RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 97
- Testo della trasmissione di sabato 7 aprile
2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi su "L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
Domani a Roma la marcia contro la pena di morte. Intervista
con Mario Marazziti
Il commento di don Massimo
Serretti al Vangelo della Domenica
CHIESA E SOCIETA’:
Spina bifida:
identificato il gene responsabile
Giornata
dell’infanzia palestinese: 860 bambini uccisi durante la seconda Intifada
Kenya: il 64% della popolazione è istruita, ma
restano 8 milioni di analfabeti adulti
La vicenda dei 5 marinai britannici
arrestati in Iran. Il Papa aveva scritto all’Ayatollah Khamenei
per chiederne la liberazione
Il
Papa e la Santa Sede
7 aprile 2007
La Via Crucis al Colosseo:
il Papa ricorda che il grande peccato dell'uomo
è l'insensibilità
alla sofferenza degli altri.
Dio, invece, si è fatto vicino al
nostro dolore
La passione di Gesù consente
di vedere quella di tutti i sofferenti. Così ieri sera Benedetto XVI al termine
della Via Crucis al Colosseo. Proposte dal biblista mons. Gianfranco Ravasi,
le meditazioni hanno offerto uno sguardo sull’umanità ferita di oggi. Ma il
nostro Dio non è lontano, ha detto il Papa, si è fatto carne per essere vicino
al dolore dell’uomo. Il servizio di Tiziana Campisi.
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(Musica)
Il percorso di Gesù verso il
Calvario ci insegna a vedere la sofferenza col cuore. Dio si è fatto uomo per
darci un cuore di carne e risvegliare in noi l’amore per i sofferenti e i
bisognosi:
“Seguendo Gesù nella via della Sua passione vediamo non soltanto la
passione di Gesù, ma vediamo tutti i sofferenti del mondo ed è questa la
profonda intenzione della preghiera della Via Crucis: di aprire i nostri cuori
e aiutarci a vedere con il cuore”.
E’ un viaggio nel dolore la
Via Crucis, nel male e nella morte; ma Benedetto XVI vuole insegnare che nel
meditarla si apprende il paradosso del dolore: viverlo col cuore schiude
all’amore. E se la vita serba tribolazioni è ancora Gesù a soccorrere l’uomo:
“Il nostro Dio non è
un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine: il nostro Dio ha un cuore.
Anzi ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi
ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore
di carne e per risvegliare in noi l’amore per i sofferenti, per i bisognosi”.
Le meditazioni di mons.
Gianfranco Ravasi lasciano intravedere nelle vicende
e nei personaggi della strada verso la Croce il peccato che indurisce il cuore
dell’uomo. Così, nel bacio di Giuda si possono riconoscere le “infedeltà”, le
“apostasie” e gli “inganni” di tutti i secoli, in Gesù tradito tante “persone
sole, dimenticate, vecchi, malati” e “stranieri”, mentre Pietro, nel rinnegare
il Maestro, condensa “tante storie di infedeltà e di debolezza”. La sua voce è
quella di molti di noi, “che ogni giorno consumiamo piccoli tradimenti”, che ci
proteggiamo “dietro giustificazioni meschine lasciandoci possedere da paure
vili”.
(lettore)
Quinta
stazione: Gesù è giudicato da Pilato:
"Sotto la pressione
dell’opinione pubblica Pilato incarna un
atteggiamento che sembra dominare nei nostri giorni, quello dell’indifferenza,
del disinteresse, della convenienza personale. Per quieto vivere e per proprio
vantaggio, non si esita a calpestare verità e giustizia".
Ancora
un cuore chiuso in se stesso: quello di Pilato; la
sua indifferenza è quella di tanti, che porta alla morte lenta della vera
umanità e che lascia poco spazio alla verità:
(lettore):
"Come spesso facciamo
anche noi, Pilato, come alibi, lancia l’eterna
domanda tipica di ogni scetticismo e di ogni relativismo etico: Che cos’è mai
la verità?”.
Le riflessioni di mons. Ravasi inducono ciascuno a guardare la propria interiorità
e lo sguardo di Benedetto XVI, al termine delle stazioni, è tutto concentrato
sul cuore dell’uomo, cuore che il Papa invita ad aprirsi alla solidarietà, per
superare quello che già nei primi secoli del cristianesimo era definito il
peccato più grande:
“I Padri della Chiesa
hanno considerato come il più grande peccato del mondo pagano la insensibilità, la durezza del cuore e amavano la profezia
del profeta Ezechiele: ‘Vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne’. Convertirsi a Cristo, divenire cristiano voleva
dire ricevere un cuore di carne, un cuore sensibile per la passione e la
sofferenza degli altri”.
Accanto al Santo Padre, che
ha portato la Croce durante la prima e la quattordicesima stazione, si sono
alternati, fra gli altri, una giovane congolese, una famiglia romana, un
giovane cileno, una ragazza cinese e due frati francescani della Custodia di
Terra Santa. Le loro etnie hanno offerto l’immagine dei diversi volti
dell’umanità, le cui ferite sono tutte nelle cadute di Gesù sotto il peso della
Croce:
(lettrice):
"In quelle cadute c’è
anche la storia di tutte le persone desolate nell’anima e infelici, ignorate
dalla frenesia e dalla distrazione di chi passa accanto. In Cristo piegato
sotto la croce c’è l’umanità malata e debole".
Ma Gesù che si alza e avanza,
talvolta irrompe nelle strade di questa umanità: è il mistero dell’incontro con
Dio che attraversa all’improvviso tante vite, come
quella del Cireneo, emblema del misterioso abbraccio tra la grazia divina e
l’opera umana. Nelle tappe della Via Crucis, scorre il passato, ma le vicende
raccontate nella sua tradizione trovano eco in svariate realtà di oggi. E così
che l’incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme ci offre una prospettiva
attuale:
(lettore):
"Accanto a lui noi ora immaginiamo anche tutte quelle
donne umiliate e violentate, quelle emarginate e sottoposte a pratiche tribali
indegne, le donne in crisi e sole di fronte alla loro maternità, le madri ebree
e palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra, le vedove o le anziane
dimenticate dai loro figli…"
Le donne di Gerusalemme sono
il segno della tenerezza e della commozione, insegnano la bellezza dei sentimenti,
la compassione che non ha vergogna di mostrare lacrime, di donare una carezza e
di offrire consolazione a chi soffre. E proprio ai sofferenti è andato l’ultimo
pensiero del Papa che ha chiesto preghiere per chi vive nel dolore:
“Preghiamo in questa ora
il Signore per tutti i sofferenti del mondo. Preghiamo il Signore perché ci dia
realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri del Suo amore non solo con
parole, ma con tutta la nostra vita”.
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Dare spazio alle ragioni del cuore per superare
la crisi di
fede del mondo di oggi:
così padre Raniero
Cantalamessa nella Celebrazione della Passione
“La nostra civiltà, dominata dalla tecnica,
ha bisogno di un cuore, perché l’uomo possa sopravvivere in essa”.
Così il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa,
nell’omelia tenuta in San Pietro durante la celebrazione della Passione del
Signore, presieduta dal Papa. Il rito, iniziato alle 17.00 con la preghiera
silenziosa di Benedetto XVI prostrato davanti all’Altare maggiore, si è articolato
in tre momenti: la Liturgia della Parola, l’Adorazione della Croce e la Santa
Eucaristia. Migliaia i fedeli raccolti in preghiera, Padre Raniero Cantalamessa dopo la lettura della Passione di Gesù dal
Vangelo di Giovanni, ha evidenziato come le donne che rimasero
fino alla fine con Cristo, sotto la sua
Croce siano fulgidi esempi da imitare. Massimiliano Menichetti:
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Il cuore rigonfio di amore delle donne, che
sotto la Croce non abbandonarono Gesù, testimoni poi della risurrezione di
Cristo, annunciatrici della salvezza ed esempio per la società contemporanea
che rischia di disumanizzarsi, seguendo il mero
progresso tecnologico. E’ questa in sintesi la traccia di meditazione proposta
da padre Raniero Cantalamessa, che ha aperto la sua
omelia con l’immagine delle “pie donne” che, sotto la Croce insieme a Maria,
“sfidarono il pericolo che c’era nel mostrarsi in favore di un condannato a
morte”.
Nessuna donna è coinvolta nella condanna di
Gesù – ha spiegato il predicatore della Casa Pontificia – e queste donne
definite “madri coraggio” “sono le prime, oltre a Maria, Madre di Cristo, a
vedere il Risorto e “ad esse viene dato l’incarico di
annunciarlo agli apostoli”. “Le pie donne” avevano seguito Gesù “per lui stesso,
per gratitudine del bene da Cristo ricevuto”:
“Lo seguivano, è scritto,
‘per servirlo’; erano le uniche, dopo Maria,
la Madre, ad avere assimilato lo spirito del vangelo. Avevano seguito le
ragioni del cuore e queste non le avevano ingannate”.
Ed è proprio per questo - ha aggiunto padre
Raniero Cantalamessa - che “la loro presenza accanto al
Crocifisso e al Risorto contiene un insegnamento vitale per noi oggi:
“La nostra civiltà, dominata dalla tecnica,
ha bisogno di un cuore perché l’uomo possa sopravvivere in essa,
senza disumanizzarsi del tutto. Dobbiamo dare più
spazio alle ‘ragioni del cuore’, se vogliamo evitare
che, mentre si surriscalda fisicamente, il nostro pianeta ripiombi
spiritualmente in un’era glaciale. La grande crisi di fede del mondo di oggi,
che è veramente grande, è che non si ascoltano più le ragioni del cuore, ma
solo quelle contorte della mente”.
“Al potenziamento dell’intelligenza e delle
possibilità conoscitive dell’uomo” - ha ribadito - “non va di pari passo,
purtroppo, il potenziamento della sua capacità d’amore”:
“Quest’ultima, anzi, sembra che non conti
nulla, mentre noi sappiamo, lo sentiamo, lo sperimentiamo nella vita, che la
felicità o l’infelicità non dipende tanto dal conoscere o non conoscere, quanto
dall’amare o non amare, dall’essere amato o non essere
amato. Il motivo di ciò è semplice: noi siamo creati ‘a immagine di Dio’, e Dio è amore, Deus caritas est!”.
Quindi ha parlato di nuova idolatria,
riferendosi alla spinta a potenziare la sola intelligenza, slegata dalle
ragioni del cuore, della fede. “Solo l’amore redime e salva – ha detto - mentre
la scienza e la sete di conoscenza, da sole, possono portare alla dannazione”.
C’è da augurarsi - ha aggiunto - che si apra finalmente, per l’umanità, un’era
della donna, un’era del cuore, della compassione; ed evidenziando che anche la
donna “ha bisogno di essere salvata da Cristo”, ha sottolineato:
“E’ certo che, una volta redenta da Lui e
‘liberata’ sul piano umano da antiche soggezioni, la donna può contribuire a
salvare la nostra società da alcuni mali inveterati e cronici che la
minacciano: violenza, volontà di potenza, ’aridità
spirituale, disprezzo della vita”.
Quindi introducendo il lungo e
singhiozzante viaggio verso il Calvario delle “pie donne” ha ricordato che il
loro pianto fu “l’unico suono amico che giunse alle orecchie del Salvatore;
mentre pendeva dalla Croce, e che sul Golgota “i loro sguardi furono gli unici
a posarsi con amore e compassione su di Lui”.
Riferendosi poi alla liturgia bizantina,
che ha onorato queste donne dedicandogli una domenica dell’anno liturgico, la
seconda dopo Pasqua, ha sottolineato che queste donne non sono solo da ammirare
e onorare, ma anche da imitare:
“La Passione si prolunga nelle membra del
corpo di Cristo. Sono perciò eredi delle 'pie donne'
le tante donne, religiose e laiche, che stanno oggi a fianco dei poveri, dei
malati di AIDS, dei carcerati, dei reietti di ogni specie della società; le
donne che sono al fianco e sostengono coloro che sono torturati e condannati.
Ad esse – credenti o non credenti – Cristo ripete:
‘L’avete fatto a me’”.
Quindi ribadendo che “non solo per il ruolo
svolto nella Passione, ma anche per quello svolto nella Risurrezione le pie
donne sono di esempio anche alle donne cristiane di oggi”:
“C’è un solo ‘Andate!’ indirizzato a delle
donne, quello rivolto alle mirofore il mattino di
Pasqua: Allora Gesù disse loro: ‘Andate ed annunziate
ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno’.
Con queste parole le costituiva prime testimoni della risurrezione, ‘maestre dei maestri’ come le
chiama un autore del VI secolo”.
Ed è con il volto radioso dell’annuncio
della Risurrezione che ha esortato a non avere paura: “Donne cristiane,
continuate a portare ai successori degli Apostoli, a noi sacerdoti loro
collaboratori, il lieto annuncio: ‘Il Maestro è vivo!
E’ risorto! Vi precede in Galilea, cioè dovunque andiate’!”.
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Il Papa
presiede alle 22.00 la Veglia Pasquale.
I commenti di mons. Piero Marini sulla
madre di tutte le veglie
e di mons. Angelo
Comastri sul silenzio
del Sabato Santo
Questa notte la Chiesa rimane in attesa della Risurrezione del Signore. Il Triduo
Pasquale, culmine di tutto l’anno liturgico, trova il suo fulcro proprio in
questa Veglia, madre di tutte le veglie, in cui si commemora Cristo risorto.
Benedetto XVI presiederà nella Basilica Vaticana la Veglia Pasquale nella Notte
Santa alle ore 22.00. La nostra emittente seguirà la cronaca del rito a partire
dalle 21.50. Sul significato della Veglia, Fabio Colagrande ha sentito
mons. Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie:
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R. – E’ il cuore non solo del Triduo
Pasquale, ma è il cuore di tutto l’anno. E’ una veglia nella quale – e proprio
il nome dice questo – bisogna essere svegli. E’ una notte nella quale chi ha
fede non dovrebbe dormire, ma dovrebbe rimanere sveglio. Questo è un po’ il
senso di tutta la nostra vita: è il Signore che viene ad incontrarsi con noi, è
il Signore che viene a salvarci. Le letture bibliche ci ricordano tutte le
notti nelle quali siamo stati salvati, dalla creazione al passaggio del Mar
Rosso. E’ una notte nella quale non si può dormire, perché il Signore viene e
noi dobbiamo essere pronti ad essere salvati da Lui.
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Domani mattina alle 10.30 Benedetto XVI
presiederà la Santa Messa del Giorno di Pasqua sul sagrato della Basilica di
San Pietro. Al termine della celebrazione, alle 12.00, il Papa pronuncerà il
Messaggio Pasquale e impartirà la Benedizione "Urbi
et Orbi" dalla Loggia Centrale della Basilica.
La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca di questi eventi che saranno seguiti
in mondovisione da oltre 100 emittenti televisive di 67 Paesi.
Oggi, intanto, la Chiesa vive nel Sabato
Santo un giorno di silenzio e di attesa, come spiega l’arcivescovo Angelo
Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, al
microfono di Giovanni Peduto:
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R. – Il Sabato Santo storicamente è stato
un giorno di silenzio, è stato un giorno di smarrimento, ed è una giornata che
ci ricorda che nella storia e nella vita di ciascuno di noi ci sono delle
giornate buie, ci sono delle giornate di silenzio, ci sono delle giornate in
cui sembra che tutto sia perduto. Quando viviamo quelle giornate ricordiamo il
Sabato Santo, ricordiamoci che c’è stato un giorno in cui tutto sembrava chiuso
nella tomba, tutto sembrava ormai perduto, irreparabile. Quando viviamo queste
giornate ricordiamoci che anche il Sabato Santo è stato vinto, che anche il
Sabato Santo è sbocciato in risurrezione. In questo modo ritroveremo anche noi
la speranza.
R. – Il Sabato Santo è
anche l’Ora della Madre …
D. – Nel custodire accesa
la lampada della speranza il modello è Maria. Tante volte quando rifletto sul
mistero del Sabato Santo, io penso che in quella giornata Maria sia stata il
punto di riferimento anche per gli Apostoli, sballottati dalla bufera della
Passione, io credo che gli apostoli andarono a cercare
Maria, si raccolsero attorno a lei, attorno alla Madre, per risentire in lei
l’eco della voce di Gesù, per rivedere nei suoi occhi una scintilla degli occhi
di Gesù e sicuramente Maria fu colei che tenne accesa la fede, che tenne accesa
la speranza: ecco perché il sabato è consacrato a Maria, perché il sabato è di
Maria, perché Maria lo ha occupato con la fedeltà, lo ha occupato con la
tenacia, lo ha occupato con la sua fede. E noi, in ogni sabato, ci accostiamo a
Maria per dirle: Maria aiutaci a credere, aiutaci a perseverare come te
nell’attesa del Signore.
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E’ morto improvvisamente l’arcivescovo Luis Robles Díaz,
vicepresidente della Pontifica Commissione per l’America Latina
Si è spento improvvisamente, all’età di 69
anni, l’arcivescovo Luis Robles
Díaz, vicepresidente della Pontifica Commissione per
l’America Latina. A darne l’annuncio, con intenso dolore, sono la Segreteria di
Stato vaticana e il cardinale presidente del dicastero, Giovanni Battista Re.
Nato ad El Grullo, in Messico, nel 1938, mons. Robles Díaz è stato ordinato
sacerdote nel 1963 e consacrato vescovo nel 1985. Prima di assumere l’incarico
in Vaticano era stato nunzio apostolico a Cuba. La Segreteria di Stato informa
che martedì 10 aprile saranno resi noti il luogo e la data della celebrazione esequiale.
Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - Pasqua 2007: "Il trionfo della Verità".
Servizio estero - Ambiente: il pianeta minacciato dai mutamenti
climatici; approvato il rapporto dell' 'IPCC".
Iraq: fissata per l'inizio di maggio la conferenza di riconciliazione.
Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello
sulla Pasqua di Risurrezione.
Servizio italiano - In primo piano la vicenda Telecom.
Oggi
in Primo Piano
7 aprile 2007
La cristianità della Terra Santa in festa per la Pasqua celebrata
in comune tra cattolici,
ortodossi e protestanti
E' una coincidenza poco frequente, ma
quando si verifica - come quest'anno - conferisce alla festa quella dimensione
unitaria perduta con lo scisma. Nel 2007, cattolici e ortodossi festeggiano la
Pasqua nello stesso giorno. Come è noto, le Chiese d'Occidente, comprese quelle
protestanti, fissano la data della Pasqua secondo il calendario
"gregoriano", risalente alla riforma di Papa Gregorio XIII del 1582.
Le Chiese d'Oriente, invece, si rifanno al più antico calendario
"giuliano", fissato da Giulio Cesare nel 46 a.
C. La convergenza delle due date assume un particolare significato in Terra
Santa: in questi giorni una folla di cattolici e ortodossi ha riempito i Luoghi
Santi nei quali, per via delle norme che regolano lo status di Gerusalemme,
questa mattina ha già avuto luogo la Veglia pasquale. La cronaca della
cerimonia nel servizio di Graziano Motta:
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Una marea di fedeli, in gran parte
pellegrini venuti da ogni parte del mondo, in particolare dalla Russia, ma quest’anno anche molti cristiani palestinesi,
giunti con il permesso delle autorità israeliane dai Territori occupati della
Cisgiordania, ha invaso la città vecchia accalcandosi nel piazzale antistante e
nelle viuzze attorno alla Basilica del Santo Sepolcro, per la cerimonia più
sentita del Triduo Pasquale, che vi si svolge: cioè, l’accensione del fuoco
nuovo all’interno della cappella dell’Anastasi,
accanto al Sepolcro vuoto di Gesù, per testimoniare che con la sua Risurrezione
una luce nuova da Gerusalemme si propaga nell’universo. Una cerimonia liturgica
delle Chiese ortodosse nei vari riti, alla quale partecipano non solo loro
fedeli, ma anche i cattolici. E’ così il momento ecumenico più alto della
Chiesa madre di Gerusalemme: il fuoco nuovo viene
trasferito dall’interno dell’edicola attraverso degli oblò a ceri e candele di
fedeli al suo esterno e da questi passato ad altri anche fuori della Basilica.
Raggiungerà poi località cristiane vicine e lontane, trasportato anche in
aereo, a cominciare da Atene, grazie a due euzoni,
guardie della presidenza della Repubblica greca, inviate appositamente a
Gerusalemme. Prima di questo evento centrale nella giornata del Sabato Santo
nella Basilica, davanti alla Cappella dell’Anastasi,
la Chiesa latina di Gerusalemme ha celebrato la Risurrezione del Signore. La
Messa è stata presieduta dal vescovo Fouad Twal, coadiutore del patriarca Michel
Sabbah. Dopo la settima lettura della liturgia della
Parola, il presule ha intonato l’inno del “Gloria in excelsis
Deo” e al canto sono state sciolte le campane e l’organo ha innalzato altissime
le sue note. Al momento di tripudio della proclamazione della Risurrezione del
Signore, fatta proprio sul luogo dell’avvenimento, hanno assistito i tantissimi
fedeli ortodossi presenti. Ha fatto seguito la liturgia di benedizione
dell’acqua battesimale e la liturgia eucaristica, conclusa da un triplice
“Alleluia”.
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Nonostante le ultime, drammatiche notizie di cronaca - oggi elicotteri
israeliani hanno provocato un morto fra i palestinesi, durante un attacco nella
Striscia di Gaza - la tregua che sostanzialmente regge dopo sei anni di
violenze ha permesso ai fedeli di tornare in massa a celebrare la Pasqua tra le
strade della Citta' Santa. Secondo le autorità israeliane, ottomila palestinesi
cristiani dalla Cisgiordania e 500 dalla Striscia di Gaza hanno avuto il
permesso di raggiungere Gerusalemme, nonostante il blocco della circolazione
imposto per la Pasqua ebraica. Lo conferma mons. Fouad
Twal, coadiutore del Patriarcato Latino di Gerusalemme,
intervistato da Luca Collodi:
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R. - Abbiamo una folla di gente, davvero
enorme, in particolare ortodossi provenienti dalla
Russia ma anche pellegrini italiani. Le piccole e le strette strade di
Gerusalemme sono piene ed è difficoltoso anche camminare, c'è bisogno talvolta
dell'aiuto della Polizia. In questi giorni, poi, è stata celebrata anche la
Pasqua ebraica: immaginate tutta questa marea di gente sparsa per le piccole
strade di Gerusalemme. E’ una grande gioia vedere tutta questa gente che viene
a pregare, ma è certamente complicato riuscire a raggiungere i Luoghi Santi.
D. - Mons. Twal, le autorità israeliane hanno dimostrato disponibilità
nei confronti delle cerimonie cristiane?
R. - Sì, quest’anno, come è avvenuto anche
a Natale, hanno dato permessi ai nostri fedeli per raggiungere Gerusalemme. Ma
noi non vogliamo delle eccezioni o dei permessi di tanto in tanto, per
raggiungere Gerusalemme o Betlemme. Ci auguriamo di riuscire ad arrivare ad una
situazione di pace e di fiducia reciproca, cosicché tutti i cristiani - e non
soltanto gli stranieri, ma anche i nostri, quelli della Giordania e della Siria
- possano avere il privilegio, la gioia di venire a pregare con noi al Santo
Sepolcro.
D. - La situazione del
Medio Oriente, in questa Pasqua 2007, qual è realmente sul terreno?
R. - Ci sono maggiori segni di speranza, ma
a livello nazionale e locale la situazione è sempre la stessa ed i check point sono sempre lì. Non è
cambiato molto. C’è solamente una maggiore speranza. A livello internazionale -
ringraziamo il Signore - sembra che qualcosa si muova: il governo israeliano,
attraverso il premier Olmert, ha offerto più di una
volta la disponibilità ad incontrare le controparti. Noi saremmo certamente più
felici di vedere i fatti: i discorsi sono sì belli e
danno speranza, ma nessuno di noi - né arabi, né israeliani - può vivere solo
di discorsi.
D. - Mons. Twal, un ultimo segnale ed anche questo di speranza, è
l’aumento dei pellegrini in Terra Santa in queste ore...
R. - E' fantastico. La loro presenza
significa molto, veramente molto per noi. Rappresenta la comunione ecclesiale
fra noi tutti. Dimostra anche che non siamo soli, non siamo abbandonati. Con
alcuni preghiamo insieme, con altri facciamo gemellaggi, con altri ancora
facciamo progetti. Spero che questa Pasqua sia una festa di Risurrezione per tutti,
per tutto il Medio Oriente, così che anche il Medio Oriente possa avere la sua
gioia e possa cantare “Alleluia” con pace e con rispetto reciproco.
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L'occasione della Pasqua celebrata
comunemente l'8 aprile viene molto sottolineata anche
in ambito ortodosso. Il Patriarca ortodosso russo, Alessio II, ha inviato un
messaggio di auguri a Benedetto XVI, e anche il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli
vede in questa circostanza un segno di quella piena comunione cui aspirano
cattolici e ortodossi, come sottolineato nel novembre scorso durante il viaggio
del Papa in Turchia. Ecco il commento di Sua Eminenza Gennadios
Zervos, arcivescovo ortodosso di Italia e di
Malta del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ed Esarca patriarcale per
l’Europa meridionale, al microfono di Giovanni Peduto:
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R. - Dalla spiritualità della Settimana
Santa proviene la forza spirituale e morale che permette alla nostra Chiesa di
essere forte per celebrare la grande festa fra le feste, la grande solennità
fra le solennità: la Pasqua, con la presentazione dello Sposo della Chiesa che
è Cristo. Ecco l’uomo di cui celebriamo la Crocifissione, con gli inni che
elevano l’anima del fedele ortodosso per prepararsi bene, per essere fedele a
Dio, per essere pieno di speranza e di amore così da poter poi celebrare la
grande festività della Risurrezione.
D. - Eminenza, come viene
rappresentata dagli artisti ortodossi la Pasqua?
R. - Gli artisti ortodossi rappresentano la
Pasqua con una grande figura vittoriosa: Cristo che tiene in una mano Adamo ed
Eva nell’altra. Cristo esce dalla tomba della morte per passare alla vittoria,
al Regno eterno, alla vita eterna. Questa è la grande icona che dà a tutti noi
la gioia, la pace e la speranza: sono i messaggi della Risurrezione, insieme
all’unità e alla convivenza fra tutte le creature di Dio.
D. - Eminenza, i cristiani come possono
testimoniare al mondo Gesù Risorto?
R. - La grande importanza della nostra
testimonianza agli altri è la nostra unità. Unità che in questa grande festa di
Pasqua invochiamo continuamente, affinché tutti - e non soltanto i cristiani -
possiamo essere uniti e fedeli in Cristo nostro Salvatore. Lo stesso Gesù
Cristo ci dice di essere uniti affinché il mondo creda.
D. - Cristiani ed ortodossi si sforzano di
camminare sulla via dell’unità. Quali sono le sue speranze, eminenza?
R. - Io credo che le speranze siano molto
concrete. A noi rimane il dovere e la responsabilità di collaborare
fraternamente fra di noi, di soffrire anche per questa
divisione. Questo è, forse, il più grande peccato che dobbiamo patire noi
cristiani sulla strada che ci porta alla realizzazione della volontà di Dio, di
non essere cioè tutti una sola cosa. Dall’altra parte
lo dimostra lo storico incontro fra Papa Benedetto XVI
e il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I: io ho avuto l’onore e la gioia
di vedere e condividere questo abbraccio storico. Un gesto che ha rappresentato
veramente una grande speranza per arrivare a realizzare la volontà di Dio.
Ognuno di noi deve prestare la propria attenzione, il proprio interessamento,
la propria dedizione e il proprio sacrificio per riuscire a realizzare la
volontà di Dio. Io sono tanti anni che sono qui in Italia e posso dire che sono
molti i passi in avanti compiuti. Oggi, abbiamo scoperto di essere veramente
fratelli, di essere Chiese sorelle, figli dello stesso Dio. Ora, dobbiamo
collaborare insieme per realizzare la volontà di Dio. Poco prima della sua
Passione, Gesù ha pregato perchè fossimo una cosa sola affinché il mondo creda.
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Domani a Roma la marcia contro la pena di
morte
In marcia attraverso Roma contro la pena di
morte. Domani, domenica di Pasqua, dalle 9.30 un corteo promosso dalla Comunità di
Sant’Egidio, da Nessuno Tocchi Caino, dal Partito Radicale e dal Comune
capitolino, si snoderà dal Campidoglio fino a Piazza San Pietro, dove arriverà
per la bendeizione del Papa Urbi
et Orbi. Una iniziativa
organizzata a sostegno dell’impegno del governo italiano per la presentazione
urgente di una risoluzione, per una moratoria generale delle sentenze e delle
esecuzioni capitali presso l’Assemblea generale dell’ONU a New York. Moltissime
le adesioni arrivate agli organizzatori: esponenti della politica, del governo,
enti locali e le massime cariche dello Stato, dal premier Romano Prodi al
presidente Giorgio Napolitano, che ha inviato un messaggio di sostegno alla
manifestazione. Francesca Sabatinelli ha intervistato Mario Marazziti, portavoce della Comunità
di Sant’Egidio:
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R. – E’ un sostegno al governo e
all’iniziativa italiana. Certo, è anche una sollecitazione all’Italia, ai Paesi
europei, perché si prendano delle iniziative decisive necessarie in ambito
internazionale per creare un fronte che non sia solo italiano ed europeo, ma
che coinvolga molti Paesi del sud del mondo e, quindi, si possano avere davvero
i numeri politici e reali per vincere in sede di Assemblea generale delle
Nazioni Unite e far approvare per la prima volta una risoluzione che chieda una
moratoria universale delle esecuzioni e delle sentenze capitali.
D. – Marazziti, i
numeri ci sono perché alle Nazioni Unite si possa ottenere un successo?
R. – I numeri ci sono. Negli ultimi dieci
anni, più di 20 Paesi hanno cambiato fronte e sono diventati, abolizionisti di
fatto o abolizionisti per legge. Più della metà dei Paesi del mondo non usa più
la pena capitale o l’ha abolita definitivamente. Bisogna ricordare, però, che
nel ’99 l’iniziativa dell’Unione Europea fu fermata da uno schieramento
contrario. Singapore guidò un’alleanza di Paesi del sud del mondo, dicendo ‘no’
alle ingerenze neocolonialiste dell’Europa in questioni interne. Si toccò un punto molto sensibile, dove anche
Paesi che hanno abolito la pena di morte, non volevano che i Paesi più forti
imponessero il loro punto su altre questioni. Allora, bisogna avere uno
schieramento politico più vasto dei numeri che si hanno sul terreno della pena
di morte, per avere la certezza. Per questo c’è bisogno di una
iniziativa diplomatica italiana ed europea, capace di creare consenso
negli ambienti che la volta scorsa lavoravano contro.
D. – Marazziti,
la marcia partirà dal Campidoglio e arriverà sino a Piazza San Pietro.
Raccoglierete tante persone in questa vostra marcia, perchè avete raccolto
tante e tante adesioni…
R. – Io credo che ci sia una sensibilità
cambiata. Si sente che questa è una frontiera per una civiltà più rispettosa di
una cultura della vita. E’ anche un modo di interpretare questi 50 anni
dell’Europa, come portatrice di una democrazia attenta ai diritti umani, di una
democrazia umanistica. Allora, io penso che tanti romani o tanti di coloro che
vengono a Roma per il giorno di Pasqua - sicuramente la piazza che sarà ad
ascoltare la Benedizione Urbi et
Orbi del Papa - saranno molto in sintonia con questa sensibilità.
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“Investire nella salute”,
il motto dell’odierna Giornata mondiale
della sanità.
A rischio adulti e bambini per i
cambiamenti climatici:
allarme dell’OMS e di Save the children
“Oggi abbiamo la conoscenza e le risorse
necessarie per costruire un mondo più sano e sicuro”. Così il segretario
generale dell’ONU, Ban Ki-moon, nel messaggio per
l’odierna Giornata mondiale della salute. Occorre allora “investire nella
salute per costruire un futuro più sicuro”, chiede l’OMS, l'Organizzazione Mondiale
della Sanità. Ma a chi è rivolto questo pressante invito? Roberta Gisotti
lo ha chiesto al dott. Roberto Bertollini,
responsabile per l’Europa dell’OMS:
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R. - I cambiamenti climatici stanno già
colpendo la salute della popolazione e saranno ancora maggiormente un problema
nel futuro. Questo si manifesta anche in modo drammatico
attraverso la possibilità di epidemie di malattie che attualmente non sono
epidemiche o che potrebbero manifestarsi; si manifesta attraverso le
possibilità che l'innalzamento del mare determini in alcune popolazioni la
necessità di migrare; le alluvioni e le ondate di calore. E' una
situazione assolutamente molto preoccupante. Dobbiamo tenere in considerazione
il problema della salute come chiave di fondo, come chiave centrale per
promuovere e motivare l'azione non solo dei governi ma
anche delle aziende e di coloro che lavorano nel campo dell'energia e così via.
D. - Dottor Bertollini,
lei già da diversi anni lavora nell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la
sua opinione è che stia crescendo la presa d'atto da parte delle autorità di
quanto viene denunciato dall'ONU oppure questi
rapporti trovano lo spazio delle 24 ore, durante le quali appunto occupano le
pagine dei giornali?
R. - Da un lato, io penso che la lezione
che ci è stata data soprattutto dalla SARS ha dato
corso ad un diverso atteggiamento da parte di molti Paesi rispetto alle problematiche della sanità internazionale.
Accanto a questo purtroppo continuano, e si è visto in maniera molto evidente
nel corso delle ultimissime fasi della negoziazione del documento sull’“IPCC Climat Change”. Esistono infatti numerose resistenze di carattere economico,
politico ed anche culturale, devo dire, che si frappongono ad una
trasformazione di questa presa di coscienza e di questi documenti, come lei
giustamente citava, in effettive basi per una azione. Io credo che da parte di
molti c'è ancora un atteggiamento di scetticismo da un lato, ma anche -
dall'altro - di una visione di molto breve durata. Alcuni Paesi, ad esempio i
produttori di petrolio, hanno insistito enormemente in questo ultimo negoziato
per cambiare questa o quella parola per negare quelle che sono le realtà documentate
in maniera inequivocabile dalle conoscenze scientifiche attuali.
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Non è solo l’OMS ad essere preoccupata dai
cambiamenti climatici, che metterebbero a rischio la vita di 175 milioni di
bambini, come ha denunciato “Save the children” in un rapporto lanciato ieri, di cui ci parla Valerio
Neri, direttore dell’organizzazione umanitaria in Italia, al microfono di Gabriella
Ceraso:
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R. - Ogni 15 secondi già oggi nel mondo
muore un bambino per cause connesse all’acqua non potabile. E’ facile
immaginare cosa questo significherà per l’aumentare della siccità oppure,
viceversa, in altre zone per l’aumentare delle inondazioni che porteranno acque
sporche a contaminare facilmente anche falde acquifere oggi potabile.
Dall’altra parte maggiore presenza di acqua stagnante porterà ad accrescere le
aree infestate dagli insetti che trasmettono delle malattie.
D. – A variare per i mutamenti climatici
saranno anche i flussi migratori con evidente sovraccarico delle città?
R. – Bidonville che tenderanno ad
aumentare, maggiori abusi, maggiore traffico di bambini e quindi una qualità
inaccettabile della vita.
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Il commento di don Massimo
Serretti al Vangelo della Domenica
Domenica 8 aprile, Pasqua di Risurrezione,
la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Pietro e Giovanni, avvertiti da Maria
di Màgdala, corrono al sepolcro: la pietra è
ribaltata e il Maestro non c’è più. Pietro entra per primo e vede “le bende per
terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le
bende, ma piegato in un luogo a parte”:
“Allora entrò anche l'altro discepolo, che
era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.
Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che
egli cioè doveva risuscitare dai morti”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il
commento del teologo don Massimo Serretti,
docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
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(musica)
La vita terrena di Gesù si compie nel
Venerdì Santo e nel Sabato Santo, nella morte in croce e nella condivisione
della condizione di tutti coloro che sono morti nella discesa agli inferi. La
Risurrezione sarà Risurrezione dai morti. Quel che avviene oltre la discesa
agli inferi è tutta opera di Dio, è qualcosa che accade tra il Padre, lo
Spirito e il Figlio ed è nascosto agli occhi nostri. Quel che era accaduto
prima aveva però legato il mondo e gli uomini al mistero di Dio in un modo nuovo
e ora l’agire di Dio coinvolge tutto il cosmo e tutti gli uomini in modo
anch’esso nuovo e inusitato. Dopo la corsa, Pietro e Giovanni vedono i primi segni
di quell’avvenimento accaduto nel segreto di Dio. Da duemila anni la potenza
della Risurrezione segna la vita di coloro che sono attirati dal Padre e
corrono e fanno esperienza della vittoria definitiva del Figlio.
(musica)
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Chiesa
e Società
7 aprile 2007
Spina
bifida: identificato il gene responsabile
Il “Vangl1” è stato
identificato quale primo gene responsabile della spina bifida, patologia che
colpisce in Italia un bambino su 1500 e comporta una malformazione del tubo
neurale. La scoperta è stata effettuata dall’equipe dell’Unità operativa
dell’Istituto Gaslini di Genova, diretta da Armando Cama, in collaborazione con un gruppo di ricercatori
dell’Università McGill di Montreal, in Canada. La
ricerca, durata cinque anni e pubblicata sull’autorevole rivista medica
internazionale ‘The New England Journal of Medicine’, è stata condotta su 114 bambini nell’ospedale
pediatrico genovese. I ricercatori hanno scoperto che mutazioni a carico del
gene compromettono un processo embrionale, alla base della corretta formazione
del sistema nervoso centrale. “La scoperta – spiega Valeria Capra,
coordinatrice del Laboratorio di Neurochirurgia del Gaslini
– permette di stimare il rischio in una famiglia di ricorrenza e, laddove c’è
familiarità, si indaga sul Vangl1. Si tratta – aggiunge – di un primo passo
verso protocolli terapeutici di prevenzione, anche se per contrastare la
patologia resta fondamentale l’assunzione dell’acido folico
un mese prima della gravidanza”. (R.M.)
Giornata
dell’infanzia palestinese:
860 bambini uccisi durante la seconda Intifada
Dall’inizio della seconda
Intifada, nel settembre del 2000, 860 bambini sono stati uccisi e decine di
migliaia feriti dai soldati e dai coloni israeliani, mentre 5200 bambini sono
stati arrestati e, tra loro, 400 sono ancora detenuti nelle carceri israeliane:
sono i dati diffusi giovedì dalla Rete palestinese per i diritti dell’infanzia
(PNCR), in occasione della Giornata dedicata all’infanzia palestinese. “Nel
2007 – si legge in una nota, citata dall’agenzia MISNA – l’esercito israeliano
ha continuato ad adoperare la stessa politica di
violenza verso i bambini palestinesi”. Secondo la PNCR, durante le operazioni
militari israeliane nei Territori, soltanto l’anno scorso sono stati uccisi 124
bambini e dall’inizio di quest’anno ne sono morti altri 8. “Le azioni militari
israeliane e la revoca degli aiuti internazionali – continua il comunicato –
hanno pesantemente colpito il diritto dei bambini a un’istruzione, a
un’adeguata qualità di vita, alla protezione dalla discriminazione e allo
sfruttamento economico, diritti articolati nella Convenzione internazionale dei
diritti dell’infanzia”. Secondo l’Ufficio centrale palestinese di statistica
(PCBS), circa il 4,4% dei palestinesi tra i 10 e i 17 anni è costretto a
lavorare. La Giornata ricorda l’attacco contro i civili palestinesi nei Territori occupati lanciato delle forze israeliane il 5
aprile del 2002, nell’ambito dell’operazione ‘Muro di difesa’:
decine di bambini vennero uccisi o arrestati, molti persero genitori o
fratelli. (R.M.)
Nigeria: in vista delle presidenziali e delle legislative di fine aprile,
le Chiese cristiane
lanciano un appello per un “voto sereno”
Approfittare del clima
pasquale, affinché le prossime elezioni generali si svolgano in un clima di
serenità “per il bene della democrazia e della stabilità nazionale”: è l’invito
lanciato congiuntamente dalla Chiesa cattolica e da quella anglicana della
Nigeria, in vista del delicato appuntamento elettorale del 21 aprile, per la
scelta del nuovo capo di Stato che sostituirà Obasanjo,
ma anche per rinnovare il Parlamento e i 36 governatori federali. Senza dare
indicazioni di voto sui singoli candidati – riferisce l’agenzia MISNA – mons.
Gabriel S. Osu, direttore delle Comunicazioni sociali
dell’arcidiocesi di Lagos, ha invitato i cittadini a “preferire coloro che sono
pronti a investire nella gioventù e nello sviluppo umano, per allontanare lo
spettro della violenza politica”. “Privilegiare chi ha scelto un’opzione di
pace” è anche la raccomandazione rivolta da padre Julius
Olaitan, amministratore generale della ‘Holy Cross Cathedral’ di Lagos.
Per il reverendo Adebola Ademowo,
“tutti i politici devono evitare la violenza e le attitudini che dividono.
Tutti dobbiamo essere pronti a lavorare per garantire elezioni pacifiche e
trasparenti”. In una nota diffusa nelle scorse settimane – lo ricordiamo – i
vescovi nigeriani avevano sottolineato che “il Paese ha bisogno di un
miglioramento nella leadership politica e di consolidare i risultati ottenuti
dall’amministrazione democratica” (R.M.)
“Da strumenti di odio
e vendetta ad arnesi che producono solidarietà, giustizia e pace”: durante la
Via Crucis, l’arcivescovo di Napoli,
cardinale Crescenzio Sepe, brucia i coltelli raccolti nelle chiese
Oltre 150 coltelli, raccolti
nelle chiese della diocesi di Napoli, sono stati bruciati ieri sera in Piazza
del Gesù, al termine della Via Crucis presieduta dall’arcivescovo della
città, cardinale Crescenzio Sepe. Come ha spiegato il
porporato, l’iniziativa-simbolo contro la microcriminalità giovanile è stata
avviata all’inizio della Quaresima, con la raccolta degli “strumenti di odio,
vendetta, sopruso e violenza”, che sono stati fatti bruciare “nel fuoco della
speranza”, per essere trasformati “in attrezzi utili, in arnesi che producono
solidarietà, giustizia e pace”. “A quanti praticano la via della morte – ha
esortato il porporato – chiediamo di non continuare a mettere le spine sul capo
di Cristo, a non flagellarlo, a non farlo cadere sotto il peso della Croce, a
non crocifiggerlo, a non ucciderlo”. Nel rivolgersi poi alle diverse migliaia
di fedeli che hanno seguito la Via Crucis, l’arcivescovo di Napoli ha
sottolineato che la piazza “rappresenta questa sera tutta la nostra città,
nella quale vogliamo vivere con dignità e rispetto. Purtroppo – ha constatato –
ci sono ancora tante vie della Croce”. Ricordando le vite spezzate
“ingiustamente e colpevolmente”, il cardinale Sepe ha
esortato “le coscienze di quanti si arrogano il diritto di decidere le sorti
dell’umanità” e “quanti praticano le vie della morte a non continuare”.
Richiamando infine i “calvari” di cui è piena anche la storia di oggi, ha
rivolto un pensiero ai disoccupati, ai bambini e agli ammalati “che chiedono
una sanità un po’ più umanizzata”. (R.M.)
Contro
l’efficientismo economico, “riscoprire la cultura della
vita”:
così, nel messaggio pasquale della
Conferenza episcopale
della Corea del Sud
“La vita e
la dignità umana vanno sempre rispettate, senza discriminazioni di sesso,
razza, colore, nazionalità o età”: è quanto affermano i vescovi della Corea del
Sud, che in un messaggio per la Pasqua lanciano un forte appello a rispettare
la cultura della vita dal suo concepimento fino alla sua naturale conclusione.
In particolare – riferisce l’agenzia Fides – l’intervento commenta le proposta di modifiche ed emendamenti a una legge vigente,
denominata “Mother and Child
Health Act”, che tocca
questioni di salute riproduttiva, regola la pratica di controllo delle nascite,
legalizza l’aborto e gli esperimenti sulle cellule staminali di embrioni umani.
I presuli coreani ricordano che tali problemi hanno suscitato un ampio
dibattito a livello internazionale e che i legislatori dovrebbero esimersi dal
promuovere una cultura della morte, in nome di un efficientismo economico e del
profitto, violando l’essenza stessa dell’essere umano. “La Corea deve
fronteggiare un tasso di natalità fra i più bassi al mondo, insieme con un alto
tasso di aborti e suicidi”, denunciano i vescovi, ribadendo la loro ferma
opposizione a questo tipo di legislazione, che “viola la dignità umana”. Il
documento ricorda che l’embrione è, in modo inequivocabile, un essere umano e
chiede al governo di rigettare la ricerca sugli embrioni clonati e sulle
cellule staminali embrionali, prendendo in considerazione, invece, quella sulle
cellule staminali adulte, che già ha dato risultati efficaci. In secondo luogo,
l’episcopato coreano ricorda che anche la fecondazione in vitro e la
procreazione artificiale sono pratiche eticamente non accettabili: “Un nuovo
essere umano non può essere prodotto artificialmente dall’uomo – si legge nel
messaggio – è sempre un dono di Dio ed è il frutto di un’unione e dell’amore
coniugale”. “La nostra società ha conosciuto un rapido sviluppo economico –
conclude il testo – ma anche un rovesciamento di valori, visto che i valori
materiali ed economici hanno la meglio su quelli spirituali ed etici. Un
autentico progresso è possibile solo se è basato su valori spirituali e sulla
verità”. (R.M.)
Rapporto della Banca Mondiale
sull’Asia: economia in crescita,
ma aumenta anche il divario
tra ricchi e poveri
Le economie asiatiche,
tornate a crescere dopo un decennio di crisi, dovranno però affrontare una
nuova sfida, quella di ridurre il crescente divario tra ricchi e poveri: lo
rileva un Rapporto della Banca Mondiale, ricordando che, trainata dalla
‘locomotiva’ cinese, la produttività dei Paesi dell’Asia è raddoppiata rispetto
a dieci anni fa e il reddito pro-capite è cresciuto del 75%, ma è andata
aumentando anche la disuguaglianza sociale. Se è vero che, rispetto al passato
decennio, il numero di asiatici che vivono con meno di due dollari al giorno è diminuito dal 50% al 29%, oltre il 30% della
popolazione urbana in Asia (pari a circa 270 milioni di persone) continua ad
abitare nelle baraccopoli. La rapida urbanizzazione cui è soggetta tutta l’area
– ha spiegato Milan Brahmbhatt,
economista della Banca Mondiale per l’Asia orientale e il Pacifico, citata
dall’agenzia MISNA – rischia di portare a una disparità sociale tra lavoratori
qualificati, che vedranno aumentare i propri salari, e residenti nelle zone
rurali, che potrebbero non godere mai del buon andamento economico generale.
Inoltre, la crescita delle aree urbane (la loro popolazione dovrebbe aumentare
del 65% entro il 2025) sta ponendo importanti sfide che riguardano la costruzione
di strade, sistemi elettrici, idrici e sanitari: tutte scelte in grado di
influire pesantemente sulla qualità della vita degli individui. (R.M.)
Kenya: il 64% della
popolazione è istruita,
ma restano 8
milioni di analfabeti adulti
Sempre più kenyoti sanno leggere e scrivere, anche se ancora circa 8
milioni di adulti sono analfabeti e molti di essi lo
sono rimasti, nonostante abbiano frequentato la scuola primaria: sono i
risultati della recente ‘Kenya literacy survey’, prima indagine sull’analfabetismo condotta nel
Paese dal 1988, dalla quale emerge che il 64,1 delle popolazione è istruita. I
più bravi a scrivere e a far di conto sono gli abitanti della provincia di
Nairobi (62,4%), seguiti da quelli della Costa (31,5%),
mentre i più arretrati vivono nel nordest, dove la percentuale degli
alfabetizzati è solo del 4,4%. Dalla ricerca, effettuata l’anno scorso su circa
18 mila famiglie di 69 diversi distretti, emerge un dato particolare: sono più
numerosi i kenyoti in grado di
effettuare semplici operazioni aritmetiche (67,9%), rispetto a quelli che scrivono o leggono
(64,1). Il fenomeno è spiegato dagli esperti con la necessità di molte persone,
anche le più povere, di portare avanti i loro piccoli commerci. In generale,
molti progressi sono stati compiuti, ma il Paese deve ancora confrontarsi con
un tasso di analfabetismo del 38,5%, dovuto agli alti livelli di povertà in
molte zone, ma anche a programmi scolastici inadeguati e mancanza di insegnanti
qualificati. (R.M.)
Denuncia dell’Alto commissario ONU per i diritti umani, Arbour:
in Darfur,
“lo stupro usato come arma di guerra”
In Darfur, “lo stupro e altre
violenze sessuali furono usate come arma di guerra per provocare umiliazione e
instillare paura nella popolazione civile”: è quanto ha denunciato l’Alto
commissario ONU per i diritti umani, Louise Arbour, diffondendo un Rapporto sugli attacchi terrestri e
aerei condotti a metà dicembre dalle forze armate sudanesi e dalle milizie
alleate nel villaggio di Deribat e in quelli
circostanti, nella zona nord di Jebel Marra. Secondo Arbour, citata dall’agenzia MISNA, tra “almeno 15 vittime
di aggressioni sessuali” perpetrate “da uomini in uniforme, descritti come
soldati”, una aveva appena 13 anni e due erano incinte. “Mentre alcune sono
state violentate nei villaggi – ha precisato – altre sono state rapite,
stuprate e infine rilasciate”. Inoltre, secondo fonti locali,
almeno 36 civili sarebbero morti durante l’incursione. “L’uso sistematico dello
stupro per punire e umiliare le comunità locali – ha affermato l’Alto
commissario ONU – è un crimine di guerra. Viola l’art. 3 della Convenzione di
Ginevra del 1949, siglata dal Sudan, ed è punibile dalla Corte penale
internazionale. Il governo – ha aggiunto – ha il dovere di fermare i responsabili
degli stupri”. Quindi, la richiesta alle autorità di Khartoum di affidare a
“una commissione indipendente e imparziale, che abbia la fiducia di tutte le
parti e includa investigatrici donne, un’inchiesta tempestiva e trasparente su
tutte le violazioni dei diritti umani, con un’attenzione particolare alle
accuse di stupro e di altre forme di violenza sessuale”. I risultati
dell’indagine dovranno essere resi pubblici e i responsabili delle violazioni
processati, salvaguardando le vittime e i testimoni. (R.M.)
Centinaia
di bambini riuniti a Johannesburg, in Sudafrica, per il quinto Vertice mondiale
sui media per l’infanzia
Sensibilizzare chi fa
televisione sulla necessità di una programmazione adatta ai bambini; capire in
che modo la violenza nei “media” può influire sulla psiche dei minori;
comprendere l’importanza dei mezzi di comunicazione di massa nel diffondere
informazioni sulla prevenzione delle malattie: questi, i principali argomenti
su cui si sono confrontati centinaia di bambini di tutto il mondo, riuniti nei
giorni scorsi a Johannesburg, in Sudafrica, per il quinto Vertice mondiale sui media per l’infanzia. “Media come strumenti di pace e
democrazia” è stato il tema dell’incontro, che dal 1995 si svolge ogni tre
anni. Sotto la guida di un gruppo di adulti – riferisce l’agenzia MISNA – tra
cui diverse organizzazioni cattoliche, impegnate da anni a promuovere regole
per l’infanzia da rispettare nelle trasmissioni televisive, i bambini si sono
confrontati sugli effetti che la televisione potrebbe comportare nei confronti
dei minori. Firdoze Bulbulia,
organizzatore del vertice, ha affermato che si sta prendendo in esame il
progetto di un “Media center per i bambini”, che sarà in grado di produrre e
distribuire prodotti per i più piccoli.
(F.L.)
7 aprile 2007
- A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti -
- Dopo il rilascio dei 15
marinai britannici da parte delle autorità iraniane, il governo di Teheran auspica un “gesto di buona volontà” del governo di
Londra per la liberazione di 5 iraniani arrestati da forze della coalizione in
Iraq. L’esecutivo iraniano ha definito, intanto, una
“farsa” la conferenza stampa, ieri a Londra, dei 15 militari. I marinai hanno
riferito che durante la detenzione in Iran sono stati sottoposti ad una “costante
pressione psicologica”. I militari hanno anche affermato che, al momento
dell’arresto, si trovavano in acque irachene. Durante la prigionia avevano
invece affermato che erano entrati illegalmente in territorio iraniano. Per la
loro liberazione, Benedetto XVI aveva scritto una
lettera all’ayatollah, Ali Khamenei, chiedendo al
leader spirituale iraniano di intercedere in favore dei militari.
- In
Iraq, è stato ridimensionato il bilancio delle vittime dell’attentato suicida avvenuto
ieri a Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar. Il comando militare
americano ha precisato che l’azione terroristica, condotta con un camion-bomba
al cloro, ha provocato 12 morti e non 20 come riferito ieri da agenzie di
stampa. L’episodio ha creato grave preoccupazione
tra le truppe della coalizione. Si teme, infatti, che siano in
programma altri attentati con agenti chimici. Sul versante politico,
intanto, il governo ha annunciato che si terrà il 3
ed il 4 maggio a Sharm-el-Sheikh,
in Egitto, la Conferenza a livello di ministri degli Esteri per la sicurezza e
la stabilizzazione in Iraq. All’incontro è prevista la partecipazione
dei capi delle diplomazie di diversi Paesi arabi ed europei, di delegazioni dei
cinque Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU e di
rappresentanti di organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite e la
Lega araba.
- In Afghanistan, proseguono
le operazioni di ricerca dei due cooperanti francesi di un’organizzazione non
governativa sequestrati insieme con tre afghani. Sul loro rapimento emergono,
intanto, nuovi particolari. Il nostro servizio:
*************
Dopo la conferma ufficiale
del rapimento e la rivendicazione del sequestro da parte di un gruppo di
talebani, è arrivata anche la notizia del trasferimento degli ostaggi nella
provincia di Helmand. Un portavoce dei talebani ha
anche riferito che gli ostaggi sono “in buone condizioni di salute”. Era da
martedì scorso che non si avevano più notizie dei due cooperanti francesi e dei
tre afghani. Fonti locali hanno precisato che il rapimento è avvenuto in una
regione desertica scarsamente popolata che si trova tra l’Iran e la provincia
di Helmand, la zona meridionale roccaforte dei
talebani in cui viene prodotta la maggior parte
dell’oppio dell’Afghanistan. In questa stessa area era stato rapito, lo scorso
5 marzo, l’inviato del quotidiano “La Repubblica”, Daniele Mastrogiacomo,
insieme con l’autista, ucciso dai talebani, e l’interprete ancora tenuto in
ostaggio. I rapitori dell’interprete, che chiedono la liberazione di due guerriglieri
in cambio del rilascio del suo rilascio, hanno fissato per lunedì prossimo
l’ultimatum. Il fondatore dell’organizzazione umanitaria ‘Emergency’,
Gino Strada, ha lanciato un accorato appello chiedendo di risparmiare la vita
al cittadino afghano. Gino Strada ha anche chiesto la liberazione di un suo
collaboratore, arrestato dagli agenti afghani dopo aver mediato per il rilascio
del reporter italiano. Sul ruolo assunto dal governo italiano nella vicenda ‘Mastrogiacomo’ il presidente afghano, Hamid
Karzai, ha dichiarato intanto che l’esecutivo di Kabul ha ricevuto pressioni da
Roma per la liberazione dei cinque talebani in cambio del rilascio del
giornalista italiano. Karzai ha anche ammesso, ieri, di aver incontrato alcuni
rappresentanti dei talebani per discutere di nuove, possibili iniziative di
pace.
*************
- Nel nord dello Sri Lanka, un autobus è saltato su una mina, posta sul ciglio
di una strada. La deflagrazione ha causato la morte di almeno 7 persone, tra
cui 6 civili. Secondo gli inquirenti, dietro questo drammatico episodio ci sono
i ribelli delle tigri tamil, che combattono per
l’indipendenza dell’area nord orientale del Paese.
- In
Pakistan, l’esercito ha preso il controllo dell’area tribale del Waziristan del Sud, teatro nei giorni scorsi di duri
scontri tra tribù pashtun, militanti di Al Qaida e talebani. Si stima
che i combattimenti abbiano causato la morte di almeno 200 guerriglieri.
- In Ucraina, è atteso per
questo pomeriggio un intervento del premier filo-russo Yanukovic
sulla crisi istituzionale, creatasi dopo la decisione del presidente
filo-occidentale Yushenko di sciogliere il Parlamento ed indire nuove elezioni. A Kiev, intanto, migliaia di persone sono scese in
piazza contro la scelta di Yushenko, che ieri ha ricevuto la telefonata del presidente russo,
Vladimir Putin. Il capo del Cremlino ha auspicato la
risoluzione della crisi attraverso il dialogo.
- Ancora rapimenti in
Nigeria: agenzie di stampa hanno reso noto che, nel sud del Paese africano,
sono stati rapiti due dipendenti turchi di un’impresa petrolifera. Nell’area meridionale della Nigeria, regione ricca di
giacimenti petroliferi, i sequestri di stranieri sono frequenti. Gli inquirenti
ritengono che dietro questo nuovo rapimento ci sia la mano del sedicente ‘Movimento
per l’Emancipazione del Delta del Niger’ (MEND), che
chiede una diversa distribuzione delle risorse derivanti da attività
petrolifere.
- Il segretario
di Stato aggiunto americano per gli Affari africani, Jendayi
Frazer, è arrivato stamani a sorpresa a Baidoa, in Somalia. Sono previsti incontri con il
presidente somalo, Abdullahi Yusuf
Ahmed, e con il premier, Ali Mohammed
Gedi. La città di Baidoa,
250 chilometri a nord-ovest di Mogadiscio, ospita il Parlamento somalo. Nella
capitale Mogadiscio, teatro negli ultimi giorni di violenti scontri tra ribelli
e soldati somali appoggiati da forze etiopiche, non è ancora possibile garantire
un’adeguata cornice di sicurezza.