RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno LI  n. 91  - Testo della trasmissione di domenica1 aprile 2007

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Domenica delle Palme e Giornata Mondiale della Gioventù: il Papa invita i giovani a non accontentarsi di ciò che tutti pensano o fanno, ma a interrogarsi su Dio che si è reso sofferente per noi. Intervista con il cardinale Francis Arinze

 

 La Chiesa ricorda Giovanni Paolo II a due anni dalla morte: con noi mons. Slawomir Oder, il cardinale Angelo Sodano, il cardinale Stanislaw Dziwisz, Francesco Cossiga, Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi.  

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Israele isola Cisgiordania e Gaza per la Pasqua ebraica. Transito permesso ai cristiani per le festività pasquali. Ce ne parla padre Pierbattista Pizzaballa

 

 Al Festival del Cinema di Alba presentato l'intenso film danese "Il Monastero"

 

CHIESA E SOCIETA’:

Mons. Bagnasco, bersaglio delle ennesime distorsioni mediatiche. Mai equiparati i DICO con incesto e pedofilia

 

 Allarme ONU per la situazione in Ciad: “Sottovalutata la crisi umanitaria”

 

L’UNESCO conferisce alla giornalista russa Anna Politkovskya, uccisa l'anno scorso, il premio ‘Guillermo Cano per la libertà di stampa’ 2007

 

 Promuovere “il senso della legalità”: così, il vicepresidente della Conferenza episcopale calabra, mons. Cortese, nel suo messaggio per la Pasqua

 

 Spagna: importante manifestazione in favore della causa della pace nella diocesi di San Sebastian

 

 A Macerata l’ordinazione episcopale di mons. Claudio Giuliodori

 

24 ORE NEL MONDO:

Scontri a Mogadiscio: il dramma dei profughi

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 aprile 2007

 

Domenica delle Palme e Giornata Mondiale della Gioventù: il Papa invita

i giovani a non accontentarsi di ciò che tutti pensano o fanno,

ma a interrogarsi su Dio che si è reso sofferente per noi

 

Migliaia di giovani hanno partecipato oggi in Piazza San Pietro, in una fresca giornata di primavera, alla Messa presieduta da Benedetto XVI nella Domenica delle Palme e della Passione del Signore e in occasione della XXII Giornata Mondiale della Gioventù celebrata  a livello diocesano e ulteriore tappa del cammino che porterà alla GMG di Sydney 2008.

Il Papa ha invitato i giovani al coraggio di opporsi alla violenza e alla menzogna, a non accontentarsi di ciò che tutti pensano o fanno ma a interrogarsi su Dio per seguire Gesù, Re della pace e della giustizia, che per noi si è reso sofferente. Il servizio di Sergio Centofanti. 

 

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In un’atmosfera di grande raccoglimento il Papa ha guidato la suggestiva processione della Domenica delle Palme in Piazza San Pietro fino al sagrato della Basilica Vaticana, quindi ha benedetto le palme e gli ulivi. Benedetto XVI ha affermato che in questa processione ci associamo alla folla dei discepoli che, in gioia festosa, accompagnano il Signore nel suo ingresso in Gerusalemme. E come loro “lodiamo il Signore a gran voce per tutti i prodigi che abbiamo veduto”:

 

“Sì, anche noi abbiamo visto e vediamo tuttora i prodigi di Cristo: come Egli porti uomini e donne a rinunciare alle comodità della propria vita e a mettersi totalmente a servizio dei sofferenti; come Egli dia il coraggio a uomini e donne di opporsi alla violenza e alla menzogna, per far posto nel mondo alla verità; come Egli, nel segreto, induca uomini e donne a far del bene agli altri, a suscitare la riconciliazione dove c’era l’odio, a creare la pace dove regnava l’inimicizia”.

 

Nella processione delle Palme – ha ricordato il Pontefice -  professiamo la regalità di Cristo, riconosciamo cioè Gesù come “il Re della pace e della giustizia”:

 

“Riconoscerlo come Re significa: accettarlo come Colui che ci indica la via, del quale ci fidiamo e che seguiamo. Significa accettare giorno per giorno la sua parola come criterio valido per la nostra vita. Significa vedere in Lui l’autorità alla quale ci sottomettiamo. Ci sottomettiamo a Lui, perché la sua autorità è l’autorità della verità”.

 

Il Papa esorta a dire il “nostro sì” a Cristo, “ad andare con Lui ovunque ci porti”,  affidandoci “totalmente alla sua guida”. Ma “che cosa vuol dire in concreto seguire Cristo?”: “si tratta afferma Benedetto XVI – di un mutamento interiore dell’esistenza”:

 

“Richiede che io non sia più chiuso nel mio io considerando la mia autorealizzazione la ragione principale della mia vita. Richiede che io mi doni liberamente a un Altro – per la verità, per l’amore, per Dio che, in Gesù Cristo, mi precede e mi indica la via. Si tratta della decisione fondamentale di non considerare più l’utilità e il guadagno, la carriera e il successo come scopo ultimo della mia vita, ma di riconoscere invece come criteri autentici la verità e l’amore. Si tratta della scelta tra il vivere solo per me stesso o il donarmi – per la cosa più grande. E consideriamo bene che verità e amore non sono valori astratti; in Gesù Cristo essi sono divenuti persona. Seguendo Lui entro nel servizio della verità e dell’amore. Perdendomi mi ritrovo”.

 

Nella Liturgia della Domenica delle Palme viene cantato il Salmo 24 che anche in Israele era un canto processionale usato nella salita al monte del tempio. “Il Salmo – afferma il Papa -  interpreta la salita interiore di cui la salita esteriore è immagine e ci spiega così ancora una volta che cosa significhi il salire con Cristo”. E “coloro che salgono e vogliono giungere veramente in alto, arrivare fino all’altezza vera, devono essere persone che si interrogano su Dio”:

 

“Persone che scrutano intorno a sé per cercare Dio, per cercare il suo Volto. Cari giovani amici – quanto è importante oggi proprio questo: non lasciarsi semplicemente portare qua e la nella vita; non accontentarsi di ciò che tutti pensano e dicono e fanno. Scrutare intorno a sé nella ricerca di Dio. Non lasciare che la domanda su Dio si dissolva nelle nostre anime. Il desiderio di ciò che è più grande. Il desiderio di conoscere Lui – il suo Volto…”

 

Condizione per salire – recita il Salmo – è avere “mani innocenti e cuore puro”:

 

“Mani innocenti – sono mani che non vengono usate per atti di violenza. Sono mani che non sono sporcate con la corruzione, con tangenti. Cuore puro – quando il cuore è puro? È puro un cuore che non finge e non si macchia con menzogna e ipocrisia. Che rimane trasparente come acqua sorgiva, perché non conosce doppiezza. È puro un cuore che non si strania con l’ebbrezza del piacere; un cuore il cui amore è vero e non è soltanto passione di un momento. Mani innocenti e cuore puro: se noi camminiamo con Gesù, saliamo e troviamo le purificazioni che ci portano veramente a quell’altezza a cui l’uomo è destinato: l’amicizia con Dio stesso”.

 

“Nella vecchia liturgia della Domenica delle Palme – ricorda il Papa -  il sacerdote, giunto davanti alla chiesa, bussava fortemente con l’asta della croce della processione al portone ancora chiuso, che in seguito a questo bussare si apriva … una bella immagine per il mistero dello stesso Gesù Cristo che, con il legno della sua croce, con la forza del suo amore che si dona, ha bussato dal lato del mondo alla porta di Dio; dal lato di un mondo che non riusciva a trovare accesso presso Dio”:

 

“Con la croce Gesù ha spalancato la porta di Dio, la porta tra Dio e gli uomini. Ora essa è aperta. Ma anche dall’altro lato il Signore bussa con la sua croce: bussa alle porte del mondo, alle porte dei nostri cuori, che così spesso e in così gran numero sono chiuse per Dio. E ci parla più o meno così: se le prove che Dio nella creazione ti dà della sua esistenza non riescono ad aprirti per Lui; se la parola di Dio e il messaggio della Chiesa ti lasciano indifferente – allora guarda a me, al Dio che per te si è reso sofferente, che personalmente patisce con te – vedi che io soffro per amore tuo e apriti a me e a Dio Padre”.

 

“Il Signore ci aiuti ad aprire la porta del cuore – è la preghiera del Papa - affinché Egli, il Dio vivente, possa nel suo Figlio arrivare in questo nostro tempo, raggiungere la nostra vita”.

 

Al termine della Messa il Papa ha salutato nelle varie lingue i pellegrini presenti e in particolare i giovani…

 

(applausi)

 

Ha ricordato loro il comandamento di Cristo, tema della XXII Giornata Mondiale della Gioventù: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” . Infine, a tutti ha augurato una Settimana Santa ricca di frutti spirituali, da vivere in intima unione con la Vergine Maria:

 

“Da Lei impariamo il silenzio interiore, lo sguardo del cuore, la fede amorosa per seguire Gesù sulla via della Croce, che conduce alla luce gioiosa della Risurrezione”.

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 E tanti, almeno 50 mila erano i giovani presenti questa mattina in Piazza San Pietro. Il Papa li ha salutati a sorpresa ancora una volta affacciandosi dopo la Messa dalla finestra del suo studio privato. Ma come hanno accolto i giovani le parole di Benedetto XVI: in particolare cosa vuol dire per loro seguire Gesù? Ascoltiamo alcune voci raccolte da Marina Tomarro :

 

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R. – Seguire Gesù nelle azioni quotidiane, giorno per giorno. Non aspettare la festa prefissata da un calendario. Cioè, Gesù è tutti i giorni ovunque ed in ogni posto, qualsiasi cosa facciamo. Questo è seguire Gesù.

 

R. – E' essenzialmente seguire il Vangelo. Seguire gli insegnamenti che noi apprendiamo dal Vangelo ed amare.

 

R. – Seguire Gesù significa incontrarlo in tutte le persone. E’ molto difficile, però è lo sforzo quotidiano che dobbiamo fare tutti quanti.

 

R. – Seguire Gesù secondo me è un dono. A casa, nelle tue preghiere, quando sei da solo e leggi un pezzo della Bibbia, seguirlo concretamente per me è questo.

 

D. – Benedetto XVI ci dice che verità e amore non sono valori astratti. In che modo riesci a mettere insieme, nella tua vita, verità e amore?

 

R. – Quando rinuncio a me stessa per aprire un po’ il cuore agli altri. Nelle piccole cose di ogni giorno, senza fare grandi cose.

 

R. – Tra venti giorni ci nasce una bambina è questa è la nostra prima dimostrazione di amore.

 

D. – Il Papa ci invita a scegliere tra il vivere solo per noi stessi o il donarci per la cosa più grande. Tu cosa hai scelto?

 

R. – Il donarsi pienamente a chiunque, anche per le cose piccole della vita. Essere d’aiuto, che poi è una parola grandissima. Essere d’aiuto a tutti: dal piccolo al grande.

 

R. – Donarsi per la cosa più grande, anche se sempre non ci si riesce. A volte si cade e si deve ricominciare da capo. 

 

R. – Cerco di vivere per la cosa più grande. A volte è difficile, anzi è molto difficile ma si fa il possibile.

 

D. – Il Santo Padre evoca l’immagine di una salita per raggiungere l’altezza vera. Non accontentarsi di ciò che tutti pensano, dicono e fanno e invece cercare Dio con tutto il cuore. Tu cosa pensi di questo?

 

R. – Penso che sia vero perché ho sempre pensato che alla fine di ogni difficile scalata c’è sempre un meraviglioso paesaggio da guardare. E’ una cosa impegnativa ma colui che la raggiunge, raggiunge la soddisfazione personale della propria vita.

 

D. – Il Papa ci parla di amicizia con Dio. Cosa vuol dire per te essere amico di Gesù.

 

R. – Cercando di seguire i suoi insegnamenti. Il primo comandamento: quello di amare.

 

R. – Sono amica di Gesù soprattutto nella preghiera e nel Vangelo. Vivere la Parola nella propria vita, è questa la cosa più importante. Gesù ci ha lasciato la cosa più bella che è proprio il Vangelo, la Parola. Quando mi sento sola o comunque anche guardando il cielo, guardando il suo creato, la sua natura, quello è vedere Gesù in tutto quello che fa e che c’è di bello nel mondo.    

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Sul forte significato spirituale della Settimana Santa, Giovanni Peduto ha raccolto la riflessione del cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti:

 

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R. – Il significato è che la Santa Madre Chiesa celebra i misteri del suo sposo Redentore. Gesù è venuto sulla Terra per amore nostro e per la nostra salvezza. Ci ha salvato con tutta la sua vita: miracoli, predicazioni ma specialmente con la sua sofferenza, la sua morte e la sua resurrezione. E’ questo che noi celebriamo. Infatti, la celebrazione eucaristica della Santa Messa è la ripresentazione dei misteri di Cristo che soffre, muore, risorge, e il sacrificio della Croce è l’ora di Gesù. Ogni cristiano, ogni cattolico prenderà atto di questo. Celebrerà con la Chiesa, nella Chiesa, cercherà di comprendere i riti prima di andare in chiesa per meglio seguire, per meglio partecipare. La partecipazione non è primariamente attività esteriore: è primariamente l’unione interna con la Chiesa e con Cristo. Naturalmente, ogni fedele cercherà di confessarsi prima, di ricevere Gesù nella Santissima Eucaristia, di essere in un certo senso in cammino con la Chiesa, in cammino con la Beatissima Vergine Maria, che era accanto al Salvatore, specialmente sul Calvario. In cammino anche con gli apostoli. Chi non capisce la Settimana Santa, non capisce il cristianesimo; chi non partecipa a questi riti sacri, veramente è alla superficie della vita cristiana. Perché Pasqua dà senso ad ogni domenica che noi celebriamo il primo giorno della settimana, come il Giorno del Signore. Senza la domenica non possiamo andare avanti, hanno detto i martiri di Abitene, nell’Africa del Nord. Ecco la Settimana che sta al cuore di tutto l’anno liturgico della Chiesa.

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La Chiesa ricorda Giovanni Paolo II a due anni dalla morte

 

Domani, 2 aprile, ricorre il secondo anniversario della scomparsa di Papa Wojtyla. Nell’occasione, alle ore 12, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il cardinale vicario Camillo Ruini celebrerà la sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Alle ore 17.30, in Piazza San Pietro, Benedetto XVI presiederà una Santa Messa in suffragio del suo predecessore. La Radio Vaticana trasmetterà la cronaca dei due riti. Numerose le celebrazioni previste anche a Cracovia, in Polonia, patria di Karol Wojtyla. E tante le testimonianze di chi lo ha conosciuto. Ascoltiamole, nel servizio di Isabella Piro.

 

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(musica)

 

“Lasciatemi tornare alla Casa del Padre”: sono state queste le ultime parole pronunciate da Giovanni Paolo II, prima della sua scomparsa, avvenuta alle 21.37 del 2 aprile 2005, vigilia della festa della Divina Misericordia. Il 28 giugno successivo, a meno di 3 mesi dalla sua morte, grazie alla dispensa concessa da Benedetto XVI, ebbe inizio la sessione di apertura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio, Giovanni Paolo II. Domani, l’inchiesta diocesana verrà chiusa. Ad assistere alla cerimonia, ci sarà anche suor Marie Simon Pierre, guarita dal morbo di Parkison per un presunto miracolo avvenuto per intercessione di Giovanni Paolo II. Ascoltiamo, al microfono di Beata Zajaczkowka, la testimonianza di mons. Slawomir Oder, postulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Karol Wojtyla:

 

“Questa suora nel 2001 ha avuto l’esordio del morbo di Parkinson che poi ha avuto un decorso devastante e fulminante. Dopo la morte di Giovanni Paolo II era una cosa naturale che questa giovane suora, che si è vista privata delle facoltà di servire nell’Istituto, abbia chiesto al Santo Padre la sua intercessione e ha avuto una bellissima risposta. In effetti, da un momento all’altro, sono scomparsi tutti i sintomi di questo morbo di Parkinson. Abbiamo una documentazione molto interessante dal punto di vista clinico, come anche la documentazione grafologica che permette di ricostruire le tappe di questa malattia, anche accompagnate dalla sua scrittura. C’è un foglietto scritto dalla suora, di suo pugno, la sera prima della guarigione: sul foglietto viene riportato il nome di Giovanni Paolo II, praticamente un scrittura assolutamente illeggibile. Qualche ora dopo, la suora ha sentito la necessità di prendere in mano una penna, scrivere, e la sua calligrafia era perfetta come prima dell’esordio della malattia”.

 

“Santo subito”, gridò la folla alla morte di Giovanni Paolo II. E l’affetto per il Papa polacco continua, ancora e sempre, testimoniato dalle lunghe file di persone raccolte in preghiera davanti alla sua tomba, nelle Grotte Vaticane. Giovanni Peduto ha raccolto il commento del cardinale Stanislaw Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e per moltissimi anni segretario particolare di Giovanni Paolo II:

 

“Come spiegare queste file che ogni giorno si creano per andare alla tomba di Giovanni Paolo II? Queste persone non vanno da un morto: vanno per incontrarlo, per approfondire il messaggio che ha lasciato, per riprendere qualcosa da lui. Il segreto di tutto questo è l’amore. L’amore che non cessa con la morte. L’amore del Papa verso l’Uomo: nell’Uomo lui ha sempre visto Dio; e l’amore per l’infinito. E dall’altra parte, è rimasto l’amore della gente, soprattutto dei giovani, per il Papa, che li ha sempre tanto amati. La gente non vuole dimenticarlo. E’ un mistero, e questa è la nostra fede”.

 

La sera del 2 aprile 2005, così come era avvenuto per molte sere precedenti, Piazza San Pietro si riempì di candele e fiammelle, portate da una folla commossa, accorsa a dire ‘Addio’ al Papa. Al microfono di padre Vito Magno, il cardinale Angelo Sodano, allora segretario di Stato, ricorda quei momenti:

 

“La sera della sua santa morte, ormai i medici non davano più speranze di vita, gli strinsi la mano e chiesi la sua benedizione, e lui, volgendo il suo sguardo fisso verso di me, disse con lieve sorriso ciò che non poteva più dire a voce, ma per me quel sorriso fu il migliore discorso, ne conserverò sempre grata memoria”.

 

(musica)

 

Nei suoi 26 anni di pontificato, Karol Wojtyla ha avuto modo di incontrare diversi presidenti della Repubblica italiana, tra cui Francesco Cossiga, alla guida del Quirinale dal 1985 al 1992, che rivela, al microfono di Eugenio Bonanata, un curioso aneddoto:

 

“Ero presidente del Consiglio dei ministri e mi chiamano e mi dicono: 'Sa, ieri notte è successa una cosa imbarazzante'. Cos’è successo? 'Una pattuglia in borghese della polizia, verso le 23 – 23.30, ora non ricordo se a Piazza Navona o a Piazza di Spagna – ha trovato due ecclesiastici, uno più alto e l’altro più basso, vestiti in clergyman, che giravano guardando il panorama. E l’ispettore che guidava la pattuglia ritiene d’aver ravvisato il Papa ed il suo segretario. Ha chiamato il questore e gli ha chiesto: Cosa facciamo, ci avviciniamo?. Il questore ha detto: No, mando rinforzi ma lasciate stare’. E succede una seconda volta. Allora il ministro degli Interni mi chiede cosa dobbiamo fare. 'Chiamatemi il nunzio'. E gli dissi: 'Guardi, il Santo Padre, che è anche vescovo di Roma, può andare dove gli pare e piace a qualunque ora, e vestito come vuole; ma dovrebbe farci il favore di avvertirci prima ...'. Poi non ho più saputo se l’abbia fatto”.

 

Oltre alle visite ufficiali, tra il Papa e i capi di Stato italiani erano frequenti anche gli incontri privati, come racconta Oscar Luigi Scalfaro, presidente dal 1992 al 1999, intervistato da Tiziana Campisi:

 

“Capitava d’essere invitati alla Messa del mattino. Una delle prime volte mi colpì quando il Santo Padre, all’uscita, mi accompagnò all’ascensore e mi disse con un tono familiare incredibile: 'Venga tutte le volte che vuole, tutte le volte che vuole venga!'. Si andava alle 7, con mia figlia, si entrava nella cappella e il Santo Padre era già nei paramenti per la Messa, ed era sul suo inginocchiatoio in meditazione, in preghiera. La sensazione – mi si permetta una frase che non ha senso, ma la dico per cercare di esprimere ciò che ho provato – la sensazione fisica di avere lì davanti il Papa che sta parlando con Domineddio: il Vicario che è a colloquio con il suo Superiore diretto. Un’impressione enorme: mentre sto parlando, sento qualche brivido sulla pelle” ...

 

Nati entrambi nel 1920 e devoti entrambi a San Carlo, di cui portano il nome, Karol Wojtyla e Carlo Azeglio Ciampi, presidente dal ’99 al 2006, si incontrarono in diverse occasioni, fino all’ultimo:

 

R. – L’ultimo incontro privato che ho avuto con Sua Santità fu esattamente il 16 gennaio 2005, e concordammo per il giorno 29 aprile la visita al Quirinale di Sua Santità. Lui ne fu particolarmente lieto, tant’è che quel giorno volle chiudere la colazione con un brindisi all’Italia. Quel 2 aprile è mancato, ma io non dimenticai il 29 aprile; e il 29 aprile, appunto, mia moglie ed io, alle 8, eravamo sulla sua tomba, come a dire: “Tu non sei potuto più venire al Quirinale, vengo io da Te”.

 

D. – Quale tratto della figura di Papa Wojtyla le è rimasto particolarmente nel cuore?

 

R. – Questa sua straordinaria umanità. Un uomo che, di grande mente, parlava soprattutto con il cuore. Questa capacità, poi, di capire nell’intimo le persone. Il dialogo con lui era un dialogo quasi silenzioso, fatto con gli occhi oltre che con le parole. E bastava lo sguardo o un gesto della mano, per dire un’immensità di altre cose. Io l’ho considerato e lo considero tuttora il mio grande fratello maggiore.

 

D. – Qual è, secondo lei, l’eredità di Giovanni Paolo II?

 

R. – Credere, avere fiducia, porsi degli ideali, impegnarsi per raggiungerli. Naturalmente, alla base di tutto questo c’è l’amore per il prossimo inteso non solo come caratteristica fondamentale della religione cristiana. Quindi, la lotta contro la fame, la lotta a favore degli umili, la lotta per la pace ... Aveva questa capacità di fondere la dottrina con l’umanità.

 

Dalla parte degli umili, degli indifesi, di chi era in difficoltà, Papa Wojtyla ha mostrato al mondo la forza dell’amore, della carità.  Ascoltiamo la testimonianza di un detenuto di ‘Regina Coeli', carcere che Giovanni Paolo II visitò il 9 luglio del 2000:

 

“Io penso che sia stata una persona che stava con noi e sentiva i nostri veri problemi. Una persona che mi manca. Quello che mi chiedevo è perché una persona del genere con tanta sofferenza che aveva, lasciava da parte la sua sofferenza per noi. È stato a Montecitorio a chiedere clemenza per noi, morente. Questi sono ricordi che ti rimangono dentro e se ci ripensi ti chiedi il perché”

 

(canto ‘Jesus Christ you are my life’)

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 aprile 2007

 

Israele isola Cisgiordania e a Gaza per la Pasqua ebraica.

Transito permesso ai cristiani per le festività pasquali

 

In Medio Oriente, l’esercito israeliano ha circondato i Territori palestinesi in Cisgiordania e a Gaza. L’operazione proseguirà per l’intera durata del periodo della Pasqua ebraica, che si concluderà il 9 aprile. In un comunicato si precisa che sarà comunque consentito il passaggio a fedeli cristiani e uomini di Chiesa in occasione della Pasqua cristiana. La Comunità internazionale continua, intanto, a cercare soluzioni per rendere praticabile la via della pace. Ma la Pasqua imminente può essere occasione feconda per tutte le realtà presenti e per rinvigorire il dialogo? Stefano Leszczynski ne ha parlato col padre francescano Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa:

 

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R. - In Terra Santa, in modo particolare, le difficoltà non sono mai mancate, di carattere politico, sociale, civile. La Pasqua a Gerusalemme è un momento particolare, dove tutte le situazioni difficili vengono messe da parte e ci si dedica alla Pasqua e alle liturgie; diventa una città piena di preghiera. Quest’anno c’è moltissima gente anche perché la Pasqua cattolica e la Pasqua ortodossa cadono negli stessi giorni per cui la città è molto affollata, prevediamo delle liturgie molto affollate.

 

D. - C’è un messaggio particolare che si può trarre dalla Pasqua di quest’anno per la Terra Santa?

 

R. - Il messaggio della Pasqua è sempre lo stesso: Cristo che risorge dai morti. E’ un messaggio di risurrezione, di vita, di speranza. Soprattutto, sia se cambiano le circostanze o se rimangono sempre le stesse circostanze di dolore, di difficoltà, Cristo che risorge ci dice che nonostante tutto non bisogna mai cessare di credere nella bontà dell’uomo e nella vita.

 

D. - Per i credenti delle altre religioni cosa può essere trasmesso dalla Pasqua?

 

R. - La Pasqua cristiana si rifà alla Pasqua ebraica, la liberazione dalla schiavitù. Veniamo liberati dalla schiavitù; anche per i musulmani è un periodo di festa, di grandi celebrazioni.

 

D. - Quindi, nuovamente, la Terra Santa si presenta come zona particolarmente favorevole al dialogo interreligioso…

 

R. – Il dialogo qui è inevitabile perchè si vive insieme. Forse non discutiamo dei grandi principi o dei grandi problemi del mondo; discutiamo di cose più banali, ma il dialogo fa parte della nostra vita. Dobbiamo discutere di tutto, di problemi concreti e proprio la concretezza di quei problemi ci avvicina, ci rende umanamente solidali l’uno con l’altro.

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Al Festival del Cinema di Alba presentato

l'intenso film danese "Il Monastero"

 

Al Festival del Cinema in corso ad Alba, in Piemonte, è stato presentato "The Monastery – Il Monastero", un film danese dall'inconsueto e mirabile spessore umano e dalla sincera ispirazione religiosa.  Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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Il naso gli è sempre stato un problema: appuntito e prominente, segna il suo volto, dandogli un profilo buffo e arguto. Il naso, dunque, è un problema, non la vita. Non gli ottantadue anni. E nemmeno la fatica, o la solitudine, o le sfide, o l'incapacità di relazione immediata col prossimo, se non con l'amata e temuta figura del padre. Ma il signor Vig, protagonista del toccante e mirabile The Monastery della regista danese Pernille Rose Grønkjær, è un capolavoro di umanità immerso, come il suo castello fatiscente, in una foresta levigata dalla neve e dal sole. Occhiali sempre inforcati,  ciuffi di capelli bianchi e barba che inanella il viso, ad indicare tanti anni alle spalle e tanta saggezza, così come il suo lento procedere e parlare, il suo profondo riflettere, le sue risposte toccanti, precise, i suoi ricordi. Ha avuto da quarant'anni un'idea fissa, il nostro Signor Vig: donare al Patriarcato di Mosca il suo castello per farne un monastero, ospitando una piccola comunità di suore ortodosse. Un luogo di preghiera, di incontro, di memoria, di pace. Ma non è facile convincere suor Amvrosija, appositamente giunta da Mosca con una consorella per verificare la fattibilità dell'impresa, perché c'è da mettere mano a tutto, al riscaldamento e al tetto, alla cucina e alla chiesa, che appunto, non c'è. E al portafogli. Tra Vig e Amvrosija nasce una relazione sorprendente ed a tratti difficile: la suora russa e l'anziano olandese che si portano dietro tradizioni, pensieri, abitudini, attese. Ma lo scopo è identico e identica la sfida: creare il monastero, rendere possibile l'incontro con Dio in un mondo secolarizzato, edificare un ponte tra Oriente e Occidente, tra tutte le  Chiese. Uno spirito in fondo ecumenico, una empatia sincera e vitale pervade i protagonisti che partecipano di questa lenta trasformazione dell'edificio secolare in edificio spirituale, che è anche la trasformazione dei cuori. Insomma, questo film è un inno alla vita, alla riconciliazione, al futuro. E, scusate, dimenticavo: non è assolutamente un film, è un documentario. Perché la storia è tutta vera: il Signor Vig è davvero vissuto e morto nella pace del “suo” monastero e suor Amvrosija veramente gli ha sussurrato che per anime belle come la sua le porte del Paradiso sono sicuramente spalancate.

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CHIESA E SOCIETA’

1 aprile 2007

 

Mons. Bagnasco, bersaglio delle ennesime distorsioni mediatiche.

Mai equiparati i DICO con incesto e pedofilia

 

 

Il presidente della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco, non ha mai equiparato i DICO a pedofilia ed incesto. In una precisazione diffusa ieri sera dall’Ufficio comunicazioni sociali e stampa dell’arcidiocesi ligure si legge che l’intervento di mons. Bagnasco, venerdì, all’incontro degli operatori della Comunicazione sociale, “è stato male riportato con titolazioni e sintesi sommarie che risultano parziali e fuorvianti”. Incontrando gli animatori diocesani della cultura e della comunicazione, venerdì sera, mons. Bagnasco ha spiegato che la recente Nota della CEI su famiglia ed unioni di fatto vuole illustrare non solo le ragioni della fede che portano a dire no alla legalizzazione delle unioni fra persone dello stesso sesso, ma anche quelle che derivano dal retto uso della ragione. Dunque il documento è esempio dello sforzo che i cattolici devono fare nel dialogo col Paese, portando cioè argomentazioni razionali e non solo di fede. Il presule ha precisato che il documento “cerca di parlare all’intelligenza dei credenti attraverso alcuni accenni alla fede, ma soprattutto all’intelligenza comune, al buon senso, alla ragione attraverso delle motivazioni delle ragioni di tipo antropologico”. Un modo, dunque, per i cattolici, per inserire le loro ragioni di fede in un “confronto retto, onesto e il più possibile pacato e rispettoso”. In ballo, ha continuato il presule, c’è una “corretta antropologia”. In un articolo pubblicato ieri dal quotidiano Avvenire e che riporta le parole pronunciate da mons. Bagnasco all’incontro degli operatori della Comunicazione sociale e male riportate dai media, si legge che per il presule il rischio è la mancanza di “un criterio oggettivo per giudicare il bene e il male” e che se tale criterio è quello “dell’opinione pubblica generale”, allora, “è difficile dire dei no”. Da qui l’interrogativo del presidente della CEI: se il criterio oggettivo per giudicare bene e male fosse quello dell’opinione pubblica generale, perchè “dire no all’incesto o al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano?”. Contro queste “aberrazioni già presenti almeno come germogli iniziali” - ha detto il presule - è difficile resistere, “se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura”. Nessuna equiparazione, dunque, in queste parole tra DICO, incesto e pedofilia. Una “tempesta in un bicchiere d’acqua”, quindi, si legge oggi in un editoriale del quotidiano Avvenire, le reazioni su parole “mai pronunciate” da mons. Bagnasco. “Perché mai una serie di politici si siano lasciati tentare in dichiarazioni estremistiche oltre che imprudenti – scrive ancora Avvenire – non riusciamo proprio a spiegarcelo”.(A cura di Tiziana Campisi)

 

 

Allarme ONU per la situazione in Ciad: “Sottovalutata la crisi umanitaria”

 

La comunità internazionale sta sottovalutando la crisi in Ciad: lo ha affermato il coordinatore delle operazioni umanitarie dell’ONU, John Holmes, ricordando che è molto difficile per le organizzazioni impegnate negli aiuti provvedere alle necessità dei circa 140 mila sfollati interni ciadiani e dei 235 mila rifugiati dalla confinante regione sudanese del Darfur, residenti nelle zone desertiche orientali del Paese, teatro di scontri tra esercito e svariati gruppi ribelli. Sottolineando che i bisogni sono “enormi” e in continua crescita – riferisce l’agenzia MISNA – l’ex-diplomatico inglese ha precisato che i Paesi donatori hanno versato finora solo 40 milioni di dollari sui 173 necessari per fornire cibo, acqua e riparo ai profughi del Ciad orientale. Holmes ha poi ribadito che il problema fondamentale è la sicurezza, sia per la popolazione locale sia per gli operatori umanitari, che rischiano, per questo motivo, di dover interrompere le attività. Infine, Holmes ha auspicato una “soluzione politica”, necessaria in primo luogo nel vicino Darfur, ma anche in Ciad, che nell’ultimo anno e mezzo ha assistito a un aumento delle violenze. Il mese scorso, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU aveva votato per mandare una missione di pace nel Paese, allo scopo di proteggere i civili e controllare le frontiere, ma il governo di Ndjamena aveva replicato che non intendeva accettare sul suo suolo alcuna presenza militare. Dopo un incontro con il primo ministro, Nouradine Delwa Kassiré Koumakoye, l’esponente del Palazzo di Vetro ha detto che il dialogo continuerà e che spera di ottenere un risultato positivo. (R.M.)

 

L’UNESCO conferisce alla giornalista russa Anna Politkovskya,

 uccisa l'anno scorso, il premio ‘Guillermo Cano per

la libertà di stampa’ 2007

 

È stato assegnato ad Anna Politkovskaya, la giornalista russa assassinata lo scorso anno, il premio ‘Guillermo Cano per la libertà di stampa’ 2007. Lo ha deciso l’UNESCO, che ha deciso il riconoscimento, come riferisce l’agenzia MISNA, tramite una giuria internazionale di quindici giornalisti. “Anna Politkovskaya ha dimostrato un’incredibile coraggio e determinazione nel riportare gli eventi in Cecenia dopo che il mondo intero aveva dimenticato quel conflitto” si legge nella motivazione. “La sua dedizione e impavida ricerca della verità – continua la nota – rappresentano un altissimo punto di riferimento per tutto il giornalismo, non solo in Russia ma in tutto il mondo”. Il premio UNESCO/Guillermo Cano viene consegnato a persone e organizzazioni che mettono a rischio la loro vita nell’esercizio del diritto d’informazione e della libertà di stampa. Giornalista delNovata Gazeta’, Anna Politkovskaya era nota per le centinaia di articoli con cui aveva raccontato la guerra in Cecenia e le violazioni dei diritti umani commesse, attirandosi, secondo colleghi e attivisti per i diritti umani, l’ostilità sia dei militari russi sia dei ribelli ceceni. Aveva inoltre condotto un’accurata inchiesta sulla corruzione all’interno del ministero della Difesa russo. Il 7 ottobre del 2006 è stata ritrovata uccisa con quattro colpi di arma da fuoco nell’atrio del palazzo dove abitava. La sua attività giornalistica di denuncia le era valsa molti riconoscimenti internazionali tra cui una menzione speciale del ‘Premio Andrei Sakharov’, per “una vita dedicata al giornalismo”, e il premio ‘Olof Palme’. La cerimonia di consegna del premio UNESCO/ Guillermo Cano per la libertà di stampa si svolgerà, come ogni anno, il 3 maggio, giornata mondiale della libertà di stampa. Poiché nel 2007 cade il decimo anniversario della nascita del premio stesso, per l’occasione è stata scelta come sede della cerimonia Medellin, in Colombia, città natale di Guillermo Cano, il giornalista alla cui memoria è stato istituito il premio e che 20 anni fa fu assassino a causa delle sue denunce contro i baroni nel narcotraffico. (T.C.)

 

Promuovere “il senso della legalità”: così, il vicepresidente

della Conferenza episcopale calabra, mons. Cortese,

nel suo messaggio per la Pasqua

 

Nel nostro Paese, il “pane quotidiano” è diventato “la prevaricazione e la violenza. Violenza che ormai dilaga nelle famiglie e nelle scuole, nelle strade e negli stadi, in un clima culturale e sociale sempre più dominato dall’illegalità. È una civiltà da sballo, una civiltà di violenti, contro la civiltà dei diritti e dei doveri”. È quanto scrive mons. Domenico Tarcisio Cortese, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea e vicepresidente della Conferenza episcopale calabra, in un messaggio alla diocesi per la Pasqua. “Non c’è da stupirsi – aggiunge il vescovo, citato dall’agenzia Sir – ma c’è da indignarsi e da ribellarsi, se la vita della regione è dominata da mafie, da bande criminali sempre più pervasive. Ci sono troppi varchi aperti e indifesi nelle maglie del tessuto sociale”. Per mons. Cortese, bisogna “ritrovare il senso dello Stato, come comunità di uomini liberi e solidali; bisogna ritrovare il valore e la forza del diritto e della legge come tutela del bene comune, del bene di tutti; bisogna promuovere e sostenere la presenza e la partecipazione del cittadino alla vita dello Stato, con il senso della responsabilità e della legalità”. “Non vi sono altre vie – conclude – per creare sicurezza e dignità, sconfiggendo mafie e violenza”. (R.M.)

 

Spagna: importante manifestazione in favore

della causa della pace nella diocesi di San Sebastian

 

Migliaia di fedeli della diocesi di San Sebastian, nei Paesi Baschi, in Spagna, hanno pregato ieri per la pace durante una marcia di 9 chilometri verso il santuario della Madonna di Aranzazu. Lungo il percorso, i pellegrini sono stati accompagnati, grazie ad una rete di altoparlanti, da letture di testi biblici, e di autori contemporanei, da musica sacra popolare e classica, ed erano frequenti i momenti dedicati alla recita di preghiere. In questo modo, lungo le tre ore del percorso, il pellegrinaggio, oltre all’aspetto penitenziale, ha avuto il carattere di un’esperienza spirituale, con momenti di riflessione e preghiera. La marcia si è conclusa al santuario di Aranzazu con una paraliturgia presieduta dal vescovo della diocesi, mons. Juan Maria Uriarte. Il rinnovamento della fede, il rinsaldamento dell’unità all’interno della Chiesa e l’impegno a favore della pace, sono stati gli obiettivi proposti dal vescovo ai fedeli. Nel suo intervento a chiusura della marcia, il presule ha segnalato gli ostacoli che oggi si oppongono alla pace tra i quali il massimalismo, l’immobilismo, gli interessi di parte, la mancanza di autocritica e la chiusura al dialogo. Mons. Uriarte ha invitato tutti a far prevalere i segni positivi tra i quali, la solidarietà con tutte le vittime, l’apertura al dialogo, lo spirito di riconciliazione, la ricerca di accordi specifici, lo spirito costruttivo e la preghiera. Il presule ha concluso il suo intervento affermando: “Ogni anno facciamo questa marcia penitenziale in cerca di una pace ancora inesistente, nella speranza che l’anno prossimo possiamo rendere grazie per una pace sia pure incipiente”. Nonostante il cattivo tempo dei giorni precedenti, sono stati circa 7 mila i fedeli che hanno partecipato a questa marcia annuale in spirito di penitenza e in favore della causa della pace. (A cura di padre Ignacio Arregui)

 

 

A Macerata l’ordinazione episcopale di mons. Claudio Giuliodori

 

Si è svolta ieri mattina, nella cattedrale di San Giuliano di Macerata, la celebrazione dell’ordinazione episcopale del nuovo vescovo della diocesi di Macerata-Tolentino-Recanati-Cingoli-Treia mons. Claudio Giuliodori. Da nove anni responsabile dell’Ufficio comunicazioni sociali della CEI, mons. Giuliodori, 49 anni, è stato nominato vescovo il 22 febbraio scorso. A presiedere il rito, al quale hanno preso parte, fra gli altri, il presidente della Conferenza episcopale italiana, l’arcivescovo di Genova mons. Angelo Bagnasco e il cardinale Ersilio Tonini, è stato il cardinale Camillo Ruini. Nella sua omelia il porporato ha sottolineato che “il vescovo è anzitutto evangelizzatore” e che il nuovo vescovo “ha tutta la preparazione per esserlo a sua volta; ha già esercitato questa missione spendendo molta parte della sua vita con le comunicazioni sociali”. E nel pomeriggio il neovescovo ha incontrato i giovani della sua diocesi per celebrare la XXII Giornata Mondiale della Gioventù. (T.C.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

1 aprile 2007

 

- A cura di Amedeo Lomonaco   -

 

 

- In Somalia anche oggi si registrano violenti combattimenti a Mogadiscio, dove prosegue l’offensiva dell’esercito etiopico contro i ribelli. Nei combattimenti è morto un soldato del contingente multinazionale dell’Unione Africana. Si tratta di un militare ugandese, dilaniato da colpi di mortaio. Gli scontri spingono, inoltre, la popolazione della capitale a lasciare la città. Ma la fuga da Mogadiscio si rivela, in molti casi, un’esperienza drammatica.  Il nostro servizio:

 

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In Somalia un nuovo dramma si aggiunge alla tragedia della guerra: secondo “Human Rights Watch” centinaia di sfollati, che cercano di fuggire da Mogadiscio, sono stati arrestati e maltrattati da agenti di Kenya, Etiopia e Somalia. L’organizzazione umanitaria denuncia in particolare casi di “detenzione arbitraria, espulsione e apparente sparizione di decine di persone”, probabilmente sospettate dai governi di Nairobi, Addis Abeba e Mogadiscio di far parte o di avere legami con le milizie islamiche. L’organizzazione non governativa precisa, inoltre, che gli abusi sarebbero iniziati lo scorso mese di dicembre, quando le milizie delle Corti islamiche, legate secondo gli Stati Uniti ad Al Qaeda, sono state sconfitte grazie al decisivo appoggio militare delle truppe etiopiche alle forze somale. L’esodo di civili dalla capitale somala continua nonostante la mancanza di sicurezza: l’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati ha reso noto che, nell’ultima settimana, almeno 12 mila persone hanno abbandonato Mogadiscio. Si stima che complessivamente gli sfollati siano, a partire da febbraio, più di 57 mila. Fuggire verso l’ignoto, tra molteplici insidie e in condizioni difficilissime, costituisce ancora un’opzione preferibile rispetto a quella di rimanere nella capitale. A Mogadiscio, infatti, proseguono per il quarto giorno consecutivo violenti scontri tra insorti, fedeli alle Corti islamiche, e soldati somali appoggiati da militari etiopici. Ieri il governo etiopico ha riferito che dall’inizio dell’offensiva sono stati uccisi almeno 200 ribelli. E’ invece incerto il bilancio dei civili morti a causa di questa interminabile catena di scontri, definiti dagli analisti i più gravi degli ultimi 15 anni. Questo fosco scenario si conferma purtroppo, anche oggi, in tutta la sua drammaticità: diversi cadaveri giacciono lungo le strade di Mogadiscio e la distruzione di molte case continua ad alimentare un consistente flusso di sfollati.

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- Spostiamoci in un’altra martoriata terra africana, la regione sudanese del Darfur, dove è di almeno 60 morti il bilancio, ancora provvisorio, di un attacco lanciato ieri contro una tribù araba. Secondo un responsabile sanitario, l’attacco è stato condotto da miliziani filogovernativi, i guerriglieri janjaweed, nel tentativo di rubare del bestiame. Le autorità locali attribuiscono invece la responsabilità della strage ad un’altra tribù.

 

- In Zimbabwe, nove membri dell’opposizione sono stati sequestrati da agenti della sicurezza in un ospedale dove erano stati ricoverati. Lo ha riferito stamani l’avvocato dei nove attivisti precisando che gli oppositori avevano denunciato di aver subito “ferite da parte della polizia” dopo il loro arresto, avvenuto la scorsa settimana.

 

- In Algeria, scoperto un arsenale di Al Qaeda: la polizia ha ritrovato sotto la sabbia nell’oasi di Magran, 600 chilometri a sud est di Algeri, una grande quantità di esplosivo. Nel nascondiglio sono stati ritrovati, oltre alle armi, un computer, uno scanner e documenti su cui sarebbero riportati i nomi di commercianti e imprenditori della zona.

 

- Il sud dell’Afghanistan continua a rivelarsi teatro di scontri e orrori: almeno sette poliziotti sono rimasti uccisi in seguito ad un’imboscata tesa contro il loro convoglio da guerriglieri talebani nella provincia di Kandahar. Fonti locali hanno riferito che dopo l’agguato, diversi estremisti sono morti durante uno scontro a fuoco con forze della coalizione. Nel capoluogo della turbolenta provincia di Helmand sono inoltre state impiccate dai talebani tre persone accusate di essere “spie al servizio del governo”. Il capoluogo e l’intera provincia di Helmand, dove l’economia si basa soprattutto sulla produzione dell’oppio, sono considerate roccaforti dei talebani.

 

- L’alleanza tra i guerriglieri sunniti iracheni e la rete terroristica Al Qaeda si sarebbe spezzata. A sostenerlo è il quotidiano britannico “Sunday Times”, secondo cui i sunniti sarebbero decisi a cacciar via dal Paese gli esponenti dell’organizzazione terroristica, ritenendoli troppo vicini all’Iran. Un capo tribale sunnita della turbolenta provincia di Al Anbar ha dichiarato inoltre che negli ultimi cinque mesi sono stati uccisi in questa zona almeno 500 miliziani del braccio iracheno di al Qaeda. Intanto, in un’altra area dell’Iraq, vicino al confine con la Turchia, i cristiani assiro caldei hanno celebrato oggi con canti e danze il loro capodanno. Secondo il calendario babilo-assiro, rimasto in vigore anche dopo la conversione al cristianesimo di queste popolazioni considerate le più antiche dell'Iraq, è iniziato l’anno 6757.  Durante il regime di Saddam Hussein i festeggiamenti per il capodanno erano vietati perché considerati “contrari al sentimento nazionale”.

 

- E’ sempre più intricata la vicenda dei 15 militari britannici arrestati lo scorso 23 marzo dalle autorità della Repubblica islamica. Il ministro degli Esteri iraniano ha detto che il governo di Teheran si attende da Londra un diverso atteggiamento per risolvere la crisi. Sull’altro versante, il Regno Unito spera di poter inviare in Iran un alto responsabile della Marina militare, per arrivare ad una soluzione attraverso il negoziato. I marinai sono accusati, dalle autorità dell’Iran, di essere entrati in acque territoriali iraniane volontariamente. I governi di Londra e Baghdad sostengono, invece, che i soldati britannici si trovavano, al momento dell’arresto, in acque irachene.

 

- In Iran, intanto, il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha rilasciato inquietanti dichiarazioni durante una visita in una località nel sud del Paese: “Il suicidio – ha affermato Ahmadinejad - è un’arma invincibile e l’Iran è in grado di reclutare centinaia di kamikaze al giorno”. Nella regione visitata stamani dal capo di Stato iraniano sono stati reclutati dal 1980 al 1988, durante la guerra tra Iran e Iraq, migliaia di attentatori suicidi. Tra i kamikaze inviati in prima linea contro le forze irachene, c’erano anche molti bambini.

 

- In Nepal sette partiti politici e i maoisti hanno ufficialmente raggiunto un accordo per formare un nuovo governo. E’ stato anche annunciato che nel mese di giugno si terranno le elezioni generali. Gli aventi diritto dovranno eleggere un’Assemblea incaricata di redigere una nuova Costituzione. L’Assemblea dovrà anche pronunciarsi sul futuro della monarchia nepalese. Ma l’esito di questo percorso politico sembra già scritto.  Recentemente il premier nepalese, Girija Prasad Koirala, ha dichiarato infatti che re Gyanendra, con le sue “ingerenze” e le sue “tentazioni autoritarie”, “ha lastricato la strada che porta il Paese alla Repubblica”.

 

- Migliaia di persone sono scese stamani in piazza a Kiev, in Ucraina, per partecipare a due manifestazioni contrapposte pro e contro il presidente, il filo-occidentale Viktor Yushenko. Il capo di Stato ucraino ha minacciato di sciogliere il Parlamento. Al centro della crisi è l'obiettivo dei partiti filorussi di avere dalla propria parte 300 parlamentari per cambiare la Costituzione e limitare i poteri del presidente. Yushenko ha anche ventilato l’ipotesi di sciogliere il Parlamento.

 

 

 

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