RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 269 - Testo della trasmissione di martedì 26  settembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Il turismo, occasione per uno scambio di valori civili e spirituali tra i popoli: lo scrive Benedetto XVI nel messaggio per la 27.ma Giornata mondiale del Turismo. Domani accesso gratuito ai Musei Vaticani. Intervista con mons. Francesco Brugnaro

 

Mons. Milingo e i quattro sacerdoti da lui consacrati vescovi senza mandato pontificio, sono incorsi nella scomunica latae sententiae: cosi’ una nota della Sala Stampa vaticana

 

Presentato stamani il Congresso mondiale delle TV cattoliche che si terrà a Madrid in ottobre

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Positive le reazioni del mondo islamico all’incontro di ieri tra il Papa e gli ambasciatori musulmani: con noi mons. Giuseppe Lorizio e Magdi Allam

 

In Afghanistan, i talebani uccidono in un attentato un alpino italiano, il caporalmaggiore Giorgio Langella, e un bambino afgano. L’analisi di Fulvio Scaglione

 

CHIESA E SOCIETA’:

Liberato un altro vescovo in Cina: da dieci mesi era trattenuto dalle autorità cinesi

 

        Ucciso in Salvador il sacerdote cattolico Ricardo Antonio Romero: sospettati dell’omicidio i cosiddetti “pandilleros”, appartenenti a bande giovanili

 

        “Questo mese sia occasione per le comunità cattoliche e musulmane di prendere delle iniziative di incontro e di dialogo”: è l’auspicio espresso dai vescovi francesi in occasione del Ramadan

 

        Attaccata domenica scorsa, da un gruppo di estremisti islamici, una Chiesa nella provincia indonesiana di West Java

 

        Il CELAM promuove dal 29 settembre, a Città del Messico, l’incontro continentale di pastorale mariana e il Congresso teologico di pastorale mariana

 

        Allarme droga in Africa: sempre di più il traffico di cocaina ed eroina segue le rotte africane

 

24 ORE NEL MONDO:

In Giappone, l’ultraconservatore Shinzo Abe è stato  nominato oggi nuovo premier

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

26 settembre 2006

 

 

IL TURISMO, OCCASIONE PER UNO SCAMBIO DI VALORI CIVILI E SPIRITUALI

TRA I POPOLI: LO SCRIVE BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO

PER LA 27.MA GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO

- Intervista con l’arcivescovo Francesco Brugnaro -

 

Un fenomeno oggi praticato “da milioni di famiglie” e che per questo taglia trasversalmente tutti gli ambiti della vita umana. Si tratta del turismo di massa, esploso negli ultimi decenni, da sempre oggetto di attenzione e cura pastorale da parte della Chiesa, che lo ha sempre ritenuto occasione “di arricchimento umano e spirituale”. Questo concetto è ribadito e sviluppato da Benedetto XVI nel Messaggio inviato nei giorni scorsi a nome del Papa dal cardinale Angelo Sodano, allora in veste di segretario di Stato, in vista della 27.ma Giornata mondiale del turismo che si celebra domani. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“Il turismo arricchisce” recita il titolo della Giornata mondiale del turismo 2006, e mai come in altre circostanze il verbo si presta a varie spiegazioni, tutte ugualmente valide: non solo le finanze di moltissimi Paesi traggono dai flussi turistici internazionali linfa vitale per le loro economie, ma questo particolare comparto della mobilità umana incide sulle politica, sulla cultura, perfino sull’arte e l’ecologia. E, senza dubbio, riveste un aspetto di particolare importanza anche in ambito religioso.

 

Su questi binari prende l’avvio la riflessione di Benedetto XVI, che individua “nella reciproca accoglienza tra il visitatore e l’ospite” la possibilità di uno “scambio di beni della terra e della cultura che rende l’umana convivenza più fraterna e solidale”. La concordia tra le popolazioni svela un aspetto ideale del turismo che, dunque, non deve essere considerato, scrive Benedetto XVI, da un punto di vista “puramente economico o materiale”. Del resto, osserva il Papa, il Concilio Vaticano II aveva auspicato già 40 anni fa, quando il turismo di massa era praticamente sconosciuto, che il progressivo aumento del tempo libero rispetto a quello lavorativo fosse “impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell’anima e del corpo”, attraverso “viaggi in altri Paesi” grazie ai quali, riconosceva l’assise conciliare, lo spirito dell’uomo “si affina”.

 

All’ingresso del 21.mo secolo, per Benedetto XVI l’affermazione dei padri conciliari ha acquistato ancor più forza. “Il viaggiare, - afferma Benedetto XVI - arricchisce lo spirito dell'uomo quando ci si mette in moto per scoprire il nuovo, quando si è spinti a conoscere le risposte che altri hanno dato ai grandi interrogativi dell'esistenza. Il turismo può esprimere, soprattutto nella nostra epoca, la fondamentale istanza della persona umana che è quella di crescere nella conoscenza e di sperimentare come l'uomo sia portatore multiplo di civiltà e di bene”. “Evitando l’improvvisazione e la superficialità”, conclude il Papa, “il turismo può diventare un'altra, efficace risorsa di autentico arricchimento dell'umanità; attraverso di esso infatti gli uomini e le culture si scambiano i valori della conoscenza e del benessere, della giustizia e della libertà, della bellezza e della pace, che danno senso pieno alla vita”.

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Sul tema di questa Giornata, mons. Francesco Brugnaro, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione mondiale del turismo, che ha sede a Madrid. L’intervista è di Giovanni Peduto:

 

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R. – Il turismo è ricchezza perché non solo produce beni economici, beni materiali, arricchisce la finanza dei popoli, soprattutto degli Stati più fortunati che vivono da più tempo l’esperienza del turismo. Il turismo significa anche vedere come rendere culturalmente valido il viaggiare, come permettere che chi ospita, che spesso è in condizioni di minoranza rispetto a colui che viaggia, possa beneficare del viaggio del turista. Non solo esporsi alla curiosità e all’interesse del turista, ma ricevere anche dei benefici e i benefici non solo sono economici ma sono anche uno scambio di socialità, uno scambio di cultura, un confronto di religione, la possibilità di emanciparsi da condizioni di sottosviluppo socioeconomico.

 

D. – Monsignor Brugnaro, alla luce del messaggio di Benedetto XVI, quali sono oggi i rischi e i pericoli del turismo?

 

R. - Il Papa mette in evidenza che un turismo vissuto in maniera frettolosa, come spesso oggi si usa dire con un’espressione non molto elegante ma che è in voga “mordi e fuggi” – quando cioè uno va, gode di un bene culturale oppure di un bene naturalistico, la spiaggia, la vacanza e poi riparte - ecco il Papa dice che un turismo vissuto in questa maniera, quindi superficiale, rischia di danneggiare sia la persona che ospita che il turista. E’ necessaria quindi una preparazione seria, evitando le improvvisazioni; è necessario anche educare al turismo attraverso le grandi istituzioni, la scuola, le università, il mondo scientifico, culturale il mondo del sindacato, garantire per esempio il turista dei diritti che ha, ma garantire anche gli operatori, coloro che favoriscono il turismo soprattutto le fasce più deboli, quelli che hanno lavori saltuari, che vengono occupati saltuariamente nei Paesi di accoglienza. Incoraggiare quindi la formazione di competenze specifiche e dare offerta di garanzie dinamiche nell’accoglienza dei turisti, ma anche favorire e difendere coloro che vivono del turismo, soprattutto nei Paesi più poveri e più deboli.

 

D. – Quali consigli darebbe lei, mons. Brugnaro, a un turista?

 

R. – Il turista è uno che innanzitutto dovrebbe andare a vedere non ciò che già conosce o confrontarsi con se stesso, ma dovrebbe andare mosso da una grande curiosità, quindi essere incuriosito da ciò che di nuovo può trovare. Allora, la prima cosa è immergersi nella cultura che si incontra, nella mentalità e non pretendere da quella cultura e da quella mentalità di ritrovare se stesso ma di ritrovare qualcuno altro con le sue ricchezze, la sua storia, la sua religione, le sue povertà, le sue domande. Il Papa sostiene all’inizio che il turismo è un’occasione anche per confrontare le grandi domande che l’uomo si pone ovunque, in qualsiasi condizione storica e in qualsiasi condizione socioculturale nella quale si abbia trovare.

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E in occasione della Giornata mondiale del turismo, domani, come di consueto, i Musei Vaticani apriranno gratuitamente al pubblico le proprie sale espositive e la Cappella Sistina (orario 8.45 – 16.45; ultimo ingresso alle ore 15.20), compreso il Museo Storico Vaticano situato nel Palazzo Apostolico Lateranense (ingresso dall’atrio principale della Basilica di San Giovanni in Laterano, Piazza di Porta San Giovanni; visite guidate alle ore 9.00 – 10.00 – 11.00 – 12.00).

 

 

MONS. MILINGO E I QUATTRO SACERDOTI DA LUI CONSACRATI VESCOVI

SENZA MANDATO PONTIFICIO, SONO INCORSI NELLA SCOMUNICA LATAE SENTENTIAE:

COSI’ UNA NOTA DELLA SALA STAMPA VATICANA

 

Una dichiarazione della Sala Stampa vaticana ha reso noto oggi che l’arcivescovo Milingo e i quattro sacerdoti da lui ordinati vescovi domenica scorsa a Washington “sono incorsi nella scomunica latae sententiae”, cioè automatica, prevista dal Canone 1382 del Codice di Diritto Canonico per quei vescovi che senza mandato pontificio consacrano qualcuno vescovo e per chi da essi ricevono la consacrazione.

 

La nota rileva che “la Santa Sede ha seguito con viva apprensione l’attività posta in essere recentemente” da mons. Emmanuel Milingo, arcivescovo emerito di Lusaka, “con una nuova Associazione di sacerdoti coniugati, seminando divisione e sconcerto fra i fedeli. Esponenti a vario livello della Chiesa hanno invano cercato di contattare l’arcivescovo Milingo”, per dissuaderlo dal proseguire in azioni che fossero di scandalo, “soprattutto nei riguardi dei fedeli che hanno seguito il suo ministero pastorale a favore dei poveri e dei malati”.

 

“Tenuto conto della comprensione manifestata, anche di recente, dal Successore di Pietro verso questo anziano Pastore della Chiesa – prosegue la nota -  la Santa Sede ha atteso con vigilante pazienza l’evolversi degli eventi, i quali, purtroppo, hanno condotto l’arcivescovo Milingo a una condizione di irregolarità e di progressiva aperta rottura della comunione con la Chiesa, prima con l’attentato matrimonio e poi con l’ordinazione di quattro vescovi”.

 

“La Chiesa – leggiamo ancora nel comunicato -  non riconosce e non intende riconoscere nel futuro tali ordinazioni e tutte le ordinazioni da esse derivate, e ritiene che lo stato canonico dei quattro presunti vescovi sia quello in cui si trovavano prima dell’ordinazione. La Sede Apostolica, sollecita come è dell’unità e della pace del gregge di Cristo, aveva sperato nell’azione fraterna di persone vicine all’arcivescovo Milingo, per un suo ripensamento e per un suo ritorno alla piena comunione con il Papa. Purtroppo gli ultimi sviluppi hanno allontanato tali speranze. In momenti di sofferenza ecclesiale come questo – conclude la dichiarazione della Sala Stampa vaticana -  si intensifichi la preghiera di tutta la comunità dei fedeli”.

 

 

TV CATTOLICHE DI TUTTO IL MONDO RIUNITE A MADRID DAL 10 AL 12 OTTOBRE,

SU INVITO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI

 I MEDIA PONTE TRA CULTURE E RELIGIONI

 

Le Tv cattoliche riunite in un Congresso mondiale a Madrid, in Spagna, dal 10 al 12 ottobre. L’iniziativa, promossa del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali è stata presentata stamane nella Sala Stampa vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Sono circa 2000 le televisioni cattoliche nel mondo, ed è tempo di valorizzare un patrimonio prezioso nel panorama della comunicazione, di fronte alle sfide che le nuove tecnologie in continua evoluzione pongono anche alla Chiesa. Di questo parleranno nella capitale spagnola oltre 250 rappresentanti di Tv e Centri di produzione televisiva sparsi in Europa, America, Africa, Asia, Oceania, insieme a delegati di commissioni episcopali di comunicazione sociale e docenti di Facoltà di Scienze dei media; una trentina i relatori. Si tratta di creare una nuova rete di cooperazione, “rispettando l’autonomia e l’organizzazione” di ciascuno, per suscitare “dinamismi utili” ovvero opportunità per facilitare il lavoro della comunicazione nella Chiesa e nella società – ha spiegato l’arcivescovo John P. Foley, presidente del dicastero vaticano promotore del Congresso:

 

“Occorre lavorare non soltanto sull’identità cattolica di questi enti televisivi, ma anche su temi molto pratici come gli aspetti economici e amministrativi dell’industria televisiva, la professionalità del personale, la qualità e la varietà dei formati di programmazione, la qualità dell’informazione, le possibilità offerte dai cambiamenti tecnologici, eccetera”.

 

“Una realtà molto variegata”, quella dell’emittenza cattolica che va dalle Tv create dalle Conferenze episcopali o da grandi diocesi che coprono vaste aree nazionali o anche internazionali a quelle a volte molto piccole e povere di mezzi sostenute da movimenti, enti religiosi, singole persone, come ha illustrato padre Federico Lombardi, intervenuto in qualità di direttore del Centro Televisivo Vaticano (CTV):

 

“E’ veramente necessario ed opportuno che queste diverse realtà convengano per conoscersi, per poter stabilire dei legami di collaborazione, in un certo senso anche per poter organizzare la loro collaborazione. Ci sono le emittenti, ci sono i centri di produzione, ci sono le agenzie e ci sono anche le istituzioni che possono finanziare: capite che sono veramente tasselli di un panorama che può veramente produrre, se ben coordinato, dei risultati molto positivi”.

 

Un punto di partenza Madrid di un lavoro coordinato “che darà frutti efficaci all’irrinunciabile missione evangelizzatrice della Chiesa, sotto l’orientamento della Santa Sede, ha sottolineato mons. José Maria Jil, segretario della Commissione dei mezzi di comunicazione sociale della Conferenza episcopale spagnola, ricordando che sarà possibile seguire i lavori del Congresso sul sito Internet www.congresomundialtv.com nelle lingue spagnola, italiana, inglese e francese.

 

I media, ponte per le culture e per le religioni, ha concluso mons. Foley sollecitato dai giornalisti circa le polemiche insorte di recente intorno al discorso del Papa all’Università di Ratisbona, “un fatto provvidenziale - ha detto - perché ha dato la possibilità di ristabilire il dialogo tra Cristianesimo ed Islam”. Mons. Foley:

        

“I mezzi della comunicazione sono una sorta di ponte dove possiamo avere anche questo dialogo e possiamo avere una conoscenza più profonda dei nostri vicini di altre religioni”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Apre la prima pagina l’Afghanistan: un’altra strage nel Sud, uccise diciotto persone. In un attentato nei pressi di Kabul muore un soldato italiano.

 

Servizio vaticano - Una pagina dedicata alle lettere pastorali dei vescovi italiani.

 

Servizio estero - El Salvador: brutalmente e assassinato un sacerdote.

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Lanza dal titolo “Un veemente polemista a servizio della verità”: cinquant’anni dalla morte di Giovanni Papini.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Danilo Veneruso dal titolo “Le carte delSacro Tavolo’. Aspetti del pontificato di Pio X dai documenti del suo archivio privato”: due volumi di Alejandro M. Dieguez e Sergio Pagano.

 

In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

26 settembre 2006

 

REAZIONI POSITIVE NEL MONDO ISLAMICO ALL’INCONTRO DEL PAPA IERI

A CASTEL GANDOLFO CON GLI AMBASCIATORI

DEI PAESI A MAGGIORANZA MUSULMANA

- Interviste con mons. Giuseppe Lorizio e Magdi Allam -

 

Reazioni positive nel mondo islamico all’incontro di ieri a Castel Gandolfo tra il Papa e gli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana accreditati presso la Santa Sede e alcuni esponenti delle comunità musulmane in Italia. Numerosi rappresentanti islamici hanno parlato di una svolta nel dialogo con la Chiesa. Benedetto XVI ha ribadito tutta la sua stima per i credenti musulmani sottolineando la necessità vitale di un dialogo unito al rifiuto di qualsiasi forma d’intolleranza e violenza, nel rispetto dell’identità di ciascuno e sulla base della reciprocità, soprattutto in relazione al diritto della libertà religiosa.  Ma come dar vita a un nuovo dialogo tra islam e cristianesimo? Tiziana Campisi lo ha chiesto a mons. Giuseppe Lorizio, docente di teologia alla Pontificia Università Lateranense:

 

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R. – Anzitutto il primo atteggiamento al quale siamo invitati, credo che sia quello dell’attenzione. Attenzione significa riconoscimento delle diversità. Non possiamo partire dal presupposto di una uguaglianza assoluta di tutte le appartenenze religiose. Questo sarebbe anche un mortificare la pluralità stessa del dinamismo religioso. A partire da questo atteggiamento di attenzione, sorge l’altro atteggiamento che è quello del rispetto. Rispetto che dobbiamo certamente agli altri, ma che spesso siamo anche noi stessi chiamati a rivendicare nei confronti delle nostre valutazioni attorno ad esperienze religiose altre.

 

D. – Benedetto XVI ha detto a Ratisbona che bisogna fare teologia con l’ausilio di una ampia ragione. Come porsi in questo senso in dialogo?

 

R. – Invitando tutti a ragionare. Cominciando noi per primi a ragionare, ovviamente. E questo perché se siamo i primi a rinunciare alla ragione, a ritenere che l’appartenenza di fede sia solo un’appartenenza fideistica o sia solo un’adesione del sentimento o solo della volontà a Dio che si rivela in Cristo, noi per primi rinunciamo alla ragione. Quindi soltanto articolando razionalmente le domande e le risposte, possiamo invitare gli altri a discuterne. Sarebbe stato molto bello se quel testo, piuttosto che essere rilanciato dai mass media come una provocazione, con atteggiamenti fortemente irrazionalisti, fosse stato discusso.

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Ascoltiamo adesso il commento del vicedirettore del Corriere della Sera  Magdi Allam, al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. – Come italiano, musulmano, laico, devo ringraziare il Papa, così come ritengo che lo dobbiamo ringraziare tutti quanti noi, per aver assunto un atteggiamento di grande coerenza e di grande dignità nell’essersi rifiutato di scusarsi per aver semplicemente esercitato il proprio legittimo diritto alla libertà d’espressione, ed è questo ciò che a me preme sottolineare.

 

D. – Qual è la parola che più l’ha colpita del discorso del Papa?

 

R. – La parola che più mi ha colpito è il dialogo basato sulla chiarezza di ciò che può accomunare e di ciò che invece è diverso. Credo che questa sia la base corretta per impostare un dialogo che non sia all’insegna dell’ipocrisia e della negazione della realtà, e che quindi possa essere un dialogo veramente costruttivo che non si risolva in una stretta di mano, in pacche sulle spalle senza modificare nulla nei nostri cuori e nelle nostre menti. Questo Papa, proprio perché vuole costruire, vuole partire da ciò che ci unisce come persone, dalla dignità della persona, dai valori fondanti della nostra umanità, la sacralità della vita, la dignità e la libertà delle persone, e una volta instaurata una solida piattaforma diventerà più agevole procedere in un percorso che potrebbe anche portare ad un ravvicinamento su un piano prettamente religioso e spirituale.

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IN AFGHANISTAN, I TALEBANI UCCIDONO IN UN ATTENTATO UN ALPINO ITALIANO,

IL CAPORALMAGGIORE GIORGIO LANGELLA, E UN BAMBINO AFGHANO.

SECONDO GLI ESTREMISTI ISLAMICI BIN LADEN È VIVO

- Intervista con Fulvio Scaglione -

 

         Dopo il barbaro assassinio di cui è rimasta vittima la responsabile delle questioni femminili della provincia di Kandahar, Safiya Ama Jan, la guerriglia talebana torna drammaticamente a colpire in Afghanistan. Un soldato italiano, il caporal-maggiore degli Alpini, Giorgio Langella, ed un bambino afghano sono rimasti uccisi stamani in un attentato avvenuto vicino la capitale Kabul. Subito dopo aver appreso la notizia, il presidente italiano, Giorgio Napolitano, ha espresso profondo dolore e cordoglio per quanto accaduto. Secondo le prime ricostruzioni, una bomba è esplosa al passaggio di un convoglio militare della missione della Nato, Isaf, ferendo gravemente almeno cinque civili e altri cinque soldati. A rivendicare l’attacco, assieme ad un’altra azione avvenuta nel sud del Paese e che ha provocato circa 20 morti, è stato il portavoce dei Talebani, Mohammed Hanif. A margine della rivendicazione, il rappresentante della guerriglia, smentendo le voci diffuse nei giorni scorsi, ha anche affermato che Osama Bin Laden sarebbe vivo. Ma chi sono oggi i Talebani in Afghanistan? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:

 

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R. – La mia sensazione è che dietro questa sigla non si nascondano più gli esponenti di un movimento con le caratteristiche che aveva il regime dei talebani, prima del 2001, ma si nasconda un fronte più composito, fatto di criminalità organizzata, di estremismo religioso naturalmente, di ambizioni politiche, di milizie dei signori della guerra, interessati alla instabilità del Paese. E questo perché la stabilità portata dal governo centrale significa evidentemente una limitazione dei loro interessi. Vorrei portare l’attenzione sul fatto che la Provincia più colpita da questi attacchi è quella di Elmand, dove più intensa e fitta è la coltivazione del papavero da oppio.

 

D. – Nel gioco a scacchiera che la guerriglia porta avanti in Medio Oriente, in questo momento riaprire il fronte afghano può servire a che cosa?

 

R. – Praticamente la successione dell’attacco all’Afghanistan e all’Iraq dovrebbe entrare nei manuali di storia come un caso esemplare di fallimento strategico. E questo perché l’impresa in Afghanistan non era compiuta, ma la si è data per ben avviata troppo presto e, per ragioni politiche, si è invece avviata l’impresa in Iraq, che ha distolto forze, mezzi, attenzione e concentrazione dall’Afghanistan. Il risultato è che ci ritroviamo - cinque anni dopo – a metà del guado di qua e di là e con forti possibilità di non raggiungere l’obiettivo né di qua né di là.

 

D. – Il presidente Karzai che cosa e chi rappresenta in questo momento?

 

R. – Rappresenta un potere centrale che fatica moltissimo a stabilire il nostro controllo sulla totalità del Paese. Siamo in una situazione molto prossima a quella irachena, nel senso che, probabilmente, se il governo Karzai venisse abbandonato dalle truppe straniere durerebbe assai poco. Non di meno Karzai rappresenta, comunque, una speranza che gli afghani hanno. Negli anni scorsi, milioni di afghani sono rientrati dall’esilio dei campi profughi e sono tornati in patria. Questo grande movimento di rientro non si è ancora sgretolato. Gli afghani che sono tornati in patria non stanno cercando di uscire e questo significa che in loro, comunque, abita la speranza di un futuro più sereno sicuramente di quello che è stato il passato. Su questo, secondo me, bisognerebbe lavorare per creare le fondamenta al governo Karzai.

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CHIESA E SOCIETA’

26 settembre 2006

 

LIBERATO, IERI POMERIGGIO IN CINA, MONS. GIULIO JIA ZHIGUO,

VESCOVO DI ZHENGDING, NELLA PROVINCIA DELL’HEBEI.

DA OLTRE DIECI MESI ERA TRATTENUTO DALLE AUTORITA’ CINESI

 

ZHENGDING. = E’ stato rilasciato ieri pomeriggio in Cina, dopo oltre 10 mesi di detenzione per “sessioni di studio” da parte della polizia, mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo di Zhengding, nella provincia dell’Hebei. Secondo fonti di AsiaNews, il presule, 70 anni, sarebbe tornato alla sua residenza in condizioni di piena libertà, tanto da poter ricevere visite dai sacerdoti della diocesi. In passato era stato costretto agli arresti domiciliari in totale isolamento. Mons. Jia Zhiguo è stato arrestato l’8 novembre del 2005, insieme ad alcuni sacerdoti della sua diocesi, una delle più vive dell’Hebei, con circa 1 milione  e mezzo di fedeli. A fine maggio, alcune agenzie avevano diffuso la notizia della sua liberazione. In realtà, il presule era stato semplicemente ricoverato per cure urgenti in un ospedale dell’Hebei, piantonato da 6 poliziotti giorno e notte. Vescovo dal 1980, ha già trascorso 20 anni in prigione ed è stato spesso rapito, prima delle principali festività religiose, e costretto a subire un indottrinamento per prevenire celebrazioni e raduni di cristiani. Talvolta, in occasioni di importanti riunioni del Partito o di visite dall’estero di capi di Stato e personalità, è stato segregato in luoghi sconosciuti. Nel 1999, per prevenire la sua attività di evangelizzazione, la polizia gli ha imposto la chiusura di un orfanotrofio per bambini abbandonati e portatori di handicap. La struttura è stata poi riaperta a causa della pressione internazionale. Attualmente, mons. Jia Zhiguo mantiene a sue spese e in casa sua circa 100 bambini disabili. Il 30 novembre del 2005, la Santa Sede aveva espresso “grave preoccupazione” per l’arresto del presule e dei sacerdoti della diocesi cinese. Di recente, anche il Parlamento Europeo aveva chiesto la liberazione del presule, insieme a quella di altri 6 vescovi sequestrati. (R.M.)

 

UCCISO, NELLA NOTTE TRA DOMENICA E LUNEDI’ A EL SALVADOR, IL SACERDOTE

 CATTOLICO, RICARDO ANTONIO ROMERO, GIÀ PARROCO NELLA PROVINCIA

OCCIDENTALE DI SONSONATE. SOSPETTATI DELL’OMICIDIO I COSIDDETTI

‘PANDILLEROS’, APPARTENENTI A BANDE GIOVANILI, LA CUI ATTIVITA’

NELLA ZONA COMPORTA ANCHE PIÙ DI UN MORTO AL GIORNO

 

SONSONATE. = Un sacerdote cattolico di 53 anni, Ricardo Antonio Romero, è stato assassinato nella notte tra domenica e lunedì nella provincia di Sonsonate, nell’ovest di El Salvador. Secondo la polizia locale, il sacerdote, già parroco della cattedrale di Sonsonate, stava percorrendo una strada nei pressi della località Acajutla, quando è stato bloccato da un gruppo di sconosciuti che hanno infierito su di lui, colpendolo alla testa, apparentemente con pietre o bastoni, fino ad ucciderlo. Ancora sconosciuto il movente del delitto. Fonti locali non escludono che i responsabili possano essere i cosiddetti ‘pandilleros’, appartenenti cioè a bande giovanili chiamate ‘pandillas’ o ‘maras’, la cui attività nella zona comporta anche più di un omicidio al giorno. (R.M.)

 

 

“QUESTO MESE SIA OCCASIONE PER LE COMUNITA’ CATTOLICHE E MUSULMANE

DI PRENDERE DELLE INIZIATIVE DI INCONTRO E DI DIALOGO, PER CONOSCERCI MEGLIO E MEGLIO SERVIRE LA PACE E LA GIUSTIZIA”: E’ L’AUSPICIO ESPRESSO DAI VESCOVI FRANCESI, IN UN MESSAGGIO ALLA COMUNITÀ ISLAMICA DEL PAESE

IN OCCASIONE DEL RAMADAN, COMINCIATO DOMENICA

 

PARIGI. = “Continuare a tessere legami di fraternità e di amicizia dappertutto, ma particolarmente in quei luoghi dove vivere insieme non è facile a causa delle difficoltà che toccano i giovani nel loro futuro, della violenza, del rifiuto degli altri diversi per cultura e religione”: questo, il desiderio espresso dai vescovi della Francia, in un messaggio ai musulmani del Paese in occasione del mese di Ramadan, cominciato domenica. Nel testo, firmato da mons. Michel Santier, presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose della Conferenza episcopale francese, si ribadisce che “la Chiesa cattolica guarda con stima i musulmani che adorano il Dio unico”. “A causa della nostra fede in Dio – afferma il presule – come uomini e donne di buona volontà siamo invitati a gettare dei ponti là dove esistono barriere. Desideriamo proseguire nei cammini di dialogo intrapresi da anni”. L’auspicio espresso dai vescovi francesi è dunque, che “questo mese di Ramadan sia occasione per le comunità cattoliche e musulmane di prendere delle iniziative di incontro e di dialogo, per conoscerci meglio e meglio servire la pace e la giustizia”. (R.M.)

 

ATTACCATA DOMENICA SCORSA, DA UN GRUPPO DI ESTREMISTI ISLAMICI,

UNA CHIESA NELLA PROVINCIA INDONESIANA DI WEST JAVA. I FONDAMENTALISTI,

FERMATI DALLA POLIZIA, HANNO MINACCIATO DI TORNARE “A FINIRE IL LAVORO”

 

JAKARTA. = Domenica scorsa, un gruppo di circa 50 estremisti islamici ha assalito e cercato di demolire una chiesa nel villaggio di Arjasari, nella provincia indonesiana di West Java. Come riferisce AsiaNews, da una vicina moschea, i fondamentalisti hanno marciato verso la chiesa Yayasan Penginjilan Roti Kehidupan, usata dai cristiani per le riunioni di preghiera. Al rifiuto del responsabile di chiudere l’edificio, il gruppo ha iniziato a demolirne il tetto e si è fermato solo grazie all’intervento della polizia, che ha invitato la folla alla “pazienza”, ricordando che solo l’autorità locale può chiudere un luogo di culto. Allontanandosi, i dimostranti hanno minacciato di tornare a “finire il lavoro”, se la chiesa continuerà la sua attività. Secondo fonti locali, la protesta è stata fomentata dalla Divisione Anti Apostasia del Forum degli Ulema islamici, gruppo estremista guidato da Suryana Nur Fatwama. Faidin, un residente nella zona e funzionario dell’ufficio per gli Affari spirituali, ricorda che la chiesa di Arjasari era già stata “chiusa” per un anno a seguito di episodi simili. “La frequentano solo 7 persone – ha raccontato – compresi due residenti del villaggio, che si sono da poco convertiti al cristianesimo”. “Siamo disturbati dalla loro presenza – ha aggiunto – e temiamo che vogliano diffondere le loro idee tra i residenti locali, che sono quasi tutti musulmani”. Secondo il Forum delle Comunicazioni delle Chiese di West Java, in tutto il 2005 sono state chiuse 35 chiese domestiche. Il dato allarmante ha reso necessaria una revisione del Decreto ministeriale del 1969, che regola la costruzione di luoghi di culto. Le difficoltà di ottenere i permessi ad edificare costringono spesso le comunità religiose a praticare la propria fede nell’illegalità. (R.M.)

 

APRIRE STRADE ALLA DEVOZIONE MARIANA DEI POPOLI, PER APPROFONDIRE L’INCONTRO CON CRISTO VIVO E IL VINCOLO CON LA SUA CHIESA: CON QUESTO

INTENTO, GLI EPISCOPATI DELL’AMERICA LATINA E DEI CARABI (CELAM) PROMUOVONO,

DAL 29 SETTEMBRE A CITTA’ DEL MESSICO,

L’INCONTRO CONTINENTALE E IL CONGRESSO TEOLOGICO DI PASTORALE MARIANA

- A cura di Luis A. Badilla Morales -

 

CITTA’ DEL MESSICO. = Come parte rilevante della fase preparatoria della V Conferenza generale degli Episcopati dell’America Latina e dei Carabi (CELAM), in programma dal 13 al 31 maggio 2007 a La Aparecida, in Brasile, il CELAM ha organizzato un Incontro continentale di pastorale mariana, dal 27 settembre al primo ottobre, che si svolgerà presso il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico. Nell’ambito di questo stesso incontro si svolgerà anche il Congresso Teologico di Pastorale Mariana, con lo scopo di sottolineare la pietà mariana dei popoli latinoamericani e caraibici. Due eventi caratterizzano l’Incontro continentale: la “Veglia di preghiera e di cultura mariana, animata da sacerdoti ed artisti, nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, il 29 settembre, e la Solenne Eucaristia di chiusura del Congresso presieduta il primo ottobre, nello stesso Santuario, dal cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Città del Messico. Le relazioni principali dell’Incontro saranno dedicate a diversi argomenti: “Maria, Madre e modello, formatrice dei discepoli e missionari di Gesù Cristo”; “Il principio mariano: chiave per la nostra pastorale”; “Pedagogia mariana nella sequela e nella missione”; “Dimensione e crescita della spiritualità mariana“; “Orientamenti pastorali per illuminare e rivitalizzare la pastorale mariana” .Il Congresso Teologico di Pastorale Mariana centrerà invece le sue riflessioni su 4 prospettive: Teologia; Dogmi mariani; Spiritualità; Pedagogia pastorale. I partecipanti potranno prendere parte al lavoro nei “laboratorios” (circoli di analisi) per approfondire numerose tematiche legate alla presenza di Maria Vergine nella Chiesa e nel mondo. Tra queste, ci sono, per esempio: “Maria nella Chiesa”, “Maria nella pietà popolare e nei Santuari”, “Maria:la donna eucaristica’”, “Maria e la donna d’oggi”, “Maria e l’impegno sociale del cristiano”. Nella nota informativa sugli eventi, gli organizzatori del CELAM, scrivono: “Questi incontri – affermano gli organizzatori, in una nota – desiderano aprire strade alla devozione mariana dei nostri popoli per approfondire l’incontro con Cristo vivo e il vincolo con la sua Chiesa ravvivando la vita liturgica, la formazione catechistica, la vita comunitaria, l’azione missionaria e solidale, l’evangelizzazione della cultura, in una parola, ogni dimensione della vita cristiana”.

 

 

ALLARME DROGA IN AFRICA: SEMPRE PIU’ SEQUESTRI DI COCAINA ED EROINA,

 MENTRE UN NUMERO CRESCENTE DI AFRICANI SI LASCIA TENTARE

DAL TRAFFICO DI STUPEFACENTI

 

BISSAU.= 674 chili: a tanto ammonta il quantitativo di cocaina sequestrata di recente dalle autorità della Guinea Bissau a due trafficanti di origine venezuelana. Secondo la polizia del piccolo Paese africano che si affaccia sull’Atlantico, citata dall’agenzia Fides, questo sequestro è un’ulteriore prova dell’importanza cha ha assunto questa zona dell’Africa nelle rotte della droga, che dal Sud America raggiunge l’Europa. Un’importanza riconosciuta dallo stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che a luglio aveva lanciato l’allarme sulla “diffusione del traffico illegale di stupefacenti sulle coste delle isole della Guinea Bissau”, chiedendo ai governi interessati di aiutare il Paese africano a combattere questo fenomeno. L’incremento del traffico di droga attraverso il continente spinge nelle braccia delle organizzazioni criminali un numero crescente di africani, desiderosi di migliorare le proprie condizioni economiche in modo rapido. Uno dei modi più diffusi per finire preda di un’organizzazione criminale è quella di assumere il ruolo del “mulo”, come viene chiamato nel gergo della criminalità, il corriere che trasporta la droga su di sé, nel proprio bagaglio o ingerendola. In Kenya il fenomeno dei “muli” sta assumendo dimensioni allarmanti: secondo le statistiche della polizia locale, tra il gennaio 2003 e il settembre di quest’anno, 233 kenyoti e 85 stranieri sono stati arrestati per traffico di droga, ai valichi di frontiera degli aeroporti internazionali di Jomo Kenyatta, Moi and Eldoret. Tra le persone arrestate vi sono modelle, steward, hostess e uomini di affari, in genere trafficanti di eroina. Negli ultimi tre anni, negli aeroporti internazionali kenyoti sono stati sequestrati 119 chili di eroina. Ma il sequestro di eroina più consistente si è avuto tra Malindi e Nairobi nel dicembre del 2004, quando sono state confiscate ben 1,1 tonnellate di sostanza stupefacente destinata ad essere trasportata in Olanda. La polizia kenyota afferma di avere intensificato i controlli agli aeroporti per impedire che il Paese diventi una centrale di smistamento della droga verso i ricchi mercati europei. (R.M.)

 

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

26 settembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra -

 

In Iraq, quattro persone sono morte stamani a Baghdad per un attacco condotto da un kamikaze che, alla guida di una moto, si è fatto saltare in aria tra un gruppo di agenti. Poco prima, altri due civili erano rimasti uccisi per due attentati dinamitardi compiuti da ribelli nella zona orientale della capitale irachena. La situazione sul terreno diventa, intanto, ogni giorno sempre più difficile: un generale in pensione dell’esercito statunitense ha dichiarato, ieri, che la gestione della guerra in Iraq ha alimentato il fondamentalismo islamico nel mondo e ha aumentato il numero di nemici degli Stati Uniti. Di fronte al crescere delle violenze in Iraq e alla mancanza di nuove forze, il Pentagono è stato anche costretto a ritardare di sei settimane il rientro a casa di oltre 4 mila soldati dislocati nella turbolenta area di Ramadi.

 

L’Iran sarebbe vicino ad un accordo con l’Unione Europea sul proprio programma nucleare. E’ quanto rivela, stamani, il quotidiano statunitense Washington Times, precisando che l’intesa prevede la sospensione temporanea delle attività di arricchimento dell’uranio in modo da permettere l’inizio delle trattative. Stati Uniti, Francia, Russia, Gran Bretagna e Germania avevano offerto all’Iran, lo scorso mese di giugno, un pacchetto di incentivi per convincere Teheran ad abbandonare lo sviluppo di tecnologie nucleari.

 

In Iran, il responsabile per le operazioni di sminamento nella provincia del Khuzistan ha dichiarato che circa 800 persone, il 20 per cento delle quali bambini, rimangono uccise ogni anno per l’esplosione di mine. Gli ordigni risalgono alla guerra tra Repubblica islamica e Iraq, scoppiata nel 1980 e terminata nel 1988. “Oltre 16 milioni di mine inesplose – ha aggiunto l’ufficiale iraniano - sono ancora disseminate lungo il confine”.

 

Da Israele, arrivano segnali contrapposti per il processo di pace in Medio Oriente: lo Stato ebraico ha annunciato l’imminente completamento del ritiro dei soldati israeliani dal Paese dei cedri. Diventano, invece, ancora più tesi i rapporti con il governo palestinese: una corte militare israeliana ha deciso, infatti, che non saranno rilasciati i ministri e i deputati palestinesi arrestati dopo il sequestro, lo scorso 25 giungo, di un militare dello Stato ebraico da parte di un gruppo di fondamentalisti. Il nostro servizio:

 

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Israele si appresta a lasciare il sud del Libano sotto il totale controllo del contingente dell’ONU e dei militari libanesi: la radio israeliana ha rivelato, infatti, che le truppe dello Stato ebraico si sono ritirate da oltre il 90 per cento dei territori meridionali del Paese dei cedri. La notizia è stata confermata anche dal ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, secondo cui il ritiro dei soldati dello Stato ebraico dal Libano sarà completato entro “l’inizio della prossima settimana”. In Israele, intanto, il quotidiano Yedioth Ahronoth ha reso noto che il primo ministro, Ehud Olmert, ha incontrato 10 giorni fa un membro della famiglia reale dell’Arabia Saudita, Paese con cui lo Stato ebraico non ha relazioni diplomatiche. Il primo ministro Olmert ha subito smentito la notizia data dal giornale, secondo cui il delicato processo di pace in Medio Oriente sarebbe stato al centro dell’incontro. Vasta eco ha ricevuto, nello Stato ebraico, anche la decisione di una corte militare di non liberare 2 ministri e 19 deputati di Hamas arrestati lo scorso 25 giugno dopo il sequestro, da parte di estremisti palestinesi, del caporale israeliano Gilad Shalit. Un precedente collegio giudicante aveva invece deciso il rilascio su cauzione dei politici palestinesi, accusati di appartenere ad una “formazione terroristica” e di rappresentare una minaccia per la sicurezza di Israele. Il Centro palestinese per i diritti umani ha stimato che sono, complessivamente, almeno 800 i palestinesi arrestati dall’inizio dell’offensiva israeliana. Le operazioni militari condotte dallo Stato ebraico negli ultimi mesi nella Striscia di Gaza hanno anche causato perdite, per il Ministero dell’agricoltura palestinese, di circa 26 milioni di dollari. E’ da registrare, infine, che è stato rinviato il vertice, previsto per oggi, tra presidente Abu Mazen ed il premier e leader di Hamas, Ismail Haniyeh, per la formazione del governo di unità nazionale.

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Un comitato della Croce Rossa ha iniziato, ieri, una visita alla base militare americana di Guantanamo, a Cuba, per incontrare e registrare 14 nuovi detenuti provenienti da prigioni segrete americane. Il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza di questi penitenziari lo scorso 6 settembre. Nel carcere di Guantanamo, sono detenute, attualmente, 450 persone sospettate di atti di terrorismo. Tra i prigionieri c’è anche Kaled Sheik Mohammed, ritenuto la mente degli attentati dell’11 settembre 2001.

 

Una manifestazione silenziosa di fronte all’ambasciata dell’Indonesia di Roma. E’ l’iniziativa lanciata ieri dall’UDC per protestare contro l’esecuzione, avvenuta lo scorso 21 settembre, di tre cattolici indonesiani e per denunciare la mancanza di libertà religiosa per molti cristiani nel mondo. Alla manifestazione hanno aderito in maniera trasversale molti leader politici italiani, tra i quali il segretario dei DS, Piero Fassino, e il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Stefano Leszczynski ha intervistato il presidente dell’UDC, Pierferdinando Casini, promotore dell’iniziativa:

 

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R. – Credo sia il segno che ci sia una consapevolezza diffusa in tutti gli schieramenti politici, di tutti i partiti, ma soprattutto nella società italiana. E’ necessario difendere la nostra identità cristiana e, soprattutto, i cristiani nel mondo, che sono perseguitati in tante latitudini e in tante direzioni. Ogni giorno riceviamo un vero e proprio bollettino di guerra: cristiani che muoiono, donne straordinarie come Suor Leonella, che con il solo scopo di aiutare gli altri vengono barbaramente trucidate. E’ un campionario, purtroppo, di missionari che cadono e di luoghi di culto cattolici violati. La società italiana vuole testimoniare con serenità, ma anche con grande determinazione, la sua indignazione per questa violazione della libertà dei cristiani.

 

D. – Un momento, tuttavia, molto delicato dal punto di vista politico ed anche per quanto riguarda il dialogo tra culture e religioni. Qual è l’invito, dunque, a dialogare?

 

R. – Il dialogo è parte costitutiva del nostro patrimonio genetico. Come si fa a non voler dialogare con gli altri quando si parte dal presupposto della libertà: libertà nostra, ma libertà anche dei diversi da noi. Ma confrontarci con gli altri significa sapere soprattutto chi siamo noi, aver ben radicato in noi il senso della nostra identità e dei nostri valori. Ecco perché è importante oggi l’acquisizione di questa consapevolezza. Noi abbiamo un’identità, una storia, delle radici che si identificano con la cristianità in Europa.

 

D. – Ci sono state delle reazioni da parte indonesiana nei confronti di questa iniziativa?

 

R. – E’ un’iniziativa talmente rispettosa che credo che le reazioni possano essere solamente rispettose. E’ una iniziativa silenziosa, non è una chiassata, perché lo stile e il metodo sono anche sostanza nella vita civile e pubblica.

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Il Giappone ha da questa mattina un nuovo primo ministro. Si tratta di Shinzo Abe, eletto la scorsa settimana leader del partito liberal-democratico. In mattinata, come previsto, si è dimesso il governo di Junichiro Koizumi e la Camera bassa del Parlamento ha scelto il nuovo premier con 339 voti a favore su 480. Nel suo programma di governo, Abe promette una riforma della costituzione pacifista del dopoguerra, programmi scolastici di impronta più nazionalista, la promozione della crescita economica, oltre che, in politica estera, un concreto impegno per ricucire i rapporti con Cina e Corea del sud. Ma si può parlare di una certa continuità con il governo di Koizumi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Pierluigi Zanatta, responsabile dell’Agenzia Ansa a Tokyo:

 

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R. – Sebbene lo stesso Shinzo Abe fosse all’interno del governo uscente segretario generale, una carica che ultimamente ha acquisito sempre maggiore importanza proprio sotto di lui, con il governo di Koizumi il nuovo premier Abe ha rotto un po’ i ponti. Nel senso che vuole creare qualcosa di innovativo e, al limite, di più tecnico. Abe, a differenza di Koizumi, non vuole essere un riformatore, ma vuole limitarsi a gestire in maniera più efficiente i fatti di tutti i giorni. Questa sembra essere, quindi, la linea che Abe vuole seguire: quella che porta ad un esecutivo più tecnocratico.

 

D. – A 52 anni, Abe è il più giovane capo di governo della storia del Sol Levante. Ma chi è Shinzo Abe, ci può tracciare un profilo della sua personalità?

 

R. – Di per sé, non è un tecnico, è un uomo di apparato che vuole gestire i tecnici. E’ figlio di un ministro degli Esteri che era stato nella seconda metà degli anni Ottanta il ministro degli Esteri del governo di Nakasone. Questo premier che è ancora vivo, ha 88 anni ma è lucidissimo e molti ritengono sia un po’ l’ “eminenza grigia”, lo shogun dietro questa ascesa di Abe. Fra Nakasone e Koizumi non è mai corso buon sangue, quindi si può pensare ad un ritorno di Nakasone e del suo pupillo, dopo il periodo delle riforme gestite da Koizumi.

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Circa 1000 pescatori hanno fatto ritorno, ieri, ai villaggi sulle coste meridionali del Bangladesh.  Si ridimensiona, così, a 400 dispersi il bilancio della tempesta tropicale che, nei giorni scorsi, ha anche provocato almeno 170 morti e spazzato il sud del Paese asiatico. Ogni anno, gli Stati che si affacciano sul Golfo del Bengala sono devastati da violenti cicloni che, nei mesi di settembre e ottobre, provocano centinaia di vittime e la distruzione di allevamenti e colture.

 

Riprendono le violenze nel sud della Thailandia: tre persone sono rimaste uccise in seguito ad attacchi sferrati nei giorni scorsi dopo il colpo di Stato incruento compiuto, la scorsa settimana, da militari leali al re e guidati dal generale Sonthi. I gruppi separatisti hanno intensificato i loro attacchi nonostante il generale Sonthi sia il primo musulmano a comandare l’esercito tailandese. Nelle regioni meridionali della Thailandia, la maggioranza della popolazione è di etnia malese e di religione musulmana, contrariamente al  resto del Paese, prevalentemente buddista.

 

Oltre 17.000 militari e 3.300 poliziotti potrebbero prendere parte alla Forza di pace da dispiegare nella martoriata regione occidentale sudanese del Darufr. Lo ha detto il responsabile delle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, Jean-Marie Guèhenno, precisando che 50 Paesi hanno partecipato a una riunione per la creazione di un contingente. Hanno espresso la loro disponibilità anche alcuni Paesi africani, malgrado la ferma opposizione del governo di Khartoum all’invio di caschi blu. Sempre ieri, intanto, l’Unione Africana (UA) ha deciso di aumentare da 7 mila a 11 mila i militari in Darfur.

 

 

 

 

 

 

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