RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 105 - Testo della trasmissione di domenica 15 aprile 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Somalia: emergenza colera, oltre 16 mila nuovi contagi nel
Paese africano. Lo rivela un rapporto ONU
Israele è pronto a discutere della proposta di
pace saudita con
15 aprile 2007
Folla di fedeli in Piazza San Pietro per la Messa presieduta da
Benedetto XVI in occasione del suo 80.mo
compleanno. Il Papa ha ricordato
Giovanni
Paolo II e la Festa della Divina Misericordia: potere, ha detto, che porta la
pace nel mondo e insegna il perdono
Cinquantamila fedeli, Piazza San Pietro gremita
e inondata dal sole, una sessantina di cardinali accanto all’altare sul
sagrato della Basilica: sono i numeri e lo scenario che stamattina hanno fatto
da cornice alla Messa solenne presieduta da Benedetto XVI in ringraziamento per
il suo 80.mo compleanno, che
cadrà domani. Il Papa ha ricordato il suo predecessore, Giovanni Paolo II, che scelse anni fa di dedicare la domenica dopo la “Pasqua”,
cosiddetta in Albis, alla Festa della Divina
Misericordia: misericordia che, ha detto, “pone un limite al male” offrendo
certezza di perdono e di consolazione per l’intera umanità. La cronaca della
celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:
**********
“Ripetutamente vedo con gioia riconoscente quanto è grande la schiera di
coloro che mi sostengono con la loro preghiera; che con la loro fede e con il
loro amore mi aiutano a svolgere il mio ministero; che sono indulgenti con la
mia debolezza, riconoscendo anche nell’ombra di Pietro la luce benefica di Gesù
Cristo. Per questo, (applauso) vorrei in quest’ora ringraziare di cuore il Signore e tutti voi”.
Sono le parole che chiudono un’omelia nella quale la corrente
della gratitudine a Dio, alla propria famiglia e agli amici - gratitudine per
il dono del ministero sacerdotale e apostolico, per chi lo ha preceduto sulla
cattedra petrina - legano ogni pensiero, tra ricordi
e commozione. I ricordi Benedetto XVI li ha condivisi con la grande folla che
ha riempito Piazza San Pietro in versione quasi estiva per esprimergli il
proprio affetto e i propri auguri. Il pensiero, il primo, è stato per chi volle dedicare alla Divina Misericordia l’Ottava di Pasqua e
che all’ombra di quella Festa partì per il cielo e per riaffacciarsi dalla
finestra della casa del Padre, Giovanni Paolo II.
(canto)
Benedetto XVI ha spiegato come il cuore di Papa Wojtyla - “che visse
sotto due regimi dittatoriali”, a contatto ”con necessità, povertà e violenza”
- “sperimentò profondamente” tanto la “forza delle tenebre”, che ancora oggi, ha
detto, insidiano il mondo, quanto “la presenza di Dio” che a quelle forze
oppone un argine con il suo potere “totalmente diverso e divino”, il potere
della misericordia:
“È la
misericordia che pone un limite al male. In essa si
esprime la natura tutta peculiare di Dio – la sua santità, il potere della
verità e dell’amore. Due anni orsono, dopo i primi
Vespri di questa Festività, Giovanni Paolo II terminava la sua esistenza
terrena. Morendo egli è entrato nella luce della Divina Misericordia di cui, al
di là della morte e a partire da Dio, ora ci parla in modo totalmente nuovo.
Abbiate fiducia - egli ci dice - nella Divina Misericordia! Diventate giorno
per giorno uomini e donne della misericordia di Dio!”.
Riandando con la memoria agli avvenimenti salienti dei suoi
80 anni, Benedetto XVI ha ripetuto con insistenza la parola “Ringrazio Dio”:
per l’esperienza della paternità spirituale e della “bontà materna”, per gli
amici e i consiglieri che lo hanno aiutato, e per quella singolarità di essere
nato nel periodo spiritualmente più significativo per un battezzato:
“Ho
sempre considerato un grande dono che la nascita e la rinascita siano state a
me concesse, per così dire insieme, nello stesso giorno, nel segno dell’inizio
della Pasqua. Così, in uno stesso giorno, sono nato membro della mia propria famiglia e della grande famiglia di Dio. (...) Ringrazio in modo particolare perché, fin dal primo
giorno, ho potuto entrare e crescere nella grande comunità dei credenti, nella
quale è spalancato il confine tra vita e morte, tra cielo e terra”.
E un dono certamente è stata la chiamata al sacerdozio, quando nel
1951 il 24.enne Joseph Ratzinger si prostrò sul pavimento della cattedrale di Frisinga, a Monaco, per ricevere il Sacramento dell’Ordine.
La personale limitatezza avvertita allora davanti allo schiudersi del ministero
fu alleviata, ha raccontato Benedetto XVI, dalla consolazione della presenza
dei Santi invocata nelle litanie. La storia che cominciava allora, poi
culminata nell’elezione pontificia, non gli ha fatto dimenticare la forza
dell’"ombra di Pietro", ricordata dalla liturgia di oggi:
"L’ombra
di Pietro, mediante la comunità della Chiesa cattolica, ha coperto la mia vita
fin dall’inizio, e ho appreso che essa è un’ombra buona - un’ombra risanatrice,
perché, appunto, proviene in definitiva da Cristo stesso. Pietro era un uomo
con tutte le debolezze di un essere umano, ma soprattutto era un uomo pieno di
una fede appassionata in Cristo, pieno di amore per Lui. Per il tramite della
sua fede e del suo amore la forza risanatrice di Cristo, la sua forza
unificante, è giunta agli uomini pur frammista a tutta
la debolezza di Pietro. Cerchiamo anche oggi l’ombra di Pietro, per stare nella
luce di Cristo!”
L’evento speciale celebrato dalla liturgia di questa mattina si è
avvalso anche di speciali ornamenti sacri, come la croce processionale
in smalto realizzata dal Laboratorio di oreficeria dell’Abbazia benedettina di
Silos, in Spagna, o come l’evangeliario ornato da
formelle d'oro e pietre preziose, donato al Papa dal cardinale di Monaco di
Baviera, Friedrich Wetter. Tra i saluti di Benedetto
XVI ai moltissimi rappresentanti della Curia e del mondo ecclesiale,
diplomatico e politico, di rilievo le parole che il Papa ha rivolto al Patriarca
ecumenico Bartolomeo I, per il tramite del suo inviato
personale, il Metropolita di Pergamo, Ioannis, al
quale ha espresso l’auspicio “che il dialogo teologico cattolico-ortodosso
possa proseguire con lena rinnovata”.
(canto)
Al Regina Caeli recitato dopo la
Messa, Benedetto XVI ha aggiunto un concetto a quanto già espresso in
precedenza: il desiderio della pace, lasciata come “benedizione” da Cristo a
“tutti gli uomini e a tutti i popoli”, frutto della Divina Misericordia. E
salutando i molti pellegrini polacchi ha aggiunto:
“Pozdrawiam serdecznie rodaków Jana Pawła
II...
Saluto cordialmente tutti i connazionali di Papa
Giovanni Paolo II. Cinque anni fa, a Cracovia, egli affidò il mondo intero alla
Divina Misericordia, della quale l’umanità ha così
tanto bisogno oggigiorno. Domandiamo che questo dono di Dio sia
elargito soprattutto in quelle nazioni dove dominano la sopraffazione, l’odio e
la tragedia della guerra. Che il Divino Amore sconfigga il peccato e che il
bene vinca il male. Dobbiamo essere testimoni della misericordia. Auguro a
tutti voi la vera gioia pasquale”.
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E
tanti erano i fedeli che oggi in Piazza San Pietro hanno voluto festeggiare Benedetto
XVI. Marina Tomarro ha raccolto alcuni
messaggi di auguri per il Santo Padre da parte dei presenti in Piazza:
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R. -
Una lunga vita.
R. -
Che sia un ottimo Papa, come si è dimostrato fino adesso.
R. -
L’unica cosa che mi sento di dire è di ringraziarlo per quello che sta facendo
e augurargli tanta forza e coraggio per questo impegno gravoso, che sta però
portando avanti nel migliore dei modi.
R. -
Che il Papa sia sempre sostenuto dallo Spirito Santo, per poter guidare la
Chiesa negli anni che verranno.
R. -
Un sereno compleanno e che ci aiuti ad andare avanti verso il Signore.
R. -
Auguri per le sue intenzioni. Che possa mandare avanti il mondo nel nome di
Cristo.
R. -
Anni di salute e grazia, che dà a tutti noi. Questo è importantissimo, perchè
gli vogliamo tanto bene.
D. -
Qual è il suo ricordo più bello di Benedetto XVI, durante questi suoi primi due
anni di Pontificato?
R. -
Quando è stato ordinato Papa è stato molto emozionante.
R. -
La Giornata mondiale della gioventù a Colonia.
R. -
Ricordo molto bene quando ha tenuto l’omelia della Messa per il Santo Padre
Giovanni Paolo II, perché penso stesse parlando davvero come un amico, avendo
perso un grande amico. Poi, ricordo la prima Messa del suo Pontificato.
R. -
Ricordo i suoi discorsi, che colpiscono e fa sempre piacere ascoltare.
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Con
l'intensità che caratterizza in queste ore l'onda di affetto dei fedeli verso
il Papa si esprimono anche coloro che più da vicino seguono, a vario titolo, la
missione ma anche la quotidianità del Pontefice. A cominciare dal suo
segretario particolare, mons. Georg Gänswein, al microfono di Gudrun
Sailer:
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D. -
In un compleanno che si rispetti ci sono anche i regali: immagino che molti che
vorrebbero fare un regalo al Papa, lo abbiano già fatto. Ci vuole raccontare
quali doni sono già arrivati?
R. - Es sind natürlich unzählig
viele Briefe eingetroffen und sehr viele kleinere …
Ovviamente,
moltissime lettere e molti piccoli doni: CD, fiori, libri, scritti e sicuramente
arriveranno ancora tante, tante cose. Per quanto riguarda i
doni, il Papa ha detto esplicitamente che preferisce non accettare doni
personali: chi vuole fargli un regalo può fare un’offerta che egli poi
utilizzerà per uno scopo che renderà noto: ad esempio per la Terra Santa, o per
altre aree di crisi del mondo o per l'Africa.
D. -
Qual è il regalo più “curioso” che le è capitato tra
le mani finora?
R. - Das kurioseste war ein
riesen Bär, …
Il
regalo più curioso è stato un orso enorme. Si tratta di un animale di pezza, venuto
dall’Italia, un esemplare bellissimo che il Santo Padre ha destinato
all’ospedale pediatrico Bambin Gesù, con grandissimo
entusiasmo dei piccoli: quelli che sanno scrivere, hanno ringraziato con una
bellissima lettera, mentre per i più piccoli ha risposto il presidente
dell’ospedale.
D. -
Quali sono le cose che fanno veramente piacere al Papa? Quali sono le cose che
Egli recepisce come “regalo”?
R. - Der Heilige Vater freut
sich vor allem darüber, wenn er sieht, …
La
gioia grande per il Santo Padre è quando vede che ci
sono persone che accettano la Parola di Dio, che la Chiesa annuncia, e che
questa Parola non è considerata un peso ma un aiuto, come ali che portano il
fardello della vita, e che questa fede poi si radica nella vita personale del
singolo. Si incontrano persone che dalla fede traggono grande giovamento.
Questa è un’esperienza che dà grande gioia al Papa.
D. -
C’è, però, anche un dono che il Papa fa ai fedeli, nella forma del suo nuovo
libro, “Gesù di Nazareth”. Immagino che - in quanto suo segretario - lei
l’abbia già letto. Cosa ci dice questo libro?
R. - Ich kenne das Buch, in der Tat. …
Effettivamente,
l’ho letto. Quello che posso dire io, oggi, è che sono molto, molto grato per
questo libro. E’ una lettura che arricchisce e che nutre. Posso sicuramente
invitare chiunque a leggerlo.
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Conosciuto
in tutto il mondo per i suoi libri, già molti anni prima di essere eletto alla
Cattedra di Pietro, Benedetto XVI ha messo al centro anche del suo Pontificato
la parola. Ne è convinto il vaticanista dell’Espresso, Sandro Magister, che in questa intervista di Alessandro
Gisotti si sofferma anche sul rapporto tra il Papa e i mezzi di
comunicazione:
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R. -
Benedetto XVI ha una straordinaria capacità di comunicare in diretta. Quando le
piazze sono piene davanti a lui, Benedetto XVI ha una capacità straordinaria di
farsi ascoltare, di farsi ascoltare con attenzione da un pubblico semplice. Lui
che sembrerebbe fatto apposta per parlare a delle accademie, in realtà sa
parlare con molta efficacia alle persone non particolarmente preparate. Si fa ascoltare,
ma si fa ascoltare argomentando, svolgendo un discorso in modo organico e,
quindi, difficilmente questo discorso può essere sintetizzato. Il risultato è
che i media hanno difficoltà a sintetizzare il
discorso di fondo che questo Papa fa. In realtà, i media
si limitano a cogliere dei passaggi, spesso molto marginali, che vengono
ritrasmessi senza che si capisca qual è lo sfondo da cui nascono questi
passaggi marginali.
D. -
Benedetto XVI compie 80 anni e almeno da 40, se prendiamo come data la
pubblicazione della sua opera “Introduzione al cristianesimo”, è conosciuto per
i suoi libri, che hanno affascinato credenti e non. Si può dire che la parola
sia la cifra anche del suo Pontificato?
R. -
Direi che c’è del vero. Io ho colto in Benedetto XVI anche volutamente
l’intenzione da parte sua di sfrondare tutto quello che egli fa per lasciare la
parola al centro. La parola è davvero il centro dell’opera di questo Papa, del
suo magistero. Ma è anche la sua essenza in sostanza.
D. -
Cosa la colpisce della personalità di Joseph Ratzinger, magari anche pensando ad un ricordo personale?
R. -
Di Joseph Ratzinger, mi
colpisce lo straordinario equilibrio. Quando parlando di se stesso ha unito
questi due aggettivi, “mite” e “fermo”, invocando da Dio queste doti, devo dire
che ha colto nel segno, perché questa effettivamente è l’endiadi, il binomio,
che lo caratterizza. E’ un Papa di eccezionale linearità nello svolgimento del
messaggio che espone al mondo, che è un messaggio straordinariamente centrato
sulla vera essenza del cristianesimo, sul cuore del cristianesimo: "Deus
caritas est”, Gesù di Nazareth vero Dio, vero uomo. Questa è l’essenza del suo
messaggio. Nello stesso tempo, questo messaggio pur così lineare, pur così
privo di cedimenti, di compromessi, di addomesticamenti,
è espresso in forma mite, cioè in forma ragionevole. L’altro grande binomio
“fede” e “ragione” che caratterizza il magistero di questo Papa è, secondo me,
caratterizzante anche la sua personalità.
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Una
passione coltivata sin da bambino: Joseph Ratzinger ha sempre amato la musica. Ogni “musica di
qualità”, ha affermato durante il suo viaggio apostolico in Baviera del 2006,
trascende “la sfera semplicemente umana” e “rimanda al divino”. L’80.mo compleanno di Benedetto XVI
offre dunque anche l’occasione per approfondire questo amore del Papa per la
musica. Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Marco Frisina, direttore dell'Ufficio Liturgico del Vicariato di Roma:
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R. -
Innanzitutto, è una fortuna per la Chiesa. Questo significa che il Santo Padre
ha una grande sensibilità artistica oltre che una profondità teologica, e
questo lo si percepisce proprio dalla sua parola, dai
suoi atteggiamenti. Significa anche, a mio avviso, che una sensibilità di
questo genere è di grande aiuto anche per l’aspetto liturgico, per l’attenzione
all’aspetto liturgico cui la musica dà un grosso contributo. Il Santo Padre
meraviglia sempre per questa capacità sintetica di mettere insieme teologia,
spiritualità liturgica, cultura, poesia e musica.
D. -
Peraltro, al Papa non piace soltanto ascoltare la musica, ma anche suonare…
R. -
Certo. Io credo che questo sia proprio frutto della sua preparazione giovanile.
Da ragazzo ha ricevuto una preparazione musicale seria. Quindi, ha avuto modo
di frequentare la musica in maniera diretta. Ha imparato a cantare e a suonare.
E’ sempre bellissimo sentir cantare al Papa le parti della Messa, in questa
maniera sempre intonata, sempre perfetta. Immagino che per lui la musica sia
anche un modo per riposarsi, per riflettere e sia un aiuto per contemplare.
D. -
C’è un aneddoto che può raccontarci su questo amore del Papa per la musica, che
magari la riguarda anche personalmente…
R. -
L’anno scorso, per la visita tradizionale del Papa al Seminario, scrissi un oratorio
anche per lui, come ho fatto sempre per Giovanni Paolo
II, su San Giuseppe. E’ una cosa semplice, perché è una cosa breve che si fa in
un’occasione di questo genere. Ricordo che il Papa osservava ed ascoltava tutto
con attenzione incredibile. Mi sentivo analizzato e alla fine, quando sono andato
a salutarlo, mi ha detto grazie, perché era stata una bella meditazione. Questo
mi ha tanto colpito, perché pensare alla musica, al nostro servizio musicale
come un servizio per la meditazione, per la contemplazione, è importante. E ho
capito anche cosa significhi la musica per il Papa: significa appunto una
possibilità in più per approfondire il mistero della fede, da questo punto di
vista poetico.
D. -
Quale musica dedicherebbe al Papa per il suo compleanno? Quale, secondo lei,
rappresenta meglio l’umanità di Joseph Ratzinger?
R. -
Non so, forse gli dedicherei qualcuno dei brani bellissimi di Bach, presi da qualcuna delle cantate, magari da una di
quelle cantate pasquali, che sono piene di quell’entusiasmo,
di quella luce, che solo Bach sapeva dare alla sua
musica. E poi, anche perchè credo che Bach si addica
molto al Papa, per questa sua lucidità di pensiero, che assomiglia molto a
quella lucidità di scrittura musicale, tipica di Bach.
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Il nunzio in Israele,
mons. Franco, annuncia la partecipazione
alla cerimonia dello Yad Vashem in memoria delle
vittime dell'Olocausto: "La memoria di Pio XII verrà riconsiderata"
Contrariamente
a quanto annunciato nei giorni scorsi, il nunzio apostolico in Israele,
l'arcivescovo Antonio Franco, presenzierà alla commemorazione delle vittime
dell'Olocausto, che si terrà stasera al Museo dello Yad
Vashem a Gerusalemme. Dopo aver dichiarato in un
primo tempo la propria indisponibilità a prendere parte alla cerimonia per via
di una didascalia lesiva della memoria di Pio XII e del suo
rapporto con gli ebrei vittime del genocidio nazista, il nunzio ha detto
di essere ritornato sui propri passi in seguito ad una lettera indirizzatagli
dal presidente dello Yad Vashem,
Avner Shalev, nella quale
si afferma la volontà di “di riconsiderare il modo in cui Papa Pio XII è
presentato”. “Poiché la mia azione non era intesa a dissociarmi dalle celebrazioni ma a richiamare l'attenzione sul modo in cui il
Papa è presentato”, ha detto mons. Franco, “il mio scopo è stato raggiunto”. “Non
ho motivi - ha concluso - per tenere aperta questa tensione” e perciò “parteciperò
alla cerimonia”.
A Castellammare di Stabia, la Beatificazione di Maria Maddalena
della Passione, Fondatrice
delle Compassioniste Serve di Maria
La Chiesa
ha due nuovi Beati: un sacerdote e una religiosa, entrambi italiani, vissuti
tra il 1800 e il 1900. Ieri pomeriggio a Torino è stato beatificato il
sacerdote torinese Luigi Boccardo, fondatore delle
Suore Figlie di Gesù Re, una comunità di religiose non vedenti nell'ambito
della Congregazione delle Povere Figlie di San Gaetano. Nel pomeriggio di oggi
sarà beatificata a Castellammare di Stabia, in
provincia di Napoli, dove è nata, Maria Maddalena Starace,
fondatrice delle Suore Compassioniste Serve di Maria.
A presiedere i due riti di Beatificazione il cardinale José
Saraiva Martins, prefetto
della Congregazione per le Cause dei Santi. Ieri abbiamo
parlato della figura di don Boccardo: oggi
approfondiamo il carisma di Maria Maddalena Starace
con il padre servita Tito Sartori,
intervistato da Giovanni Peduto:
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R. - Nata
a Castellammare di Stabia, presso Napoli, il 5
settembre 1845, in una famiglia benestante, madre Maddalena della Passione, al
secolo Costanza Starace, manifestò sin da piccola una eccezionale sensibilità verso le compagne indigenti. Con
il crescere degli anni tale propensione si trasformò nel desiderio vivo di
essere d’aiuto alle persone bisognose. Dotata di temperamento da leader, addolcito
da non comune spirito di carità attinto ad una fede profonda, attirò nella
medesima scia altre coetanee, che insieme a lei
dettero vita alla Congregazione delle Suore Compassioniste
Serve di Maria.
D. - Qual
è stato il suo carisma?
R. - Il
carisma di madre Maddalena presenta due caratteristiche specifiche: una
concerne la dimensione contemplativa da lei avvertita fin dalla più giovane età
e che la portò lungo il percorso dell’esistenza a
coltivare quotidianamente il contatto con Dio mediante una orazione personale
protratta per ore. L’altra, una capacità di immedesimazione nei bisogni dei più
indigenti e dei più derelitti che la spinse a
coltivare nel cuore una grande umana compassione. Di qui, l’aggettivo «Compassioniste» scelto da lei a titolo della Congregazione
stessa.
D. - In
quale contesto è vissuta e in che maniera ha espletato la sua missione?
R. - Il
contesto sociale nel quale si svolse la vicenda umana di madre Starace, riguarda il periodo storico del passaggio del
Regno di Napoli dai Borboni alla Casa Savoia con
tutte le note conseguenze concernenti l’attrito tra la Chiesa e il Regno d’Italia, comprese le leggi d’incameramento dei
beni e di soppressione degli Enti ecclesiastici. Oltre a ciò, è doveroso
sottolineare la lotta accanita della Massoneria contro il nascente Istituto
religioso fondato da madre Maddalena della Passione.
D. - Vuole
raccontarci un episodio significativo della sua vita?
R. - Nel
dare avvio all’attività caritativa in favore delle orfanelle abbandonate, madre
Maddalena non si vergognò, lei di famiglia benestante, di chiedere l’elemosina
girando per le strade di Napoli e perfino aspettando l’aiuto alla porta di casa
della propria famiglia. Quando mancava il pane sulla tavola e i bambini
affamati non avevano di che sfamarsi, lei ricorreva a Gesù e alla porticina del
tabernacolo mandava i bambini ad invocare il soccorso divino. Immancabilmente,
e in modo straordinario, il Signore rispondeva positivamente alle invocazioni
di lei e dei piccoli oranti.
D. - Quale
messaggio lascia al mondo di oggi?
R. - La
beata Maddalena Starace lancia al mondo di oggi due
messaggi: il primo afferma che la vera felicità trova la propria sorgente nella
fede orante a condizione che il cuore sia umile, distaccato dai beni materiali,
in particolar modo dalla sete di denaro; il secondo, che la nostra gioia passa
attraverso la gioia degli altri ed è frutto dell’attenzione prestata ai
bisognosi, siano essi piccoli o anziani soli e abbandonati, perché nulla rende
tanto felici quanto lo scorgere sul volto del fratello il sorriso della
gratitudine e della speranza ritrovata.
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15 aprile 2007
Attesa per l'uscita in libreria, in Italia
domani, del "Gesù di Nazaret"
scritto da Benedetto
XVI. Interviste con il cardinale arcivescovo di Vienna, Schönborn, e
il filosofo Cacciari
L'80.mo compleanno di Benedetto XVI ha avuto, per così dire, un
anticipo di celebrazioni venerdì scorso, quando davanti a qualche centinaio di
giornalisti e di ospiti di spicco, è stato presentato nell'Aula Nuova del
Sinodo, in Vaticano, il libro "Gesù di Nazaret",
che il Papa, nella sua veste di teologo, aveva iniziato a scrivere prima
dell'elezione pontificia. A spiegare le parti salienti del volume - che in
Italia sarà in vendita da domani ma che già si preannuncia un evento mondiale
per l'alto numero di traduzioni e di copie stampate - è stato il cardinale
arcivescovo di Vienna, Christoph Schönborn.
Uno dei nostri inviati alla presentazione, Fabio Colagrande,
lo ha intervistato:
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R.- E’ certo che non
siamo abituati a libri di tipo personale di un Papa. Giovanni Paolo II ci aveva
abituati in qualche modo a un qualcosa di simile: memorie, ricordi. Ma questo
libro è una lunga meditazione teologica, spirituale, personale su Gesù di
Nazareth, e questo tipologia è piuttosto inconsueta
per un Papa. Ma lui si prende la libertà, e la prende con grande convinzione,
di dire che non solo sia giusto ma sia anche suo
dovere, parlare di Gesù.
D. - Eminenza, quale
dibattito si attende, dopo questo libro?
R. - Non so ancora,
vedremo. Vi saranno molte letture, molte prese di posizione su questo libro. In
che senso andrà il dibattito? Io sono molto interessato a sapere cosa ne
diranno, ad esempio, i lettori ebrei, dopo tutto ciò
che il Papa “deve” al rabbino Neusner in questo
libro. O ciò che diranno anche i cristiani delle altre Chiese… In ogni caso,
sarà un dibattito - per una volta - essenziale, che ruoterà intorno a ciò che
veramente è importante.
D. - E in particolare,
nel dialogo con i nostri fratelli ebrei, quale può essere l’importanza di
quanto scrive il Papa?
R. - Penso sia
importante leggerlo, per esempio, su ciò che dice circa l’interpretazione del
rabbino Neusner sul Discorso della Montagna e come Neusner affermi che, con tutto il rispetto, questo Gesù,
questo cammino di Gesù, sia in definitiva distruttivo
per la società, o se non altro, non sia utile, non sia buono, non ragionevole
per la società. Invece, il Papa, riprendendo tutto questo discorso, cerca di
dimostrare che il Sermone della Montagna ci ha dato veramente fondamenti per
una società giusta e umana. Allora, tutta questa argomentazione, tra una
ragionevolezza nella prospettiva ebrea e nella prospettiva cristiana, è una
materia molto importante per il dialogo del futuro.
D. - Come spiega,
cardinale Schönborn, l’attuale presenza costante
della figura di Gesù nel mondo del cinema e della letteratura?
R. - Perché penso che
la sua domanda “Chi pensate che io sia?” sia una domanda che attraversi i
secoli e che in ogni secolo, in modo nuovo si ponga all’uomo: come nel
Rinascimento, nel Medio Evo, come nella letteratura di Shakespeare.
Cosa significa la figura di Gesù per Shakespeare, per
i grandi pittori? E’ sempre, di nuovo, il fascino di Gesù. Che oggi, diventa
film, cinema.
D. - Eppure, sembra
che le rappresentazioni di Gesù in qualche modo tradiscano il suo messaggio…
R. - La figura di Gesù
non rimane in un quadro definito: è più grande più certamente è esposta ad
interpretazioni sbagliate o unilaterali. Io prendo sempre l’immagine di Gesù a
Nazareth, quando torna al suo villaggio: dopo un primo applauso della sua
gente, nasce un'opposizione radicale a Gesù al punto che volevano gettarlo
dalla roccia per ammazzarlo. E il Vangelo dice: “Ma Gesù, passando attraverso
la folla, se ne andò”.
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Tra i relatori alla
presentazione del libro del Papa figurava anche filosofo, e sindaco di Venezia,
Massimo Cacciari, che si è fatto interprete
dell'approccio laico alle sollecitazioni culturali e intellettuali presenti nel
libro di Benedetto XVI. Fabio Colagrande gli
ha chiesto quale sia la sua valutazione
sull'opera:
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R. - Il libro del Papa
è sicuramente un libro di identificazione, un libro di fede. Non avanza alcuna
pretesa di riflessione propriamente teologica. E’ una teologia narrativa, non
v’è alcun dubbio. Tuttavia, emergono delle domande nel libro che riguardano e
la teologia propriamente detta, e la riflessione anche filosofica e, come dire,
il destino della cultura europea. In estrema sintesi, il Papa avanza questa
domanda: se sia possibile una salvezza - usiamo pure questo termine molto
impegnativo - rispetto ai processi di secolarizzazione, al nichilismo europeo.
Una salvezza che possa configurarsi in modo diverso che non alla dimensione
della fede in Cristo, in Gesù in quanto Cristo. E questa è una domanda con la
quale certamente anche la filosofia, la riflessione razionale deve interrogarsi
se non vuole essere semplicemente - per così dire - una apologia
del presente, una apologia del fatto. Se ci si ribella, in qualche modo, alla
equivalenza tra verità e fatto - “tutto ciò che è reale, è razionale, tutto ciò
che è razionale, è reale” - se non si è convinti di questa affermazione, è
necessario chiedersi se rispetto a certi processi che riguardano il mondo contemporaneo sia possibile altra salvezza che non
sia quella della fede in Gesù in quanto il Cristo.
D. - Quindi, è un
libro rivolto anche ai non credenti?
R. - Senza dubbio.
Come è rivolta ai non credenti anche la figura di Gesù. Uno dei caratteri più
problematici ed inquietanti della figura di Gesù è proprio il suo voler parlare
a coloro che sono “fuori”, agli stranieri, agli “altri” rispetto alla propria
tradizione e alle proprie radici…
D. - Ottant'anni, secondo anno di Pontificato: per questi due
anniversari, che augurio farebbe al Papa?
R. - Quello di
riuscire a combinare il “Dio è amore”, la grande affermazione evangelica, il “mandatum novum”, con la necessità
da parte della Chiesa anche di resistere rispetto a determinati processi propri
della secolarizzazione. L’equilibrio tra queste due dimensioni finora, secondo
me, non è stato raggiunto.
D. - Un libro che farà
discutere?
R. - Io mi auguro di
sì, perché è un libro molto, molto comprensibile, molto accessibile e allo
stesso tempo molto denso, molto complesso, che non nasconde nulla della
problematicità e anche della scandalosità del
messaggio cristiano. E nello stesso tempo, molto accessibile. Quindi, penso che
possa essere letto ampiamente, discusso, criticato - perché no? - ma che sarà
un libro certamente importante e non soltanto per la Chiesa e non soltanto per
i credenti.
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Tutela
dal concepimento alla morte naturale: il Movimento
per
la vita ribadisce la propria posizione dopo l'Assemblea nazionale 2007
“Difendere la Vita sin
dal concepimento fino al suo termine naturale” lo ha ribadito l’Assemblea
nazionale 2007 del Movimento per la vita italiano, riunitasi per due giorni di
lavori (13 – 14 aprile) a Chianciano Terme, vicino Siena. L’assise ha ribadito
la necessità di politiche familiari più incisive e confermato la presenza al
“Family Day” il 12 maggio prossimo a Roma. Massimiliano Menichetti
ha raccolto il commento del presidente del Movimento per la Vita, Carlo
Casini.
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R. - Oggi notiamo che
la Chiesa e la comunità cristiana si st stanno mobilitando
intorno al tema della vita e della famiglia. L’esperienza del
referendum sulla legge 40 è sotto questo profilo esemplare. Così come è
esemplare l’impegno attuale della manifestazione del 12 maggio. Questo è un
dato positivo, ma contemporaneamente c’è il dato negativo di un dispiegarsi a
tutto campo e su tutti i fronti di quella che chiamiamo “cultura della morte”.
L’offensiva va dalla sperimentazione sugli embrioni, all’aborto, all’eutanasia,
al tema della famiglia. Soprattutto noi crediamo di dover restare a lungo nel
nostro servizio.
D. - Il 12 maggio
sarete in piazza per il "Family Day". Che significato ha questa
presenza?
R. - Di condivisione,
non solo perchè si spera che riesca a bloccare il dibattito parlamentare sulla
legittimazione in ogni fatto e ad avviare invece in positivo una serie di
politiche per la famiglia, ma anche perchè dovrebbe servire, secondo la nostra
speranza, a cementare meglio una collaborazione tra le varie forze del mondo
cattolico, con anche alcune forze del cosiddetto mondo laico. In più, noi
abbiamo un compito specifico, quello di inserire nelle politiche familiari il
tema della vita. Anzi, vorremmo che, ad esempio, si cominciasse subito a
parlare, nell’ambito delle riforme riguardanti la famiglia, della riforma dei
consultori familiari, per dirne una.
D. - Il Movimento per
la Vita è stato sempre in prima linea, in difesa della famiglia e della vita.
In Italia, la legge 40 dovrà essere perfezionata: quali sono le sfide del
Movimento su questo fronte?
R. - Più che il
miglioramento, bisogna stabilire una linea difensiva rispetto alle aggressioni
contro la legge 40. Proposte di modifica ci sono già in parlamento, ma non sono
modifiche migliorative, sono modifiche peggiorative, che tendono a reintrodurre
la fecondazione eterologa e soprattutto la possibilità
di distruggere gli embrioni che si ritiene non venuti bene. Insomma, una nuova
forma di eugenetica.
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Artisti a confronto con la spiritualità del
Movimento dei Focolari
in un convegno a Castel Gandolfo
“Artisti: quale
vocazione per la nostra epoca?”. Sollecitati da questo interrogativo, pittori,
scultori, registi, attori e musicisti di 14 nazioni si sono ritrovati in questi
giorni a Castel Gandolfo
per il loro secondo Convegno internazionale. A promuovere l’incontro è Clarté, organismo che si ispira alla spiritualità
dell’unità di Chiara Lubich e che tra le sue
caratteristiche ha la promozione del dialogo tra gli stessi artisti.
Nell’ambito dei lavori, verranno anche presentate iniziative realizzate in
contesti problematici come Gerusalemme, dove è nata un’orchestra composta da palestinesi e israeliani. Ma qual è l’identità
dell’artista oggi e quale il suo rapporto con il mondo? Al microfono di Adriana
Masotti, l’architetto Clara Zanolini,
della Commissione internazionale di Clarté:
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R. - Il sottotitolo
del nostro Convegno “Inquietudini, speranze, luce e prospettive” esprime questo
nostro interrogarsi in un momento nel quale si parla di morte dell’arte e c’è
una grande ricerca dell’identità degli artisti oggi: l'oggi nel quale anche,
possiamo dire, è naufragato quel massimo collettivismo e massimo individualismo.
Quale può essere questa vocazione? Senz’altro, un artista deve essere sensore
delle inquietudini e anche delle esigenze del proprio tempo. Un artista deve
sentire quello che il corpo sociale sente e mettersi in relazione con gli
altri. Quindi, da questa relazione noi vorremmo far scaturire un nuovo modo di
fare arte, che vuol dire proprio attingere ad una vita comunitaria. Comunque,
anche i grandi artisti parlano di uscire dall’egoismo. Una citazione bellissima
è: “Cerca l’arte in te stesso e non te stesso nell’arte”.
D. - I partecipanti a
questo convegno si rifanno ad una realtà, quella di Clarté,
che sta, mi sembra, per “arte clarificata e
illuminata”…
R. - Clarté raggruppa artisti sparsi nei cinque continenti, che
attingono alla spiritualità del Movimento dei Focolari. Abbiamo le più varie
provenienze culturali. Ci accomuna questo desiderio di condivisione, di quel
dialogo che potenzia e arricchisce - siamo convinti - anche ogni espressione
artistica. Sogniamo un’arte che contribuisca anche a
dare speranza, “popolare” nel senso più ampio, che aiuti ad elevare, che dilati
l’animo al mistero della bellezza e che sia un contributo anche alla
fratellanza universale.
D. - C’è qualche
esempio già avviato di espressioni artistiche che diventano, appunto,
testimonianza di dialogo, portatrici di luce, di fraternità?
R. - Parlando
dell’Italia, mi viene in mente, per esempio, un’iniziativa di vari artisti
delle arti figurative a Torino, che ha portato l’arte nei luoghi di sofferenza,
nell’ospedale. O a Napoli, in alcuni quartieri dove il degrado e il disagio
giovanile erano molto forti. Posso parlare, però, anche della Corea, dove
mostre in luoghi, stazioni ferroviarie abbandonate, hanno riportato questo
senso e anche esigenza della bellezza. Per noi, che attingiamo a Dio,
l’ispirazione per la nostra arte, questo ha un significato grandissimo, perchè
vogliamo appunto testimoniare che Dio non è soltanto verità e bontà, ma è
bellezza.
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15 aprile 2007
Conclusa a Loreto la Rassegna intenazionale
di Musica sacra
‘Virgo Lauretana’
nel quinto centenario della costituzione
della Cappella musicale di Loreto (1507-2007)
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La Rassegna
Internazionale 2007 di Musica Sacra ‘Virgo Lauretana’, che quest’anno celebra
i 500 anni della Cappella Musicale di Loreto, istituita con decreto di papa
Giulio II nell’ottobre del 1507, si è conclusa questa mattina nella Basilica
della Santa Casa con la ‘Messa in onore della Beata Vergine Maria’
composta appositamente per la Rassegna lauretana dal
musicista inglese vivente Colin Mawby
(nato nel 1936). La Commissione artistica, istituita dall’Associazione Rassegna
Internazionale di Musica Sacra ‘Virgo Lauretana’, ha dedicato particolare attenzione nella scelta
delle Cappelle musicali invitate a celebrare un evento di risonanza
internazionale. Stili e forme musicali differenti con i cori provenienti da Lituania, Libano, Slovacchia, Filippine, Romania e Italia,
che hanno interpretato un repertorio musicale, dal 1500 ad oggi, con
particolare attenzione alle composizioni degli autori viventi. A inaugurare la
rassegna, la sera di mercoledì scorso nel Santuario Pontificio internazionale
della Santa Casa, il consueto "Saluto a Maria", concerto inaugurale
eseguito da tutti i cori partecipanti. La serata di giovedì è stata un omaggio
al 500.mo anniversario della
Cappella Musicale di Loreto con l’esecuzione da parte di tutti i cori
partecipanti delle musiche dei Maestri Organisti della Cappella di Loreto dal
XVI al XX secolo. Venerdì, invece, è stata la volta dell’immancabile concerto
vocale-strumentale dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana, con il coro Ars
Cantica (diretto dal maestro Berrini), e i solisti
dell’Accademia rossiniana (con la direzione del maestro Mezzanotte). Sabato, i cori si sono esibiti nel
concerto di gala per ritrovarsi insieme questa mattina nella Messa conclusiva
di Colin Mawby. Altri
momenti significativi della Rassegna sono stati i concerti nelle scuole (la mattina),
nei teatri (il pomeriggio) e il tradizionale e colorato appuntamento ‘Corinfesta’ di ieri dove i cori partecipanti hanno
eseguito, in costume, canti e danze folkloristiche
della propria terra. E’ stato dedicato spazio anche all’approfondi-mento storico
con una mostra documentaria sulla Cappella Musicale di Loreto, curata dalla
Soprintendenza archivistica delle Marche, sotto la direzione scientifica del
musicologo professor Paolo Peretti. La mostra rimarrà
aperta fino a ottobre. Le celebrazioni per il 500.mo
anniversario della Cappella di Loreto si concluderanno, infatti, a ottobre con
il Convegno Storico internazionale (dal 19 al 21) sul tema "Cinque secoli
di storia delle Cappelle Musicali Europee: la musica presso il Santuario di
Loreto", a ricordo dei cinque secoli di storia delle cappelle musicali
europee, con l’approfondimento del ruolo della musica nel Santuario di Loreto.
Interverranno illustri storici e musicologi delle università italiane ed
europee, i quali esploreranno il fenomeno del fermento e della crescita delle
cappelle musicali ecclesiastiche negli ultimi cinque secoli: dalla fondazione
della Cappella Musicale di Loreto, una delle più antiche (precedente le
Cappelle romane) allo studio di altre realtà sparse in Italia (Roma, Venezia, Milano,
Torino, Mantova, Assisi, Bari, ecc.) e in Europa. Un anno ricco impegnativo,
quindi, per l’Associazione Rassegna Internazionale di Musica Sacra ‘Virgo Lauretana’ che se ne occupa, la quale mira a proporre da Loreto e
dalla sua Basilica un messaggio insieme religioso, culturale e di fraternità. (A cura di Giovanni Peduto)
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Conclusa ieri a Roma l’assemblea dell’USMI, l’Unione Superiore
Maggiori d’Italia. Riflessioni sul ruolo del consacrato di fronte ad un mondo
in rapida evoluzione
"La vocazione
religiosa tra le vocazioni ecclesiali": è stato questo il tema affrontato
nella 54.ma Assemblea Nazionale dell’USMI, l’Unione
Superiore Maggiori d’Italia, svoltasi a Roma presso la Pontificia Università Urbaniana. Un’ampia riflessione sulle vocazioni cristiane
di fronte ad un mondo che cambia rapidamente e che a volte sembra escludere la
vita consacrata. “Nella Chiesa sussistono più vocazioni, che sono in relazione
nella misura in cui esprimono le molte membra del Corpo di Cristo”, ha
affermato Giuseppe Dalla Torre, rettore della LUMSA, la Libera Università Maria
Assunta. “Nessuna - ha aggiunto - è autosufficiente, tutte hanno bisogno delle
altre”. Il dialogo dunque, secondo Della Torre, diventa il terreno da coltivare
per le varie identità ecclesiali. Madre Maria Chiara Grignolini, superiora
delle Suore di Don Calabria, ha ricordato come l’amore sia la misura
dell’identità del cristiano, un amore che spesso non viene
riconosciuto e per questo si soffre, vivendo nell’angoscia. “Il consacrato - ha
sottolineato Madre Grignolini - sa che la carità è la
risposta a questo bisogno dell’uomo, cosicché - ha continuato - la profezia
della vita religiosa è quella dell’unità tra l’amore a Dio e l’amore al
prossimo, tra la contemplazione e l’azione, tra vita spirituale e morale”.
Carità quindi come ragione d’essere, virtù che trasforma l’agire dell’uomo
nell’agire di Cristo. (B.C.)
Produrre farmaci a
prezzi sostenibili. E’ la proposta dell’Unione Africana
alla Conferenza dei
ministri della Salute del continente,
tenutasi a Johannesburg
Arginare la dipendenza
dell’Africa dai Paesi più sviluppati nella produzione di medicine. Con questa
intenzione, si è chiusa venerdì la Conferenza dei ministri della Salute
organizzata a Johannesburg, in Sudafrica. Una tre giorni
nella quale si è fatto il punto sugli interventi, le strategie e le necessità
per migliorare la difficile situazione africana in tema di salute. In
particolare, il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Alpha Oumar Konarè,
ha messo sul tavolo un piano per controllare e ridurre le perdite di vite umane
nel continente nero. Sono circa cinque milioni gli africani che, sotto i cinque
anni di età, muoiono di polmonite, diarrea, malaria, morbillo e AIDS. Il
programma presentato da Konarè chiede un maggior
impegno ai Paesi africani nel finanziamento della lotta alle malattie e allo
stesso tempo spinge per la produzione in loco di farmaci generici in
modo da ridurre la dipendenza dall’estero. Sono 53 gli Stati membri dell’Unione
Africana che spendono in media dal 3 al 10% del loro bilancio per la sanità
nell’acquisto di farmaci: una percentuale che nel 2001 si erano impegnati ad
incrementare fino al 15%. Durante la conferenza di Johannesburg, alcuni
relatori hanno poi sottolineato la capacità dell’Africa di produrre medicine.
C’è l’esempio dell’Egitto, dove sono almeno una trentina le aziende
farmaceutiche esistenti, ma anche della Nigeria che conta su consolidate
produzioni di medicinali. Inoltre, in base ad uno studio dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità, 37 Paesi africani su 46 dispongono almeno di un’azienda
farmaceutica. Dunque, le risorse ci sarebbero ma alcuni
governi scelgono ancora di importare medicine dai Paesi asiatici, sottoposti
alle regole dei brevetti internazionali, rischiando così di ostacolare la
commercializzazione di alcuni farmaci. In questo quadro, il presidente della
commissione dell’Unione Africana ha posto delle priorità per i Paesi membri:
tra queste, l’imposizione di prezzi migliori per l’esportazione di tutte le
materie prime, di cui il continente è ricco, la fine dei conflitti in atto che
impediscono la realizzazione di strategie sanitarie, un piano che controlli la
fuoriuscita illegale di denaro. A preoccupare i governi sono anche la carenza
di strutture sanitarie e personale medico. In Africa opera solo il 3% di
dottori ed infermieri - due medici ogni mille abitanti - a fronte di una
concentrazione di malattie che é pari al 25% di quelle del pianeta. C’è anche
da rilevare che è soprattutto nel continente africano che si diffondono nuove
epidemie per le quali sia il personale sia le strutture esistenti sono
impreparate a farvi fronte. Secondo un’associazione vicina all’Organizzazione
Mondiale della Sanità, sono due i motivi per spiegare la precaria situazione
sanitaria: le politiche di blocco delle assunzioni del personale, imposte dal
Fondo Monetario Internazionale negli anni Novanta, e l’emigrazione di molti
giovani in altri Paesi del Mondo. Un appello ai membri dell’UA ad una
mobilitazione seria e generale sono venuti dal ministro della Sanità
sudafricano, Jeff Radebe,
che si è detto convinto che nel 2010 con l’impegno di tutti sarà possibile
sconfiggere la malaria, altra piaga del continente nero. (B.C.)
Somalia: emergenza colera, oltre 16 mila nuovi
contagi nel Paese africano. Lo rivela un rapporto ONU
In Somalia, è
emergenza colera, secondo quanto riporta il Rapporto mensile diffuso
dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari. La
situazione di instabilità, dovuta agli scontri tra le truppe etiopiche in
appoggio all’esercito regolare e le Corti islamiche, ha creato notevoli
difficoltà alla popolazione, costretta in molti casi a spostarsi dalle zone
intorno alla capitale Mogadiscio. Proprio il flusso di profughi può aver
favorito la diffusione dell’epidemia nelle regioni meridionali che, secondo le
stime ONU, in soli tre mesi ha provocato oltre 12 mila contagi e circa 400
vittime. Ancora più drammatici i dati che riguardano le prime due settimane di
aprile: sono oltre 16 mila le persone che si sono ammalate. I combattimenti nel
Paese hanno inoltre compromesso le reti fognarie e idriche, mentre l’accesso
all’acqua potabile si è sensibilmente ridotto ed è cresciuto il prezzo anche
dei farmaci. Una situazione sanitaria che sta dunque degenerando ma che ha
avuto inizio lo scorso autunno con le alluvioni. L’ingrossamento dei fiumi
aveva distrutto gli argini, contaminando i pozzi e compromettendo le già
difficili condizioni del Paese. Per Medici senza frontiere, i malati ricoverati
quest’anno presso le strutture dell'organizzazione sono superiori a quelli
curati durante tutto lo scorso 2006. (B.C.)
Nati in Vietnam 65
centri per l’accoglienza e l’assistenza di 22 mila
bambini di strada. Al lavoro
cento assistenti sociali,
tutti di religioni diverse
Una rete di
solidarietà a disposizione di bambini vietnamiti è stata creata ad Ho Chi Minh City. Si tratta di
65 centri per l’inserimento e l’assistenza di 22 mila minori abbandonati,
curati ogni giorno da cento operatori di religioni diverse. In queste
strutture, moltissimi studenti possono attuare il tirocinio che manca per
completare il loro percorso formativo. In Vietnam, infatti, circa 78 atenei
hanno ottenuto l’autorizzazione ad aprire corsi di specializzazione per
operatori sociali, ma poi non c’è la possibilità di mettere in pratica quello
che si studia. I Centri per bambini disagiati invece sono un’opportunità per
gli studenti ma soprattutto per i piccoli. A loro, gli operatori cattolici,
buddisti ma anche non appartenenti ad alcuna religione, si dedicano con
devozione e attenzione all’obiettivo di donare serenità. “Non è solo un lavoro
- ha dichiarato ad AsiaNews una delle operatrici - ma
un modo per aiutare gli altri. Condividiamo le attività sociali - ha aggiunto -
ma anche questioni culturali e spirituali”. (B.C.)
A Vicenza, si è
aperta ieri "Koinè", la 12.ma
edizione
della rassegna internazionale di arredi e oggetti liturgici
Espositori di tutto il
mondo si sono dati appuntamento a Vicenza per "Koinè", la grande
rassegna di arredi, oggetti liturgici e componenti per l’edilizia di culto, in
programma fino al 17 aprile. L’evento fieristico, nato nel 1989 sotto l’egida
della Conferenza episcopale italiana (CEI) e della diocesi locale, è stato
inaugurato ieri dal vescovo di Vicenza, Cesare Nosiglia.
Il presule, sottolineando l’importanza dell’iniziativa, ha ricordato come la
bellezza non sia sinonimo di sfarzo “ma anzi può
indurre alla riflessione”. La rassegna conta circa trecento stand, il 20% in
più rispetto alla passata edizione, ed è cresciuta negli anni scorsi in fatto
di presenze: nel 2001, i visitatori erano 4500, divenuti 8000 nel 2005. Tra le
novità di questa dodicesima edizione, c’è la particolare attenzione mostrata
dagli esperti del settore al riscaldamento di grandi spazi con pannelli solari
e all’amplificazione del suono. Significativa inoltre la presenza di espositori
stranieri (il 20% del totale), che provengono da Paesi come Brasile,
Portogallo, Polonia, Germania, Francia, Slovenia, Canada e Messico.
"Koinè" propone inoltre una serie di laboratori per la lavorazione
del legno e del marmo ed anche la mostra: “La luce e la fiamma”.
Nell’allestimento, molti artisti e disegnatori si sono cimentati nella realizzazione
di nuove suppellettili legate al simbolo del fuoco: candelabri, lampade, portaceri, sempre nel particolare rispetto della liturgia e
delle direttive della CEI. Da segnalare, infine, anche il laboratorio di arte
floreale realizzato dall’Ufficio per i Beni culturali ecclesiastici della
diocesi di Vicenza. (B.C.)
15 aprile 2007
- A cura di Amedeo Lomonaco -
- Lo
Stato di Israele è pronto a discutere con la Lega Araba del piano di pace
saudita del 2002. Lo ha assicurato il primo ministro israeliano, Ehud Olmert, poche ore prima
dell’incontro previsto oggi a Gerusalemme con il presidente palestinese, Abu Mazen. Il nostro
servizio:
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In Medio Oriente, si riapre il canale del
dialogo per discutere sul piano di pace proposto dalla Lega Araba. Il piano è
quello saudita del 2002, che prevede la soluzione della questione palestinese
in 4 mosse: il riconoscimento di Israele da parte del mondo arabo, il ritiro degli israeliani dai Territori occupati
durante la guerra del 1967, la creazione di uno Stato palestinese con capitale
Gerusalemme est e la soluzione del problema riguardante il rientro dei profughi
palestinesi in Israele. Sul piatto della bilancia ci sarebbe per lo Stato
ebraico la possibilità di riallacciare contatti commerciali, oltre che
diplomatici, con tutti e 22 i Paesi arabi. Il principale nodo da
sciogliere resta la questione del diritto al ritorno dei profughi palestinesi
nello Stato ebraico. Il piano di pace saudita era stato rilanciato lo scorso 28
marzo durante il vertice della Lega Araba tenutosi a Riad.
Ma la prima reazione di Israele non era stata positiva: il vicepremier
israeliano, Shimon Peres,
aveva bocciato il piano sottolineando l’urgenza di ulteriori negoziati. Dopo
poco più di un mese, si scorgono importanti segnali di apertura e la strada
delle trattative sembra praticabile: Peres ha
affermato, infatti, che “la Lega Araba e la maggior parte degli Stati arabi non
riconoscono Israele, ma è possibile aprire un dialogo con diversi Paesi e su
questioni diverse per cercare di trovare un terreno d’intesa”. Peres ha anche dichiarato che Israele è pronto a
"contatti preliminari" con la Lega Araba in vista di futuri
negoziati. Il tentativo di rilanciare il processo di pace, con quella che è già
stata definita la “Riad Map”,
è confermato poi dall’incontro previsto nel pomeriggio, a Gerusalemme, tra il
primo ministro dello Stato ebraico, Ehud Olmert, ed il presidente palestinese, Abu
Mazen. Il portavoce del premier israeliano ha
annunciato che durante il colloquio saranno presi in esame temi legati alla
sicurezza e a questioni economiche. Ma, soprattutto, sarà approfondita la
“ricerca di un orizzonte politico per risolvere il conflitto israelo-palestinese”.
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-
Nei Territori Palestinesi, intanto, tre ordigni sono esplosi a Gaza nei pressi
di una libreria cristiana e due Internet cafè.
L’azione, che fortunatamente non ha provocato vittime, non è stata rivendicata.
Ma non mancano piste da seguire: negli ultimi mesi, simili attacchi sono stati
rivendicati da un’organizzazione estremista islamica denominata “Le spade della
verità”.
- In
Iraq, un duplice attentato
in un quartiere di Baghdad, a maggioranza sciita, ha provocato la morte di almeno 18 persone. In
entrambi i casi, i terroristi hanno usato la tecnica dell’autobomba. Le
esplosioni sono avvenute nei pressi di un ristorante e di un affollato mercato
ortofrutticolo. Tra le vittime ci sono donne e bambini. Sempre nella capitale,
una bomba è esplosa a bordo di un minibus provocando almeno 8 morti. A nord di
Baghdad, intanto, due soldati britannici sono morti in seguito ad una collisione
in volo tra due elicotteri militari. Il ministro della Difesa del Regno Unito, Des Browne, ha confermato che si
è trattato di una fatalità e non di un attacco della guerriglia.
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Non ha fortunatamente avuto conseguenze drammatiche un altro incidente aereo
avvenuto in Turchia: un elicottero, che trasportava turisti francesi, è precipitato
a Trebisonda, sulla costa turca del Mar Nero. L’agenzia di stampa turca Anadolu ha assicurato che non ci sono state vittime.
- Ennesimo attentato kamikaze in Afghanistan: quattro impiegati afgani,
che lavoravano per un'impresa di sicurezza americana, sono rimasti uccisi in
seguito ad un attacco kamikaze compiuto nei pressi di una base internazionale
nel sud del Paese. Emergono poi nuovi, inquietanti particolari dell’appello
lanciato nell’ultimo video dai due cooperanti francesi rapiti dai talebani. Uno
dei due ostaggi, una ragazza che dice di chiamarsi Celine,
dichiara tra le lacrime che se non verranno accolte le
richieste dei rapitori sarà decapitata. Una commissione di inchiesta afghana ha denunciato, intanto, una strage compiuta in una
provincia orientale del Paese asiatico da soldati americani. Il Pentagono ha
ammesso che alcuni marines hanno sparato
contro la folla. L’episodio, che risale al 4 marzo, è costato la vita a 12
civili, tra cui due bambini.
-
Quattro giorni dopo gli attentati che hanno scosso Algeri, provocando 33 morti,
il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika,
ha visitato alcuni luoghi devastati dalle esplosioni. Quella di oggi è la prima
apparizione pubblica di Bouteflika dal vertice della
Lega Araba tenutosi a Riad il 28 e il 29 marzo
scorsi.
- In
Russia, di nuovo in piazza l’opposizione per protestare contro il presidente,
Vladimir Putin. A San Pietroburgo, circa 2.500
persone sono riuscite a superare i cordoni di sicurezza per partecipare alla
"Marcia del dissenso". La responsabile del "Fronte civico
unito", Olga Kurnikova, ha denunciato di essere
stata fermata insieme con altre decine di persone. Si temono scontri: le
autorità hanno autorizzato il raduno ma vietato il corteo. Ieri, a Mosca, ci
sono stati scontri tra manifestanti e polizia. Ha suscitato clamore, in
particolare, l’arresto dell'ex campione mondiale di scacchi, Garry Kasparov, successivamente
rilasciato.
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Resta alta la tensione in Nigeria: almeno 21 persone sono morte in seguito a
scontri scoppiati durante le operazioni di voto di ieri per eleggere i
governatori e i parlamentari locali dei 36 Stati della Federazione.
-
Oltre 9 milioni di ecuadoriani sono chiamati oggi ad esprimersi sul referendum
popolare per l’instaurazione di un’Assemblea
Costituente che possa elaborare una nuova Costituzione. Promossa dal presidente
di sinistra Rafael Correa, la votazione è stata
fortemente criticata dai partiti conservatori contrari a qualsiasi modifica del
testo costituzionale. Otto dei 57 deputati, destituiti il 7
marzo dal Tribunale elettorale supremo per essersi opposti all’indizione
dell’odierno referendum, hanno anche fatto irruzione martedì scorso nel
parlamento per impedire la ratifica della consultazione. Ma le proteste non
hanno impedito l’appuntamento con le urne. Il servizio di Luis Badilla:
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Secondo i sondaggi, il presidente dovrebbe imporre il suo progetto con
una maggioranza schiacciante. Un recente sondaggio, realizzato
prima che scattasse il divieto di pubblicazione di qualsiasi indagine demoscopica, assegnava ad esempio al "sì" oltre
l’80 per cento dei consensi. Dopo la proclamazione ufficiale dei risultati,
entro 150 giorni, dovrebbe aprirsi il processo elettorale per eleggere i 130
costituenti. I membri dell’Assemblea costituente avranno un massimo di 8 mesi
per redigere la nuova Costituzione che dovrà essere approvata con un referendum
popolare. Poi, se approvata, si terranno nuove elezioni politiche e presidenziali. Correa ha trovato non pochi
ostacoli in questo suo percorso di rinnovamento istituzionale che, in un
qualche modo, ricalca le tracce di quanto già accaduto con Chavez
in Venezuela e Morales in Bolivia. Le opposizioni,
infatti, temono queste similitudini e accusano il presidente di volere una
Costituzione su misura. Intanto, nel dibattito elettorale si è anche molto
discusso sulla grave situazione socio-economica del Paese che negli ultimi anni
ha visto emigrare quasi 3 milioni di cittadini su una popolazione di poco
superiore ai 14 milioni. Il 70 per cento dei bambini vive al di sotto della
soglia di povertà e lo stesso accade, secondo l’ONU, con l’87 per cento degli afroecuadorini ed il 56 per cento degli indigeni.
All’inizio del processo elettorale che portò all’elezione di Rafael Correa, i
vescovi dell’Ecuador dicevano: “Come i nostri concittadini aspettiamo
cambiamenti profondi, necessari ed urgenti per ridurre la distanza fra ricchi e
poveri, e per produrre più ricchezza e per una sua migliore distribuzione”. In
concreto sottolineavano: “Attendiamo, infine, politiche sociali in favore dei
contadini e dei lavoratori, politiche orientate sempre alla promozione dei più
poveri ed emarginati. In questo contesto occorre più legalità nella
distribuzione delle terre, più lavoro e più crescita economica”.
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