RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno LI n. 92
- Testo della trasmissione di lunedì 2 aprile
2007
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Oggi su
"L'Osservatore Romano"
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Libano, l’ombra della crisi anche sulle
festose processioni della Domenica delle Palme
Dopo
l’ultimo video dei marinai della Gran Bretagna, il governo londinese ribadisce:
nessuna violazione territoriale
Il
Papa e la Santa Sede
Chiusa solennemente in San Giovanni in Laterano la
fase diocesana
della Causa di Beatificazione di Karol Wojtyla. Un uomo libero
perché radicato in Cristo, ha detto il cardinale Ruini
Un momento atteso con
gioia dai fedeli di tutto il mondo: si è chiusa, stamani, nella Basilica di San
Giovanni in Laterano, dopo 21 mesi, la fase diocesana della Causa di Beatificazione
e Canonizzazione del Servo di Dio, Giovanni Paolo II. L’evento si è tenuto
durante la celebrazione dell’Ora
Sesta in una Basilica gremita di porporati, presuli, autorità politiche e
tantissimi fedeli che, venuti anche dalla Polonia, si sono radunati nel
piazzale antistante. Viva poi è l’emozione con la quale si attende la Messa in
suffragio di Giovanni Paolo II, che Benedetto XVI presiederà oggi pomeriggio,
alle 17.30 in Piazza San Pietro. Già stamani, per commemorare il secondo
anniversario della morte di Papa Wojtyla, il cardinale Stanislaw Dziwisz aveva
celebrato una Messa presso la tomba del Papa nelle Grotte Vaticane. Il
porporato ha ribadito che Giovanni Paolo II è stato “il Papa della vita”. “Ci
riempie di gioia e di speranza - ha detto - il fatto che proprio la santità
diventa il più caratteristico e il più riconoscibile tratto” del suo “atteggiamento”
e del suo “servizio”. Stasera, sarà sempre l’ex segretario personale di
Giovanni Paolo II a presiedere la veglia dei giovani in memoria del Papa, accompagnata
dalle riflessioni dell’arcivescovo Angelo Comastri, vicario generale di Sua
Santità per la Città del Vaticano. Ma torniamo all’evento di stamani nella
Basilica di San Giovanni in Laterano, seguito per noi da Alessandro Gisotti:
**********
(Canti)
Santo subito! Il grido
del popolo di Dio che, due anni fa, ha accompagnato le esequie di Giovanni
Paolo II è risuonato idealmente anche oggi nella Basilica di San Giovanni in
Laterano, dove si è tenuta la cerimonia di chiusura della fase diocesana della
Causa di Beatificazione di Karol Wojtyla. Un momento a lungo atteso dai fedeli
che hanno partecipato con gioia a questo evento.
Ego Slawomir Oder iuro
et promitto me fideliter executurum…
Con la formula letta
in latino, il postulatore della Causa, mons. Slawomir Oder, ha notificato il
trasferimento alla Congregazione delle Cause dei Santi dei documenti sulla
vita, le virtù, “nonché i miracoli in genere” di Papa Wojtyla. A suggellare la
chiusura della fase diocesana, le firme del notaio del tribunale diocesano del
Vicariato, Giuseppe Gobbi, dei giudici e del cardinale vicario, Camillo Ruini,
che ha definito questa impresa “entusiasmante, perché dal contatto con Karol
Wojtyla” continua “ad emergere un fiume di stimoli a vivere il Vangelo”. Proprio
il porporato ha offerto ai fedeli una meditazione sulla figura spirituale di
Giovanni Paolo II e in particolare sul suo rapporto personale con Dio. Una
relazione, ha sottolineato, che appariva già forte nella fanciullezza che non
ha mai cessato di crescere e irrobustirsi. Il Padre, ha detto il cardinale
Ruini, “ha amato questo ragazzo polacco, lo ha unito a sé e lo ha mantenuto in
questa unione, non risparmiandogli le prove della vita”, associandolo “sempre
di nuovo alla croce del proprio Figlio”:
“Nella certezza di
essere amato da Dio e nella gioia di corrispondere a questo amore Karol
Wojtyła ha trovato il senso, l’unità e lo scopo della propria vita. Tutti
coloro che lo hanno conosciuto, da vicino o anche solo da lontano, sono stati
colpiti infatti dalla ricchezza della sua umanità, dalla sua piena
realizzazione come uomo. Ma ancor più illuminante e significativo è il fatto
che tale pienezza di umanità coincide, alla fine, con questo suo rapporto con
Dio, in altre parole con la sua santità”.
Il porporato si è
soffermato su due componenti essenziali della personalità di Karol Wojtyla: la
dimensione orante e la libertà. Il Papa viveva la preghiera come “dono, gusto e
gioia”. Il cardinale Ruini ricorda “il raccoglimento, anzi l’abbandono totale”
in cui “si immergeva quando pregava”. Una preghiera che univa al lavoro, che
“non soltanto era offerto al Signore ma era penetrato e attraversato dalla
preghiera stessa”:
“La preghiera di Karol
Wojtyła - Giovanni Paolo II, così profonda e intimamente personale, era al
tempo stesso totalmente ecclesiale, legata alla tradizione e alla pietà della
Chiesa”.
Il cardinale vicario
ha rammentato la miriade di persone che a lui “si sono rivolte per ottenere
l’aiuto di Dio”. Il Papa “teneva nel cassetto dell’inginocchiatoio le suppliche
che gli giungevano, per presentarle personalmente al Signore”. Si è così
soffermato sulla libertà dell’uomo Karol Wojtyla, libero da se stesso e dunque
libero anche nei confronti degli altri:
“Era pronto
all’ascolto, e anche ad accettare la critica, prediligeva la collaborazione e
rispettava la libertà dei suoi collaboratori, ma poi sapeva essere autonomo
nelle decisioni definitive, e soprattutto non rinunciava a prendere posizioni
difficili e 'scomode' per timore delle reazioni delle autorità ostili alla
Chiesa, negli anni del suo ministero in Polonia, o dell’incomprensione e
dell’ostilità dell’opinione pubblica predominante, negli anni del Pontificato”.
Questa libertà
interiore, ha proseguito, era dettata dalla sollecitudine per il Vangelo e il
bene dell’uomo, “via della Chiesa”. Una libertà dirompente come risultò
evidente sin dai primi passi del suo lungo Pontificato:
“La grande parola 'Non
abbiate paura!', con cui ha aperto il suo Pontificato, nasceva anche da questa
libertà interiore, nutrita di fede, ed è stata, nel concreto della storia, una
parola contagiosa, che ha liberato la Polonia, e non soltanto la Polonia, dalla
paura e dalla sudditanza, politica, culturale, spirituale”.
Giovanni Paolo II, ha
aggiunto il cardinale vicario, era distaccato dai beni del mondo, ma proprio questo
atteggiamento dell’animo gli permise di apprezzare la bellezza della natura e
dell’arte, come anche il calore delle amicizie, gli ardimenti del pensiero e le
conquiste dello sport. Il cardinal Ruini ha così rivolto il pensiero alla
fulgida testimonianza di dedizione per i fratelli, offerta da Karol Wojtyla sin
dalla sua adolescenza. Il Papa, ha evidenziato, “si è per così dire concentrato
nell’attenzione alla persona e ai suoi problemi”. Di qui, il suo impegno
costante per il soccorso materiale ai poveri e bisognosi, l’attenzione per gli
ammalati. “Il suo cuore - ha detto - era per i poveri, i piccoli e i
sofferenti, e questo spiega la profonda affinità spirituale che egli sentiva
nei confronti di Madre Teresa di Calcutta”. Animato dalla “freschezza evangelica”,
Giovanni Paolo II si dedicò alla nuova evangelizzazione, programma realizzato
in prima persona con i suoi viaggi missionari. “In particolare - ha ricordato
il cardinale Ruini - ha cercato, senza mai stancarsi, di dare nuova linfa alla
fede cristiana nell’Europa gravata dalla secolarizzazione”, facendo scaturire
dal proprio cuore “quella formidabile invenzione evangelizzatrice che
sono le Giornate Mondiali della Gioventù”.
“In realtà, dietro il
vigore inesausto della sua testimonianza alla verità di Cristo stava la
saldezza rocciosa della sua fede: era la fede semplice di un fanciullo e al
tempo stesso la fede di un grande uomo di cultura, ben consapevole delle sfide
di oggi, era soprattutto la fede di un uomo che in certo senso ha già visto il
Signore, ha avuto esperienza diretta della presenza misteriosa e salvifica di
Dio nel proprio spirito e nella propria vita, e perciò, alla fine, non può
essere scosso o reso incerto dal dubbio, ma sente prepotente dentro di sé il
bisogno e il dovere di offrire e di trasmettere a tutti la verità che salva”.
“Con questo
atteggiamento - ha rilevato - Giovanni Paolo II ha potuto, in anni non facili,
confermare la Chiesa intera nella fede”. La medesima “sintesi di fede in Cristo
e di amore e passione per l’uomo lo ha spinto a farsi carico della difesa e
della promozione della dignità e dei diritti” dell’uomo, “opponendosi con un coraggio
che non ha conosciuto ostacoli alle molteplici “minacce” che pesano
sull’umanità del nostro tempo”. Il cardinale Ruini ha ricordato la lotta del
Papa per “la liberazione dal totalitarismo comunista, la rivendicazione
intransigente della giustizia per i popoli della fame, l’impegno strenuo per la
pace nel mondo” e, ancora, “la grande battaglia per la vita umana, contro
l’aborto e ogni altra sua negazione, e per la famiglia, contro tutte le spinte
che tendono a disgregarla. D’altro canto, ha proseguito, “i suoi viaggi
apostolici, come le visite alle parrocchie romane, sono stati,
inseparabilmente, opera di evangelizzazione e atto di amore e di servizio per
la Chiesa”. Intensa fu poi la sua “sollecitudine per l’unità interna della
Chiesa e per la radice profonda di questa unità”. In questa “dedizione alla
causa ecumenica come nella richiesta di perdono per i peccati dei figli della
Chiesa”, si esprimeva - ha ribadito - “quella volontà, mite ma fermissima, di
conformarsi a Cristo”. Il cardinale Ruini si è, infine, soffermato sulla
dimensione della sofferenza, che tanta parte ha avuto nella vita terrena di
Giovanni Paolo II:
“Karol Wojtyła
aveva imparato a fare spazio alla sofferenza e alla Croce non solo dalla
propria esperienza di vita ma anche, e più profondamente, dalla sua stessa
spiritualità, dal rapporto personale intessuto con Dio. Il suo testamento
iniziava con le parole “Desidero seguirti” e volendo, come scelta di fondo,
seguire il Signore, egli aveva compreso e interiorizzato che bisogna accettare
tutto quello che Dio dispone per noi”.
Anche nel dolore
profondo, ha ricordato, Karol Wojtyla trovava conforto in Maria, a cui ha affidato
tutto se stesso. Il Totus tuus, l’abbandono totale nelle mani di Maria è
stato quindi richiamato alla fine della cerimonia in San Giovanni in Laterano:
Totus tuus sum, Maria,
Mater nostri Redemptoris,
Virgo Dei, Virgo pia,
Mater Mundi Salvatoris.
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Ricordiamo che dalle
17.20 di oggi, la RAdio Vaticana si collegherà con Piazza San Pietro per
seguire la celebrazione di suffragio di Benedetto XVI in memoria di Giovanni
Paolo II. La radiocronaca diretta avrà il commento in italiano per la zona di
Roma, sull’onda media di 585 kHz e la modulazione di frequenza di 105 MHz. La
nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta, dalle 21, anche la Veglia di
preghiera dalle Grotte Vaticane, presieduta dal cardinale arcivescovo di
Cracovia, Stanislaw Dziwisz, con commento in italiano per la zona di Roma sulle
frequenze sopra riportate.
Uno dei momenti
simbolici più importanti della cerimonia di questa mattina, nella Basilica di
San Giovanni in Laterano, è stata senza dubbio l'applicazione dei sigilli in
ceralacca sui numerosi faldoni contenenti le testimonianze e i documenti raccolti
in 21 mesi di lavoro, ovvero il periodo intercorso tra l'apertura e la chiusura
dell'iter riguardante Giovanni Paolo II. Lo studio delle varie migliaia di
pagine passa ora alla Congregazione per le Cause dei Santi, che dovrà
pronunciarsi sul riconoscimento del miracolo e quindi sulla Beatificazione di
Papa Wojtyla. Il prefetto del dicastero vaticano, il cardinale José Saraiva
Martins, spiega - nell'intervista di Fabio Colagrande - in cosa
consisterà il lavoro di esame della carte:
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R. - Il grido del
‘Santo subito’ dice molto chiaramente come la pensa il popolo di Dio. Però
questo non basta: è chiaro, dopo la Chiesa deve verificare, alla luce della
testimonianze, se questa fama di santità sia un vero fondamento o meno. Ecco il
perché del lavoro che si accinge a fare la Congregazione della casa dei Santi.
D - Eminenza, lei
presiede questo dicastero a cui è
affidata questa fase. Con che animo si accinge a occuparsi di questa causa che
è una causa particolare?
R. - Io mi accingo a
questo lavoro, come prefetto di questo dicastero, con uno spirito filiale e
anche di gratitudine verso Giovanni Paolo II. Ho potuto contattarlo tante
volte, anche a livello personale, e ho avuto sempre la profonda convinzione che
lui fosse veramente santo, con quella sua umiltà così profonda, quello spirito
così intenso di preghiera. Certamente lui era un santo, era un Vangelo vivente,
e adesso che sto studiando questo caso è chiaro che tali ricordi non possono
non essere presenti nel mio animo e nel mio cuore. Quindi, con spirito filiale,
mi auguro che la Causa arrivi quanto prima alla fase finale, secondo le norme
del Diritto canonico. Bisogna aver presente che Giovanni Paolo II è stato dispensato
dai 5 anni dopo la morte, prescritti dal Diritto canonico per iniziare la causa
di beatificazione, ma non è dispensato dal processo stesso: dunque, il
Dicastero procede nell’esame di tutta la documentazione che ci arriverà,
seguendo le vie indicate dalle norme giuridiche e che del resto è quello che ha
detto il postulatore della Causa qualche giorno fa, cioè che vanno rispettate
le norme del Diritto canonico. E’ quello che noi ci accingiamo a fare con ogni
rapidità possibile: tutti vogliamo che quanto prima Giovanni PAolo II sia
venerato sugli altari ma seguendo le norme del Diritto canonico.
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Sotto le navate
affollate e illuminate a giorno della Basilica Lateranense, era presente anche
colei la cui inspiegabile guarigione è al centro delle testimonianze raccolte
sulla fama di santità di Papa Wojtyla. Si tratta di una religiosa francese, suor
Marie Simon Pierre, della Congregazione delle Piccole Suore delle maternità
cattoliche, che il 2 giugno 2005, nella città di Aix-en-Provence, si trovò improvvisamente
guarita dal Morbo di Parkinson. La guarigione della suora, oggi 45.enne, viene
fatta risalire all'intercessione di Giovanni Paolo II. Ecco la testimonianza
della religiosa, raccolta dal collega della nostra redazione francese, Antony
Torzec:
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R. - Je trouve que les
mots ne sont pas assez forts pour dire ce que j’ai ressenti. …
Le parole non sono
abbastanza forti per dire realmente cosa ho provato. Sicuramente è una grande
grazia: ho sentito una grande pace interiore, qualcosa che ha sconvolto tutto
il mio corpo, una sorta di leggerezza, mi sentivo tanto leggera, diversa,
assolutamente un’altra. Subito dopo, ho sentito un’attrazione verso
l’adorazione del Santissimo: in quanto religiosa, avevo già pratica
dell’adorazione e dell’eucaristia quotidiane. E' stato un momento molto forte.
E' stato in realtà in mezzo alla notte che io ho sentito questa necessità di
andare a pregare davanti al Santissimo Sacramento.
D. - E nel profondo
del suo cuore, cosa le dice che Giovanni Paolo II abbia ascoltato le sue
preghiere?
R.
- Ce n’est pas que mes prières, c’est le prières de toute la Congregation ...
Non è stata soltanto
la mia preghiera, ma la preghiera dell’intera Congregazione. Tutte le mie
Piccole suore pregavano, era l’intera Congregazione che pregava. Poi, anche la
comunione dei Santi, con tutti coloro che sono in Cielo.
D. - Perché egli ha
scelto proprio lei?
R. - Ça je ne le sais
pas; on est une Congregation au service de la vie et de la famille ...
Questo non lo so! La
nostra è una Congregazione al servizio della vita e della famiglia; Giovanni
Paolo II ha sempre difeso i valori della vita, li ha sempre proclamati ovunque
nel mondo, e noi siamo al servizio della vita, della famiglia, della vita
nascente. Ed io ero affetta della stessa malattia di Giovanni Paolo II, il
Morbo di Parkinson.
D. - La guarigione ha
cambiato qualcosa nel suo modo di pregare o nel suo approccio alla preghiera?
R. - Je dirais que ma
vie intérieure, ma vie de prière est différente. …
Direi che la mia vita
interiore, la mia vita di preghiera è diversa. In che modo, è difficile da
spiegare! Sicuramente per me ci sono l’Eucaristia, l’adorazione: nella mia vita
c’erano anche prima, ma ora sento un richiamo molto più forte. Già prima amavo
molto Maria, ed ora Maria per me è ancora più importante. Anche Giovanni Paolo
II era molto vicino a Maria.
D. - Ora sta a Roma
definire se si tratti di miracolo o meno. Per lei è evidente...
R. - Que je peux vous
dire? C’est que j’étais
malade, et que maintenant je suis guérie.
Cosa vuole che le
dica? Io so che era malata e che ora sono guarita. Ecco tutto. Certo, Roma ora
dovrà studiare il dossier e dovrà dire se la guarigione può essere attribuita
ad un miracolo. Per il momento, quello che io posso dire è che ero malata e sono
guarita...
D. - Nella Bibbia, nel
Nuovo Testamento, in particolare, si parla di molti miracoli operati da Gesù.
Oggi si tende a dimenticarlo, forse ad avere un po’ paura dei miracoli...
R. - Rien n’est
impossible a Dieu. Je me dis, avec la foi, je crois qu’il faut le dire, ..
Nulla è impossibile a
Dio. Credo che si debba dirlo: con la fede tutto è possibile e tutto è nelle
mani del Padre.
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Tra i molti che
conservano ricordi personali di Giovanni Paolo II e dei giorni di straordinaria
partecipazione popolare e affettiva che seguirono la sua scomparsa, figura
certamente il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Luca Collodi lo
ha intervistato:
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R. - E’ stata una presenza molto forte di
radicamento con la città, le 300 parrocchie che ha visitato, il suo amore
speciale per questa città che lo aveva abbracciato e lo aveva in qualche modo
già fatto cittadino di Roma - cosa che avremmo deciso di legittimare con un
atto del Consiglio comunale. Poi ogni domenica, all’Angelus, c’era la
sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa di grande, di importante, qualcosa
che servisse a costruire ponti in un mondo che ha un grande bisogno di avere
occasioni di conoscenza, di incontro, di rispetto reciproco.
D. - Qual è il messaggio, secondo lei, più
attuale di Giovanni Paolo II?
R. - Quello al quale facevo riferimento
prima, cioè l’idea della costruzione di ponti, in un mondo che si va
organizzando per steccati. Giovanni Paolo II è stato un grande costruttore di
ponti. Severo, duro, quando doveva farlo per i principi e i valori nei quali
credeva e in primo luogo quello della libertà, ma con una grande volontà di
costruire tutte le occasioni possibili di incontro, di dialogo e di conoscenza
reciproca. Con la costante coscienza della grandezza dei propri valori, ma
anche del rispetto dei valori altrui.
D. - Nella giornata di oggi, lei presenta
una rivista particolare, “Conoscersi e convivere”, tesa a promuovere la
conoscenza culturale tra cristiani, ebrei e musulmani. E’ un modo per ricordare
nei fatti Giovanni Paolo II ?
R. - Sì, anche la scelta di presentarla
oggi ha questo significato e credo sia il modo migliore di rispondere al
messaggio che Giovanni Paolo II ha voluto mandare lungo tutta la sua vita -
quel messaggio che ci palesò attraverso l’abbraccio al Rabbino Toaff nella
Sinagoga: dalla definizione dei musulmani come fratelli, al viaggio a
Gerusalemme e potrei continuare. E’ una rivista diretta insieme da rappresentanti
delle tre grandi confessioni religioni monoteistiche e che si offre come un
luogo e una sede di dibattito, di confronto e di conoscenza reciproca.
D. - Sindaco Veltroni, Giovanni Paolo II ha
parlato a molti, ha costruito ponti. Secondo lei, che cosa ha lasciato in
eredità a chi si occupa della gestione della “cosa pubblica”?
R. - Io ricordo dei colloqui con lui, anche
quando nella fine della sua vita era più provato, più stanco più colpito.
Ricordo questa straordinaria attenzione nei confronti degli esseri umani in
quanto tali - vorrei dire del popolo, se questa parola non fosse un po’ abusata
- degli esseri umani, soprattutto degli esseri umani che soffrono di più. Un
grande amore, di grande proiezione nei confronti della bellezza della vita
umana: del rapporto con la vita umana, del rapporto con le mani che si
stringevano, con i volti che si accarezzavano, con gli occhi che si incrociavano.
C’era qualcosa di evidentemente molto forte in lui: voglia di esercitare il suo
gigantesco magistero in un rapporto molto ravvicinato con gli esseri umani e in
particolare con i giovani.
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Udienze e Nomine
Questa mattina,
Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il primo gruppo di sette presuli della
Toscana in visita ad Limina, guidati dal cardinale arcivescovo di Firenze,
Ennio Antonelli.
In Francia, il Papa ha
nominato ausiliare dell’arcidiocesi di Poitiers il sacerdote Pascal Wintzer,
del clero dell’arcidiocesi di Rouen, finora vicario generale. Il neo presule,
46 anni, ha frequentato per un anno la Facoltà di Diritto dell’Università di
Rouen-Mont-Saint-Aignan. Ha poi perfezionato gli studi presso la Facoltà di
Teologia dell’Istituto Cattolico di Parigi dove ha ottenuto la “Maîtrise” in
Teologia. Dopo l’ordinazione, ha ricoperto, tra gli altri, i seguenti
incarichi: parroco, cappellano dei Licei pubblici di Rouen, docente. Dal 1996
al 2005, è stato responsabile del Servizio diocesano delle Vocazioni. Dal 2004
è membro dell’Accademia delle Scienze, Lettere e Arti di Rouen.
Oggi su
"L'Osservatore Romano"
Servizio vaticano - "Il
Signore bussa con la sua Croce alle porte del mondo": Domenica delle Palme
e della Passione del Signore - Giornata Mondiale della Gioventù.
La chiusura dell'inchiesta
diocesana sulla Causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II.
Servizio estero - Isole
Salomone: uno tsunami devasta le coste occidentali dopo una fortissima scossa
di terremoto.
Servizio culturale - Un
articolo di Piero Viotto dal titolo "Marc Chagall, il mistero della Croce
e l'unione indissolubile dei due Testamenti": un aspetto dell'artista
ebreo rilevato in diversi articoli anche da Jacques e Raissa Maritain.
Servizio italiano - La sanità
fra i temi trattati.
Oggi
in Primo Piano
Tsunami nel sud
Pacifico provoca almeno 15 morti
ed oltre due mila sfollati sulle isole Salomone
Forti
timori ha alimentato il sisma sottomarino che la scorsa notte ha generato
un’onda anomala nel sud del Pacifico. Lo tsunami, che ha investito le
coste occidentali delle Isole Salomone, ha provocato la morte di almeno 15
persone ed oltre due mila sfollati. La situazione è fortunatamente tornata alla
normalità e l’allarme tsunami è stato revocato in tutta l’area
meridionale del Pacifico. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
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Il terremoto
sottomarino nei pressi delle Isole Salomone ha fatto temere una nuova
catastrofe. Ma il sisma non ha provocato, fortunatamente, le devastanti
conseguenze generate dal terremoto, e dal conseguente tsunami, che il 26
dicembre del 2004 causarono la morte di oltre 220 mila persone nel sudest asiatico.
Ma quali sono state le cause che hanno generato, la
notte scorsa, il sisma sottomarino nel Pacifico? Ascoltiamo il sismologo Luca
Malagnini, dell’Istituto nazionale italiano di geofisica e vulcanologia:
R. - Il terremoto si è
generato per l’incunearsi di parte della superficie terrestre, quella che
delimita l’arcipelago delle Salomone, al di sotto dell’altra placca importante
della crosta terrestre, la placca pacifica. Il terremoto è stato relativamente
superficiale ed in confronto al terremoto di Sumatra è un piccolo evento. E’
stato, però, capace di svelare uno tsunami che ha
raggiunto la costa delle Isole Salomone.
D. - Quali
sono le differenze nel monitoraggio di terremoti e onde anomale e quali le
caratteristiche della mappa mondiale dei sistemi di allerta anti-tsunami?
Ascoltiamo ancora Luca Malagnini:
R. - Il monitoraggio
di terremoti e quello di tsunami sono completamente diversi. Il
monitoraggio dei terremoti è abbastanza efficiente in quasi tutte le parti del
mondo: è abbastanza facile ricavare una magnitudo e una localizzazione in tempi
relativamente brevi. Per quanto riguarda l’allarme tsunami, questo passa
attraverso due fasi: la localizzazione dell’evento, e quindi una stima veloce
della magnitudo. Se questa supera un certo limite si procede anche ad una
valutazione, ad un monitoraggio della superficie del mare. Per questo, c’è
bisogno di sensori in mare, che possano determinare l’altezza delle onde.
Questa rete mariografica è molto più densa nelle zone dove gli tsunami
sono stati più violenti e anche dove c’è più disponibilità economica, quindi
tutta la zona pacifica.
Allo
squilibrio nella copertura dei sistemi di allerta degli tsunami si deve
poi aggiungere il divario nelle capacità di affrontare simili eventi da parte
di ciascun Paese…
R. - C’è un altro
anello della catena, quello per cui l’allarme tsunami ha un
effetto sulle strutture di protezione civile locali: queste sono fortemente
eterogenee e dipendono dalle condizioni economiche e organizzative del Paese
colpito da un simile evento.
Nella zona del
Pacifico ha dunque funzionato l’allarme lanciato, dopo
la forte scossa di terremoto con epicentro di fronte alle Isole Salomone,
dal "Centro allerta per i maremoti" in
questa area. In Papua Nuova Guinea, gli abitanti sono riusciti ad abbandonare
in tempo la costa. La popolazione è stata adeguatamente avvertita anche in
Australia e in Giappone.
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La penitenza unita alla carità si apre alla
solidarietà: è l’insegnamento
lasciato da San Francesco da Paola di cui oggi
ricorre la memoria liturgica
La Chiesa ricorda oggi
la figura di San Francesco da Paola, del quale ricorre quest’anno il V
centenario della morte. Fondatore dell’Ordine dei Minimi, presente attualmente
in Europa e in America e prossimo a due nuove fondazioni in India e in Camerun,
il Santo eremita, Patrono della Calabria e della gente di mare, propose un
ideale di vita austera e nelle sue prediche alzava spesso la voce contro i
potenti in favore degli oppressi. Tiziana Campisi ha chiesto a padre
Francesco Marinelli, superiore generale dell’Ordine dei Minimi, come
guardare oggi all’esperienza di San Francesco da Paola:
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R. - Francesco dice:
"Il frate povero è il signore del mondo". Vuol dire che la povertà
vissuta con stile penitente deve diventare benedizione per gli altri.
D. - Come sintetizzare
la spiritualità di San Francesco da Paola?
R. - La spiritualità
di San Francesco di Paola è la spiritualità della penitenza che deve coniugarsi
con la carità. La penitenza unita alla carità si apre alla solidarietà,
all’amore, alla condivisione, alla comunione con gli altri. In altre parole, la
penitenza unita alla carità fa proprie le sofferenze dei fratelli per dare a
quelle sofferenze la speranza, un futuro che permetta di farsi compagni,
compassionevoli nelle sofferenze degli altri, per farsi amici nelle sofferenze
degli altri.
D. - Che cosa
suggerisce al mondo di oggi la figura di San Francesco da Paola?
R. - Suggerisce una
cosa molto semplice. C’è una seria possibilità di incontrarsi col Signore e
questa seria possibilità sta nella conversione del cuore. Non si può avere un
rinnovamento nella società se non c’è la conversione del cuore. E' l’unica che
permette di incontrare Dio ed è la premessa che poi troviamo nel Vangelo,
quando Gesù afferma: "Convertitevi e credete al Vangelo". Possiamo
accogliere il Vangelo se apriamo il nostro animo, se il nostro animo è
disponibile a rinnovarsi, a convertirsi, a voltare le spalle al passato e a non
pensarci più, guardando verso il futuro: tutto questo oggi Francesco dice a
questo mondo. Non bisogna confidare solo e unicamente nel progresso, non
bisogna confidare solo e unicamente sulle capacità degli uomini, l’uomo deve
ricordarsi che è fatto per Dio. Tutto è a suo servizio, ma lui è a servizio di
Dio.
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La fede è un cammino che supera dubbi e incertezze
attraverso l’amore:
il messaggio della fiction “L’inchiesta”, in onda su Raiuno.
Intervista con il protagonista, Daniele Liotti
La storia di un
tribuno della Roma antica, Tauro, inviato a Gerusalemme dall’imperatore Tiberio
ad indagare sulla scomparsa del corpo di Gesù Cristo: a raccontarla è il film
“L’inchiesta”, in onda stasera e domani sera su Rai Uno, per la regia di Giulio
Base. La fiction - ispirata ad un’idea di Ennio Flaiano e Suso Cecchi
D’amico e con un soggetto scritto dallo storico, Valerio Massimo Manfredi -
vuol dar voce ai dubbi e alle incertezze della ragione di fronte alla fede. Tiziana
Campisi ha intervistato l’attore protagonista, Daniele Liotti:
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R. - Sicuramente, è un
percorso molto importante quello di Tauro, perché parte da un principio di
assoluta razionalità e scetticismo, di chiusura di emozioni e sentimenti, e
pian piano si schiude, aprendosi all’amore e all’amicizia. Io sono un credente
che, comunque, ha guadagnato questa posizione negli anni e non è stato semplice
neanche per me. Ho dovuto destrutturare queste sicurezze che avevo guadagnato
negli anni, interrogarmi di nuovo su determinate cose, rimettere in discussione
determinati cardini per me fondamentali e poi, gradualmente, riscoprire e
andare a toccare di nuovo questa certezza, questa fede che oggi mi appartiene.
Non c’è bisogno di arrivare a credere, lanciandosi nel discorso della fede come
qualcosa di intoccabile o di inarrivabile: basta amare, cercare di stare vicino
alle persone che ne hanno bisogno, cercare di ricevere amore e darlo nello
stesso tempo, e nel momento in cui si riceve di sentirlo veramente.
D. - Tauro, in fondo,
è l’interiorità di tante persone di oggi: dubbi e incertezze, come superarli?
R. - Dubbi e
incertezze non vanno demonizzati, assolutamente. Non vanno scacciati. Credo che
siano utili per qualunque percorso. E non bisogna considerarli dei fantasmi o
cercare di allontanarli. Anzi, bisognerebbe tenerseli vicino, "coccolarseli"
un pochino per poi, chiaramente, usare una grande volontà e una grande forza
d’animo e di spirito per superarli. Credo, però, che siano funzionali alla ricrescita,
rinascita, di ognuno di noi.
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Chiesa
e Società
Ucciso, nel nord delle Filippine, padre Franciskus
Madhu,
missionario
Verbita indonesiano. Mistero sul movente
Padre Franciskus
Madhu, 31 anni, missionario Verbita indonesiano, che svolgeva la propria opera
in un villaggio di montagna nel nord delle Filippine, è stato assassinato ieri,
mentre stava entrando in una scuola per celebrare la Messa. Il sacerdote “è
stato avvicinato da quattro uomini, di cui uno armato con un fucile M16, che ha
aperto il fuoco contro di lui”, ha detto all’agenzia MISNA padre Antonio
Pernia, superiore generale dei Missionari del Verbo Divino (Verbiti). I fatti
sono avvenuti davanti alla scuola elementare del villaggio di Mabugtot, del
quale padre Madhu era parroco, nei pressi della cittadina di Lubuagan, nella
provincia di Kalinga. Secondo la stampa locale, la polizia sarebbe già sulle
tracce dell’assassino, identificato dai testimoni come un uomo con cui il
missionario aveva avuto una discussione giorni prima. Colpito da cinque
proiettili all’addome, padre Madhu è stato trasportato all’ospedale di Lubuagan
dove è stato dichiarato morto. (R.M.)
Sri Lanka: l’arcivescovo di Colombo, mons. Gomis, invita i fedeli
a rinunciare a un
pasto durante la Settimana Santa a favore dei rifugiati
Contribuire al “Fondo per i rifugiati
2007”, per aiutare le oltre 150 mila persone colpite da calamità naturali e
discriminazioni nel nord-est dello Sri Lanka: è l’invito rivolto ieri ai
cattolici del Paese dall’arcivescovo di Colombo, mons. Oswald Thomas Colman
Gomis. “Come cattolici – ha affermato il presule, citato da AsiaNews – dobbiamo
aiutare chi si trova in difficoltà a causa di calamità naturali, come lo
tsunami, le alluvioni, la siccità o discriminazioni razziali, di credo, casta o
colore”. “Non possiamo mandare cibo o vestiario – ha spiegato mons. Gomis – ma
possiamo aiutare questa gente ad acquistare tali prodotti, inviando del
denaro”. L’arcivescovo ha invitato i fedeli a rinunciare a un pasto durante la
Settimana Santa e a donare il corrispettivo in denaro al “Fondo per i
rifugiati”. Le donazioni verranno raccolte nelle parrocchie e nelle istituzioni
cattoliche; chiunque volesse contribuire, lo può fare rivolgendosi al
“Procurator general, Archbishop’s house, Colombo 08, Sri Lanka”.
“Il
senso della vita, ovvero ciò che è importante, è la testimonianza dell’amore”:
messaggio del vescovo di Hong Kong, il cardinale Zen Ze-kiun, per la Settimana
Santa
Il
vescovo di Hong Kong, il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, ha proposto come tema di
meditazione per la Settimana Santa il versetto evangelico che costituisce il
tema del messaggio di Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Gioventù
2007, “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. “Il
Santo Padre - ha spiegato il porporato, citato dall’agenzia Fides - ci conduce
alla ricerca della fonte dell’amore autentico. Con questa trilogia, ci ha
descritto il percorso dell’amore autentico, dalla fonte fino a noi: Dio è
amore, è fonte dell’amore; l’Incarnazione del Signore ha manifestato pienamente
l’amore di Dio; Dio ci ama senza nessun interesse”. Secondo il cardinale Zen
Ze-kiun, “il Papa utilizza un’altra trilogia per indicarci tre categorie
dell’amore, ovvero il campo dove fiorisce l’Amore: la Chiesa; la nostra
famiglia; i diversi carismi della Chiesa”. “Rispondendo alla nostra vocazione
fondamentale - ha aggiunto il porporato - avremo tante opportunità per
manifestare l’amore: in famiglia, a scuola, nel lavoro, nella società e anche
nel divertimento. Possiamo coltivare i frutti della carità in tutto il campo.
Per noi, il senso della vita, ovvero ciò che è importante, è la testimonianza
dell’amore”. (R.M.)
In Libano, l’ombra
della crisi anche sulle festose processioni
della domenica delle Palme
Processioni comuni di cattolici e ortodossi per la Domenica delle Palme,
ieri, in diverse località libanesi. Malgrado pioggia e freddo, fanciulli
vestiti a festa, secondo la tradizione, hanno portato i rami d’ulivo e le
candele per ricordare l’ingresso di Gesù a Gerusalemme. Tuttavia, la crisi che
il Paese sta attraversando - riferisce AsiaNews - è stata presente anche in
questa festosa celebrazione. Così, il Patriarca maronita, il cardinale Nasrallah
Pierre Sfeir, prima della processione ha ammonito tutti coloro che stanno
“cercando di macchiare la storia del Libano e di impedire il processo della
riconciliazione nazionale”. Dure critiche contro coloro che stanno operando
contro il bene del Libano anche nelle parole del metropolita greco-ortodosso di
Beirut, Elias Awde, che ha rivolto un sentito appello a tutti perché raddoppino
i loro sforzi per salvare l’identità del Paese. Mons. Paul Youssef Matar,
arcivescovo maronita di Beirut, ha ricordato le sofferenze del popolo
palestinese, iracheno e libanese e ha rivolto un appello alla comunità
internazionale perché protegga la presenza cristiana in Medio Oriente, prima
che sia tardi. Il momento difficile del Paese è stato evocato anche da mons.
Béchara Raï, vescovo maronita di Jbeil, che ha criticato le persone che stanno
rubando la gioia dei bambini rivolgendo un appello perché si ristabilisca la
pace nei cuori e nel Paese. Dal canto suo, l’arcivescovo di Saïdā dei
greci-melkiti, mons. Elie Haddad, nel corso della sua prima Messa nella
diocesi, ha ribadito la necessità di liberare i giovani da tutti gli ostacoli
che impediscono di vivere in piena armonia con il Creatore e con il creato e si
è impegnato a dedicare ai giovani un ampio spazio della sua attività pastorale.
(R.M.)
I vescovi della Colombia ribadiscono il “no”
all’eutanasia,
mentre un disegno di legge intende regolarizzare la
pratica nel Paese
La Conferenza episcopale colombiana ha
ribadito la sua posizione in difesa della vita e di rifiuto dell’eutanasia
davanti al Congresso della Repubblica. L’occasione è stata la presentazione di
un disegno di legge che intende regolare la pratica dell’eutanasia nel Paese. I
presuli hanno chiesto ai legislatori la dovuta protezione dei pazienti, mediante
leggi che promuovano le cure palliative e che, “più che regolare una morte
degna, con il significato perverso che ha acquisito questo termine, incoraggino
l’elaborazione di una legge che cerchi di umanizzare il processo della morte,
attraverso un insieme di mezzi e di attenzioni”. Nel documento, presentato a
una delle Commissioni del Congresso e firmato da mons. Fabiàn Marulanda Lòpez,
segretario generale della Conferenza episcopale, si afferma che quando in una
società “prevale solo la tendenza ad apprezzare la vita nella misura in cui dà
piacere e benessere, la sofferenza appare come una minaccia insopportabile, di
cui è necessario liberarsi a ogni costo”. In questo contesto – precisa il
presule – “è sempre più forte la tentazione dell’eutanasia, cioè, di
impadronirsi della morte, procurandola in modo anticipato”. La nota presenta
poi alcuni chiarimenti: secondo la Dottrina della Chiesa, occorre distinguere
il caso del cosiddetto “accanimento terapeutico”. “Quando la morte si prevede
imminente ed inevitabile – si legge – si può in coscienza rinunciare ad alcuni
trattamenti che procurerebbero unicamente un prolungamento precario e penoso
dell’esistenza, senza interrompere tuttavia le cure normali dovute al malato in
casi simili”. Si afferma poi che è lecito eliminare il dolore per mezzo dei
narcotici, anche se ciò abbia come conseguenza quella di abbreviare la vita del
malato. “L’eutanasia – affermano i presuli – deve considerarsi come una falsa
pietà, più ancora, come una preoccupante ‘perversione’ di questa”. “La vita non
è negoziabile – concludono – se la libertà, l’onore, l’educazione sono beni
irrinunciabili, a maggior ragione lo è la vita, radice primordiale di tutti
quei beni e primo e fondamentale di tutti i diritti”. (L.B.)
In Myanmar, la giunta
militare costruisce una nuova capitale: una grande operazione d’immagine,
mentre si intensifica la pressione sulle minoranze
Mostrare il volto di un Paese moderno,
dinamico, autosufficiente: con questo intento, la giunta militare al potere in
Myanmar ha presentato la creazione di una nuova capitale per lo Stato. Come
riferisce l’agenzia Fides, la città, chiamata Naypyidaw (“Dimora dei re”), è
stata costruita in circa un anno e mezzo, 460 chilometri a nord dell’attuale
capitale, Yangon. I dipendenti pubblici sono stati costretti a spostarsi a
Naypyidaw, anche se mancano ancora attività economiche e commerciali. I
militari al potere hanno il loro quartiere generale in una fortezza nella zona
orientale della città, dove alloggia il generale Than Shwe, capo della giunta
militare dal 1992. Presentando la nuova capitale, Than Shwe ha ribadito la
fermezza del Paese rispetto alle sanzioni di Stati Uniti e Unione Europea,
promettendo di “eliminare gli elementi distruttivi interni ed esterni che
impediscono la stabilità e lo sviluppo dello Stato”. Nonostante il percorso
guidato verso le riforme annunciato nel 2003 per instaurare una “democrazia
disciplinata”, la giunta non sembra avere in vista appuntamenti elettorali.
Intanto, gli osservatori internazionali denunciano l’intensificarsi della
pressione dell’esercito sulle minoranze etniche. Un allarme lanciato da
organizzazioni umanitarie e per la tutela dei diritti umani riguarda i
rifugiati di etnia rohingya, gruppo minoritario musulmano che vive nello Stato
birmano occidentale di Arakan. Molti sfollati, ricercati dall’esercito, sono
fuggiti nel vicino Bangladesh e vivono in condizioni di vita insostenibili. In
aumento anche la pressione dei militari sui membri dell’etnia karen, che di
recente, come denuncia l’organizzazione Christian Solidairty Worldwide (CSW),
sono stati vittime di attacchi indiscriminati nel distretto di Papun, nello
Stato settentrionale di Karen, che hanno causato oltre mille sfollati civili.
(R.M.)
In mostra fino al primo luglio alla
Pinacoteca Ambrosiana di Milano
33 icone che raccontano il cristianesimo
in Bulgaria
Trentatrè icone di
dimensione imponente che svelano un aspetto della Bulgaria che non ci si
aspetta. Una terra fiera della sua identità cristiana. Queste opere, che
provengono dalla Galleria nazionale di Belle Arti di Sofia, arrivano per la prima
volta in Italia, ospiti della Pinacoteca Ambrosiana di Milano dove resteranno
in mostra fino al 1° luglio. Tesori dell’iconografia orientale, le icone
riescono a rimandare a quel Dio che nessun uomo ha potuto vedere, nemmeno Mosè.
E incarnano la storia di un popolo perseguitato a causa della fede, che le ha
gelosamente custodite e tramandate. Insieme alle icone fanno parte della
rassegna sette manoscritti provenienti dall’Istituto ecclesiastico storico
archivistico presso il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Bulgara. Sono il
simbolo di una tradizione nazionale che dal Medioevo è resistita fino a metà
del Novecento, quando i monaci nei conventi dei Balcani continuavano a copiare
a mano, per la fede nelle parole e nelle icone ricopiate. E la Bulgaria, appena
entrata a far parte dell’Unione Europea, rivendica questa forte impronta
spirituale. Lo hanno sottolineato alla presentazione della mostra, il
metropolita di Varnn Velki, Preslav Kirill e il console bulgaro a Milano, Ivo
Ivanov. “I bulgari non hanno mai abbandonato la propria fede cristiana “, ha
detto il metropolita Kirill, “piuttosto per lunghi anni non sono riusciti ad
esprimerlo, soffocati dal dominio ottomano e dal regime comunista ateo. Le
icone testimoniano una tradizione rimasta nell’ombra, ma che oggi fa risorgere
il suo popolo”. (A cura di Fabio Brenna)
- A cura di Fausta Speranza -
- La televisione di
Stato iraniana ha mostrato nuovi video degli appartenenti al gruppo dei 15
marinai e marine britannici in mano agli iraniani. Lo ha fatto dopo che i media
locali hanno riportato la notizia che tutti e 15 avrebbero 'confessato' di
essere entrati nelle acque iraniane illegalmente. La televisione, in
precedenza, aveva mandato in onda le 'confessioni' di quattro di loro. Un
portavoce del primo ministro britannico, Tony Blair, ha detto che le
''confessioni non sono destinate ad avere alcun impatto sulla posizione
britannica''. Nelle ultime ore il governo Blair ha accelerato le manovre
diplomatiche con l'Iran alla ricerca di un compromesso per la liberazione dei
quindici Marines e marinai della Royal Navy, catturati nove giorni fa dalle
Guardie della Rivoluzione nel Golfo Persico. Un alto ufficiale della marina
britannica (un commodoro o un capitano di vascello) potrebbe recarsi nei
prossimi giorni in missione a Teheran.
- In Iraq, almeno
dodici persone sono morte e cento sono rimaste ferite in seguito alla
devastante esplosione di un camion-bomba nella città settentrionale irachena di
Kirkuk: tra le vittime ci sarebbero numerosi bambini. L'attentato è stato messo
a segno nei pressi di una scuola elementare, con un camion carico di esplosivo
condotto da un attentatore suicida. L’obiettivo sembra fosse una caserma di
polizia. E i 21 sciiti rapiti domenica sera sulla strada da Baghdad alla provincia
di Diyala, sono stati ritrovati uccisi nella mattinata a 80 chilometri a nord
di Baghdad. Intanto, la pubblica accusa ha chiesto oggi la pena di morte per crimini
contro l'umanità per Ali il chimico, cugino di Saddam Hussein, e per altri
quattro imputati nel processo per il massacro dei curdi negli anni '80.
- Reazioni negative
dei palestinesi all'invito lanciato ieri dal premier israeliano Ehud Olmert ai
leader arabi per una conferenza regionale sul conflitto israelo-palestinese. Il
ministro dell'Informazione palestinese, Barghuti, secondo la radio pubblica
israeliana, ha detto che l'invito di Olmert dimostra che egli è solo interessato
a una normalizzazione delle relazioni con gli Stati arabi, aggirando però la
questione palestinese. Intanto l'esercito israeliano, su autorizzazione del ministro
della Difesa, Peretz, ha ripreso a operare all'interno della Striscia di Gaza
ma limitatamente a una stretta fascia a ridosso del confine con lo Stato
ebraico, per inibire miliziani palestinesi in procinto di sparare razzi Qassam
e scoprire gallerie sotterranee, che armati palestinesi potrebbero usare per infiltrarsi in Israele.
La decisione di riprendere a operare dentro la Striscia è stata presa dopo la
caduta di oltre 150 razzi Qassam, sparati da armati palestinesi, sul territorio
israeliano, malgrado la tregua dichiarata dagli stessi palestinesi lo scorso
novembre.
- Alcune decine di
giornalisti palestinesi si sono raccolti oggi a Gaza City davanti all'ufficio
del premier Ismail Haniyeh per chiedergli di agire per una rapida liberazione
del giornalista britannico della BBC, Alan Johnston, rapito il 12 marzo scorso
da sconosciuti armati in quella città. L'associazione dei giornalisti palestinesi
ha inoltre deciso di astenersi dal coprire le attività del governo per i
prossimi tre giorni, secondo fonti stampa di Gaza.
- Due lavoratori
stranieri, con tutta probabilità libanesi ma ancora non c'è conferma ufficiale,
sono stati rapiti nello Stato meridionale nigeriano di Bayelsa, nel delta del
Niger. Lo hanno riferito fonti dell'industria petrolifera, aggiungendo che i
due lavorano per la società di costruzioni Setraco.
- La Corte suprema di
Stato di Amman ha condannato stamani sei integralisti di ''diversi Paesi
arabi'' a 15 anni di carcere ciascuno perchè ritenuti colpevoli di ''aver
pianificato attentati contro obiettivi occidentali in Giordania''. Lo hanno
riferito fonti giudiziarie di Amman, che hanno precisato che tre integralisti
del gruppo sono stati condannati in contumacia.
- Il presidente della
Camera dei Rappresentanti statunitense, Nancy Pelosi, è arrivata stamani a
Beirut a capo di una delegazione di deputati del Congresso americano. La
Pelosi, proveniente da Israele, è impegnata in una missione regionale che comprende anche la
Siria, l'Arabia Saudita e i Territori
palestinesi. L'agenzia ha inoltre riferito che la Pelosi incontrerà oggi il
premier sunnita Fuad Siniora (appoggiato da Stati Uniti, Unione Europea e Paesi
arabi del Golfo) e il presidente della
Camera lo sciita Nabih Berri, uno dei principali leader dell'opposizione
(guidata dal movimento sciita Hezbollah e sostenuta da Siria e Iran). La
Pelosi, che non incontrerà il presidente della Repubblica, il filosiriano Emile
Lahoud, si è recata stamani nel cuore di Beirut a rendere omaggio al mausoleo
dell'ex premier Rafik Hariri,
assassinato nel febbraio 2005.
- E a Beirut è
arrivata stamane anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, presidente di
turno dell'Unione Europea. E’ stata accolta dal premier libanese, Fuad Siniora.
La Merkel è impegnata in una missione diplomatica in Medio Oriente iniziata
sabato scorso in Giordania e proseguita ieri in Israele e nei Territori palestinesi.
- Dall’Afghanistan
giungono dichiarazioni minacciose dei Talebani: affermano che migliaia di
attentatori suicidi sono stati dislocati in tutto il Paese per colpire i militari
occidentali e il governo. Intanto, non ci sono notizie dell’interprete del giornalista
italiano Mastrogiacomo ancora nelle mani dei talebani, nonostante i numerosi
appelli, e nemmeno del funzionario di Emergency arrestato dai servizi segreti
afgani in seguito alla liberazione di Mastrogiacomo.
- Le armi tacciono
oggi per la prima volta a Mogadiscio dopo quattro giorni di intensi combattimenti tra le truppe somale,
fiancheggiate dai militari etiopici e ribelli islamici: combattimenti che
secondo gli osservatori avrebbero fatto centinaia di morti. Intanto almeno
47.000 persone sono fuggite da Mogadiscio negli ultimi dieci giorni. E' quanto
riferisce un comunicato dell'Organizzazione ONU per i Profughi (UNHR). Ieri,
analoghe fonti ONU a Ginevra avevano parlato di oltre 9.500 persone fuggite
negli ultimi tre giorni, e quasi 100.000 dall'inizio di febbraio. Domani al
Cairo si riunisce il gruppo di contatto internazionale sulla Somalia. Fanno
parte: Unione Europea, Italia, Norvegia, Svezia, Gran Bretagna, Stati Uniti,
Unione Africana e Lega Araba.
- Cinque soldati della
Forza africana nel Darfur sono stati uccisi ieri. Lo riferisce oggi il
portavoce dell'Unione Africana a Khartoum, Nurredin Mezni. ''I soldati della forza di protezione
dell'AMIS(la forza africana) - ha detto il portavoce - sono stati attaccati da
uomini armati mentre sorvegliavano un deposito di acqua a Umm Barru, nel
nordovest del Darfur'', vicino alla frontiera con il Ciad. Mezni ha condannato
l'attacco definendolo ''ingiustificato'' ed ha deplorato che ''soldati africani
giunti per aiutare a ristabilire la pace in Darfur siano obiettivo di tali attacchi''.
- E' di 15 morti e di
25 feriti il bilancio dell'esplosione di una bomba che ha investito un autobus
nello Sri Lanka orientale. Il sospetto è che si tratti di un attentato del
movimento delle Tigri per la liberazione del Tamil Eelam.
- Ha ricevuto la fiducia del Parlamento il nuovo governo
nepalese del premier Koirala, il primo esecutivo da cui è escluso il re e di
cui fanno parte gli ex ribelli maoisti. Dopo un decennio di guerra civile, il
governo dovrebbe traghettare il Paese himalayano verso le prime elezioni
democratiche in programma a giugno. Stefano Leszczynski ha intervistato Aldo
Daghetta, portavoce dell’organizzazione non governativa Pangea:
**********
R. – E’ sicuramente un
ottimo punto di partenza, fare davvero che, sia da parte dei maoisti che delle
forze politiche e parlamentari e soprattutto del Re, ci sia una vera volontà di
andare a costruire un Nepal nuovo. Rimane ancora in sospeso il problema di
alcune aree del Sud del Paese dove ci sono alcuni gruppi appartenenti ai
maoisti che si sono staccati e che stanno continuando a combattere.
D. – Questa nuova
situazione quali vantaggi potrà comportare nello sviluppo sociale all’interno
del Paese?
R. – Il punto più
importante dovrebbe essere proprio la sicurezza, per quanto riguarda le realtà
internazionali ma soprattutto per la gente, perché una condizione di sicurezza
vera, quindi una pace reale, permette il vero sviluppo e quindi permette alle
donne di mandare a scuola i figli senza avere il terrore che possano
essere presi dalle forze maoiste o molto
spesso dall’esercito nepalese stesso, che in questi ultimi anni si è
contraddistinto anche per l’utilizzo dei bambini soldato. Oppure consente al
commercio, alle attività economiche, di svilupparsi in un sistema in cui
l’unico motore sia lo sviluppo sociale economico e quindi non sia la
corruzione, non il riuscire ad accaparrarsi merci e materie, perché di fatto
c’è un sistema di mercato lento.
D. – La prova del nove
sarà rappresentata dalle elezioni probabilmente a giugno…
R. – Sicuramente il
miraggio delle elezioni è seguito da tantissime persone, da tantissimi
nepalesi. Sarà il punto di partenza per un impegno concreto e reale di un Nepal
da costruire, da ricostruire, ma per la gente.
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- I negoziatori USA e
sudcoreani hanno trovato un'intesa su un accordo di libero scambio. Lo ha
annunciato un portavoce americano. ''Abbiamo un accordo'', ha detto alla stampa
Steven Norton, portavoce della rappresentanza USA per il commercio (USTR), precisando che al più presto verrà diffuso un
comunicato. La televisione sudcoreana precisa che il documento è stato
annunciato dal ministro del Commercio, Kim Hyun Chong, al presidente Roh Moo
Hyun. Questo accordo, raggiunto dopo un
difficile negoziato durato oltre 10 mesi, è considerato il più importante
concluso dagli Stati Uniti dopo quello Alena, firmato con Canada e Messico nel 1993.