RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 99  - Testo della trasmissione di lunedì 9  aprile 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

L’urgenza per gli uomini e le donne di oggi d’incontrare Cristo. Appello di Benedetto XVI al Regina Caeli a non aver paura di annunciare la Resurrezione di Gesù in tutto il mondo

 

L’Ottava di Pasqua: in cammino verso la Pentecoste. La riflessione di mons. Bruno Forte

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Domani la chiusura della Pasqua ebraica, che celebra la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto. Con noi Piero Capelli

 

 La resurrezione da un’esistenza priva di ‘senso’: la testimonianza di un’ex tossicodipendente, Claudio Previtali, rinato a nuova vita

 

I media, l’informazione religiosa e i limiti di una lettura dei fatti ecclesiali secondo categorie prevalentemente politiche. Intervista con don Domenico Pompili

 

 Dopo la guerra, la costruzione della pace è affidata alle donne: l’esperienza di una dottoressa congolese impegnata nella ricostruzione dell’ex Zaire. Ce ne parla Colette Kitoga Habanawema

 

 La storia della grande emigrazione italiana all’estero monito per evitare intolleranze che aggravano la condizione degli immigrati di oggi in Italia. Ai nostri microfoni Gianfranco Norelli

 

CHIESA E SOCIETA’:

Ultimate, a Gerusalemme Est, le 70 nuove case fatte costruire dalla Custodia francescana di Terra Santa per altrettante famiglie cristiane

 

 Grazie al sostegno della Chiesa italiana, nasce in Nigeria un nuovo centro di accoglienza per le donne in difficoltà  

 

 Russia: prossima la costruzione della prima chiesa cattolica nella penisola della Kamchatka

 

GMG di Sidney 2008: alla ricerca di giovani artisti da tutto il mondo per il Festival della Gioventù

 

Dati preoccupanti sul trattamento delle minoranze in India: tra i cristiani il più alto tasso di disoccupazione

 

24 ORE NEL MONDO:

Sdegno ed aspre polemiche politiche dopo l’uccisione in Afghanistan del interprete del giornalista italiano Mastrogiacomo

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 aprile 2007

L’urgenza per gli uomini e le donne di oggi d’incontrare Cristo. Appello

di Benedetto XVI al Regina Caeli a non aver paura di annunciare

la  Resurrezione di Gesù in tutto il mondo

 

 

Nasce dall’incontro con Cristo la fede cristiana e non ha nulla da temere chi si affida a Gesù risorto: lo ha ricordato il Papa nell’odierna festività del Lunedì dell’Angelo, a tutti i fedeli raccolti a Castel Gandolfo, dove Benedetto XVI è giunto ieri pomeriggio e dove resterà per una settimana, fino a sabato prossimo per un periodo di riposo dopo gli impegni pasquali. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Un clima gioioso, favorito da un’assolata giornata di primavera, ha pervaso l’incontro del Papa con i numerosi fedeli assiepati nel cortile del Palazzo apostolico nell’amena cittadina laziale, affacciata sul lago di Albano. 

 

“Siamo ancora ripieni del gaudio spirituale – è vero, si vede – e questo gaudio spirituale viene dalle solenni celebrazioni della Pasqua, che realmente danno gioia al cuore dei credenti. Cristo è risorto!”

 

 “A questo mistero così grande” è dedicato “l’intero tempo pasquale, che si conclude con la Pentecoste”, ben 50 giorni, ha spiegato Benedetto XVI, celebrando il Lunedì dell’Angelo che apre l’Ottava di Pasqua, a prolungare la gioia di questo evento straordinario. Poi il commento alla liturgia, dove il racconto di san Matteo riporta all’incontro del Cristo Risorto con Maria di Magdala e l’altra Maria, che “mosse dall’amore per Lui” si erano recate alla sua tomba. “Non temete - disse loro Gesù - andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”. Ed “anche a noi, oggi, – ha aggiunto il Santo Padre – come a queste donne che rimasero accanto a Gesù durante la Passione, il Risorto ripete di non avere paura nel farci messaggeri dell’annunzio della sua risurrezione”

 

“Non ha nulla da temere chi incontra Gesù risuscitato e a Lui si affida docilmente. E’ questo il messaggio che i cristiani sono chiamati a diffondere sino agli estremi confini del mondo”.

 

La fede cristiana – ha sottolineato il Papa - nasce non dall’accoglienza di una dottrina, ma dall’incontro con una Persona, con Cristo morto e risuscitato.

 

“Nella nostra esistenza quotidiana, cari amici, tante sono le occasioni per comunicare agli altri questa nostra fede in modo semplice e convinto, cosicché dal nostro incontro possa nascere la loro fede. Ed è quanto mai urgente che gli uomini e le donne della nostra epoca conoscano e incontrino Gesù e, grazie anche al nostro esempio, si lascino conquistare da Lui”.

 

Poi gli auguri e l’invocazione alla Madonna

 

“…invoco Lei, la Regina Caeli, perchè mantenga viva la fede nella risurrezione in ciascuno di noi e ci renda messaggeri della speranza e dell’amore di Gesù Cristo”.

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L’Ottava di Pasqua: in cammino verso la Pentecoste

 

Si apre domani l‘Ottava di Pasqua’, il periodo compreso tra la domenica di Risurrezione e la domenica successiva, considerato come un unico giorno nel quale si dilata la pienezza dell’incontro con il Risorto. Ma da dove prende il nome il Lunedì dell’Angelo? Ce ne parla il teologo mons. Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, intervistato da Giovanni Peduto

 

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R. – Questo lunedì viene tradizionalmente chiamato Lunedì dell’Angelo perché con questo si vuole sottolineare un elemento dell’evento pasquale e cioè quando la donna (Maria Maddalena) va al giardino e si sente chiamare ed immagina che Cristo sia il giardiniere. In realtà in questa immagine c’è qualcosa di molto bello, c’è l’idea del primo giardino del mondo, il giardino del Paradiso Terrestre, che viene come ristabilito e rinnovato da Colui che è Risorto. Ed è in questo incontro che la sua vita cambia. Gli angeli hanno nell’evento pasquale una funzione, perché sono quelli che in qualche modo annunciano a coloro che vanno al Sepolcro che il Cristo non è più lì. Essi sono i testimoni che trasmettono la gioia della bella notizia e l’esperienza del cuore nuovo che il Cristo è venuto a donarci con la sua morte e risurrezione.

        

D. - Cosa significa vivere da risorti nella vita di tutti i giorni?

 

R. – L’esistenza cristiana è una esistenza pasquale e cioè un’esistenza che unisce inseparabilmente morte e risurrezione; dolore e gioia; oscurità e luce. E’, questa, una riflessione che dovrebbe accompagnare sempre il cristiano proprio nella memoria del suo Battesimo, che è l’immersione nel Mistero Pasquale. Questo concretamente vuol dire che non c’è in questo mondo un’esistenza cristiana che non possa essere privata dell’esperienza dell’oscurità o del dolore. Il Cristo è venuto a liberarci dal peccato, il Cristo è venuto a dare un senso alla nostra sofferenza e alle nostre tenebre, ma ne saremo pienamente liberi soltanto quando lo contempleremo, faccia a faccia, nella gloria dell’Ottavo Giorno, nella gloria della Pasqua ultima e definitiva della Gerusalemme del cielo. In un certo senso lo stile pasquale dell’esistenza è vivere i giorni feriali col cuore della festa.

 

D. - Inizia il tempo che prepara alla Pentecoste subito dopo la celebrazione della Pasqua: come viverlo?

 

R. – Per eccellenza il tempo pasquale è il tempo della Chiesa. Il libro degli Atti degli Apostoli è il Vangelo della Chiesa, che ci descrive esattamente questo diffondersi ed irradiarsi della testimonianza pasquale nella Chiesa nascente, da Gerusalemme al mondo intero. E’, dunque, il momento in cui riscoprire la grande grazia di essere Chiesa, di essere stati tutti radunati dal Risorto nella forza del suo spirito, che ci unisce attraverso la sua Parola ed i Sacramenti, ma è anche il tempo in cui riscoprire l’urgenza di trasmettere questo dono meraviglioso attraverso la testimonianza della carità, della fede e della speranza sia nei rapporti quotidiani, sia in un rinnovato slancio missionario verso coloro che ancora non conoscessero la bellezza del Cristo.

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 aprile 2007

 

 

Domani la chiusura della Pasqua ebraica, che celebra la liberazione

del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto

 

Si chiudono domani le celebrazioni della Pasqua ebraica: la “Pesach" dura otto giorni e commemora la liberazione dalla schiavitù d’Egitto del popolo d’Israele per opera del primo grande intervento di Dio nella storia umana, secondo il racconto biblico. Ce ne parla il prof. Piero Capelli, docente alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell'Università "Ca' Foscari" di Venezia, al microfono di Stefano Leszczynski:

 

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R. - La parola “Pesach” è l’equivalente ebraico della nostra Pasqua e viene da un verbo che vuol dire “oltrepassare”, “passare al di là”, e quello a cui il verbo si riferisce è il fatto che Dio nell’ultima notte prima della liberazione e quindi della partenza degli ebrei dall’Egitto, visitò le case degli egiziani con la terribile decima pena, quella della morte dei loro primogeniti, passando oltre le case degli ebrei che erano state appositamente segnate con sangue di agnello, secondo le istruzioni date da Dio stesso. E’ un racconto, dal punto di vista storico abbastanza terribile, ma anche di una potenza immaginativa ancora intatta dopo millenni.

 

D. - Oggi come si vive la Pasqua ebraica?

 

R. – Per gli ebrei la Pasqua è generalmente la Festa della Liberazione e non soltanto della liberazione dalla schiavitù, ma anche dell’acquisizione di responsabilità che deriva dal fatto di non essere più dei sudditi, ma degli attori, in prima persona del proprio destino sia come gruppo di persone in movimento attraverso la storia, sia anche come individui in movimento attraverso la propria vita. Questa è la forza evocativa della festa che sempre si rinnova.

 

D. – Quindi non soltanto un evento religioso così come lo possiamo intendere noi cristiani, ma è un evento strettamente legato al sentirsi popolo?

 

R. – E’ strettamente legato al sentirsi popolo e questo certamente perché nel racconto biblico la liberazione effettuata da Dio segna per gli ebrei la nascita di Israele, non come Stato ma come popolo in cammino verso il proprio destino, anche politico: alla fine dei 40 anni di attraversamento del deserto, dopo l’esodo dall’Egitto, ci sarà l’arrivo nella Terra Promessa, la sua conquista e l’insediamento come entità statale organizzata.

 

D. – Tra la Pasqua ebraica e la Pasqua cristiana c’è una forte identità di simbologia che ovviamente deriva dal fatto di aver mutuato, in un certo senso, questa festa. Tuttavia il significato è molto profondo. Oggi quali potrebbero essere i punti di contatto e quali i punti di differenza tra la Pasqua ebraica e la Pasqua cristiana?

 

R. – C’è una differenza nel fatto che la ricorrenza religiosa per gli ebrei e per i cristiani cade in un momento leggermente diverso per questioni di calendario, ma celebra essenzialmente due interventi di Dio nella storia dell’uomo totalmente differenti: la liberazione di Israele dalla schiavitù per gli ebrei e la liberazione dell’intero genere umano dalla schiavitù del peccato e dalla morte attraverso il sacrificio del Messia e la sua Resurrezione.

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La resurrezione da un’esistenza priva di ‘senso’: la testimonianza

di un’ex tossicodipendente, rinato a nuova vita

 

La risurrezione inaspettata in una vita tormentata priva di significato: è la testimonianza di Claudio Previtali che oggi, a 46 anni, è responsabile dei centri della Comunità Incontro di don Pierino Gelmini. Un’esperienza di riscatto e rinascita da una realtà che sembrava senza via d’uscita, racconta lo stesso Previtali al microfono di Emanuela Campanile:

 

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R. – Sono entrato in comunità all’età di 20 anni per problemi legati alla tossicodipendenza, in particolar modo all’eroina. Ho iniziato a 14 anni, per caso, con degli amici: non avendo punti di riferimento nostri o anche sociali, un po’ la noia, un po’ anche perché c’era poca voglia di costruire un futuro in maniera concreta, cioè con il sacrificio, e c’era più la voglia di poter arrivare a tutto e subito ... E così, chiaramente, quando hai queste idee qui, queste stesse ti fanno entrare in un giro che è il giro del “tutto  e subito e facile”.

 

D. – Quindi, mi pare di capire che fondamentale per la tua vita, per questo cambiamento, è stato l’incontro con don Pierino Gelmini e con la sua comunità. Una volta ritornato da questa esperienza, la realtà che ti circondava con che occhi hai iniziato a guardarla?

 

R. – Anche se ero giovanissimo, avevo 20 anni, avevo bruciato un po’ tutto, perciò la realtà intorno era una realtà drammatica. Non avevo, al di là della mia famiglia, persone che in qualche modo mi stimolassero a cercare di uscire fuori da questa situazione. Poi, chiaramente, tra mille difficoltà, iniziai un cammino che era fatto di regole: la mia vita non aveva regole!

 

D. – Secondo te, allora, la regola che importanza ha?

 

R. – La regola è fondamentale e determinante. Nel momento in cui inizi a fare un cammino, incominci comunque dentro di te, con l’aiuto degli altri, a riscoprire la tua coscienza, e piano piano cominci anche a capire che comunque essere liberi non significa avere un’immagine della libertà che è senza freni; una persona libera è una persona che ha delle regole. Perciò, andando avanti in comunità, ho capito che poi una persona per poter progettare la sua vita, per potersi creare un nuovo stile di vita, ha bisogno anche di regole.

 

D. – La tua è un’esperienza di rinascita. Puoi dire di aver ritrovato la luce? Il Papa diceva appunto che è infelice chi non ha la luce ...

 

R. – Per me, ogni Pasqua ha questo significato. Io adesso sono sposato, ho due bambini, una moglie splendida ... trovarmi ad affrontare la Pasqua come una vera e propria rinascita, perché noi eravamo morti, eravamo morti interiormente, fisicamente eravamo allo stremo, si può dire quasi morti ... A livello interiore eravamo morti: non avevamo più principi, non avevamo sensazioni, emozioni ...

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I media, l’informazione religiosa e i limiti di una lettura dei fatti ecclesiali secondo categorie prevalentemente politiche

 

L’informazione religiosa viene occupando maggiori spazi nella stampa italiana, specie nei quotidiani. Ma a fronte di tale accresciuto interesse per la Chiesa si riscontra pure una lettura sovente politicizzata dei documenti ecclesiali e delle attività del mondo cattolico. Su questi temi Luca Collodi ha raccolto l’opinione del nuovo direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana, don Domenico Pompili, assistente dell’Azione Cattolica nella diocesi di Anagni-Alatri, subentrato nell’incarico a mons. Claudio Giuliodori, consacrato vescovo a Macerata. Ascoltiamo l’intervista:

 

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R. – Quest’attenzione nei riguardi della Chiesa è da segnalare come un elemento certamente positivo per il fatto che la Chiesa rappresenta un’istanza significativa nei riguardi dell’attuale momento sociale e culturale. Il fatto che se ne parli sta ad indicare che la Chiesa rappresenta un interlocutore privilegiato anche della società civile. Da questo punto di vista, non possiamo non rallegrarci del fatto che in questa forma appare ancora più evidente che il fatto religioso non è una dimensione semplicemente privata ma ha una rilevanza anche pubblica, perché è un criterio originalissimo della lettura della realtà. Non nego però che questa attenzione rischia di essere strumentalizzabile: e qui credo che sia il punto delicato che occorre invece superare per evitare che in qualche misura il messaggio della Chiesa possa essere stiracchiato a destra o a sinistra, mentre al contrario la Chiesa ha di mira unicamente il bene dell’uomo e, se vogliamo, il bene comune dell’intera società. Non ha altro da difendere, da tutelare.

 

D. – Perché quando si parla dell’uomo, quando la Chiesa parla dell’uomo attraverso la sua vita quotidiana, quando si parla di famiglia, i giornali tendono a politicizzare l’informazione religiosa?

 

R. – Perché – ahimé! – siamo, così, l’occhio privilegiato della stampa è quasi sempre prevalentemente politico: basterebbe pensare che gli stessi giornalisti che si occupano di informazione religiosa, rientrano nel grande ambito della redazione cosiddetta politica del giornale e perciò il criterio di lettura già in partenza è in qualche modo condizionato da questo tipo di lettura che, inevitabilmente,taglieggia’ gli interventi della Chiesa tenendo conto di quest’unico obiettivo che invece è estremamente lontano dalla prospettiva della Chiesa che è eminentemente antropologica e pastorale.

 

D. – La Chiesa può essere danneggiata da questa lettura? Cioè, il messaggio che arriva ai fedeli può essere limitativo rispetto a tematiche importanti sulle quali la Chiesa vuole riflettere?

 

R. – La Chiesa trae vantaggio se si riesce finalmente a comprendere che la dimensione religiosa non è un affare privato e che ha diritto di cittadinanza anche nella nostra società cosiddetta ‘postmoderna’, e quindi da questo punto di vista tutto ciò che aiuta a fare emergere l’interpretazione originale della Chiesa, che poi è quella del Vangelo, è assolutamente da salutare in maniera positiva. Quel che invece va evitato è di leggerlo in una forma politica e per di più piegata, alcune volte, solo su alcune tematiche, talvolta nella informazione si tende a privilegiare qualche aspetto della riflessione della Chiesa e si tace completamente sulla molteplice galassia delle sue attività caritative, per esempio. Talvolta, nella lettura che si fa dell’azione della Chiesa, credo che ci sia una sorta d’interpretazione unilaterale.

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Dopo la guerra, la costruzione della pace è affidata alle donne: l’esperienza di una dottoressa congolese impegnata nella ricostruzione dell’ex Zaire

 

“Dopo la guerra, la pace spetta alle donne”. Se ne è parlato in questi giorni a Roma, in un Convegno organizzato da Archivio Disarmo. Con il segretario dell’Istituto di ricerche internazionali, Fabrizio Battistelli, e l’esperto di geopolitica, Maurizio Simoncelli, anche la premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini. Ad affiancarli, numerose rappresentati di agenzie Onu, di Organizzazioni non governative ma anche donne comuni, tutte impegnate in Paesi attraversati da conflitti. Tra loro, ha preso la parola Colette Kitoga Habanawema, medico della Repubblica Democratica del Congo, che ha vissuto in prima persona la guerra conclusasi ufficialmente nel 2003, ma con strascichi anche successivi. Giada Aquilino l’ha intervistata:

 

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R. - Non riesco a capire perché tutte le guerre, specialmente in Africa, si siano scagliate di più contro le donne e contro i bambini. Ecco perché ho lasciato il lavoro in ospedale e mi sono occupata di donne e bambini in difficoltà. Durante il conflitto ho seguito sia i bambini soldato che fuggivano dal campo di battaglia, sia le donne sopravvissute a violenze e abusi: queste ultime le ho aiutate e soprattutto nascoste. Erano le donne ricercate perché “dovevano” tacere.

 

D. - Che anni erano quelli della guerra nella Repubblica Democratica del Congo?

 

R. – Il conflitto è cominciato nel ’96 e fino al 2004 c’era ancora guerra in alcune parti del Kivu, che poi è la mia provincia.

 

D. – Dopo le elezioni di fine 2006 e la vittoria di Joseph Kabila, negli ultimi giorni sono scoppiati nuovi scontri tra esercito governativo e fedelissimi dell’ex capo ribelle Bemba

 

R. - Ero a Kinshasa in quei giorni. Si è trattato di scontri di gente avida di potere. Dopo le elezioni - che sono state veramente democratiche - bisognava dimostrare una certa maturità politica e lasciare spazio a chi aveva vinto le consultazioni.

 

D. - Oggi qual è il ruolo della donna nel Congo ex Zaire?

 

R. - La donna ha un ruolo importantissimo. Senza di lei nulla si può fare, perché la donna rimane sempre la mamma e senza una mamma nessuna famiglia può crescere, nessuna casa può funzionare. In Congo di fatto non ci sono più lavori per gli uomini: sono le donne che portano sulle spalle il peso della famiglia. Fanno un po’ di tutto, un lavoro che potremmo definire “senza nome”: cioè una donna va al mercato solo con la volontà di lavorare onestamente e quei pochi soldi che riesce a guadagnare servono a nutrire la sua famiglia.

 

D. – Che speranze ha il suo Paese?

 

R. - Speriamo nella pace duratura, vera. Siamo stanchi della guerra e il nostro sogno è un domani in cui donne, bambini e uomini possano sorridere e cantare insieme, come prima.

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La storia della grande emigrazione italiana all’estero monito per evitare

intolleranze che aggravano la condizione degli immigrati di oggi in Italia

 

Il tema dell’emigrazione, più in generale della mobilità umana interpella le moderne società, sia nei Paesi d’origine che nei Paesi ospiti o d’asilo, e pone interrogativi ai Governi chiamati a gestire enormi flussi di individui, con i loro carichi di miserie quando si tratti di emigrazione economica, ma anche di aspettative e speranze Roberta Gisotti ne ha parlato con Gianfranco Norelli, autore di inchieste giornalistiche sull’emigrazione italiana negli Stati Uniti, Paese dove vive e lavora gran parte dell’anno.

 

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D. - Norelli, ricordiamo in particolare il tuo ultimo documentario “Pane amaro”, trasmesso su Rai Tre, dove si parlava di eventi lontani, storie d’immigrati di 100 o 50 anni fa, costellate di sacrifici e voglia di riscatto ma anche storie di intolleranze ed allarmi sociali negli società americana di allora…

 

R. - Questo evidentemente ci deve far riflettere sui pregiudizi che oggi viviamo ogni giorno nei confronti dell’ondata di immigrati che è arrivata in Italia. Quindi è importante riuscire a riflettere sul significato profondo dell’immigrazione, e sul fatto che quando si arriva in un Paese nuovo si ignorano molte delle regole, molti dei comportamenti sono sconosciuti, sono difficili e l’adattamento è un processo complesso e doloroso e quindi spesso ci sono delle gravissime ingiustizie, degli abusi che avvengono proprio per questa mancanza di comunicazione, di comprensione reciproca.

 

D. – La storia monito per non ripetere gli errori del passato, eppure sovente è emarginata nella programmazione televisiva nelle ore notturne, esclusa quindi ai ragazzi ma anche al grande pubblico, mentre oggi si torna a dibattere sull’opportunità di riportare la cultura in prima serata…

 

R. – Evidentemente alcune reti devono avere il coraggio di confrontarsi sul piano della qualità - il mio documentario è andato in onda alle 23.45 e questo, evidentemente, è un orario un po’ difficile per chi studia e lavora, come è stato detto anche in articoli dei giornali e nelle recensioni - quindi c’è questa dinamica, c’è questa difficoltà di prendere delle decisioni difficili che a volte vengono penalizzate in quanto audience ma che però, dovrebbero in realtà essere gratificanti dal punto di vista della qualità.

 

D. – La ricerca dell’audience appare spesso quale alibi per proporre in realtà dei programmi di facile consumo che abbassano poi il livello socio-culturale di un Paese e quindi la televisione, pubblica e privata, viene meno comunque ad un compito importante...

 

R. – Questo è un problema che non esiste solo in Italia, naturalmente negli Stati Uniti lo vediamo in maniera molto chiara e anche in Inghilterra. Io ho lavorato sia per la BBC che per Channel Four, Canale Quattro inglese, che hanno una buona reputazione, come è noto, in quanto a documentari. Eppure, anche loro sono sotto tremenda pressione affinché scelgano degli argomenti più ‘accessibili’ più ‘leggeri’ in certi casi, e quindi i temi seri e difficili, come le guerre nel mondo o i problemi dell’ambiente, questi argomenti tendono ad apparire sempre meno spesso purtroppo, anche in Inghilterra. Negli Stati Uniti questa battaglia è probabilmente persa in maniera ancora più catastrofica che non in Inghilterra, nel senso che ci sono delle piccole isole di programmi di grande qualità che però sono rari e quando guardi all’audience in paragone con l’audience di programmi commerciali tradizionali c’è una distanza enorme.

 

D. – Bisogna chiedersi però se allora va massificato tutto l’ascolto oppure va differenziato...

 

R. – Quella è la strada vincente, quella di valorizzare, promuovere i programmi di qualità e quindi fare uno sforzo anche di informazione del pubblico, forse con un maggior numero di spots promozionali o un maggiori opportunità di confronto con la stampa, quindi almeno una rete è importante che faccia questa scelta.

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CHIESA E SOCIETA’

9 aprile 2007

 

Ultimate, a Gerusalemme Est, le 70 nuove case fatte costruire

dalla Custodia francescana di Terra Santa per altrettante famiglie cristiane

 

Sono ormai ultimate le 70 nuove case fatte costruire dalla Custodia Francescana di Terra Santa a Betfage, a Gerusalemme Est, e tra qualche settimana potranno essere assegnate ad altrettante famiglie cristiane. Lo rende noto il quotidiano Avvenire, precisando che la pressante emergenza abitativa nel territorio è una delle cause principali della fuga dei cristiani dal Paese. Quello delle 70 abitazioni è solo l’ultimo, in ordine dei tempo, dei cantieri della speranza promossi nel territorio dalla Custodia Francescana. Nel novembre scorso, quando a Gerusalemme si è tenuto il Congresso dei Commissari di Terra Santa, l’economo, fra Abdel Masih Fahim, ha tracciato un quadro eloquente: “Nella Città Vecchia – ha raccontato – abbiamo 392 famiglie che vivono nelle case della Custodia o affittate per loro; a Betania 22 famiglie; a Beit Hanina 40 e 23 a Dahiet El Barid. E poi ci saranno i 70 nuovi appartamenti a Betfage”. “Tutto questo – ha concluso – nella zona di Gerusalemme, ma non è ancora sufficiente: le richieste sono molte di più”. (R.M.)

 

 

Grazie al sostegno della Chiesa italiana, nasce in Nigeria un nuovo centro di accoglienza per le donne in difficoltà

 

Un nuovo centro polivalente per donne in difficoltà, specialmente per le vittime della tratta finalizzata allo sfruttamento sessuale: verrà inaugurato il prossimo 11 luglio a Benin City, in Nigeria, grazie al sostegno della Chiesa italiana. Per l’occasione, si sta organizzando un viaggio informativo e formativo per suore impegnate in questo campo che vogliano conoscere da dove provengano tante ragazze e donne nigeriane costrette a prostituirsi in Italia. Lo ha confermato a Zenit suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata e incaricata dell’ufficio “Tratta” dell’Unione Superiore Maggiori Italiane (USMI). La struttura – ha spiegato la religiosa – è finalizzata “al contrasto della tratta di donne e minori” e “avrà pure una comunità di accoglienza, di 18 posti letto, che mira a far fronte a tante emergenze di giovani ritornate in patria per vari motivi (rimpatrio volontario, espulsioni di massa, malattie mentali o altri tipi di malattie), bisognose di protezione o rifiutate dalle famiglie”. “Questo centro – ha aggiunto – è un dono della Chiesa italiana alla Conferenza delle religiose di Nigeria”. Nell’attuazione del progetto, sono stati coinvolti il Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo della CEI, l’USMI, i Salesiani, la Caritas Italiana, la Conferenza delle religiose di Nigeria e altre persone che hanno contribuito a vario titolo. “La disponibilità per la supervisione dei lavori di don Vincenzo Marrone, salesiano, presente in Nigeria da oltre 25 anni – ha poi spiegato suor Bonetti – ha reso possibile ciò e la CEI ha finanziato con i fondi dell’8 per mille la costruzione di uffici, di una casa di accoglienza per le ragazze e di una comunità per le suore di diverse congregazioni che lavoreranno in questo centro”. (A.M.)

 

 

 

 

Russia: prossima la costruzione della prima chiesa cattolica

nella penisola della Kamchatka

 

Grazie all’intervento dell’opera “Aiuto alla Chiesa che soffre” (ACS), sorgerà tra breve la prima chiesa cattolica nell’estremo oriente russo, a Pietropavlosk, nella penisola della Kamchatka. Secondo quanto riferisce l’agenzia SIR, il parroco polacco, padre Krzysztof Kowal, da sei anni responsabile del mezzo milione di fedeli di questa vastissima parrocchia dipendente dalla diocesi siberiana di Irkutsk, è riuscito ad ottenere dalle autorità russe il permesso di costruire la chiesa, che sarà dedicata a Santa Teresa di Gesù Bambino. I cattolici della Kamchatka sono, nella maggior parte, discendenti di cittadini polacchi, lituani, bielorussi e ucraini, deportati in questo lembo di terra affacciato sul mare di Bering durante il regime sovietico. (L.Z.)

 

 

GMG di Sidney 2008: alla ricerca di giovani artisti da tutto il mondo

Per il Festival della Gioventù

 

“Giovani artisti di tutto il mondo cercasi”: è l’invito che il Comitato organizzatore della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) ha lanciato oggi ad artisti australiani e di tutto il mondo per partecipare al Festival della Gioventù, una delle iniziative del programma della GMG di Sidney 2008. Il Festival – riferisce l’agenzia SIR – avrà la durata di tre giorni e prevede musica, spettacoli, mostre, dibattiti, proiezioni, raduni nazionali e comunitari, spettacoli di strada, laboratori e uno spazio dedicato alle vocazioni. “Sono solo alcuni dei modi con cui incoraggiamo i giovani a esprimere in maniera creativa la loro fede”, ha affermato il vescovo coordinatore della GMG, mons. Anthony Fisher. “Il Festival della Gioventù – ha aggiunto – è un’occasione perfetta per i pellegrini di condividere la loro cultura e fede, contribuendo allo stesso tempo all’esperienza di quello che è destinato a essere un evento indimenticabile”. Palcoscenico dei giovani artisti saranno parchi, campi da gioco, chiese, sale, gallerie e spazi attrezzati all’aperto. Possono partecipare tutti: pittori, scultori, attori, poeti, ballerini, movimenti, associazioni, singoli oratori e altri artisti. I moduli e le informazioni per iscriversi sono disponibili nel sito www.wyd2008.org. Le iscrizioni chiuderanno il 26 ottobre prossimo. (R.M.)

 

 

Dati preoccupanti sul trattamento delle minoranze in India:

tra i cristiani il più alto tasso di disoccupazione

 

In India, il tasso di disoccupazione è più alto fra i cristiani rispetto ai membri di altre comunità religiose. E’ quanto emerge dal rapporto ufficiale diffuso recentemente dal governo indiano, dal titolo: “Occupazione e disoccupazione fra i maggiori gruppi religiosi in India”. Il 4,4% dei disoccupati appartengono alla comunità cristiana, in confronto all'1,4% della comunità indù. Per quanto riguarda, poi, le donne cristiane nelle aree urbane e rurali, il tasso di disoccupazione sale al 14%. Le cause del fenomeno sarebbero da attribuirsi soprattutto al basso grado di alfabetizzazione e di istruzione, che ancora affligge le minoranze cristiane. Il rapporto, basato su dati raccolti nell’ultimo quinquennio, è stato elaborato dall’Ufficio Nazionale di Statistica, che ha preso in considerazione le comunità indù, musulmane, cristiane, sikh, jainiste, buddiste e zoroastriane. Da parte sua, la comunità cristiana ha proposto un “Libro Bianco sulle minoranze religiose”, che comprenda una analisi globale sulla situazione delle comunità religiose in India e che offra un quadro sulle problematiche sociali politiche  e religiose che toccano le minoranze. (F.L.)

    

 

 

24 ORE NEL MONDO

9 aprile 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

 

- In Afghanistan ancora violenze nella turbolenta provincia meridionale di Helmand: sei soldati della NATO sono morti ieri per l’esplosione di una mina al passaggio del loro convoglio. Sempre ieri, i servizi segreti afghani ed il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, hanno confermato la notizia della barbara uccisione dell’interprete del giornalista italiano, Daniele Mastrogiacomo. Un portavoce dei talebani ha dichiarato che l’interprete afghano è stato ucciso perché “il governo afghano non ha risposto alle richieste” dei rapitori. Il nostro servizio:

 

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Il capo dell’esecutivo italiano, Romano Prodi, ha definito “assurdo” l’omicidio dell’interprete. Il giornalista Daniele Mastrogiacomo ha parlato di “omicidio orribile, gratuito e vigliacco”. All’angoscia per la notizia si aggiungono, poi, nuovi particolari che rendono ancora più intricata la vicenda, costata la vita anche all’autista dell’inviato italiano. I servizi segreti afghani hanno accusato, infatti, il direttore dell’ospedale di Emergency, Rahmatullah Hanefi, di essere coinvolto nel rapimento di Daniele Mastrogiacomo e dei suoi due collaboratori. L’uomo, attualmente detenuto a Kabul, ha ufficialmente ricoperto il ruolo di mediatore durante le delicate fasi del sequestro. Ma secondo i Servizi di intelligence afghani avrebbe consegnato gli ostaggi ad un gruppo di talebani. Il fondatore di Emergency, Gino Strada, ha subito definito “calunnie” tali accuse aggiungendo che proprio Hanefi era già stato determinante per la soluzione di un altro sequestro. Hanefi – ha rivelato infatti Gino Strada criticando anche i governi di Roma e Kabul -  “ha consegnato due milioni di dollari pagati dall’esecutivo italiano per il rilascio del fotoreporter Gabriele Torsello”, liberato lo scorso 3 novembre. In Afghanistan proseguono, intanto, le operazioni di ricerca di due cooperanti francesi e di tre afghani sequestrati dai talebani, la scorsa settimana, nel sud del Paese. I rapitori hanno chiesto il rilascio di almeno due guerriglieri ma il presidente afghano, Hamid Karzai, ha già escluso l’ipotesi di uno scambio di prigionieri. Nei giorni scorsi, Karzai aveva anche affermato di aver ricevuto “pressioni” dalle autorità italiane per il rilascio di cinque talebani in cambio della liberazione di Daniele Mastrogiacomo. In Italia, infine, l’opposizione ha chiesto a Romano Prodi di recarsi in Parlamento per rivelare tutti gli aspetti della vicenda ‘Mastrogiacomo’.

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- In Iraq, decine di migliaia di iracheni hanno manifestato nelle città sciite di Kufa e  Najaf per protestare contro la presenza militare americana in Iraq, quattro anni dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Era il 9 aprile del 2003 e l’ingresso delle truppe statunitensi fu accolto da una folla festante. Ma da allora le violenze continuano a scuotere il Paese arabo. Il nostro servizio:

 

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Le cifre, dopo quattro anni dalla caduta del regime di Saddam, sono drammatiche: secondo il sito ‘Body count’ – che segue il conflitto dal primo giorno - le vittime irachene, in gran parte civili, sono oltre 60 mila. Anche le perdite tra le forze della coalizione sono pesanti: si stima che siano più di 3200 i soldati americani morti ed almeno 260 i militari uccisi di altri Paesi della coalizione. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite riferisce, poi, che circa due milioni di iracheni sono fuggiti dal Paese. Sono inoltre quasi due milioni gli sfollati che si trovano all’interno dei confini iracheni. Anche sul versante economico, la situazione resta critica: più di un terzo della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Costellato di difficoltà il percorso politico del nuovo Iraq: il 20 maggio dello scorso anno si è insediato il governo di unità nazionale al termine di un processo cominciato con la firma di una Costituzione provvisoria, mentre nelle ultime elezioni, tenutesi il 15 dicembre del 2005, hanno vinto i partiti sciiti. Ma l’obiettivo di un Paese più sicuro e stabile non è stato ancora centrato. Ieri, intanto, è stato annunciato che il 3 ed il 4 maggio si terrà a Sharm el Sheikh, in Egitto, una Conferenza internazionale per la stabilizzazione del Paese arabo. All’incontro parteciperanno delegazioni di Paesi dell’area, i rappresentanti del G8 e degli Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Parallelamente, si svolgerà, sempre in Egitto, una riunione dell’Iraq compact group sul piano quinquennale per la ricostruzione dell’economia. Il piano è stato lanciato dalle Nazioni Unite in collaborazione con la Banca mondiale.

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- “Ogni giorno penso a quella tragedia”, uno dei capitoli “più neri della storia dell’umanità”. E’ quanto scrive il segretario generale dell’ONU nel messaggio in occasione del tredicesimo anniversario del genocidio del Rwanda. Una pagina drammatica – avverte Ban Ki-moon - che non va dimenticata. Un orrore – aggiunge – che richiede il massimo impegno per evitare in futuro una nuova, simile catastrofe. Dopo aver ricordato le oltre 800 mila persone uccise “con brutalità terrificante” e i caschi blu dell’ONU che hanno perso la vita mentre esercitavano le loro funzioni, Ban Ki-moon indica una priorità: quella di adottare ulteriori misure in grado di prevenire e reprimere il genocidio. I popoli minacciati da crimini di guerra e contro l’umanità e da azioni di pulizia etnica – sottolinea il segretario generale delle Nazioni Unite – potranno così ritrovare la speranza. Ma per tramutare in realtà questa speranza – osserva Ban Ki-moon – occorre coinvolgere governi, popolazioni, mezzi di comunicazione, organizzazioni della società civile e gruppi religiosi.

 

- Strage nelle Filippine: un uomo ha aperto il fuoco in una base per l’estrazione del petrolio nell'isola di Jolo, causando la morte di nove soldati e e civile. Lo hanno reso noto fonti militari, anche se sono ancora poco chiare le dinamiche dell'attentato. A Jolo è in atto una ribellione islamica, alimentata soprattutto dalle attività terroristiche del gruppo ‘Abu Sayyaf’, da molti osservatori ritenuto vicino ad al Qaeda.

 

- Seggi aperti stamani a Timor Est per le elezioni presidenziali: oltre 520 mila elettori sono chiamati a scegliere il successore del presidente uscente, Xanana Gusmao. L’affluenza è alta e le operazioni di voto si svolgono tra ingenti misure di sicurezza. Il favorito è l’attuale primo ministro José Ramos Horta ma sembra comunque probabile un ballottaggio con il leader del Fronte rivoluzionario per l’indipendenza di Timor Est (FRETLIN), Francisco Guterres. Timor Est, ex colonia portoghese occupata illegalmente nel 1975 dall’Indonesia, è indipendente dal 2002.

 

- Si è aperta ufficialmente, in Francia, la campagna elettorale per le elezioni presidenziali. Ognuno dei 12 candidati avrà a disposizione spot per una durata giornaliera complessiva di 45 minuti da trasmettere su 7 emittenti. Gli ultimi sondaggi danno per vincente al primo turno il candidato della destra, Nicolas Sarkozy. Seguono la socialista, Ségolène Royal, ed il centrista, Francois Bayrou. Il primo turno delle presidenziali francesi è stato fissato per il prossimo 22 aprile. L’eventuale ballottaggio si terrà il 6 maggio.