RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 97 - Testo della trasmissione di sabato 7 aprile 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Via Crucis al Colosseo: il Papa ricorda che il grande peccato dell'uomo è l'insensibilità alla sofferenza degli altri. Dio, invece, si è fatto vicino al nostro dolore

 

Dare spazio alle ragioni del cuore per superare la crisi di fede del mondo di oggi: così padre Raniero Cantalamessa nella Celebrazione della Passione

 

Il Papa presiede alle 22.00 la Veglia Pasquale. I commenti di mons. Piero Marini sulla madre di tutte le veglie e di mons. Angelo Comastri sul silenzio del Sabato Santo

 

E’ morto improvvisamente l’arcivescovo Luis Robles Díaz, vicepresidente della Pontifica Commissione per l’America Latina

 

 Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 La cristianità della Terra Santa in festa per la Pasqua celebrata in comune tra cattolici, ortodossi e protestanti. Ai nostri microfoni mons. Fouad Twal e sua eminenza Gennadios Zervos

 

Domani a Roma la marcia contro la pena di morte. Intervista con Mario Marazziti

 

“Investire nella salute”, il motto dell’odierna Giornata mondiale della sanità.  A rischio adulti e bambini per i cambiamenti climatici: allarme dell’OMS e di Save the children. Con noi Roberto Bertollini e Valerio Neri

 

 Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

 

CHIESA E SOCIETA’:

Spina bifida: identificato il gene responsabile

 

 Giornata dell’infanzia palestinese: 860 bambini uccisi durante la seconda Intifada

 

Nigeria: in vista delle presidenziali e delle legislative di fine aprile, le Chiese cristiane lanciano un appello per un “voto sereno”

 

“Da strumenti di odio e vendetta ad arnesi che producono solidarietà, giustizia e pace”: durante la Via Crucis, l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe, brucia i coltelli raccolti nelle chiese

 

 Contro l’efficientismo economico, “riscoprire la cultura della vita”: così, nel messaggio pasquale della Conferenza episcopale della Corea del Sud

 

Rapporto della Banca Mondiale sull’Asia: economia in crescita, ma aumenta anche il divario tra ricchi e poveri

 

 Kenya: il 64% della popolazione è istruita, ma restano 8 milioni di analfabeti adulti

 

Denuncia dell’Alto commissario ONU per i diritti umani, Arbour: in Darfur, “lo stupro usato come arma di guerra”

 

 Centinaia di bambini riuniti a Johannesburg, in Sudafrica, per il quinto Vertice mondiale sui media per l’infanzia

 

24 ORE NEL MONDO:

        La vicenda dei 5 marinai britannici arrestati in Iran. Il Papa aveva scritto all’Ayatollah Khamenei per chiederne la liberazione

 

Il Papa e la Santa Sede

7 aprile 2007

 

La Via Crucis al Colosseo: il Papa ricorda che il grande peccato dell'uomo

 è l'insensibilità alla sofferenza degli altri.

Dio, invece, si è fatto vicino al nostro dolore

 

La passione di Gesù consente di vedere quella di tutti i sofferenti. Così ieri sera Benedetto XVI al termine della Via Crucis al Colosseo. Proposte dal biblista mons. Gianfranco Ravasi, le meditazioni hanno offerto uno sguardo sull’umanità ferita di oggi. Ma il nostro Dio non è lontano, ha detto il Papa, si è fatto carne per essere vicino al dolore dell’uomo. Il servizio di Tiziana Campisi.

 

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(Musica)

 

Il percorso di Gesù verso il Calvario ci insegna a vedere la sofferenza col cuore. Dio si è fatto uomo per darci un cuore di carne e risvegliare in noi l’amore per i sofferenti e i bisognosi:

 

“Seguendo Gesù nella via della Sua passione vediamo non soltanto la passione di Gesù, ma vediamo tutti i sofferenti del mondo ed è questa la profonda intenzione della preghiera della Via Crucis: di aprire i nostri cuori e aiutarci a vedere con il cuore”.

 

E’ un viaggio nel dolore la Via Crucis, nel male e nella morte; ma Benedetto XVI vuole insegnare che nel meditarla si apprende il paradosso del dolore: viverlo col cuore schiude all’amore. E se la vita serba tribolazioni è ancora Gesù a soccorrere l’uomo:

 

“Il nostro Dio non è un Dio lontano, intoccabile nella sua beatitudine: il nostro Dio ha un cuore. Anzi ha un cuore di carne, si è fatto carne proprio per poter soffrire con noi ed essere con noi nelle nostre sofferenze. Si è fatto uomo per darci un cuore di carne e per risvegliare in noi l’amore per i sofferenti, per i bisognosi”.

 

Le meditazioni di mons. Gianfranco Ravasi lasciano intravedere nelle vicende e nei personaggi della strada verso la Croce il peccato che indurisce il cuore dell’uomo. Così, nel bacio di Giuda si possono riconoscere le “infedeltà”, le “apostasie” e gli “inganni” di tutti i secoli, in Gesù tradito tante “persone sole, dimenticate, vecchi, malati” e “stranieri”, mentre Pietro, nel rinnegare il Maestro, condensa “tante storie di infedeltà e di debolezza”. La sua voce è quella di molti di noi, “che ogni giorno consumiamo piccoli tradimenti”, che ci proteggiamo “dietro giustificazioni meschine lasciandoci possedere da paure vili”.

 

(lettore)

Quinta stazione: Gesù è giudicato da Pilato:

"Sotto la pressione dell’opinione pubblica Pilato incarna un atteggiamento che sembra dominare nei nostri giorni, quello dell’indifferenza, del disinteresse, della convenienza personale. Per quieto vivere e per proprio vantaggio, non si esita a calpestare verità e giustizia".

 

Ancora un cuore chiuso in se stesso: quello di Pilato; la sua indifferenza è quella di tanti, che porta alla morte lenta della vera umanità e che lascia poco spazio alla verità:

 

(lettore):

"Come spesso facciamo anche noi, Pilato, come alibi, lancia l’eterna domanda tipica di ogni scetticismo e di ogni relativismo etico: Che cos’è mai la verità?”.

 

Le riflessioni di mons. Ravasi inducono ciascuno a guardare la propria interiorità e lo sguardo di Benedetto XVI, al termine delle stazioni, è tutto concentrato sul cuore dell’uomo, cuore che il Papa invita ad aprirsi alla solidarietà, per superare quello che già nei primi secoli del cristianesimo era definito il peccato più grande:

 

“I Padri della Chiesa hanno considerato come il più grande peccato del mondo pagano la insensibilità, la durezza del cuore e amavano la profezia del profeta Ezechiele: ‘Vi toglierò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne’. Convertirsi a Cristo, divenire cristiano voleva dire ricevere un cuore di carne, un cuore sensibile per la passione e la sofferenza degli altri”.

 

Accanto al Santo Padre, che ha portato la Croce durante la prima e la quattordicesima stazione, si sono alternati, fra gli altri, una giovane congolese, una famiglia romana, un giovane cileno, una ragazza cinese e due frati francescani della Custodia di Terra Santa. Le loro etnie hanno offerto l’immagine dei diversi volti dell’umanità, le cui ferite sono tutte nelle cadute di Gesù sotto il peso della Croce:

 

(lettrice):

"In quelle cadute c’è anche la storia di tutte le persone desolate nell’anima e infelici, ignorate dalla frenesia e dalla distrazione di chi passa accanto. In Cristo piegato sotto la croce c’è l’umanità malata e debole".

 

Ma Gesù che si alza e avanza, talvolta irrompe nelle strade di questa umanità: è il mistero dell’incontro con Dio che attraversa all’improvviso tante vite, come quella del Cireneo, emblema del misterioso abbraccio tra la grazia divina e l’opera umana. Nelle tappe della Via Crucis, scorre il passato, ma le vicende raccontate nella sua tradizione trovano eco in svariate realtà di oggi. E così che l’incontro di Gesù con le donne di Gerusalemme ci offre una prospettiva attuale:

 

(lettore):

"Accanto a lui noi ora immaginiamo anche tutte quelle donne umiliate e violentate, quelle emarginate e sottoposte a pratiche tribali indegne, le donne in crisi e sole di fronte alla loro maternità, le madri ebree e palestinesi e quelle di tutte le terre in guerra, le vedove o le anziane dimenticate dai loro figli…"

 

Le donne di Gerusalemme sono il segno della tenerezza e della commozione, insegnano la bellezza dei sentimenti, la compassione che non ha vergogna di mostrare lacrime, di donare una carezza e di offrire consolazione a chi soffre. E proprio ai sofferenti è andato l’ultimo pensiero del Papa che ha chiesto preghiere per chi vive nel dolore:

 

“Preghiamo in questa ora il Signore per tutti i sofferenti del mondo. Preghiamo il Signore perché ci dia realmente un cuore di carne, ci faccia messaggeri del Suo amore non solo con parole, ma con tutta la nostra vita”.

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Dare spazio alle ragioni del cuore per superare

la crisi di fede del mondo di oggi:

così padre Raniero Cantalamessa nella Celebrazione della Passione

 

“La nostra civiltà, dominata dalla tecnica, ha bisogno di un cuore, perché l’uomo possa sopravvivere in essa”. Così il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, nell’omelia tenuta in San Pietro durante la celebrazione della Passione del Signore, presieduta dal Papa. Il rito, iniziato alle 17.00 con la preghiera silenziosa di Benedetto XVI prostrato davanti all’Altare maggiore, si è articolato in tre momenti: la Liturgia della Parola, l’Adorazione della Croce e la Santa Eucaristia. Migliaia i fedeli raccolti in preghiera, Padre Raniero Cantalamessa dopo la lettura della Passione di Gesù dal Vangelo di Giovanni, ha evidenziato come le donne che rimasero fino alla fine con  Cristo, sotto la sua Croce siano fulgidi esempi da imitare. Massimiliano Menichetti:

 

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Il cuore rigonfio di amore delle donne, che sotto la Croce non abbandonarono Gesù, testimoni poi della risurrezione di Cristo, annunciatrici della salvezza ed esempio per la società contemporanea che rischia di disumanizzarsi, seguendo il mero progresso tecnologico. E’ questa in sintesi la traccia di meditazione proposta da padre Raniero Cantalamessa, che ha aperto la sua omelia con l’immagine delle “pie donne” che, sotto la Croce insieme a Maria, “sfidarono il pericolo che c’era nel mostrarsi in favore di un condannato a morte”.

 

Nessuna donna è coinvolta nella condanna di Gesù – ha spiegato il predicatore della Casa Pontificia – e queste donne definite “madri coraggio” “sono le prime, oltre a Maria, Madre di Cristo, a vedere il Risorto e “ad esse viene dato l’incarico di annunciarlo agli apostoli”. “Le pie donne” avevano seguito Gesù “per lui stesso, per gratitudine del bene da Cristo ricevuto”:

 

“Lo seguivano, è scritto,per servirlo’; erano le uniche, dopo Maria, la Madre, ad avere assimilato lo spirito del vangelo. Avevano seguito le ragioni del cuore e queste non le avevano ingannate”.

 

Ed è proprio per questo - ha aggiunto padre Raniero Cantalamessa  - che “la loro presenza accanto al Crocifisso e al Risorto contiene un insegnamento vitale per noi oggi:

 

“La nostra civiltà, dominata dalla tecnica, ha bisogno di un cuore perché l’uomo possa sopravvivere in essa, senza disumanizzarsi del tutto. Dobbiamo dare più spazio alle ‘ragioni del cuore’, se vogliamo evitare che, mentre si surriscalda fisicamente, il nostro pianeta ripiombi spiritualmente in un’era glaciale. La grande crisi di fede del mondo di oggi, che è veramente grande, è che non si ascoltano più le ragioni del cuore, ma solo quelle contorte della mente”.

 

“Al potenziamento dell’intelligenza e delle possibilità conoscitive dell’uomo” - ha ribadito - “non va di pari passo, purtroppo, il potenziamento della sua capacità d’amore”:

 

“Quest’ultima, anzi, sembra che non conti nulla, mentre noi sappiamo, lo sentiamo, lo sperimentiamo nella vita, che la felicità o l’infelicità non dipende tanto dal conoscere o non conoscere, quanto dall’amare o non amare, dall’essere amato o non essere amato. Il motivo di ciò è semplice: noi siamo creati ‘a immagine di Dio’, e Dio è amore, Deus caritas est!”.

 

Quindi ha parlato di nuova idolatria, riferendosi alla spinta a potenziare la sola intelligenza, slegata dalle ragioni del cuore, della fede. “Solo l’amore redime e salva – ha detto - mentre la scienza e la sete di conoscenza, da sole, possono portare alla dannazione”. C’è da augurarsi - ha aggiunto - che si apra finalmente, per l’umanità, un’era della donna, un’era del cuore, della compassione; ed evidenziando che anche la donna “ha bisogno di essere salvata da Cristo”, ha sottolineato:

 

“E’ certo che, una volta redenta da Lui e ‘liberata’ sul piano umano da antiche soggezioni, la donna può contribuire a salvare la nostra società da alcuni mali inveterati e cronici che la minacciano: violenza, volontà di potenza,aridità spirituale,  disprezzo della vita”.

 

Quindi introducendo il lungo e singhiozzante viaggio verso il Calvario delle “pie donne” ha ricordato che il loro pianto fu “l’unico suono amico che giunse alle orecchie del Salvatore; mentre pendeva dalla Croce, e che sul Golgota “i loro sguardi furono gli unici a posarsi con amore e compassione su di Lui”.

 

Riferendosi poi alla liturgia bizantina, che ha onorato queste donne dedicandogli una domenica dell’anno liturgico, la seconda dopo Pasqua, ha sottolineato che queste donne non sono solo da ammirare e onorare, ma anche da imitare:

 

“La Passione si prolunga nelle membra del corpo di Cristo. Sono perciò eredi delle 'pie donne' le tante donne, religiose e laiche, che stanno oggi a fianco dei poveri, dei malati di AIDS, dei carcerati, dei reietti di ogni specie della società; le donne che sono al fianco e sostengono coloro che sono torturati e condannati. Ad esse – credenti o non credenti – Cristo ripete: ‘L’avete fatto a me’”.

 

Quindi ribadendo che “non solo per il ruolo svolto nella Passione, ma anche per quello svolto nella Risurrezione le pie donne sono di esempio anche alle donne cristiane di oggi”:

 

“C’è un solo ‘Andate!’ indirizzato a delle donne, quello rivolto alle mirofore il mattino di Pasqua: Allora Gesù disse loro:Andate ed annunziate ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno’. Con queste parole le costituiva prime testimoni della risurrezione,maestre dei maestri’ come le chiama un autore del VI secolo”.

 

Ed è con il volto radioso dell’annuncio della Risurrezione che ha esortato a non avere paura: “Donne cristiane, continuate a portare ai successori degli Apostoli, a noi sacerdoti loro collaboratori, il lieto annuncio:Il Maestro è vivo! E’ risorto! Vi precede in Galilea, cioè dovunque andiate’!”.

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Il Papa presiede alle 22.00 la Veglia Pasquale.

I commenti di mons. Piero Marini sulla madre di tutte le veglie

e di mons. Angelo Comastri sul silenzio

 del Sabato Santo

 

Questa notte la Chiesa rimane in attesa della Risurrezione del Signore. Il Triduo Pasquale, culmine di tutto l’anno liturgico, trova il suo fulcro proprio in questa Veglia, madre di tutte le veglie, in cui si commemora Cristo risorto. Benedetto XVI presiederà nella Basilica Vaticana la Veglia Pasquale nella Notte Santa alle ore 22.00. La nostra emittente seguirà la cronaca del rito a partire dalle 21.50. Sul significato della Veglia, Fabio Colagrande ha sentito mons. Piero Marini, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie:

 

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R. – E’ il cuore non solo del Triduo Pasquale, ma è il cuore di tutto l’anno. E’ una veglia nella quale – e proprio il nome dice questo – bisogna essere svegli. E’ una notte nella quale chi ha fede non dovrebbe dormire, ma dovrebbe rimanere sveglio. Questo è un po’ il senso di tutta la nostra vita: è il Signore che viene ad incontrarsi con noi, è il Signore che viene a salvarci. Le letture bibliche ci ricordano tutte le notti nelle quali siamo stati salvati, dalla creazione al passaggio del Mar Rosso. E’ una notte nella quale non si può dormire, perché il Signore viene e noi dobbiamo essere pronti ad essere salvati da Lui.

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Domani mattina alle 10.30 Benedetto XVI presiederà la Santa Messa del Giorno di Pasqua sul sagrato della Basilica di San Pietro. Al termine della celebrazione, alle 12.00, il Papa pronuncerà il Messaggio Pasquale e impartirà la Benedizione "Urbi et Orbi" dalla Loggia Centrale della Basilica. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca di questi eventi che saranno seguiti in mondovisione da oltre 100 emittenti televisive di 67 Paesi.

 

Oggi, intanto, la Chiesa vive nel Sabato Santo un giorno di silenzio e di attesa, come spiega l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato della Città del Vaticano, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Il Sabato Santo storicamente è stato un giorno di silenzio, è stato un giorno di smarrimento, ed è una giornata che ci ricorda che nella storia e nella vita di ciascuno di noi ci sono delle giornate buie, ci sono delle giornate di silenzio, ci sono delle giornate in cui sembra che tutto sia perduto. Quando viviamo quelle giornate ricordiamo il Sabato Santo, ricordiamoci che c’è stato un giorno in cui tutto sembrava chiuso nella tomba, tutto sembrava ormai perduto, irreparabile. Quando viviamo queste giornate ricordiamoci che anche il Sabato Santo è stato vinto, che anche il Sabato Santo è sbocciato in risurrezione. In questo modo ritroveremo anche noi la speranza.

 

R. – Il Sabato Santo è anche l’Ora della Madre …

 

D. – Nel custodire accesa la lampada della speranza il modello è Maria. Tante volte quando rifletto sul mistero del Sabato Santo, io penso che in quella giornata Maria sia stata il punto di riferimento anche per gli Apostoli, sballottati dalla bufera della Passione, io credo che gli apostoli andarono a cercare Maria, si raccolsero attorno a lei, attorno alla Madre, per risentire in lei l’eco della voce di Gesù, per rivedere nei suoi occhi una scintilla degli occhi di Gesù e sicuramente Maria fu colei che tenne accesa la fede, che tenne accesa la speranza: ecco perché il sabato è consacrato a Maria, perché il sabato è di Maria, perché Maria lo ha occupato con la fedeltà, lo ha occupato con la tenacia, lo ha occupato con la sua fede. E noi, in ogni sabato, ci accostiamo a Maria per dirle: Maria aiutaci a credere, aiutaci a perseverare come te nell’attesa del Signore.

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E’ morto improvvisamente l’arcivescovo Luis Robles Díaz,

vicepresidente della Pontifica Commissione per l’America Latina

 

Si è spento improvvisamente, all’età di 69 anni, l’arcivescovo Luis Robles Díaz, vicepresidente della Pontifica Commissione per l’America Latina. A darne l’annuncio, con intenso dolore, sono la Segreteria di Stato vaticana e il cardinale presidente del dicastero, Giovanni Battista Re. Nato ad El Grullo, in Messico, nel 1938, mons. Robles Díaz è stato ordinato sacerdote nel 1963 e consacrato vescovo nel 1985. Prima di assumere l’incarico in Vaticano era stato nunzio apostolico a Cuba. La Segreteria di Stato informa che martedì 10 aprile saranno resi noti il luogo e la data della celebrazione esequiale.

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

 

Servizio vaticano - Pasqua 2007: "Il trionfo della Verità".

 

Servizio estero - Ambiente: il pianeta minacciato dai mutamenti climatici; approvato il rapporto dell' 'IPCC".

 

Iraq: fissata per l'inizio di maggio la conferenza di riconciliazione.

 

Servizio culturale - Un articolo di Armando Rigobello sulla Pasqua di Risurrezione.

 

Servizio italiano - In primo piano la vicenda Telecom.

 

 

Oggi in Primo Piano

7 aprile 2007

 

 

La cristianità della Terra Santa in festa per la Pasqua celebrata

 in comune tra cattolici, ortodossi e protestanti

 

E' una coincidenza poco frequente, ma quando si verifica - come quest'anno - conferisce alla festa quella dimensione unitaria perduta con lo scisma. Nel 2007, cattolici e ortodossi festeggiano la Pasqua nello stesso giorno. Come è noto, le Chiese d'Occidente, comprese quelle protestanti, fissano la data della Pasqua secondo il calendario "gregoriano", risalente alla riforma di Papa Gregorio XIII del 1582. Le Chiese d'Oriente, invece, si rifanno al più antico calendario "giuliano", fissato da Giulio Cesare nel 46 a. C. La convergenza delle due date assume un particolare significato in Terra Santa: in questi giorni una folla di cattolici e ortodossi ha riempito i Luoghi Santi nei quali, per via delle norme che regolano lo status di Gerusalemme, questa mattina ha già avuto luogo la Veglia pasquale. La cronaca della cerimonia nel servizio di Graziano Motta:

 

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Una marea di fedeli, in gran parte pellegrini venuti da ogni parte del mondo, in particolare dalla Russia, ma quest’anno anche molti cristiani palestinesi, giunti con il permesso delle autorità israeliane dai Territori occupati della Cisgiordania, ha invaso la città vecchia accalcandosi nel piazzale antistante e nelle viuzze attorno alla Basilica del Santo Sepolcro, per la cerimonia più sentita del Triduo Pasquale, che vi si svolge: cioè, l’accensione del fuoco nuovo all’interno della cappella dell’Anastasi, accanto al Sepolcro vuoto di Gesù, per testimoniare che con la sua Risurrezione una luce nuova da Gerusalemme si propaga nell’universo. Una cerimonia liturgica delle Chiese ortodosse nei vari riti, alla quale partecipano non solo loro fedeli, ma anche i cattolici. E’ così il momento ecumenico più alto della Chiesa madre di Gerusalemme: il fuoco nuovo viene trasferito dall’interno dell’edicola attraverso degli oblò a ceri e candele di fedeli al suo esterno e da questi passato ad altri anche fuori della Basilica. Raggiungerà poi località cristiane vicine e lontane, trasportato anche in aereo, a cominciare da Atene, grazie a due euzoni, guardie della presidenza della Repubblica greca, inviate appositamente a Gerusalemme. Prima di questo evento centrale nella giornata del Sabato Santo nella Basilica, davanti alla Cappella dell’Anastasi, la Chiesa latina di Gerusalemme ha celebrato la Risurrezione del Signore. La Messa è stata presieduta dal vescovo Fouad Twal, coadiutore del patriarca Michel Sabbah. Dopo la settima lettura della liturgia della Parola, il presule ha intonato l’inno del “Gloria in excelsis Deo” e al canto sono state sciolte le campane e l’organo ha innalzato altissime le sue note. Al momento di tripudio della proclamazione della Risurrezione del Signore, fatta proprio sul luogo dell’avvenimento, hanno assistito i tantissimi fedeli ortodossi presenti. Ha fatto seguito la liturgia di benedizione dell’acqua battesimale e la liturgia eucaristica, conclusa da un triplice “Alleluia”.

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Nonostante le ultime, drammatiche notizie di cronaca - oggi elicotteri israeliani hanno provocato un morto fra i palestinesi, durante un attacco nella Striscia di Gaza - la tregua che sostanzialmente regge dopo sei anni di violenze ha permesso ai fedeli di tornare in massa a celebrare la Pasqua tra le strade della Citta' Santa. Secondo le autorità israeliane, ottomila palestinesi cristiani dalla Cisgiordania e 500 dalla Striscia di Gaza hanno avuto il permesso di raggiungere Gerusalemme, nonostante il blocco della circolazione imposto per la Pasqua ebraica. Lo conferma mons. Fouad Twal, coadiutore del Patriarcato Latino di Gerusalemme, intervistato da Luca Collodi:

 

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R. - Abbiamo una folla di gente, davvero enorme, in particolare ortodossi provenienti dalla Russia ma anche pellegrini italiani. Le piccole e le strette strade di Gerusalemme sono piene ed è difficoltoso anche camminare, c'è bisogno talvolta dell'aiuto della Polizia. In questi giorni, poi, è stata celebrata anche la Pasqua ebraica: immaginate tutta questa marea di gente sparsa per le piccole strade di Gerusalemme. E’ una grande gioia vedere tutta questa gente che viene a pregare, ma è certamente complicato riuscire a raggiungere i Luoghi Santi.

 

D. - Mons. Twal, le autorità israeliane hanno dimostrato disponibilità nei confronti delle cerimonie cristiane?

 

R. - Sì, quest’anno, come è avvenuto anche a Natale, hanno dato permessi ai nostri fedeli per raggiungere Gerusalemme. Ma noi non vogliamo delle eccezioni o dei permessi di tanto in tanto, per raggiungere Gerusalemme o Betlemme. Ci auguriamo di riuscire ad arrivare ad una situazione di pace e di fiducia reciproca, cosicché tutti i cristiani - e non soltanto gli stranieri, ma anche i nostri, quelli della Giordania e della Siria - possano avere il privilegio, la gioia di venire a pregare con noi al Santo Sepolcro.

 

D. - La situazione del Medio Oriente, in questa Pasqua 2007, qual è realmente sul terreno?

 

R. - Ci sono maggiori segni di speranza, ma a livello nazionale e locale la situazione è sempre la stessa ed i check point sono sempre lì. Non è cambiato molto. C’è solamente una maggiore speranza. A livello internazionale - ringraziamo il Signore - sembra che qualcosa si muova: il governo israeliano, attraverso il premier Olmert, ha offerto più di una volta la disponibilità ad incontrare le controparti. Noi saremmo certamente più felici di vedere i fatti: i discorsi sono sì belli e danno speranza, ma nessuno di noi - né arabi, né israeliani - può vivere solo di discorsi.

 

D. - Mons. Twal, un ultimo segnale ed anche questo di speranza, è l’aumento dei pellegrini in Terra Santa in queste ore...

 

R. - E' fantastico. La loro presenza significa molto, veramente molto per noi. Rappresenta la comunione ecclesiale fra noi tutti. Dimostra anche che non siamo soli, non siamo abbandonati. Con alcuni preghiamo insieme, con altri facciamo gemellaggi, con altri ancora facciamo progetti. Spero che questa Pasqua sia una festa di Risurrezione per tutti, per tutto il Medio Oriente, così che anche il Medio Oriente possa avere la sua gioia e possa cantare “Alleluia” con pace e con rispetto reciproco.

 

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L'occasione della Pasqua celebrata comunemente l'8 aprile viene molto sottolineata anche in ambito ortodosso. Il Patriarca ortodosso russo, Alessio II, ha inviato un messaggio di auguri a Benedetto XVI, e anche il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli vede in questa circostanza un segno di quella piena comunione cui aspirano cattolici e ortodossi, come sottolineato nel novembre scorso durante il viaggio del Papa in Turchia. Ecco il commento di Sua Eminenza Gennadios Zervos, arcivescovo ortodosso di Italia e di Malta del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ed Esarca patriarcale per l’Europa meridionale, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. - Dalla spiritualità della Settimana Santa proviene la forza spirituale e morale che permette alla nostra Chiesa di essere forte per celebrare la grande festa fra le feste, la grande solennità fra le solennità: la Pasqua, con la presentazione dello Sposo della Chiesa che è Cristo. Ecco l’uomo di cui celebriamo la Crocifissione, con gli inni che elevano l’anima del fedele ortodosso per prepararsi bene, per essere fedele a Dio, per essere pieno di speranza e di amore così da poter poi celebrare la grande festività della Risurrezione.

 

D. - Eminenza, come viene rappresentata dagli artisti ortodossi la Pasqua?

 

R. - Gli artisti ortodossi rappresentano la Pasqua con una grande figura vittoriosa: Cristo che tiene in una mano Adamo ed Eva nell’altra. Cristo esce dalla tomba della morte per passare alla vittoria, al Regno eterno, alla vita eterna. Questa è la grande icona che dà a tutti noi la gioia, la pace e la speranza: sono i messaggi della Risurrezione, insieme all’unità e alla convivenza fra tutte le creature di Dio.

 

D. - Eminenza, i cristiani come possono testimoniare al mondo Gesù Risorto?

 

R. - La grande importanza della nostra testimonianza agli altri è la nostra unità. Unità che in questa grande festa di Pasqua invochiamo continuamente, affinché tutti - e non soltanto i cristiani - possiamo essere uniti e fedeli in Cristo nostro Salvatore. Lo stesso Gesù Cristo ci dice di essere uniti affinché il mondo creda.

 

D. - Cristiani ed ortodossi si sforzano di camminare sulla via dell’unità. Quali sono le sue speranze, eminenza?

 

R. - Io credo che le speranze siano molto concrete. A noi rimane il dovere e la responsabilità di collaborare fraternamente fra di noi, di soffrire anche per questa divisione. Questo è, forse, il più grande peccato che dobbiamo patire noi cristiani sulla strada che ci porta alla realizzazione della volontà di Dio, di non essere cioè tutti una sola cosa. Dall’altra parte lo dimostra lo storico incontro fra Papa Benedetto XVI e il Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I: io ho avuto l’onore e la gioia di vedere e condividere questo abbraccio storico. Un gesto che ha rappresentato veramente una grande speranza per arrivare a realizzare la volontà di Dio. Ognuno di noi deve prestare la propria attenzione, il proprio interessamento, la propria dedizione e il proprio sacrificio per riuscire a realizzare la volontà di Dio. Io sono tanti anni che sono qui in Italia e posso dire che sono molti i passi in avanti compiuti. Oggi, abbiamo scoperto di essere veramente fratelli, di essere Chiese sorelle, figli dello stesso Dio. Ora, dobbiamo collaborare insieme per realizzare la volontà di Dio. Poco prima della sua Passione, Gesù ha pregato perchè fossimo una cosa sola affinché il mondo creda.

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Domani a Roma la marcia contro la pena di morte

 

In marcia attraverso Roma contro la pena di morte. Domani, domenica di Pasqua, dalle 9.30  un corteo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, da Nessuno Tocchi Caino, dal Partito Radicale e dal Comune capitolino, si snoderà dal Campidoglio fino a Piazza San Pietro, dove arriverà per la bendeizione del Papa Urbi et Orbi. Una iniziativa organizzata a sostegno dell’impegno del governo italiano per la presentazione urgente di una risoluzione, per una moratoria generale delle sentenze e delle esecuzioni capitali presso l’Assemblea generale dell’ONU a New York. Moltissime le adesioni arrivate agli organizzatori: esponenti della politica, del governo, enti locali e le massime cariche dello Stato, dal premier Romano Prodi al presidente Giorgio Napolitano, che ha inviato un messaggio di sostegno alla manifestazione. Francesca Sabatinelli ha intervistato Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio:

 

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R. – E’ un sostegno al governo e all’iniziativa italiana. Certo, è anche una sollecitazione all’Italia, ai Paesi europei, perché si prendano delle iniziative decisive necessarie in ambito internazionale per creare un fronte che non sia solo italiano ed europeo, ma che coinvolga molti Paesi del sud del mondo e, quindi, si possano avere davvero i numeri politici e reali per vincere in sede di Assemblea generale delle Nazioni Unite e far approvare per la prima volta una risoluzione che chieda una moratoria universale delle esecuzioni e delle sentenze capitali.

 

D. – Marazziti, i numeri ci sono perché alle Nazioni Unite si possa ottenere un successo?

 

R. – I numeri ci sono. Negli ultimi dieci anni, più di 20 Paesi hanno cambiato fronte e sono diventati, abolizionisti di fatto o abolizionisti per legge. Più della metà dei Paesi del mondo non usa più la pena capitale o l’ha abolita definitivamente. Bisogna ricordare, però, che nel ’99 l’iniziativa dell’Unione Europea fu fermata da uno schieramento contrario. Singapore guidò un’alleanza di Paesi del sud del mondo, dicendo ‘no’ alle ingerenze neocolonialiste dell’Europa in questioni interne.  Si toccò un punto molto sensibile, dove anche Paesi che hanno abolito la pena di morte, non volevano che i Paesi più forti imponessero il loro punto su altre questioni. Allora, bisogna avere uno schieramento politico più vasto dei numeri che si hanno sul terreno della pena di morte, per avere la certezza. Per questo c’è bisogno di una iniziativa diplomatica italiana ed europea, capace di creare consenso negli ambienti che la volta scorsa lavoravano contro.

 

D. – Marazziti, la marcia partirà dal Campidoglio e arriverà sino a Piazza San Pietro. Raccoglierete tante persone in questa vostra marcia, perchè avete raccolto tante e tante adesioni…

 

R. – Io credo che ci sia una sensibilità cambiata. Si sente che questa è una frontiera per una civiltà più rispettosa di una cultura della vita. E’ anche un modo di interpretare questi 50 anni dell’Europa, come portatrice di una democrazia attenta ai diritti umani, di una democrazia umanistica. Allora, io penso che tanti romani o tanti di coloro che vengono a Roma per il giorno di Pasqua - sicuramente la piazza che sarà ad ascoltare la Benedizione Urbi et Orbi del Papa - saranno molto in sintonia con questa sensibilità.

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“Investire nella salute”,

 il motto dell’odierna Giornata mondiale della sanità. 

A rischio adulti e bambini per i cambiamenti climatici:

allarme dell’OMS e di Save the children

 

“Oggi abbiamo la conoscenza e le risorse necessarie per costruire un mondo più sano e sicuro”. Così il segretario generale dell’ONU,  Ban Ki-moon, nel messaggio per l’odierna Giornata mondiale della salute. Occorre allora “investire nella salute per costruire un futuro più sicuro”, chiede l’OMS, l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Ma a chi è rivolto questo pressante invito? Roberta Gisotti lo ha chiesto al dott. Roberto Bertollini, responsabile per l’Europa dell’OMS:

 

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R. - I cambiamenti climatici stanno già colpendo la salute della popolazione e saranno ancora maggiormente un problema nel futuro. Questo si manifesta anche in modo drammatico attraverso la possibilità di epidemie di malattie che attualmente non sono epidemiche o che potrebbero manifestarsi; si manifesta attraverso le possibilità che l'innalzamento del mare determini in alcune popolazioni la necessità di migrare; le alluvioni e le ondate di calore. E' una situazione assolutamente molto preoccupante. Dobbiamo tenere in considerazione il problema della salute come chiave di fondo, come chiave centrale per promuovere e motivare l'azione non solo dei governi ma anche delle aziende e di coloro che lavorano nel campo dell'energia e così via.

 

D. - Dottor Bertollini, lei già da diversi anni lavora nell'Organizzazione Mondiale della Sanità, la sua opinione è che stia crescendo la presa d'atto da parte delle autorità di quanto viene denunciato dall'ONU oppure questi rapporti trovano lo spazio delle 24 ore, durante le quali appunto occupano le pagine dei giornali?

 

R. - Da un lato, io penso che la lezione che ci è stata data soprattutto dalla SARS ha dato corso ad un diverso atteggiamento da parte di molti Paesi rispetto alle  problematiche della sanità internazionale. Accanto a questo purtroppo continuano, e si è visto in maniera molto evidente nel corso delle ultimissime fasi della negoziazione del documento sull’“IPCC Climat Change”. Esistono infatti numerose resistenze di carattere economico, politico ed anche culturale, devo dire, che si frappongono ad una trasformazione di questa presa di coscienza e di questi documenti, come lei giustamente citava, in effettive basi per una azione. Io credo che da parte di molti c'è ancora un atteggiamento di scetticismo da un lato, ma anche - dall'altro - di una visione di molto breve durata. Alcuni Paesi, ad esempio i produttori di petrolio, hanno insistito enormemente in questo ultimo negoziato per cambiare questa o quella parola per negare quelle che sono le realtà documentate in maniera inequivocabile dalle conoscenze scientifiche attuali.

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Non è solo l’OMS ad essere preoccupata dai cambiamenti climatici, che metterebbero a rischio la vita di 175 milioni di bambini, come ha denunciato “Save the children” in un rapporto lanciato ieri, di cui ci parla Valerio Neri, direttore dell’organizzazione umanitaria in Italia, al microfono di Gabriella Ceraso:

 

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R. - Ogni 15 secondi già oggi nel mondo muore un bambino per cause connesse all’acqua non potabile. E’ facile immaginare cosa questo significherà per l’aumentare della siccità oppure, viceversa, in altre zone per l’aumentare delle inondazioni che porteranno acque sporche a contaminare facilmente anche falde acquifere oggi potabile. Dall’altra parte maggiore presenza di acqua stagnante porterà ad accrescere le aree infestate dagli insetti che trasmettono delle malattie.

 

D. – A variare per i mutamenti climatici saranno anche i flussi migratori con evidente sovraccarico delle città?

 

R. – Bidonville che tenderanno ad aumentare, maggiori abusi, maggiore traffico di bambini e quindi una qualità inaccettabile della vita.

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Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica

 

Domenica 8 aprile, Pasqua di Risurrezione, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Pietro e Giovanni, avvertiti da Maria di Màgdala, corrono al sepolcro: la pietra è ribaltata e il Maestro non c’è più. Pietro entra per primo e vede “le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte”:

 

“Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:

 

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(musica)

 

La vita terrena di Gesù si compie nel Venerdì Santo e nel Sabato Santo, nella morte in croce e nella condivisione della condizione di tutti coloro che sono morti nella discesa agli inferi. La Risurrezione sarà Risurrezione dai morti. Quel che avviene oltre la discesa agli inferi è tutta opera di Dio, è qualcosa che accade tra il Padre, lo Spirito e il Figlio ed è nascosto agli occhi nostri. Quel che era accaduto prima aveva però legato il mondo e gli uomini al mistero di Dio in un modo nuovo e ora l’agire di Dio coinvolge tutto il cosmo e tutti gli uomini in modo anch’esso nuovo e inusitato. Dopo la corsa, Pietro e Giovanni vedono i primi segni di quell’avvenimento accaduto nel segreto di Dio. Da duemila anni la potenza della Risurrezione segna la vita di coloro che sono attirati dal Padre e corrono e fanno esperienza della vittoria definitiva del Figlio.

 

(musica)

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Chiesa e Società

7 aprile 2007

 

 

Spina bifida: identificato il gene responsabile

 

Il “Vangl1” è stato identificato quale primo gene responsabile della spina bifida, patologia che colpisce in Italia un bambino su 1500 e comporta una malformazione del tubo neurale. La scoperta è stata effettuata dall’equipe dell’Unità operativa dell’Istituto Gaslini di Genova, diretta da Armando Cama, in collaborazione con un gruppo di ricercatori dell’Università McGill di Montreal, in Canada. La ricerca, durata cinque anni e pubblicata sull’autorevole rivista medica internazionale ‘The New England Journal of Medicine’, è stata condotta su 114 bambini nell’ospedale pediatrico genovese. I ricercatori hanno scoperto che mutazioni a carico del gene compromettono un processo embrionale, alla base della corretta formazione del sistema nervoso centrale. “La scoperta – spiega Valeria Capra, coordinatrice del Laboratorio di Neurochirurgia del Gaslini – permette di stimare il rischio in una famiglia di ricorrenza e, laddove c’è familiarità, si indaga sul Vangl1. Si tratta – aggiunge – di un primo passo verso protocolli terapeutici di prevenzione, anche se per contrastare la patologia resta fondamentale l’assunzione dell’acido folico un mese prima della gravidanza”. (R.M.)

 

 

 

Giornata dell’infanzia palestinese:

860 bambini uccisi durante la seconda Intifada

 

Dall’inizio della seconda Intifada, nel settembre del 2000, 860 bambini sono stati uccisi e decine di migliaia feriti dai soldati e dai coloni israeliani, mentre 5200 bambini sono stati arrestati e, tra loro, 400 sono ancora detenuti nelle carceri israeliane: sono i dati diffusi giovedì dalla Rete palestinese per i diritti dell’infanzia (PNCR), in occasione della Giornata dedicata all’infanzia palestinese. “Nel 2007 – si legge in una nota, citata dall’agenzia MISNA – l’esercito israeliano ha continuato ad adoperare la stessa politica di violenza verso i bambini palestinesi”. Secondo la PNCR, durante le operazioni militari israeliane nei Territori, soltanto l’anno scorso sono stati uccisi 124 bambini e dall’inizio di quest’anno ne sono morti altri 8. “Le azioni militari israeliane e la revoca degli aiuti internazionali – continua il comunicato – hanno pesantemente colpito il diritto dei bambini a un’istruzione, a un’adeguata qualità di vita, alla protezione dalla discriminazione e allo sfruttamento economico, diritti articolati nella Convenzione internazionale dei diritti dell’infanzia”. Secondo l’Ufficio centrale palestinese di statistica (PCBS), circa il 4,4% dei palestinesi tra i 10 e i 17 anni è costretto a lavorare. La Giornata ricorda l’attacco contro i civili palestinesi nei Territori occupati lanciato delle forze israeliane il 5 aprile del 2002, nell’ambito dell’operazione ‘Muro di difesa’: decine di bambini vennero uccisi o arrestati, molti persero genitori o fratelli. (R.M.)

 

 

Nigeria: in vista delle presidenziali e delle legislative di fine aprile,

 le Chiese cristiane lanciano un appello per un “voto sereno”

 

Approfittare del clima pasquale, affinché le prossime elezioni generali si svolgano in un clima di serenità “per il bene della democrazia e della stabilità nazionale”: è l’invito lanciato congiuntamente dalla Chiesa cattolica e da quella anglicana della Nigeria, in vista del delicato appuntamento elettorale del 21 aprile, per la scelta del nuovo capo di Stato che sostituirà Obasanjo, ma anche per rinnovare il Parlamento e i 36 governatori federali. Senza dare indicazioni di voto sui singoli candidati – riferisce l’agenzia MISNA – mons. Gabriel S. Osu, direttore delle Comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Lagos, ha invitato i cittadini a “preferire coloro che sono pronti a investire nella gioventù e nello sviluppo umano, per allontanare lo spettro della violenza politica”. “Privilegiare chi ha scelto un’opzione di pace” è anche la raccomandazione rivolta da padre Julius Olaitan, amministratore generale della ‘Holy Cross Cathedral’ di Lagos. Per il reverendo Adebola Ademowo, “tutti i politici devono evitare la violenza e le attitudini che dividono. Tutti dobbiamo essere pronti a lavorare per garantire elezioni pacifiche e trasparenti”. In una nota diffusa nelle scorse settimane – lo ricordiamo – i vescovi nigeriani avevano sottolineato che “il Paese ha bisogno di un miglioramento nella leadership politica e di consolidare i risultati ottenuti dall’amministrazione democratica” (R.M.)

 

 

“Da strumenti di odio e vendetta ad arnesi che producono solidarietà, giustizia e pace”: durante la Via Crucis, l’arcivescovo di Napoli,

 cardinale Crescenzio Sepe, brucia i coltelli raccolti nelle chiese

 

Oltre 150 coltelli, raccolti nelle chiese della diocesi di Napoli, sono stati bruciati ieri sera in Piazza del Gesù, al termine della Via Crucis presieduta dall’arcivescovo della città, cardinale Crescenzio Sepe. Come ha spiegato il porporato, l’iniziativa-simbolo contro la microcriminalità giovanile è stata avviata all’inizio della Quaresima, con la raccolta degli “strumenti di odio, vendetta, sopruso e violenza”, che sono stati fatti bruciare “nel fuoco della speranza”, per essere trasformati “in attrezzi utili, in arnesi che producono solidarietà, giustizia e pace”. “A quanti praticano la via della morte – ha esortato il porporato – chiediamo di non continuare a mettere le spine sul capo di Cristo, a non flagellarlo, a non farlo cadere sotto il peso della Croce, a non crocifiggerlo, a non ucciderlo”. Nel rivolgersi poi alle diverse migliaia di fedeli che hanno seguito la Via Crucis, l’arcivescovo di Napoli ha sottolineato che la piazza “rappresenta questa sera tutta la nostra città, nella quale vogliamo vivere con dignità e rispetto. Purtroppo – ha constatato – ci sono ancora tante vie della Croce”. Ricordando le vite spezzate “ingiustamente e colpevolmente”, il cardinale Sepe ha esortato “le coscienze di quanti si arrogano il diritto di decidere le sorti dell’umanità” e “quanti praticano le vie della morte a non continuare”. Richiamando infine i “calvari” di cui è piena anche la storia di oggi, ha rivolto un pensiero ai disoccupati, ai bambini e agli ammalati “che chiedono una sanità un po’ più umanizzata”. (R.M.)

 

 

Contro l’efficientismo economico, “riscoprire la cultura della vita”:

così, nel messaggio pasquale della Conferenza episcopale

 della Corea del Sud

 

“La vita e la dignità umana vanno sempre rispettate, senza discriminazioni di sesso, razza, colore, nazionalità o età”: è quanto affermano i vescovi della Corea del Sud, che in un messaggio per la Pasqua lanciano un forte appello a rispettare la cultura della vita dal suo concepimento fino alla sua naturale conclusione. In particolare – riferisce l’agenzia Fides – l’intervento commenta le proposta di modifiche ed emendamenti a una legge vigente, denominata “Mother and Child Health Act”, che tocca questioni di salute riproduttiva, regola la pratica di controllo delle nascite, legalizza l’aborto e gli esperimenti sulle cellule staminali di embrioni umani. I presuli coreani ricordano che tali problemi hanno suscitato un ampio dibattito a livello internazionale e che i legislatori dovrebbero esimersi dal promuovere una cultura della morte, in nome di un efficientismo economico e del profitto, violando l’essenza stessa dell’essere umano. “La Corea deve fronteggiare un tasso di natalità fra i più bassi al mondo, insieme con un alto tasso di aborti e suicidi”, denunciano i vescovi, ribadendo la loro ferma opposizione a questo tipo di legislazione, che “viola la dignità umana”. Il documento ricorda che l’embrione è, in modo inequivocabile, un essere umano e chiede al governo di rigettare la ricerca sugli embrioni clonati e sulle cellule staminali embrionali, prendendo in considerazione, invece, quella sulle cellule staminali adulte, che già ha dato risultati efficaci. In secondo luogo, l’episcopato coreano ricorda che anche la fecondazione in vitro e la procreazione artificiale sono pratiche eticamente non accettabili: “Un nuovo essere umano non può essere prodotto artificialmente dall’uomo – si legge nel messaggio – è sempre un dono di Dio ed è il frutto di un’unione e dell’amore coniugale”. “La nostra società ha conosciuto un rapido sviluppo economico – conclude il testo – ma anche un rovesciamento di valori, visto che i valori materiali ed economici hanno la meglio su quelli spirituali ed etici. Un autentico progresso è possibile solo se è basato su valori spirituali e sulla verità”. (R.M.)

 

 

Rapporto della Banca Mondiale sull’Asia: economia in crescita,

 ma aumenta anche il divario tra ricchi e poveri

 

Le economie asiatiche, tornate a crescere dopo un decennio di crisi, dovranno però affrontare una nuova sfida, quella di ridurre il crescente divario tra ricchi e poveri: lo rileva un Rapporto della Banca Mondiale, ricordando che, trainata dalla ‘locomotiva’ cinese, la produttività dei Paesi dell’Asia è raddoppiata rispetto a dieci anni fa e il reddito pro-capite è cresciuto del 75%, ma è andata aumentando anche la disuguaglianza sociale. Se è vero che, rispetto al passato decennio, il numero di asiatici che vivono con meno di due dollari al giorno è diminuito dal 50% al 29%, oltre il 30% della popolazione urbana in Asia (pari a circa 270 milioni di persone) continua ad abitare nelle baraccopoli. La rapida urbanizzazione cui è soggetta tutta l’area – ha spiegato Milan Brahmbhatt, economista della Banca Mondiale per l’Asia orientale e il Pacifico, citata dall’agenzia MISNA – rischia di portare a una disparità sociale tra lavoratori qualificati, che vedranno aumentare i propri salari, e residenti nelle zone rurali, che potrebbero non godere mai del buon andamento economico generale. Inoltre, la crescita delle aree urbane (la loro popolazione dovrebbe aumentare del 65% entro il 2025) sta ponendo importanti sfide che riguardano la costruzione di strade, sistemi elettrici, idrici e sanitari: tutte scelte in grado di influire pesantemente sulla qualità della vita degli individui. (R.M.)

 

 

Kenya: il 64% della popolazione è istruita,

ma restano 8 milioni di analfabeti adulti

 

Sempre più kenyoti sanno leggere e scrivere, anche se ancora circa 8 milioni di adulti sono analfabeti e molti di essi lo sono rimasti, nonostante abbiano frequentato la scuola primaria: sono i risultati della recente ‘Kenya literacy survey’, prima indagine sull’analfabetismo condotta nel Paese dal 1988, dalla quale emerge che il 64,1 delle popolazione è istruita. I più bravi a scrivere e a far di conto sono gli abitanti della provincia di Nairobi (62,4%), seguiti da quelli della Costa (31,5%), mentre i più arretrati vivono nel nordest, dove la percentuale degli alfabetizzati è solo del 4,4%. Dalla ricerca, effettuata l’anno scorso su circa 18 mila famiglie di 69 diversi distretti, emerge un dato particolare: sono più numerosi i kenyoti in grado di effettuare semplici operazioni aritmetiche (67,9%),  rispetto a quelli che scrivono o leggono (64,1). Il fenomeno è spiegato dagli esperti con la necessità di molte persone, anche le più povere, di portare avanti i loro piccoli commerci. In generale, molti progressi sono stati compiuti, ma il Paese deve ancora confrontarsi con un tasso di analfabetismo del 38,5%, dovuto agli alti livelli di povertà in molte zone, ma anche a programmi scolastici inadeguati e mancanza di insegnanti qualificati. (R.M.)

 

 

 

Denuncia dell’Alto commissario ONU per i diritti umani, Arbour:

in Darfur, “lo stupro usato come arma di guerra”

 

In Darfur, “lo stupro e altre violenze sessuali furono usate come arma di guerra per provocare umiliazione e instillare paura nella popolazione civile”: è quanto ha denunciato l’Alto commissario ONU per i diritti umani, Louise Arbour, diffondendo un Rapporto sugli attacchi terrestri e aerei condotti a metà dicembre dalle forze armate sudanesi e dalle milizie alleate nel villaggio di Deribat e in quelli circostanti, nella zona nord di Jebel Marra. Secondo Arbour, citata dall’agenzia MISNA, tra “almeno 15 vittime di aggressioni sessuali” perpetrate “da uomini in uniforme, descritti come soldati”, una aveva appena 13 anni e due erano incinte. “Mentre alcune sono state violentate nei villaggi – ha precisato – altre sono state rapite, stuprate e infine rilasciate”. Inoltre, secondo fonti locali, almeno 36 civili sarebbero morti durante l’incursione. “L’uso sistematico dello stupro per punire e umiliare le comunità locali – ha affermato l’Alto commissario ONU – è un crimine di guerra. Viola l’art. 3 della Convenzione di Ginevra del 1949, siglata dal Sudan, ed è punibile dalla Corte penale internazionale. Il governo – ha aggiunto –  ha il dovere di fermare i responsabili degli stupri”. Quindi, la richiesta alle autorità di Khartoum di affidare a “una commissione indipendente e imparziale, che abbia la fiducia di tutte le parti e includa investigatrici donne, un’inchiesta tempestiva e trasparente su tutte le violazioni dei diritti umani, con un’attenzione particolare alle accuse di stupro e di altre forme di violenza sessuale”. I risultati dell’indagine dovranno essere resi pubblici e i responsabili delle violazioni processati, salvaguardando le vittime e i testimoni. (R.M.)

 

 

Centinaia di bambini riuniti a Johannesburg, in Sudafrica, per il quinto Vertice mondiale sui media per l’infanzia

 

Sensibilizzare chi fa televisione sulla necessità di una programmazione adatta ai bambini; capire in che modo la violenza nei “media” può influire sulla psiche dei minori; comprendere l’importanza dei mezzi di comunicazione di massa nel diffondere informazioni sulla prevenzione delle malattie: questi, i principali argomenti su cui si sono confrontati centinaia di bambini di tutto il mondo, riuniti nei giorni scorsi a Johannesburg, in Sudafrica, per il quinto Vertice mondiale sui media per l’infanzia. “Media come strumenti di pace e democrazia” è stato il tema dell’incontro, che dal 1995 si svolge ogni tre anni. Sotto la guida di un gruppo di adulti – riferisce l’agenzia MISNA – tra cui diverse organizzazioni cattoliche, impegnate da anni a promuovere regole per l’infanzia da rispettare nelle trasmissioni televisive, i bambini si sono confrontati sugli effetti che la televisione potrebbe comportare nei confronti dei minori. Firdoze Bulbulia, organizzatore del vertice, ha affermato che si sta prendendo in esame il progetto di un “Media center per i bambini”, che sarà in grado di produrre e distribuire prodotti per i più piccoli.  (F.L.)

 

 

 

 

24 Ore nel Mondo

7 aprile 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti -

 

- Dopo il rilascio dei 15 marinai britannici da parte delle autorità iraniane, il governo di Teheran auspica un “gesto di buona volontà” del governo di Londra per la liberazione di 5 iraniani arrestati da forze della coalizione in Iraq. L’esecutivo iraniano ha definito, intanto, una “farsa” la conferenza stampa, ieri a Londra, dei 15 militari. I marinai hanno riferito che durante la detenzione in Iran sono stati sottoposti ad una “costante pressione psicologica”. I militari hanno anche affermato che, al momento dell’arresto, si trovavano in acque irachene. Durante la prigionia avevano invece affermato che erano entrati illegalmente in territorio iraniano. Per la loro liberazione, Benedetto XVI aveva scritto una lettera all’ayatollah, Ali Khamenei, chiedendo al leader spirituale iraniano di intercedere in favore dei militari.

 

- In Iraq, è stato ridimensionato il bilancio delle vittime dell’attentato suicida avvenuto ieri a Ramadi, capoluogo della provincia di Al Anbar. Il comando militare americano ha precisato che l’azione terroristica, condotta con un camion-bomba al cloro, ha provocato 12 morti e non 20 come riferito ieri da agenzie di stampa.  L’episodio ha creato grave preoccupazione tra le truppe della coalizione. Si teme, infatti, che siano in programma altri attentati con agenti chimici. Sul versante politico, intanto, il governo ha annunciato che si terrà il 3 ed il 4 maggio a Sharm-el-Sheikh, in Egitto, la Conferenza a livello di ministri degli Esteri per la sicurezza e la stabilizzazione in Iraq. All’incontro è prevista la partecipazione dei capi delle diplomazie di diversi Paesi arabi ed europei, di delegazioni dei cinque Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU e di rappresentanti di organizzazioni internazionali quali le Nazioni Unite e la Lega araba.

 

- In Afghanistan, proseguono le operazioni di ricerca dei due cooperanti francesi di un’organizzazione non governativa sequestrati insieme con tre afghani. Sul loro rapimento emergono, intanto, nuovi particolari. Il nostro servizio:

 

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Dopo la conferma ufficiale del rapimento e la rivendicazione del sequestro da parte di un gruppo di talebani, è arrivata anche la notizia del trasferimento degli ostaggi nella provincia di Helmand. Un portavoce dei talebani ha anche riferito che gli ostaggi sono “in buone condizioni di salute”. Era da martedì scorso che non si avevano più notizie dei due cooperanti francesi e dei tre afghani. Fonti locali hanno precisato che il rapimento è avvenuto in una regione desertica scarsamente popolata che si trova tra l’Iran e la provincia di Helmand, la zona meridionale roccaforte dei talebani in cui viene prodotta la maggior parte dell’oppio dell’Afghanistan. In questa stessa area era stato rapito, lo scorso 5 marzo, l’inviato del quotidiano “La Repubblica”, Daniele Mastrogiacomo, insieme con l’autista, ucciso dai talebani, e l’interprete ancora tenuto in ostaggio. I rapitori dell’interprete, che chiedono la liberazione di due guerriglieri in cambio del rilascio del suo rilascio, hanno fissato per lunedì prossimo l’ultimatum. Il fondatore dell’organizzazione umanitaria ‘Emergency’, Gino Strada, ha lanciato un accorato appello chiedendo di risparmiare la vita al cittadino afghano. Gino Strada ha anche chiesto la liberazione di un suo collaboratore, arrestato dagli agenti afghani dopo aver mediato per il rilascio del reporter italiano. Sul ruolo assunto dal governo italiano nella vicenda ‘Mastrogiacomo’ il presidente afghano, Hamid Karzai, ha dichiarato intanto che l’esecutivo di Kabul ha ricevuto pressioni da Roma per la liberazione dei cinque talebani in cambio del rilascio del giornalista italiano. Karzai ha anche ammesso, ieri, di aver incontrato alcuni rappresentanti dei talebani per discutere di nuove, possibili iniziative di pace.

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- Nel nord dello Sri Lanka, un autobus è saltato su una mina, posta sul ciglio di una strada. La deflagrazione ha causato la morte di almeno 7 persone, tra cui 6 civili. Secondo gli inquirenti, dietro questo drammatico episodio ci sono i ribelli delle tigri tamil, che combattono per l’indipendenza dell’area nord orientale del Paese.

 

- In Pakistan, l’esercito ha preso il controllo dell’area tribale del Waziristan del Sud, teatro nei giorni scorsi di duri scontri tra tribù pashtun, militanti di Al Qaida e talebani. Si stima che i combattimenti abbiano causato la morte di almeno 200 guerriglieri.

 

- In Ucraina, è atteso per questo pomeriggio un intervento del premier filo-russo Yanukovic sulla crisi istituzionale, creatasi dopo la decisione del presidente filo-occidentale Yushenko di sciogliere il Parlamento ed indire nuove elezioni. A Kiev, intanto, migliaia di persone sono scese in piazza contro la scelta di Yushenko, che ieri ha ricevuto la telefonata del presidente russo, Vladimir Putin. Il capo del Cremlino ha auspicato la risoluzione della crisi attraverso il dialogo.

 

- Ancora rapimenti in Nigeria: agenzie di stampa hanno reso noto che, nel sud del Paese africano, sono stati rapiti due dipendenti turchi di un’impresa petrolifera. Nell’area meridionale della Nigeria, regione ricca di giacimenti petroliferi, i sequestri di stranieri sono frequenti. Gli inquirenti ritengono che dietro questo nuovo rapimento ci sia la mano del sedicente ‘Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger’ (MEND), che chiede una diversa distribuzione delle risorse derivanti da attività petrolifere.

 

- Il segretario di Stato aggiunto americano per gli Affari africani, Jendayi Frazer, è arrivato stamani a sorpresa a Baidoa, in Somalia. Sono previsti incontri con il presidente somalo, Abdullahi Yusuf Ahmed, e con il premier, Ali Mohammed Gedi. La città di Baidoa, 250 chilometri a nord-ovest di Mogadiscio, ospita il Parlamento somalo. Nella capitale Mogadiscio, teatro negli ultimi giorni di violenti scontri tra ribelli e soldati somali appoggiati da forze etiopiche, non è ancora possibile garantire un’adeguata cornice di sicurezza.