RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI n. 92 - Testo della trasmissione di lunedì 2 aprile 2007

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Chiusa solennemente in San Giovanni in Laterano la fase diocesana della Causa di Beatificazione di Karol Wojtyla. Un uomo libero perché radicato in Cristo, ha detto il cardinale Ruini. Attesa per la Messa di suffragio di Benedetto XVI in memoria di Papa Wojtyla. I giovani veglieranno con il cardinale Dziwisz sulla tomba del Pontefice polacco. Ai nostri microfoni il cardinale José Saraiva Martins, suor Marie Simon Pierre e il sindaco di Roma, Walter Veltroni

 

 Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

 Tsunami nel sud Pacifico provoca almeno 15 morti ed oltre duemila sfollati sulle Isole Salomone: intervista con Luca Malagnini

 

 La penitenza unita alla carità si apre alla solidarietà: è l’insegnamento lasciato da San Francesco da Paola di cui oggi ricorre la memoria liturgica: la testimonianza di padre Francesco Marinelli

 

La fede è un cammino che supera dubbi e incertezze attraverso l’amore: il messaggio della fiction “L’inchiesta”, in onda stasera e domani su Raiuno. Con noi il protagonista, Daniele Liotti

 

CHIESA E SOCIETA’:

Ucciso, nel nord delle Filippine, padre Franciskus Madhu, missionario Verbita indonesiano. Mistero sul movente

 

 Sri Lanka: l’arcivescovo di Colombo, mons. Gomis, invita i fedeli a rinunciare a un pasto durante la Settimana Santa in favore dei rifugiati

 

 “Il senso della vita, ovvero ciò che è importante, è la testimonianza dell’amore”: messaggio del vescovo di Hong Kong, il cardinale Zen Ze-kiun, per la Settimana Santa

 

 In Libano, l’ombra della crisi anche sulle festose processioni della Domenica delle Palme

 

 I vescovi della Colombia ribadiscono il “no” all’eutanasia, mentre un disegno di legge intende regolarizzare la pratica nel Paese

 

 In Myanmar, la giunta militare costruisce una nuova capitale: una grande operazione d’immagine, mentre si intensifica la pressione sulle minoranze etniche

 

 In mostra fino al primo luglio alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano 33 icone che raccontano il cristianesimo in Bulgaria

 

24 ORE NEL MONDO:

        Dopo l’ultimo video dei marinai della Gran Bretagna, il governo londinese ribadisce: nessuna violazione territoriale

 

 

Il Papa e la Santa Sede

 

 

Chiusa solennemente in San Giovanni in Laterano la fase diocesana

della Causa di Beatificazione di Karol Wojtyla. Un uomo libero

perché radicato in Cristo, ha detto il cardinale Ruini

 

Un momento atteso con gioia dai fedeli di tutto il mondo: si è chiusa, stamani, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, dopo 21 mesi, la fase diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, Giovanni Paolo II. L’evento si è tenuto durante la celebrazione dell’Ora Sesta in una Basilica gremita di porporati, presuli, autorità politiche e tantissimi fedeli che, venuti anche dalla Polonia, si sono radunati nel piazzale antistante. Viva poi è l’emozione con la quale si attende la Messa in suffragio di Giovanni Paolo II, che Benedetto XVI presiederà oggi pomeriggio, alle 17.30 in Piazza San Pietro. Già stamani, per commemorare il secondo anniversario della morte di Papa Wojtyla, il cardinale Stanislaw Dziwisz aveva celebrato una Messa presso la tomba del Papa nelle Grotte Vaticane. Il porporato ha ribadito che Giovanni Paolo II è stato “il Papa della vita”. “Ci riempie di gioia e di speranza - ha detto - il fatto che proprio la santità diventa il più caratteristico e il più riconoscibile tratto” del suo “atteggiamento” e del suo “servizio”. Stasera, sarà sempre l’ex segretario personale di Giovanni Paolo II a presiedere la veglia dei giovani in memoria del Papa, accompagnata dalle riflessioni dell’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale di Sua Santità per la Città del Vaticano. Ma torniamo all’evento di stamani nella Basilica di San Giovanni in Laterano, seguito per noi da Alessandro Gisotti:

 

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(Canti)

 

Santo subito! Il grido del popolo di Dio che, due anni fa, ha accompagnato le esequie di Giovanni Paolo II è risuonato idealmente anche oggi nella Basilica di San Giovanni in Laterano, dove si è tenuta la cerimonia di chiusura della fase diocesana della Causa di Beatificazione di Karol Wojtyla. Un momento a lungo atteso dai fedeli che hanno partecipato con gioia a questo evento.

 

Ego Slawomir Oder iuro et promitto me fideliter executurum…

 

Con la formula letta in latino, il postulatore della Causa, mons. Slawomir Oder, ha notificato il trasferimento alla Congregazione delle Cause dei Santi dei documenti sulla vita, le virtù, “nonché i miracoli in genere” di Papa Wojtyla. A suggellare la chiusura della fase diocesana, le firme del notaio del tribunale diocesano del Vicariato, Giuseppe Gobbi, dei giudici e del cardinale vicario, Camillo Ruini, che ha definito questa impresa “entusiasmante, perché dal contatto con Karol Wojtyla” continua “ad emergere un fiume di stimoli a vivere il Vangelo”. Proprio il porporato ha offerto ai fedeli una meditazione sulla figura spirituale di Giovanni Paolo II e in particolare sul suo rapporto personale con Dio. Una relazione, ha sottolineato, che appariva già forte nella fanciullezza che non ha mai cessato di crescere e irrobustirsi. Il Padre, ha detto il cardinale Ruini, “ha amato questo ragazzo polacco, lo ha unito a sé e lo ha mantenuto in questa unione, non risparmiandogli le prove della vita”, associandolo “sempre di nuovo alla croce del proprio Figlio”:

 

“Nella certezza di essere amato da Dio e nella gioia di corrispondere a questo amore Karol Wojtyła ha trovato il senso, l’unità e lo scopo della propria vita. Tutti coloro che lo hanno conosciuto, da vicino o anche solo da lontano, sono stati colpiti infatti dalla ricchezza della sua umanità, dalla sua piena realizzazione come uomo. Ma ancor più illuminante e significativo è il fatto che tale pienezza di umanità coincide, alla fine, con questo suo rapporto con Dio, in altre parole con la sua santità”.

 

Il porporato si è soffermato su due componenti essenziali della personalità di Karol Wojtyla: la dimensione orante e la libertà. Il Papa viveva la preghiera come “dono, gusto e gioia”. Il cardinale Ruini ricorda “il raccoglimento, anzi l’abbandono totale” in cui “si immergeva quando pregava”. Una preghiera che univa al lavoro, che “non soltanto era offerto al Signore ma era penetrato e attraversato dalla preghiera stessa”:

 

“La preghiera di Karol Wojtyła - Giovanni Paolo II, così profonda e intimamente personale, era al tempo stesso totalmente ecclesiale, legata alla tradizione e alla pietà della Chiesa”.

 

Il cardinale vicario ha rammentato la miriade di persone che a lui “si sono rivolte per ottenere l’aiuto di Dio”. Il Papa “teneva nel cassetto dell’inginocchiatoio le suppliche che gli giungevano, per presentarle personalmente al Signore”. Si è così soffermato sulla libertà dell’uomo Karol Wojtyla, libero da se stesso e dunque libero anche nei confronti degli altri:

 

“Era pronto all’ascolto, e anche ad accettare la critica, prediligeva la collaborazione e rispettava la libertà dei suoi collaboratori, ma poi sapeva essere autonomo nelle decisioni definitive, e soprattutto non rinunciava a prendere posizioni difficili e 'scomode' per timore delle reazioni delle autorità ostili alla Chiesa, negli anni del suo ministero in Polonia, o dell’incomprensione e dell’ostilità dell’opinione pubblica predominante, negli anni del Pontificato”.

 

Questa libertà interiore, ha proseguito, era dettata dalla sollecitudine per il Vangelo e il bene dell’uomo, “via della Chiesa”. Una libertà dirompente come risultò evidente sin dai primi passi del suo lungo Pontificato:

 

“La grande parola 'Non abbiate paura!', con cui ha aperto il suo Pontificato, nasceva anche da questa libertà interiore, nutrita di fede, ed è stata, nel concreto della storia, una parola contagiosa, che ha liberato la Polonia, e non soltanto la Polonia, dalla paura e dalla sudditanza, politica, culturale, spirituale”.

 

Giovanni Paolo II, ha aggiunto il cardinale vicario, era distaccato dai beni del mondo, ma proprio questo atteggiamento dell’animo gli permise di apprezzare la bellezza della natura e dell’arte, come anche il calore delle amicizie, gli ardimenti del pensiero e le conquiste dello sport. Il cardinal Ruini ha così rivolto il pensiero alla fulgida testimonianza di dedizione per i fratelli, offerta da Karol Wojtyla sin dalla sua adolescenza. Il Papa, ha evidenziato, “si è per così dire concentrato nell’attenzione alla persona e ai suoi problemi”. Di qui, il suo impegno costante per il soccorso materiale ai poveri e bisognosi, l’attenzione per gli ammalati. “Il suo cuore - ha detto - era per i poveri, i piccoli e i sofferenti, e questo spiega la profonda affinità spirituale che egli sentiva nei confronti di Madre Teresa di Calcutta”. Animato dalla “freschezza evangelica”, Giovanni Paolo II si dedicò alla nuova evangelizzazione, programma realizzato in prima persona con i suoi viaggi missionari. “In particolare - ha ricordato il cardinale Ruini - ha cercato, senza mai stancarsi, di dare nuova linfa alla fede cristiana nell’Europa gravata dalla secolarizzazione”, facendo scaturire dal proprio cuore “quella formidabile invenzione evangelizzatrice che sono le Giornate Mondiali della Gioventù”. 

 

“In realtà, dietro il vigore inesausto della sua testimonianza alla verità di Cristo stava la saldezza rocciosa della sua fede: era la fede semplice di un fanciullo e al tempo stesso la fede di un grande uomo di cultura, ben consapevole delle sfide di oggi, era soprattutto la fede di un uomo che in certo senso ha già visto il Signore, ha avuto esperienza diretta della presenza misteriosa e salvifica di Dio nel proprio spirito e nella propria vita, e perciò, alla fine, non può essere scosso o reso incerto dal dubbio, ma sente prepotente dentro di sé il bisogno e il dovere di offrire e di trasmettere a tutti la verità che salva”.

 

“Con questo atteggiamento - ha rilevato - Giovanni Paolo II ha potuto, in anni non facili, confermare la Chiesa intera nella fede”. La medesima “sintesi di fede in Cristo e di amore e passione per l’uomo lo ha spinto a farsi carico della difesa e della promozione della dignità e dei diritti” dell’uomo, “opponendosi con un coraggio che non ha conosciuto ostacoli alle molteplici “minacce” che pesano sull’umanità del nostro tempo”. Il cardinale Ruini ha ricordato la lotta del Papa per “la liberazione dal totalitarismo comunista, la rivendicazione intransigente della giustizia per i popoli della fame, l’impegno strenuo per la pace nel mondo” e, ancora, “la grande battaglia per la vita umana, contro l’aborto e ogni altra sua negazione, e per la famiglia, contro tutte le spinte che tendono a disgregarla. D’altro canto, ha proseguito, “i suoi viaggi apostolici, come le visite alle parrocchie romane, sono stati, inseparabilmente, opera di evangelizzazione e atto di amore e di servizio per la Chiesa”. Intensa fu poi la sua “sollecitudine per l’unità interna della Chiesa e per la radice profonda di questa unità”. In questa “dedizione alla causa ecumenica come nella richiesta di perdono per i peccati dei figli della Chiesa”, si esprimeva - ha ribadito - “quella volontà, mite ma fermissima, di conformarsi a Cristo”. Il cardinale Ruini si è, infine, soffermato sulla dimensione della sofferenza, che tanta parte ha avuto nella vita terrena di Giovanni Paolo II:

 

“Karol Wojtyła aveva imparato a fare spazio alla sofferenza e alla Croce non solo dalla propria esperienza di vita ma anche, e più profondamente, dalla sua stessa spiritualità, dal rapporto personale intessuto con Dio. Il suo testamento iniziava con le parole “Desidero seguirti” e volendo, come scelta di fondo, seguire il Signore, egli aveva compreso e interiorizzato che bisogna accettare tutto quello che Dio dispone per noi”.

 

Anche nel dolore profondo, ha ricordato, Karol Wojtyla trovava conforto in Maria, a cui ha affidato tutto se stesso. Il Totus tuus, l’abbandono totale nelle mani di Maria è stato quindi richiamato alla fine della cerimonia in San Giovanni in Laterano:

 

Totus tuus sum, Maria, Mater nostri Redemptoris,

Virgo Dei, Virgo pia, Mater Mundi Salvatoris.

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Ricordiamo che dalle 17.20 di oggi, la RAdio Vaticana si collegherà con Piazza San Pietro per seguire la celebrazione di suffragio di Benedetto XVI in memoria di Giovanni Paolo II. La radiocronaca diretta avrà il commento in italiano per la zona di Roma, sull’onda media di 585 kHz e la modulazione di frequenza di 105 MHz. La nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta, dalle 21, anche la Veglia di preghiera dalle Grotte Vaticane, presieduta dal cardinale arcivescovo di Cracovia, Stanislaw Dziwisz, con commento in italiano per la zona di Roma sulle frequenze sopra riportate.

 

Uno dei momenti simbolici più importanti della cerimonia di questa mattina, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, è stata senza dubbio l'applicazione dei sigilli in ceralacca sui numerosi faldoni contenenti le testimonianze e i documenti raccolti in 21 mesi di lavoro, ovvero il periodo intercorso tra l'apertura e la chiusura dell'iter riguardante Giovanni Paolo II. Lo studio delle varie migliaia di pagine passa ora alla Congregazione per le Cause dei Santi, che dovrà pronunciarsi sul riconoscimento del miracolo e quindi sulla Beatificazione di Papa Wojtyla. Il prefetto del dicastero vaticano, il cardinale José Saraiva Martins, spiega - nell'intervista di Fabio Colagrande - in cosa consisterà il lavoro di esame della carte:

 

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R. - Il grido del ‘Santo subito’ dice molto chiaramente come la pensa il popolo di Dio. Però questo non basta: è chiaro, dopo la Chiesa deve verificare, alla luce della testimonianze, se questa fama di santità sia un vero fondamento o meno. Ecco il perché del lavoro che si accinge a fare la Congregazione della casa dei Santi.

 

D - Eminenza, lei presiede questo dicastero a  cui è affidata questa fase. Con che animo si accinge a occuparsi di questa causa che è una causa particolare?

 

R. - Io mi accingo a questo lavoro, come prefetto di questo dicastero, con uno spirito filiale e anche di gratitudine verso Giovanni Paolo II. Ho potuto contattarlo tante volte, anche a livello personale, e ho avuto sempre la profonda convinzione che lui fosse veramente santo, con quella sua umiltà così profonda, quello spirito così intenso di preghiera. Certamente lui era un santo, era un Vangelo vivente, e adesso che sto studiando questo caso è chiaro che tali ricordi non possono non essere presenti nel mio animo e nel mio cuore. Quindi, con spirito filiale, mi auguro che la Causa arrivi quanto prima alla fase finale, secondo le norme del Diritto canonico. Bisogna aver presente che Giovanni Paolo II è stato dispensato dai 5 anni dopo la morte, prescritti dal Diritto canonico per iniziare la causa di beatificazione, ma non è dispensato dal processo stesso: dunque, il Dicastero procede nell’esame di tutta la documentazione che ci arriverà, seguendo le vie indicate dalle norme giuridiche e che del resto è quello che ha detto il postulatore della Causa qualche giorno fa, cioè che vanno rispettate le norme del Diritto canonico. E’ quello che noi ci accingiamo a fare con ogni rapidità possibile: tutti vogliamo che quanto prima Giovanni PAolo II sia venerato sugli altari ma seguendo le norme del Diritto canonico.

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Sotto le navate affollate e illuminate a giorno della Basilica Lateranense, era presente anche colei la cui inspiegabile guarigione è al centro delle testimonianze raccolte sulla fama di santità di Papa Wojtyla. Si tratta di una religiosa francese, suor Marie Simon Pierre, della Congregazione delle Piccole Suore delle maternità cattoliche, che il 2 giugno 2005, nella città di Aix-en-Provence, si trovò improvvisamente guarita dal Morbo di Parkinson. La guarigione della suora, oggi 45.enne, viene fatta risalire all'intercessione di Giovanni Paolo II. Ecco la testimonianza della religiosa, raccolta dal collega della nostra redazione francese, Antony Torzec:

 

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R. - Je trouve que les mots ne sont pas assez forts pour dire ce que j’ai ressenti. …

Le parole non sono abbastanza forti per dire realmente cosa ho provato. Sicuramente è una grande grazia: ho sentito una grande pace interiore, qualcosa che ha sconvolto tutto il mio corpo, una sorta di leggerezza, mi sentivo tanto leggera, diversa, assolutamente un’altra. Subito dopo, ho sentito un’attrazione verso l’adorazione del Santissimo: in quanto religiosa, avevo già pratica dell’adorazione e dell’eucaristia quotidiane. E' stato un momento molto forte. E' stato in realtà in mezzo alla notte che io ho sentito questa necessità di andare a pregare davanti al Santissimo Sacramento.

 

D. - E nel profondo del suo cuore, cosa le dice che Giovanni Paolo II abbia ascoltato le sue preghiere?

 

R. - Ce n’est pas que mes prières, c’est le prières de toute la Congregation ...

Non è stata soltanto la mia preghiera, ma la preghiera dell’intera Congregazione. Tutte le mie Piccole suore pregavano, era l’intera Congregazione che pregava. Poi, anche la comunione dei Santi, con tutti coloro che sono in Cielo.

 

D. - Perché egli ha scelto proprio lei?

 

R. - Ça je ne le sais pas; on est une Congregation au service de la vie et de la famille ...

Questo non lo so! La nostra è una Congregazione al servizio della vita e della famiglia; Giovanni Paolo II ha sempre difeso i valori della vita, li ha sempre proclamati ovunque nel mondo, e noi siamo al servizio della vita, della famiglia, della vita nascente. Ed io ero affetta della stessa malattia di Giovanni Paolo II, il Morbo di Parkinson.

 

D. - La guarigione ha cambiato qualcosa nel suo modo di pregare o nel suo approccio alla preghiera?

 

R. - Je dirais que ma vie intérieure, ma vie de prière est différente. …

Direi che la mia vita interiore, la mia vita di preghiera è diversa. In che modo, è difficile da spiegare! Sicuramente per me ci sono l’Eucaristia, l’adorazione: nella mia vita c’erano anche prima, ma ora sento un richiamo molto più forte. Già prima amavo molto Maria, ed ora Maria per me è ancora più importante. Anche Giovanni Paolo II era molto vicino a Maria.

 

D. - Ora sta a Roma definire se si tratti di miracolo o meno. Per lei è evidente...

 

R. - Que je peux vous dire? C’est que j’étais malade, et que maintenant je suis guérie.

Cosa vuole che le dica? Io so che era malata e che ora sono guarita. Ecco tutto. Certo, Roma ora dovrà studiare il dossier e dovrà dire se la guarigione può essere attribuita ad un miracolo. Per il momento, quello che io posso dire è che ero malata e sono guarita...

 

D. - Nella Bibbia, nel Nuovo Testamento, in particolare, si parla di molti miracoli operati da Gesù. Oggi si tende a dimenticarlo, forse ad avere un po’ paura dei miracoli...

 

R. - Rien n’est impossible a Dieu. Je me dis, avec la foi, je crois qu’il faut le dire, ..

Nulla è impossibile a Dio. Credo che si debba dirlo: con la fede tutto è possibile e tutto è nelle mani del Padre.

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Tra i molti che conservano ricordi personali di Giovanni Paolo II e dei giorni di straordinaria partecipazione popolare e affettiva che seguirono la sua scomparsa, figura certamente il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Luca Collodi lo ha intervistato:

 

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R. - E’ stata una presenza molto forte di radicamento con la città, le 300 parrocchie che ha visitato, il suo amore speciale per questa città che lo aveva abbracciato e lo aveva in qualche modo già fatto cittadino di Roma - cosa che avremmo deciso di legittimare con un atto del Consiglio comunale. Poi ogni domenica, all’Angelus, c’era la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di grande, di importante, qualcosa che servisse a costruire ponti in un mondo che ha un grande bisogno di avere occasioni di conoscenza, di incontro, di rispetto reciproco.

 

D. - Qual è il messaggio, secondo lei, più attuale di Giovanni Paolo II?

 

R. - Quello al quale facevo riferimento prima, cioè l’idea della costruzione di ponti, in un mondo che si va organizzando per steccati. Giovanni Paolo II è stato un grande costruttore di ponti. Severo, duro, quando doveva farlo per i principi e i valori nei quali credeva e in primo luogo quello della libertà, ma con una grande volontà di costruire tutte le occasioni possibili di incontro, di dialogo e di conoscenza reciproca. Con la costante coscienza della grandezza dei propri valori, ma anche del rispetto dei valori altrui.

 

D. - Nella giornata di oggi, lei presenta una rivista particolare, “Conoscersi e convivere”, tesa a promuovere la conoscenza culturale tra cristiani, ebrei e musulmani. E’ un modo per ricordare nei fatti Giovanni Paolo II ?

 

R. - Sì, anche la scelta di presentarla oggi ha questo significato e credo sia il modo migliore di rispondere al messaggio che Giovanni Paolo II ha voluto mandare lungo tutta la sua vita - quel messaggio che ci palesò attraverso l’abbraccio al Rabbino Toaff nella Sinagoga: dalla definizione dei musulmani come fratelli, al viaggio a Gerusalemme e potrei continuare. E’ una rivista diretta insieme da rappresentanti delle tre grandi confessioni religioni monoteistiche e che si offre come un luogo e una sede di dibattito, di confronto e di conoscenza reciproca.

 

D. - Sindaco Veltroni, Giovanni Paolo II ha parlato a molti, ha costruito ponti. Secondo lei, che cosa ha lasciato in eredità a chi si occupa della gestione della “cosa pubblica”?

 

R. - Io ricordo dei colloqui con lui, anche quando nella fine della sua vita era più provato, più stanco più colpito. Ricordo questa straordinaria attenzione nei confronti degli esseri umani in quanto tali - vorrei dire del popolo, se questa parola non fosse un po’ abusata - degli esseri umani, soprattutto degli esseri umani che soffrono di più. Un grande amore, di grande proiezione nei confronti della bellezza della vita umana: del rapporto con la vita umana, del rapporto con le mani che si stringevano, con i volti che si accarezzavano, con gli occhi che si incrociavano. C’era qualcosa di evidentemente molto forte in lui: voglia di esercitare il suo gigantesco magistero in un rapporto molto ravvicinato con gli esseri umani e in particolare con i giovani.

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Udienze e Nomine

 

Questa mattina, Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il primo gruppo di sette presuli della Toscana in visita ad Limina, guidati dal cardinale arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli.

 

In Francia, il Papa ha nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Poitiers il sacerdote Pascal Wintzer, del clero dell’arcidiocesi di Rouen, finora vicario generale. Il neo presule, 46 anni, ha frequentato per un anno la Facoltà di Diritto dell’Università di Rouen-Mont-Saint-Aignan. Ha poi perfezionato gli studi presso la Facoltà di Teologia dell’Istituto Cattolico di Parigi dove ha ottenuto la “Maîtrise” in Teologia. Dopo l’ordinazione, ha ricoperto, tra gli altri, i seguenti incarichi: parroco, cappellano dei Licei pubblici di Rouen, docente. Dal 1996 al 2005, è stato responsabile del Servizio diocesano delle Vocazioni. Dal 2004 è membro dell’Accademia delle Scienze, Lettere e Arti di Rouen.

 

 

Oggi su "L'Osservatore Romano"

 

Servizio vaticano - "Il Signore bussa con la sua Croce alle porte del mondo": Domenica delle Palme e della Passione del Signore - Giornata Mondiale della Gioventù.

 

La chiusura dell'inchiesta diocesana sulla Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II.

 

Servizio estero - Isole Salomone: uno tsunami devasta le coste occidentali dopo una fortissima scossa di terremoto.

 

Servizio culturale - Un articolo di Piero Viotto dal titolo "Marc Chagall, il mistero della Croce e l'unione indissolubile dei due Testamenti": un aspetto dell'artista ebreo rilevato in diversi articoli anche da Jacques e Raissa Maritain.

 

Servizio italiano - La sanità fra i temi trattati.

 

 

 

Oggi in Primo Piano

 

 

Tsunami nel sud Pacifico provoca almeno 15 morti

ed oltre due mila sfollati sulle isole Salomone

 

Forti timori ha alimentato il sisma sottomarino che la scorsa notte ha generato un’onda anomala nel sud del Pacifico. Lo tsunami, che ha investito le coste occidentali delle Isole Salomone, ha provocato la morte di almeno 15 persone ed oltre due mila sfollati. La situazione è fortunatamente tornata alla normalità e l’allarme tsunami è stato revocato in tutta l’area meridionale del Pacifico. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

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Il terremoto sottomarino nei pressi delle Isole Salomone ha fatto temere una nuova catastrofe. Ma il sisma non ha provocato, fortunatamente, le devastanti conseguenze generate dal terremoto, e dal conseguente tsunami, che il 26 dicembre del 2004 causarono la morte di oltre 220 mila persone nel sudest asiatico. Ma quali sono state le cause che hanno generato, la notte scorsa, il sisma sottomarino nel Pacifico? Ascoltiamo il sismologo Luca Malagnini, dell’Istituto nazionale italiano di geofisica e vulcanologia:

 

R. - Il terremoto si è generato per l’incunearsi di parte della superficie terrestre, quella che delimita l’arcipelago delle Salomone, al di sotto dell’altra placca importante della crosta terrestre, la placca pacifica. Il terremoto è stato relativamente superficiale ed in confronto al terremoto di Sumatra è un piccolo evento. E’ stato, però, capace di svelare uno tsunami che ha raggiunto la costa delle Isole Salomone.

 

D. - Quali sono le differenze nel monitoraggio di terremoti e onde anomale e quali le caratteristiche della mappa mondiale dei sistemi di allerta anti-tsunami? Ascoltiamo ancora Luca Malagnini:

 

R. - Il monitoraggio di terremoti e quello di tsunami sono completamente diversi. Il monitoraggio dei terremoti è abbastanza efficiente in quasi tutte le parti del mondo: è abbastanza facile ricavare una magnitudo e una localizzazione in tempi relativamente brevi. Per quanto riguarda l’allarme tsunami, questo passa attraverso due fasi: la localizzazione dell’evento, e quindi una stima veloce della magnitudo. Se questa supera un certo limite si procede anche ad una valutazione, ad un monitoraggio della superficie del mare. Per questo, c’è bisogno di sensori in mare, che possano determinare l’altezza delle onde. Questa rete mariografica è molto più densa nelle zone dove gli tsunami sono stati più violenti e anche dove c’è più disponibilità economica, quindi tutta la zona pacifica.

 

Allo squilibrio nella copertura dei sistemi di allerta degli tsunami si deve poi aggiungere il divario nelle capacità di affrontare simili eventi da parte di ciascun Paese…

 

R. - C’è un altro anello della catena, quello per cui l’allarme tsunami ha un effetto sulle strutture di protezione civile locali: queste sono fortemente eterogenee e dipendono dalle condizioni economiche e organizzative del Paese colpito da un simile evento.

 

Nella zona del Pacifico ha dunque funzionato l’allarme lanciato, dopo la forte scossa di terremoto con epicentro di fronte alle Isole Salomone, dal "Centro allerta per i maremoti" in questa area. In Papua Nuova Guinea, gli abitanti sono riusciti ad abbandonare in tempo la costa. La popolazione è stata adeguatamente avvertita anche in Australia e in Giappone.

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La penitenza unita alla carità si apre alla solidarietà: è l’insegnamento

 lasciato da San Francesco da Paola di cui oggi ricorre la memoria liturgica

 

La Chiesa ricorda oggi la figura di San Francesco da Paola, del quale ricorre quest’anno il V centenario della morte. Fondatore dell’Ordine dei Minimi, presente attualmente in Europa e in America e prossimo a due nuove fondazioni in India e in Camerun, il Santo eremita, Patrono della Calabria e della gente di mare, propose un ideale di vita austera e nelle sue prediche alzava spesso la voce contro i potenti in favore degli oppressi. Tiziana Campisi ha chiesto a padre Francesco Marinelli, superiore generale dell’Ordine dei Minimi, come guardare oggi all’esperienza di San Francesco da Paola:

 

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R. - Francesco dice: "Il frate povero è il signore del mondo". Vuol dire che la povertà vissuta con stile penitente deve diventare benedizione per gli altri.

 

D. - Come sintetizzare la spiritualità di San Francesco da Paola?

 

R. - La spiritualità di San Francesco di Paola è la spiritualità della penitenza che deve coniugarsi con la carità. La penitenza unita alla carità si apre alla solidarietà, all’amore, alla condivisione, alla comunione con gli altri. In altre parole, la penitenza unita alla carità fa proprie le sofferenze dei fratelli per dare a quelle sofferenze la speranza, un futuro che permetta di farsi compagni, compassionevoli nelle sofferenze degli altri, per farsi amici nelle sofferenze degli altri.

 

D. - Che cosa suggerisce al mondo di oggi la figura di San Francesco da Paola?

 

R. - Suggerisce una cosa molto semplice. C’è una seria possibilità di incontrarsi col Signore e questa seria possibilità sta nella conversione del cuore. Non si può avere un rinnovamento nella società se non c’è la conversione del cuore. E' l’unica che permette di incontrare Dio ed è la premessa che poi troviamo nel Vangelo, quando Gesù afferma: "Convertitevi e credete al Vangelo". Possiamo accogliere il Vangelo se apriamo il nostro animo, se il nostro animo è disponibile a rinnovarsi, a convertirsi, a voltare le spalle al passato e a non pensarci più, guardando verso il futuro: tutto questo oggi Francesco dice a questo mondo. Non bisogna confidare solo e unicamente nel progresso, non bisogna confidare solo e unicamente sulle capacità degli uomini, l’uomo deve ricordarsi che è fatto per Dio. Tutto è a suo servizio, ma lui è a servizio di Dio.

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La fede è un cammino che supera dubbi e incertezze attraverso l’amore:

il messaggio della fiction “L’inchiesta”, in onda su Raiuno.

Intervista con il protagonista, Daniele Liotti

 

La storia di un tribuno della Roma antica, Tauro, inviato a Gerusalemme dall’imperatore Tiberio ad indagare sulla scomparsa del corpo di Gesù Cristo: a raccontarla è il film “L’inchiesta”, in onda stasera e domani sera su Rai Uno, per la regia di Giulio Base. La fiction - ispirata ad un’idea di Ennio Flaiano e Suso Cecchi D’amico e con un soggetto scritto dallo storico, Valerio Massimo Manfredi - vuol dar voce ai dubbi e alle incertezze della ragione di fronte alla fede. Tiziana Campisi ha intervistato l’attore protagonista, Daniele Liotti:

 

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R. - Sicuramente, è un percorso molto importante quello di Tauro, perché parte da un principio di assoluta razionalità e scetticismo, di chiusura di emozioni e sentimenti, e pian piano si schiude, aprendosi all’amore e all’amicizia. Io sono un credente che, comunque, ha guadagnato questa posizione negli anni e non è stato semplice neanche per me. Ho dovuto destrutturare queste sicurezze che avevo guadagnato negli anni, interrogarmi di nuovo su determinate cose, rimettere in discussione determinati cardini per me fondamentali e poi, gradualmente, riscoprire e andare a toccare di nuovo questa certezza, questa fede che oggi mi appartiene. Non c’è bisogno di arrivare a credere, lanciandosi nel discorso della fede come qualcosa di intoccabile o di inarrivabile: basta amare, cercare di stare vicino alle persone che ne hanno bisogno, cercare di ricevere amore e darlo nello stesso tempo, e nel momento in cui si riceve di sentirlo veramente.

 

D. - Tauro, in fondo, è l’interiorità di tante persone di oggi: dubbi e incertezze, come superarli?

 

R. - Dubbi e incertezze non vanno demonizzati, assolutamente. Non vanno scacciati. Credo che siano utili per qualunque percorso. E non bisogna considerarli dei fantasmi o cercare di allontanarli. Anzi, bisognerebbe tenerseli vicino, "coccolarseli" un pochino per poi, chiaramente, usare una grande volontà e una grande forza d’animo e di spirito per superarli. Credo, però, che siano funzionali alla ricrescita, rinascita, di ognuno di noi.

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Chiesa e Società

 

 

Ucciso, nel nord delle Filippine, padre Franciskus Madhu,

 missionario Verbita indonesiano. Mistero sul movente

 

Padre Franciskus Madhu, 31 anni, missionario Verbita indonesiano, che svolgeva la propria opera in un villaggio di montagna nel nord delle Filippine, è stato assassinato ieri, mentre stava entrando in una scuola per celebrare la Messa. Il sacerdote “è stato avvicinato da quattro uomini, di cui uno armato con un fucile M16, che ha aperto il fuoco contro di lui”, ha detto all’agenzia MISNA padre Antonio Pernia, superiore generale dei Missionari del Verbo Divino (Verbiti). I fatti sono avvenuti davanti alla scuola elementare del villaggio di Mabugtot, del quale padre Madhu era parroco, nei pressi della cittadina di Lubuagan, nella provincia di Kalinga. Secondo la stampa locale, la polizia sarebbe già sulle tracce dell’assassino, identificato dai testimoni come un uomo con cui il missionario aveva avuto una discussione giorni prima. Colpito da cinque proiettili all’addome, padre Madhu è stato trasportato all’ospedale di Lubuagan dove è stato dichiarato morto. (R.M.)

 

 

Sri Lanka: l’arcivescovo di Colombo, mons. Gomis, invita i fedeli

a rinunciare a un pasto durante la Settimana Santa a favore dei rifugiati

 

Contribuire al “Fondo per i rifugiati 2007”, per aiutare le oltre 150 mila persone colpite da calamità naturali e discriminazioni nel nord-est dello Sri Lanka: è l’invito rivolto ieri ai cattolici del Paese dall’arcivescovo di Colombo, mons. Oswald Thomas Colman Gomis. “Come cattolici – ha affermato il presule, citato da AsiaNews – dobbiamo aiutare chi si trova in difficoltà a causa di calamità naturali, come lo tsunami, le alluvioni, la siccità o discriminazioni razziali, di credo, casta o colore”. “Non possiamo mandare cibo o vestiario – ha spiegato mons. Gomis – ma possiamo aiutare questa gente ad acquistare tali prodotti, inviando del denaro”. L’arcivescovo ha invitato i fedeli a rinunciare a un pasto durante la Settimana Santa e a donare il corrispettivo in denaro al “Fondo per i rifugiati”. Le donazioni verranno raccolte nelle parrocchie e nelle istituzioni cattoliche; chiunque volesse contribuire, lo può fare rivolgendosi al “Procurator general, Archbishop’s house, Colombo 08, Sri Lanka”.

 

 

“Il senso della vita, ovvero ciò che è importante, è la testimonianza dell’amore”: messaggio del vescovo di Hong Kong, il cardinale Zen Ze-kiun, per la Settimana Santa

 

Il vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, ha proposto come tema di meditazione per la Settimana Santa il versetto evangelico che costituisce il tema del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Gioventù 2007, “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. “Il Santo Padre - ha spiegato il porporato, citato dall’agenzia Fides - ci conduce alla ricerca della fonte dell’amore autentico. Con questa trilogia, ci ha descritto il percorso dell’amore autentico, dalla fonte fino a noi: Dio è amore, è fonte dell’amore; l’Incarnazione del Signore ha manifestato pienamente l’amore di Dio; Dio ci ama senza nessun interesse”. Secondo il cardinale Zen Ze-kiun, “il Papa utilizza un’altra trilogia per indicarci tre categorie dell’amore, ovvero il campo dove fiorisce l’Amore: la Chiesa; la nostra famiglia; i diversi carismi della Chiesa”. “Rispondendo alla nostra vocazione fondamentale - ha aggiunto il porporato - avremo tante opportunità per manifestare l’amore: in famiglia, a scuola, nel lavoro, nella società e anche nel divertimento. Possiamo coltivare i frutti della carità in tutto il campo. Per noi, il senso della vita, ovvero ciò che è importante, è la testimonianza dell’amore”. (R.M.)

 

 

In Libano, l’ombra della crisi anche sulle festose processioni

della domenica delle Palme

 

Processioni comuni di cattolici e ortodossi per la Domenica delle Palme, ieri, in diverse località libanesi. Malgrado pioggia e freddo, fanciulli vestiti a festa, secondo la tradizione, hanno portato i rami d’ulivo e le candele per ricordare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Tuttavia, la crisi che il Paese sta attraversando - riferisce AsiaNews - è stata presente anche in questa festosa celebrazione. Così, il  Patriarca maronita, il cardinale Nasrallah Pierre Sfeir, prima della processione ha ammonito tutti coloro che stanno “cercando di macchiare la storia del Libano e di impedire il processo della riconciliazione nazionale”. Dure critiche contro coloro che stanno operando contro il bene del Libano anche nelle parole del metropolita greco-ortodosso di Beirut, Elias Awde, che ha rivolto un sentito appello a tutti perché raddoppino i loro sforzi per salvare l’identità del Paese. Mons. Paul Youssef Matar, arcivescovo maronita di Beirut, ha ricordato le sofferenze del popolo palestinese, iracheno e libanese e ha rivolto un appello alla comunità internazionale perché protegga la presenza cristiana in Medio Oriente, prima che sia tardi. Il momento difficile del Paese è stato evocato anche da mons. Béchara Raï, vescovo maronita di Jbeil, che ha criticato le persone che stanno rubando la gioia dei bambini rivolgendo un appello perché si ristabilisca la pace nei cuori e nel Paese. Dal canto suo, l’arcivescovo di Saïdā dei greci-melkiti, mons. Elie Haddad, nel corso della sua prima Messa nella diocesi, ha ribadito la necessità di liberare i giovani da tutti gli ostacoli che impediscono di vivere in piena armonia con il Creatore e con il creato e si è impegnato a dedicare ai giovani un ampio spazio della sua attività pastorale. (R.M.)

 

 

I vescovi della Colombia ribadiscono il “no” all’eutanasia,

mentre un disegno di legge intende regolarizzare la pratica nel Paese

 

La Conferenza episcopale colombiana ha ribadito la sua posizione in difesa della vita e di rifiuto dell’eutanasia davanti al Congresso della Repubblica. L’occasione è stata la presentazione di un disegno di legge che intende regolare la pratica dell’eutanasia nel Paese. I presuli hanno chiesto ai legislatori la dovuta protezione dei pazienti, mediante leggi che promuovano le cure palliative e che, “più che regolare una morte degna, con il significato perverso che ha acquisito questo termine, incoraggino l’elaborazione di una legge che cerchi di umanizzare il processo della morte, attraverso un insieme di mezzi e di attenzioni”. Nel documento, presentato a una delle Commissioni del Congresso e firmato da mons. Fabiàn Marulanda Lòpez, segretario generale della Conferenza episcopale, si afferma che quando in una società “prevale solo la tendenza ad apprezzare la vita nella misura in cui dà piacere e benessere, la sofferenza appare come una minaccia insopportabile, di cui è necessario liberarsi a ogni costo”. In questo contesto – precisa il presule – “è sempre più forte la tentazione dell’eutanasia, cioè, di impadronirsi della morte, procurandola in modo anticipato”. La nota presenta poi alcuni chiarimenti: secondo la Dottrina della Chiesa, occorre distinguere il caso del cosiddetto “accanimento terapeutico”. “Quando la morte si prevede imminente ed inevitabile – si legge – si può in coscienza rinunciare ad alcuni trattamenti che procurerebbero unicamente un prolungamento precario e penoso dell’esistenza, senza interrompere tuttavia le cure normali dovute al malato in casi simili”. Si afferma poi che è lecito eliminare il dolore per mezzo dei narcotici, anche se ciò abbia come conseguenza quella di abbreviare la vita del malato. “L’eutanasia – affermano i presuli – deve considerarsi come una falsa pietà, più ancora, come una preoccupante ‘perversione’ di questa”. “La vita non è negoziabile – concludono – se la libertà, l’onore, l’educazione sono beni irrinunciabili, a maggior ragione lo è la vita, radice primordiale di tutti quei beni e primo e fondamentale di tutti i diritti”. (L.B.)

 

 

In Myanmar, la giunta militare costruisce una nuova capitale: una grande operazione d’immagine, mentre si intensifica la pressione sulle minoranze

 

Mostrare il volto di un Paese moderno, dinamico, autosufficiente: con questo intento, la giunta militare al potere in Myanmar ha presentato la creazione di una nuova capitale per lo Stato. Come riferisce l’agenzia Fides, la città, chiamata Naypyidaw (“Dimora dei re”), è stata costruita in circa un anno e mezzo, 460 chilometri a nord dell’attuale capitale, Yangon. I dipendenti pubblici sono stati costretti a spostarsi a Naypyidaw, anche se mancano ancora attività economiche e commerciali. I militari al potere hanno il loro quartiere generale in una fortezza nella zona orientale della città, dove alloggia il generale Than Shwe, capo della giunta militare dal 1992. Presentando la nuova capitale, Than Shwe ha ribadito la fermezza del Paese rispetto alle sanzioni di Stati Uniti e Unione Europea, promettendo di “eliminare gli elementi distruttivi interni ed esterni che impediscono la stabilità e lo sviluppo dello Stato”. Nonostante il percorso guidato verso le riforme annunciato nel 2003 per instaurare una “democrazia disciplinata”, la giunta non sembra avere in vista appuntamenti elettorali. Intanto, gli osservatori internazionali denunciano l’intensificarsi della pressione dell’esercito sulle minoranze etniche. Un allarme lanciato da organizzazioni umanitarie e per la tutela dei diritti umani riguarda i rifugiati di etnia rohingya, gruppo minoritario musulmano che vive nello Stato birmano occidentale di Arakan. Molti sfollati, ricercati dall’esercito, sono fuggiti nel vicino Bangladesh e vivono in condizioni di vita insostenibili. In aumento anche la pressione dei militari sui membri dell’etnia karen, che di recente, come denuncia l’organizzazione Christian Solidairty Worldwide (CSW), sono stati vittime di attacchi indiscriminati nel distretto di Papun, nello Stato settentrionale di Karen, che hanno causato oltre mille sfollati civili. (R.M.)

 

 

 

In mostra fino al primo luglio alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano

33 icone che raccontano il cristianesimo in Bulgaria

 

Trentatrè icone di dimensione imponente che svelano un aspetto della Bulgaria che non ci si aspetta. Una terra fiera della sua identità cristiana. Queste opere, che provengono dalla Galleria nazionale di Belle Arti di Sofia, arrivano per la prima volta in Italia, ospiti della Pinacoteca Ambrosiana di Milano dove resteranno in mostra fino al 1° luglio. Tesori dell’iconografia orientale, le icone riescono a rimandare a quel Dio che nessun uomo ha potuto vedere, nemmeno Mosè. E incarnano la storia di un popolo perseguitato a causa della fede, che le ha gelosamente custodite e tramandate. Insieme alle icone fanno parte della rassegna sette manoscritti provenienti dall’Istituto ecclesiastico storico archivistico presso il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Bulgara. Sono il simbolo di una tradizione nazionale che dal Medioevo è resistita fino a metà del Novecento, quando i monaci nei conventi dei Balcani continuavano a copiare a mano, per la fede nelle parole e nelle icone ricopiate. E la Bulgaria, appena entrata a far parte dell’Unione Europea, rivendica questa forte impronta spirituale. Lo hanno sottolineato alla presentazione della mostra, il metropolita di Varnn Velki, Preslav Kirill e il console bulgaro a Milano, Ivo Ivanov. “I bulgari non hanno mai abbandonato la propria fede cristiana “, ha detto il metropolita Kirill, “piuttosto per lunghi anni non sono riusciti ad esprimerlo, soffocati dal dominio ottomano e dal regime comunista ateo. Le icone testimoniano una tradizione rimasta nell’ombra, ma che oggi fa risorgere il suo popolo”. (A cura di Fabio Brenna)

 

 

 

24 Ore nel Mondo

 

- A cura di Fausta Speranza -

 

 

- La televisione di Stato iraniana ha mostrato nuovi video degli appartenenti al gruppo dei 15 marinai e marine britannici in mano agli iraniani. Lo ha fatto dopo che i media locali hanno riportato la notizia che tutti e 15 avrebbero 'confessato' di essere entrati nelle acque iraniane illegalmente. La televisione, in precedenza, aveva mandato in onda le 'confessioni' di quattro di loro. Un portavoce del primo ministro britannico, Tony Blair, ha detto che le ''confessioni non sono destinate ad avere alcun impatto sulla posizione britannica''. Nelle ultime ore il governo Blair ha accelerato le manovre diplomatiche con l'Iran alla ricerca di un compromesso per la liberazione dei quindici Marines e marinai della Royal Navy, catturati nove giorni fa dalle Guardie della Rivoluzione nel Golfo Persico. Un alto ufficiale della marina britannica (un commodoro o un capitano di vascello) potrebbe recarsi nei prossimi giorni in missione a Teheran.

 

- In Iraq, almeno dodici persone sono morte e cento sono rimaste ferite in seguito alla devastante esplosione di un camion-bomba nella città settentrionale irachena di Kirkuk: tra le vittime ci sarebbero numerosi bambini. L'attentato è stato messo a segno nei pressi di una scuola elementare, con un camion carico di esplosivo condotto da un attentatore suicida. L’obiettivo sembra fosse una caserma di polizia. E i 21 sciiti rapiti domenica sera sulla strada da Baghdad alla provincia di Diyala, sono stati ritrovati uccisi nella mattinata a 80 chilometri a nord di Baghdad. Intanto, la pubblica accusa ha chiesto oggi la pena di morte per crimini contro l'umanità per Ali il chimico, cugino di Saddam Hussein, e per altri quattro imputati nel processo per il massacro dei curdi negli anni '80.

 

- Reazioni negative dei palestinesi all'invito lanciato ieri dal premier israeliano Ehud Olmert ai leader arabi per una conferenza regionale sul conflitto israelo-palestinese. Il ministro dell'Informazione palestinese, Barghuti, secondo la radio pubblica israeliana, ha detto che l'invito di Olmert dimostra che egli è solo interessato a una normalizzazione delle relazioni con gli Stati arabi, aggirando però la questione palestinese. Intanto l'esercito israeliano, su autorizzazione del ministro della Difesa, Peretz, ha ripreso a operare all'interno della Striscia di Gaza ma limitatamente a una stretta fascia a ridosso del confine con lo Stato ebraico, per inibire miliziani palestinesi in procinto di sparare razzi Qassam e scoprire gallerie sotterranee, che armati palestinesi  potrebbero usare per infiltrarsi in Israele. La decisione di riprendere a operare dentro la Striscia è stata presa dopo la caduta di oltre 150 razzi Qassam, sparati da armati palestinesi, sul territorio israeliano, malgrado la tregua dichiarata dagli stessi palestinesi lo scorso novembre.

 

- Alcune decine di giornalisti palestinesi si sono raccolti oggi a Gaza City davanti all'ufficio del premier Ismail Haniyeh per chiedergli di agire per una rapida liberazione del giornalista britannico della BBC, Alan Johnston, rapito il 12 marzo scorso da sconosciuti armati in quella città. L'associazione dei giornalisti palestinesi ha inoltre deciso di astenersi dal coprire le attività del governo per i prossimi tre giorni, secondo fonti stampa di Gaza.

 

- Due lavoratori stranieri, con tutta probabilità libanesi ma ancora non c'è conferma ufficiale, sono stati rapiti nello Stato meridionale nigeriano di Bayelsa, nel delta del Niger. Lo hanno riferito fonti dell'industria petrolifera, aggiungendo che i due lavorano per la società di costruzioni Setraco.

 

- La Corte suprema di Stato di Amman ha condannato stamani sei integralisti di ''diversi Paesi arabi'' a 15 anni di carcere ciascuno perchè ritenuti colpevoli di ''aver pianificato attentati contro obiettivi occidentali in Giordania''. Lo hanno riferito fonti giudiziarie di Amman, che hanno precisato che tre integralisti del gruppo sono stati condannati in contumacia.

 

- Il presidente della Camera dei Rappresentanti statunitense, Nancy Pelosi, è arrivata stamani a Beirut a capo di una delegazione di deputati del Congresso americano. La Pelosi, proveniente da Israele, è impegnata in una  missione regionale che comprende anche la Siria, l'Arabia  Saudita e i Territori palestinesi. L'agenzia ha inoltre riferito che la Pelosi incontrerà oggi il premier sunnita Fuad Siniora (appoggiato da Stati Uniti, Unione Europea e Paesi arabi  del Golfo) e il presidente della Camera lo sciita Nabih Berri, uno dei principali leader dell'opposizione (guidata dal movimento sciita Hezbollah e sostenuta da Siria e Iran). La Pelosi, che non incontrerà il presidente della Repubblica, il filosiriano Emile Lahoud, si è recata stamani nel cuore di Beirut a rendere omaggio al mausoleo dell'ex  premier Rafik Hariri, assassinato nel febbraio 2005.

 

- E a Beirut è arrivata stamane anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, presidente di turno dell'Unione Europea. E’ stata accolta dal premier libanese, Fuad Siniora. La Merkel è impegnata in una missione diplomatica in Medio Oriente iniziata sabato scorso in Giordania e proseguita ieri in Israele e nei Territori palestinesi.

 

- Dall’Afghanistan giungono dichiarazioni minacciose dei Talebani: affermano che migliaia di attentatori suicidi sono stati dislocati in tutto il Paese per colpire i militari occidentali e il governo. Intanto, non ci sono notizie dell’interprete del giornalista italiano Mastrogiacomo ancora nelle mani dei talebani, nonostante i numerosi appelli, e nemmeno del funzionario di Emergency arrestato dai servizi segreti afgani in seguito alla liberazione di Mastrogiacomo. 

 

- Le armi tacciono oggi per la prima volta a Mogadiscio dopo quattro giorni di intensi  combattimenti tra le truppe somale, fiancheggiate dai militari etiopici e ribelli islamici: combattimenti che secondo gli osservatori avrebbero fatto centinaia di morti. Intanto almeno 47.000 persone sono fuggite da Mogadiscio negli ultimi dieci giorni. E' quanto riferisce un comunicato dell'Organizzazione ONU per i Profughi (UNHR). Ieri, analoghe fonti ONU a Ginevra avevano parlato di oltre 9.500 persone fuggite negli ultimi tre giorni, e quasi 100.000 dall'inizio di febbraio. Domani al Cairo si riunisce il gruppo di contatto internazionale sulla Somalia. Fanno parte: Unione Europea, Italia, Norvegia, Svezia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Unione Africana e Lega Araba.

 

- Cinque soldati della Forza africana nel Darfur sono stati uccisi ieri. Lo riferisce oggi il portavoce dell'Unione Africana a Khartoum, Nurredin Mezni.  ''I soldati della forza di protezione dell'AMIS(la forza africana) - ha detto il portavoce - sono stati attaccati da uomini armati mentre sorvegliavano un deposito di acqua a Umm Barru, nel nordovest del Darfur'', vicino alla frontiera con il Ciad. Mezni ha condannato l'attacco definendolo ''ingiustificato'' ed ha deplorato che ''soldati africani giunti per aiutare a ristabilire la pace in Darfur siano obiettivo di tali attacchi''.

 

- E' di 15 morti e di 25 feriti il bilancio dell'esplosione di una bomba che ha investito un autobus nello Sri Lanka orientale. Il sospetto è che si tratti di un attentato del movimento delle Tigri per la liberazione del Tamil Eelam.

 

- Ha ricevuto la fiducia del Parlamento il nuovo governo nepalese del premier Koirala, il primo esecutivo da cui è escluso il re e di cui fanno parte gli ex ribelli maoisti. Dopo un decennio di guerra civile, il governo dovrebbe traghettare il Paese himalayano verso le prime elezioni democratiche in programma a giugno. Stefano Leszczynski ha intervistato Aldo Daghetta, portavoce dell’organizzazione non governativa Pangea:

 

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R. – E’ sicuramente un ottimo punto di partenza, fare davvero che, sia da parte dei maoisti che delle forze politiche e parlamentari e soprattutto del Re, ci sia una vera volontà di andare a costruire un Nepal nuovo. Rimane ancora in sospeso il problema di alcune aree del Sud del Paese dove ci sono alcuni gruppi appartenenti ai maoisti che si sono staccati e che stanno continuando a combattere.

 

D. – Questa nuova situazione quali vantaggi potrà comportare nello sviluppo sociale all’interno del Paese?

 

R. – Il punto più importante dovrebbe essere proprio la sicurezza, per quanto riguarda le realtà internazionali ma soprattutto per la gente, perché una condizione di sicurezza vera, quindi una pace reale, permette il vero sviluppo e quindi permette alle donne di mandare a scuola i figli senza avere il terrore che possano essere  presi dalle forze maoiste o molto spesso dall’esercito nepalese stesso, che in questi ultimi anni si è contraddistinto anche per l’utilizzo dei bambini soldato. Oppure consente al commercio, alle attività economiche, di svilupparsi in un sistema in cui l’unico motore sia lo sviluppo sociale economico e quindi non sia la corruzione, non il riuscire ad accaparrarsi merci e materie, perché di fatto c’è un sistema di mercato lento.

 

D. – La prova del nove sarà rappresentata dalle elezioni probabilmente a giugno…

 

R. – Sicuramente il miraggio delle elezioni è seguito da tantissime persone, da tantissimi nepalesi. Sarà il punto di partenza per un impegno concreto e reale di un Nepal da costruire, da ricostruire, ma per la gente.

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- I negoziatori USA e sudcoreani hanno trovato un'intesa su un accordo di libero scambio. Lo ha annunciato un portavoce americano. ''Abbiamo un accordo'', ha detto alla stampa Steven Norton, portavoce della rappresentanza USA per il commercio (USTR),  precisando che al più presto verrà diffuso un comunicato. La televisione sudcoreana precisa che il documento è stato annunciato dal ministro del Commercio, Kim Hyun Chong, al presidente Roh Moo Hyun.  Questo accordo, raggiunto dopo un difficile negoziato durato oltre 10 mesi, è considerato il più importante concluso dagli Stati Uniti dopo quello Alena, firmato con Canada e Messico nel 1993.