Logo 50Radiogiornale Radio Vaticana
Redazione +390669883674 | +390669883998 | e-mail: sicsegre@vatiradio.va

SOMMARIO del 01/08/2007

Il Papa e la Santa Sede

  • Il Papa all'udienza generale: la fede si manifesta nella carità. Il saluto agli scout nel loro centenario e la gioia per la vittoria dell'Iraq nella Coppa d'Asia
  • Il dolore di Benedetto XVI per la morte del Patriarca Ortodosso di Romania, Teoctist
  • Il cardinale Martino: sì all’uso pacifico del nucleare se sicuro
  • 90 anni fa Benedetto XV lanciava l'appello a fermare l'inutile strage della Prima Guerra Mondiale
  • Il cardinale Saraiva Martins sui martiri di Otranto: accogliendo la Croce nell’amore, hanno dato la più bella lezione di speranza
  • La Santa Sede registra con favore il rinnovato impegno della comunità internazionale per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio
  • Oggi in Primo Piano

  • Nuovi attentati in Iraq: oltre 80 i morti
  • Padre Kolvenbach: Sant'Ignazio di Loyola c'insegna ad imitare l'amore folle di Dio
  • Aperta la Solennità del Perdono di Assisi
  • La Chiesa ricorda oggi Sant'Alfonso Maria de’ Liguori, fondatore dei Redentoristi
  • Chiesa e Società

  • Celebrazioni in tutte le Chiese d’Oriente in vista della solennità dell’Assunzione. A Roma l'appuntamento è a Santa Maria in Via Lata
  • Una marcia per la pace e la libertà religiosa. Si svolgerà il prossimo 11 agosto in Pakistan per richiamare l’attenzione sulle discriminazioni contro le minoranze
  • La preoccupazione dei vescovi britannici per la proposta di legge che equipara la coabitazione al matrimonio
  • Siccità, incendi e alluvioni seminano morte e carestie in diverse zone dell’Africa. Particolarmente colpiti Swaziland, Lesotho e Sud Sudan
  • Uganda: per la febbre emorragica 'Marburg', dichiarata l'allerta sanitaria nel Paese
  • L’ex presidente del Senato filippino e un pastore protestante, da sempre al fianco dei non vedenti, fra i sette vincitori del ‘Nobel Asiatico’
  • Prosegue in Toscana il 44° convegno sulla formazione del Segretariato attività ecumenica
  • 32.ma Festa di Avvenire di Lerici: sarà consegnato questa sera al nostro direttore padre Federico Lombardi il premio "Angelo Narducci"
  • Lutto alla Radio Vaticana: si è spento ieri Umberto Tolaini, capo sezione dell’Ufficio frequenze della nostra emittente, in pensione dal 2004
  • 24 Ore nel Mondo

  • Ancora ore di trepidazione per la sorte dei sudcoreani rapiti nel sud dell'Afghanistan - Entra nel vivo il processo contro i presunti responsabili del genocidio perpetrato in Cambogia tra il '75 e il '79. Ai nostri microfoni il prof. Antonio Cassese
  • Il Papa e la Santa Sede



    Il Papa all'udienza generale: la fede si manifesta nella carità. Il saluto agli scout nel loro centenario e la gioia per la vittoria dell'Iraq nella Coppa d'Asia

    ◊   Circa 5 mila fedeli hanno accolto questa mattina nell’Aula Paolo VI Benedetto XVI, che è giunto in elicottero in Vaticano, da Castel Gandolfo, per l’udienza generale. Proseguendo le sue catechesi sui padri della Chiesa, il Papa oggi ha concluso quella iniziata il 4 luglio scorso su San Basilio evidenziando i suoi richiami a meditare sul mistero di Dio, ad avere cura del prossimo e la sua sollecitudine per i giovani. Infine il Santo Padre ha salutato gli scout, che oggi festeggiano 100 anni di storia, ed ha espresso la sua particolare gioia per l’evento festoso che ha coinvolto gli iracheni in questi giorni: la vittoria della Coppa d’Asia di calcio. Il servizio di Tiziana Campisi:


    San Basilio può essere considerato uno dei padri della Dottrina sociale della Chiesa; con la sua vita e i suoi scritti, invita a riflettere sul mistero di Dio, a riconoscere quanto importanti siano le opere della carità per manifestare la propria fede, ed ancora esorta i giovani a cercare la verità. E’ quanto ha sottolineato Benedetto XVI che ha evidenziato cosa rende attuale questo Padre della Chiesa vissuto nel IV secolo e a braccio ha spiegato:
     
    “Primo, questa partecipazione attenta, critica e creativa nella cultura di oggi; poi la responsabilità sociale, e questo in un tempo in cui in un mondo globalizzato anche i popoli geograficamente distanti sono il nostro prossimo, realmente. L’amicizia con Cristo, il Dio con il volto umano, e finalmente la conoscenza del Dio Creatore, Padre di noi tutti. E solo aperti a questo Dio, Padre comune, possiamo creare un mondo giusto e un mondo fraterno”.
     
    Il Santo Padre ha ricordato i frequenti richiami di San Basilio ai fedeli: quello ad alimentare le energie derivanti dal Battesimo attraverso l’Eucaristia, quello a non disprezzare gli uomini e a non oltraggiare Cristo con la disumanità verso gli altri. “Guardando Cristo – ha affermato il Papa – si capisce appieno la dignità dell’uomo”, e citando un’omelia del Padre della Chiesa ha aggiunto:

     
    “Il cristiano, vivendo in conformità al Vangelo, riconosce che gli uomini sono tutti fratelli tra di loro; che la vita è un'amministrazione dei beni ricevuti da Dio, per cui ognuno è responsabile di fronte agli altri”.
     
    Descrivendo la sollecitudine di San Basilio per i giovani, il Papa ha evidenziato l’importanza attribuita dal Padre della Chiesa allo studio dei classici della letteratura greca e latina:

     
    “Bisogna prendere dai testi degli autori classici quanto è conveniente e conforme alla verità: con atteggiamento critico – si tratta infatti di un vero e proprio 'discernimento' – i giovani crescono nella libertà. ... ‘Dobbiamo utilizzare quei libri seguendo in tutto l'esempio delle api. Esse non vanno indistintamente su tutti i fiori, e neppure cercano di portar via tutto da quelli sui quali si posano, ma ne traggono solo quanto serve alla lavorazione del miele, e tralasciano il resto. E noi, se siamo saggi, prenderemo da quegli scritti quanto si adatta a noi, ed è conforme alla verità, e lasceremo andare il resto’”.
     
    Al termine dell’udienza, Benedetto XVI ha espresso la sua particolare gioia per la recente vittoria della Coppa d’Asia della squadra di calcio irachena, quindi ha detto:

     
    “Sono rimasto felicemente impressionato dall'entusiasmo che ha contagiato tutti gli abitanti, spingendoli nelle strade per festeggiare l'evento. Come tante volte ho pianto con gli Iracheni, in questa circostanza con loro gioisco. Questa esperienza di lieta condivisione rivela il desiderio di un popolo di avere una vita normale e serena. Auspico che l’evento possa contribuire a realizzare in Iraq, con l’apporto di tutti, un futuro di autentica pace nella libertà e nel reciproco rispetto”.
     
    Salutando i pellegrini che hanno preso parte all’udienza, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero particolare ad un gruppo di ragazzi e ragazze israeliani, palestinesi e libanesi ospiti in questi giorni dell’Associazione Volontari Assistenza Disabili “Il buon Samaritano” di Tarquinia. Poi ha salutato il gruppo degli Scout d'Europa e rivolgendosi alle guide e agli scout di tutto il mondo, che oggi festeggiano il centenario dell’inizio dello scoutismo, ha detto:

     
    “Auguro di cuore che il movimento educativo dello scoutismo, scaturito dalla profonda intuizione di Lord Robert Baden Powell, continui a produrre fecondi frutti di formazione umana, spirituale e civile in tutti i Paesi del mondo”.
     
    Al termine dell’udienza Benedetto XVI ha lasciato il Vaticano ed ha raggiunto in elicottero la residenza estiva di Castel Gandolfo.

     
    E come abbiamo sentito, il Papa ha rivolto parole di saluto agli scout che oggi hanno partecipato all’ udienza generale nell’ Aula Paolo VI. Ma cosa vuol dire per loro incontrare il Santo Padre? Ascoltiamo alcuni commenti raccolti da Marina Tomarro:


    R. – E’ un’occasione unica, perché un centenario non capita sicuramente tutti i giorni. La felicità di essere qui in questo momento è grande. Ringraziamo il Signore che ci ha concesso di festeggiare questo evento.

     
    R. – E’ una emozione bellissima.

     
    R. – E’ sicuramente sottolineare quella che è la base dello scoutismo e cioè il legame con la Chiesa e il sentirsi vicini in questa giornata è per noi così importante. E’ poi anche una fraternità con tutti gli scout del mondo, che ovviamente nel Papa trovano l’unione.

     
    R. – E’ un’occasione importante in cui lo scoutismo viene riconosciuto e il Papa ci dà la possibilità di rendere visibile a tutti quanti quello che facciamo quotidianamente.

     
    D. – Cosa vuol dire per te essere uno scout?

     
    R. – Rispondere ad una chiamata. E’ la risposa ad una chiamata di servizio e, quindi, un modo di poter essere utile.

     
    R. – Aiutare il prossimo. Invito anche altri ragazzi a diventare scout, perché è molto bello.

     
    R. – Essere scout vuol dire esserlo tutti i giorni e, quindi, essere cristiani al lavoro, in famiglia ed ovunque.

     
    D. - Ma durante questi 100 anni di scoutismo come è cambiato il metodo educativo verso i ragazzi? Ascoltiamo Giovanni Franchi De’ Cavalieri, presidente federale dell’Unione Internazionale delle Guide Scout d’Europa:

     
    R. – Il metodo è praticamente sempre lo stesso. L’intuizione geniale di Baden Powell che 100 anni fa, dopo molti studi, inventò questo metodo è sicuramente molto attuale. Certo, bisogna mantenersi al passo con i tempi. Certo cento anni fa non esistevano i computer, non c’erano i telefoni cellulari ed oggi, quindi bisogna saper sfruttare anche questi nuovi mezzi della tecnologia. Ma lo spirito, la vita all’aria aperta e nei boschi sono sempre gli stessi.

    inizio pagina

    Il dolore di Benedetto XVI per la morte del Patriarca Ortodosso di Romania, Teoctist

    ◊   Con un messaggio al Patriarcato Ortodosso di Romania, indirizzato a Sua Eminenza Daniel, Benedetto XVI ha espresso le sue sentite condoglianze per la morte di Sua Beatitudine Teoctist, Patriarca della Chiesa Ortodossa Romena, scomparso lunedì all’età di 92 anni. Il Papa ha assicurato la sua “unione spirituale con quanti piangono la morte di questo distinto e altamente considerato capo della Chiesa”. Ai funerali del Patriarca Teoctist, che si terranno venerdì prossimo alle ore 11.00 nella Cattedrale Patriarcale di Bucarest, parteciperà una delegazione della Santa Sede composta dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, da mons. Brian Farrell, segretario dello stesso dicastero, e da mons. Jean-Claude Périsset, nunzio apostolico in Romania. Il servizio di Roberta Moretti:
     
    Nel messaggio, Benedetto XVI ha ricordato lo storico incontro del 1999 in Romania tra Giovanni Paolo II e il Patriarca Teoctist, che nel 2002 ha ricambiato la visita, recandosi a Roma. Questi incontri – si legge nel testo – “rimarranno nella memoria delle nostre Chiese come un particolare dono della grazia di Dio, che ha rafforzato e dato nuovo impulso alla crescente amicizia e relazione fraterna tra le Chiese”. Entrambi questi uomini – ha aggiunto il Papa – erano determinati a scrivere una pagina nuova nella storia delle nostre comunità, superando un passato difficile che ancora oggi ci opprime, e guardando avanti con fiducia al giorno in cui le divisioni tra i seguaci di Cristo saranno superate”. “Prego che la Chiesa Ortodossa di Romania – ha aggiunto Benedetto XVI – possa rallegrarsi dell’eredità di tanti anni di sapiente ministero del Patriarca Teoctist, e che voi possiate essere sostenuti e confortati dai frutti del suo apostolato, mentre raccomandate la sua nobile anima all’amore misericordioso del nostro Padre celeste”. “Nel comunicarvi la mia vicinanza nella preghiera in questo tempo di dolore – ha concluso il Papa - desidero anche esprimere a Lei e ai suoi fratelli nell’episcopato il mio sincero augurio di ogni bene nella guida della Chiesa in questo tempo di transizione”.

    inizio pagina

    Il cardinale Martino: sì all’uso pacifico del nucleare se sicuro

    ◊   Il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, rilancia dai nostri microfoni l’appello del Papa per un disarmo atomico e un uso pacifico del nucleare. Riprendendo le parole di Benedetto XVI all’Angelus di domenica scorsa, il porporato ha ribadito anche la necessità di destinare allo sviluppo le crescenti spese per gli armamenti. Ma ascoltiamo il presidente di Giustizia e Pace. L’intervista è di Gudrun Sailer del Programma tedesco della nostra emittente:


    R. - Il Santo Padre Benedetto XVI si è mostrato sensibile alla questione nucleare sin dagli inizi del suo pontificato. Nei suoi primi due Messaggi per la Giornata Mondiale della Pace (2006 e 2007), si toccano vari aspetti della questione nucleare, che sono presenti anche in altre sue dichiarazioni, come quella dell’Angelus di domenica scorsa (29 luglio c.a.). Il Santo Padre segue la linea dei suoi Predecessori. Egli infatti riprende e articola gli insegnamenti di Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II e del Concilio Vaticano II, sviluppando la dottrina sociale della Chiesa sulla questione nucleare. Sia i Papi, sia i Padri del Concilio sono stati solleciti nel denunciare i rischi legati alle armi nucleari, appena queste sono divenute una tragica realtà per la famiglia umana. Anche a livello locale la Chiesa Cattolica è sempre stata tra i protagonisti del dibattito pubblico sul nucleare. Mi riferisco ad esempio all’importante Lettera pastorale della Conferenza Episcopale Americana del 1983 («The Challenge of Peace: God’s Promise and Our Response»); oppure al recente impegno dei Vescovi di Scozia e di Inghilterra e Galles contro il rinnovo del sistema nucleare britannico («Trident»). Accanto all’attività pastorale della Chiesa vi è poi l’impegno diplomatico della Santa Sede. Impegno profuso nel quadro dell’AIEA (della quale la Santa Sede è membro fondatore) e delle organizzazioni regionali e internazionali. Vorrei infine aggiungere come, a livello personale, la questione nucleare mi abbia molto impegnato nei sedici anni trascorsi a New York come Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite; e come essa continui ad impegnarmi come Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Dicastero della Santa Sede che si occupa in particolare di pace, disarmo e diritti umani. Tutti gli anni mentre ero a New York, sono intervenuto sul disarmo presso il Primo Comitato dell’Assemblea Generale. Ebbe particolare risonanza l’intervento che feci nell’ottobre del 1997, in cui affermai che “le armi nucleari sono incompatibili con la pace che auspichiamo per il ventunesimo secolo”. Questa affermazione fu riprodotta anche su cartelloni sulle autostrade statunitensi e l’intero intervento, nel dicembre dello stesso anno, fu oggetto di un dibattito, durato due ore e venti, alla Camera dei Lords a Londra.

     
    Fatta questa doverosa premessa sull’attività della Chiesa e della Santa Sede, e tornando al recente Angelus del Papa, va detto che la relazione tra divieto dei progetti ostili e promozione dei progetti nucleari pacifici sembra essere la questione centrale nel settore nucleare. Da un lato infatti bisogna difendere la sicurezza e la pace, dall’altro va promosso lo sviluppo dei popoli. Sicurezza e sviluppo sono i pilastri sui quali si fondano la politica nucleare mondiale e in particolare il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (TNP) del 1968 e lo Statuto dell’AIEA del 1957. Sembra quindi corretto affermare che il ruolo dell’AIEA – oggi più che mai – sia quello di garantire un giusto equilibrio tra le legittime esigenze della sicurezza e dello sviluppo dei popoli. Sviluppo, legato anche al diritto degli stati all’uso pacifico dell’energia nucleare, riconosciuto dal TNP come «diritto inalienabile» (articolo IV). Basti pensare alle possibili applicazioni della tecnologia nucleare non solo nel settore energetico, ma anche nella medicina e nell’agricoltura.

     
    Il ruolo dell’AIEA incide in definitiva sulla convivenza pacifica e la stessa sopravvivenza della famiglia umana, considerata la capacità distruttiva delle armi nucleari. Preliminare al ruolo dell’AIEA è la volontà degli stati di aderire e attuare il TNP e di sottoporsi al sistema di monitoraggio AIEA. Ancora più necessario è la seria opzione della comunità internazionale per la pace, e il superamento di quella che Giovanni XXIII chiama «psicosi bellica» (Pacem in terris, 61). A riprova della necessità di una reale «conversione» della politica mondiale, vorrei citare la spesa militare dichiarata dagli stati nel 2006, pari a 1.204 miliardi di dollari! Spesa in crescente aumento negli ultimi anni e giunta a 184 dollari pro capite considerata la popolazione mondiale. Quindi, se è doveroso eliminare o almeno limitare il più possibile il rischio che soggetti non statali (come le organizzazioni criminali e terroristiche), si dotino di armi nucleari; è altrettanto urgente che gli stessi stati concordino un programma di disarmo generale, che preveda anche la destinazione allo sviluppo delle risorse umane e materiali oggi assegnate alla spesa militare. E’ in questa luce che bisogna interpretare le ambizioni nucleari non solo di Iran e Nord Corea, ma anche di potenze al di fuori del TNP come l’India, delle potenze occidentali e dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. «L’equilibrio del terrore» basato sulla cosiddetta «strategia della deterrenza» e sulle armi nucleari non garantisce, ma minaccia la pace della famiglia umana. La corsa agli armamenti limita lo sviluppo dei popoli e alimenta la diffidenza reciproca e l’isolamento degli stati a livello regionale e internazionale. Bisogna ripartire dal «disarmo dei cuori», dalla fiducia tra i popoli e dal rafforzamento delle organizzazioni internazionali. Non solo l’AIEA ma ciascun stato ed essere umano sono decisivi nella realizzazione della pace.

    D. - «Le risorse in tal modo risparmiate possano essere impiegate in progetti di sviluppo a vantaggio di tutti gli abitanti e, in primo luogo, dei più poveri» (BENEDETTO XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2006: «Nella verità, la pace»): quanto di realistico c’è in questo messaggio?

     
    R. - Il messaggio è particolarmente realistico e coerente a quanto appena detto sulla relazione tra disarmo e sviluppo. Vorrei sottolineare due punti. Anzitutto, Benedetto XVI sembra richiamare il magistrale insegnamento di Paolo VI, secondo cui «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace» (Populorum progressio, 76). Come accennato vi è uno stretto legame tra disarmo e sviluppo, quindi tra sviluppo e pace. Fra le condizioni necessarie per lo sviluppo e la pace dei popoli vi è certamente il disarmo. Una delle vie del disarmo è la destinazione a programmi pacifici delle risorse oggi assegnate ai programmi militari. La stessa Carta della Nazioni Unite, all’articolo 26, impegna gli stati a garantire la sicurezza e la pace con la minore spesa militare possibile. Nel settore nucleare – con la dovuta prudenza – non è da escludere la possibilità che dalle armi possa essere ricavato materiale nucleare destinabile a programmi energetici, soprattutto a favore dei paesi in via di sviluppo. Secondo una stima della World Of Mass Destruction Commission del 2006 l’arsenale mondiale ufficiale sarebbe composto da 27.000 testate nucleari (12.000 delle quali sempre schierate). Una possibile fonte di materiale per programmi nucleari pacifici. In secondo luogo, le parole di Benedetto XVI, sollecitando una conversione degli stessi strumenti di guerra in strumenti di pace e sviluppo, hanno un profondo significato escatologico e sembrano fare eco al profeta Isaia, secondo il quale alla fine dei giorni gli uomini «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell’arte della guerra» (Is 2,4).

     
    D. - La Santa Sede è da sempre contraria alla proliferazione nucleare. Quale importanza ha, in questo contesto, il suo essere membro fondatore dell’AEIA?

     
    R. - La Santa Sede è a favore della pace e della sicurezza della famiglia umana. Per questo essa si adopera a livello internazionale per un «disarmo generale, equilibrato e controllato» (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 508), non solo nel settore nucleare ma anche in quelli chimico e biologico e delle armi convenzionali. In tale contesto, si comprende l’importanza del lavoro della Santa Sede come membro fondatore dell’AIEA. Infatti, questa posizione consente alla Santa Sede di seguire da vicino e di promuovere per il bene comune sia il processo di disarmo e la non proliferazione nucleare, sia la ricerca e le possibili applicazioni pacifiche della tecnologia nucleare. In definitiva, essere membro fondatore dell’AIEA, per la Santa Sede significa lavorare per la pace e lo sviluppo della famiglia umana. Per fare un poco di storia, vorrei ricordare che coloro che fondarono questa Agenzia tennero molto a che la Santa Sede ne facesse parte dall’inizio, convinti com’erano che l’appartenenza della Santa Sede sarebbe stata una garanzia autorevole degli intenti pacifici della medesima agenzia.

     
    D. - Il Santo Padre ha auspicato l’uso pacifico nella tecnologia nucleare anche nel settore energetico. Oggi si discute molto sulla sostenibilità della tecnologia nucleare per l’uomo e l’ambiente. Eminenza, può dirci un’ultima parola in merito?

     
    R. - L’apprensione per la sicurezza e la salute dell’uomo e del pianeta è più che legittima alla luce dei più o meno recenti disastri nucleari (penso al disastro di Chernobyl; o alle perdite radioattive causate proprio in questi giorni da un terremoto in Giappone, nella centrale di Khasiwazaki–Kariva). Anche in questo caso è tuttavia necessario impostare correttamente il discorso e fissare con ragionevolezza i punti fondamentali di una ipotetica politica nucleare. Considerata la complessità del tema, mi limito a delle constatazioni personali e generali, pur consapevole delle loro implicazioni alla luce del mio servizio alla Santa Sede. Poste le esigenze della massima sicurezza per l’uomo e per l’ambiente, e sancito il divieto dell’uso ostile della tecnologia nucleare, perché precludere l’applicazione pacifica della tecnologia nucleare? In campo medico sono noti i possibili benefici derivanti dalla radiologia nucleare; nel settore agricolo studi AIEA tendono a dimostrare come la tecnologia nucleare possa favorire l’agricoltura. Il settore che preoccupa di più sembra essere quello energetico. Tuttavia, assicurata la sicurezza degli impianti e dei depositi; regolati in maniera severa la produzione, la distribuzione e il commercio di energia nucleare, mi sembra vi siano i presupposti per una politica energetica «integrata», che contempli quindi, accanto a forme di energia pulita, anche l’energia nucleare. Inoltre, aprire un dibattito sereno e pubblico sull’energia nucleare sembra quanto mai utile in questo momento storico nel quale gli stati prendono sul serio questa fonte di energia. Escludere l’energia nucleare per una petizione di principio, oppure per la paura dei disastri, potrebbe essere un errore e in alcuni casi conduce ad effetti paradossali. Si pensi all’Italia che nel 1987 ha abbandonato la produzione di energia nucleare; ma che oggi importa la stessa energia nucleare dalla Francia ed esporta centrali nucleari all’estero mediante società a capitale pubblico. In definitiva, è necessario e doveroso valutare con la massima prudenza la possibilità di un uso pacifico della tecnologia nucleare. Questo, tuttavia, nella consapevolezza che le opere dell’ingegno umano, quindi anche le conquiste nel campo nucleare, vanno poste al servizio della famiglia umana. La tecnologia può essere un male per il cattivo uso che se ne può fare, e non un male «in quanto tale».

    inizio pagina

    90 anni fa Benedetto XV lanciava l'appello a fermare l'inutile strage della Prima Guerra Mondiale

    ◊   90 anni fa, il 1° agosto del 1917, “fra gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta sull’Europa” – sono parole di Benedetto XV - matura la decisione del Papa salito da appena tre anni al soglio pontificio, di rivolgersi direttamente ai capi dei popoli belligeranti, con una Esortazione apostolica per chiedere di fermare l'inutile strage e lavorare per “una pace giusta e duratura”. Roberta Gisotti ha intervistato Gian Maria Vian, storico del Cristianesimo, docente all’Università “La Sapienza” di Roma:


    D. - Prof. Vian, oltre gli usuali toni misurati della diplomazia, Benedetto XV, usa parole ‘forti’ bollando come “inutile strage” quella grande guerra che appariva ai più - anche se aspra - necessaria per dare un nuovo ordine dettato dai tempi. Ecco, come valutare sul piano storico questo giudizio che allora fece il giro del mondo?

     
    R. – Un giudizio che non solo dal punto di vista religioso, dal punto di vista civile è stato un atto di coraggio, ma che anche da un punto di vista storico si è rivelato un gesto anticipatore, che il suo attuale successore, che ha preso il suo nome, non bisogna dimenticarlo, ha definito addirittura “profetico”. Questo tenendo conto che allora non era diffusa, come è diffusa oggi, questa sensibilità per la pace. Anche se - bisogna ricordarlo – la Santa Sede era da quasi un secolo ormai convinta che la pace fosse l’unica via possibile.

     
    D. – Benedetto XV dimostra, in più, una padronanza sulle grandi questioni che interrogheranno l’umanità nel corso dell’intero Novecento fino ad oggi circa i modi di riportare e mantenere "una pace stabile e dignitosa per tutti" ed entra proprio nel merito delle questioni, invocando ad esempio "la forza morale del diritto" ...

     
    R. – Sì, questo appello contro l’“’inutile strage”, che allora fu visto malissimo dalle potenze in guerra ed ognuna delle parti in conflitto accusò il Papa di essersi schierato con gli altri, in realtà si fondava su una tradizione diplomatica e religiosa che si stava consolidando proprio in quei decenni. Il Papa parla di necessità del disarmo, parla della necessità di un arbitrato internazionale ed entra anche in aspetti tecnici come la libertà dei mari, il condono delle spese belliche, la restituzione dei territori occupati. Un appello coraggioso che anticipa i tempi, ma che resta lucidamente ancorato al contesto politico internazionale. Del resto Benedetto XV Papa era un diplomatico raffinatissimo. Si può anche ricordare che questa lezione non verrà dimenticata dai suoi successori. Sarà Pio XII, anche lui eletto da poco, nell’agosto del 1939, mentre l’Europa si stava avviando al secondo spaventoso conflitto mondiale, a lanciare l’estremo appello - proprio dai microfoni della Radio Vaticana - che fu stilato con l’allora sostituto Montini, poi Paolo VI, che diceva “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”. E sarà proprio Montini, divenuto Paolo VI, a gridare all’ONU “Mai più la guerra, mai più la guerra”.

    inizio pagina

    Il cardinale Saraiva Martins sui martiri di Otranto: accogliendo la Croce nell’amore, hanno dato la più bella lezione di speranza

    ◊   “La vera fede, seguendo la via del Maestro, ci chiede di passare attraverso il ‘caso serio’ della Croce, quale occasione concreta per un amore superiore”: così, il cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, che ieri sera, nella Cattedrale di Otranto, in Puglia, ha presieduto la solenne Eucaristia per la presentazione del Decreto sul martirio dei Beati Antonio Primaldo e di 800 compagni laici, uccisi “in odio alla fede” il 13 agosto 1480, durante l’invasione turca della città. Il Decreto è stato promulgato dopo l’autorizzazione concessa da Benedetto XVI nell’Udienza del 6 luglio scorso al cardinale Saraiva Martins. L’omelia del porporato nel servizio di Roberta Moretti:


    “Quei cristiani di cinque secoli fa hanno dato a questa Chiesa locale la più bella lezione di speranza!”: questo il pensiero di fondo che accompagna la riflessione del cardinale Saraiva Martins. Secondo il porporato, “tenere il martirio davanti agli occhi significa per la Chiesa di oggi assumere l’atteggiamento giusto di fronte al mondo: né quello della resa accomodante – spiega – né quello della provocazione auto-compiaciuta. L’atteggiamento, appunto, dei martiri di tutti i tempi, i quali hanno saputo trovare nella promessa la luce sufficiente per camminare incontro al Signore che viene, sopportando la tribolazione e senza mai spegnere la speranza”. “Sul tappeto, allora, del nostro vivere quotidiano, così spesso pieno di delusioni e così vuoto di speranze – esorta il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi – non possiamo porre una fede che si accontenta di risposte ovvie e pacificanti. La vera fede – aggiunge – seguendo la via del Maestro, ci chiede di passare attraverso il ‘caso serio’ della Croce, quale occasione concreta per un amore superiore”. Venerare i martiri di Otranto, perciò – conclude il cardinale Saraiva Martins – significa, con le parole di Benedetto XVI, “riconoscerli come ‘testimoni del grande sì di Dio all’uomo’ e, nello stesso tempo, come coloro che, proprio nella loro massima fragilità umana, hanno reso visibile il grande sì della fede”.

    inizio pagina

    La Santa Sede registra con favore il rinnovato impegno della comunità internazionale per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio

    ◊   “La Santa Sede registra con favore l’annuncio avvenuto ieri presso le Nazioni Unite di New York di un rinnovato impegno della comunità internazionale per il raggiungimento dei Millennium Development Goals e l’affermazione di un maggiore spirito di solidarietà internazionale”. E’ quanto afferma un comunicato del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Con gli Obiettivi del Millennio, siglati nel 2000, si intende abbattere il livello di povertà e realizzare lo sviluppo sostenibile nel mondo entro il 2015. “L’ottavo obiettivo, spesso sottovalutato o trascurato – rileva la nota - sollecita un impegno globale per lo sviluppo sostenibile di tutti i Popoli”. Nel corso del 2007, giunti alla metà del periodo 2000–2015, a vari livelli si è discusso lo stato di attuazione degli obiettivi previsti dalla Millennium Declaration. Nel 2000 il termine di quindici anni fu ritenuto adeguato per eliminare la povertà nel mondo, garantire l’educazione primaria universale, favorire l’uguale dignità e i diritti di uomini e donne, ridurre la mortalità dei fanciulli, promuovere migliori condizioni per la maternità, combattere malattie ed epidemie come l’AIDS e la malaria, salvaguardare l’ambiente e in generale rafforzare la solidarietà e la cooperazione internazionale.

    “In realtà – prosegue la nota - i governi hanno assunto l’impegno di raggiungere i suddetti obiettivi anche prima del 2000, ad esempio in occasione del World Summit for Social Development svoltosi a Copenaghen nel 1995. In tale prospettiva sono apprezzabili gli sforzi della comunità internazionale e qualche miglioramento registrato nei campi dell’educazione e della salute e nell’eliminazione della povertà nel mondo. Al tempo stesso resta urgente la necessità di un più efficace impegno”.

    “Il richiamo ad un rinnovato impegno per il raggiungimento dei Millennium Development Goals – afferma il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace - non può essere considerato come una semplice occasione per ripetere dichiarazioni di intenti alle quali non seguono concrete azioni e diverse politiche. Al contrario, secondo l’auspicio espresso da Benedetto XVI, soprattutto i Paesi sviluppati sono chiamati a porre al centro delle proprie politiche l’eliminazione della povertà estrema di molti paesi e il raggiungimento dei Millennium Development Goals. Come afferma Benedetto XVI è auspicabile «che si lavori per il raggiungimento di questi obiettivi» (Udienza Generale, 6 giugno 2007). Il tempo per le semplici promesse sembra essere passato. A Bruxelles (2001), Monterey (2002) e Johannesburg (2002) i governi hanno rinnovato l’impegno a destinare la quota del 0.7 % del proprio PIL all’Official Development Assistance (ODA). Se tale promessa fosse mantenuta, una somma stimata in 192 miliardi di USD sarebbe disponibile ogni anno per il raggiungimento dei Millennium Development Goals (più del doppio degli attuali 78,6 miliardi di USD disponibili). L’impegno per una nuova fase della convivenza internazionale, basata su una rinnovata volontà politica e sulla mobilitazione di risorse umane e materiali per la realizzazione di un’autentica solidarietà e per lo sviluppo di tutti i popoli dovrebbe essere condiviso da tutti. La Santa Sede – conclude la nota - auspica e condivide tale impegno”.

    inizio pagina

    Oggi in Primo Piano



    Nuovi attentati in Iraq: oltre 80 i morti

    ◊   In Iraq è di almeno 69 morti il bilancio, ancora provvisorio, di un attentato compiuto con un camion bomba vicino ad un distributore di benzina. Sempre a Baghdad un altro attacco suicida, in un quartiere sciita, ha causato 15 morti. Altri tre soldati americani sono poi rimasti uccisi in seguito ad un attentato, condotto da ribelli, contro il loro convoglio. A nord di Baghdad, un commando armato ha rapito inoltre almeno 18 iracheni. Proprio i civili sono sempre più spesso vittime di attentati e attacchi. Secondo il Ministero della difesa iracheno, il numero di civili uccisi nel Paese arabo è aumentato a luglio del 33 per cento. E' drammatica, soprattutto, la situazione dei bambini iracheni: l'UNICEF e l'ACNUR denunciano, in particolare, che sono più di 500 mila i piccoli iracheni che non hanno accesso all'istruzione. Le due organizzazioni pongono anche l’accento sulle migliaia di bimbi costretti a fuggire dall’Iraq per rifugiarsi in altri Paesi, perdendo così fino a 3 anni di scuola. Il servizio di Isabella Piro.

    L’istruzione scolastica è una priorità in tutte le situazioni di emergenza, perché contribuisce a ripristinare un senso di normalità nella vita dei bambini: lo affermano con forza l’UNICEF e l’ACNUR, lanciando l’allarme sul calo del tasso di scolarizzazione dei bambini iracheni. Una percentuale in diminuzione non solo nel Paese del Golfo, ma anche fra i circa 3 milioni di sfollati, tra cui moltissime donne e bambini: Roberto Salvan, direttore generale Unicef Italia:

     
    R. – A malapena si arriva al 55 per cento. Questa è una situazione assolutamente drammatica e l’istruzione è l’unico elemento di base, per formare nuove generazioni che vadano al di là di quelle che sono le situazioni di violenza, di disagio, di negazione dei diritti. L’istruzione e la cultura sono l’investimento più importante che si possa fare sulle nuove generazioni.

     
    Per cercare di risolvere la questione, Unicef e Acnur lanciano un appello congiunto per 129 milioni di dollari così da riportare a scuola decine di migliaia di bambini, costretti a fuggire in Siria, Giordania, Egitto e Libano:

     
    R. – Si tratta di trovare anche un accordo con il Paese che li ospita, perchè è ovvio che vadano inseriti all’interno del sistema scolastico della Giordania o della Siria. E si tratta di dare la possibilità di avere accesso nei campi di accoglienza, con insegnanti in lingua irachena opportunamente formati, con la distribuzione di libri di testo e quindi anche con strutture scolastiche che li possano adeguatamente accogliere all’interno del Paese.

     
    L’appello congiunto copre il periodo che va dall’agosto 2007 alla fine del 2008. Gli interventi previsti nei Paesi di accoglienza degli sfollati includono la costruzione di nuove scuole, l’acquisto di scuolabus e corsi di recupero per i bambini che hanno perso anche tre anni di formazione. Prevista, inoltre, una costante attività di assistenza psicosociale per i più piccoli:

     
    R. – Molti di questi bambini che sono fuggiti dal loro Paese hanno subito o hanno visto violenze, lutti, dolore di ogni genere. Quindi, il recupero psicologico e sociale di questi bambini è fondamentale. La scuola ha una motivazione anche in questo senso: un recupero pieno dei bambini al loro essere bambini e adolescenti.

     
    L’aiuto della comunità internazionale diventa quindi sempre più urgente per far sì che l’emergenza umanitaria in Iraq non diventi una tragedia dimenticata: ancora Roberto Salvan:

     
    R. – E’ acquisito che ci sia una situazione di povertà, di disagio, di abbandono scolastico. Non fa notizia il fatto che i bambini non vadano a scuola. Si dà per scontata la situazione ormai di grave scollamento sociale, politico, di povertà di questo nostro pianeta.

    inizio pagina

    Padre Kolvenbach: Sant'Ignazio di Loyola c'insegna ad imitare l'amore folle di Dio

    ◊   Sant'Ignazio di Loyola c'invita a imitare "l'amore folle che Dio ha per noi" scegliendo la via "sconvolgente e scandalosa" della croce, l'amore che non teme di dare la vita. E' questo in sintesi quanto ha detto ieri sera nella Chiesa romana del Gesù il preposito generale dei Gesuiti, padre Peter-Hans Kolvenbach, durante l'omelia della Messa nella memoria liturgica del fondatore della Compagnia di Gesù. "Solo la follia d'amore di Cristo, del Dio crocifisso - ha affermato padre Kolvenbach - può spingere ognuno ad impegnarsi amorosamente come Cristo, nel quotidiano, in mezzo ad una società pesantemente ostile o indifferente, o cinica nei confronti dei folli per Cristo che vivono della speranza di un regno che non è di questo mondo". E stamani nel Santuario di Loyola, nei Paesi Baschi, in Spagna, si è svolta la tradizionale celebrazione liturgica in onore del Santo. C'era per noi padre Ignazio Arregui.


    La Chiesa e la società civile hanno bisogno anche oggi, come ai tempi di Sant’Ignazio di Loyola di un rinnovato impegno di purificazione, di fedeltà ai principi etici, e di vera solidarietà da parte di tutti i cittadini ma in particolare dei credenti cristiani. E’ questo, il messaggio che ha rivolto oggi il vescovo di San Sebastian, mons. Juan Maria Uriarte ai partecipanti alla tradizionale celebrazione liturgica nel santuario di Loyola. Dopo aver ricordato la crisi religiosa e culturale in Europa nel 1500 e le reazioni di Lutero, Erasmo e Ignazio di Loyola, il vescovo di San Sebastian ha descritto alcuni motivi di preoccupazione nella società attuale, e in particolare nei Paesi Baschi. Di fronte alla rassegnazione e allo scetticismo, in particolare per quanto riguarda la fine della violenza, è necessario riscoprire i veri motivi di speranza. I valori etici vanno riaffermati nell’ambito della amministrazione pubblica e della classe politica. E’ necessario costruire una autentica convivenza capace di superare le differenze. Le tante forme di sofferenza richiedono un vero spirito di solidarietà con tutti, in particolare verso coloro che in un modo o in un altro soffrono le conseguenze della violenza. Nella sua omelia il vescovo di San Sebastian ha fatto anche riferimento alla commemorazione, quest’anno, del 150° anniversario della nascita del gesuita Beato Francesco Garate, nato nel 1857, in una fattoria nei pressi di Loyola, e del primo centenario della nascita di padre Pedro Arrupe, preposito generale della Compagnia di Gesu, morto a Roma nel 1991. Erano presenti alla celebrazione eucaristica, insieme ad alcune migliaia di fedeli, il presidente del Governo Basco, Juan Jose Ibarretxe con alcuni membri del suo governo, e le autorità provinciali e locali dei Paesi Baschi.

    inizio pagina

    Aperta la Solennità del Perdono di Assisi

    ◊   Si è aperta alle ore 12.00 di oggi e si concluderà alla mezzanotte di domani 2 agosto la Solennità del Perdono di Assisi. Questa mattina, nella Basilica di Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola, la solenne Celebrazione eucaristica, presieduta dal ministro generale dei Frati Minori, padre José Rodríguez Carballo. Nel pomeriggio la processione degli abitanti di Assisi al Santuario per ricevere l’indulgenza del Perdono e partecipare alla celebrazione dei Primi Vespri presieduti da mons. Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi. Il servizio è di Paolo Ondarza.


    Dare la possibilità ad ogni uomo e donna di andare incontro alla morte con la certezza del Paradiso. Era animato da questo desiderio Francesco d’Assisi una notte di luglio del 1216 mentre era raccolto in preghiera nella chiesetta della Porziuncola. Scrive la biografa Maria Sticco: “in un nimbo di luce gli apparvero il Signore Gesù e Maria sua Madre. Il Santo, nell’ebbrezza dell’estasi, ricordò le anime dei fratelli ed espose il suo antico desiderio”. Dio glielo accordò, ordinandogli che domandasse al Papa Onorio III questa straordinaria indulgenza. Con la solita semplicità il poverello si presentò al cospetto del Pontefice. “Per quanti anni?” chiese Onorio III. “Non domando anni, ma anime” rispose Francesco. Onorio III acconsentì. Il 2 agosto 1216 parlando alle genti convenute numerose alla Porziuncola e riparate all’ombra delle querce, il poverello disse: “Voglio mandarvi tutti in Paradiso, quelli che in questo giorno negli anni successivi, verranno in questa chiesa con cuore ben disposto e saranno veramente pentiti, avranno il perdono di tutti i loro peccati”. Francesco era convinto che solo dalla guarigione della memoria e dalla conversione interiore potessero scaturire la pace interiore e la pace tra gli uomini. Padre Massimo Reschiglian, ministro provinciale dei Frati Minori dell’Umbria:

     
    R. - Qui c'è una grazia visibile e desideriamo che questa non sia solo un'esperienza dei sentimenti, ma diventi un luogo dove ritrovare quei valori fondamentali della persona umana che sono la giuistizia, la solidarietà, l'amicizia tra le culture. Valori che trovano in Francesco e ancora di più in Cristo una colonna portante.

     
    Ancora oggi la grazia dell’indulgenza plenaria per sé o per i defunti domandata da Francesco è elargita a chiunque entri in una chiesa tra le 12 del 1° agosto e la mezzanotte del 2 agosto. Per ottenerla al fedele è chiesto di confessarsi, negli otto giorni precedenti o seguenti, di partecipare all’Eucaristia, recitare alcune preghiere: il Credo per riaffermare la propria identità cristiana; il Padre Nostro, per ricordare la propria dignità di Figli di Dio ricevuta nel Battesimo; un’orazione secondo le intenzioni del Papa, segno dell’appartenenza alla Chiesa ed infine una preghiera per il Sommo Pontefice. Le pietre rosa della Porziuncola sono testimoni nei secoli di tanti uomini e donne che presentando le loro storie ferite dal Peccato hanno qui trovato una porta sempre aperta in perenne giubileo di grazia e perdono: una porta aperta verso la piena comunione con Dio.

    inizio pagina

    La Chiesa ricorda oggi Sant'Alfonso Maria de’ Liguori, fondatore dei Redentoristi

    ◊   E’ stato un ragazzo prodigio Sant’Alfonso. Nato a Napoli nel 1696, da famiglia nobile, dopo aver appreso le lingue, la filosofia, la scherma, l’equitazione, studia legge e presto esercita l’avvocatura in tribunale. Dopo alcuni anni, dinnanzi all’immagine della Madonna, promette di dedicare la sua vita al Signore e ai bisognosi. All’età di 30 anni abbraccia dunque la vita sacerdotale e si inserisce subito nell’attività pastorale nella diocesi partenopea, condividendo a pieno i disagi della gente dei monti e delle campagne. Nel 1730 a Scala, un paesino nel salernitano, riunendo sacerdoti e laici con l’obiettivo di evangelizzare i poveri, fonda la congregazione dei Redentoristi che oggi conta 5.600 membri. Oltre che pittore e scrittore era anche un valente musicista. Tra i suoi componimenti musicali, anche il celebre canto natalizio “Tu scendi dalle stelle”. Persino Giuseppe Verdi affermava che il “Natale non sarebbe più Natale” senza i versi e la melodia di questa famosa pastorale. E proprio con queste “canzoncine”, come lui le chiamava, spiegava ai piccoli la verità della fede con parole semplici e facili da ricordare. Sant’Alfonso, autore di opere di teologia morale, spiritualità e dogmatica, fu beatificato nel 1816 e divenne Santo il 26 maggio 1839. Proclamato Patrono dei confessori e dei teologi moralisti, muore all’età di 91 anni, il primo agosto 1787 a Nocera dei Pagani, accolto in una delle Case della Congregazione. (A cura di Eugenio Bonanata)

    inizio pagina

    Chiesa e Società



    Celebrazioni in tutte le Chiese d’Oriente in vista della solennità dell’Assunzione. A Roma l'appuntamento è a Santa Maria in Via Lata

    ◊   In tutte le Chiese d’Oriente, il mese di agosto è dedicato con particolare solennità alla santissima Madre di Dio assunta in cielo. "Ella infatti - afferma il Concilio Vaticano II - glorificata in cielo nel corpo e nell’anima, brilla innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione" (LG 68). Da oltre dieci secoli, soprattutto le Chiese di rito bizantino vivono questi giorni che precedono l’Assunta pregando e digiunando come in quaresima, nell’attesa gioiosa di Pasqua: l’Assunzione di Maria è infatti la sua “Pasqua di gloria”, con la quale ha dato inizio alla realtà futura della Chiesa. Ed è insieme la situazione nuova, per la quale - partecipe della gloria e della missione del Figlio Salvatore - può venire in aiuto a quanti nelle tribolazioni sia materiali che spirituali del tempo presente "a Lei ricorrono". Nei prossimi giorni “la piccola quaresima della Madre di Dio” - così la chiamano dovunque nelle Chiese bizantine, tanto ortodosse che cattoliche - i fedeli accorreranno numerosi a celebrare l’ufficio della “Paraclisis”, un particolare ufficio liturgico di supplica e di consolazione, invocando intensamente la Vergine Maria. “Vergine Madre di Dio, salvaci!”, è l’invocazione che incessantemente sale a lei in questi giorni. A Santa Maria in Via Lata a Roma, fino al 15 agosto, ogni sera dalle 21.30 alle 22.30, da oltre trent’anni, si celebra questa solenne ufficiatura. Si susseguono canti, salmi, letture, preci litaniche e soprattutto le strofe alternate dei due antichi inni bizantini di supplica alla Madre di Dio. La partecipazione a queste celebrazioni darà modo ai fedeli di respirare - come si augurava Giovanni Paolo II - con i due polmoni della Chiesa, l’Oriente e l’Occidente, e di prepararsi con gioia alla solennità dell’Assunzione. (E. B.)

    inizio pagina

    Una marcia per la pace e la libertà religiosa. Si svolgerà il prossimo 11 agosto in Pakistan per richiamare l’attenzione sulle discriminazioni contro le minoranze

    ◊   Una “marcia nazionale per la solidarietà” è in programma per il prossimo 11 agosto a Lahore, in Pakistan. L’ha indetta l’All Pakistan Minorities Alliance (APMA), prevedendo la partecipazione di esponenti di tutte le minoranze religiose fra cui cristiani, indù, sikh, buddisti e parsi. Secondo gli organizzatori saranno presenti circa 100mila persone provenienti da tutto il Paese per chiedere a gran voce “l’abolizione delle leggi discriminatorie”, come quella sulla blasfemia, “parità di diritti per tutti e libertà religiosa”. L’agenzia Asia News, riporta le affermazioni del presidente dell’APMA secondo il quale fedeli cristiani e non, devono affrontare sfide su diversi fronti nel Paese. “Sono perseguitati – afferma - vittime di soprusi e di odio a causa della loro fede”. Per questo – aggiunge il presidente – “è assolutamente necessario promuovere l’unità fra i cristiani e le altre minoranze, perché uniti sarà più facile combattere estremismi, terrorismi e atteggiamenti di intolleranza di vario genere”. Proprio questi temi sono da tempo al centro dell’All Pakistan Minorities Alliance che organizza con successo seminari, incontri di discussione, conferenze e manifestazioni pubbliche in diverse città del Paese. (E. B.)

    inizio pagina

    La preoccupazione dei vescovi britannici per la proposta di legge che equipara la coabitazione al matrimonio

    ◊   Una legge che rischia di “equiparare la coabitazione con il matrimonio”, ed in particolare di conferire “un riconoscimento legale alla coabitazione”. Questa la preoccupazione espressa in una nota da mons. John Hine, vescovo ausiliare di Soutwark e presidente della Commissione episcopale per il Matrimonio, la famiglia e la vita di Inghilterra e Galles. Come riporta l’agenzia Sir, al centro dell’attenzione è la proposta di legge britannica che riguarda le “conseguenze finanziarie” tra coabitanti, quando questi si separano, e che “prevede uno schema per le coppie di coabitanti che si separano, interamente distinto da quello che si applica quando due sposi divorziano”. Al contrario, per la Chiesa locale, lo Stato ha “il dovere di promuovere, mantenere e salvaguardare il matrimonio come base della vita familiare, e come ambiente migliore e più stabile per allevare i figli”. “Le coppie che coabitano e scelgono volontariamente di non sposarsi – ricorda Hine – rinunciano alle responsabilità e agli obblighi del matrimonio e dunque, ai benefici legali del matrimonio”. Di qui l’inaccettabilità di “equiparare la coabitazione al matrimonio”, identificando in particolare “una durata minima della relazione di coabitazione” che porti a “creare un nuovo status giuridico per la coabitazione”. (E. B.)

    inizio pagina

    Siccità, incendi e alluvioni seminano morte e carestie in diverse zone dell’Africa. Particolarmente colpiti Swaziland, Lesotho e Sud Sudan

    ◊   Almeno 20 vittime, migliaia di capi di bestiame deceduti, piantagioni devastate. E’ il bilancio, sebbene provvisorio, degli incendi che stanno divorando dalla scorsa settimana lo Swaziland e le province di Kwazulu-Natal e Mpumalanga nell’est del Sudafrica, già colpite da un lungo periodo di siccità che sta aggravando una già preoccupante crisi alimentare. Lo riferisce l’agenzia Misna, precisando che il governo ha decretato lo stato di emergenza. Intanto, sempre in Africa del sud, una persistente siccità e il dimezzamento della produzione di mais stanno provocando un serio aumento dei livelli di malnutrizione in Lesotho. Nell’ospedale pediatrico della capitale Maseru dall’inizio dell’anno a giugno, il 12% dei ricoveri è stato provocato da forme di malnutrizione – afferma un rapporto delle Nazioni Unite - con punte di mortalità intorno al 25%. Resta alta invece l’emergenza alluvioni in Sud Sudan, dove le nuove esondazioni degli ultimi giorni hanno provocato sei morti e almeno 10 mila sfollati, secondo la stampa locale. Proprio le avverse condizioni climatiche hanno costretto le agenzie delle Nazioni Unite a sospendere i programmi di rimpatrio dei profughi nelle zone maggiormente colpite. Secondo il Comitato per la Croce Rossa Internazionale (CIRC), dall’inizio di giugno sono un centinaio i morti e 200 mila i sudanesi sfollati. (E. B.)

    inizio pagina

    Uganda: per la febbre emorragica 'Marburg', dichiarata l'allerta sanitaria nel Paese

    ◊   Un’allerta sanitaria è stata proclamata oggi dalle autorità locali dopo due sospetti casi del ‘virus di Marburg’, una febbre emorragica molto simile alla più nota Ebola e per cui non esiste cura. Il ministero della Sanità di Kampala, riferisce l'Agenzia Misna, ha reso noto di aver attivato una ‘task force nazionale’ per individuare in tempi stretti tutti i potenziali casi di contatto con i due casi (in uno il paziente è deceduto), per poi “procedere a ulteriori test e analisi”. Il quotidiano filogovernativo ‘New Vision’ scrive stamani che i sospetti casi di Marburg riguardano due minatori nel distretto occidentale di Kamwenge, non lontano dal confine con la Repubblica democratica del Congo, circa 250 chilometri dalla capitale. Secondo il giornale, il primo test ha dato esito positivo mentre domani è atteso un nuovo esame; per il dottor Sam Zaramba, direttore generale dei servizi sanitari ugandesi, “molto probabilmente si tratta di Marburg. Abbiamo pensato di dover comunicare questa informazione il prima possibile”. Il virus si trasmette al contatto con liquidi organici, provoca febbre alta, dolori muscolari, emorragie e può portare alla morte in poco tempo. L’Uganda fu teatro di un’epidemia di Ebola nel 2000, che provocò 170 morti su 428 casi. Le autorità sanitarie hanno comunque rivolto un appello agli ugandesi a non farsi prendere dal panico. (R.P.)

    inizio pagina

    L’ex presidente del Senato filippino e un pastore protestante, da sempre al fianco dei non vedenti, fra i sette vincitori del ‘Nobel Asiatico’

    ◊   Sono stati resi noti a Manila i nomi dei sette vincitori dell’edizione 2007 del premio “Ramon Magsaysay”, l’equivalente asiatico del Premio Nobel. Tra loro spiccano le figure dell’87enne ex presidente del senato filippino Jovito Salonga da sempre in prima linea nella lotta per la democrazia e strenuo oppositore del dittatore Marcos, e di un pastore protestante sud coreano Kim Sun-tae, 66 anni, che ha dedicato la propria vita alla cura dei non vedenti. Gli organizzatori della manifestazione hanno precisato che fra i sette vincitori ci sono anche tre attivisti cinesi per i diritti umani, un giornalista indiano autore di reportage sulla condizione di povertà delle aree rurali e un ingegnere nepalese per i suoi studi all’avanguardia nel settore delle comunicazioni. I premi verranno consegnati il prossimo 31 agosto a Manila nel corso di una cerimonia ufficiale. Ai vincitori andranno una medaglia, un attestato e una somma in denaro. (E. B.)

    inizio pagina

    Prosegue in Toscana il 44° convegno sulla formazione del Segretariato attività ecumenica

    ◊   “Chiamati a libertà. Fede, Chiesa e storia”. Questo il tema scelto dal Segretariato attività ecumenica (SAE) per il suo 44esimo convegno sulla formazione ecumenica, in corso fino a sabato prossimo a Chianciano Terme, in Toscana. Aprendo i lavori il presidente del SAE, Mario Gnocchi, ha ricordato come “lo spirito di Dio ci libera da tutti i gioghi, tranne uno, che è il servizio dell’amore”. Questo significa “non rinunciare alla propria testimonianza” perché il servizio reso agli altri non è inteso solo alle persone ma anche alle Chiese verso le quali proviamo sentimenti di libertà, solidarietà, comunione. Roberto Mancini, dell’Università di Macerata, ha parlato di una “positiva reciprocità tra bisogno e libertà, in cui l’uno non è limite dell’altra”. La libertà - ha proseguito – “va intesa come un elemento essenziale della dignità della persona, non come un organo o una facoltà innata”. Il teologo Fulvio Ferrario, della facoltà valdese di teologia, ha sottolineato la continua tensione tra unicità ed esclusività nel rapporto tra libertà e verità, soprattutto nel dialogo interreligioso, tra “la relazione totalizzante con Cristo e l’apertura verso altre fedi”. Di “tradizione e libertà nello Spirito” ha parlato invece la pastora valdese Janique Perrin sottolineando il rischio “che le Chiese identifichino l’unica tradizione intesa come trasmissione del Vangelo di generazione in generazione, con la propria. Dal canto suo il sacerdote ortodosso russo, Vladimir Zelinski, ha definito la tradizione come “assimilazione della santità vissuta nel passato da chi ci ha preceduto. Tra il singolo credente e la scrittura - ha osservato – non c’è mai un vuoto, ma un lungo cammino di generazioni”. (E. B.)

    inizio pagina

    32.ma Festa di Avvenire di Lerici: sarà consegnato questa sera al nostro direttore padre Federico Lombardi il premio "Angelo Narducci"

    ◊   Sarà consegnato questa sera a padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa della Santa Sede, direttore generale della nostra emittente e del Centro Televisivo Vaticano il premio di giornalismo “Angelo Narducci”. A consegnarlo alla Rotonda Vassallo, nell’ambito della 32.ma Festa di Avvenire di Lerici alla presenza del direttore del quotidiano cattolico Dino Boffo, sarà mons. Bassano Staffieri vescovo di La Spezia-Sarzana-Brugnato, nel contesto del dibattito “Nel segno della verità”. Questa mattina padre Lombardi ha partecipato ad un incontro con i sacerdoti, aperto al pubblico, nella parrocchia di san Francesco. Domani è in calendario la Giornata delle vocazioni con una veglia di preghiera alle 21. Venerdì nuovo appuntamento teatrale sempre alla Rotonda Vassallo, alle 21.15, con la Compagnia delle Briciole e lo spettacolo «Quando la gh'è a salute...», due atti comici di Paolo Cabano e Giuliana Dettoni. Domenica la Festa si concluderà con la Liturgia eucaristica celebrata alle 18.30, dal Vicario generale della diocesi, mons. Pier Carlo Medinelli. Nel corso degli anni ha guadagnato prestigio e popolarità il premio “Narducci”, riservato a importanti personalità del mondo della comunicazione e della cultura assegnato quest'anno al padre Lombardi. Dal 1997 sono stati premiati infatti mons. Francesco Ceriotti, mons. Giuseppe Cacciami, Ettore Bernabei, Mario Agnes, Andrea Riccardi, Pupi Avati, Giuseppe De Rita, Giuseppe De Carli, Gigi De Fabiani e mons. Giancarlo Maria Bregantini. (R.P.)

    inizio pagina

    Lutto alla Radio Vaticana: si è spento ieri Umberto Tolaini, capo sezione dell’Ufficio frequenze della nostra emittente, in pensione dal 2004

    ◊   Ieri 31 luglio, ci ha lasciato per tornare alla casa del Padre, Umberto Tolaini. Nato il 29 giugno 1939, era entrato alla Radio Vaticana nel dicembre del 1957 con l'allora direttore del Radiogiornale padre Farusi, quando i nostri studi si trovavano al Petriano. Dopo alcuni anni venne trasferito al Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria dove divenne Capo sezione dell’Ufficio frequenze della nostra emittente, incarico egregiamente ricoperto fino alla data del suo pensionamento avvenuto nel 2004. Era uomo di grande sensibilità ed umanità, dotato di una profonda umiltà che illuminava il suo essere dipendente della Radio Vaticana di una luce particolare, nella più alta missione di collaborare all’evangelizzazione del Santo Padre. Il suo compito, ai più sconosciuto, era infatti quello di gestire le frequenze su cui la Radio invia i suoi programmi nel mondo; un lavoro impegnativo e continuo, di grande responsabilità, che lo ha portato per anni, al fianco dei vari Direttori, a sedere nei congressi internazionali dove si trattava questa delicata materia in rappresentanza della Radio del Papa. Uomo di cultura, vero cristiano, padre e marito esemplare, maestro e amico oltre che collega. Il vuoto ed il dolore che lascia Umberto Tolaini, sono grandi: ci consola pensare che ora è lì, nel Cielo, dove studiava i percorsi da far fare alle nostre onde che continuano a viaggiare e potrà ascoltarci, con quel suo sorriso sereno. I funerali avranno luogo oggi alle 15.30 nella chiesa di Santa Maria in Celsano, nel Borgo di Santa Maria di Galeria. (A cura di Alessandro Candi)

    inizio pagina

    24 Ore nel Mondo



    Ancora ore di trepidazione per la sorte dei sudcoreani rapiti nel sud dell'Afghanistan - Entra nel vivo il processo contro i presunti responsabili del genocidio perpetrato in Cambogia tra il '75 e il '79. Ai nostri microfoni il prof. Antonio Cassese

    ◊   Sono ore di trepidazione per la sorte dei sudocreani rapiti dai talebani nel sud dell’Afghanistan. Il governo di Kabul sta cercando di arrivare ad una soluzione attraverso la via del negoziato. Ma non è neanche da escludere un blitz da parte delle forze afgane. Il nostro servizio:


    E’ scaduto l’ennesimo ultimatum per la liberazione dei sudocreani rapiti lo scorso 19 luglio. I talebani hanno minacciato di uccidere altri ostaggi se non verranno rilasciati alcuni guerriglieri detenuti in carceri afghane. Fino ad oggi sono già stati uccisi due ostaggi. Adesso si teme per la sorte degli altri 21, tra cui 18 donne, ancora nelle mani dei sequestratori: secondo fonti locali, sono in gravi condizioni di salute. Il governo sudcoreano ha ribadito la propria contrarietà a qualsiasi tentativo di liberare gli ostaggi con un blitz. Ma l’opzione militare sembra probabile e imminente: elicotteri dell’aviazione afgana hanno infatti già lanciato centinaia di volantini nel sud del Paese, avvertendo la popolazione di mettersi al sicuro. Non è ancora chiaro, però, se questa annunciata operazione sia finalizzata alla liberazione dei sudcoreani. E’ probabile che i rapiti, tutti giovani evangelici, si trovino tra le montagne della provincia meridionale di Ghazni. In questa stessa area, la polizia ha ritrovato i corpi di 4 giudici afghani rapiti il giorno dopo il sequestro del gruppo di sudcoreani. Ieri, intanto, è stato mostrato un video con l’ingegnere tedesco ancora nelle mani dei talebani. Secondo il governo tedesco si tratta di un tentativo di “intimidazione”.

    - Continua in Medio Oriente la missione del segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, giunta con il ministro della Difesa, Robert Gates, in Arabia Saudita. Il ministro degli Esteri saudita, Saud al Faisal, ha dichiarato l’intenzione di inviare una delegazione diplomatica in Iraq per riaprire la propria ambasciata a Baghdad. Il segretario di Stato americano si recherà poi a Gerusalemme dove incontrerà, tra gli altri, il presidente israeliano, Shimon Peres, ed il premier, Ehud Olmert. Domani è previsto, inoltre, un incontro a Ramallah, in Cisgiordania, con il presidente palestinese, Abu Mazen.

    - Nel Nord della Striscia di Gaza, intanto, due miliziani palestinesi sono rimasti uccisi in scontri seguiti ad un’incursione militare israeliana. Le vittime farebbero parte dei movimenti di Hamas e della Jihad islamica. Fonti dei servizi di soccorso palestinesi hanno dichiarato che i militari israeliani avrebbero impedito alle ambulanze di avvicinarsi per recuperare le vittime.

    - In Italia, è sempre alto l’allarme sulla sicurezza delle missioni italiane all’estero e sui possibili attentati legati alla minaccia jihadista. L'eventualità di attacchi ai contingenti italiani che operano all’estero “ha acquisito particolare concretezza” secondo la 59.ma relazione sulla politica informativa e della sicurezza dei servizi segreti per il Parlamento, illustrata oggi a Palazzo Chigi. Nei primi sei mesi dell’anno sono state 60 le minacce terroristiche, sia di carattere interno che internazionale, direttamente riferite all’Italia. Le minacce maggiori – si legge nella relazione – “appaiono a tutt'oggi prevalentemente da ricondurre ad un apparato reticolare di provenienza nordafricana”, legato probabilmente ad “altri ambienti integralisti di origine balcanica, mediorientale e centroasiatica".

    - Il ministro giapponese dell’Agricoltura, Norihiko Akagi, si è dimesso a causa di uno scandalo finanziario. Il ministro, sospettato di aver denunciato negli ultimi dieci anni spese per un ufficio in realtà inesistente, ha dichiarato di sentirsi responsabile per la sconfitta elettorale del Partito Liberal Democratico alle elezioni politiche di domenica scorsa. Dopo la perdita della maggioranza in Senato da parte della coalizione di governo, si sono dimessi anche il segretario generale della stessa forza politica, Shoichi Nagakawa, e il capogruppo al Senato, Mikio Aoki. Nonostante le pressioni dell’opinione pubblica, il premier Shinzo Abe è intenzionato a restare in carica.

    - Con la formalizzazione ieri dell’accusa per crimini contro l’umanità nei confronti dell’ex direttore di un centro di tortura di Phnom Penh, prende corpo l’attività del Tribunale speciale sul regime dei Khmer rossi in Cambogia. L’alta Corte è incaricata di giudicare i responsabili dello sterminio, avvenuto tra il ’75 e il ’79, di circa due milioni di persone durante la dittatura di Pol Pot. Insediatosi un anno fa, il Tribunale è frutto di una collaborazione tra le Nazioni Unite e le autorità cambogiane ed è composto da magistrati locali e stranieri. Al momento è aperto un solo fascicolo su cinque ex dirigenti del regime. Tra questi, il responsabile dell’ex ‘carcere S21’ della capitale cambogiana, Kang Kek Ieu, soprannominato Duch, interrogato dai giudici e poi incriminato per gli orrori e le torture perpetrate nel penitenziario, in cui erano rinchiusi 1.400 tra uomini, donne e bambini. Ma l’accusa di crimini contro l’umanità nei confronti di Duch che valore ha nel processo per giudicare i responsabili delle atrocità commesse in Cambogia? Giada Aquilino lo ha chiesto al prof. Antonio Cassese, docente di Diritto internazionale all'Università di Firenze, già presidente del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia:


    R. – Ha il valore di un’accusa per un crimine molto grave che è, appunto, un crimine contro l’umanità. E’ giusto che vengano accusati di questo crimine e non di genocidio. Parlando dei khmer rossi, si dice che hanno compiuto atti di genocidio nei confronti di due milioni di cambogiani. Non è vero, perchè in realtà nel caso del genocidio è necessario che lo sterminio sia indirizzato contro un gruppo etnico, religioso o razziale ben specifico, con l’intento di annientare quel gruppo. In questo caso, si trattava invece dello sterminio di oppositori politici.

     
    D. – Seguirà un processo davanti alla Corte speciale?

     
    R. – Certo, la procedura che è stata creata per queste Corti straordinarie cambogiane è molto interessante, perché si tratta di una procedura basata sul sistema inquisitorio. Quindi, a differenza degli altri Tribunali penali internazionali, il cui modello procedurale è di tipo accusatorio, cioè all’americana, in questo caso si è voluto invece riprendere il modello di stampo europeo, con un giudice istruttore e quindi con un’istruttoria seguita poi da un dibattimento. Il processo che si svolgerà davanti a queste Corti straordinarie - presumo - sarà molto più breve di quelli che in genere vengono condotti, per esempio all’Aja, appunto perché basato sul modello inquisitorio. Quali sono i meriti di questi processi? Quello, anzitutto di soddisfare le esigenze fondamentali delle vittime. Le vittime hanno diritto di vedere il proprio carnefice giudicato, condannato e quindi punito con il carcere, beninteso, non con la pena di morte. E poi è necessario il processo anche perché attraverso una procedura giudiziaria si possono raccogliere una serie di prove, che poi rimangono agli atti e, quindi, come nel caso di Norimberga, fanno parte della storia di un Paese.

    - Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato ieri all'unanimità una risoluzione per l’invio di una Forza internazionale nella regione sudanese del Darfur. Il Consiglio, riunito sotto la presidenza del rappresentante della Cina, ha autorizzato l’invio di una forza congiunta ONU-Unione africana di circa 26.000 uomini entro ottobre. Il servizio di Giulio Albanese:


    Accogliendo le pressioni del primo ministro britannico, Gordon Brown, il quale aveva lanciato dal Palazzo di Vetro un accorato appello per un’alleanza internazionale contro la povertà, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha dunque approvato all’unanimità una risoluzione per l’invio di una forza internazionale di pace nel Darfur, la regione occidentale del Sudan in preda ad una sanguinosa guerra civile. Si tratta di una forza ibrida, composta da Caschi Blu dell’ONU e militari dell’Unione Africana, in tutto circa 26 mila uomini. Prendendo la parola subito dopo il voto, il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, ha parlato di un’operazione storica e senza precedenti che invierà un segnale chiaro al mondo per aiutare le popolazioni del Darfur duramente provate da un conflitto, che dal 2003 ha causato oltre 200 mila morti e 2 milioni e mezzo di profughi. Gli Stati Uniti sono, comunque, tornati a minacciare sanzioni unilaterali e multilaterali contro il governo di Karthoum, in caso di mancato rispetto della risoluzione dell’ONU. La miccia, dunque, va disinnescata, assicurando la sicurezza dei civili, ma anche attraverso una composizione negoziale del conflitto, prima che il Darfur soccomba tra lotte di potere interne ed interessi internazionali legati in primis, al petrolio. (Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese)

    - Il premier spagnolo Zapatero è atteso alle Canarie, devastate da cinque giorni di incendi, per verificare di persona la situazione. Se i roghi appaiono sotto controllo a Tenerife, non è ancora così a Gran Canaria. Circa mille uomini, tra vigili del fuoco e militari, continuano a lottare contro le fiamme che hanno già bruciato 35.000 ettari di terreno e quasi duecento case. Oltre diecimila persone sono state costrette ad abbandonare le proprie abitazioni. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco, Beatrice Bossi e Valentina Fizzotti)

     
     Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LI No. 213

     

     E' possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.va/italiano.

    inizio pagina