RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 104  - Testo della trasmissione di sabato 14 aprile 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Sarà nelle librerie da lunedì prossimo il libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”. Il cardinale Christoph Schönborn: il desiderio del Papa non è di suscitare dibattiti ma di avvicinare di più alla figura di Cristo. Una riflessione di padre Federico Lombardi

 

Domani la Messa in San Pietro presieduta dal Papa per il suo 80.mo compleanno. Ai nostri microfoni, gli auguri di mons. Angelo Comastri, del prof. Ernesto Galli della Loggia e del senatore Marcello Pera

 

Tre milioni e 400 mila fedeli hanno preso parte alle udienze e alle celebrazioni del Papa, nel suo secondo anno di Pontificato

 

La Chiesa proclama Beati un sacerdote torinese e una suora di Castellammare di Stabia: hanno visto Cristo nei poveri e nei sofferenti: ce ne parla madre Teresa Ponsi

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Chiude una rivista cattolica a Cuba. Ma il cardinale Ortega parla di nuovi spazi che si aprono per la Chiesa

 

La Chiesa festeggia la Domenica della Divina Misericordia. Riflessione di don Giuseppe Bart

 

In corso a Loreto la Rassegna internazionale di musica sacra "Virgo Lauretana"

 

Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

 

CHIESA E SOCIETA’:

Ecumenismo: oggi e domani a Milano, oltre 400 giovani di diverse confessioni “osano la pace per fede”

 

Profughi colombiani: Argentina, Brasile e Cile pronti ad accoglierli

 

Nuovo appello dell'ONU per la tregua e la riconciliazione in Sri Lanka: “Il conflitto intrappola i civili con disastrose conseguenze alimentari sui più deboli”

 

Corea del Sud: un incendio ha distrutto a Waegwan il più grande monastero dei Benedettini in Asia - Premio Ilaria Alpi 2007: al giornalista Emilio Rossi il riconoscimento speciale alla carriera

 

Assegnato a Janne Maatlary, già vice ministro degli Esteri di Norvegia, il “Premio San Benedetto 2007”. Nel 2005, il riconoscimento venne assegnato all’allora cardinale Joseph Ratzinger

 

Arte e liturgia: fino al 17 aprile, a Vicenza, la XII edizione della rassegna Koinè

 

Italia: dopo i quattro casi di ieri, anche oggi due operai sono morti sul posto di lavoro. Il fenomeno delle morti bianche nel mondo

 

24 ORE NEL MONDO:

Nuovi attentati terroristici in tre Paesi: oltre 60 persone morte in Iraq, almeno 12 vittime in Afghanistan e due kamikaze rimasti uccisi durante un duplice attacco in Algeria

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

14 aprile 2007

 

Sarà nelle librerie da lunedì prossimo il libro di Benedetto XVI

 “Gesù di Nazaret”. Il cardinale Schönborn: il desiderio del Papa

non è di sucitare dibattiti ma di avvicinare di più alla figura di Cristo.

Una riflessione di padre Lombardi

 

Presentare Cristo come “una figura storicamente sensata e convincente”. E’ questo l’assunto di partenza del libro-evento “Gesù di Nazaret” scritto da Benedetto XVI e presentato ieri pomeriggio nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano. Il cardinale arcivescovo di Vienna, Cristoph Schönborn ne ha illustrato i passaggi salienti davanti a una folla di giornalisti e alla presenza di molte autorità della Curia e del mondo politico e culturale. Ad alimentare la riflessione, gli interventi del filosofo Massimo Cacciari e del prof. Daniele Garrone, decano della Facoltà Valdese di Teologia per Roma. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Sulla copertina delle 350 mila copie che solo in Italia saranno in libreria da lunedì prossimo, giorno dell’80.mo compleanno del Papa, il nome dell’autore scritto in caratteri più piccoli è quello che dà l’esatta dimensione dell’opera: Joseph Ratzinger. C’è un’intera vita di ricerca spirituale di un credente - prima ancora di un esegeta certamente e sommamente esperto, poi divenuto un Pontefice - dietro le oltre 400 pagine che compongono il libro “Gesù di Nazaret”: prima parte di un’opera dedicata alla riflessione sulla figura di Cristo - dal Battesimo nel Giordano alla Trasfigurazione sul Tabor - che nelle intenzioni di Benedetto XVI verrà completata appena possibile da un secondo volume riguardante l’infanzia di Gesù e il mistero della sua morte e della sua risurrezione. Dopo “un lungo cammino interiore”, ha ricordato il cardinale e discepolo del prof. Ratzinger, Cristoph Schönborn, presto milioni di lettori del mondo - e le traduzioni saranno in una trentina di lingue - potranno rivivere il viaggio di Joseph Ratzinger sulle orme di Gesù. Il libro, è noto, si propone di dimostrare se si sappia “qualcosa davvero di sicuro sull’uomo della Galilea”. Ma in che modo argomenta questa dimostrazione? Il cardinale Schönborn lo ha spiegato anzitutto con una provocazione: “Sul pubblico mercato mediatico - ha detto - si mettono in vendita, senza pausa,scoperte’ apparentemente nuove, che dovrebbero rivelare una storia completamente diversa di Gesù di Nazaret”. La rappresentazione biblica ed ecclesiale della figura di Gesù, ha ironizzato l’arcivescovo di Vienna, sarebbe così “una truffa da preti e un imbroglio della Chiesa. La ‘verità’ su Gesù verrebbe soffocata da oscuri cospiratori, localizzati con particolare preferenza in Vaticano”. Viceversa, le affermazioni che il teologo Ratzinger fa nel suo libro vengono, ha sostenuto il cardinale Schönborn, da una persona di assoluta “dimestichezza” con la scienza biblica. Dimestichezza dalla quale scaturisce una fondamentale convinzione: quella di “potere avere fiducia nei Vangeli” e che dunque si possa presentare Gesù di Nazaret come una ”figura storicamente sensata e convincente”:

 

“Le innumerevoli immagini fantasiose di Gesù come di un rivoluzionario, un mite riformatore sociale, come l'amante segreto di Maria Maddalena ecc., si possono tranquillamente depositare nell'ossario della storia. Ma il grande quesito permane pur sempre: Gesù è in sé coerente? La comprensione che egli ha di sé, della sua identità, non è un enorme sbaglio che la cristianità segue da 2000 anni? L'ebraismo e l'islam si scandalizzano proprio di questa pretesa. Dare ad essa una risposta è la vera sfida che si pone oggi al successore di Pietro (e di Paolo) nell'areòpago del pubblico odierno”.

 

Usando il metodo storico-critico e superandolo in una prospettiva teologica e in una direzione pastorale, il libro del Papa si sofferma sul perché non sia solo un atto di fede ma anche di “logica” comprendere l’umanità e la divinità del Gesù Verbo di Dio. Come pure la portata socialmente rivoluzionaria del suo messaggio. Per esempio, quando Gesù con la Parabola del Buon Samaritano rovescia dilatandolo il concetto di “prossimo”, invitando l’uomo non tanto a definire chi sia il suo prossimo – connazionale o amico - ma a trovare il “coraggio” di farsi prossimo di chiunque altro. O quando insegna agli uomini a mettere Dio prima del bisogno materiale, pure importante, poiché – scrive – “laddove questo ordine di beni non viene rispettato, ma rovesciato non ne consegue più la giustizia, non si bada più all’uomo che soffre, ma si creano dissesto e distruzione anche nell’ambito dei beni materiali”. E il fallito tentativo marxista di trasformare il “deserto in pane”, o le sperequazioni negli aiuti occidentali ai Paesi in via di sviluppo, sono lì a dimostrarlo:

 

“L’autore dice:Qui sorge però la grande domanda che ci accompagnerà per tutto questo libro: ma che cosa ha portato Gesù veramente, se non ha portato la pace nel mondo, il benessere per tutti, un mondo migliore? Che cosa ha portato? La risposta è molto semplice: Dio. Ha portato Dio’. Questo è tutto? ‘Solo la nostra durezza di cuore ci fa ritenere che ciò sia poco’ (…) ‘È questo il presupposto per i comandamenti dell'amore del prossimo. Senza il primato di Dio, la dignità dell'uomo non regge a lungo’”.

 

Di fronte alle argomentazioni che il teologo Ratzinger produce nel suo libro – che sono una ideale replica alle considerazioni su Gesù riportate in un volume del 1993 da un ebreo, il rabbino Neusner - il filosofo e sindaco di Venezia, Cacciari, si è fatto in certo modo portavoce delle questioni che oggi interessano il pensiero laico nel momento in cui esso si confronta con la dimensione cristiana. Lo ha fatto in maniera problematica, soffermandosi, fra gli altri, su un punto che da sempre, guardando a Gesù, è terreno di incontro-scontro tra fede e ragione:

 

“Tutto il libro di Ratzinger ruota intorno a questa idea: io sono la Verità. Questo problema interroga e inquieta per forza la ragione. Però qui vi è un ulteriore problema, un ulteriore dramma, perchè Gesù di sé non dice soltanto di essere la Verità, ma anche la Via (...) Questo è il dramma che da allora inquieta la stessa ricerca filosofica: capire Verità e Via come uno, nella loro differenza”.

 

Per l’altro relatore, il teologo valdese Daniele Garrone, la possibilità di vedere assieme un cardinale, un protestante e un esponente della ricerca filosofica laica, è un segno molto positivo di quanto prodotto dal Vaticano II ad oggi. Il fatto di essere stato invitato a commentare il libro di un Papa, ha osservato:

 

“Non è un invito banale, perché credo che la sostanza dell’ecumenismo sia questo: sapere che io dove cerco il volto di Dio, che è la nostra comune passione, trovo sempre un altro davvero altro, che lo cerca come me, che pone le domande che pongo io, e posso sentirmi con lui un altro cristiano, che incontro sulla strada che Gesù ha percorso e percorre verso di noi”.

 

Dunque, ha concluso, il cardinale Schonborn:

 

“Al di là dello splendore delle analisi, di tutte le ricchezze di intuizioni e di prospettive di cui questo libro è straricco, tutto è mosso dalla passione trattenuta per Colui che egli ora ha l'incarico di rappresentare sulla terra. Il suo libro è ora sull'Agorà del 'mercato pubblico', si offre al dibattito negli areopaghi della nostra società. Il semplice desiderio del suo autore non è, in primo luogo, di suscitare dibattiti, anche se egli sa che le contraddizioni non mancheranno. Egli vuole solo una cosa:Che possa crescere una relazione vitale con Lui, con Gesù di Nazareth’”.

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A moderare l'attesa conferenza stampa di ieri pomeriggio è stato il direttore della Sala Stampa Vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi. Ecco la riflessione suscitata in lui dal libro di Benedetto XVI "Gesù di Nazaret":

 

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Quando una persona compie gli anni, di solito gli si fa un regalo. Il Papa compie 80 anni, ma il regalo ce lo ha fatto lui. Il suo libro su Gesù, annunciato da alcuni mesi, è finalmente nelle nostre mani.

 

E’ il frutto di una vita di riflessione, di ricerca culturale, di meditazione, di esperienza pastorale, nella fede cristiana. Leggendolo, comprendiamo perché abbia voluto portarlo a compimento con tanta determinazione, nonostante gli impegni di estrema responsabilità per la Chiesa universale che sono sopraggiunti, negli ultimi due anni, a dominare l’orizzonte delle sue giornate.

 

La vita, la mente e il cuore di questo credente, che è oggi il nostro Papa, continuano ad essere centrati su ciò che è sempre stato ed evidentemente continua ad essere per lui il primo necessario: conoscere e ascoltare Gesù per entrare in un rapporto vivo e profondo con Lui; capire che cosa Gesù ci ha voluto portare: la conoscenza di Dio.

 

Paradossalmente, mentre egli stesso ci dice che questo libro non è un documento del magistero papale, ma il frutto del suo personale impegno teologico, abbiamo la chiara impressione che leggendo queste pagine abbiamo una chiave preziosa per comprendere meglio molti aspetti del suo pontificato: le sue omelie, le sue catechesi del mercoledì, lo stile del suo governo e dell’ordine della sua vita, in certo senso anche le priorità e diverse scelte del suo governo. Sappiamo meglio chi è il Papa, che cosa è veramente essenziale per lui, e quindi che cosa vuol dire a noi, a tutti i credenti in Gesù Cristo, agli uomini e alle donne di oggi. Gliene siamo profondamente grati.

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Domani la Messa in San Pietro presieduta dal Papa

per il suo 80.mo compleanno. Ai nostri microfoni, gli auguri

di mons. Comastri, del senatore Pera e del prof. Galli della Loggia

 

Benedetto XVI ha presieduto, stamani nella Sala delle Congregazioni, la riunione dei Capi Dicastero della Curia Romana. Al centro della riunione il prossimo viaggio apostolico del Papa in Brasile, che si terrà dal 9 al 14 maggio prossimo, e la situazione della Chiesa in America Latina. Ieri sera, il Santo Padre era rientrato in Vaticano da Castel Gandolfo, dove ha trascorso questa settimana. Intanto, la Chiesa si appresta a festeggiare con gioia l’80.mo compleanno del Papa, lunedì prossimo. E domani mattina, Benedetto XVI presiederà una Santa Messa per il suo genetliaco in Piazza San Pietro. Celebrazione che verrà seguita in radiocronaca diretta dalla nostra emittente, a partire dalle ore 9,30, con commenti in lingua italiana, francese, spagnolo, portoghese, inglese e tedesco. Il Papa compie dunque 80 anni, ma il cuore è giovane, perché sempre nuovo è il messaggio che annuncia. E’ quanto sottolinea l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, che in questa intervista di Alessandro Gisotti si sofferma sulle qualità umane del Pontefice:

 

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R. – Nella Chiesa non è l’età che fa la vecchiaia. L’età dipende dal cuore! Il cuore del Papa, il cuore di Benedetto XVI è un cuore giovane, perché è un cuore innamorato di Dio. Anzitutto, con la sua testimonianza di Papa, a me ha colpito molto l’umiltà con cui si è introdotto nel Ministero che sicuramente ha rappresentato, per lui, una chiamata inattesa. E si è introdotto, prendendo la mano del suo predecessore. Raramente nella storia un Papa ha parlato così bene e con accenti così toccanti del proprio immediato predecessore. Io non dimentico le parole che pronunciò proprio nella concelebrazione con i cardinale elettori il 20 aprile 2005, nella Cappella Sistina, quando disse: “Io sento la sua mano forte, la mano di Giovanni Paolo II che prende la mia mano; vedo i suoi occhi sorridenti; sento la sua voce che dice, soprattutto a me: ‘Non avere paura’”. E’ uno stile umile, che si fa amare.

 

D. – Benedetto XVI si è definito “pastore mite e fermo”. Come si esprimono questi due aspetti del suo carattere, anche sulla scorta della sua esperienza diretta, di stretto collaboratore del Santo Padre?

 

R. – La mitezza e la fermezza non si escludono. La fermezza è fedeltà, fedeltà ad una verità, fedeltà ad un patrimonio; la mitezza è lo stile con cui si afferma la fermezza, lo stile con cui si afferma la fedeltà. Benedetto XVI riesce a coniugarli in maniera straordinaria. Si può dire che il suo temperamento lo aiuta in questo, ma anche la grazia che lo ha lavorato in questi anni.

 

D. – Nonostante i mille impegni del Ministero petrino, Benedetto XVI riesce a trovare il tempo per scrivere e per i suoi 80 anni viene pubblicato il suo “Gesù di Nazaret”. Ecco, il regalo lo fa il Papa a noi…

 

R. – Certamente. Il Papa, da sempre, è stato un maestro, viene dall’insegnamento. Il Papa capisce che in un’epoca confusa come la nostra insegnare, dare direttive, dare chiarezza è un grande atto di amore. Il mondo cammina e la vita non è altro che un cammino e nel cammino, se non ci sono segnaletiche, se manca la giusta segnaletica, si sbanda. Il Papa questo lo capisce ed ecco allora che anche il libro che scrive non è altro che un atto di amore per darci un’indicazione, una rotta precisa da seguire e con il libro, ci dice, la rotta è Gesù Cristo; la via è Lui. Gesù è la Via, la Verità e la Vita. Non ci sono altre salvezze, non ci sono altre speranze all’infuori di Lui. E questa è la prima cosa che il Papa ci deve ricordare e gliene siamo grati.

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Jurgen Habermas, Paolo Flores d’Arcais, Ernesto Galli della Loggia: sono alcuni tra i più noti intellettuali del mondo laico con i quali si è confrontato l’allora cardinale Joseph Ratzinger. Dibattiti particolarmente fecondi per il confronto tra ragione e fede. Con lo storico Ernesto Galli della Loggia, il futuro Papa ha dialogato sul tema “Storia, politica e religione”. A lui, Alessandro Gisotti ha chiesto un ricordo di quell’incontro, avvenuto nell’ottobre 2004:

 

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R. – Di quell’incontro ricordo con particolare nettezza e anche piacere un momento e poi un particolare. Il momento che ricordo è precedente, in realtà, all’incontro, perché l’allora cardinale Ratzinger volle incontrarmi qualche giorno prima per avere uno scambio di opinioni anche su quello di cui avremmo parlato. E quindi, io andai a trovarlo nel suo ufficio all’ex Sant’Uffizio. Ci fu questo incontro nel suo studio che io ricordo con grande intensità e piacere. Mi fece l’impressione soprattutto di una persona piena di ironia, di ironia anche su se stesso: proprio un vero professore tedesco! Aveva – si capiva – grande piacere di poter, appunto, discutere liberamente e non si negava il piacere di battute sulle varie cose del mondo. Si entrava in un’immediata dimestichezza, si dimenticava completamente chi si avesse davanti. L’altro ricordo è legato proprio all’incontro. Eravamo seduti a questo tavolo, con un pubblico; io, come è naturale, credo, sbirciai il testo su cui lui poggiava gli occhi per poi parlare, i suoi appunti, diciamo così. E mi colpì molto questa piccola grafia minuta, con cui erano scritti, cose evidentemente scritte da lui, senza l’aiuto di alcun segretario ... Ancora una volta, ebbi conferma di questa dimensione profondamente intellettuale. Ci sono piccole cose materiali che forse a volte dicono di più di grandi proposizioni teoriche.

 

D. – Un uomo che compie 80 anni, custode della Tradizione ma anche straordinariamente moderno ...

 

R. – Ma sì! Io credo che i Pontefici abbiano questo difficilissimo compito di stare tra la conservazione della tradizione a cui il loro ruolo li impegna, e al tempo stesso mi pare che se c’è una persona che ha la vocazione, l’attrezzatura mentale per dialogare con la cultura moderna, anche naturalmente non adeguandosi immediatamente a quello che la cultura moderna maggioritariamente pensa, questa persona è sicuramente Joseph Ratzinger!

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E tra gli esponenti della cultura laica che dialogano con Benedetto XVI si distingue Marcello Pera, che con l’allora cardinale Joseph Ratzinger ha scritto “Senza Radici”, libro sull’Europa pubblicato un anno prima dell’elezione alla Cattedra di Pietro. All’ex presidente del Senato italiano, Alessandro Gisotti ha chiesto quale sia il tratto intellettuale del Papa che più lo colpisce: 

 

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R. – A me colpisce il rigore, il rigore intellettuale, la profondità del suo pensiero, la chiarezza ed anche ciò che si sposa bene con il rigore, il coraggio intellettuale, il non usare parole, linguaggi e concetti che, in realtà, sotto un apparente velo di diplomazia poi confondono coloro cui sono indirizzati. Quindi, rigore e coraggio sono le doti che apprezzo di più.

 

D. – Lei ha avuto modo molte volte di colloquiare con Joseph Ratzinger, quali impressioni restano di questi incontri?

 

R. – Intanto, una carica umana notevole. E’ un uomo mite, un uomo che ascolta il suo interlocutore, che lo mette a suo agio, che non ha nessun aspetto di superiorità intellettuale, cioè un uomo che è abituato a trattare con dei concetti profondi ed è anche abituato al colloquio con i suoi ascoltatori. Quindi, la sua disponibilità, la sua mitezza, che è una mitezza di carattere, è anche una dote intellettuale notevole, ciò che naturalmente non nasconde poi la precisione del pensiero.

 

D. – Benedetto XVI guida con mano sicura la Chiesa. Cosa invece può dare a quanti non hanno sensibilità ecclesiale?

 

R. – Io mi rifaccio a quello che il Papa ha chiamato “l’appello alle minoranze creative”, il suo tentativo di trovare un terreno comune ai credenti e non credenti. Naturalmente il terreno comune è una forma di ricerca di carattere filosofico, non solo teologico, circa quello che lui considera e chiama l’essenza della natura umana, che poi si trasferisce nella parte positiva sul diritto naturale, sulla ricerca di quali sono i principi, i valori e i diritti fondamentali dell’uomo. Questo è un terreno comune che può essere esplorato. Per il credente si arriva a quella verità su questi principi e valori tramite la rivelazione divina, per il non credente si può arrivare attraverso la riflessione razionale. Quindi, questo suo appello alla ragione, alle minoranze di coloro che volendo usare la ragione sappiano trovare anche un colloquio, io lo considero la parte più nuova e anche più coraggiosa. E’ certamente l’aspetto più coinvolgente da parte di Benedetto XVI nei confronti di coloro che non credono o che, comunque, non sono ancora nella condizione di credere.

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Altre udienze e nomine

 

Il Santo Padre riceverà questo pomeriggio il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi.

 

Il Papa ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi di Utrecht, nei Paesi Bassi, presentata dal cardinale Adrianus Johannes Simonis, per raggiunti limiti di età.

 

Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Phát Diêm, in Viêt Nam, presentata da mons. Joseph Nguyên Vãn Yên, in conformità al can. 401 § 2 del Codice di Diritto canonico.

 

Il Papa ha nominato arcivescovo di Ende, in Indonesia, mons. Vincentius Sensi Potokota, finora vescovo di Maumere (Indonesia).

 

 

Tre milioni e 400 mila fedeli hanno preso parte alle udienze

 e alle celebrazioni del Papa, nel suo secondo anno di Pontificato

 

Tre milioni e 368 mila fedeli hanno partecipato alle udienze e alle celebrazioni di Benedetto XVI nel suo secondo anno di Pontificato. Lo ha reso noto oggi la Prefettura della Casa Pontificia. I dati della Prefettura segnalano 1.020.600 presenze alle udienze generali del mercoledì, 351 mila alle udienze particolari, 536 mila alle celebrazioni liturgiche e 1.460.000 agli Angelus domenicali. Nel primo anno di Pontificato, computando anche le almeno 350 mila persone che parteciparono alla Messa di inizio Pontificato, i fedeli che hanno preso parte agli incontri del Papa sono stati 4 milioni.

 

 

La Chiesa proclama Beati un sacerdote torinese e una suora

 di Castellammare di Stabia: hanno visto Cristo nei poveri e nei sofferenti

 

La Chiesa proclama due nuovi Beati. Si tratta di due religiosi italiani vissuti tra il 1800 e il 1900 accomunati dalla compassione per i più poveri e i sofferenti. In tutti quelli che di solito sono scartati dalla società loro vedevano il volto di Cristo. Sono Maria Maddalena Starace, fondatrice delle Suore Compassioniste Serve di Maria, che sarà beatificata domani pomeriggio a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, dove è nata, e il sacerdote torinese Luigi Boccardo, fondatore delle Suore Figlie di Gesù Re nell'ambito della Congregazione delle Povere Figlie di San Gaetano, e che sarà beatificato questo pomeriggio a Torino. Presiederà i due riti di Beatificazione il cardinale José Saraiva Martìns, prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Oggi ci soffermiamo sulla figura di don Luigi Boccardo: ce ne parla la superiora generale della Congregazione delle Povere Figlie di San Gaetano, madre Teresa Ponsi, intervistata da Giovanni Peduto:

 

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R. - Il suo carisma, di formatore e di fondatore, è stato rivelare l’Amore misericordioso di Gesù sacerdote e Re ai suoi fratelli, particolarmente nella formazione del clero e nel sacramento della Riconciliazione e nella direzione spirituale di quanti si accostavano al suo confessionale. “Io starei nel confessionale per tutta l’eternità”, era solito dire.  Fu attraverso questa sua grande missione di discernere gli spiriti, che il beato Luigi Boccardo poté conoscere la vocazione religiosa di alcune giovani non vedenti e preparare per loro, ispirato dal Signore, una comunità contemplativa, le suore “Figlie di Gesù Re”, che ancora oggi, nella nostra Famiglia religiosa di Suore di San Gaetano, offrono la loro vita per il Papa, la Chiesa, i Sacerdoti, il mondo intero.

 

D. - Vuole raccontarci un episodio significativo della sua vita?

 

R. - Il canonico Luigi Boccardo fu il cantore della misericordia e dell’amore di Dio, che Egli largisce specialmente nel sacramento della Riconciliazione. E’ ricordata dalle biografie del Beato la frase che una bambina, che si era accostata al confessionale del canonico Luigi, in preparazione della sua Prima Comunione, disse a suo padre: “Papà, va’ anche tu a confessarti dal canonico Boccardo: ti farà vedere il sole!”. Ma l’episodio che più mi è sembrato significativo fu il seguente: dal canonico Luigi, un giorno, si presentò un giovane prete, ma ormai vestito con gli abiti civili perché pensava di lasciare il sacerdozio. Aprì il suo cuore al padre Luigi, che pianse con lui, lo consolò, lo consigliò, gli diede l’assoluzione e poi… quando il giovane stava per andarsene, l’ormai anziano Padre gli si inginocchiò al fianco e gli chiese l’assoluzione… Il giovane rimase così colpito da questo gesto, rivelatore della grandezza e della dignità grandissima del sacerdozio, che ritornò sui suoi passi, e non solo non lasciò il sacerdozio, ma divenne un prete santo e zelante, e morì dopo molti anni felice di essere prete.

 

D. - Quale messaggio lascia al mondo d’oggi?

 

R. - Il canonico Luigi Boccardo può essere definito “un prete sempre prete”. Per lui, diventare prete fu la più stupenda avventura. Don Luigi Boccardo, maestro e guida del giovane clero, confessore e direttore spirituale di ogni ceto di persone, era il “prete della Divina Misericordia”, e la spargeva a larghe mani. Contemplativo e apostolo, ha un’intuizione di carità delicatissima nel comprendere che anche delle persone non vedenti possono vivere la vita religiosa, perché davanti a Dio non esiste preclusione per chi, per grazia sua, è chiamato a consacrare a Lui la vita. Per tutto il popolo di Dio, ancora oggi, il Beato Luigi Boccardo costituisce un esempio e uno stimolo alla coerente ricerca della santità e alla testimonianza della carità.

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Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - L'ottantesimo genetliaco di Benedetto XVI.

 

La presentazione del libro del Papa: "Gesù di Nazaret".

 

Servizio estero - In evidenza l'Iraq, dove non dà tregua l'azione della guerriglia.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giuseppe Costa dal titolo "Curiosità e desiderio di mostrare il mondo": sessant'anni fa, per liberare i fotografi da condizionamenti, veniva fondata la "Magnum Photos".

 

Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.

 

 

 

OGGI IN PRIMO PIANO

14 aprile 2007

 

Chiude una rivista cattolica a Cuba. Ma il cardinale Ortega parla

di nuovi spazi che si aprono per la Chiesa

 

“Transitoria”: così, il vescovo emerito di Pinar del Rio, a Cuba, mons. José Siro, ha definito la chiusura della rivista “Vitral”, fondata da lui come espressione del “Centro cattolico per la formazione civica e religiosa”. La decisione – ha precisato il direttore della rivista, Dagoberto Valdés – “risponde esclusivamente alle numerose difficoltà esistenti per reperire e finanziare la carta e l’inchiostro”. Il servizio di Luis Badilla:

 

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Dopo 14 anni, con il numero 78 di marzo/aprile 2007, “Vitral” ha chiuso le sue attività. Nell’ultimo editoriale, Valdés ha spiegato che il provvedimento è stato preso per “mancanza di risorse economiche”. In tutti questi anni, la rivista (www.vitral.org/) ha dato un pregevole contributo alla formazione dei laici cattolici cubani, in particolare nell'ambito della Dottrina sociale della Chiesa. In diverse occasioni, la pubblicazione di articoli critici nei confronti delle politiche governative, ha dato origine a momenti di tensione tra vescovi e autorità locali. Intanto, la Chiesa cattolica cubana ha chiesto alla comunità internazionale “comprensione” e “dialogo” in un momento di “cambiamenti” nel Paese. Per la Chiesa cattolica – ha sottolineato il vescovo ausiliare dell'Avana e segretario della Conferenza episcopale, mons. Juan de Dios Hernández – “ogni situazione di transizione richiede grande comprensione da parte della comunità internazionale e un grande dialogo che ci permetta, in modo civile, di proseguire”. Secondo il presule, “dopo tempi difficili, lo Stato cubano sta comprendendo lentamente qual è il ruolo della Chiesa tra la popolazione”. Quanto al futuro, mons. Hernández ha auspicato che la vita della Chiesa e la sua missione evangelizzatrice possano “sempre più avviarsi verso la normalizzazione”. E “credo – ha concluso – che questa sia anche l’aspirazione da parte dello Stato”.

 

E lo scorso 3 marzo, l’arcivescovo dell'Avana, cardinale Jaime Ortega, ai nostri microfoni aveva confermato la vitalità della Chiesa cubana, ricordando che “dopo la visita di Giovanni Paolo II (1998) si è registrata una crescita delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa femminile”. Ascoltiamolo, nell’intervista di Luis Badilla:

 

“Abbiamo potuto costatare negli ultimi tempi una maggiore facilità perché la Chiesa possa ricevere personale missionario, religiosi e religiose, e anche una maggiore presenza della Chiesa nei mezzi di comunicazione. Penso che questa sia la strada sulla quale si può continuare ad avanzare. Non siamo arrivati al massimo ma sono passi nella giusta direzione. Ancora manca molto da fare. La nostra è una Chiesa presente nella società e il popolo la guarda con simpatia. Da parte di persone comuni, uomini e donne, c'è vicinanza alla Chiesa. Dall'altra parte stiamo restaurando molte chiese e chiedendo l'autorizzazione per costruirne altre. Nel frattempo celebriamo in moltissime "case di missioni", nei quartieri delle città o nella campagna, dove non c'è una chiesa. All'Avana io ho 210 chiese e circa 500 "case di missioni" per portare avanti la pastorale. Certo, in questo caso il laicato è stato ed è molto importante come lo è anche il diaconato. Sono persone con grandi capacità che si occupano anche di corsi biblici, di animazione di comunità, di formazione alla fede. Insomma abbiamo un grande lavoro di evangelizzazione. Penso che il lavoro della Caritas, alla fine, progressivamente, è stato accettato come una missione connaturale alla Chiesa. Lì dove nasce una comunità, anche se piccola, nella casa di una famiglia, inizia un lavoro di evangelizzazione, con incontri di preghiera. Poco a poco si struttura quasi come una "parrocchia", prima o dopo si organizza anche un gruppo della Caritas, che si occupa subito dei problemi sociali, delle proteste o delle richieste del quartiere. Nasce subito una rete di solidarietà fra tutti. E, ovviamente, sorge spontaneo il lavoro della promozione umana. Direi che siamo di fronte ad uno sviluppo integrale della missione della Chiesa. Vedo tutto questo in una prospettiva di crescita e di maggiori spazi che si stanno aprendo. Ecco il momento attuale della nostra Chiesa in Cuba. Devo dire che stiamo anche costruendo un nuovo Seminario all'Avana. Quello che abbiamo è insufficiente. Il mio non è un ottimismo facile. E' una speranza certa”.

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La Chiesa festeggia la Domenica della Divina Misericordia

 

La Chiesa festeggia domani la Domenica della Divina Misericordia. Istituita da Giovanni Paolo II il 30 aprile del 2000, in occasione della canonizzazione della religiosa polacca Faustina Kowalska, apostola della Misericordia di Dio, si celebra nella seconda Domenica di Pasqua. Ma come accogliere il dono della Divina Misericordia? Giovanni Peduto lo ha chiesto a don Giuseppe Bart, rettore della Chiesa di Santo Spirito in Sassia, nei pressi del Vaticano, e dedicata proprio alla spiritualità di Santa Faustina Kowalska:

 

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 R. - La Divina Misericordia è il dono pasquale che la Chiesa riceve dal Cristo risorto e che offre all’umanità intera. Ebbene, l’atteggiamento di incondizionata fiducia in Dio e di carità verso il prossimo sono la condizione per accogliere il dono della Divina Misericordia. In questo contesto è di grande aiuto e consolazione l’invocazione che la Provvidenza ha suggerito attraverso Suor Faustina:Gesù, confido in Te’. Questo atto di fiducioso abbandono a Gesù fa passare un raggio di luce nella vita di tutti soprattutto di quelli che sono toccati da varie prove e sofferenze. Per accogliere pienamente le grazie che scaturiscono dalla Divina Misericordia il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha voluto concedere l’indulgenza plenaria in occasione della Domenica della Divina Misericordia.

 

D. - Il Salmo 84 (85) dice:Misericordia e verità s'incontreranno’: come conciliare queste due dimensioni che a volte sembrano contrapporsi?

 

R. - La venuta di Cristo è la sorgente della misericordia, ma è anche lo sbocciare della verità. Gesù si è autodefinito ‘Io sono la Via, la Vita e la Verità’. A suor Faustina Gesù disse: “Io sono l’Amore e la Misericordia”. Ebbene Gesù per mezzo della sua passione, morte e risurrezione ha voluto offrire all’uomo la ricchezza della sua misericordia per dargli la possibilità di convertirsi e di ritornare a Lui. Se il peccato porta l’uomo a vivere nella menzogna, l’offerta della misericordia da parte di Dio conduce l’uomo a ritrovare la Verità su se stesso, sulla sua vita e sul Padre ricco di misericordia. Chi è amante della verità non può non riconoscere i propri errori e non sentire il profondo bisogno della misericordia. Benedetto XVI, citando le parole di questo salmo 84Misericordia e verità si incontreranno’, disse: “E’ di questa verità che la Chiesa sempre vive, ma di essa in particolare si illumina” (9 Gennaio 2006). Quindi misericordia e verità non solo non si oppongono, ma camminano l’una verso l’altra e perciò si incontrano.

 

D. - Chi era Santa Faustina Kowalska?

 

R. - Santa Faustina è dono di Dio al nostro tempo, è dono della terra di Polonia a tutta la Chiesa. Gesù ha affidato a questa mistica il suo messaggio di misericordia da portare a tutta l’umanità. Gesù le disse: “Desidero che questa misericordia si riversi sul mondo intero tramite il tuo cuore” (Diario 1777). Ebbene suor Faustina ha consumato la sua breve vita di soli 33 anni per compiere fedelmente questo disegno di misericordia su di Lei. Ci ha lasciato il Diario (La Misericordia Divina nella mia anima), dove ha descritto la sua straordinaria esperienza con Gesù  Misericordioso coinvolgendoci in essa. Inoltre Santa Faustina ha consegnato alla Chiesa e  al mondo le nuove forme del culto alla Divina Misericordia che sono l’Immagine di Gesù Misericordioso, la Festa della Misericordia, l’Ora della Misericordia, la Coroncina della Divina Misericordia, l’Apostolato della Divina Misericordia. Santa Faustina attraverso la sua vita e la sua missione ci propone un modello di santità molto semplice e molto affascinante che consiste nel santificare la vita quotidiana nello spirito di infinita fiducia in Gesù e di una attiva carità verso il prossimo.

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In corso a Loreto la Rassegna internazionale

di musica sacra "Virgo Lauretana"

 

Cittadina con 11.000 abitanti, in provincia di Ancona, su un colle dominante il mare Adriatico, famosa in tutto il mondo per il suo Santuario mariano, Loreto è anche nota per l’annuale Rassegna Internazionale di Musica Sacra ‘Virgo Lauretana’ che vi si sta svolgendo proprio in questi giorni con un contenuto speciale. Ce ne parla Giovanni Peduto:

 

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La peculiarità è data dalla ricorrenza dei 500 anni dalla istituzione della Cappella musicale del Santuario di Loreto, voluta nell’ottobre del 1507 da papa Giulio II, prima di quelle romane, la Sistina e la Giulia. L’intento della costituzione era assicurare un decoroso servizio musicale alle liturgie che si celebravano nel Santuario lauretano, meta sempre più frequente di pellegrini dall’Italia e dall’Europa. Dal500 in poi i musicisti e i cantori professionisti che vi operarono contribuirono a rendere celebre la Cappella nel mondo. Costanzo Porta, Annibale Zoilo, Curzio Mancini, Antonio Cifra, Nicolò Zingarelli, Luigi Vecchiotti, Giovanni Tebaldini, Remo e Adamo Volpi furono i rinomati compositori preposti negli anni alla direzione della Cappella. Non meno importanti furono gli organisti dal fiammingo Sebastiano Hay ai lauretani Pietro Pace e Pietro Amadei, al torinese Ulisse Matthey. Virtuosi cantori vennero ingaggiati e la loro abilità vocale, specie nei secoli XVIII e XIX, risuonò anche nei teatri italiani ed europei fino a Dresda e Mosca. Seguendo il corso della storia, la Cappella Musicale lauretana espresse ed incarnò gli indirizzi della musica sacra nelle varie epoche, dalla Controriforma cinquecentesca alla Riforma ceciliana, fino al Concilio Vaticano II. La Cappella di Loreto fu costante riferimento, ed esempio da imitare, non solo per le Cappelle marchigiane ma ben al di là dei confini regionali. Rappresentò un vero e proprio ‘vivaio’ di musicisti educati e cantori che furono capaci di trasmettere la loro arte da Loreto nel mondo. La Cappella è rimasta attiva fino agli scorsi anni settanta  e ricostituita quest’anno, proprio a ricordo dei 500 anni dalla sua fondazione, dalla benemerita Associazione Rassegna Internazionale di Musica Sacra ‘Virgo Lauretana’ che ha dedicato il repertorio musicale di questi giorni all’eccezionale evento. La novità di quest’anno è quindi l’impegno dell’Associazione di ricordare la ricchezza musicale e la lunga storia di questo monumento lauretano della cultura musicale e religiosa, un bene dell’arte, della Chiesa, dell’Italia, delle Marche. Con un paziente lavoro storico-filologico, di scavo negli archivi della Santa Casa, si stanno proponendo da mercoledì sera – fino a domattina - brani composti a Loreto lungo i secoli dai grandi maestri che si sono avvicendati nella direzione della Cappella. Appassionato e determinato promotore dell'Associazione Rassegna Internazionale di Musica Sacra ‘Virgo Lauretana’ è stato, nel dicembre 2004, l'allora arcivescovo di Loreto e delegato pontificio, mons. Angelo Comastri. Erede della gloriosa tradizione della Cappella Musicale Lauretana, e di recente dell'Ente Rassegna Musicale, nonché del sodalizio lauretano ‘Adamo Volpi’, l’Associazione mira a promuovere la cultura della musica sacra e di quella polifonica vocale, in particolare. Come attività collaterali, organizza durante l’anno, convegni, seminari, concerti e manifestazioni, per diffondere il patrimonio storico-culturale della musica sacra.

 

Da Loreto, Giovanni Peduto, Radio Vaticana.

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Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

 

Domenica 15 aprile, Domenica della Divina Misericordia, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano per timore dei Giudei. Tommaso è assente e non crede alle parole degli apostoli. Crederà – dice – solo se potrà mettere il dito nel posto dei chiodi e la mano nel costato trafitto del Maestro. Otto giorni dopo Gesù riappare un’altra volta, con Tommaso presente, e gli dice:  

 

«Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!».

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:

 

 

 

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Siamo nel pieno della Pasqua, della Pasqua del Signore. Adesso il mistero che tra le creature, come canta l’Exultet, era stato conosciuto solo dalla notte, dalla notte beata della Risurrezione, viene comunicato, deve essere comunicato ai discepoli del Signore. La sua Pasqua deve venire ad essere la loro Pasqua, la nostra Pasqua, come dirà Paolo: “Cristo nostra Pasqua”. Per questo Cristo appare ai suoi, si mostra a loro, parla con loro, per consegnare ad essi la sua Pasqua, la sua vittoria, la pace, lo Spirito, la gioia, la remissione dei peccati, la missione. Nel cuore dell’esperienza della Risurrezione, Cristo pone la missione: “come il Padre ha mandato me”. L’altro grande frutto della Pasqua di Cristo, che diviene nostra Pasqua, è la fede, la fede bella di Tommaso e quella ancor più beata di coloro che, pur non avendo visto, crederanno. Infatti a Tommaso, come agli altri, la visione è data in vista della fede.

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CHIESA E SOCIETA’

14 aprile 2007

 

Ecumenismo: oggi e domani a Milano, oltre 400 giovani

di diverse confessioni “osano la pace per fede”

 

Sono oltre 400 i giovani di diverse confessioni cristiane, provenienti da tutta Italia, che oggi e domani si ritrovano a Milano, per partecipare alla seconda edizione del Cammino ecumenico nazionale “Osare la pace per fede”. Il titolo dell’iniziativa, “Rischiarare le tenebre. La luce di Cristo e la giustizia del Regno”, articolata in un’ampia serie di incontri, indica la via che si vuole percorrere: “Quella di un essere cristiani – affermano gli organizzatori – al passo con i problemi e le speranze del mondo, portatori del lievito del Vangelo”. Un impegno nella fede e, al contempo, nella società, come dimostra l’adesione di moltissime ONLUS, movimenti e realtà ecclesiali, tra cui l’arcidiocesi ambrosiana. Come riferisce l’agenzia SIR, momento significativo dell’evento sarà, oggi, la firma della Charta Oecumenica da parte dell’arcivescovo, il cardinale Dionigi Tettamanzi, dei delegati del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano e dei rappresentanti delle comunità religiose locali. “Un modo – ha spiegato don Gianfranco Bottoni, responsabile del Servizio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Milano – per sottolineare e riaffermare, anche nelle nostre terre, la scelta fondamentale della firma della Charta Oecumenica, siglata nel 2001 dalle Chiese europee”. (R.M.)

 

 

Profughi colombiani: Argentina, Brasile e Cile pronti ad accoglierli

 

Argentina, Brasile e Cile hanno accettato di accogliere i profughi colombiani in fuga dal conflitto interno, espatriati in Ecuador e Costa Rica, per condividere con i governi di Quito e San José le responsabilità dell’assistenza di oltre 260 mila civili: lo ha reso noto il direttore dell’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati per le Americhe, Philippe Lavanchy, citato dall’agenzia MISNA. “Abbiamo firmato una serie di accordi con i governi di Buenos Aires, Brasilia e Santiago – ha spiegato – che hanno deciso di contribuire" a far fronte all’emergenza umanitaria. "La Colombia - ha proseguito - ha il più alto numero di profughi interni dell’emisfero occidentale e per numero di rifugiati è seconda nel mondo solo al Sudan”. Era stato lo stesso Lavanchy, in visita in Argentina, a chiedere l’aiuto dei governi della regione per far fronte a una crisi che ha prodotto, come conseguenza del conflitto colombiano, iniziato nel 1964, tra i due e i tre milioni di desplazados (sfollati) e 500 mila rifugiati. “In questo momento – ha aggiunto il funzionario ONU – emerge un’eccezionale disponibilità a riceverli e credo sia dovuta al fatto che molti esponenti dei governi sudamericani si siano trovati anch’essi in condizioni di dover fuggire dal loro Paese durante le ultime dittature militari”. Lavanchy ha ricordato che solo in Ecuador si trovano al momento 250 mila colombiani: “Abbiamo potuto constatare – ha precisato – che il governo sta facendo il possibile per offrire loro protezione, nessuno viene rimandato indietro”. Il Paese andino è definito dall’ONU “un esempio per il resto del mondo nell’accoglienza ai profughi” e un “modello significativo in un pianeta in cui crescono l’intolleranza, il razzismo e la xenofobia”. (R.M.)

 

 

Nuovo appello dell'ONU per la tregua e la riconciliazione in Sri Lanka:

“Il conflitto intrappola i civili con disastrose conseguenze alimentari

sui più deboli”

 

Oltre 200 mila civili a rischio fame, il turismo precipitato, le attività economiche ferme, l’educazione dei giovani a singhiozzo, le speranze disattese: queste e altre gravi conseguenze della recrudescenza del conflitto civile in Sri Lanka segnalano l’urgenza di un cessate-il-fuoco e di una immediata ripresa dei negoziati fra le parti. In tale contesto, giunge dalle Nazioni Unite, citate dall’agenzia Fides, un nuovo appello per la tregua e la riconciliazione in Sri Lanka, devastata dalla violenza che, in una graduale escalation, è divenuta ben presto “conflitto ad alta intensità”. Le conseguenze della ripresa della guerra sono disastrose, secondo l’ONU: il Programma Alimentare Mondiale (PAM) ha avvertito che le riserve alimentari destinate a sfamare centinaia di migliaia di sfollati nello Sri Lanka orientale si esauriranno entro la fine di aprile. Al momento, sono oltre 160 mila i civili sfollati nel distretto orientale di Batticaloa, mentre i militari e i ribelli Tamil continuano a combattere. I campi nel distretto sono sovraffollati, i servizi igienici carenti e i generi alimentari sempre più scarsi, in quanto le agenzie umanitarie non riescono a far fronte a un’emergenza di enormi proporzioni. Nei giorni scorsi, anche la Caritas Sri Lanka ha lanciato un appello alle parti perché tornino al tavolo del negoziato e cessino le ostilità, richiamando anche a un maggiore impegno la comunità internazionale. In occasione della Pasqua, i vescovi del Paese hanno lanciato un accorato appello alla pace e alla riconciliazione, ricordando che queste sono “le più profonde aspirazioni della nostra gente” e chiedendo “una radicale trasformazione che porti a cambiare gli atteggiamenti, cercando di sedare la ribellione interiore dei cuori e, attraverso un’onesta volontà politica, a perseguire un processo di pace lungo il sentiero di un accordo politico”. (R.M.)

 

 

Corea del Sud: un incendio ha distrutto a Waegwan

il più grande monastero dei Benedettini in Asia

 

Nella notte di Giovedi Santo, 5 aprile, un incendio ha distrutto quasi interamente il più grande monastero dei Benedettini in Asia, che sorge a Waegwan, in Corea del Sud. Lo hanno comunicato all’agenzia Fides i Benedettini della Congregazione di Sant’Ottilia, in Germania, secondo cui probabilmente il fuoco è stato provocato da un corto circuito. Non ci sono stati feriti, ma le celle sono state completamente distrutte e i 70 monaci che vivevano nell’edificio hanno dovuto cercare una nuova abitazione. Il vicepriore, padre Andreas Jeon, ha notato il fuoco intorno all’una di notte, tornando nella sua stanza dopo l’adorazione notturna, e ha svegliato immediatamente i confratelli e chiamato i vigili del fuoco, che hanno impegnato cinque ore per spegnere le fiamme. L’arciabate presidente della Congregazione benedettina di Sant’Ottilia, padre Jeremias Schröder, responsabile anche del monastero di Waegwan, il Lunedì di Pasqua si è recato in Corea del Sud per esaminare la situazione e per dimostrare la propria solidarietà con i confratelli, ai quali ha già assicurato il sostegno materiale della Congregazione. “Siamo sconvolti, ma anche grati che non ci siano stati feriti”, ha detto prima della partenza. Fondata nel 1909 da monaci bavaresi, inizialmente l’abbazia aveva la sua sede a Tokwon, in Corea del Nord. Dopo la soppressione dei monasteri da parte del regime comunista, nel maggio del 1949, i monaci sopravvissuti si riunirono nel 1952 a Waegwan. La comunità, che comprende oggi 136 monaci sparsi sul territorio, è stata elevata ad abbazia nel 1964. (R.M.)

 

 

Premio Ilaria Alpi 2007: al giornalista Emilio Rossi

il riconoscimento speciale alla carriera

 

Dopo Enzo Biagi e Ryszard Kapuscinski, sarà il giornalista Emilio Rossi, primo direttore del TG1 nel 1975, a ricevere il "Premio speciale 'Ilaria Alpi' alla carriera 2007", istituito nel 2005 nell’ambito del "Premio Ilaria Alpi". Come riferisce l’agenzia SIR, la cerimonia di premiazione, organizzata dall’Associazione Ilaria Alpi-Comunità Aperta, con il patrocinio del Comune di Roma, si terrà il 18 aprile presso la Sala del Carroccio al Palazzo Senatorio, in Campidoglio. Oltre al premiato, interverranno, tra gli altri, il segretario generale della Federazione nazionale stampa italiana (FNSI), Paolo Serventi Longhi, e Pasquale D’Alessio, presidente dell’Associazione Ilaria Alpi-Comunità aperta. Il "Premio Ilaria Alpi", dedicato alla giornalista RAI uccisa a Mogadiscio, in Somalia, il 20 marzo del 1994 e al cineoperatore, Miran Hrovatin, morto nello stesso agguato, nasce con l’intento di valorizzare l’inchiesta televisiva e le produzioni indipendenti, promuovendo un giornalismo fatto con coraggio, scrupolo investigativo, onestà intellettuale e dignità. Giustizia, verità, non violenza, diritti umani: sono questi i temi al centro della XIII edizione del Premio, dedicato quest’anno alla memoria della giornalista russa, Anna Politkovskajia, assassinata nell’ottobre scorso. La fase conclusiva si svolgerà a Riccione dal 4 al 9 giugno. Per informazioni, consultare il sito Internet www.ilariaalpi.it. (R.M.)

 

 

Assegnato a Janne Maatlary, già vice ministro degli Esteri di Norvegia,

 il “Premio San Benedetto 2007”. Nel 2005, il riconoscimento

venne assegnato all’allora cardinale Joseph Ratzinger

 

Il monastero benedettino di Santa Scolastica, a Subiaco, ha ospitato ieri sera la cerimonia di consegna del “Premio San Benedetto per la promozione della vita e della famiglia in Europa 2007” a Janne Maatlary, già vice ministro degli Esteri di Norvegia. Ricevendo il riconoscimento dall’abate ordinario di Subiaco, dom Mauro Meacci, Maatlary ha detto che “fare l’Europa secondo la concezione benedettina vuol significare formazione educativa di uomini e donne, tenendo presente che la dottrina alla base dell’Ordine benedettino è nata proprio a Subiaco 15 secoli fa”. La giuria ha motivato la decisione, spiegando che “Janne Maatlary è una testimone esemplare di come si può essere moglie, madre e donna di Stato offrendo un impegno coerente e culturalmente qualificato, contribuendo in modo decisivo alla comprensione del genio femminile, quale fattore insostituibile per l’autentica umanizzazione della società”. Nell’edizione del 2005, il Premio San Benedetto venne assegnato all’allora cardinale Joseph Ratzinger, proprio la sera prima della morte di Giovanni Paolo II. (R.M.)

 

 

Arte e liturgia: fino al 17 aprile, a Vicenza, la XII edizione

della rassegna Koinè

 

“La luce della fiamma”: è il tema della XII edizione di Koinè, rassegna internazionale di arredi, oggetti liturgici e componenti per l’edilizia di culto, che viene inaugurata oggi a Vicenza dall’arcivescovo Cesare Nosiglia. Come riferisce l’agenzia SIR, negli anni il consenso alla manifestazione, nata nel 1989 a Vicenza, si è andato sempre più consolidando, come dimostra anche la crescita del numero di operatori del settore, aumentati del 26% rispetto all’edizione del 2005. A Koinè 2007, dunque, prendono parte 305 espositori, il 20% dei quali proviene dall’estero: Brasile, Messico, Stati Uniti, Polonia, Belgio, Francia, Romania e Israele. Ma Koinè significa anche impegno per l’analisi e l’approfondimento di tematiche importanti per religiosi, operatori e fedeli. A tale scopo, gli organizzatori hanno dato vita alla sezione scientifica della rassegna “Koinè ricerca”, presieduta da mons. Giancarlo Santi, che si articola attraverso una serie di dibattiti, convegni e mostre, cui partecipano, fino al 17 aprile, anche artisti famosi, come lo scultore Livio Conta, il ceramista Giorgio Longhin e il maestro dell’arte del vetro Albano Poli. (R.M.)

 

 

Italia: dopo i quattro casi di ieri, anche oggi due operai sono morti

sul posto di lavoro. Il fenomeno delle morti bianche nel mondo

 

Il prossimo 28 aprile, in cento Paesi del mondo, si celebra la Giornata Mondiale per la Sicurezza e la Salute sul lavoro. Un’occasione per fare il punto sulla condizione attuale della normativa vigente in materia nelle varie aree geografiche, per conoscere da vicino le stime degli incidenti più frequenti oltre che delle vittime, ma anche per identificare misure di prevenzione adeguate ad ogni contesto, volte ad evitare infortuni o malattie. Secondo l’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro (ANMIL), solo nel 2006, i casi di morti bianche in Italia sono stati 1.261; lo 0,56% in più rispetto all’anno precedente. Una crescita significativa, parte di una tendenza globale evidenziata dall’International Labour Office (ILO). Per l’organizzazione, il numero di vittime nel mondo causate da incidenti e malattie legate al lavoro è in aumento, soprattutto a causa del processo di industrializzazione di molti Paesi in via di sviluppo. Si tratta di oltre due milioni di decessi ogni anno, un milione e 700 mila dei quali determinati da malattie professionali, come disturbi muscoloscheletrici, respiratori, patologie infettive, tumori per esposizione a sostanze pericolose. Solo l’amianto provoca 100.000 morti l’anno tra i lavoratori di Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Germania. La polvere di silice, invece, colpisce i polmoni di milioni di operai in tutto il mondo, il 37% dei minatori dell’America Latina; il 50% di tagliatori di ardesia in India. Sempre secondo le stime dell’Agenzia dell’Onu, il maggior numero di incidenti nel settore agricolo avviene in Asia e in America del sud; in Cina, India e Paesi dell’Est Europeo, invece si muore per infortuni nell’industria. Dati ancor più gravi e allarmanti, considerando che buona parte degli impiegati più a rischio sono minori poco più che bambini. (A cura di Francesca Fialdini)

 

 

24 ORE NEL MONDO

14 aprile 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti -

 

- In Iraq, oltre 60 persone sono rimaste uccise in seguito a due attentati kamikaze condotti in una stazione di autobus a Kerbala e su un ponte a Baghdad. A Bassora, poi, i soldati britannici hanno ucciso 8 ribelli che stavano collocando mine sul ciglio di una strada. Il nostro servizio:

 

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Nello strisciante e drammatico conflitto tra sciiti e sunniti, si inserisce un nuovo, tragico, capitolo: un kamikaze si è fatto saltare in aria in una stazione di autobus nella città sciita di Kerbala causando la morte di almeno 56 persone. Luogo e data non sembrano casuali. L’attentato è avvenuto vicino al mausoleo Hussein, uno dei luoghi più sacri per gli sciiti. A Kerbala, dove si dice sia sepolto il nipote di Maometto, un attacco contro i fedeli sciiti aveva inoltre provocato tre anni fa almeno 100 morti. Quella strage era stata compiuta vicino ad uno degli ingressi del mausoleo Hussein, non lontano dalla stazione di autobus teatro dell’attentato suicida di oggi. Ma, soprattutto, quell'azione terroristica segna l’inizio di una interminabile serie di violenze tra sciiti e sunniti dopo una fase caratterizzata prevalentemente da attacchi della guerriglia contro forze straniere. Dopo l’attentato compiuto giovedì scorso nel ristorante del Parlamento, proseguono poi gli attacchi di ribelli contro altri simboli di Baghdad: un’autobomba è esplosa stamani su uno dei principali ponti della capitale provocando 8 morti. Due giorni fa, un attentato simile, costato la vita a dieci persone, aveva preso di mira un altro ponte che collegava un quartiere sciita con una zona sunnita. Alle divisioni etniche si aggiungono quindi, anche nuove, pericolose forme di isolamento.

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- Guerriglia in azione anche in Afghanistan. Stamani, un grave attentato suicida nella città di Khost ha provocato almeno 12 morti. E’ stato diffuso, intanto, un video con le immagini dei due cooperanti francesi dell’organizzazione non governativa "Terre d’Enfance" sequestrati lo scorso 3 aprile dai talebani. Il servizio di Stefano Leszczynski:

 

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Sono almeno 12, secondo i testimoni, le vittime dell’attentato suicida compiuto stamani nel quartier generale della polizia di frontiera nella città di Khost, nell'Afghanistan orientale. Secondo quanto dichiarato dal comandante locale della Polizia, un uomo si sarebbe fatto esplodere all'entrata principale del quartier generale. Intanto, la televisione canadese CBC ha mostrato alcuni fotogrammi di un filmato che ritrae i due cooperanti francesi rapiti all’inizio del mese, mentre lanciano un appello perché sia salvata loro la vita. Nel filmato, si vedono anche i due interpreti e l'autista afghani bendati e minacciati da talebani armati. E' la prima prova che viene fornita della probabile esistenza in vita dei due rapiti. Il presidente francese, Jacques Chirac, è intervenuto presso il presidente Karzai, per chiedergli il suo appoggio agli sforzi intrapresi per la liberazione dei due ostaggi.

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- In Turchia, almeno 300 mila parsone oggi in piazza ad Ankara per protestare contro una eventuale candidatura del primo ministro, Recep Tayyip Erdogan, alle presidenziali del mese prossimo. Su questa ipotesi si dovrà pronunciare, in questi giorni, il partito del premier “Giustizia e Sviluppo”. La candidatura del primo ministro ha allarmato quanti, sia nella società civile sia nell’apparato militare, temono una islamizzazione del Paese. “La Turchia è laica e lo sarà per sempre”, gridavano i dimostranti nella piazza della Capitale.

 

- E un nuovo duplice attentato suicida ha colpito stamani in Marocco il centro della città di Casablanca. Ci riferisce Giancarlo La Vella:

 

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Il terrorismo torna a colpire nell’Africa maghrebina. Uno stretto legame sembra unire gli altri attentati avvenuti nei giorni scorsi nella stessa Casablanca e ad Algeri, firmati da gruppi vicini ad Al Qaida, e quello di stamani. Due kamikaze, hanno riferito fonti locali, si sono fatti saltare in aria in prossimità del consolato statunitense e della scuola americana. Oltre ai due kamikaze non ci sono altre vittime, ma nella zona delle esplosioni la situazione è caotica. Dall'11 marzo, quando ci fu un attentato contro un Internet Cafè a Casablanca, la polizia marocchina dà la caccia a un commando di kamikaze che si nasconde nei quartieri periferici della città. I terroristi islamici girano con la cintura esplosiva indosso per evitare di essere catturati vivi. Martedì scorso, altri quattro kamikaze erano morti dopo che la polizia aveva localizzato il loro rifugio.

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- L’opposizione scende in piazza a Mosca per protestare contro il presidente russo, Vladimir Putin. Migliaia di manifestanti appartenenti ad un movimento guidato da Garry Kasparov, ex campione mondiale di scacchi, e dall’ex premier, Mikhail Kasyanov, si sono riversati nel cuore della città per partecipare alla cosiddetta “marcia dei dissidenti”. La polizia ha arrestato almeno 170 persone, tra cui anche Kasparov. Un portavoce della polizia ha smentito, come riferito da alcune agenzia, che Kasparov sia stato rilasciato. I disordini sono avvenuti all’indomani dell’intervista rilasciata dal magnate russo Boris Berezovski, in asilo politico a Londra, al quotidiano britannico “Guardian”. Berezovski aveva annunciato di voler finanziare un rovesciamento, anche con l’uso della forza, del governo di Putin. “Con i mezzi democratici - ha dichiarato il magnate russo - sarebbe impossibile farlo”. Dopo la dura reazione del ministro degli Esteri russo, che ne aveva chiesto l’estradizione, Berezovski ha poi negato di aver invocato il ricorso alla violenza per rovesciare il governo russo.

 

- E’ scaduto oggi il termine per la chiusura di un reattore nucleare nordcoreano in cambio di carburante e aiuti alimentari, secondo quanto stabilito da un accordo siglato lo scorso febbraio tra il governo di Pyongyang con Corea del Sud, Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia. La Corea del Nord ha reso noto che rispetterà gli accordi solo quando 25 milioni di dollari nordcoreani saranno trasferiti in una Banca di Pyongyang. I fondi, depositati in una Banca di Macao, erano stati congelati perché ritenuti di provenienza sospetta.

 

- Nella Repubblica Centrafricana confermato, per il momento, l’accordo di pace per la cessazione delle ostilità tra il gruppo dei ribelli dell’Unione delle forze democratiche ed il governo. “E il momento giusto per giungere alla pace e lavorare insieme alla ricostruzione del Paese”, ha affermato il leader del movimento ribelle. Intanto, il capo dell’esercito, che ha firmato ieri l’accordo per conto del governo, ha detto che la pace ha finalmente preso la giusta rotta. Ma manca ancora un’intesa con altri gruppi. L’Unione delle forze democratiche è infatti solo uno dei sette movimenti di ribelli presenti nel Paese africano. Sull’accordo di pace nella Repubblica Centrafricana, il servizio di Giulio Albanese:

 

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Si tratta di un accordo importante che dovrebbe consentire alle migliaia di persone fuggite nella savana di ritornare nelle proprie abitazioni. Un mese fa, stando a fonti ONU, almeno 14 mila civili avevano abbandonato Birau per evitare di rimanere intrappolati nella cittadina centroafricana, al confine con la tormentata regione sudanese del Darfur. L’intesa prevede il cessate-il-fuoco e l’integrazione delle forze ribelli nei ranghi dell’esercito regolare centroafricano. Per il presidente Bozizè - che conquistò il potere nel 2003 con un colpo di Stato, confermandosi successivamente due anni dopo alla massima carica dello Stato con una consultazione elettorale da cui uscì vincitore - questo accordo rappresenta un successo negoziale nel delicato processo di riconciliazione nazionale avviato dal suo governo.

 

Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.

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- Sette poliziotti sono stati uccisi oggi da uomini armati non ancora identificati a Port Harcourt, città petrolifera nel Delta del Niger, nel sud della Nigeria. L’attacco è avvenuto qualche ora prima dell’apertura dei seggi elettorali per lo scrutinio nazionale che eleggerà i governatori e i parlamentari locali dei 36 Stati della Federazione nigeriana. Testimoni riferiscono che uomini armati hanno preso d’assalto due commissariati di polizia liberando un numero imprecisato di detenuti. Il Delta del Niger è scosso da violenze e rapimenti messi in atto, soprattutto, da militanti che richiedono una diversa ripartizione delle risorse petrolifere di cui la Nigeria è il primo produttore africano e il sesto del mondo.