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SOMMARIO del 25/08/2007
La Libreria Editrice Vaticana pubblica una raccolta delle catechesi del Papa sugli Apostoli e i primi discepoli di Cristo. Nel Magistero di Benedetto XVI, rifulge il primato della Parola di Dio: la riflessione del teologo Bruno Maggioni
◊ Pubblicati, in questi giorni, per i tipi della Libreria Editrice Vaticana due importanti raccolte sul Magistero di Benedetto XVI. Si tratta di due volumi sugli Insegnamenti del Papa nell’anno 2006 e di un’opera di agile lettura che racchiude il ciclo di catechesi del Pontefice sugli Apostoli e i primi discepoli di Cristo. In quest’ultima raccolta, incentrata sulle origini della Chiesa, si coglie la grande attenzione riservata da Benedetto XVI alla conoscenza dei fondamenti della nostra fede. Un impegno catechetico che caratterizza il Pontificato di Benedetto XVI sin dai suoi primi passi. Uno stile particolarmente apprezzato dal biblista don Bruno Maggioni, docente di Introduzione alla Teologia presso l’Università Cattolica di Milano, intervistato da Alessandro Gisotti:
R. – La mia riflessione non può che partire da un’approvazione completa di questo impegno catechetico, lo condivido fino in fondo. C’è bisogno della catechesi, intendendo per catechesi, anzitutto, la chiarezza sui fondamenti da cui deriva tutto il resto. Per avere un’idea di Chiesa devo partire dalla Chiesa delle origini. Non devo mai dimenticare che lì c’è uno specchio che si dovrà attualizzare. La storia avrà le sue esigenze, ma non ci sarà un tradimento della logica che là si è rivelata.
D. – Peraltro, un’esigenza quella della catechesi sentita già dal cardinale Joseph Ratzinger, ovviamente...
R. – Sì, certamente, i suoi libri sono così! Il riferimento di partenza è che una cosa, una realtà come la Chiesa si vede meglio nella sua origine. E’ nell’origine che si vede la sua essenza.
D. – Benedetto XVI fin dall’inizio del Pontificato ha messo l’accento sulla Parola di Dio. Nelle sue udienze generali, nelle sue omelie, il Santo Padre sembra quasi voler fare un passo indietro per far comprendere che il centro non è lui, ma Cristo, che il centro, il cuore è Cristo...
R. – Sì, è vero. Io sono molto consolato dal fatto che San Giovanni non dica che in principio era la carità, ma la Parola. Quindi, è chiaro che la Parola deve essere veramente il fondamento. La luce della Parola di Dio esige anche quest’altra qualità, cioè che è la Parola che deve avere il primato, non chi l’annuncia. Questo è importante: l’annunciatore della Parola non deve mettere in prima fila se stesso, deve quasi scomparire, perché la bellezza è della Parola. La verità è in ciò che dice Gesù Cristo e non noi. La ritengo anche una ragione di credibilità. Io credo che la gente, quando si accorge di questo, non veda un’erudizione che si sovrappone alla Parola, ma che è ricavata dalla Parola. Quindi, non è tuo, ma è della Parola!
D. – Il Papa diventa quasi un prisma attraverso cui passa la luce di Cristo...
R. – Sì, il Papa, tutta la Chiesa e i cristiani non devono apparire come i protagonisti. Il protagonista è Gesù. Il protagonista è la Parola che annuncio. La verità è la Parola che non è mia. Questa Parola che annuncio deve apparire vera e non mia, ma di Gesù Cristo.
D. – Il Papa ha convocato il prossimo Sinodo dei vescovi nel 2008 proprio sulla "Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa". La conoscenza delle Sacre Scritture è oggi, sicuramente, gravemente lacunosa in tanti fedeli. Come affrontare questo problema, che il Papa evidentemente pone in primo piano con le sue catechesi?
D. – Qualche anno fa, e dura ancora questo difetto, pareva che la Parola fosse oscurata da ricerche secondarie sull’origine della Parola, su un meccanismo o sull’altro, e scomparisse il vero significato, bello, chiaro, lucido della Parola di Dio che si stava studiando. Adesso, devo dire che, alle volte, ho la paura contraria, cioè di una lettura della Parola improvvisata, immediata, senza la fatica di capire cosa vuol dire quella pagina. Le letture sono troppo improvvisate ed anche troppo pie. Invece, la bellezza della Parola è proprio là dove si scorge il senso, prescindendo dal primo difetto e dal secondo. E questa Parola è così moderna, così capace di capire i grossi problemi dell’uomo di oggi. Ed è una Parola di bellezza, che convince.
Il cardinale Bertone incontra i terremotati in Perù portando la “vicinanza spirituale e materiale” di Benedetto XVI
◊ “Gesù si è consegnato per noi, affinché in Lui abbiamo la vita”: su questo tema, il cardinale segretario di Stato, Tarciso Bertone, inaugura oggi a Chimbote, in Perù, il IX Congresso eucaristico nazionale. Ieri, il porporato ha espresso la “vicinanza spirituale e materiale” di Benedetto XVI alla popolazione terremotata del Perù centro-meridionale, recandosi personalmente nelle città di Ica e Pisco, le più devastate dal sisma. Il servizio di Roberta Moretti:
“Vi porto il saluto, la solidarietà e la benedizione consolatrice di Benedetto XVI”, che “segue con grande preoccupazione, in questo difficile frangente, la vita della popolazione e della Chiesa peruviana”: queste, le parole rivolte ieri pomeriggio ai terremotati dal cardinale Bertone, che a Ica ha celebrato la Santa Messa nei pressi della chiesa del Señor de Luren, crollata a causa del sisma. “Di fronte alla tragedia che ha colpito questa regione - ha aggiunto - mi sento molto vicino a tutti e a ciascuno di voi. Vorrei salutarvi individualmente, personalmente, ma ovviamente non è possibile”. Il segretario di Stato ha quindi consegnato al vescovo locale, mons. Guido Breña López, “un prezioso rosario” inviato dal Papa, che è stato poi collocato tra le mani della statua del Bambino Gesù, rimasta intatta nonostante il crollo della Chiesa. “Il Signore non vi ha abbandonato – ha poi affermato - è un miracolo che questa statua si sia salvata e sia tuttora tra voi”. Dopo aver partecipato a una processione lungo le strade semidistrutte della città, il cardinale Bertone, a bordo di un piccolo aereo del ministero della Difesa, è giunto a Pisco, dove ha di nuovo officiato la Messa e partecipato a una processione. La vicinanza di Benedetto XVI e il “suo sostegno personale, spirituale e materiale”, ai famigliari degli oltre 540 morti, ai feriti e alle decine di migliaia di senzatetto erano stati espressi dal porporato già nella mattinata, incontrando a Lima l’arcivescovo, il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, e il presidente peruviano, Alan García. Nel conferirgli la massima onoreficenza dello Stato, "La Orden El Sol del Perù”, García ha chiesto al cardinale Bertone di riferire al Papa l’immensa gratitudine delle autorità e di tutti i peruviani per la tempestiva e costante sollecitudine avuta nei confronti del dolore del popolo peruviano, che vive ore difficili.
La Chiesa ricorda San Giuseppe Calasanzio: fondò nel 1600 la prima scuola pubblica gratuita d'Europa
◊ La Chiesa oggi ricorda San Giuseppe Calasanzio e questa sera i Padri Scolopi festeggiano i 450 anni della nascita del loro fondatore con una speciale celebrazione che si svolge nella Chiesa romana di San Pantaleo e San Giuseppe Calasanzio. Celebrazione che sarà presieduta dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica. San Giuseppe Calasanzio è stato un grande apostolo della gioventù e si è adoperato per l’educazione dei ragazzi soprattutto poveri. Ascoltiamo in proposito il padre scolopio Antonio Perrone, al microfono di Giovanni Peduto:
R. - San Giuseppe Calasanzio, fondatore dei Padri Scolopi, delle Scuole Pie, è colui che già dal 1600 iniziò l’educazione soprattutto per i bambini poveri di Roma. Lui era spagnolo, e venne dalla Spagna per poi tornare nel suo Paese, ma non vi tornò mai più. Nel 1597, visitando la parrocchia di Santa Dorotea, vide che c’erano dei bambini che andavano a scuola, ma pagavano. Vide che c’erano 16 scuole gestite da parroci, dove però si pagava. E lui disse: “Perché tanti bambini, che non sanno né leggere né scrivere e non hanno soldi, non vengono accettati gratuitamente”? E il parroco disse: “Come facciamo? Chi ci paga”? E San Giuseppe Calasanzio: “Ci penso io”. “Pensaci tu, ma fai qualcos’altro”. Lui stette un anno lì a Santa Dorotea, poi si trasferì a Piazza Paradiso, vicino Piazza Navona, dove cominciò a far scuola ai ragazzi. Dapprima i ragazzi erano pochissimi, ma poi arrivarono subito a 800, 900, finché nel 1612 acquistò questa sede, dove siamo noi in questo momento, con l’aiuto di amici. Acquistò questo palazzo, che allora si chiamava Palazzo Torres, e qui entrarono subito 900 ragazzi. E a questi bambini poveri seppe dare l’educazione, non soltanto la formazione culturale, ma soprattutto l’educazione cristiana, fondata sui valori evangelici. Per cui Ludwig von Pastor, nella sua Storia dei Papi, lo ha dichiarato il fondatore della prima scuola pubblica gratuita d’Europa.
D. – Ci parli ora, padre, del ruolo svolto in questi secoli dagli Scolopi?
R. – Il ruolo è stato quello di continuare questa presenza della Chiesa, della cultura cristiana, attraverso l’educazione. Questo gli Scolopi lo fanno dappertutto, cercando di mantenere fedeltà al Fondatore, cercando di accogliere i ragazzi finché è possibile, anche gratuitamente, preferendo i più poveri ai più ricchi. E’ un principio, più che una realtà concreta, ma che si attua per esempio nelle zone di missione. Lì i ragazzi sono accolti gratuitamente e sono solo i più poveri. Questo avviene in Africa, avviene nelle Filippine, avviene anche in altre parti. Così gli Scolopi sono presenti per mantenere questa tradizione di dedicarsi soprattutto ai più poveri.
D. – Quale eredità ci lascia oggi San Giuseppe Calasanzio?
R. – L’eredità di continuare, con un’attenzione soprattutto ai più piccoli, ai più bisognosi, ai più poveri; la tradizione di una cultura che sia fondata sui valori dello spirito, sul disegno di Dio per gli uomini, che li vuole suoi figli. Noi siamo tutti figli di Dio, ma il mondo se lo dimentica, i giovani anche, e pensano ad altre cose. Noi vorremmo con la scuola cattolica costruire delle coscienze da dove nascano poi i Santi.
Oggi su "L'Osservatore Romano"
◊ Servizio vaticano - Un articolo di Giampaolo Mattei dal titolo "Una festa della fede dove 'Verbum caro factum est'": verso l'incontro di Benedetto XVI con i giovani italiani a Loreto (1 - 2 settembre).
Servizio estero - Medio oriente: ancora scontri in Cisgiordania, uccisi tre miliziani palestinesi in uno scontro a fuoco con soldati israeliani.
Servizio culturale - Un articolo di Egidio Picucci dal titolo "Arte come catechesi ed espressione di una bellezza superiore e spirituale": i pochi noti affreschi del "Cappellone" di San Nicola a Tolentino.
Servizio italiano - In primo piano l'emergenza incendi.
Gli incendi devastano la Grecia: oltre 40 i morti. L'Italia continua a bruciare
◊ “Un giorno di lutto nazionale”. Con queste parole il primo ministro greco, Karamanlis, ha espresso tutta la sua amarezza per quanto sta accadendo nel Peloponneso, devastato dagli incendi. Almeno 170 i roghi segnalati e sono oltre 40 le vittime, tra queste anche numerosi bambini. Si teme che il bilancio, già pesante, possa salire ancora perché sono tanti i dispersi soprattutto nel villaggio di Zakharo, nella prefettura di Ilias che risulta la più colpita insieme alle province di Laconia e Messenia. In pericolo anche Atene per un incendio scoppiato in direzione dell’aeroporto, la strada che collega la capitale greca allo scalo è stata chiusa e le autorità hanno deciso di evacuare anche un monastero. Il governo, intanto, ha inviato nelle zone disastrate 700 soldati a supporto dei soccorsi mentre la Commissione Europea ha attivato tutti i mezzi per assistere la Grecia nello spegnimento dei fuochi. Una tragedia nazionale, dunque, quella che si sta vivendo in queste ore nel Paese ellenico. Per un punto della situazione Salvatore Sabatino ha intervistato Furio Morroni, corrispondente dell’agenzia Ansa ad Atene:
R. – Si tratta di un disastro senza precedenti, si continuano a trovare persone morte. Molti, infatti, non hanno abbandonato le loro case, si sono chiusi in casa pensando di sfuggire alle fiamme e invece sono morti per il fumo. Altre persone sono state trovate carbonizzate su una piccola strada di campagna mentre cercavano di allontanarsi in macchina però le fiamme sono state più rapide, hanno raggiunto gli autoveicoli e hanno bruciato tutto. Definire la situazione “drammatica” sarebbe minimizzarla: la Grecia è sotto shock, i politici hanno immediatamente interrotto i loro giri elettorali. La campagna è cominciata dalla settimana scorsa, le prossime elezioni anticipate saranno il 16 settembre, ma chiaramente il Paese sta vivendo un momento così drammatico che la popolazione certo non è interessata assolutamente alle elezioni.
D.- La Grecia paga un prezzo altissimo eppure quella degli incendi è una piaga che si ripete praticamente ogni anno. Ci sono delle responsabilità concrete?
D. Responsabilità concrete ce ne sono senz’altro come ce ne sono in tutti gli altri Paesi come la Spagna, il Portogallo, l’Italia, per citare quelli più vicini, in cui ogni anno si ripetono le stesse tragedie. Le responsabilità ci sono anche in quei settori di autorità che ovviamente non fanno il loro dovere per garantire la sicurezza dei boschi e per far applicare le leggi, per esempio contro i piromani, che anche in Grecia esistono e sono anche abbastanza severe, ma alla fine non vengono applicate.
D. - Gli incendi hanno colpito anche in maniera viva un settore strategico come quello del turismo. Che ricadute potrà avere questo sull’economia greca?
R. - Il turismo è la principale fonte di introiti di questo Paese. Gli incendi hanno colpito più che altro zone interne e agricole dove i turisti vanno, ma sono zone in cui in genere si passa e non ci si ferma molto. Certo quanto è accaduto non aiuta, perché quando una persona sente parlare di decine di morti in un Paese dove intende andare a fare il turista probabilmente cambia destinazione.
Anche in Italia resta alta l’allerta per gli incendi ma la situazione si sta lentamente normalizzando. Sono 18 i roghi che stanno impegnando la Protezione civile in Campania, Basilicata, Puglia e Calabria: in quest’ultima regione si sta fronteggiando un vasto incendio sulla Sila. Anche la Sicilia continua a bruciare, sono diversi i fronti critici dal palermitano al messinese; proprio in questa zona sono stati fermati ieri due pastori considerati responsabili delle fiamme che hanno distrutto l’agriturismo di Patti e nel quale hanno perso la vita tre persone. Ieri nel piccolo comune è stato decretato il lutto cittadino. Sentiamo come si sta vivendo questo difficile momento dalle parole di padre Vincenzo Smriglio, arciprete della Cattedrale di San Bartolomeo a Patti, intervistato da Paolo Ondarza:
R. – Le lascio immaginare l’atteggiamento di sbigottimento. Si vede come una zona di vita sia stata trasformata in una zona di morte; un angolo di paradiso, in una bolgia infernale. Tutta la comunità di Patti sta vivendo questo dramma che poteva essere probabilmente evitato. E’ una tragedia che vede coinvolte da una parte persone che si trovavano nell’agriturismo per vivere un momento di distensione e dall’altra vede coinvolta una famiglia che piange per la morte della signora che lavorava nell’agriturismo. Una donna, che ha lavorato sempre nella sua vita, una persona semplice. Nella tragedia viene fuori anche la dimensione della solidarietà. Questa famiglia è assistita da parenti, amici, vicini che purtroppo non riescono ancora a spiegarsi il perché di tutto questo.
D. – Cosa dire a chi provoca queste tragedie?
R. – A quella mano che ha appiccato il fuoco, che possa essere avvicinata adesso alla coscienza, che si possa realizzare una vera e propria confessione della colpa, che possa andare dalle forze dell’ordine e costituirsi. Sarebbe un gesto che rivaluterebbe l’incoscienza di queste persone.
La crisi in Belgio: il vescovo di Namur invita il Paese all'unità
◊ In Belgio si aggrava la crisi politica che si e' aperta dopo la rinuncia, giovedi' sera, del premier incaricato, il leader cristiano-democratico fiammingo Yves Leterme. Nei prossimi giorni, Re Alberto II dovrà individuare un politico che possa ricucire i contrasti tra i partiti fiamminghi e francofoni; intanto l’Europa esprime preoccupazione per questa crisi che rischia di accrescere le divisioni all'interno del Paese. Ce ne parla Marco Guerra.
In Belgio è completa paralisi politica dopo la rinuncia di Yves Leterme, il leader cristiano-democratico fiammingo che lo scorso 15 luglio era stato incaricato da Re Alberto II di condurre le trattative per formare un governo di centro-destra. Non sono quindi bastati i 40 giorni di estenuanti colloqui con i partiti fiamminghi e francofoni che formano l’eterogenea maggioranza uscita dalle urne. Adesso il sovrano è al lavoro per individuare un'altra personalità politica a cui affidare la formazione del nuovo esecutivo. Secondo la stampa nazionale la scelta ricadrà probabilmente su un francofono. Certo è che il nuovo premier incaricato dovrà superare lo stallo sulla spinosa questione della riforma costituzionale. Riforma fortemente sostenuta dalla compagine fiamminga che chiede maggiore autonomia per le tre regioni Belghe e in particolare per le Fiandre, ma vista con sospetto dalle formazioni francofone. E la crisi, che riflette le profonde divisioni all’ interno del Paese, preoccupa anche le istituzioni europee. Sulla vicenda è infatti intervenuto il presidente dell’Eurogruppo, nonché premier lussemburghese, Jean Claude Juncker, affermando che il Belgio “rischia di annientare la sua credibilità europea”.
Sull’attuale crisi politica, Armance Bourgois della nostra redazione francese, ha intervistato il vescovo di Namur, mons. André-Mutien Léonard, che – come lui stesso ha precisato – ci offre la sua opinione personale:
R. – Nous n’avons, évidemment, aucune position officielle de nature directement ...
Ovviamente, la nostra non è una posizione ufficiale di natura prettamente politica, perché non è compito nostro, interferire nei negoziati di carattere politico. E’ chiaro che noi ci auguriamo che il Paese possa uscire da questa impasse nel più breve tempo possibile e che si riesca a trovare una soluzione che possa, alla fine, onorare contemporaneamente l’essenziale unità del Paese, in un modo o nell’altro, e le rivendicazioni legittime delle diverse comunità che lo compongono. Sappiamo bene che si fa presto ad esprimere tale augurio, mentre non è altrettanto facile realizzarlo concretamente. Le nostre due comunità, infatti, si evolvono in direzioni diverse ...
D. – La Chiesa può svolgere un ruolo pacificatore nelle tensioni tra fiamminghi e valloni?
R. – L’Eglise du Belgique demeure jusqu’à aujourd’hui une, unie …
A tutt’oggi la Chiesa del Belgio è una e unita anche se – è vero ! – i problemi che si pongono in ambito ecclesiale non sono gli stessi al Nord e al Sud del Paese; ma questo non ci impedisce di avere una certa unità di punti di vista, di avere concertazioni ed incontri molto regolari. In realtà, vorremmo che la stessa cosa fosse possibile per il Paese. E’ ovvio che il Paese ha due componenti fondamentali che sono molto diverse tra loro; ciò nonostante, siamo “condannati” a dover trovare una forma di concertazione, perfino di unione interna in uno Stato federale. Non si riesce a pensare come il Belgio possa permettersi il lusso di dividersi in maniera radicale! All’estero, godiamo della fama di essere il popolo dei compromessi, al punto di parlare spesso di un “compromesso alla belga”. Mi rendo conto, però, che la crisi attuale è particolarmente seria!
D. – Quali sono i principali punti di incontro tra le due comunità?
R. – Nous avons des économies qui sont largement entrelacées, ...
Le nostre economie sono fortemente legate, quasi intrecciate, l’una nell’altra … non è proprio possibile che non lavoriamo insieme, anche se le nostre culture sono diverse. Sono ormai due secoli che viviamo insieme, nel medesimo Stato e che, malgrado le differenze, abbiamo anche delle sensibilità comuni al di là del limite della lingua, e questo merita di essere tenuto in conto. Ma capisco che il compito non è facile!
All'insegna dei diritti umani, la giornata conclusiva del Meeting di Rimini
◊ Giornata conclusiva per il "Meeting per l'amicizia tra i popoli", a Rimini. L'attenzione è puntata a questo pomeriggio, quando si terrà la presentazione del libro di don Luigi Giussani "Certi di alcune grandi cose". In primo piano nella mattinata, invece, è stato il dibattito sui diritti umani. Gli ultimi due secoli hanno registrato grandi conquiste, ma anche grandi disastri. Un percorso testimoniato al Meeting da alcuni coraggiosi protagonisti della lotta pacifica anche se dolorosa per la conquista della verità e della libertà. Il servizio della nostra inviata, Gabriella Ceraso:
All'epoca di Khomeini, Marina Nemat, 17 anni, è arrestata, torturata e condannata a morte a Teheran solo perché ha protestato con il suo insegnante di matematica, che ha tenuto una lezione sull'Islam, e non sulla sua materia. Violentata da una guardia che la costringe a sposarla, riesce a sfuggire all'esecuzione all'ultimo minuto e ora, dal Canada dove vive ha deciso di raccontare la sua storia:
(Marina Nemat)
"Da quando è uscito, il mio libro è stato attaccato verbalmente dai comunisti, dai marxisti, dagli islamisti. Quindi, non è un compito facile dire la verità".
"Non ci siamo resi conto - ha proseguito - di come la Rivoluzione divenisse dittatura, io stessa senza processo e senza capire perché, mi sono ritrovata in carcere e ho visto tanti morire lì come succede anche oggi, eppure non ho mai distolto l'attenzione dalla Verità".
(Marina Nemat)
"Penso che si possano perdonare delle persone, dei singoli, ma non si può mai perdonare un sistema che genera questa tortura. Io ho deciso che non avrei avuto pace fin tanto che non avessi perdonato".
Denunce anche dall'Europa. In Bielorussia manca la libertà d'espressione - afferma al Meeting, Aleksander Milinkevich, leader dell'opposizione e attivista democratico - ma anche la coscienza è oppressa:
(Aleksander Milinkevich)
"Dall'inizio di quest'anno, oltre 25 persone sono state deportate: sacerdoti, religiosi, monaci. La legge della Bielorussia sulla libertà di coscienza paralizza, blocca qualsiasi attività evangelica delle comunità cristiane in Bielorussia".
Ma la risposta, anche in questo caso, non è lo scontro col regime, ma una lenta e pacifica inculturazione della libertà.
(Da Rimini, Gabriella Ceraso, Radio Vaticana)
Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
◊ In questa XXI Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù, parlando della salvezza, ci invita a sforzarci di “entrare per la porta stretta”, perché molti, afferma, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno. “Non vi conosco, non so di dove siete”: dirà il Signore: Quindi aggiunge:
“Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi”.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
“Vi dico che non so di dove siete, non vi conosco”. La scena che Gesù presenta è altamente drammatica: quegli uomini che bussano per entrare sono animati dalle migliori intenzioni, credono di essere uniti al Signore e immaginano di essere da lui conosciuti. Non sono atei, irreligiosi e anticristiani; solo, essi suppongono qualcosa che non corrisponde alla realtà di fatto, che alla fine si rivela irrimediabilmente a loro. Suppongono di essere conosciuti e riconosciuti dal Signore ma così non è: “Non vi conosco, non so di dove siete”. Essi rispondono citando quelli che secondo loro sono i criteri di riconoscimento, ma non sono quelli i criteri del padrone di casa. Questa pagina di Vangelo ci sprona a rendere sempre più sicura e più piena la nostra appartenenza a Cristo, la nostra vocazione e la nostra elezione, per non dover poi piangere alla fine. Ciò non va da sé, quasi inintenzionalmente, ma chiede uno sforzo: stretta è la porta per la quale si entra nella casa del Padre, larga è invece la via che conduce alla perdizione.
Appello dei vescovi della Bolivia: tutti i partiti lavorino insieme per superare la grave crisi politica
◊ “Grave preoccupazione e tristezza”, ma anche “speranza” di trovare “intese nazionali", è stata espressa ieri sera dalla Chiesa della Bolivia, in merito alla profonda crisi politica, sociale e istituzionale che sta colpendo il Paese in questi giorni. Giovedì, il presidente dell'Assemblea Costituente, Silvia Lazarte, ha infatti annunciato la sospensione dei lavori “a tempo indeterminato”, a causa degli incidenti avvenuti negli ultimi giorni a Sucre, dove l’Assemblea lavora da oltre un anno per redigere una nuova Costituzione. L’oggetto del contendere è la richiesta, da parte dell’opposizione di destra, sostenuta dalla popolazione bianca e più ricca della Bolivia (il 15% del totale), di ripristinare Sucre come capitale politica del Paese al posto di La Paz. Un’ipostesi esclusa, due settimane fa, dalla Costituente, che finora non è riuscita ad approvare alcun articolo e ha rimandato la chiusura dei lavori a dicembre. Ieri, il governo ha denunciato le autorità politiche di alcuni Dipartimenti, che hanno promosso uno sciopero per martedì prossimo, di puntare “solo a destabilizzare” il Paese. Il ministro degli Interni, Alfredo Rada, ha inoltre avvertito che, contro la decisione di spostare la capitale a Sucre, potrebbero mobilitarsi le organizzazioni che appoggiano il presidente indio Evo Morales, sostenuto dalla popolazione povera e indigena (55%). E a Sucre, ormai da giorni, enti civili sono in agitazione: almeno 300 loro esponenti stanno effettuando lo sciopero della fame da una settimana, mentre i gruppi più radicali hanno aggredito alcuni membri dell'Assemblea, costringendo la presidente Lazarte a sospenderne i lavori "a tempo indeterminato". Ieri, infine, alla proposta di aderire allo sciopero di martedì hanno detto sì anche i Dipartimenti di Santa Cruz, Tarija, Beni e Pando, la cosiddetta ‘mezzaluna’, in cui risiede la maggior parte della popolazione bianca e ricca del Paese. Per superare la crisi, la Chiesa boliviana ha proposto un “vertice politico-sociale”, ma il ministro Rada ha bocciato l'idea, affermando che si tratta di “un meccanismo del passato, in cui partiti tradizionali finiscono solo per spartirsi quote di potere”. Secondo i presuli della Bolivia, dove i cattolici rappresentano l’85% della popolazione, è necessario “rinunciare a molti atteggiamenti personali e partitici, opportunistici”, “pensando sempre al progresso e al benessere di ogni Dipartimento, senza abbandonare mai la strada dell'unità e dell'intesa”. “Ci auguriamo – hanno esortato – che il signor presidente della Repubblica e i capi di tutti i partiti politici siano capaci di aprire reciprocamente le porte dei loro cuori, per sedersi attorno a un tavolo e dialogare, senza paura, per accettare di aver sbagliato e, dunque, correggere insieme la rotta”. (A cura di Roberta Moretti)
Nelle Filippine proseguono i lavori di preparazione del forum per la pace in Asia destinato a giovani cattolici e musulmani
◊ Un luogo di incontro e di dialogo che riunisca i giovani cattolici e musulmani di tutto il sud-est asiatico. E’ il progetto a cui lavorano da mesi i domenicani delle Filippine ed i maggiori leader musulmani del Paese. Secondo quanto riporta l’agenzia Asia News al momento si stanno definendo i particolari tecnici per portare avanti l’iniziativa, ma è già partita la raccolta fondi che servirà per garantirne la riuscita. Per il rettore dell’Università domenicana di Equino, padre Ramonclaro Mendoz, lo scopo principale “è quello di dare un forte senso di solidarietà e di appartenenza alla regione a tutti i partecipanti”, perché - ha aggiunto – sono i giovani “gli agenti di pace e solidarietà su cui la Nazione fa affidamento”. Dopo questa prima edizione dell’incontro, l’invito sarà esteso ai giovani di tutte le religioni, “per abbattere le barriere e costruire insieme la pace”. Infatti, conclude padre Mendoz, “è fondamentale abbattere ogni barriera fra le religioni se si vuole arrivare ad una vera pace ed armonia sociale”. (E. B.)
Leader di diverse religioni riuniti a Porong, in Indonesia, per sostenere le numerose vittime di una colata di fango
◊ Un forum interreligioso nel cuore dell’Indonesia per esprimere solidarietà alle vittime di un disastro ecologico. A quasi un anno dalla fuoriuscita di fango bollente che ha investito la zona di Porong, nella provincia di Java Est, circa 50 leader provinciali delle varie fedi si sono incontrati presso il campo di accoglienza Pasar Baru. Il Forum, attraverso momenti di preghiera ed una conferenza, aveva lo scopo di “incoraggiare la popolazione a portare avanti con coraggio la sua battaglia per ottenere giustizia”, come riferisce l’agenzia stampa Asia News. Da fine maggio a novembre dello scorso anno, 8 villaggi, oltre 1800 case e 18 scuole sono stati inondati e ricoperti dal fango. La colata, che ha costretto all’evacuazione di 12 mila persone, è fuoriuscita da una faglia creatasi nel pozzo di perforazione di una compagnia impegnata nell’esplorazione di giacimenti di gas naturali. L’azienda, accusata di non aver rispettato gli standard di sicurezza, si difende imputando la breccia sotterranea al forte terremoto che ha colpito la città di Yogyakarta il 27 maggio 2006. (V. F.)
Somalia nel caos. Civili in fuga da Mogadiscio
◊ Non si placano i disordini in Somalia. Almeno due persone sono rimaste ferite a Mogadiscio in seguito ad un attacco dinamitardo contro l’hotel in cui ha sede la Conferenza nazionale di riconciliazione. I feriti, secondo la polizia, sono delegati che partecipano ai colloqui di pace. Ma nel Paese ai frequenti scontri fra truppe governative e miliziani fedeli alle deposte Corti islamiche si devono aggiungere anche le rappresaglie condotte da bande armate non identificate. Nel loro mirino, ieri, un giornalista radiofonico locale ucciso nella provincia sudoccidentale di Gedo mentre era o bordo di un minibus. L’omicidio – si tratta del terzo cronista assassinato nel Paese nelle ultime settimane e del settimo dall’inizio dell’anno - è stato duramente condannato dalla Federazione internazionale dei giornalisti, mentre diverse organizzazioni di difesa della libertà di stampa hanno chiesto alle istituzioni locali di vigilare sulla sicurezza dei pochi giornalisti somali riamasti nel Paese. Intanto, un documento dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari in Somalia sottolinea le difficili condizioni di vita anche per i civili. Sono infatti 12 mila le persone fuggite da Mogadiscio in questo mese di agosto. Un dato che arriva a 43 mila dall’inizio di giugno, afferma la nota riportata dall’agenzia Misna. Proprio in previsione di una nuova e massiccia stagione migratoria diverse agenzie dell’ONU, assieme a rappresentati delle istituzioni locali, in questi giorni si sono riuniti nel Puntland per definire una strategia che eviti ‘nuove catastrofi’. Questo considerando il prezzo in vite umane pagato dai migranti che affrontano il Golfo di Aden per lasciare il Corno d’Africa e raggiungere lo Yemen. (E. B.)
La Cina promulgherà leggi contro l’aborto selettivo: verranno stabilite pene per i trasgressori
◊ Il Consiglio di Stato cinese ha dichiarato di aver programmato per il 2007 interventi legislativi contro l’aborto selettivo. A riferirlo è l’agenzia stampa locale Xinhua, che riporta le dichiarazioni del vice direttore dell’Ufficio affari legislativi del Consiglio di Stato. L’alto funzionario ha dichiarato infatti che nel piano per il 2007 del Consiglio sono state elencate diverse leggi sulla pianificazione familiare, incluso un regolamento per bandire gli aborti selettivi in base al sesso. Il provvedimento arriva sulla scia dell’allarme, lanciato in un recente rapporto dell’Associazione cinese per la pianificazione familiare (CFPA), sulla forte disparità numerica tra uomini e donne nel Paese asiatico. Le statistiche ufficiali, infatti, mostrano un rapporto di 119 maschi a 100 femmine tra i neonati, ben al di sopra dello standard indicato dalle Nazioni Unite, ovvero 107 a 100. La preferenza per i figli maschi, soprattutto nelle aree rurali, si acuisce anche a causa della “politica del figlio unico”, vigente in Cina dal 1979. Sebbene la selezione sessuale sia vietata dalla legge, non esistono ancora provvedimenti sulla pena applicabile in tali casi. La nuova regolamentazione – ha specificato il vice direttore all’agenzia cinese – chiarirà le responsabilità di amministrazioni e relativi dipartimenti a tutti i livelli e bandirà l’aborto selettivo in base al sesso per scopi non medici. (V. F.)
In arrivo domani a San Pietro 30 pellegrini inglesi in bicicletta, partiti il 10 agosto dalla Cattedrale di Canterbury
◊ Hanno tra i 16 e i 64 anni e hanno pedalato per circa 120 chilometri al giorno. Sono i 30 pellegrini inglesi partiti in bicicletta dalla Cattedrale di Canterbury il 10 agosto scorso alla volta di Roma. Ad accoglierli domani pomeriggio alla Basilica di San Pietro sarà l’Opera Romana Pellegrinaggi. Dopo i Vespri, il vicepresidente dell’Opera, mons. Liberio Andreatta, consegnerà loro il “testimonium”, il certificato che attesta l’autenticità del pellegrinaggio. Tra i fedeli, 6 donne e 24 uomini, c’è un giudice della Corte Suprema e un canonico della Cattedrale di Canterbury. Dopo aver attraversato la Manica in traghetto, hanno attraversato la Francia e la Svizzera, fino a raggiungere l’Italia attraverso il Passo del Gran San Bernardo. Dopo aver toccato, tra le altre, le città di Aosta, Vercelli, Pavia e Viterbo, giungeranno nella capitale scortati, nell’ultima tratta, dal personale dei Vigili del Fuoco di Roma e Latina appartenente al gruppo ciclistico. (V.F.)
Medio Oriente: violenze nella Striscia di Gaza ed in Cisgiordania - Afghanistan: ancora senza esito i negoziati per la liberazione dei 19 sud-coreani
◊ Resta alto il livello dello scontro tra le milizie palestinesi e le truppe israeliane nelle zone di frontiera dello Stato ebraico. Stamani, sono stati uccisi due palestinesi che erano riusciti a infiltrarsi in Israele dal settore nord della Striscia di Gaza. In Cisgiordania, invece, i militari israeliani hanno compiuto un'incursione a Jenin, causando tre vittime tra le quali anche il capo della cellula locale della Jihad Islamica. Novità si segnalano nella vicenda del soldato israeliano rapito a Gaza il 25 giugno di un anno fa. Gilad Shalit è vivo e sta bene. Lo ha assicurato Khaled Meshaal, leader politico di Hamas in esilio in Siria.
- Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha approvato ieri l'estensione di un anno della missione UNIFIL in Libano, che controlla il cessate il fuoco fra Israele ed Hezbollah. Intanto, sembrerebbe conclusa l’evacuazione di molti civili dal campo profughi palestinese di Nahar al Bared, teatro di duri scontri tra l’esercito regolare ed i miliziani qaedisti di Fatah al Islam.
- Proseguono i negoziati per la liberazione dei 19 ostaggi sud coreani rapiti oltre un mese fa in Afghanistan. Le trattative tra Seul e i talebani che li tengono in ostaggio, al momento, non hanno prodotto risultati. E nel Paese continuano gli scontri con le milizie ribelli. Secondo fonti locali, nelle ultime 24 ore, in diversi attacchi, sarebbero rimasti uccisi almeno 5 poliziotti afgani e 15 talebani. Infine, il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha annunciato che sarà aperta un’inchiesta sulla morte dei tre soldati britannici, uccisi ieri in Afghanistan dal “fuoco amico” durante un bombardamento dell’aviazione americana.
- In Iraq, le violenze proseguono senza sosta. Almeno sette persone sono morte e altre 30 sono rimaste ferite nello scoppio di un'autobomba in una zona commerciale a maggioranza sciita nel nord di Baghdad. Un altro ordigno ha poi provocato, sempre nella zona settentrionale della capitale irachena, la morte di due civili e il ferimento di altri 5. Stamani, sono stati inoltre trovati dalla polizia locale 24 cadaveri con evidenti segni di tortura, episodio che viene fatto risalire alle violenze settarie tra la comunità sciita e quella sunnita.
- Con ogni probabilità, la Turchia sceglierà il nuovo capo dello Stato il prossimo 28 agosto. Ieri, infatti, per la seconda volta consecutiva, il favorito alla poltrona di presidente del Paese, l'esponente del partito filo-islamico al governo, Abdullah Gul, non ha ottenuto i voti necessari alla sua elezione ed anzi ha perso anche qualche consenso tra le fila del suo partito. Nella prossima votazione – la terza - non sarà più necessaria la maggioranza assoluta ma solo quella semplice, 276 voti, ed in questo caso Gul dovrebbe assicurarsi la presidenza perchè il partito AKP può contare in Parlamento su ben 340 seggi. Intanto, nella provincia di Sirnak, a sud-est della Turchia, sono 12 le vittime negli scontri a fuoco tra esercito di Ankara e ribelli curdi, tra questi dieci militanti del PKK, il partito dei Lavoratori del Kurdistan.
- E’ l’8 settembre il giorno fissato dalla Commissione elettorale per il ballottaggio presidenziale in Sierra Leone. A sfidarsi i due candidati più votati nel primo turno delle elezioni: Ernest Bai Koroma, leader dell'All People’s Congress (APC), “Il partito di tutto il popolo”, e Solomon Barewa a capo del "Sierra Leone People’s Party" (SLPP), “il partito popolare”. Favorito nella corsa è Koroma che, nella scorsa tornata elettorale, ha raccolto oltre il 44% dei consensi.
- Vigilia di elezioni agitata in Siria dove domani si vota per il rinnovo dei consigli comunali e provinciali. Una consultazione che vede il confronto di circa trentamila candidati. Secondo una notizia riportata dal quotidiano governativo, “Tishrin”, l’esecutivo avrebbe licenziato o costretto alle dimissioni almeno 47 persone tra direttori tecnici e presidenti di assemblee municipali. Questo provvedimento rientrerebbe nella campagna contro la corruzione avviata nel 2006 da Damasco.
- La Russia interviene sul presunto abbattimento di un aereo di Mosca sopra la gola di Kodor, al confine fra la Georgia e la repubblica secessionista di Abkhazia. La notizia è stata riferita, ieri sera, dalla televisione di Tblisi, che ha citato due testimoni. Dal canto suo, il Cremlino si è affrettato a smentire. Il ministero degli Interni georgiano ha, comunque, precisato di non poter confermare l’abbattimento, ma che intorno alla zona di Kodor si è effettivamente sviluppato un incendio. Da settimane, Tblisi denuncia ripetute violazioni del suo spazio aereo ed ha, inoltre, chiesto al Consiglio di Sicurezza dell’ONU di pronunciarsi sulla vicenda di un missile caduto in Ossezia del sud e che sarebbe stato lanciato dalla Russia. Anche in questo caso, Mosca respinge ogni accusa.
- Dimissioni per la prima e unica donna ministro del Kuwait. Massouma al-Moubarak ha rimesso il mandato dopo la morte di due ricoverati in un ospedale dell’emirato a causa di un incendio. Il ministro si era insediato, nel giugno di due anni fa, a capo del dicastero della Pianificazione e Sviluppo, un mese dopo l’approvazione di una legge che garantisce la parità di diritti politici tra uomini e donne.
- Nel Regno Unito, nuovi sviluppi nell’ambito dell’inchiesta sulla morte dell’undicenne, ucciso mercoledì scorso a Liverpool di fronte ad un pub. La polizia britannica ha effettuato altri cinque fermi: si tratta di ragazzi di età compresa tra i 15 ed i 19 anni. I 5 fermi si aggiungono a quello di ieri di un adolescente di 15 anni mentre altri due minorenni, nei giorni scorsi, erano stati rilasciati su cauzione.
- Lutto nel mondo della politica francese: all’età di 83 anni è scomparso l’ex primo ministro Raymond Barre, deceduto ieri sera all’ospedale militare “Val de Grace”, alla periferia di Parigi, dove era ricoverato per problemi cardiaci. Laureato in Giurisprudenza era anche un famoso economista tanto da essere definito dall’ex presidente Giscard d’Estaing: “il migliore economista della Francia”. Ricoprì il ruolo di primo ministro dal 1976 fino al 1981. Di Barre si ricorda anche il piano d’austerità che portò ad una serie di licenziamenti soprattutto nel settore dell’industria. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 237
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