RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 95 - Testo della trasmissione di giovedì 5  aprile 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Apriamo il nostro cuore all’amore di Gesù, che trasforma le tenebre in luce: l’esortazione del Papa nella Messa Crismale in Basilica Vaticana, preludio del Triduo Pasquale

 

La riflessione di mons. Angelo Comastri sul Giovedì Santo

 

La Via Crucis al Colosseo: le meditazioni di mons. Gianfranco Ravasi

 

Il Papa nomina vescovo di Isernia-Venafro mons. Salvatore Visco

 

Aumentati i canali audio in diretta via internet della Radio Vaticana

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

I Paesi ricchi aiutano meno i Paesi poveri: le reazioni delle ONG. Intervista con Raffaele Salinari  

 

Terminato l’International FilmFestival di Alba, rassegna del cinema esistenziale: ai nostri microfoni Angela Prudenzi

 

CHIESA E SOCIETA’:

Aperte a Gerusalemme le celebrazioni del triduo pasquale, mentre tornano i pellegrini in un clima di fiducia

 

Iraq: a Mosul, bombe e proiettili vicino alle chiese, ma i fedeli non rinunciano alla Settimana Santa

 

Libano: forte presa di posizione dei vescovi maroniti in difesa del sistema democratico e costituzionale

 

Mentre infuria il conflitto civile nello Sri Lanka, messaggio dei vescovi per la Pasqua: “Accendete il nuovo fuoco della verità, dell’amore, della compassione e della tolleranza”

 

Primi casi di dissenteria, nelle Isole Salomone, dopo lo tsunami che domenica sera ha fatto almeno 34 morti  e 5400 sfollati

 

Francia: dichiarazione congiunta cattolico-ebraica sulla cura dei malati terminali

 

“Gesù è vivo nella sofferenza e nel calvario di migliaia di persone che camminano in cerca di una vita migliore”: così, nella Lettera pastorale dei vescovi del Guatemala per la Settimana Santa

 

Firmate dal Governo italiano otto Intese con altrettante confessioni religiose, in attuazione dell’articolo 8 della Costituzione. Le cerimonia si è svolta ieri pomeriggio a Palazzo Chigi

 

In corso, in Spagna, la settimana internazionale di musica sacra di Cuenca

 

24 ORE NEL MONDO:

Tornati a Londra i 15 marinai britannici, rilasciati ieri dalle autorità iraniane. Blair parla di nuove linee di dialogo tra Iran e Regno

 

 

 

Il Papa e la Santa Sede

4 aprile 2007

 

Apriamo il nostro cuore all’amore di Gesù, che trasforma le tenebre in luce: l’esortazione del Papa nella Messa Crismale in Basilica Vaticana,

 preludio del Triduo Pasquale

 

Vestiamoci dell’Amore di Cristo per essere testimoni della luce. Nella Messa Crismale, primo rito del Giovedì Santo, Benedetto XVI esorta i fedeli ad aprire il proprio cuore a Gesù, al Figlio di Dio che si è donato interamente a noi. Durante il Sacro Rito, celebrato in una Basilica di San Pietro gremita di fedeli, sono stati benedetti gli olii dei catecumeni e degli infermi e il Sacro Crisma. A sottolineare la purezza d'animo con la quale dobbiamo accogliere l’amore di Cristo, in questo tempo di Pasqua, il Papa e i concelebranti hanno indossato i paramenti bianchi. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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(Cori)

 

“Chiediamo al Signore di allontanare ogni ostilità dal nostro intimo, di toglierci ogni senso di autosufficienza e di rivestirci veramente con la veste dell’amore”. Nella Messa crismale, Benedetto XVI parla al cuore dei fedeli, sottolineando che dobbiamo accogliere la luce di Gesù, giacché “una persona senza l’amore”, il Suo amore, “è buia dentro”. E spiega il significato profondo del Battesimo:

 

"Ecco ciò che si compie nel Battesimo: noi ci rivestiamo di Cristo, Egli ci dona i suoi vestiti e questi non sono una cosa esterna. Significa che entriamo in una comunione esistenziale con Lui, che il suo e il nostro essere confluiscono, si compenetrano a vicenda. 'Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me'”.

 

Cristo, ha proseguito, “ha indossato i nostri vestiti: il dolore e la gioia dell’uomo, la fame, la sete, la stanchezza” ed anche “la paura della morte, tutte le nostre angustie fino alla morte. E ha dato a noi i suoi vestiti”. Questa teologia del Battesimo torna in modo nuovo nell’Ordinazione sacerdotale. Anche nel sacerdozio, infatti, si ha uno scambio, giacché nell’amministrazione dei Sacramenti, “il sacerdote agisce e parla ora in persona Christi”. “Metterci a disposizione di Cristo – ha spiegato – significa che ci lasciamo attirare dentro il suo per tutti: essendo con Lui possiamo esserci davvero per tutti”. La Chiesa, ha aggiunto, “ci ha reso visibile ed afferrabile” la realtà dei vestiti nuovi anche esternamente “mediante l’essere stati rivestiti con i paramenti liturgici”. Un gesto che significa “rivestire Cristo; donarsi a Lui come Egli si è donato a noi”.  Il Papa si è soffermato sui paramenti liturgici, su cosa significhi rivestirsi di Cristo:

 

"Il mio cuore deve docilmente aprirsi alla parola di Dio ed essere raccolto nella preghiera della Chiesa, affinché il mio pensiero riceva il suo orientamento dalle parole dell’annuncio e della preghiera. E lo sguardo del mio cuore deve essere rivolto verso il Signore che è in mezzo a noi: ecco cosa significa ars celebrandi – il giusto modo del celebrare. Se io sono col Signore, allora con il mio ascoltare, parlare ed agire attiro anche la gente dentro la comunione con Lui".

 

“Quando ci accostiamo alla liturgia per agire nella persona di Cristo – ha riconosciuto – ci accorgiamo tutti quanto siamo lontani da Lui; quanta sporcizia esiste nella nostra vita”. Il pensiero va poi all’Apocalisse laddove si legge che i 144 mila eletti avevano lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello e che in questo modo esse erano diventate candide come la luce:

 

"Già da piccolo mi sono chiesto: Ma quando si lava una cosa nel sangue, non diventa certo bianca! La risposta è: il 'sangue dell’Agnello' è l’amore del Cristo crocifisso. È questo amore che rende candide le nostre vesti sporche; che rende verace ed illuminato il nostro spirito oscurato; che, nonostante tutte le nostre tenebre, trasforma noi stessi in 'luce nel Signore'”.

 

Dovremmo ricordarci, ha detto ancora, che Cristo “ha sofferto anche per me”. E “soltanto perché il suo amore è più grande di tutti i miei peccati, posso rappresentarlo ed essere testimone della sua luce”. E ha corredato queste parole con una riflessione sul giogo del Signore imposto ai sacerdoti:

 

"A volte vorremmo dire a Gesù: Signore, il tuo giogo non è per niente leggero. È anzi tremendamente pesante in questo mondo. Ma guardando poi a Lui che ha portato tutto – che su di sé ha provato l’obbedienza, la debolezza, il dolore, tutto il buio, allora questi nostri lamenti si spengono. Il suo giogo è quello di amare con Lui. E più amiamo Lui, e con Lui diventiamo persone che amano, più leggero diventa per noi il suo giogo apparentemente pesante".

 

Questo giogo, ha aggiunto, ci spinge “ad andare a scuola da Lui”. E da Lui “dobbiamo imparare la mitezza e l’umiltà”, l’umiltà di Dio che “si mostra nel suo essere uomo”. Durante la celebrazione, il Papa ha benedetto l’Olio dei catecumeni e degli infermi ed ha consacrato il Crisma, l’olio profumato per amministrare il Battesimo e la Cresima come anche le ordinazioni sacerdotali ed episcopali. Al termine della Messa si è svolta la processione degli Olii animata dalle parrocchie romane di Santa Maria Regina Mundi, Santa Maria della Salute, la cappellania giapponese e la parrocchia di Nostra Signora di Czestochowa.

 

(Cori)

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La riflessione di mons. Comastri sul Giovedì Santo

 

Benedetto XVI presiederà oggi pomeriggio nella Basilica di San Giovanni in Laterano la Messa nella Cena del Signore che apre il Triduo Pasquale. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca del rito, in lingua italiana, a partire dalle 17.20 sull'onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Per una riflessione sul Giovedì Santo ascoltiamo l’arcivescovo Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro e vicario del Papa per lo Stato del Vaticano, al microfono di Giovanni Peduto:

 

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R. – Il Giovedì Santo è il giorno del Cenacolo, il giorno dell’intimità, così come l’ha voluta Gesù e così come l’ha vissuta Gesù. La Chiesa, nel Giovedì Santo, ritorna attorno al tavolo dell’Ultima Cena e rivive con emozione e con stupore il gesto della lavanda dei piedi, un gesto straordinario, un gesto con un messaggio che noi non riusciremmo mai ad imparare. Pensiamo che cosa stupenda: Dio, l’Infinito, l’Onnipotente, che si inginocchia davanti agli Apostoli e lava i piedi gridando: “Dio è umile, e voi siete orgogliosi!”. Che paradosso! Quanto c’è da imparare. Ancora, nel Giovedì Santo la Chiesa rivive l’emozione del dono del sacerdozio. Gesù che prende dei poveri uomini, come lo erano gli apostoli, e dice: “Io imprimo nella vostra carne, nella vostra anima, qualcosa di me. Vi invito a continuare la mia missione e vi chiedo di prestarmi i vostri occhi, la vostra bocca, i vostri orecchi, il vostro cuore, le vostre mani, i vostri piedi perché io possa continuare ad essere pastore del mio gregge. Pastore della mia Chiesa”. Un dono straordinario, il sacerdozio! E nel sacerdozio, il dono dell’Eucaristia: l’Ultima Cena che continua; la cena che diventa il pasto quotidiano della comunità dei discepoli che aspetta il ritorno di Gesù. E mentre aspetta il ritorno di Gesù, ricorda e, ricordando, rivive e riceve la forza: il pane dei pellegrini, il pane di coloro che camminano, il pane di coloro che hanno da fare tanta strada per arrivare alla meta. E ugualmente, il Giovedì Santo è il giorno del dono del grande comandamento: il comandamento dell’amore, il comandamento che ci distingue, il comandamento che fa di noi il popolo della Nuova Alleanza. “Amatevi come io ho amato voi”, fino al paradosso, fino al gesto estremo, fino al punto oltre il quale non si può andare, fino a dare la vita! Il Giovedì Santo è un giorno che la Chiesa deve continuamente rivivere, continuamente rivisitare, proprio per essere Chiesa.

 

D. – Come mettere, davvero, l’Eucaristia al centro della vita?

 

R. – Il Santo Padre Benedetto XVI ha ricordato nella recente Esortazione apostolica – ma già Giovanni Paolo II insistentemente ce l’aveva detto nell’Anno dell’Eucaristia – che l’Eucaristia è il più grande dono che Gesù ci ha fatto in questo tempo di attesa, e l’Eucaristia non è una devozione, è la devozione. E’ la prima devozione del cristiano, perché l’Eucaristia è la presenza di Gesù in mezzo a noi, la presenza nel gesto dell’amore. Io credo che dobbiamo riscoprire la celebrazione eucaristica, che non deve essere fatta in modo affrettato e improvvisato. L’Eucaristia dev’essere preparata e dopo essere celebrata dev’essere continuamente ripresa in modo che sia davvero al centro della nostra vita. E in questo è di grande utilità la vita eucaristica. Un tempo, nelle chiese, quando si entrava, si vedeva sempre qualche persona in ginocchio, qualche persona che pregava. Io non dimentico mai che Edith Stein quando era atea – l’ha raccontato lei stessa – entrò per curiosità artistica in una chiesa, in una chiesa di Colonia, e rimase colpita nel vedere delle persone che pregavano: pregavano davanti all’Eucaristia. E disse: “io avvertii qualcosa che mi colpì; ebbi proprio netta l’impressione che stessero parlando con Qualcuno, nell’Eucaristia”. Questo dobbiamo recuperarlo, dobbiamo riscoprirlo. La visita eucaristica io credo che potrebbe essere un bell’impegno da rimettere al centro per ricostruire la spiritualità del cristiano e la spiritualità delle comunità cristiane.

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La Via Crucis al Colosseo: le meditazioni di mons. Ravasi

 

Domani sera il Papa presiederà la tradizionale Via Crucis al Colosseo. Quest’anno le meditazioni sono state affidate a mons. Gianfranco Ravasi, prefetto della Biblioteca Ambrosiana. Giovanni Peduto gli ha chiesto quale taglio abbia voluto adottare per i suoi testi:

 

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R. – Il taglio che io ho voluto adottare è evidentemente diverso da quello che era stato scelto da altri autori che mi hanno preceduto e che hanno preferito, magari, il taglio più morale, in alcuni casi più esistenziale, in altri casi  - come Mario Luzi – il taglio poetico, anzi, era Cristo stesso che raccontava la sua passione; oppure, anche lo stesso cardinale Ratzinger il quale aveva voluto proporre una sorta di riflessione teologica che artigliasse però quasi l’esistenza di colui che ascoltava. Io ho adottato un taglio narrativo-meditativo. Essendo di formazione un esegeta, ho voluto per certi versi riproporre ancora il testo nelle sue sfumature, quando il testo immediatamente lo si conosce ma forse non lo si conosce nelle sue iridescenze. Di fatti, la trama delle 14 stazioni è quella del Vangelo della narrazione della Passione secondo il Vangelo di Luca, che è il Vangelo che viene letto nella liturgia quest’anno. E dall’altra parte, però, ho voluto introdurre una dimensione meditativa-contemplativa che permetta di vedere come i passi sanguinanti di Cristo ancora oggi, in un certo senso, striano, lasciano delle scie sulle strade del nostro mondo attuale.

 

D. – Sono tante, oggi come ieri, le Vie Crucis dell’umanità e Dio ha voluto assumerle su di sé ...

 

R. – Ecco, questo è proprio anche nella linea di quanto dicevo poco fa. I percorsi di Cristo sono in realtà i percorsi del Figlio dell’Uomo, espressione biblica che significa sì l’umanità, ma significa anche la sua trascendenza. Nella Bibbia, questo termine è un termine che ha delle risonanze ulteriori, divine, diremmo. E per questo motivo, noi dobbiamo guardare – secondo la teologia cristiana – la figura di Cristo da un lato come profondamente fratello dell’umanità. Non dimentichiamo mai che il racconto della passione negli evangelisti tenta quasi di raccogliere tutto lo spettro oscuro della sofferenza: dalla sofferenza fisica, alla paura della morte, all’abbandono degli amici, al tradimento fino a quel momento supremo che è persino il silenzio di Dio. Cristo, quindi, veramente è nostro fratello di tutte le vie crucis dell’umanità, di tutte le sue sofferenze. Io proprio nelle situazioni ho voluto anche evocarne alcune; dall’altra parte, però, non bisogna dimenticare che egli è il Figlio di Dio anche quando è ridotto ad essere soltanto un cadavere manipolabile, quando è sceso nell’interno della tomba, del sepolcro ... Ebbene, proprio perché è Figlio di Dio, passando nella galleria oscura del nostro dolore, della nostra morte, depone in essa una scintilla, un germe di eternità, di vita, di speranza, di Pasqua. Per questo, dolore e morte – dopo il passaggio di Cristo, del Figlio di Dio – non sono più uguali a prima.

 

D. – Cosa vuol dire il grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”?

 

R. – Certo, dobbiamo dire che a prima vista sembrerebbe essere quella di Cristo – almeno così come la narrano Matteo e Marco, con questo ultimo grido – quasi, diremmo noi, una brutta morte. Dio grida così è poi – l’evangelista annota – “lanciato un forte urlo, spirò”. In realtà, questa citazione rappresenta veramente anche una desolazione estrema, che non è disperazione ma è una desolazione estrema perché Cristo sperimenta ciò che sperimentiamo anche noi, in alcuni momenti della nostra vita e forse anche nel momento ultimo, estremo, alla frontiera estrema della nostra esistenza, che è la morte. In quel momento sperimenta il silenzio del Padre, che per Lui, poi, era il massimo possibile della aderenza alla nostra umanità. Tuttavia, non bisogna mai dimenticare che secondo la tradizione ebraica, quando si cita l’incipit, l’inizio di un salmo, di un testo biblico, si vuole evocare tutto il suo testo, tutto il suo contenuto. Ebbene, questo Salmo 22,21 della liturgia è il salmo che comincia con questo urlo ma finisce con una sorta di Te Deum, di canto di gioia: in pratica, apre già l’alba della Pasqua.

 

D. – Nietzsche ha affermato che “Dio è morto”. Come legge lei oggi questa asserzione?

 

R. – Questa frase di questo filosofo, di Nietzsche, che è stato da un lato fortemente anti-cristiano però, dall’altra parte, ha continuamente fatto i conti con il cristianesimo – non dimentichiamo che una delle sue opere è proprio intitolata “L’Anticristo” – ebbene, ci insegna soprattutto una cosa. Da una parte, quando egli grida: “Dio è morto!”, lui anche aggiunge che noi l’abbiamo ucciso, e le nostre mani sono ancora insanguinate, e chi grida, chi lancia questo urlo lo fa non in maniera gloriosa, ma in maniera quasi disperata. Tant’è vero che subito dopo egli se ne va, nell’immagine che questo autore, questo filosofo suppone, con una lampada e questa lampada la prende e la infrange a terra, e l’Uomo piomba nella solitudine. Ecco: direi che l’uomo contemporaneo, da un lato, spesso è stato convinto di poter eliminare Dio, come diceva un poeta, un altro poeta tedesco quasi contemporaneo di Nietzsche, cioè Heine, diceva: “Non sentite la campanella? Si portano gli ultimi sacramenti a un Dio che muore!”. Si è convinto di poter ormai seppellire Dio, allontanarlo. In realtà, Dio è continuamente negli incroci delle nostre strade, e quel Dio che noi abbiamo voluto cancellare tante volte, rimane in noi. In molti, nella nostalgia, ma rimane soprattutto con una presenza che all’improvviso si manifesta. Non dimentichiamo mai che lo poniamo quasi a suggello di una riflessione sulla Via Crucis; non dimentichiamo mai quelle parole che cita Paolo nella Lettera ai Romani, al capitolo X, quando egli cita a sua volta Isaia stupendosi, perché in Isaia Dio dice queste parole: “Io, il Signore, mi sono fatto trovare anche da quelli che non mi cercavano. Io ho risposto anche a quelli che non mi interpellavano, che non mi invocavano”. Ed è questa la grande speranza: quel Dio morto in realtà è ancora accanto a noi, negli incroci delle nostre strade, pronto a manifestarsi come Gesù di Nazareth con un volto umano e quotidiano, con una salvezza trascendente.

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Il Papa nomina vescovo di Isernia-Venafro mons. Salvatore Visco

 

In Italia, il Santo Padre ha nominato vescovo di Isernia-Venafro mons. Salvatore Visco, del clero della diocesi di Pozzuoli, finora vicario generale della medesima diocesi. Mons. Salvatore Visco è nato a Napoli il 28 luglio 1948. Ha frequentato la scuola media e i primi anni del liceo classico nel Seminario minore di Pozzuoli. Successivamente ha seguito i corsi di Filosofia e di Teologia presso il Seminario Maggiore di Napoli e presso la Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sezione S. Tommaso (Capodimonte). È stato ordinato sacerdote il 14 aprile 1973 a Bagnoli. Ha ricoperto i seguenti uffici e ministeri:1973-1984 vicario parrocchiale di Maria SS. Desolata in Bagnoli; 1974-1994 docente di religione presso la scuola pubblica; 1985-1993 parroco della Chiesa di Mater Domini; 1985-1994 direttore dell’ufficio liturgico diocesano; 1985-1995 delegato vescovile per il diaconato permanente e responsabile diocesano per i ministeri. Dal 1994 è vicario generale della diocesi di Pozzuoli e decano del Capitolo Cattedrale.

 

 

Aumentati i canali audio in diretta via internet della Radio Vaticana

 

A partire da questa Settimana Santa, la Radio Vaticana ha potenziato la sua offerta audio in diretta via internet. E' possibile seguire via web, con cinque nuovi canali, tutte le celebrazioni presiedute dal Papa durante il Triduo Pasquale della Passione e Risurrezione del Signore, iniziando con la Messa nella Cena del Signore di questo pomeriggio. Il servizio è a disposizione dei navigatori su www.radiovaticana.va, selezionando l’ascolto dei programmi in diretta, e i commenti nelle varie lingue. Sempre sul sito web, nella sezione Trasmissioni Speciali, è possibile anche conoscere le frequenze su cui seguire via radio le dirette delle stesse celebrazioni, o i satelliti utilizzati. Ricordiamo inoltre che le omelie e la benedizione Urbi et Orbi di Pasqua, pronunciate da Benedetto XVI, saranno disponibili in Podcast, in un apposito canale di diffusione, attraverso il quale è possibile durante tutto l’anno scaricare gli ultimi discorsi e omelie del Papa.

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - La Messa del Crisma.

 

Servizio estero - Iraq: il Segretario alla difesa USA ammonisce sul rischio di "pulizia etnica" a Baghdad ed in altre zone del Paese.

 

Servizio culturale - Un articolo di Danilo Mazzoleni dal titolo "In una formella eburnea del quinto secolo il prototipo delle scene della Crocifissione": un excursus nella storia dell'arte cristiana dalle origini al Medioevo.   

 

Servizio italiano - In primo piano la vicenda Telecom.

 

 

Oggi in Primo Piano

4 aprile 2007

 

I Paesi ricchi aiutano meno i Paesi poveri: le reazioni delle ONG

 

Numerosi i commenti in tutto il mondo alla notizia che i Paesi ricchi oggi aiutano meno i Paesi poveri. La rilevazione, di questi giorni, è dell’OCSE, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico: gli aiuti nel 2006 sono diminuiti del 5,1% rispetto all’anno precedente. Inoltre – è stato precisato - sono solo cinque i governi che destinano lo 0,7% del Prodotto interno lordo (PIL) agli aiuti allo sviluppo, come stabilito dall’ONU nel 2000: si tratta di Svezia, Norvegia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Danimarca. Tra i motivi che avrebbero determinato la diminuzione degli aiuti vi sarebbero le iniziative per la cancellazione del debito estero e gli stanziamenti, definiti ingenti, per ripianare i deficit di Nigeria e Iraq. Debora Donnini ne ha parlato con Raffaele Salinari, presidente della ONG Terres des Hommes:

 

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R. – Prima di tutto dobbiamo dire che, a maggior ragione avendo inserito negli ultimi anni la cancellazione del debito tra le cifre destinate all’aiuto pubblico allo sviluppo, questi dati risultano – almeno a nostro parere – gonfiati, se non addirittura falsificati. Non si può considerare come aiuto pubblico allo sviluppo, cioè  qualcosa che attivamente aiuta i Paesi in via di sviluppo, la cancellazione del debito. La cancellazione del debito è una cosa sacrosanta ed anche in Italia sono state fatte delle leggi apposta per cancellare il debito dei Paesi più poveri, ma questo non vuol dire che cancellare il debito per un Paese in via di sviluppo possa aiutarlo attivamente a svilupparsi. I dati sono, quindi, preoccupanti per due ordini di motivi: prima di tutto perché c’è stato un calo in assoluto e, in secondo luogo, anche perché questo calo è dovuto al fatto che il debito originariamente computato veniva considerato, appunto, come parte dell’aiuto pubblico allo sviluppo.

 

D. – L’Italia risulta essere in base a questi dati fanalino di coda tra i Paesi dell’Unione Europea, con appena lo 0,20 per cento. Tra quelli che non hanno raggiunto il traguardo minimo vi sono Grecia, Italia e Portogallo. Perché l’Italia ha questa posizione così bassa?

 

R. – Questa è la domanda che noi abbiamo rivolto al governo e continuiamo a rivolgere al governo. Oltretutto questo governo aveva promesso in campagna elettorale reiteratamente che sarebbe arrivato almeno allo 0,3 e quindi alla media promessa dai Paesi OCSE, per non parlare poi di quanto promesso a livello di Nazioni Unite per gli obiettivi del millennio. Non c’è stata data nessuna spiegazione – diciamo - autorevole o convincente. Oltretutto il nostro governo non soltanto ha queste percentuali da fanalino di coda, ma ha anche abolito - e questo è gravissimo - la rata 2006 per il Fondo globale di lotta all’AIDS, tubercolosi e malaria. Quindi non soltanto è inadempiente dal punto di vista internazionale per quanto riguarda le percentuali OCSE, ma è anche fortemente, gravemente e drammaticamente inadempiente per quanto riguardo il Fondo promesso alla lotta a tubercolosi, malaria e AIDS. Voglio far notare, visto che ogni tanto ci viene detto a noi Organizzazioni non governative internazionali che non ci sono i soldi, che invece il bilancio della Difesa è stato duplicato. Evidentemente, quindi, sono scelte politiche e sono sensibilità che vanno in un senso invece di andare in un altro.

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Terminato l’International FilmFestival di Alba,

rassegna del cinema esistenziale

 

Si è chiusa ieri sera ad Alba, in Piemonte, la sesta edizione dell’Alba International FilmFestival che anche quest’anno è riuscito a proporre pellicole di grande interesse e principalmente rivolte ad esplorare la ricerca esistenziale dell’uomo contemporaneo. Nel corso della cerimonia di chiusura sono stati consegnati i premi dalle due giurie ufficiali e dalla giuria cattolica Signis. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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Verdetti equi, quelli delle tre giurie, verdetti anche originali, che hanno saputo cogliere lo spirito di un Festival cinematografico come quello di Alba, ove la ricerca interiore dell’uomo è stata anche quest’anno raccontata da registi, sceneggiatori e artisti sinceramente coinvolti nelle loro opere, alcune anche segnate da un’inaspettata sperimentazione sulle immagini e sulle tecniche narrative. Il miglior film del concorso proviene dal Canada e si tratta di ‘The Journal of Knud Rasmussen’, nel quale il mondo degli inuit in Alaska negli anni Venti viene descritto come fosse un vero documentario, nella sua estrema precisione ricostruttiva, con le antiche tradizioni e la religione cristiana che tentano un difficile approccio. Miglior regista la tedesca Angela Schanelec che nel suo ‘Afternoon’ abilmente si muove tra teatro e cinema. La sezione “Uno sguardo nuovo” si è dimostrata anche in questa edizione capace di scrutare mondi diversi, molti nella loro cruda drammaticità. E proprio i due premi per il miglior film e la migliore regia sono andati a due documentari che raccontano, in luoghi e società tra loro distanti, la spaventosa realtà della prostituzione femminile. Un grido di dolore si leva dall’intenso ‘Le papier ne peut envelopper la braise’ del cambogiano Rithy Panh dedicato alle giornate delle giovani ragazze che si vendono poi nelle notti di Phnom Penh, mentre l’austriaca Anja Salamonowitz nel suo ‘E’ accaduto poco fa’ coglie asetticamente i racconti di cinque diversi protagonisti che si confrontano con il  commercio inumano e spietato di giovani donne provenienti dall’est europeo. Infine, era presente come ogni anno ad Alba la giuria del Premio Signis. Ad Angela Prudenzi, giurata, abbiamo chiesto quali sono le motivazioni che hanno portato ad assegnare il Premio al bel film argentino ‘El otro’:

 

“Dovevamo trovare un film che avesse alla fine del percorso una luce. Questo film lo abbiamo trovato in ‘El Otro’, una pellicola argentina di Ariel Rotter, un giovane trentenne, al secondo film. E’ un’opera che racconta la crisi di un uomo di mezza età, che abbandona per qualche giorno gli affetti, un padre malato, una moglie che sta aspettando il primo figlio e si perde. A noi è sembrato che questo uomo fosse portatore di un valore positivo, perchè alla fine di questa fuga, lui torna ai veri affetti. Infatti, la motivazione con la quale abbiamo premiato l’opera è proprio perché ha mostrato con semplicità e realismo il percorso esistenziale di un uomo, cui il caso offre la possibilità di riappropriarsi dei veri valori della vita”.

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Chiesa e Società

4 aprile 2007

 

 

Aperte a Gerusalemme le celebrazioni del triduo pasquale,

 mentre tornano i pellegrini in un clima di fiducia

 

Boom di pellegrini a Gerusalemme, grazie anche alla concomitanza della Pasqua ortodossa. Lo rende noto all’agenzia Sir padre Pierre Grech, segretario generale della Conferenza dei vescovi latini delle regioni arabe (CELRA), secondo cui “alberghi e case religiose sono piene di pellegrini”. Intanto, con la Messa in Coena Domini celebrata questa mattina nella Basilica del Santo Sepolcro, si sono aperte a Gerusalemme le celebrazioni del triduo pasquale. E’ la triplice Processione del Santissimo Sacramento attorno alla cappella dell’Anastasi, che si conclude con la collocazione della pisside all’interno di essa, proprio sul sepolcro vuoto di Gesù, il momento più struggente della celebrazione. “In questo modo risplendono – afferma la liturgia – l’unità del mistero pasquale e la relazione tra la mensa del Signore e il sacrificio della Croce”, che sarà commemorato domani sul Calvario. Ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e guidato la Processione il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, che ha avuto vicini come concelebranti l’arcivescovo Antonio Franco, nunzio e delegato apostolico, il vescovo coadiutore, Fouad Twal, e i vescovi ausiliari, Kamal Hanna Batish e Giacinto Marcuzzo, il vescovo Gerald Richard Barnes di San Bernardino, negli Stati Uniti, e moltissimi sacerdoti della diocesi patriarcale. La Basilica era colma di fedeli, non solo cattolici ma anche ortodossi, perché, conclusasi la processione, patriarchi e vescovi delle chiese ortodosse di vari riti hanno dato inizio alla celebrazione della divina liturgia in memoria dell’Ultima Cena. Sono proprio le molteplici funzioni negli stessi spazi della Basilica che hanno imposto il cosiddetto “status quo”, un regime che disciplina i tempi per la loro effettuazione; e questo spiega anche la ragione per cui la Messa in Coena Domini, non solo viene celebrata la mattina presto di giovedì, ma include, dopo la lavanda dei piedi e il rinnovo delle promesse sacerdotali, la benedizione degli olii per gli infermi e i catecumeni e la consacrazione del crisma. Altre due cerimonie segnano questa giornata a Gerusalemme. Nel primo pomeriggio, la commemorazione dell’Ultima Cena nel Cenacolo, ove avvenne, protagonisti i Frati Minori francescani, guidati dal custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che in serata, nella Basilica del Getsemani, presiederà la tradizionale Ora Santa di adorazione.  (A cura di Graziano Motta)

 

 

Iraq: a Mosul, bombe e proiettili vicino alle chiese,

 ma i fedeli non rinunciano alla Settimana Santa

 

E’ iniziata con spari ed esplosioni la Settimana Santa nella parrocchia caldea del Santo Spirito a Mosul, in Iraq, dove le funzioni religiose si celebrano per sicurezza in un sotterraneo e le finestre non hanno più vetri, infranti dalle numerose bombe e mai più sostituiti. I fedeli, tuttavia, non rinunciano a partecipare alle celebrazioni e non smettono di pregare e sperare. Lo scorso primo aprile, domenica delle Palme, tre autobomba sono esplose durante la celebrazione eucaristica del pomeriggio. “L’edificio e le persone non hanno riportato danni o ferite – riferiscono i fedeli all’agenzia AsiaNews – “ci siamo molto spaventati, ma nessuno è scappato e il parroco ha deciso di continuare la Messa nel seminterrato”. La deflagrazione è avvenuta ad oltre un chilometro dalla chiesa, ma si è sentita in un raggio di 35 chilometri. Nel frattempo, erano giunte per seguire la Messa altre 250 persone, ma poco prima delle letture la stazione di polizia, vicina alla chiesa, ha subito un attacco. “A quel punto – continuano i fedeli – il parroco ci ha invitato ad avere fiducia in Dio e ad accettare queste difficoltà come una prova della nostra fede”. La stazione di polizia adiacente alla chiesa è un fattore di alto rischio per la comunità caldea e la popolazione locale. Il 15 marzo scorso, durante un altro attacco alla polizia, due bombe sono cadute sulla chiesa. Lo stesso è successo il 30 marzo. (F.L.)

 

 

Libano: forte presa di posizione dei vescovi maroniti in difesa del sistema democratico e costituzionale

 

Difesa del sistema democratico e costituzionale libanese, “necessità” di riattivare il Parlamento, sostegno alla formazione del tribunale internazionale che giudichi i responsabili degli omicidi politici, necessità di eleggere un nuovo presidente della Repubblica, nei termini previsti dalla Costituzione. Appare sostanzialmente favorevole alle posizioni del governo e della maggioranza parlamentare la forte presa di posizione dei vescovi maroniti resa pubblica ieri sera, al termine del loro incontro mensile a Bkerke, sotto la presidenza del patriarca, cardinale Nasrallah Sfeir. Il documento, emerso da più di cinque ore di discussioni e di studi approfonditi, - riporta l’Agenzia AsiaNews - si dice motivato dalla forte preoccupazione per “i pericoli che minacciano il paese e la sua unità” e “il ruolo del cristiani” e dal timore che dalle sedi politiche il confronto si sposti nelle piazze. Articolato in otto punti, il comunicato parte dunque dalla “necessità di preservare l’apertura del Libano e la sua pluralità”, secondo la sua tradizione ed affronta i diversi aspetti della crisi, ribadendo anche la necessità di un nuovo ed equo sistema elettorale. Così, si chiede “a tutte le forze politiche di rispettare i principi e le basi sulle quali sono edificati il Libano ed il suo sistema politico ed a ricorrere alle istituzioni istituzionali che formano il quadro sano per il dibattito politico”.

 

 

Mentre infuria il conflitto civile nello Sri Lanka, messaggio dei vescovi

per la Pasqua: “Accendete il nuovo fuoco della verità, dell’amore,

della compassione e della tolleranza”

 

“Nel Mistero Pasquale vediamo realizzato il dramma della lotta fra verità e menzogna, violenza e compassione, peccato e giustizia e, infine, fra la morte e la vita. In tutte queste cose, alla fine a trionfare è la vita. Ma mentre gioiamo nella gloria pasquale, ci troviamo nel mezzo di poteri del male e delle tenebre, che assediano il nostro amato Paese e il nostro popolo”: con queste parole, che esprimono dolore e speranza per la difficile situazione che vive lo Sri Lanka, i vescovi del Paese lanciano, in occasione della Pasqua, un accorato appello alla pace e alla riconciliazione. “La luce della verità e della giustizia – notano i presuli – il genuino spirito di amore, le qualità umane della compassione, dell’amore e della gentilezza sembrano essere eclissate dalla spirale di violenza, odio, incomprensione, che distruggono il dialogo pacifico e la serenità di giudizio”. “Lo spirito di intransigenza da un lato – aggiungono – e quello di estremo nazionalismo dall’altro continuano a essere seri ostacoli a ogni possibile sforzo per risolvere il conflitto nazionale”. Per cambiare “questo triste stato di cose”, occorre “sedare la ribellione interiore dei cuori e, attraverso un’onesta volontà politica, perseguire un processo di pace lungo il sentiero di un accordo politico”. I vescovi esortano allora i cittadini cingalesi e tamil a gettarsi alle spalle le antiche divisioni del passato, la sfiducia e la violenza, per “accendere il fuoco nuovo della verità, dell’amore, della compassione e della tolleranza”. La luce Pasquale di Cristo Risorto – auspicano i vescovi - possa dare al Paese una nuova fase di pace, libertà e prosperità. (R.M.)

 

 

Primi casi di dissenteria, nelle Isole Salomone, dopo lo tsunami

che domenica sera ha fatto almeno 34 morti  e 5400 sfollati

 

“Abbiamo bisogno di più acqua potabile perché iniziano a presentarsi casi di dissenteria tra i bambini nei campi dove la maggior parte delle persone attinge a fonti contaminate”: è l’allarme lanciato da Tanya Rad, responsabile di ‘World Vision’, la più importante organizzazione umanitaria attiva nelle Isole Salomone, colpite domenica sera da un terremoto e da uno tsunami che ha ucciso almeno 34 persone e costretto 5400 abitanti a rifugiarsi nei campi profughi improvvisati sulle colline a strapiombo sui litorali. “Temiamo che d’ora in avanti si diffonda anche la malaria”, ha aggiunto Rad, citata dall’agenzia MISNA, precisando che i primi aiuti umanitari sono giunti, ma che la loro distribuzione è rallentata dalla mancanza di mezzi. Oggi è attesa un’equipe delle Nazioni Unite per il coordinamento della distribuzione degli aiuti, mentre delle tre navi che ieri avrebbero dovuto lasciare il porto della capitale, Honiara, per le zone più sinistrate nell’ovest, ne è partita solo una. I venti violenti rendono difficile l’impiego di piccole imbarcazioni che da Gizo, la capitale di 20 mila abitanti della Provincia Occidentale, la più toccata dallo tsunami, raggiungano gli atolli più isolati. Secondo il direttore esecutivo dell’organizzazione umanitaria ‘Oxfam Nuova Zelanda’, “si tratta di una corsa contro la morte ed è evidente che l’accesso all’acqua potabile e a strutture igieniche, sarà cruciale nelle prossime settimane”. (R.M.)

 

 

Francia: dichiarazione congiunta cattolico-ebraica

sulla cura dei malati terminali

 

Contribuire “alla riflessione sul rispetto della vita umana e di chi è morente o gravemente malato”: questo, l’intento della dichiarazione congiunta dell’arcivescovo di Parigi, mons. André Vingt-Trois, e del gran rabbino della città, David Messas, resa nota martedì. “La cura dei malati in fin di vita” è il titolo del documento, frutto del lavoro di un gruppo costituito dal Servizio per le relazioni con il giudaismo dell’arcidiocesi e dalla Commissione per le altre religioni del Concistoro di Parigi. Punto di partenza – riferisce l’agenzia Sir – la “Legge Leonetti”, del 22 aprile 2005, in materia di diritti dei malati e di fine della vita. “Noi ebrei e cattolici riconosciamo il diritto e il dovere di ognuno di avere cura della propria salute e della propria vita”, esordisce la dichiarazione, esprimendo “ferma opposizione a ogni forma di assistenza al suicidio e a ogni atto eutanasico, intendendo come tale qualsiasi comportamento che sotto forma di azione o di omissione abbia come obiettivo il dare la morte a qualcuno per porre fine alle sue sofferenze”. “La sollecitudine dovuta ai fratelli gravemente malati – prosegue il testo – esige di impegnarsi a portare sollievo a tali sofferenze”. Di qui, l’apprezzamento per l’invito della Legge Leonetti “a sviluppare le cure palliative in tutti gli ospedali”. Perplessità vengono invece espresse sull’art. 2 di tale legge, che prevede la possibilità per il medico ”di applicare un trattamento che può avere per effetto secondario l’abbreviazione della vita, se esso è l’unico mezzo per alleviare le sofferenze di chi è in fase terminale”. “Il ricorso a tale trattamento – precisa la dichiarazione comune – è legittimo a certe condizioni: che sussistano intense sofferenze che non possono essere altrimenti alleviate e che l’eventuale effetto secondario di abbreviazione della vita non sia in alcun modo ricercato”. “Raccomandazioni di buona pratica medica”, queste, che “devono essere ratificate dal ministero della Salute e osservate nell’esercizio della professione”. Per noi “ebrei e cattolici – affermano l’arcivescovo e il gran rabbino di Parigi – è in base al suo atteggiamento verso i più deboli, tra i quali le persone in fin di vita occupano un posto particolare, che una società manifesta il proprio grado di umanità”. Il rispetto “nei loro confronti – conclude la dichiarazione – costituisce uno dei fondamenti di ogni civiltà che si dica umana”. (A.M.)

 

 

“Gesù è vivo nella sofferenza e nel calvario di migliaia di persone

che camminano in cerca di una vita migliore”: così, nella Lettera pastorale dei vescovi del Guatemala per la Settimana Santa

 

“La Croce dell’emigrante, fonte di speranza”: è il titolo della Lettera pastorale pubblicata dalla Conferenza episcopale del Guatemala in occasione della Settimana Santa. Nel documento, firmato da mons. Rodolfo Francisco Bobadilla Mata, presidente della Pastorale della mobilità umana dell’episcopato guatemalteco, si ricorda che “Gesù si rende vivo nella sofferenza e nel calvario di migliaia di persone che camminano con sogni e illusioni di cercare una vita migliore. Egli – continua il testo, citato dall’agenzia Fides – illumina quelli che lottano a favore della vita, dei diritti umani e della dignità di tutti gli esseri umani. Allo stesso modo, ci invita a lottare per costruire un Regno di pace, amore, giustizia e libertà, come vera espressione di spiritualità solidale che nasce dalla Croce”. La celebrazione della Via Crucis – ricordano i vescovi – è il cammino di tutti gli esseri umani, “un itinerario dove il dolore, la sofferenza e la morte esistono e sono reali, ma si trasformano nella risurrezione di Gesù, che ci dona la speranza di una vita nuova”. Nella Lettera, si chiede alle autorità degli Stati di “ascoltare la voce di quanti soffrono la disgregazione familiare per le eccessive deportazioni massicce” e di riconoscere alla persona dell’emigrante, il diritto alla “cittadinanza universale”, per il semplice e fondamentale fatto di essere “membro della famiglia umana, partecipe della società mondiale, con diritto a occupare uno spazio degno e a contribuire con la sua presenza e il suo lavoro al bene comune”. Si chiede infine alle società dei Paesi di destinazione di abbattere le barriere dei pregiudizi e della discriminazione e di accogliere, in uno scambio culturale rispettoso e arricchente, chi arriva alle loro porte. (R.M.)

 

 

Firmate dal Governo italiano otto Intese con altrettante confessioni

 religiose, in attuazione dell’articolo 8 della Costituzione.

Le cerimonia si è svolta ieri pomeriggio nel Palazzo Chigi, a Roma

 

Raddoppia il numero delle Intese tra lo Stato italiano e le confessioni religiose: si aggiungono sei nuovi accordi e due modifiche ai quattro testi precedenti e per la prima volta si comprendono culti diversi da quelli giudaico-cristiani. A firmare gli atti sono stati il presidente del Consiglio Prodi e i rappresentanti della Chiesa Apostolica in Italia, della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale, dell’Unione Buddista Italiana e dell’Unione Induista Italiana per quanto riguarda le nuove Intese, e della Tavola Valdese e dell’Unione delle Chiese cristiane avventiste del Settimo Giorno per quanto riguarda le modifiche alle Intese vigenti. La prima modifica consentirà alla Tavola Valdese di accedere alla quota non espressa dai contribuenti dell’8 per mille, alla cui ripartizione partecipano oggi lo Stato, la Chiesa cattolica, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia e l’Unione delle Chiese cristiane avventiste del Settimo Giorno, che in base alla seconda modifica vedrà anche riconosciute le Lauree in Teologia rilasciate dall’Istituto Avventista di Cultura biblica di Firenze. Le Intese – secondo Palazzo Chigi - rappresentano “un ulteriore passo avanti nell’attuazione dell’articolo 8 della Costituzione”. La parola ora passa al Consiglio dei Ministri che dovrà approvare i relativi Disegni di Legge e trasmetterli al Parlamento per avviare l’iter legislativo. Ma non tutti sono d’accordo sulle nuove Intese, in particolare il partito UDC ha stigmatizzato quella con la Congregazione dei Testimoni di Geova, le cui attività lederebbero la legislazione italiana e i diritti della persona. L’articolo 8 della Costituzione afferma infatti che le Confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla Legge ed hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, purché non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. (A cura di Roberta Gisotti)

 

 

In corso, in Spagna, la settimana internazionale di musica sacra di Cuenca

 

Si è aperta il 30 marzo scorso la 46.ma edizione della Settimana di musica sacra di Cuenca, in Spagna, con l’interpretazione musicale del compositore José de Nebra dell’atto sacramentale di Calderon de la Barca (1600 – 1681), intitolato: “La divina Filotea”. Si tratta di uno dei Festival di musica più antichi di Spagna e uno dei più importanti nell’ambito della musica sacra internazionale. Quest’anno, i concerti sono 28 e due le composizioni eseguite in prima mondiale. Le esecuzioni musicali si tengono in 10 spazi diversi tra l’Auditorium e alcune chiese della città, tra cui la Cattedrale, riconosciuta come la prima di Spagna in stile gotico. Una delle caratteristiche del Festival è che alcune delle opere programmate vengono interpretate durante le grandi celebrazioni liturgiche della Settimana Santa. Il concerto di chiusura avrà luogo la domenica di Pasqua nella Cattedrale di Cuenca, con l’interpretazione di ”Misa de Madrid” del compositore Domenico Scarlatti (1685 – 1757). La città di Cuenca è stata riconosciuta nel 1996 Patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO. (A cura di padre Ignacio Arregui)

 

 

24 Ore nel Mondo

4 aprile 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Franco Lucchetti -

 

- La vicenda dei 15 marinai britannici, arrestati lo scorso 23 marzo dalle autorità iraniane e tornati questa mattina a Londra, ha contribuito ad aprire nuove “linee di dialogo” con la Repubblica islamica. Lo ha detto stamani il premier britannico, Tony Blair, che ieri ha sottolineato l’approccio “misurato, fermo ma calmo” con cui si è arrivati al rilascio dei marinai. Blair ha anche espresso l’auspicio di “risolvere attraverso il dialogo” qualsiasi futura contesa con il governo di Teheran. Sull’altro fronte, il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha definito ieri la liberazione dei militari “un regalo al popolo britannico”. L’annuncio del rilascio è stato dato dal capo di Stato iraniano davanti alle telecamere. Su questa sottolineatura mediatica nella vicenda, ascoltiamo al microfono di Salvatore Sabatino, l’esperto di Medio Oriente del Corriere della Sera, Guido Olimpio:

 

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R. – Questa è una scelta strategica – potremmo dire – degli iraniani, che hanno voluto presentare un profilo diverso; con la liberazione, ovviamente, il presidente Amadinejad ha smesso i panni dell’uomo arcigno dalle sparate propagandistiche e dure. Si è invece presentato come un personaggio magnanimo, generoso. In questo modo ha quindi tolto ‘munizion’i a chi lo presenta come un uomo esaltato, come un estremista.

 

D. – Bisogna anche sottolineare che Londra, subito dopo la liberazione dei suoi militari, si è precipitata a dire che non ci sono state trattative con Teheran…

 

R. – Certo e anche lo stesso Iran ha detto che non c’è stato uno scambio. In genere, in questi casi, qualcosa è avvenuto: sappiamo che ci sono stati contatti diplomatici, sappiamo che lo stesso Blair ha ringraziato i Paesi della regione. Si parla di una mediazione da parte della Siria, del Qatar, dello stesso Iraq. Il fatto stesso che un ufficiale iraniano, che era scomparso a Baghdad e che era stato arrestato dalla polizia, è stato liberato il giorno prima. Ma sappiamo anche che gli iraniani potranno far visita ai cinque ufficiali iraniani sempre detenuti in Iraq. De segnali quindi ci sono; si parla anche di un impegno inglese volto ad evitare nuove violazioni nelle acque territoriali iraniane. Qualcosa è sicuramente avvenuto ma ci vorrà qualche giorno per capire cosa.

 

D. – Questo gesto di distensione da parte dell’Iran potrà avere delle ricadute sulla questione nucleare della Repubblica islamica che, sappiamo, aver procurato non pochi problemi a livello internazionale?

 

R. – Queste due vicende sono separate, ma è evidente che la mossa di Amadinejad lo presenti non come un uomo intransigente, ma come un uomo capace di aperture. Il fatto è che sul nucleare le posizioni sono abbastanza nette. Gli iraniani non vogliono cedere di un centimetro e, quindi, ritengo che sia più difficile. Potremmo dire che, forse, cambia un po’ l’atmosfera, ma non la sostanza.

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- Proprio sulla complessa questione nucleare iraniana sono ripresi, intanto, i contatti tra l’Alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza dell'Unione Europea, Javier Solana, e il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani. Lo rivelano fonti a autorevoli a Bruxelles, secondo cui tali contatti sono ripresi quasi immediatamente dopo l’annuncio, ieri a Teheran, della liberazione dei 15 marinai britannici.

 

- In Medio Oriente non è stato ancora rilasciato il giornalista della BBC Alan Johnston, rapito lo scorso 12 marzo a Gaza. Su questa vicenda è stato annunciato un incontro tra il console generale britannico, Richard Makepeace, ed il primo ministro palestinese, Ismail Haniyeh. Si tratta del primo incontro tra un rappresentante del governo britannico ed un membro di Hamas del nuovo governo palestinese. Ma il console ha subito precisato che non rappresenta un cambiamento della politica britannica nei confronti di Hamas. I ministri degli esteri dell’Unione Europea hanno deciso di mantenere il boicottaggio nei confronti dei ministri palestinesi appartenenti al gruppo radicale, fin quando Hamas non riconoscerà Israele e rinuncerà alla violenza.

 

- In Iraq, l’esplosione di ordigni al passaggio di convogli militari continua a provocare vittime: un attentato condotto con questa tecnica a Bassora, nel sud del Paese arabo, ha causato la morte di almeno quattro soldati britannici e di un interprete iracheno. Oltre alla violenza, anche un’altra piaga affligge l’Iraq: secondo il capo della commissione irachena anti-corruzione sono stati persi, a causa della corruzione, almeno 8 miliardi di dollari a partire dal 2004.

 

- Spostiamoci in Afghanistan, da dove arriva la notizia di un nuovo sequestro: due cittadini francesi, cooperanti di un’organizzazione umanitaria da tempo attiva nel Paese asiatico, sono stati rapiti da militanti talebani insieme con tre afghani, due interpreti e un autista. Il rapimento è avvenuto non lontano dalla turbolenta provincia di Helmand, dove esattamente un mese fa era stato sequestrato l’inviato italiano del quotidiano “La Repubblica”, Daniele Mastrogiacomo.  Oltre al reporter, erano stati rapiti anche un’autista, ucciso dai talebani, e un interprete, ancora tenuto in ostaggio. In Afghanistan, intanto, il fondatore di ‘Emergency’, Gino Strada, ha dichiarato che l’organizzazione umanitaria lascerà il Paese asiatico se non verrà rilasciato Rahmatullah Hanefi, il suo collaboratore arrestato da agenti afghani dopo aver fatto da mediatore per il rilascio di Daniele Mastrogiacomo.

 

- Un nuovo rapporto di Amnesty International denuncia le condizioni di isolamento, definite “crudeli”, in cui si trovano presunti terroristi detenuti nel carcere americano a Guantanamo. Secondo l’organizzazione umanitaria, la maggior parte dei prigionieri è stata sottoposta a un trattamento duro, in condizioni che violano gli standard internazionali. A Guantanamo sono attualmente detenuti 385 prigionieri: si tratta di combattenti talebani catturati in Afghanistan e di persone sospettate di avere legami con l’organizzazione terroristica Al Qaeda.

 

- La Corte Costituzionale dell’Ucraina ha reso noto che fra 15 giorni emetterà il suo parere sulla legittimità costituzionale della proposta presentata dal presidente filoccidentale, Viktor Yushchenko, di sciogliere il Parlamento e di indire nuove elezioni. Il primo ministro filorusso, Viktor Yanukovich, aveva invece sollevato, nei giorni scorsi, la questione del conflitto di poteri davanti all’Alta Corte. A Kiev, intanto, la spaccatura politica si riflette anche in nuove, contrapposte manifestazioni, alle quali partecipano sostenitori del premier e del presidente. Al momento, fortunatamente, non si registrano scontri.

 

- Clima di tensione anche a Timor Est, dove si è conclusa oggi la campagna elettorale per le presidenziali previste lunedì prossimo. Negli ultimi due giorni, almeno 30 persone sono rimaste ferite in seguito a scontri tra sostenitori dei vari candidati. All’appuntamento con le urne sono chiamati oltre 523 mila aventi diritto. Fra i candidati figurano l’attuale premier Jose Ramos Horta, ed il presidente del partito Fretilin, Francisco Guterres.

 

- In Cecenia si apre ufficialmente un nuovo corso politico: si è tenuta infatti stamani a Grozny la cerimonia di insediamento del nuovo presidente ceceno, Ramzan Kadyrov, fedele alleato di Mosca. Ramzan Kadyrov era stato designato capo di Stato ad interim lo scorso 15 febbraio in seguito alle dimissioni volontarie dell’allora presidente, Alu Alkhanov. Il nuovo presidente ceceno, figlio dell’ex capo di Stato filorusso Akhmad Kadyrov rimasto ucciso in un attentato compiuto da ribelli indipendentisti il 5 maggio del 2004, è accusato da organizzazioni di diritti umani di guidare milizie responsabili di gravissimi abusi ai danni di ribelli e civili. Ma il governo di Mosca ha sempre respinto queste critiche aggiungendo che da quando Ramzan Kadyrov è salito al potere, la situazione si è normalizzata.

 

- In Thailandia, il governo ha oscurato il sito internet ‘YouTube’ perché non è stato cancellato, come richiesto, un video considerato irriguardoso nei confronti del re thailandese Bhumibol. Secondo i responsabili del sito il filmato, che mostra immagini ritoccate del sovrano, non è offensivo. Ma il governo di Bangkok non è di questo avviso. Offendere o criticare i componenti della famiglia reale in Thailandia è considerato un crimine punibile con la detenzione da tre a quindici anni. La scorsa settimana un cittadino svizzero, Oliver Rudolf Jufer, è stato condannato a vent’anni di carcere per aver deturpato immagini del re. La pena è stata poi ridotta a dieci anni dopo che Jufer si è riconosciuto colpevole e si è scusato.