RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 102 - Testo della trasmissione di giovedì 12 aprile 2007
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Mons. Migliore all'ONU:
promuovere la dignità dell’uomo per raggiungere un vero sviluppo
Il rapporto tra Bibbia e morale al
centro della plenaria della Pontificia Commissione Biblica
Oggi su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
Gli orrori del Darfur visibili in
tempo reale su internet: con noi, Duccio Staderini
CHIESA E SOCIETA’:
I cento anni dello scoutismo in una mostra itinerante che parte
domani da Napoli
Attentato nel Parlamento iracheno: morto un deputato
12 aprile 2007
Attesa in tutto il mondo per la presentazione,
domani,
del libro Gesù di Nazaret di Benedetto XVI
Cresce l’attesa per la
presentazione, domani, del libro di Benedetto XVI Gesù di Nazaret, che sarà in vendita nelle librerie da lunedì
16 aprile nelle edizioni italiana (Rizzoli), tedesca
(Herder) e polacca (Wydawnictwo
M). L’opera verrà presentata, alle ore 16, nell’Aula
del Sinodo presso l’Aula Paolo VI. Nella prefazione del libro, già resa nota
nei giorni scorsi, il Papa scrive che con questo volume si propone “di
presentare il Gesù dei Vangeli come il vero Gesù, come il Gesù storico nel vero
senso della espressione”. Il Papa si dice convinto che “questa figura è molto
più logica e dal punto di vista storico anche più comprensibile delle ricostruzioni
con le quali ci siamo dovuti confrontare negli ultimi
decenni”. Su questo passaggio, Fabio Colagrande
ha raccolto la riflessione del biblista padre Giulio
Michelini, docente di
Nuovo Testamento presso l’istituto teologico di Assisi:
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R. – Penso che ce ne fosse bisogno e tutti accolgono favorevolmente questa iniziativa.
C’è il desiderio di riappropriarsi di un qualcosa che è stato, forse, dimenticato.
In questo senso l’iniziativa del Pontefice è buona per far ritornare i credenti
alla radice del problema, perché – forse in Italia in particolare – siamo in
una situazione in cui il catechismo che è stato insegnato ai bambini non basta
più ed è necessario riappropriarci della fede che ci è stata donata, purché lo si faccia senza sconfessare una tradizione bimillenaria che ci è stata consegnata. Cosa che, invece,
sta accendo, mi sembra con alcune pubblicazioni.
D. – Padre Michelini, nella prefazione al suo libro, che è stata
anticipata, il Papa racconta che alcuni studi critici dagli anni Cinquanta in
poi hanno lasciato l’impressione che noi sappiamo ben poco di certo su Gesù e
che solo più tardi la fede nella sua divinità ha plasmato questa immagine. Ha
parlato di una situazione drammatica per la fede, da questo punto di vista.
Come studioso del Nuovo Testamento, cosa pensa di queste parole del Papa?
R. – Io sono
d’accordo, anche perché ora siamo sull’onda lunga di questo scetticismo che
vedeva un divario invalicabile ed incolmabile tra la figura del Gesù storico e
il Cristo della fede, per esempio quello presentato dalle Chiese e in particolare
facciamo riferimento alla nostra Chiesa cattolica. Questi studi, che pure sono
meritevoli e sono stati forse necessari, hanno però
portato alla conclusione che è irraggiungibile la figura di Gesù. C’è ora
un’altra onda lunga che credo venga dal Nord America e
che ha un’altra impostazione e cioè che noi siamo di fronte ad un mito nuovo
delle origini cristiane. Se dagli anni Cinquanta – come scrive il Papa – si
diceva che il Gesù della storia fosse diverso dal Cristo della fede presentato
dalle Chiese, ora si dice che il Cristo presentato dalle Chiese è un Cristo
falso, un Cristo che non corrisponde alla storicità. Questo si legge anche in
recenti pubblicazioni, che sono state anche fortemente pubblicizzate nel
panorama italiano e in base alle quali noi nelle Chiese sentiremmo parlare di
un Gesù totalmente diverso da quello che Lui è realmente stato. Questo non è
vero, perché certo la Chiesa ha la fatica di presentare il Volto di Cristo, ma
è anche sempre stata attenta che non dicesse delle
fandonie, che non inventasse dei miti, ma che pronunciasse proprio quel Vangelo
che era il Vangelo ricevuto duemila anni fa.
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Il libro, scrive
sempre il Papa, è frutto “di un lungo cammino interiore”. Benedetto XVI avverte
nella prefazione che il suo Gesù di Nazaret
“non è assolutamente un atto magisteriale, ma è
unicamente espressione” della sua “ricerca personale del Volto del Signore”.
Sul contributo che questo libro può offrire alla conoscenza della figura di
Gesù Cristo, Alessandro Gisotti ha intervistato padre Michele Piccirillo, archeologo presso lo Studium
Biblicum Francescanum
di Gerusalemme:
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R. – Credo che il Papa
voglia tirare le fila di un discorso che va avanti oramai da una cinquantina
d’anni: passato cioè il periodo dell’Ottocento e poi anche la prima metà del
Novecento, in cui si parlava un po’ di un Gesù mitico e dell’esegesi che
guardava al Vangelo come un fatto semplicemente di fede, si sono fatti degli
sforzi in Germania – ed anche fuori della Germania –
per superare questa impasse e quindi di cercare di far capire che si può dare
un messaggio di fede pur utilizzando fatti storici. Su questa linea già diversi
studiosi - anche in Italia - si erano mossi per fare qualcosa di positivo.
Linea, questa, che ha seguito anche il Papa con questo libro.
D. – Ecco, un libro
come “Gesù di Nazaret” di Benedetto XVI può suscitare
interesse e magari in qualcuno semplicemente curiosità, capace però di
spingerlo ad avvicinarsi ai Vangeli?
R. – Credo che, al di
là dell’autorità del Papa come studioso e al di là dell’autorità del posto che
occupa nella Chiesa, sarà un libro di successo. Anche se lui non si aspetta
questo, certo non lo ha scritto per questo! Sarà certamente una buona occasione
per spingere qualcuno ad andare alle fonti. Abbiamo questi quattro Vangeli ed
io, scherzando con i miei amici esegeti, dico: “Scrivete tanti libri sui quei
poveri quattro libretti, ma per fortuna che non li cambiate
e restano sempre gli stessi!”.
**********
Mons. Migliore all'ONU: promuovere la dignità dell’uomo
per raggiungere un vero sviluppo
L’educazione è il
miglior investimento per lo sviluppo: è quanto sottolineato dall’arcivescovo
Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni
Unite di New York nel suo intervento alla 40.ma
sessione della Commissione ONU per la Popolazione e lo Sviluppo. Il presule ha
ribadito l’importanza di politiche centrate sulla dignità della persona umana,
soprattutto in un mondo che nel 2050 raggiungerà i 9 miliardi di abitanti. Ha
così ricordato che, proprio quest’anno, ricorre il 40.mo dell’Enciclica Populorum
Progressio, nella quale Paolo VI indica nelle
persone e nelle società i soggetti protagonisti dello sviluppo. Si è così
soffermato sull’invecchiamento della popolazione, soprattutto nell’Occidente
industrializzato. In tale contesto, mons. Migliore ha auspicato che i governi lavorino per la difesa della dignità umana ad ogni stadio
della sua età, trovando soluzioni eque e non meramente pragmatiche. Di qui la
speranza che possa essere promossa una reale solidarietà intergenerazionale.
L’osservatore vaticano ha poi messo l’accento sul ruolo dell’alfabetizzazione, soprattutto delle donne, quale strumento
di sviluppo. Guardando in particolare all’Africa, il presule ha affermato che
l’educazione e il capitale umano sono il miglior investimento per il futuro del
continente. (A cura di Alessandro Gisotti)
Il rapporto tra Bibbia e morale al centro della
plenaria
della Pontificia
Commissione Biblica
La Pontificia
Commissione Biblica terrà la sua annuale Assemblea plenaria dal
16 al 20 aprile prossimi in Vaticano: nel corso degli incontri si
concluderà l'approfondimento dello studio avente come tema il rapporto tra
Bibbia e morale. A presiedere la plenaria sarà il cardinale William J. Levada, prefetto della Congregazione per la Dottrina della
Fede e presidente della Commissione. Il segretario generale, il padre gesuita Klemens Stock, dirigerà i lavori dell'assemblea.
L’organismo è stato
costituito da Leone XIII nel 1902 con un triplice compito: promuovere
efficacemente fra i cattolici lo studio biblico; contrastare con i mezzi
scientifici le opinioni errate in materia di Sacra Scrittura; studiare e illuminare le questioni
dibattute e i problemi emergenti in campo biblico. Il 27 giugno 1971, nel
quadro della grande opera di riforma post-conciliare, Paolo VI stabiliva nuove
norme per l’organizzazione ed il funzionamento della Commissione Biblica in modo
da rendere l’attività da essa svolta più feconda per la Chiesa e meglio adatta
alla situazione attuale. La Commissione Biblica diventa un organo consultivo,
messo al servizio del Magistero e collegato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, il cui prefetto è
anche il presidente della Commissione. Tra i temi affrontati negli ultimi anni
figurano il ruolo della donna nella società secondo la Sacra Scrittura, l’uso
della Bibbia nella teologia della liberazione, l’inculturazione, l’unità e la
diversità nella Chiesa, l’interpretazione della Bibbia, l’universalismo della
salvezza per mezzo del Cristo e la diversità delle religioni e il rapporto tra
Nuovo e Antico Testamento e tra cristiani ed ebrei.
La musica strumento
di dialogo e di amicizia tra Chiesa cattolica
e ortodossa: così in un messaggio il cardinale Paul Poupard
Il dialogo tra la
cultura asiatica e quella europea, sulla strada dell’interscambio e
dell’amicizia, si fondono in melodia: con queste parole, il presidente del
Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio per il Dialogo
interreligioso, cardinale Paul Poupard,
ha aperto il suo messaggio augurale inviato a Mosca per i concerti organizzati
dalla Fondazione internazionale ‘Accademia Arco’, in
programma ieri e oggi. Scenario degli incontri musicali: la Cattedrale
cattolica dell’Immacolata Concezione della Vergine Maria e la Casa
internazionale della musica. Ad eseguire le ‘Quattro stagioni’
di Antonio Vivaldi e lo ‘Stabat Mater’
di Gioacchino Rossini, i cori riuniti dell’Accademia
Filarmonica Romana e l’Orchestra ‘Amici dell’Armonia’, in collaborazione con
l’Orchestra Sinfonica Russa e il coro della Cappella Jurlov.
“La musica - scrive il cardinale Poupard - sublime
espressione artistica, veicolo di alti sentimenti dell’animo umano, poesia
sinfonica dell’estro creativo e del cuore delle civiltà e dei popoli, offre
qui, a Mosca un esempio luminoso di dialogo tra culture”. Essa diventa quindi
“messaggera e interprete di dialogo e di amicizia tra l’Oriente e l’Occidente –
aggiunge il porporato - tra le due Chiese sorelle, quella Ortodossa e quella
Cattolica, quest’anno ancor più unite dalla contemporanea celebrazione della Solennità
della Pasqua”. Il cardinale Poupard si sofferma
inoltre sul compito dei musicisti che, afferma, citando la Lettera agli Artisti
del Servo di Dio Giovanni Paolo II, “ci conducono a quell’Oceano
di bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia”.
Infine, il porporato sottolinea il legame tra musica e spiritualità, poiché il
pentagramma “espressione dell’anima, costituisce un ponte gettato verso
l’esperienza religiosa, un appello al Mistero, in quanto ricerca del bello,
frutto di una creatività che va aldilà del quotidiano. Allora, non si tratta
più solo d’arte, ma di spiritualità”. In questo senso, “la bellezza, trasmessa
dalla musica, è richiamo al trascendente, invito a gustare la vita, a sognare
il futuro, e suscita una arcana nostalgia di Dio”. (I.P.)
Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - Una pagina dedicata
alle Lettere pastorali dei vescovi italiani
Servizio estero - Iraq: attentato nella
sede del Parlamento
Servizio culturale - Un articolo di Alfredo
Valvo dal titolo "Un linguaggio schietto, un
pensiero chiaro": i cinquant'anni di "Studi
Cattolici".
Servizio italiano - Gli sviluppi della
vicenda legata al sequestro e alla liberazione, in Afghanistan, del giornalista
Daniele Mastrogiacomo.
12 aprile 2007
Mons. Teissier dopo le
stragi di Al Qaeda in
Algeria:
ridiamo
la speranza lavorando insieme per i diritti di tutti
C’è Al Qaeda dietro gli attentati di ieri ad Algeri:
l’organizzazione terroristica ha rivendicato le stragi costate la vita ad
almeno 33 persone. Gli attentati sono stati compiuti con un’autobomba davanti
alla sede del governo e con altri due ordigni vicino ad un commissariato. Il
terrorismo ha dunque nuovamente colpito nel giorno 11, già drammaticamente
presente nelle date degli attentati del 2001 a New York e del 2004 a Madrid. In
Algeria, intanto, il primo ministro ha parlato di “provocazione
mediatica poco prima delle elezioni” legislative,
previste per il prossimo 17 maggio. L’Iran ha definito, inoltre, gli attacchi
“'contrari ai principi dell'Islam e dell’umanità”. Ma dopo questi
attentati, quale strada si deve adesso percorrere per riaccendere la speranza? Risponde
al microfono di Jérémy
Brossard, l’arcivescovo di Algeri, Henri Tessier:
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R. – Dopo questo
attentato, dobbiamo continuare a svolgere il nostro dovere quotidiano perché è
questo che dà speranza. Questi atti si verificano perché ci sono persone che
non hanno speranza e quando si lavora per il bene comune, si dà speranza. Ed è
questo che è importante: trovare una soluzione per la Palestina, che sia una
soluzione giusta, e anche per gli altri Paesi, dove ci sono difficoltà. Nel
mondo contemporaneo, tutte le situazioni sono legate; bisogna cercare ovunque
di rendere il rapporto di ognuno con gli altri una relazione fondata sul
rispetto dei diritti umani. Noi, nel nostro piccolo, facciamo il nostro lavoro,
dando testimonianza su come si possa costruire un
futuro di rispetto per tutti.
D. –
Mons. Teissier, lei ha
detto: “E’ stata colpita la volontà di pace del popolo algerino”: in che senso?
R. – Bisogna lavorare
per la pace, e questo è impegno quotidiano che noi affrontiamo in tutti i campi
in cui siamo impegnati con i nostri amici algerini. Per esempio, questa mattina
ho incontrato persone impegnate a sviluppare un aiuto alle associazioni della
società civile in Algeria: c’è un aiuto importante della Comunità europea in
favore di queste associazioni. Se la società civile trova luoghi in cui
impegnarsi per il bene comune, questo aiuta a dare speranza e poi, alla fine, a
cercare soluzioni positive, costruttive. E non scelte negative, di morte e di
assassinio!
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Gli orrori del Darfur visibili in tempo reale su internet
Centinaia
di foto per documentare gli orrori del Darfur.
Immagini satellitari visibili a tutti grazie ad un progetto congiunto lanciato
dal motore di ricerca Google Earth
e dal Museo dell’Olocausto di Washington. Dopo aver scaricato gratuitamente un
software di lettura delle foto satellitari, si potrà visualizzare il sito 'Crisis in Darfur' che documenta,
anche in tempo reale, la tragedia vissuta dalla regione del Sudan. Una iniziativa nata per sensibilizzare l’opinione pubblica
sulle sofferenze e sul dramma delle popolazioni del Darfur.
Il servizio di Francesca Sabatinelli.
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Migliaia
di villaggi, di scuole, di abitazioni, ridotti in macerie dalla furia distruttrice
della milizia janjaweed. Basta il programma Google Heart per essere catapultati
negli orrori del genocidio nel Darfur, così forse ciò
che si denuncia da anni potrà essere evidente e sotto gli occhi di tutti. Il
Papa ce lo ha ricordato a Pasqua, parlando della
sottovalutata e catastrofica situazione umanitaria. In questa regione
occidentale del Sudan dal 2003 la minoranza araba, la milizia islamica janjaweed, sostenuta dal governo di Khartoum,
massacra la locale maggioranza nera. La popolazione è abbandonata e il Sudan
impedisce l’intervento delle truppe internazionali. Duecentomila i morti, in
quattro anni di guerra civile, due milioni gli sfollati interni, 250 mila i
rifugiati nei campi del confinante Ciad, dove opera Medici Senza Frontiere. Duccio
Staderini è il capo missione:
R. – Queste persone non solo sono state scacciate e hanno vissuto
massacri e violenze estreme, ma per di più, da quattro anni, sono ospitati in
campi di rifugiati, con un accesso agli aiuti spesso limitato dalle condizioni
di sicurezza. Il problema dell’acqua è sintomatico: scarseggia e la divisione
della risorsa acqua genera uno stress a questa popolazione, costretta a fare
lunghe code, ad aspettare ore e anche a subire violenze, perché spesso
esplodono risse nei punti di distribuzione dell'acqua.
Pochi
giorni fa l’ennesima denuncia dell’ONU dell’uso sistematico dello stupro in Darfur, per punire e umiliare gli abitanti: è un crimine di
guerra, denunciano le Nazioni Unite. Ancora Staderini:
R. –
Nessuno oggi ha la capacità o la volontà politica di garantire la sicurezza
delle popolazioni civili, delle popolazioni rifugiate e degli operatori
umanitari. Vorremmo che tutti gli attori coinvolti in questo conflitto
rispettassero il minimo sindacale del diritto umanitario, in particolare.
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Save the Children:
insufficiente l'aiuto dei Paesi ricchi
per l'istruzione
infantile dei Paesi in guerra
Le nazioni
ricche stanno fallendo nell’aiuto a 39 milioni di bambini di 28 Paesi in guerra
nel mondo. E’ insufficiente l’impegno finanziario di 20 su 22 donatori.
L’Italia è ultima in classifica pur avendo destinato ai Paesi in guerra, la
quota più significativa tra le nazioni ricche. Sono i dati del rapporto
“Scuola, ultima della lista” pubblicato oggi in tutto il mondo da “Save the Children”, nell’ambito
della Campagna Internazionale “Riscriviamo il Futuro”. Secondo l’organizzazione
sono ancora 77 milioni i bambini senza istruzione nel mondo. Paolo Ondarza
ne ha parlato con Valerlo Neri, direttore di “Save
the Children” Italia:
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R. – Sono 39 milioni i
bambini che noi valutiamo vivono nei Paesi che sono circa 28, Paesi instabili,
per i quali non c’è nessuna possibilità di accedere all’educazione.
D. – Secondo lei, come
mai le nazioni in guerra sono quelle che ricevono meno aiuti dai Paesi
donatori?
R. – Perché tutti i
governi e le grandi agenzie internazionali che si occupano di aiuti allo
sviluppo, se tutte le cose non sono facili, si tirano un po’ indietro. Ma non è
che ci possiamo fermare perché non è semplice! Noi di “Save
the Children”, ma anche tante altre ONG nel mondo,
con questi Paesi in guerra ci lavoriamo tutti i giorni, e noi le scuole le
facciamo, noi i bambini li mandiamo a scuola, e se noi ce la facciamo, che
siamo comunque un’organizzazione privata, perché non possono farcela i governi?
D. – Il Rapporto viene pubblicato alla vigilia di importanti appuntamenti,
come il meeting annuale della Banca Mondiale e la Conferenza sull’educazione
per tutti ...
R. – Chiediamo di
incrementare gli aiuti per l’educazione. Il mondo sa, ma deve ricordarsi meglio
nel momento di mettere mano al portafoglio, che l’educazione è l’unico, vero
strumento che può portare fuori il mondo povero dalla dipendenza continua dai
Paesi ricchi. Servirebbero nove miliardi di dollari all’anno
per riuscire in questo obiettivo; oggi siamo a tre miliardi di promesse e un
miliardo e mezzo realmente dati. Poi chiediamo che almeno metà dei fondi siano
destinati proprio ai Paesi instabili, in guerra o subito dopo il conflitto,
perché è proprio in questi Paesi che l’educazione potrebbe, se lasciata
fiorire, cambiare le cose. In Afghanistan, noi abbiamo scuole nelle quali
facciamo di tutto per portare le bambine, anche se i talebani poi sparano su
queste scuole. Però, pensate che soluzione sarebbe riuscire a portare a scuola
bambine e bambini di quel Paese! Via via il Paese
uscirebbe fuori da questo orrore che vive tutti i
giorni e potrebbe tornare ad essere un grande Paese che si svilupperà nel
futuro.
D. – Infine, chiedete
che una buona parte delle risorse messe a disposizione per quelle situazioni
considerate di emergenza, vengano destinate anche
all’educazione ...
R. – Se succede un
terremoto, se scoppia anche una guerra, se arriva anche uno
tsunami, subito dopo il momento drammatico
dell’evento, per un bambino il fatto che si ricostruisca immediatamente una
situazione di apparente normalità, fra cui una tenda che faccia da scuola, è un
momento essenziale.
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Il
prof. D'Agostino: c'è l'eutanasia dietro gli attuali progetti di legge
sul testamento
biologico
Si svolge oggi a
Milano un Convegno organizzato dall’Associazione Medici Cattolici Italiani sul
tema del testamento biologico. L’iniziativa desidera far luce su una cruciale tematica mentre è in fase di studio presso le competenti
Commissioni parlamentari un progetto di legge che dovrà definire l’ambito della
materia e i limiti all’autodeterminazione del paziente e alla libertà del
medico. Con il cosiddetto testamento biologico il cittadino ha la possibilità
di esprimere in anticipo la propria volontà sui trattamenti sanitari ai quali
desidera o non desidera essere sottoposto nel caso in cui, per malattia o
trauma, non fosse più in grado di manifestare il proprio consenso. In questi
giorni il prof. Francesco D’Agostino, presidente
onorario del Comitato Nazionale di Bioetica, ha ventilato il rischio che nelle
nuove formulazioni del progetto di legge sul testamento biologico si nasconda in realtà l'intenzione d'introdurre forme di
eutanasia. A questo proposito Luca Collodi ha intervistato lo stesso
D'Agostino:
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R. – Il rapporto
medico-paziente è un rapporto in cui si intrecciano diritti e doveri. Il
paziente, naturalmente, ha il diritto di essere curato e il medico ha il dovere
di curarlo, ma a loro volta, il medico ha il diritto di vedere riconosciuta la
propria autonomia di scienziato e la propria autonomia deontologica e il malato
non può essere considerato come colui che ordina al medico la prescrizione di
certi farmaci o l’esecuzione di certe pratiche. Allora, il rapporto
medico-malato è e deve restare un rapporto di equilibrio. Quando, invece, come
nel caso della richiesta di eutanasia, da una parte c’è una domanda assoluta,
quella della morte, e dall’altra parte c’è inevitabilmente un "dovere
assoluto", quello di uccidere il malato che chiede di essere ucciso, è
evidente che il rapporto medico-paziente va in frantumi e si altera
completamente l’identità stessa della medicina. Allora: il testamento biologico
deve essere condiviso nei limiti in cui mantiene un equilibrio di poteri, di
diritti e di doveri tra medico e paziente; quando, cioè, il futuro paziente
mette nero su bianco, per iscritto, richieste che
eventualmente saranno sottoposte, quando lui cadrà in stato di incapacità di
intendere e di volere, al medico curante ma che mai e poi mai possono essere
ritenute come vincolanti per il medico curante! Questo era stato il cuore del
parere dato in materia dal Comitato Nazionale di Bioetica, alcuni anni fa. E’
più che giusto che un paziente possa scrivere dichiarazioni anticipate di
trattamento, ma soltanto per informare il medico curante, per dare al medico
curante una adeguata possibilità di ulteriori
valutazioni cliniche, non certo per ridurre il medico curante ad un esecutore
passivo della volontà del malato. Purtroppo, alcuni disegni di legge
attualmente al Senato pretendono invece la vincolatività
dei testamenti biologici, e quindi è molto facile capire che dietro alla
pretesa della vincolatività dei testamenti biologici
c’è anche la pretesa di vincolare il medico a praticare l’eutanasia, se questo fosse contemplato esplicitamente nel testo del testamento
biologico. Naturalmente, il dissenso non può che essere radicale.
D. – Questo è il punto
del contendere, diciamo così, per semplificare, professor D’Agostino, tra
cattolici e laici?
R. – Guardi: ci sono
moltissimi laici che sono radicalmente ostili ad ogni ipotesi di eutanasia. Il
“no” all’eutanasia non è il portato esclusivo di una visione religiosa del
mondo. Già totalmente presente nella medicina ippocratica
che risale – lo sappiamo tutti – a 400 anni prima di Cristo. Sicuramente, in
questo momento storico i cattolici sono particolarmente attenti a difendere la
medicina ippocratica, ma non cadiamo nell’errore di
pensare che si tratti di una battaglia confessionale o religiosa: assolutamente
no! E’ una battaglia per la difesa della medicina e per la difesa della vita,
per due principi che sono intrinsecamente laici e non vanno assimilati a
principi religiosi.
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necessario un ritorno al Vangelo "sine
glossa"
Si è aperta oggi a
Roma, presso la Pontificia Università Urbaniana, la
54.ma Assemblea Nazionale dell’USMI, l’Unione
Superiore Maggiori d’Italia, che rappresenta le oltre 600 Congregazioni
femminili presenti nel Paese. L’incontro si svolge sul tema ‘La vocazione
religiosa tra le vocazioni ecclesiali’. Al centro dei
lavori dunque non figura solo la situazione della vita religiosa femminile come
spiega al microfono di Giovanni Peduto la
vicepresidente dell’USMI, suor Giuseppina Alberghina:
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R. - Ci sembra, come
USMI, di non dover insistere più solo sulla situazione della vita religiosa
femminile, ma sulla dimensione vocazionale della intera compagine ecclesiale,
che è comunque una situazione critica, anche per le altre vocazioni cristiane,
sia quelle al matrimonio che presbiterali. E’ la vita cristiana che ha bisogno
di ritornare alla freschezza della vita nuova, iniziata con il Battesimo. E’ una crisi non solo di quantità, ma di qualità che segnala
l’esigenza di un ritorno al Vangelo “sine glossa”
come direbbe Francesco d’Assisi. In questa situazione la vita religiosa, non
solo femminile, se ritornerà alle fonti, potrà svolgere un ruolo emblematico di
segno e di richiamo alle forti esigenze scaturite dal Battesimo per tutti i
discepoli del Signore.
D. - Come mai gli
istituti sorti tra '800 e '900 accusano un progressivo calo di vocazioni?
R. - Ci pare che la
forma “congregazionale” della vita religiosa, che ha
svolto un ruolo importantissimo nel rispondere alle emergenze sociali ed
ecclesiali negli scorsi due secoli, è chiamata ad evolversi in forme più
rispondenti all’emergenza di oggi: forme più trasparenti e più capaci di trasmettere l’esperienza di Cristo alle nuove
generazioni. C’è oggi una prossimità da vivere nella compagnia dei nostri
contemporanei e nella testimonianza di fede nell’adesione a Cristo morto e
risorto, in particolare di fronte al senso del vivere e del morire, del patire
e del gioire, del costruire la città terrena in vista della città celeste. Il
tema della vita nuova e della nuova creazione, legato al Battesimo, qui tocca
l’escatologia che è un incontro tra l’azione di Dio e la maturazione del mondo
verso il suo fine.
D. - In questa società
che evolve rapidamente quale ruolo potete svolgere?
R. - In questo senso
il ruolo dei religiosi e delle religiose nella Chiesa richiede sempre più di
essere un segno non equivoco che anticipi la nuova creazione. Per questo
riteniamo importante recuperare il carisma comune della vita religiosa, che sta
alla base dei carismi delle diverse famiglie religiose, che è appunto
l’affermazione del primato di Dio, del primato dell’Amore gratuito e
incondizionato di Dio per tutti i suoi figli. E’ all’adorazione e alla memoria
di Dio che la vita religiosa deve dedicare sempre più le sue energie.
D. - Rispondono oggi
le persone di vita consacrata alle attese del mondo?
R. - Rispondono nella
misura in cui soddisfano con la loro vita all’attesa di Dio, al bisogno di
spiritualità e di trascendenza, al recupero del silenzio e della vita interiore,
capisaldi di un nuovo umanesimo, quello fondato sulla divina umanità di Cristo,
a noi partecipata nel mistero della Pasqua e dei sacramenti scaturiti dal cuore
trafitto di Cristo.
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12 aprile 2007
La "dolorosa rinuncia" del
nunzio apostolico in Israele
all'annuale cerimonia di commemorazione
della Shoah,
per una controversa didascalia alla foto di
Pio XII
presente nel Museo dell'Olocausto
Il nunzio apostolico in Israele e
delegato apostolico di Gerusalemme e Palestina, mons. Antonio Franco, non
parteciperà all’annuale cerimonia di commemorazione della Shoah,
che si terrà il 15 e 16 aprile allo Yad Vashem, il Museo dell’Olocausto a Gerusalemme. A
confermarlo è lo stesso nunzio che all'Agenzia SIR ha spiegato quella che ha
definito “una dolorosa rinuncia”. “Ho scritto una lettera
al direttore dello Yad Vashem
– afferma il nunzio apostolico - spiegando che già l’anno scorso avevamo fatto
presente la nostra difficoltà per la foto con didascalia di Pio XII presente
nel Memoriale”. Una didascalia che riferisce della posizione, ritenuta ambigua,
del Pontefice sull’uccisione degli ebrei durante l’Olocausto. “Nella risposta
alla mia lettera che vedo oggi su alcuni giornali israeliani – prosegue mons.
Franco – si dice che non si può cambiare la verità storica. I fatti non si
possono cambiare ma di questi si è data
un’interpretazione contraria anche a molte altre verità storiche e soprattutto
a tutta un’altra storiografia che interpreta in altro modo”. “Mi fa male andare
allo Yad Vashem e vedere
Pio XII così presentato – dichiara mons. Franco - e questo l’ho fatto presente
nella lettera. Forse si potrebbe togliere la foto o cambiare la didascalia. Ma
certamente il Papa non può essere messo in mezzo a uomini che dovrebbero
vergognarsi per quanto compiuto contro gli ebrei. Pio XII non dovrebbe
vergognarsi per tutto quello che ha fatto per la salvezza degli ebrei, messo in
risalto da fonti storiche”. “La mia lettera, che segue
una simile dello scorso anno – precisa Mons. Franco -
chiedeva un’attenzione al problema. Tuttavia tengo a precisare che la mia assenza
alla cerimonia non significa mancanza di rispetto per il ricordo e per le
vittime di questa tragedia. Questo è fuori discussione. Leggendo oggi i
giornali – conclude il nunzio - mi rifiuto categoricamente di dire che c’è
della responsabilità della Chiesa cattolica e della Santa Sede nel non aiutare
gli ebrei, con tutto quello che è stato fatto. Quella foto offende tutta la
Chiesa cattolica. E questo l’ho voluto fare presente”. La foto di Pio XII è
stata esposta per la prima volta con l’apertura del nuovo museo Yad Vashem nel 2005 e già allora
il precedente nunzio, mons. Pietro Sambi aveva
chiesto che fosse modificata la didascalia. (A cura di Roberto Piermarini)
La Croce e l’Icona mariana della GMG 2008 arrivano
nelle Isole Salomone: un segno di speranza per le zone devastate dallo tsunami lo scorso 2 aprile
Per i
ragazzi di tutto il mondo, l’appuntamento è a Sidney, in Australia, nel 2008
per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù. Ma intanto, la Croce e l’Icona mariana
della ‘Salus Popoli Romani’
della GMG, stanno attraversando i continenti: dopo l’Africa e l’Asia, i simboli
dei raduni giovanili arrivano in questi giorni tra le comunità cattoliche del
Pacifico e sostano nelle Isole Salomone, segnate il 2 aprile scorso da un
violento terremoto e da un devastante tsunami, che
hanno causato 42 vittime e lasciato migliaia di
persone prive di alloggio. “In questa difficile circostanza – spiega il
coordinatore australiano della GMG, mons. Anthony Fisher – la Croce è un segno speciale del supporto della
nostra preghiera per gli abitanti delle Isole”. “È nostra intenzione – aggiunge
il presule – far giungere i simboli della GMG anche a Gizo”,
capitale della provincia occidentale dell’arcipelago e zona maggiormente
colpita dalle calamità naturali. “Tragedie umane” ricordate anche da Benedetto
XVI nel suo Messaggio di Pasqua Urbi et Orbi. “Proprio la notizia di questa tragedia – ribadisce
mons. Fisher – ci ha convinto e reso determinati come
non mai nel voler recare là questi simboli della vicinanza di Cristo verso
tutti i sofferenti”. Ad accogliere la Croce e l’Icona mariana sarà il vescovo
di Gizo, mons. Bernard O’ Grady, domenicano, che ha chiesto ai giovani australiani di
condividere le sofferenze delle popolazioni colpite attraverso la preghiera
e il sostegno all’opera della Caritas
tra i senzatetto. Dopo le Isole Salomone, i simboli della GMG dovrebbero
spostarsi a Timor Est. (A cura di Isabella Piro)
La musica strumento di dialogo e di amicizia
tra Chiesa cattolica e ortodossa:
così in un messaggio il cardinale Paul Poupard
Il
dialogo tra la cultura asiatica e quella europea, sulla strada
dell’interscambio e dell’amicizia, si fondono in melodia: con queste parole, il
presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio
per il Dialogo interreligioso, cardinale Paul Poupard, ha aperto il suo messaggio augurale inviato a
Mosca per i concerti organizzati dalla Fondazione internazionale ‘Accademia Arco’, in programma ieri e oggi. Scenario degli incontri
musicali: la Cattedrale cattolica dell’Immacolata Concezione della Vergine
Maria e la Casa internazionale della musica. Ad eseguire le ‘Quattro stagioni’ di Antonio Vivaldi e lo ‘Stabat
Mater’ di Gioacchino Rossini,
i cori riuniti dell’Accademia Filarmonica Romana e l’Orchestra ‘Amici
dell’Armonia’, in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica Russa e il coro
della Cappella Jurlov. “La musica - scrive il
cardinale Poupard - sublime espressione artistica,
veicolo di alti sentimenti dell’animo umano, poesia sinfonica dell’estro
creativo e del cuore delle civiltà e dei popoli, offre qui, a Mosca un esempio
luminoso di dialogo tra culture”. Essa diventa quindi “messaggera e interprete
di dialogo e di amicizia tra l’Oriente e l’Occidente – aggiunge il porporato -
tra le due Chiese sorelle, quella Ortodossa e quella Cattolica, quest’anno
ancor più unite dalla contemporanea celebrazione della Solennità della Pasqua”.
Il cardinale Poupard si sofferma inoltre sul compito
dei musicisti che, afferma, citando la Lettera agli Artisti del Servo di Dio
Giovanni Paolo II, “ci conducono a quell’Oceano di
bellezza dove lo stupore si fa ammirazione, ebbrezza, indicibile gioia”.
Infine, il porporato sottolinea il legame tra musica e spiritualità, poiché il
pentagramma “espressione dell’anima, costituisce un ponte gettato verso
l’esperienza religiosa, un appello al Mistero, in quanto ricerca del bello,
frutto di una creatività che va aldilà del quotidiano. Allora, non si tratta
più solo d’arte, ma di spiritualità”. In questo senso, “la bellezza, trasmessa
dalla musica, è richiamo al trascendente, invito a gustare la vita, a sognare il
futuro, e suscita una arcana nostalgia di Dio”. (I.P.)
Gioia ed emozione hanno caratterizzato la Santa
Pasqua della comunità cattolica cinese: lo ha raccontato all’agenzia Fides un
sacerdote di Pechino, con la voce arrochita dalla stanchezza, ma anche dalla
felicità per l’alto numero di fedeli incontrati: “Ho perso la voce, così tanti
altri sacerdoti come me – dice il religioso - Tra confessioni, celebrazioni,
preparazione ai riti, ci siamo stancati moltissimo, ma siamo anche
contentissimi perché abbiamo raccolto i frutti dell’evangelizza-zione grazie a
Cristo Risorto”. In alcune
zona della campagna la celebrazione pasquale è durata addirittura 5 o 6
ore, “ma dal primo momento alla fine non
si è mai vista o lamentata la stanchezza, esisteva solo la gioia - racconta
ancora il sacerdote - Tanti anziani non sono mai usciti dalla Chiesa: dopo la
Veglia, hanno continuato a recitare il rosario fino all’alba per partecipare
così alla prima Messa solenne del giorno di Pasqua. I fedeli ci commuovono
sempre! La loro fede incoraggia anche noi sacerdoti”. Il religioso sottolinea
anche la gioia per numerosi nuovi membri della comunità cristiana, in maggior
parte adulti: “Solo nella parrocchia del Santissimo Salvatore di Pechino -
spiega - ci sono stati oltre 150 battezzati, e anche nelle altre parrocchie
risultano esserci stati numerosi battesimi”. “I nostri catecumeni e neo
battezzati - aggiunge il sacerdote - sono sempre più numerosi,
più istruiti, famiglie intere si battezzano, sono presenti tutte le
fasce di età. E soprattutto la loro fede è più solida perché tanti hanno fatto
una lunga ed approfondita ricerca della vita spirituale, mettendo a confronto
diverse religioni. Alla fine hanno scoperto in Gesù Cristo la Via, la Verità e
la Vita assoluta, quindi la loro è una fede profonda e convinta”. (I.P.)
Al via a Johannesburg la Conferenza
dei ministri africani della Salute.
Obiettivo primario: eliminare la
malaria dall’Africa entro il 2010
Eliminare la malaria dall’Africa entro il 2010: questo
l’obiettivo principale della Conferenza dei ministri africani della Salute, in
programma oggi e domani a Johannesburg, in Sudafrica. Organizzato dall’Unione
Africana (UA), l’incontro vuole riflettere sulla lotta alle principali malattie
che affliggono il continente: oltre alla malaria, che uccide più di un milione di africani ogni anno, i ministri presenti discuteranno di
tubercolosi, AIDS e di patologie infantili. Come riferisce l’agenzia MISNA,
infatti, gli ultimi dati parlano di circa 4,8 milioni di bambini sotto i 5 anni
che annualmente muoiono di polmonite, diarrea, malaria, morbillo e AIDS. Grave,
inoltre, la carenza di medici e infermieri, pari al 3% del personale sanitario
mondiale: troppo poco, per un continente in cui si concentra il 25% delle
malattie del Pianeta. Alpha Oumar
Konaré, presidente della Commissione dell’UA, nel
messaggio di inaugurazione della Conferenza, ha ricordato che i 53 Stati
dell’Unione spendono in media dal 3 al 10% del loro bilancio per la sanità
(rispetto al 15% stabilito nel 2001), Konaré ha
sollecitato le nazioni a mettere da parte maggiori
risorse per la lotta alle malattie. Tra i suggerimenti indicati dal presidente
della Commissione dell’UA c’è, ad esempio, quello di esigere prezzi migliori
per le materie prime locali, porre fine alle “guerre rovinose” e fermare la
fuoriuscita illegale di denaro dal continente. In esame, inoltre, un programma
per la produzione locale di farmaci generici a prezzi sostenibili che
porterebbe alla riduzione della dipendenza di questo settore dai Paesi
occidentali. Secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
infatti, circa 37 Stati africani dispongono di almeno un’azienda farmaceutica.
(I.P.)
‘Uniti per i bambini, uniti contro l’AIDS’: è il titolo
della campagna
promossa dall’UNICEF, al via il 14 aprile in tutta Italia
“I
bambini sono il volto invisibile dell’Aids”: con questo slogan, prende il via
il 14 e 15 aprile la campagna promossa dall’UNICEF in tutta Italia e intitolata
‘Uniti per i bambini, uniti contro l’AIDS’. All’iniziativa aderiscono altre 11
associazioni, tra cui Anlaids, Amnesty
International Italia, Comunità di Sant’Egidio
e Croce Rossa Italiana. Scopo della campagna: informare e sensibilizzare
l’opinione pubblica sull’impatto che l’HIV sta avendo sulla vita di milioni di
bambini. Per questo, nelle principali piazze della Penisola saranno allestiti
oltre mille punti di raccolta firme per chiedere alla
comunità nazionale e internazionale il rispetto degli impegni presi in materia
di lotta all’AIDS. In particolare: l’istituzione di un
meccanismo di monitoraggio sui fondi destinati alla cura della patologia;
l’assegnazione ai trattamenti pediatrici di almeno il 20% delle risorse
destinate alla prevenzione; la sensibilizzazione permanente dei ragazzi;
l’accesso ai farmaci e l’impegno per la ricerca. Secondo gli ultimi
dati, più di 2 milioni di bambini al mondo sono sieropositivi e 15,2 milioni
sono orfani a causa del virus. Ogni minuto, inoltre, un bambino muore per cause
correlate alla pandemia e quattro nuovi contagi avvengono tra adolescenti di
età inferiore ai 15 anni. È possibile aderire alla campagna anche on line, collegandosi al sito Internet www.unitiperibambini.it. (I.P.)
Un missionario tedesco è stato ucciso a Belém, in Brasile. La Chiesa locale chiede un'indagine
esaustiva. La polizia avrebbe già fermato un giovane
Un
missionario tedesco, padre Wolfgang Johannes Hermann, 46 anni, è
stato ucciso martedì sera a coltellate nella sua casa di Belém,
capitale dello Stato amazzonico del Pará. Le
circostanze dell’avvenimento sono ancora tutte da chiarire. Benché manchi il
movente, secondo fonti della polizia locale – citate dalla stampa brasiliana –
ad uccidere il religioso sarebbe stato un giovane già reo confesso e agli
arresti. Dal canto suo l’arcidiocesi di Belém,
attraverso una nota ufficiale, pervenuta anche all’agenzia MISNA, ha condannato
“la brutalità di cui è stato vittima padre Wolfgang”
chiedendo un’indagine esaustiva sulla vicenda. La nota spiega che padre Wolfgang era stato ordinato
sacerdote nel 1985. Arrivato in Brasile come sacerdote missionario ‘fidei donum’ per lavorare nello
Stato del Piauí, più recentemente, per desiderio
personale, si era avvicinato all’Amazzonia per
conoscere da vicino i suoi problemi pastorali, l’ambiente e la questione sociale”.
(E. B.)
Per il cardinale Dziwisz
la legge sui collaboratori dei servizi segreti
mette a repentaglio la società polacca
La
legge sui collaboratori dei servizi segreti comunisti in Polonia “fa del male a
molte persone e contribuisce alla disintegrazione di molti ambienti e della
società intera”. E’ quanto affermato dall’arcivescovo di Cracovia, cardinale Stanislaw Dziwisz. In una
dichiarazione ripresa dall’agenzia SIR il porporato fa riferimento alla
verifica introdotta con la legge entrata in vigore in Polonia lo scorso 15 marzo
definita un “doloroso lascito del regime comunista” che mostra “la perfidia dei
nemici della nazione e delle Chiesa”. Il provvedimento
riguarda i collaboratori dei servizi segreti, nati prima del 1° agosto 1972,
che entro il prossimo 15 maggio devono presentare una dichiarazione che indichi
se hanno effettivamente collaborato. L’obbligo di verificare la veridicità di tali
dichiarazioni spetta all’IPN, l’Istituto di Memoria Nazionale. In caso di dichiarazioni mendaci, prevista la reclusione da
tre mesi fino a cinque anni e il divieto decennale di svolgere funzioni
pubbliche e altre professioni. Secondo le stime delle autorità polacche
potrebbero essere 700 le persone sottoposte a verifica. (E.
B.)
Al via la “Fondazione vita e famiglia” creata dai
vescovi boliviani
per tutelare la
famiglia e la vita nel Paese Sudamericano
Aiutare
la società nelle attività in difesa della famiglia e della vita. Questo
l’obiettivo della “Fondazione Vita e Famiglia” promossa dalla conferenza episcopale
boliviana durante l’ultima assemblea plenaria iniziata ieri a
La Paz. Le aree di interesse della nuova
istituzione – precisa l’agenzia Fides - sono la formazione, la difesa della
vita come diritto fondamentale, la difesa della famiglia come spazio naturale
della vita e la difesa del matrimonio tra uomo e donna. A breve termine lo
scopo principale sarà quello di stabilire alleanze con le realtà educative,
specialmente scuole e università della Chiesa Cattolica. Per il prossimo mese
di ottobre è già in programma un incontro di tutti i movimenti “pro vita” che
lavorano in Bolivia, per dare vita ad un coordinamento nazionale. Sempre in
ottobre avrà luogo anche un concerto dal titolo “Un messaggio alla vita” che
sarà presentato, a partire dal 12 ottobre, nelle città di Oruro,
Cochabamba, La Paz e Santa Cruz.
I cento anni dello scoutismo in una mostra
itinerante
che parte domani da Napoli
“1907-2007.
Scoutismo: cent’anni di crescita”. Questo il titolo
della mostra itinerante sulla storia dello scoutismo che si apre domani a
Napoli, presso Castel dell’Ovo, alla presenza delle
autorità politiche civili e religiose. L’iniziativa fa parte del programma
messo a punto in Italia per ricordare il centenario di fondazione, che avrà il
suo momento centrale nel rinnovo delle “promesse” da parte di tutti gli scout
del mondo la mattina del 1° agosto 2007, data in cui si ricorda il primo campo
scout della storia. Secondo quanto riporta l’agenzia Sir,
il WOSM (World Organization of Scout Movement) ricorda che dalla fondazione sono passati nel
movimento più di 400 milioni di persone, giovani di varie culture e religioni,
mentre oggi si calcola che gli aderenti, in circa 250 Paesi, siano oltre 40
milioni. (E. B.)
12 aprile 2007
- A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti -
- Ancora scontri nel
sud dell’Afghanistan: almeno 35 presunti talebani sono rimasti uccisi ieri in
seguito ad un’offensiva lanciata da forze afghane,
appoggiate da truppe della coalizione a guida statunitense. Lo ha riferito un
portavoce del governo della provincia meridionale di Zabul
aggiungendo che gli scontri sono cominciati quando un
gruppo di guerriglieri talebani ha attaccato un convoglio militare. All’agguato
ha poi fatto seguito un intenso bombardamento aereo contro postazioni di
ribelli.
- In Iraq, una forte
esplosione ha scosso la sede del parlamento provocando la morte di almeno due
persone. Una delle vittime è un deputato sunnita. Testimoni riferiscono che la deflagrazione è avvenuta nel
ristorante interno del parlamento. Nel Paese arabo è poi di almeno dieci
morti il bilancio, ancora provvisorio, di un attentato compiuto su un ponte a
Baghdad con un camion bomba. L’onda d’urto subito dopo l’esplosione ha anche
provocato un crollo parziale del viadotto. Il ponte, uno dei più imponenti
della città, collega un quartiere sciita sulla sponda occidentale del Tigri con
una zona sunnita che si estende sulla riva opposta.
- Nuovo
attentato a Casablanca, in Marocco. Al momento, non si ha notizia di vittime.
Nel Paese africano, intanto, prosegue la ricerca, da parte delle forze di sicurezza,
degli altri componenti del gruppo terrorista al quale appartenevano i quattro
uomini morti due giorni fa a Casablanca. Tre sono morti per le esplosioni degli
ordigni che portavano addosso ed uno è stato raggiunto da proiettili sparati
dalla polizia.
- Il
premier giapponese, Shinzo Abe,
ha ricevuto, ieri a Tokyo, il suo omologo cinese, Wen
Jiabao, in un incontro teso a rafforzare le relazioni
tra i due Paesi. I due premier si sono detti concordi sulla necessità di dar
vita ad una “partnership strategica”. Nel corso del faccia a faccia sono stati
sottoscritti anche due accordi bilaterali sulla lotta al riscaldamento del
pianeta e sulla cooperazione nel settore energetico. Ma qual è l’importanza
politica e diplomatica di questo appuntamento? Salvatore Sabatino lo ha
chiesto a Francesco Sisci, corrispondente del
quotidiano “La Stampa” da Pechino:
**********
R. – Per la prima
volta, dopo il 1985, un leader cinese ha parlato al Parlamento giapponese ed è
stata anche la prima volta in assoluto che un primo ministro cinese abbia
parlato al Parlamento giapponese. Non solo è stata una prima volta, ma è stata
una prima volta di grande successo, il discorso è stato interrotto con applausi
molto calorosi; il premier giapponese ha ricordato che Giappone e Cina hanno
2000 anni di storia in comune, che hanno imparato l’uno dall’altro. Ha anche
ricordato che più funzionari giapponesi hanno servito alla corte cinese e molti
cinesi, a loro volta, sono andati in Giappone per diffondere, ad esempio,
pratiche religiose come il buddismo.
D. – Però, bisogna
dire che i rapporti tra Cina e Giappone erano stati piuttosto
freddi e tesi durante il precedente governo nipponico guidato da Koizumi. Quella fase può essere definitivamente archiviata?
R. – “Definitivamente”
e “archiviata” sono due parole grosse. Wen Jiabao ha detto che la visita, l’anno scorso, di Habei in Cina è stata una visita rompighiaccio; oggi, la
sua visita in Giappone spera di riuscire a scioglierlo definitivamente, il
ghiaccio. E certo, il grande successo che ha avuto al Parlamento giapponese
sembra spingere in questa direzione. Naturalmente, la questione della storia, soprattutto
la questione della visita da parte del premier giapponese all’altare Yasukuni, dove sono
commemorati 14 criminali di guerra giapponesi, continua ad essere un fantasma
sulle relazioni bilaterali.
**********
- “Il governo dello
Sri Lanka starebbe utilizzando le leggi
anti-terrorismo per impedire ai giornalisti di scrivere su eventuali violazioni
dei diritti umani esercitate dal governo durante il conflitto con i separatisti
ribelli”. Lo ha affermato il direttore del centro ricerche dell’Asia per
l’Osservazione dei diritti umani, Sam Zarifi. Un quotidiano nazionale sarebbe stato intimato a
chiudere e alcuni giornalisti sarebbero stati arrestati per eventuali legami
con il gruppo ribelle delle Tigri Tamil. La guerra
civile, che vede contrapposti l’esercito nazionale e il gruppo ribelle delle
Tigri Tamil, ha provocato dal 1983 circa 68 mila
vittime.
- Negli Stati Uniti, è
stata eseguita, in Texas, la pena capitale inflitta ad un disabile, James Lee Clark,
condannato a morte per aver rapinato, violentato e ucciso nel 1993 una ragazza
17.enne. La difesa ha cercato in tutti i modi di bloccare l’esecuzione.
Generalmente, negli Stati Uniti, la condanna a morte non viene
inflitta a persone con quoziente intellettivo inferiore a 70. Il quoziente di James Lee Clark
è risultato oscillante tra 65 e 74 e la Corte suprema federale ha respinto il
ricorso.
- Ucraina e Kirghizstan vivono un periodo di forte tensione, con grandi
manifestazioni di piazza a Kiev e Biskhek.
In entrambi i casi ad essere messi in discussione sono i presidenti. In Ucraina
ha ricevuto aspre critiche la decisione del capo di Stato, il filo occidentale Yushenko, di sciogliere il Parlamento dopo mesi di contrasti con la maggioranza filo-russa. In Kirghizistan, migliaia di persone sono scese in piazza
nella capitale per chiedere le dimissioni del presidente Bakiyev, accusato dall’opposizione di non avere mantenuto le promesse per le
riforme e lo sviluppo economico. Ma perché
le Repubbliche ex sovietiche non riescono a trovare una propria identità
democratica? Giada Aquilino lo ha chiesto a Luigi Geninazzi,
inviato del quotidiano Avvenire:
**********
R. – E’ la crisi delle
cosiddette rivoluzioni colorate. Alla lista, dovremmo aggiungere anche la
Georgia, che – per prima, quattro anni fa - con la Rivoluzione cosiddetta delle
Rose si ribellò al governo di Shevardnadze.
C’è un’instabilità di fondo che deriva soprattutto da due fattori: la crisi
economica, anche se in Ucraina ci sono segni di ripresa, rimane sempre pesante
e il fattore della presenza di Mosca. Il fatto che non si sia trovato un
rapporto reale con la capitale dell’ex impero sovietico è il dato più
drammatico, che poi provoca anche la crisi economica legata alle note
questioni energetiche. Una parola in più si potrebbe spendere per l’Ucraina,
che è un Paese senza dubbio di tradizione europea, di grande cultura, ma dopo
le forti speranze di tre anni fa, con la Rivoluzione Arancione, ha bruciato
tutte le sue promesse a causa di una lotta intestina. Non dobbiamo dimenticare,
insomma, che se Yanukovic e il partito blu filorusso stanno prendendo quota è perché il fronte
cosiddetto arancione dei riformisti è profondamente spaccato.
D. – In Kirghizistan, l’opposizione al presidente Bakiev
chiede le dimissioni del capo dello Stato per non aver attuato le riforme
democratiche promesse. Qual è oggi la situazione nel Paese?
R. – In Kirghizistan, la
rivoluzione di tre anni fa era contro un classico regime di stampo ancora
comunista e - insieme - animata dalle proteste delle etnie del sud contro le
etnie del nord. Questo gioco ritorna oggi, unito alle difficoltà del presidente
di garantire davvero una transizione democratica.
**********
- Il re della Thailandia, Bhumibol Adulyadej, ha graziato il cittadino svizzero, Oliver Rudolf Jufer,
che era stato condannato a dieci anni di carcere per aver deturpato cinque
ritratti del sovrano. Il cittadino svizzero, che è stato già trasferito dal
carcere, potrà adesso lasciare il Paese. L’uomo, condannato lo scorso 29 marzo,
si era riconosciuto colpevole di cinque capi d’accusa, tra i quali lesa maestà
e insulto contro la monarchia.
- Il governo della
Corea del Nord conferma l’intenzione di smantellare il proprio reattore
nucleare dopo lo sblocco dei fondi, in un primo momento congelati in una Banca
di Macao, deciso dagli Stati Uniti. Intanto, il negoziatore americano, Christopher Hill, ha deciso di
prolungare la missione in Corea del Sud, per verificare la disattivazione
dell’impianto atomico di Yongbyon.
- L’amministrazione
dell’ONU in Kosovo (UNMIK) ha respinto la richiesta
dei serbi del nord della provincia, di escludere gli albanesi dal corpo di
polizia a Kosovska Mitrovica.
Sin dal 1999, questa città è un centro diviso tra serbi e albanesi kosovari. Il portavoce della missione dell’ONU ha
sottolineato che il corpo di polizia è una forza di polizia multietnica.
- Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban
Ki-moon, ha chiesto al sindaco di New York, Michael Bloomberg, di mettere a
disposizione dei contingenti dell’ONU dispiegati in varie aree del mondo, le
forze di polizia cittadine. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha
sottolineato poi che nelle missioni all’estero è sempre insufficiente il numero
di agenti con compiti civili di assistenza e di mantenimento dell’ordine
pubblico. “La città di New York - ha poi aggiunto un vice portavoce dell’ONU -
ha un corpo di polizia molto diversificato e il segretario generale vorrebbe
esplorare tutte le opzioni disponibili”.
- Ci spostiamo in
Africa. Procede il processo di pace in Costa d’Avorio, dopo la conferma,
arrivata ieri, della soppressione della zona cuscinetto che divideva nord e sud
del Paese. Dopo cinque anni, il presidente Gbagbo ha
annunciato una sua prossima visita proprio nella regione settentrionale.
- In Somalia
continuano i combattimenti tra le truppe governative etiopi e i guerriglieri
islamici. Gli insorti hanno bombardato, stamani, con granate una postazione
dell’esercito nazionale uccidendo due civili che stavano camminando per strada.
Ieri, negli scontri, sono morte almeno cinque persone tra cui un soldato
governativo e tre persone che sono state raggiunte da proiettili
mentre viaggiavano su un bus. Nella stessa giornata di ieri a Diinsor, nel sud ovest della Somalia,
alcuni scontri tra clan rivali, per il controllo del traffico locale, hanno
causato la morte di circa 20 persone e una decina di feriti. E’ salito poi a
circa un milione e mezzo il numero degli sfollati. Sul piano diplomatico, è
stata rinviata alla seconda metà di maggio la conferenza di riconciliazione
nazionale per la Somalia. Lo annunciato
ieri Samir Hosni, il
rappresentante della Lega Araba per l’Africa.