente
nell’incontro con i seminaristi del Seminario Romano Maggiore, facendo rilevare
che lo aveva affascinato la teologia di Agostino che non mirava tanto ad un sistema
– anche buono – teologico, ma era attento alla persona umana nel suo concreto
esistere”.
E queste le parole di Benedetto XVI lo scorso 17 febbraio al Seminario
Romano Maggiore, dove ha rivelato com’è nato il suo amore per Sant’Agostino:
“Per me era
affascinante soprattutto la grande umanità di Sant’Agostino,
che non ebbe la possibilità semplicemente di identificarsi con la Chiesa,
perché catecumeno, fin dall’inizio, ma che dovette invece lottare spiritualmente
per trovare, man mano, l’accesso alla Parola di Dio, alla vita con Dio, fino al
grande sì detto alla sua Chiesa. Questo cammino così umano, dove anche oggi
possiamo vedere come si comincia ad entrare in contatto con Dio, come tutte le
resistenze della nostra natura debbano essere prese sul serio e poi debbano
anche essere canalizzate per arrivare al grande sì al Signore. Così mi ha
conquistato la sua teologia molto personale, sviluppata soprattutto nella
predicazione. Questo è importante, perché inizialmente Agostino voleva vivere
una vita puramente contemplativa, scrivere altri libri di filosofia…,
ma il Signore non l’ha voluto, l’ha fatto sacerdote e vescovo e così
tutto il resto della sua vita, della sua opera, si è sviluppato sostanzialmente
nel dialogo con un popolo molto semplice. Egli dovette sempre, da una parte,
trovare personalmente il significato della Scrittura e, dall’altra, tenere
conto della capacità di questa gente, del loro contesto vitale, e arrivare a un
cristianesimo realistico e nello stesso tempo molto profondo”.
Dopo aver presieduto la celebrazione del Vespro, davanti all’Arca
marmorea di Sant’Agostino, dove sono state collocate
le spoglie mortali del vescovo di Ippona, Benedetto
XVI accenderà una lampada votiva.
Ricorderà il viaggio della fiaccola del dialogo, la torcia accesa a Tagaste, in Algeria, dove è nato il Padre della Chiesa, e
che ha percorso le stesse tappe del filosofo numida.
Con la fiaccola l’Ordine di Sant’Agostino ha voluto
celebrare i suoi 750 anni di storia, volendo anche offrire il proprio
contributo alla costruzione del dialogo e della pace tra i popoli, le culture e
le religioni. E oggi i religiosi agostiniani intendono favorire questo dialogo
con diverse iniziative. Padre Giustino Casciano
priore della Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro:
“Noi, come agostiniani
d’Italia, abbiamo già da tempo progettato il cosiddetto ‘Progetto Pavia’, cioè fare della nostra presenza a Pavia un vero
santuario di Sant’Agostino, un santuario come luogo di
interiorità, di bellezza, di cultura ... Vorremmo fare
della nostra presenza un punto di riferimento per i giovani ...”.
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Oggi su "L'Osservatore
Romano"
Servizio vaticano –
“All’ombra di Pietro, nella luce di Cristo”: nella domenica della Divina
Misericordia, Benedetto XVI celebra la Santa Messa alla vigilia del suo ottantesimo
genetliaco.
Servizio estero - Gli
USA sconvolti da un altro massacro in un’università. Si riaccende il dibattito
sulla regolamentazione del possesso delle armi da fuoco.
Servizio culturale -
Un articolo di Luisa Giordano dal titolo “Una struttura monumentale
insolita per una Certosa”: a Pavia il complesso architettonico voluto da Gian
Galeazzo Visconti.
Per l’“Osservatore
libri” un articolo di Armando Rigobello dal titolo
“Cornelio Fabro a confronto con San Tommaso e con la
filosofia contemporanea”: pubblicati i primi due volumi dell'’“Opera omnia”.
Servizio italiano - In
primo piano sempre il tema degli incidenti sul lavoro.
17 aprile 2007
"Una tragedia
senza senso": il dolore del Papa per la strage
in una scuola della
Virginia. L’America s’interroga
sulla violenza nella società e sul diritto del possesso
delle armi
Benedetto XVI esprime
il suo profondo dolore per la strage in una scuola della Virginia, dove ieri
sono morti 33 studenti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di
Stato, Tarcisio Bertone, indirizzato al vescovo di
Richmond, Francis X. Dilorenzo, il Papa definisce
l’accaduto “una tragedia senza senso” ed assicura la sua vicinanza spirituale
come anche le sue preghiere per le vittime, le famiglie colpite e tutta la
comunità della scuola. L’America attonita conta dunque nuovamente i morti e i
feriti, questi almeno 15, di una violenza cieca e inaudita. Scenario della follia omicida è stato questa volta il
campus di un Politecnico della Virginia. La polizia ha identificato l’autore
della strage: si tratta di uno studente del campus di origini asiatiche, che si
è tolto la vita sparandosi in volto. Permangono invece dubbi
e perplessità sulla dinamica del tragico accaduto. “L’America è sotto
choc”, ha detto il presidente Bush in un discorso
alla nazione. E poco fa, la Casa Bianca ha annunciato che Bush
si recherà oggi al campus in Virginia per una cerimonia di commemorazione. Da
New York, ci riferisce Elena Molinari:
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La ricostruzione degli
eventi è ancora sommaria. Tutto è iniziato poco dopo le 7.00 del mattino,
quando il killer ha sparato per la prima volta in un dormitorio della grande
università, che ospita oltre 26 mila studenti ed è composta da
100 edifici in mezzo al verde. La polizia ha, quindi, commesso il fatale errore
di credere che avesse lasciato il campus. Invece, alle
9.40, il killer - descritto come un giovane di 20 anni, asiatico, con una
giacca nera di pelle – con armi automatiche ha colpito ancora alla Facoltà di
Ingegneria, sparando questa volta prima sulle persone incontrate e, poi,
chiudendosi con alcuni studenti in un’aula ed uccidendoli uno ad uno.
Da New York, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.
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Dal canto suo, il
presidente del Brady Center per la
prevenzione della violenza con armi da fuoco, Paul Helmke, ha sottolineato che le autorità americane non hanno
adottato alcuna misura per mettere fine alla violenza nelle scuole. Otto anni
dopo la strage alla Colombine High School in Colorado e sei mesi dopo l’attacco ad una
scuola amish in Pennsylvania, commenta
amaramente Helmke “nulla è cambiato”. Un’analisi
condivisa anche dal prof. John Harper, docente di politica estera americana alla John Hopkins University
di Bologna, intervistato da Alessandro Gisotti:
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R. – Ho avuto una
sensazione inevitabile di rassegnazione. Il fatto è che presso certi settori
della società americana c’è una specie di fissazione ideologica sul possesso
delle armi. E’ visto come un diritto quasi naturale e non solo proclamato dalla
Costituzione. C’è attualmente una potentissima lobby che sorveglia molto
attentamente qualsiasi tentativo, anche all’indomani di incidenti come questo,
per prevenire cambiamenti sostanziali. C’è rassegnazione anche alla luce di quello
che è successo sei mesi fa, dopo la strage in Pennsylvania,
dove furono uccisi una dozzina di studenti amish, ed
anche alla luce della reazione pubblica e politica dello Stato di Pennsylvania poiché non fu previsto alcun
cambiamento sostanziale.
D. – Quali sono le
domande che nella società americana ci si pone di fronte a stragi come questa,
un’eruzione di violenza a cui, purtroppo, la società
americana sembra - come lei stesso sottolinea – quasi essersi abituata?
R. – Sì, purtroppo.
Per quanto mi risulta la stampa americana, questa mattina, così come la gente
si pone domande sul perché non c’è stata maggiore sicurezza, perché non sono
presenti più metal detector, perché le autorità universitarie non hanno chiuso
subito il campus? Vengono poste questo tipo di domande
anziché domandarsi perché questo giovane ha fatto quello che ha fatto. Perché è
così facile ottenere delle armi così micidiali, che sono poi state usate per
compiere questa strage? Naturalmente ci sarà ora una riflessione più
approfondita come sempre avviene, ci sarà un dibattito riguardo ai motivi di
una violenza così diffusa negli Stati Uniti. Ma la mia esperienza mi insegna
che non c’è da aspettarsi dei grandi e profondi cambiamenti culturali.
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In queste ore, sono in
molti, anche al di fuori degli Stati Uniti, a chiedersi dove nasca questa
violenza, che così frequentemente erompe nella società americana. Alessandro
Gisotti ha girato la domanda al sociologo Sabino Acquaviva:
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R. – Dietro,
indubbiamente, c’è la storia dell’America. Noi sappiamo che l’epoca che viene definita come la “Conquista del West” è un continuo
avanzare nei territori delle prime colonie inglesi e poi degli Stati Uniti
d’America, dall’Atlantico verso il Pacifico, cosa che è avvenuta combattendo
contro gli indiani con guerre successive. Quindi, in America c’è un uso delle
armi legato alla maniera in cui si è formata la nazione americana. A questo
fattore culturale storico si legano poi i problemi soliti, che ci sono anche da
noi: la crisi dei valori, della famiglia e così via.
D. – La società
americana colpisce per fenomeni che appaiono contraddittori: è molto
competitiva, ma anche molto generosa, profondamente religiosa, ma anche molto
violenta…
R. – Ancora una volta
è la risposta è nella storia. Gli Stati Uniti sono nati con i famosi Padri
Pellegrini, cioè con una formazione di esaltazione dei valori religiosi e di
contestazione della società da cui provenivano. Quindi, è uno stato d’animo
misto: contestazione e valorizzazione dei valori antichi, mescolato al problema
della frontiera americana e della conquista del West. Da questa scena viene
fuori l’America di oggi, che come quella di ieri è molto contraddittoria.
D. – Ecco, da una
parte, l’individuo nella società americana sembra molto portato alla
competizione, poi, però, come Toqueville insegna – e
quindi fin dalle sue origini – l’America si caratterizza per una presenza di
comunità intermedie…
R. – Sì, da un lato
c’è l’individualismo, che valorizza i comportamenti liberi. Dall’altro, c’è una
società tecnico-scientifica, che richiede l’organizzazione, la coesistenza, la
collaborazione. E’ un equilibrio, quindi, precario, difficile, che si evolve
nel tempo. Anche perché la società americana è una società in rapida evoluzione.
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Il dramma invisibile degli oltre 25
milioni di profughi interni nel mondo
Sono oltre 25 milioni
i profughi interni nel mondo. Si tratta di uomini, donne e bambini sfollati dai
propri villaggi o città a causa di guerre e carestie e
costretti, il più delle volte in enormi campi profughi. La fuga tuttavia
non garantisce loro la sopravvivenza e il ritorno alle proprie case resta
spesso un miraggio. I dati relativi a questo drammatico fenomeno sono stati
resi noti dal Consiglio Norvegese per i Rifugiati in occasione della conferenza
dell’ACNUR, l'Alto Commissariato ONU per i Rifugiati, apertasi a Ginevra sulla
situazione dei rifugiati e dei profughi in Iraq. Stefano Leszczynski ha
intervistato Laura Boldrini, portavoce
dell’ACNUR in Italia:
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R. – Purtroppo è anche
una emergenza che ha costretto 4 milioni di persone a
lasciare le proprie case. Di questi 2 milioni sono all’interno dello stesso
Iraq e, quindi, si tratta di sfollati interni, mentre altri 2 milioni si sono
riversati fuori dal Paese e specialmente nei Paesi
limitrofi come Siria e Giordania, che in questo momento stanno facendo fronte
con una politica di porte aperte alla situazione. L’obiettivo della conferenza
dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati è proprio quello di sollecitare più
interesse da parte della Comunità internazionale sulle vicende umanitarie e
riportarle all’attenzione nell’agenda di chi può poi dare un contributo
importante e determinante.
D. – Secondo un
recente Rapporto del Consiglio norvegese per i rifugiati, le persone profughe
interne ai propri Paesi sarebbero addirittura 25 milioni nel mondo…
R. – Queste persone
rappresentano veramente l’anello debole, perché sono le più difficili da proteggere
e le più difficili anche da assistere. Per loro non esiste, infatti, una
Convenzione internazionale come esiste per i rifugiati che fuggono in un altro
Paese. A volte, inoltre, i regimi non hanno interesse che i civili, che vengono visti magari come sostenitori dei gruppi avversi,
vengano aiutati dagli Organismi internazionali e dalle ONG. Anche questa è,
quindi, una situazione che deve essere assolutamente posta come prioritaria,
perché assistere gli sfollati interni è oggi l’operazione più difficile per chi
si occupa, appunto, di aiuti umanitari.
D. – Gli sfollati
interni continuano spesso a rimanere nei campi profughi, anche quando le crisi
sono terminate: è difficile farli tornare a casa?
R. – E’ difficile
farli tornare a casa proprio perché spesso gli sfollati sono il risultato dei
conflitti su base civile. Quando, purtroppo, si è passati
attraverso una epurazione e per cui alcuni territori vengono considerati etnicamente puliti è chiaro che poi è più difficile
riportare queste persone nelle proprie abitazioni che sono state occupate da
altri; così come riportare i contadini alle proprie terre, che sono nel
frattempo state occupate da altri.
D. – Quali sono gli
sfollati che non vengono più ricordati, quelli che
nessuno sa più che esistono?
R. – Guardi io credo
che ci sia l’imbarazzo della scelta ed una per tutte sono gli sfollati della
Colombia. Si tratta, infatti, di un conflitto che va avanti da oltre 40 anni ed
è un conflitto veramente crudele in cui anche le popolazioni indigene, più a rischio
di estinzione, vengono sradicate dai loro territori,
dai loro luoghi ancestrali. Qui parliamo di circa 4 milioni di sfollati
interni.
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Giornata
mondiale dell'Emofilia: difficile curarsi
nei Paesi
poveri per l'alto costo dei farmaci
Si celebra oggi la
Giornata Mondiale dell’Emofilia, malattia genetica rara che comporta una grave
insufficienza nella coagulazione del sangue. Nel mondo ne sono
affette oltre 600.000 persone, di cui 7.000 in Italia. Il tema scelto per questa
XIX Edizione è “Informazione”. La Federazione Mondiale dell'Emofilia ritiene
che molti casi non siano diagnosticati soprattutto nei Paesi in via di
sviluppo, i quali, tra l’altro, a causa dei costi proibitivi dei farmaci
consumano solo il 10 per cento dell’impiego mondiale dei medicinali per curare
la malattia. Antonella Villani ha chiesto a Giovanni
Nicoletti, presidente della Federazione delle Associazioni
Emofilici, perché è così importante fare
informazione:
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R. – Perché oggi
l’emofilia è una malattia che può essere curata. Se in una famiglia c’è un
ragazzo emofilico, perché l’emofilia colpisce
soprattutto i giovani maschi, si può cominciare fin dall’età più piccola ad
abituarsi a vivere con questa malattia, prevenendo gli effetti e cercando di
attenuare eventuali danni alle articolazioni, alle muscolature dove più spesso
si verificano le emorragie.
D. – Perché la
mancanza di informazione sulla malattia rende la vita di questi malati così
difficile da affrontare nel quotidiano?
R. – Se non si
interviene tempestivamente o si corre il rischio di shock anafilattico e quindi
il decesso o soprattutto si incorre negli effetti collaterali, dolori, immobilizzazioni
del muscolo e della articolazione. Invece, attraverso una terapia, questa
emorragia può essere tenuta facilmente sotto controllo.
D. – Parlando di
farmaci, questo è un tema molto delicato, la disponibilità ed i costi li
rendono non fruibili soprattutto nei Paesi in via di sviluppo...
R. – Sono farmaci che
hanno un costo molto elevato, anche perché sono frutto di una ricerca molto
avanzata. In Italia questi farmaci vengono distribuiti
attraverso il Servizio sanitario nazionale, ma la stessa cosa purtroppo non si
può dire dei nuovi Paesi dell'Unione Europea, dove il costo di questi farmaci è
proibitivo. Allargando il discorso e passando dall’Europa al resto del Pianeta,
escludendo gli Stati Uniti d’America, purtroppo il 75 per cento dei malati sono
completamente privi di assistenza e di cura.
D. – Quali sono i
programmi internazionali per sostenere i malati e i loro familiari?
R. – La World Federation of Hemophilia e cioè la nostra Organizzazione mondiale sta
portando avanti tutta una serie di progetti che vuole fare in modo di assicurare
anche ad altri Paesi la possibilità di disporre di questi farmaci, perché allo
stato attuale delle conoscenze questo è l’unico sistema per poter curare questa
malattia.
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100 anni
fa raggiungeva il suo apice
la grande
immigrazione europea in America
Il giorno più lungo di
Ellis Island. La data simbolo dell’immigrazione in America cade
esattamente un secolo fa, il 17 aprile del 1907, quando ben 11 mila immigrati
provenienti dall’Europa sbarcarono in una sola giornata sul suolo degli Stati
Uniti nell’isoletta, che fungeva da zona di controllo per l’immigrazione,
proprio di fronte a Manhattan. Per molti di loro
iniziava da lì la grande avventura che rappresentava la sfida più importante
della loro vita. Stefano Leszczynski ha intervistato il padre scalabriniano Graziano Battistella,
dello Scalabrini International Migration
Institute:
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R. – La situazione era
quella di un’Europa in rapida crescita demografica, non sufficientemente
bilanciata da un’adeguata crescita economica e, quindi c'erano il desiderio e
il bisogno di rilocarsi altrove per poter cercare una
vita migliore. Tra il 1820 e il 1920, pressappoco, sono emigrati circa 63
milioni di persone dall’Europa.
D. – Come partiva
questa gente? Con quale spirito e anche con quali mezzi?
R. – Per molti di loro
la partenza era una decisione definitiva, una decisione di vita, per la vita.
Quindi, partire voleva dire vendere o comunque lasciare ad altri quanto si
aveva qui, raccogliendo quello che era necessario per comprare il biglietto per
il viaggio. Il viaggio avveniva in nave e partire voleva dire pensare ad una
vita tutta nuova, tutta diversa in un altro mondo.
D. – Le migrazioni a
quei tempi erano massicce. Come mai un Paese come gli Stati Uniti riusciva ad
accogliere e addirittura a richiamare tutte queste persone?
R. – Per gli Stati
Uniti poter ricevere, accogliere e inserire questa popolazione non fu un
grandissimo problema. Questo cambierà rapidamente nei primi anni del 1900 fino
ad arrivare poi alle leggi restrittive del 1921 e 1924.
D. – Ripensando al
proprio passato, l’Europa ha imparato qualcosa per quanto riguarda
l’accoglienza oggi degli immigrati?
R. – Da un lato si può
dire che ha imparato, nel senso che quando si dipinge l’Europa e
l’atteggiamento europeo verso gli immigrati, in toni foschi o negativi, si
dimentica che in realtà l’Europa accoglie un largo numero di immigrati e la
maggioranza di questi immigrati tutto sommato ha un inserimento decente. Dopo,
naturalmente, quello che fa notizia sono gli episodi, sono le situazioni, sono
le banlieu parigine, sono la sommossa dei cinesi a
Milano e così via. Sono queste cose che creano difficoltà. Questo fa capire
come appunto non ci sia soddisfazione sul modo in cui l’immigrazione viene gestita, perché molte cose non funzionano. Non sarei,
però, così disposto a concludere immediatamente che l’Europa ha
un atteggiamento negativo verso tutti i migranti. Certo, vi sono situazioni problematiche.
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17 aprile 2007
A Londra, Santa Messa nella
Cattedrale di Westminster
per gli 80 anni di Benedetto XVI
Gli
auguri di buon compleanno per il Papa sono giunti ieri anche da Londra, dalla
cattedrale di Westminster, il più grande centro del
culto cattolico in Inghilterra e nel Galles, e imponente opera architettonica
di stile bizantino. Il cardinale Murphy O’Connor, capo spirituale dei cattolici inglesi e
arcivescovo di Westminster, ha ufficiato una Messa in
onore di Papa Benedetto XVI nel giorno del suo 80.mo compleanno. La funzione ha
attirato centinaia di fedeli, piccolo esempio della
vitalità della comunità cattolica in Inghilterra, che conta circa 5 milioni di
persone. Il cardinale nella sua omelia ha ricordato che il Santo Padre ha
dedicato la sua vita alla preghiera, allo studio, alla riflessione,
all’insegnamento, con lo spirito di chi serve Dio e la sua Chiesa. Il porporato
ha anche detto di avere scritto una lettera a Papa Benedetto XVI, cogliendo
l’occasione del suo compleanno e del secondo anniversario della sua elezione al
Soglio Pontificio, a nome dei cattolici inglesi, dei
vescovi, ma anche dei laici, in cui gli afferma la lealtà e l’affetto delle
anime di cui è pastore in questo Paese. La lettera prosegue con l’annuncio di
una Messa solenne per il Papa, ufficiata da tutti i vescovi inglesi, il 23
aprile prossimo, in occasione della loro conferenza annuale. La Santa Messa è
stata accompagnata dal coro di Westminster, uno dei
più famosi e suggestivi al mondo. (A cura di Sagida Syed)
L’Europa secondo Benedetto XVI:
all’Ambasciata di Spagna
presso la Santa
Sede, ciclo di Conferenze sul pensiero del Papa
Il
futuro dell’Europa, secondo Benedetto XVI, si configura come “uno scenario tra
laici e cattolici in dialogo”: è quanto ha affermato il cardinale Antonio María Rouco Varela,
arcivescovo di Madrid, nell’inaugurare ieri mattina il
ciclo di Conferenze sul pensiero di Benedetto XVI, in corso fino a maggio
all’Ambasciata spagnola presso la Santa Sede. Dopo aver
tracciato un percorso attraverso i principali documenti sull’Europa del teologo
Joseph Ratzinger –
riferisce l’agenzia SIR – il porporato ha ricordato “quattro punti essenziali e
necessari per il futuro del vecchio continente”, secondo il pensiero di
Benedetto XVI: “Rispetto incondizionato della dignità umana; rispetto per il
matrimonio monogamo; rispetto per il sacro; dialogo tra cattolici e laici che
non eliminino l’apertura alla trascendenza”. L’arcivescovo di Madrid ha
voluto sottolineare come sulla questione europea esista una continuità tra
Benedetto XVI e Giovanni Paolo II e ha ricordato come la famosa espressione
“radici cristiane dell’Europa” fosse stata pronunciata da Giovanni Paolo II in
Spagna, alla fine del suo primo viaggio apostolico nel 1982. (R.M.)
No all' “offuscamento della
grammatica dell’umano”: messaggio CEI per la Giornata per l’Università
Cattolica del Sacro Cuore di domenica prossima
“Lo
sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo di una società solidale procedono di
pari passo; la questione sociale, anche nella sua dimensione mondiale, riguarda
sempre la promozione dell’uomo nella sua integralità”: è quanto si legge nel
messaggio della CEI per l’83.ma Giornata per
l’Università Cattolica del Sacro Cuore, in programma domenica prossima, sul
tema: “Approfondire il sapere e allargare il cuore per una vita più fraterna e
universale”, a 40 anni dalla Populorum Progressio. La “negazione che la realtà dell’uomo abbia
un significato suo proprio”; la “pretesa della tecnoscienza di decidere circa la vita”; la ragione che “rischia
di restare prigioniera di una visione pragmatica e riduttiva; lo sviluppo economico
“disordinato e ingiusto” in quanto basato in misura preponderante “sulla
ricerca esclusiva dell’avere”: sono questi – si legge nel messaggio – i “segni
problematici” dell’ “offuscamento della grammatica dell’umano”, di cui soffre
la società di oggi. “Se è vero che nessuna epoca è riuscita, come la nostra, a
presentare il suo sapere attorno all'uomo in modo tanto efficace e affascinante
– scrivono i vescovi italiani – è anche vero che in nessuna epoca l’uomo ha
assunto un aspetto così travagliato come al presente”. Secondo i presuli,
l’università “non può ignorare la sofferenza del mondo dovuta alla mancanza di
pensiero”. Di qui l’attualità dell’invito di Paolo VI agli “uomini di
riflessione e di pensiero” e l’urgenza di raccogliere l’invito di Papa
Benedetto XVI a una “ragione allargata”, indispensabile per “realizzare una
vera comunione fra tutti gli uomini e fra tutte le nazioni, nell’orizzonte di
un umanesimo integrale e solidale, aperto ai fratelli e all’Assoluto”. (R.M.)
Violenza sui minori, prevenzione
dell’infanticidio, assistenza delle madri
a
rischio: temi dell’audizione di oggi a Bruxelles, dal titolo:
“Strategia dell’Unione Europea sui diritti dei
minori”
Continua
il ciclo di audizioni sui diritti dei minori organizzato
dall’eurodeputato Roberta Angelilli, relatrice per il
Parlamento Europeo della “Strategia dell’Unione Europea sui diritti dei
minori”. Obiettivo, presentare una relazione sui diritti dei minori
all’Europarlamento, che si esprimerà su una legge ad
hoc entro il prossimo ottobre.
Questa mattina, nell’emiciclo del Parlamento Europeo di Bruxelles, è
avvenuta la presentazione dei risultati di alcune ricerche, condotte dalle
principali organizzazioni internazionali che operano nel settore dei diritti
dell’infanzia, alla presenza del vicepresidente della Commissione Europea, Franco
Frattini. All’iniziativa hanno inoltre partecipato
rappresentanti della Presidenza tedesca e del Consiglio d’Europa, e poi UNICEF,
EURONET, Save the Children,
ONU, la Rete di esperti sui diritti fondamentali, Salvabebè-Salvamamme,
e gli eurodeputati delle commissioni Libertà civili, Diritti della donna,
Sviluppo, Cultura. In Europa, circa 15% di minori risulta aver subito
esperienze di abusi o maltrattamenti sessuali e, solo
nel 2005, la Federazione europea per i bambini scomparsi e sfruttati a scopo sessuale
ha ricevuto quasi 60 mila telefonate al suo numero di emergenza. Sempre nel
territorio dei Paesi dell’Unione, attualmente vi sono più di tre mila casi di
minori scomparsi e circa quattro mila bambini contesi dai genitori. Preoccupa
anche l’indice di mortalità infantile rilevato nei diversi gruppi ROM che, in
molti casi, è paragonabile a quelli dei Paesi in via di sviluppo. Dai dati
presentati all’audizione di oggi, si evince, dunque, un allarmante aumento
degli abusi e dei diritti negati ai minori. “Spesso i diritti dei minori vengono ignorati o comunque considerati di “serie B”
rispetto a quelli degli adulti. E’ arrivato il momento di avviare una strategia
europea: bisogna mettere al primo posto dell’agenda politica i diritti dei
bambini”, ha affermato, al termine dell’iniziativa, Roberta Angelilli,
mentre secondo Frattini, “per parlare di minori
bisogna parlare di famiglia”. Il vicepresidente della Commissione Europea ha
poi annunciato “una concreta politica dell’Unione Europea per sostenere la
famiglia e risolvere la questione demografica”. In occasione dell’evento, le
strutture del Parlamento Europeo di Bruxelles hanno ospitato una mostra,
allestita dall’associazione “Salvamamma-Salvabebè”,
che espone più di due mila scarpette di neonati di 67 nazionalità diverse. Le
scarpette sono state donate da mamme in estrema difficoltà che, durante il periodo
della gravidanza, sono state assistite dall’associazione. (A
cura di Marco Guerra)
Dal 23 al 28 aprile prossimi, la quarta edizione della maratona
pellegrinaggio in Terra
Santa, intitolata a Giovanni Paolo II
“Corre
la pace da Betlemme a Gerusalemme”: con questo slogan, giunge alla quarta
edizione la maratona pellegrinaggio in Terra Santa, intitolata a Giovanni Paolo
II, in programma dal 23 al 28 aprile prossimi.
L’iniziativa è stata presentata stamani a Roma. Dieci chilometri, per
racchiudere insieme e diffondere le speranze di pace per tutta la Terra Santa,
è la distanza che separa Betlemme da Gerusalemme e che sarà percorsa il
prossimo 25 aprile da sportivi italiani, palestinesi, israeliani e non solo,
nella quarta edizione della Maratona intitolata a Giovanni Paolo II. A
presiedere l’evento, mons. Klemens, segretario del
Pontificio Consiglio per i laici, che ha partecipato oggi alla Conferenza
stampa insieme a mons. Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana
Pellegrinaggi, ad Edio Costantini, presidente del
Centro Sportivo Italiano e a Paola Saluzzi, madrina
dell’iniziativa. Gli atleti porteranno la fiaccola della pace e la bandiera
olimpica attraversando il muro e il check-point che
dividono Israele dai territori palestinesi. Con loro, oltre a semplici
pellegrini e ai campioni di pallavolo, Andrea Zorzi e
Roberto Masciarelli, anche una delegazione dei
calciatori del campionato rivolto a sacerdoti e seminaristi, la Clericus Cup. La maratona, che
nelle previsioni coinvolgerà tra i 150 e i 200 sportivi italiani, ma anche
provenienti da Slovacchia, Congo e Messico, oltre a 150 palestinesi e a 150
israeliani, è inserita nel pellegrinaggio in Terra Santa dal
23 al 28 aprile prossimi, ed è promossa dall’Opera Romana Pellegrinaggi,
dal Centro Sportivo Italiano, dalla Conferenza episcopale italiana e
dall’Ufficio del Turismo Israeliano. (A
cura di Giada Aquilino)
“Continuare a dialogare e conoscersi”: così, il
custode di Terra Santa,
padre Pizzaballa, dopo la cerimonia allo Yad Vashem di Gerusalemme
per la Giornata della memoria
“Molto
positiva”: così padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa, ha giudicato la
disponibilità offerta dagli studiosi dello Yad Vashem, il museo dell’Olocausto di Gerusalemme, a
“esaminare ogni nuovo documento che dovesse venire alla luce su Pio XII”. Come
è noto, il nunzio in Israele, mons. Antonio Franco, aveva deciso di rinunciare
alla cerimonia allo Yad Vashem
nella giornata della memoria, per via di una foto di Papa Pacelli,
la cui posizione sull’uccisione degli ebrei durante l’Olocausto veniva presentata con una didascalia definita ambigua. “Nel
mondo di Israele, e lo Yad Vashem
è una spia di questo – ha dichiarato al SIR il custode di Terra Santa – c’è
stato un lungo cammino di conoscenza e di comprensione migliore del mondo della
Chiesa”. Per padre Pizzaballa, “il nuovo museo dello Yad Vashem ha un approccio molto più positivo rispetto alla Chiesa che non il
precedente. Tuttavia – ha aggiunto - questo non significa che non ci sia ancora molta strada da percorrere. Ci sono stati passi
concreti”. “Ora che questa piccola crisi è rientrata (il nunzio è poi andato
allo Yad Vashem) – ha
concluso il custode di Terra Santa – forse Israele ha preso maggiore coscienza
che questo aspetto è sensibile non solo per i cristiani, ma anche per gli
israeliani. È tempo allora di mettere da parte la politica e discutere in
maniera seria con documenti alla mano. In questo senso è stata una crisi
necessaria”. (R.M.)
“Rosari da
Betlemme”: in Italia, diffuse 15 mila coroncine
per aiutare i cristiani in Terra Santa
“Rosari
da Betlemme”: è il nome della Campagna lanciata durante la Quaresima dal
segretariato italiano di “Aiuto alla chiesa che soffre”, che ha portato finora
alla diffusione nelle parrocchie italiane di 15 mila coroncine del Rosario in legno d’ulivo della Terra Santa. L’iniziativa – riferisce
il quotidiano Avvenire – vuole sostenere nelle loro difficoltà i cristiani locali,
con un aiuto basato sui frutti del loro lavoro. Lanciata originariamente in
occasione della GMG di Colonia, la Campagna è in corso anche in Polonia, Gran
Bretagna, Belgio, Canada e Australia. Per la Chiesa di Terra Santa, “Aiuto alla
Chiesa che soffre” ha realizzato negli anni numerosi progetti di sostegno alla
presenza cristiana: dalla diffusione di letteratura religiosa, alla
manutenzione dei luoghi di culto, ai mezzi di trasporto per la pastorale. Gesti
concreti per permettere ai cristiani di Terra Santa, scesi ormai al 2% della
popolazione, di non emigrare. Chi vuole partecipare alla Campagna “Rosari da
Betlemme” può telefonare al numero 06.6989.3934 o
consultare il sito web www.acs-italia.org.
(R.M.)
“Perdono, riconciliazione e buon governo”: temi del
II Forum
degli studenti cattolici della Repubblica Democratica del Congo
Nella
Repubblica Democratica del Congo, il Theresianum di Kinshasa ospita
fino a sabato circa duecento studenti e universitari cattolici, che partecipano
al loro secondo Forum nazionale, sul tema: “Perdono, riconciliazione e buon
governo: responsabilità della gioventù nella costruzione della pace”. Al centro
dei lavori è l’attenzione alla situazione politica e sociale dei Paesi della
Regione dei Grandi Laghi. Mons. Jean-Anatole
Kalala Kaseba, vescovo di Kamina, presidente della Commissione per l’apostolato dei
laici e cappellano nazionale per gli universitari, ha presieduto l’Eucaristia e
l’apertura dei lavori, ricordando l’appello di Giovanni Paolo II ai giovani ad
essere evangelizzatori dei coetanei. Domani, in particolare, i partecipanti
sfileranno nel centro di Kinshasa in una Marcia della
pace. Il primo Forum nazionale degli studenti congolesi
cattolici si tenne sempre a Kinshasa alla fine del
2004. (A.M.)
La Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles
istituisce una cappellania per gli zingari
Un
cappellano per i 300 mila zingari nel Regno Unito, la maggioranza dei quali
sono cattolici: lo ha stabilito la Conferenza episcopale di Inghilterra e
Galles, che vuole così rilanciare l’annuncio del Vangelo alle comunità ROM,
molte delle quali provengono da Polonia e Romania. L’idea – riferisce l’agenzia
SIR – è nata nel corso di un recente incontro a Wistaston
Hall, che ha visto riuniti oltre 30 tra sacerdoti, religiosi e laici coinvolti
nel lavoro di catechesi ai ROM, coordinati dal vescovo
di Lancaster, mons. Patrick
O'Donoghue, da quello ausiliare di Westminster, mons. Bernard Longley, dal cappellano degli zingari irlandesi, padre Joe Browne, e da Caroline Keightley, membro
dell’Ufficio del governo britannico che si occupa di nomadi. Per padre Brown, zingari e nomadi del Regno Unito sono “tra i più
emarginati del Paese e fanno i conti con problemi gravi, come la mancanza di
aree di sosta e servizi adeguati nel campo della sanità e dell’istruzione”. Per
40 anni, gli zingari del Regno Unito hanno potuto contare su un cappellano,
padre Elton Daly, mai
sostituito dopo la sua scomparsa, nel 2002. Negli ultimi due anni la Conferenza
episcopale ha dato vita a una rete di sostegno per chi è coinvolto nel lavoro
pastorale con zingari e nomadi, attraverso la lettera "Pilgrim
Catholic", che viene
distribuita in 12 diocesi di Inghilterra e Galles. (A.M.)
17 aprile 2007
- A cura di Amedeo Lomonaco e
Franco Lucchetti -
- Al Qaeda ha annunciato di aver ucciso, in Iraq, almeno 20 tra poliziotti e dipendenti del ministero della Difesa,
rapiti nei giorni scorsi. L’organizzazione terroristica ha anche rivelato che
sarà prossimamente pubblicato su alcuni siti Internet il filmato con
l’uccisione degli ostaggi. Intanto, sulla drammatica situazione dei
profughi iracheni si è aperta stamani, a Ginevra, la Conferenza promossa
dall’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati. L’Agenzia delle Nazioni Unite ha
sottolineato che sono più di 50 mila gli iracheni in fuga, ogni mese, dallo
Stato arabo. L’emergenza riguarda anche numerose famiglie cristiane. Il nostro
servizio:
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Molte famiglie
cristiane di una zona meridionale di Baghdad hanno subito pesanti minacce da
parte di gruppi islamici legati ad Al Qaeda. Questi movimenti fondamentalisti
sostengono che i cristiani e gli appartenenti ad altre minoranze religiose sono
“infedeli e nemici dell’islam”. In diversi casi, molte famiglie sono state
costrette ad abbandonare le loro case. Gruppi di estremisti hanno lanciato esplicite
minacce di morte e a molti cristiani è stata chiesta la conversione o il pagamento
di un tributo. Si deve anche sottolineare che diverse persone minacciate si
sono rivolte ad autorità della moschea del loro quartiere ricevendo
“solidarietà e comprensione”. Ma la situazione resta grave e l’esodo continua:
la comunità cristiana irachena, una delle più antiche del Paese, era composta
fino a qualche anno fa da più di un milione di persone. Nel 2006, i cristiani dello
Stato arabo erano scesi a 700 mila e tale cifra, in
questi ultimi mesi, si è ulteriormente ridotta. In Iraq, intanto, la violenza
continua a minacciare anche la libertà di stampa: una delegazione dell’Unione
dei giornalisti iracheni ha partecipato ad un incontro tenutosi a Ginevra e ha
chiesto al governo elvetico di intervenire per fermare il continuo “massacro”
di reporter da parte di gruppi armati non identificati. Il segretario generale
del sindacato, Moaud Allamy,
ha dichiarato che sono in pericolo almeno il 40 per cento delle 5000 persone
impegnate, in Iraq, nel mondo dei mezzi di informazione. I giornalisti
iracheni, presenti a Ginevra, hanno anche sottolineato che durante il regime di
Saddam Hussein non era
assolutamente garantita la libertà di stampa. Ma hanno aggiunto che la caduta
del regime e la nuova fase, caratterizzata da un’ampia libertà di espressione,
non sono state accompagnate da misure appropriate per garantire un’adeguata
cornice di sicurezza. Attualmente, in Iraq, i giornalisti rapiti e non ancora
liberati sono almeno 14.
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- Nei
Territori Palestinesi si vivono ore di angoscia per la sorte dell’unico giornalista
occidentale che si era stabilito a Gaza: l’emittente
televisiva britannica ‘BBC’ ha fatto sapere di essere “molto preoccupata” per
il suo collaboratore, rapito da un gruppo di estremisti. Il portavoce del
ministero dell’Interno palestinese ha comunque dichiarato che “è falso”
l’annuncio, dato nei giorni scorsi da un gruppo fondamentalista,
dell’uccisione del giornalista britannico, Alan Johnston. Secondo un giornale arabo, i rapitori avrebbero
chiesto un riscatto di 5 milioni di dollari. I genitori del giornalista hanno
lanciato, intanto, un appello “a chiunque possa avere informazioni sulla
situazione del figlio”. “Alan – hanno detto il padre
e la madre del giornalista – ha vissuto negli ultimi tre anni tra gli abitanti
di Gaza per portare le loro storie al mondo”. “A loro – hanno aggiunto -
chiediamo aiuto per trovare una soluzione a questa vicenda”.
- Ennesimo attacco in
Afghanistan: un mezzo delle Nazioni Unite è saltato su una mina piazzata sul
ciglio di una strada, vicino al centro di Kandahar.
L’azione terroristica è costata la vita a 5 dipendenti dell’ONU. Violenze anche
nella provincia di Herat, dove l’esplosione di una
bomba in una scuola ha causato la morte di almeno 4 bambini.
- Il presidente della
Commissione Europea, Manuel Barroso, ha auspicato
stamani, nel corso di una conferenza stampa a Bruxelles, che la
crisi politico–istituzionale in Ucraina si concluda
con un compromesso tra il presidente filo occidentale, Viktor
Yushchenko, e il primo ministro filo russo, Viktor Yanukovich. “Ho
incoraggiato il presidente Yushchenko - ha affermato
il presidente Barroso - a trovare tutte le soluzioni
possibili per arrivare alla soluzione della vicenda nel pieno rispetto dei
principi della democrazia e delle legge”. Qualche
giorno fa, il primo ministro ucraino Yanukovich aveva
interpellato la Corte Suprema in merito alla legittimità costituzionale del
provvedimento emesso dal presidente Yushchenko di
sciogliere anticipatamente il parlamento.
- In Russia, il
Cremlino ha ammesso che la polizia ha avuto una
reazione eccessiva alle manifestazioni dell’opposizione tenutesi a Mosca e a
San Pietroburgo. L’ammissione del Cremlino avviene poche ore dopo che la
presidenza di turno tedesca dell’UE aveva espresso
“preoccupazione” per gli scontri di fine settimana. Le manifestazioni erano
state organizzate dall’opposizione per protestare contro il presidente Putin. Il portavoce del Cremlino ha dichiarato, in
particolare, che “i tentativi delle forze di polizia
di ristabilire l'ordine nelle strade hanno creato l'immagine di qualcosa di
molto più grande della realtà”. Il portavoce ha anche criticato i mezzi di
informazione stranieri, ritenuti colpevoli di avere “esagerato” nel descrivere
le violenze degli agenti.
-
L'integrazione energetica è il tema principale in agenda al primo vertice sudamericano
sull’energia, che ha aperto i battenti ieri a Isla
Margherita, in Venezuela. Dopo le prime discussioni, oggi i presidenti
dovrebbero procedere alla firma degli accordi in materia. Il
servizio di Maurizio Salvi:
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Una polemica di cui
non è chiara la portata fra Venezuela, produttore di petrolio, e Brasile,
all’avanguardia nei biocombustibili come l’etanolo,
ha segnato la vigilia del primo vertice energetico del Sud America, che ambisce
ad essere ricordato come decisivo nel cammino dell’integrazione della regione.
Il solo fatto di avere riunito quasi tutti i capi di Stato sudamericani ha
trasformato l’incontro in un successo di fatto, anche se ora bisognerà
valutarne i risultati alla luce della dichiarazione, che sarà firmata oggi
pomeriggio. Giungendo all’aeroporto, il presidente ecuadoriano, Rafael Correa,
reduce dal successo nel referendum costituzionale, ha assicurato che
l’integrazione regionale è ineludibile; per il capo
di Stato brasiliano, Luis Ignacio
Lula da Silva, essa deve essere solida e realizzata
sulla base di una complementarità economica regionale.
Dall’America Latina,
Maurizio salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.
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- In Cina, almeno 33
persone sono intrappolate da ieri notte in una miniera di carbone della contea
di Baofeng, nella provincia di Henan,
in seguito a un’esplosione. Secondo l’agenzia Xinhua, citata da AsiaNews,
durante i tentativi di soccorso si è verificata un’altra esplosione, che ha
impedito ai soccorritori di portare in salvo i minatori intrappolati. Il
carbone fornisce il 70 per cento dell’energia della Cina,
dove le miniere sono le più pericolose del mondo. Secondo
fonti ufficiali, nel Paese si contano ogni anno oltre 5 mila vittime. Secondo fonti indipendenti, le vittime sono invece oltre 20
mila. I proprietari delle miniere sono accusati di nascondere gli incidenti per
evitare la chiusura degli impianti.
- In Nigeria, 12
agenti e un civile sono rimasti uccisi durante un attacco sferrato da ribelli
contro un posto di polizia nel nord del Paese. Sul versante politico, intanto,
la Corte Suprema ha riammesso ieri Atiku Abubakar, principale sfidante del presidente uscente Olusegun Obasanjo, alle elezioni
presidenziali di sabato prossimo. Abubakar, candidato
dell’opposizione, era stato estromesso lo scorso 15 marzo dalle liste
elettorali dalla Commissione elettorale nazionale indipendente (INEC) perché
inquisito in un caso di sospetta corruzione. La Corte suprema ha però decretato
che la Commissione elettorale non ha il potere di escludere candidati dalle
elezioni. La decisione della Corte è arrivata dopo la comunicazione dei
risultati delle elezioni, tenutesi sabato scorso, per eleggere i governatori di
36 Stati della federazione nigeriana. Il partito del presidente Obasanjo ha conquistato il governo di 21 Stati. Dopo le
denunce di brogli e irregolarità, da parte dell’opposizione, sono scoppiati nei
giorni scorsi violenti scontri costati la vita ad almeno 26 persone.