RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 269 - Testo
della trasmissione di martedì 26 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
Presentato stamani il
Congresso mondiale delle TV cattoliche che si terrà a Madrid in ottobre
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Liberato un altro vescovo in Cina: da dieci mesi era trattenuto
dalle autorità cinesi
Allarme droga in
Africa: sempre di più il traffico di cocaina ed eroina segue le rotte africane
In Giappone, l’ultraconservatore Shinzo Abe è stato nominato oggi nuovo
premier
26 settembre 2006
IL
TURISMO, OCCASIONE PER UNO SCAMBIO DI VALORI CIVILI E
SPIRITUALI
TRA I
POPOLI: LO SCRIVE BENEDETTO XVI NEL MESSAGGIO
PER LA
27.MA GIORNATA MONDIALE DEL TURISMO
-
Intervista con l’arcivescovo Francesco Brugnaro -
Un fenomeno oggi praticato “da milioni di famiglie” e che
per questo taglia trasversalmente tutti gli ambiti della vita umana. Si tratta
del turismo di massa, esploso negli ultimi decenni, da sempre oggetto di
attenzione e cura pastorale da parte della Chiesa, che lo ha sempre ritenuto
occasione “di arricchimento umano e spirituale”. Questo concetto è ribadito e
sviluppato da Benedetto XVI nel Messaggio inviato nei giorni scorsi a nome del Papa dal cardinale Angelo Sodano, allora in veste
di segretario di Stato, in vista della 27.ma
Giornata mondiale del turismo che si celebra domani. Il servizio di Alessandro
De Carolis.
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“Il turismo arricchisce” recita il titolo della Giornata
mondiale del turismo 2006, e mai come in altre circostanze il verbo si presta a
varie spiegazioni, tutte ugualmente valide: non solo le finanze di moltissimi
Paesi traggono dai flussi turistici internazionali linfa vitale per le loro economie, ma questo particolare comparto della mobilità
umana incide sulle politica, sulla cultura, perfino sull’arte e l’ecologia. E,
senza dubbio, riveste un aspetto di particolare importanza anche in ambito
religioso.
Su questi binari prende l’avvio la riflessione di
Benedetto XVI, che individua “nella reciproca accoglienza tra il visitatore e
l’ospite” la possibilità di uno “scambio di beni della terra e della cultura
che rende l’umana convivenza più fraterna e solidale”. La concordia tra le
popolazioni svela un aspetto ideale del turismo che, dunque, non deve essere considerato,
scrive Benedetto XVI, da un punto di vista “puramente economico o materiale”.
Del resto, osserva il Papa, il Concilio Vaticano II aveva auspicato già 40 anni
fa, quando il turismo di massa era praticamente sconosciuto, che il progressivo
aumento del tempo libero rispetto a quello lavorativo fosse
“impiegato per distendere lo spirito, per fortificare la salute dell’anima e
del corpo”, attraverso “viaggi in altri Paesi” grazie ai quali, riconosceva
l’assise conciliare, lo spirito dell’uomo “si affina”.
All’ingresso del 21.mo secolo,
per Benedetto XVI l’affermazione dei padri conciliari ha acquistato ancor più
forza. “Il viaggiare, - afferma Benedetto XVI - arricchisce lo spirito dell'uomo quando ci si mette in moto per scoprire il nuovo,
quando si è spinti a conoscere le risposte che altri hanno dato ai grandi
interrogativi dell'esistenza. Il turismo può esprimere, soprattutto nella
nostra epoca, la fondamentale istanza della persona umana che è quella di crescere
nella conoscenza e di sperimentare come l'uomo sia portatore multiplo di
civiltà e di bene”. “Evitando l’improvvisazione e la superficialità”, conclude
il Papa, “il turismo può diventare un'altra, efficace risorsa di autentico
arricchimento dell'umanità; attraverso di esso infatti
gli uomini e le culture si scambiano i valori della conoscenza e del benessere,
della giustizia e della libertà, della bellezza e della pace, che danno senso
pieno alla vita”.
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Sul tema di questa Giornata, mons. Francesco Brugnaro, osservatore permanente della Santa Sede presso
l’Organizzazione mondiale del turismo, che ha sede a Madrid. L’intervista è di
Giovanni Peduto:
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R. – Il turismo è ricchezza perché non solo produce beni
economici, beni materiali, arricchisce la finanza dei popoli, soprattutto degli
Stati più fortunati che vivono da più tempo l’esperienza del turismo. Il
turismo significa anche vedere come rendere culturalmente valido il viaggiare,
come permettere che chi ospita, che spesso è in condizioni di minoranza
rispetto a colui che viaggia, possa beneficare del viaggio del turista. Non
solo esporsi alla curiosità e all’interesse del turista, ma ricevere anche dei
benefici e i benefici non solo sono economici ma sono
anche uno scambio di socialità, uno scambio di cultura, un confronto di
religione, la possibilità di emanciparsi da condizioni di sottosviluppo socioeconomico.
D. – Monsignor Brugnaro, alla
luce del messaggio di Benedetto XVI, quali sono oggi i rischi e i pericoli del
turismo?
R. - Il Papa mette in evidenza che un turismo vissuto in
maniera frettolosa, come spesso oggi si usa dire con un’espressione non molto
elegante ma che è in voga “mordi e fuggi” – quando
cioè uno va, gode di un bene culturale oppure di un bene naturalistico, la
spiaggia, la vacanza e poi riparte - ecco il Papa dice che un turismo vissuto
in questa maniera, quindi superficiale, rischia di danneggiare sia la persona
che ospita che il turista. E’ necessaria quindi una preparazione seria,
evitando le improvvisazioni; è necessario anche educare al turismo attraverso
le grandi istituzioni, la scuola, le università, il mondo scientifico,
culturale il mondo del sindacato, garantire per esempio il turista dei diritti
che ha, ma garantire anche gli operatori, coloro che favoriscono il turismo
soprattutto le fasce più deboli, quelli che hanno lavori saltuari, che vengono occupati saltuariamente nei Paesi di accoglienza.
Incoraggiare quindi la formazione di competenze specifiche e dare offerta di garanzie
dinamiche nell’accoglienza dei turisti, ma anche favorire e difendere coloro
che vivono del turismo, soprattutto nei Paesi più poveri e più deboli.
D. – Quali consigli darebbe lei, mons. Brugnaro,
a un turista?
R. – Il turista è uno che innanzitutto dovrebbe andare a
vedere non ciò che già conosce o confrontarsi con se stesso, ma dovrebbe andare
mosso da una grande curiosità, quindi essere incuriosito da ciò che di nuovo
può trovare. Allora, la prima cosa è immergersi nella cultura che si incontra,
nella mentalità e non pretendere da quella cultura e da quella mentalità di
ritrovare se stesso ma di ritrovare qualcuno altro con le sue ricchezze, la sua
storia, la sua religione, le sue povertà, le sue domande. Il Papa sostiene
all’inizio che il turismo è un’occasione anche per confrontare le grandi
domande che l’uomo si pone ovunque, in qualsiasi condizione storica e in
qualsiasi condizione socioculturale nella quale si abbia trovare.
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E in occasione della Giornata
mondiale del turismo, domani, come di consueto, i Musei Vaticani apriranno
gratuitamente al pubblico le proprie sale espositive e la Cappella Sistina
(orario 8.45 – 16.45; ultimo ingresso alle ore 15.20), compreso il Museo
Storico Vaticano situato nel Palazzo Apostolico Lateranense (ingresso
dall’atrio principale della Basilica di San Giovanni in Laterano, Piazza di
Porta San Giovanni; visite guidate alle ore 9.00 – 10.00 – 11.00 – 12.00).
MONS.
MILINGO E I QUATTRO SACERDOTI DA LUI CONSACRATI VESCOVI
SENZA
MANDATO PONTIFICIO, SONO INCORSI NELLA SCOMUNICA LATAE SENTENTIAE:
COSI’
UNA NOTA DELLA SALA STAMPA VATICANA
Una dichiarazione della Sala
Stampa vaticana ha reso noto oggi che l’arcivescovo Milingo
e i quattro sacerdoti da lui ordinati vescovi domenica scorsa a Washington
“sono incorsi nella scomunica latae sententiae”, cioè automatica, prevista dal Canone 1382 del
Codice di Diritto Canonico per quei vescovi che senza mandato pontificio
consacrano qualcuno vescovo e per chi da essi ricevono
la consacrazione.
La nota rileva che “
“Tenuto conto della comprensione
manifestata, anche di recente, dal Successore di Pietro verso questo anziano
Pastore della Chiesa – prosegue la nota -
“La Chiesa – leggiamo ancora nel
comunicato - non
riconosce e non intende riconoscere nel futuro tali ordinazioni e tutte le
ordinazioni da esse derivate, e ritiene che lo stato canonico dei quattro
presunti vescovi sia quello in cui si trovavano prima dell’ordinazione.
TV
CATTOLICHE DI TUTTO IL MONDO RIUNITE A MADRID DAL
10 AL 12 OTTOBRE,
SU
INVITO DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LE COMUNICAZIONI SOCIALI
I MEDIA PONTE TRA
CULTURE E RELIGIONI
Le Tv cattoliche riunite in un Congresso mondiale a
Madrid, in Spagna, dal 10 al 12 ottobre. L’iniziativa, promossa del Pontificio
Consiglio delle Comunicazioni sociali è stata presentata stamane
nella Sala Stampa vaticana. Il servizio di Roberta Gisotti:
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Sono circa 2000 le televisioni cattoliche nel mondo, ed è
tempo di valorizzare un patrimonio prezioso nel panorama della comunicazione,
di fronte alle sfide che le nuove tecnologie in continua evoluzione pongono
anche alla Chiesa. Di questo parleranno nella capitale spagnola oltre 250
rappresentanti di Tv e Centri di produzione televisiva sparsi in Europa,
America, Africa, Asia, Oceania, insieme a delegati di commissioni episcopali di
comunicazione sociale e docenti di Facoltà di Scienze dei
media; una trentina i relatori. Si tratta di creare una nuova rete di
cooperazione, “rispettando l’autonomia e l’organizzazione” di ciascuno, per
suscitare “dinamismi utili” ovvero opportunità per facilitare il lavoro della
comunicazione nella Chiesa e nella società – ha spiegato l’arcivescovo John P. Foley, presidente del dicastero vaticano promotore del
Congresso:
“Occorre lavorare non soltanto sull’identità cattolica di
questi enti televisivi, ma anche su temi molto pratici come gli aspetti
economici e amministrativi dell’industria televisiva, la professionalità del
personale, la qualità e la varietà dei formati di programmazione, la qualità
dell’informazione, le possibilità offerte dai cambiamenti tecnologici,
eccetera”.
“Una realtà molto variegata”, quella dell’emittenza cattolica che va dalle Tv create dalle Conferenze
episcopali o da grandi diocesi che coprono vaste aree nazionali o anche internazionali
a quelle a volte molto piccole e povere di mezzi sostenute da movimenti, enti
religiosi, singole persone, come ha illustrato padre Federico
Lombardi, intervenuto in qualità di direttore del Centro Televisivo Vaticano
(CTV):
“E’ veramente necessario ed opportuno che queste diverse
realtà convengano per conoscersi, per poter stabilire dei legami di
collaborazione, in un certo senso anche per poter organizzare la loro
collaborazione. Ci sono le emittenti, ci sono i centri di produzione, ci sono
le agenzie e ci sono anche le istituzioni che possono finanziare: capite che
sono veramente tasselli di un panorama che può veramente produrre, se ben
coordinato, dei risultati molto positivi”.
Un punto di partenza Madrid di un lavoro coordinato “che
darà frutti efficaci all’irrinunciabile missione evangelizzatrice della Chiesa,
sotto l’orientamento della Santa Sede, ha sottolineato mons. José Maria Jil, segretario della Commissione dei mezzi di
comunicazione sociale della Conferenza episcopale spagnola, ricordando che sarà
possibile seguire i lavori del Congresso sul sito Internet www.congresomundialtv.com nelle lingue
spagnola, italiana, inglese e francese.
I media, ponte per le culture e per le
religioni, ha concluso mons. Foley sollecitato dai
giornalisti circa le polemiche insorte di recente intorno al discorso del Papa
all’Università di Ratisbona, “un fatto provvidenziale - ha detto - perché ha
dato la possibilità di ristabilire il dialogo tra Cristianesimo ed Islam”. Mons. Foley:
“I mezzi della comunicazione sono una sorta di ponte dove
possiamo avere anche questo dialogo e possiamo avere una conoscenza più
profonda dei nostri vicini di altre religioni”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Apre la prima pagina
l’Afghanistan: un’altra strage nel Sud, uccise diciotto persone. In un
attentato nei pressi di Kabul muore un soldato italiano.
Servizio vaticano - Una pagina
dedicata alle lettere pastorali dei vescovi italiani.
Servizio estero - El Salvador: brutalmente e assassinato un sacerdote.
Servizio culturale - Un
articolo di Franco Lanza dal titolo “Un veemente
polemista a servizio della verità”: cinquant’anni
dalla morte di Giovanni Papini.
Per l’“Osservatore libri” un
articolo di Danilo Veneruso dal titolo “Le carte del ‘Sacro Tavolo’. Aspetti del
pontificato di Pio X dai documenti del suo archivio privato”: due volumi di Alejandro M. Dieguez e Sergio
Pagano.
In primo piano il tema degli
incidenti sul lavoro.
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26 settembre 2006
REAZIONI
POSITIVE NEL MONDO ISLAMICO ALL’INCONTRO DEL PAPA IERI
A
CASTEL GANDOLFO CON GLI AMBASCIATORI
DEI
PAESI A MAGGIORANZA MUSULMANA
-
Interviste con mons. Giuseppe Lorizio e Magdi Allam -
Reazioni positive nel
mondo islamico all’incontro di ieri a Castel Gandolfo tra il Papa e gli ambasciatori dei Paesi a
maggioranza musulmana accreditati presso
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R. – Anzitutto il primo atteggiamento al quale siamo
invitati, credo che sia quello dell’attenzione. Attenzione significa
riconoscimento delle diversità. Non possiamo partire dal presupposto di una uguaglianza assoluta di tutte le appartenenze religiose.
Questo sarebbe anche un mortificare la pluralità stessa del dinamismo religioso.
A partire da questo atteggiamento di attenzione, sorge l’altro atteggiamento
che è quello del rispetto. Rispetto che dobbiamo certamente agli altri, ma che
spesso siamo anche noi stessi chiamati a rivendicare nei confronti delle nostre
valutazioni attorno ad esperienze religiose altre.
D. – Benedetto XVI ha detto a Ratisbona
che bisogna fare teologia con l’ausilio di una ampia
ragione. Come porsi in questo senso in dialogo?
R. – Invitando tutti a ragionare. Cominciando noi per
primi a ragionare, ovviamente. E questo perché se siamo i primi a rinunciare
alla ragione, a ritenere che l’appartenenza di fede sia solo un’appartenenza fideistica o sia solo un’adesione del sentimento o solo
della volontà a Dio che si rivela in Cristo, noi per primi rinunciamo alla
ragione. Quindi soltanto articolando razionalmente le domande e le risposte,
possiamo invitare gli altri a discuterne. Sarebbe stato molto bello se quel
testo, piuttosto che essere rilanciato dai mass media come una provocazione,
con atteggiamenti fortemente irrazionalisti, fosse
stato discusso.
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Ascoltiamo adesso il
commento del vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, al microfono di Sergio Centofanti:
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R. – Come italiano, musulmano, laico, devo ringraziare il
Papa, così come ritengo che lo dobbiamo ringraziare tutti quanti noi, per aver
assunto un atteggiamento di grande coerenza e di grande dignità nell’essersi
rifiutato di scusarsi per aver semplicemente esercitato il proprio legittimo
diritto alla libertà d’espressione, ed è questo ciò che a me preme
sottolineare.
D. – Qual è la parola che più l’ha colpita del discorso
del Papa?
R. – La parola che più mi ha colpito è il dialogo basato
sulla chiarezza di ciò che può accomunare e di ciò che invece è diverso. Credo
che questa sia la base corretta per impostare un dialogo che non sia
all’insegna dell’ipocrisia e della negazione della realtà, e che quindi possa
essere un dialogo veramente costruttivo che non si risolva in una stretta di
mano, in pacche sulle spalle senza modificare nulla nei nostri cuori e nelle
nostre menti. Questo Papa, proprio perché vuole costruire, vuole partire da ciò
che ci unisce come persone, dalla dignità della persona, dai valori fondanti
della nostra umanità, la sacralità della vita, la dignità e la libertà delle
persone, e una volta instaurata una solida piattaforma diventerà più agevole
procedere in un percorso che potrebbe anche portare ad un ravvicinamento su un
piano prettamente religioso e spirituale.
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IN
AFGHANISTAN, I TALEBANI UCCIDONO IN UN ATTENTATO UN ALPINO ITALIANO,
IL
CAPORALMAGGIORE GIORGIO LANGELLA, E UN BAMBINO AFGHANO.
SECONDO
GLI ESTREMISTI ISLAMICI BIN LADEN È VIVO
-
Intervista con Fulvio Scaglione -
Dopo il barbaro assassinio di cui
è rimasta vittima la responsabile delle questioni femminili della provincia di Kandahar, Safiya Ama Jan, la guerriglia talebana
torna drammaticamente a colpire in Afghanistan. Un soldato italiano, il
caporal-maggiore degli Alpini, Giorgio Langella, ed
un bambino afghano sono rimasti uccisi stamani in un
attentato avvenuto vicino la capitale Kabul. Subito dopo
aver appreso la notizia, il presidente italiano, Giorgio Napolitano, ha espresso
profondo dolore e cordoglio per quanto accaduto. Secondo le prime
ricostruzioni, una bomba è esplosa al passaggio di un convoglio militare della
missione della Nato, Isaf,
ferendo gravemente almeno cinque civili e altri cinque soldati. A rivendicare
l’attacco, assieme ad un’altra azione avvenuta nel sud del Paese e che ha provocato
circa 20 morti, è stato il portavoce dei Talebani, Mohammed Hanif. A margine della
rivendicazione, il rappresentante della guerriglia, smentendo le voci diffuse
nei giorni scorsi, ha anche affermato che Osama Bin Laden sarebbe vivo. Ma chi sono
oggi i Talebani in Afghanistan? Giancarlo La Vella lo
ha chiesto a Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia Cristiana:
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R. – La mia sensazione è che dietro questa sigla non si
nascondano più gli esponenti di un movimento con le caratteristiche che aveva
il regime dei talebani, prima del 2001, ma si nasconda un fronte più composito,
fatto di criminalità organizzata, di estremismo religioso naturalmente, di
ambizioni politiche, di milizie dei signori della guerra, interessati alla
instabilità del Paese. E questo perché la stabilità portata dal governo
centrale significa evidentemente una limitazione dei loro interessi. Vorrei
portare l’attenzione sul fatto che la Provincia più colpita da questi attacchi
è quella di Elmand, dove più intensa e fitta è la
coltivazione del papavero da oppio.
D. – Nel gioco a scacchiera che la guerriglia porta avanti
in Medio Oriente, in questo momento riaprire il fronte afghano
può servire a che cosa?
R. – Praticamente la successione dell’attacco
all’Afghanistan e all’Iraq dovrebbe entrare nei manuali di storia come un caso
esemplare di fallimento strategico. E questo perché l’impresa in Afghanistan
non era compiuta, ma la si è data per ben avviata
troppo presto e, per ragioni politiche, si è invece avviata l’impresa in Iraq,
che ha distolto forze, mezzi, attenzione e concentrazione dall’Afghanistan. Il
risultato è che ci ritroviamo - cinque anni dopo – a metà del guado di qua e di
là e con forti possibilità di non raggiungere l’obiettivo né di qua né di là.
D. – Il presidente Karzai che
cosa e chi rappresenta in questo momento?
R. – Rappresenta un potere centrale che fatica moltissimo
a stabilire il nostro controllo sulla totalità del Paese. Siamo in una
situazione molto prossima a quella irachena, nel senso che, probabilmente, se
il governo Karzai venisse
abbandonato dalle truppe straniere durerebbe assai poco. Non di meno Karzai rappresenta, comunque, una speranza che gli afghani
hanno. Negli anni scorsi, milioni di afghani sono rientrati dall’esilio dei
campi profughi e sono tornati in patria. Questo grande movimento di rientro non
si è ancora sgretolato. Gli afghani che sono tornati in patria non stanno
cercando di uscire e questo significa che in loro, comunque, abita la speranza
di un futuro più sereno sicuramente di quello che è stato il passato. Su
questo, secondo me, bisognerebbe lavorare per creare le fondamenta al governo Karzai.
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26 settembre 2006
LIBERATO, IERI
POMERIGGIO IN CINA, MONS. GIULIO JIA ZHIGUO,
VESCOVO DI ZHENGDING, NELLA
PROVINCIA DELL’HEBEI.
DA OLTRE DIECI MESI ERA TRATTENUTO
DALLE AUTORITA’ CINESI
ZHENGDING. = E’ stato rilasciato
ieri pomeriggio in Cina, dopo oltre 10 mesi di detenzione per “sessioni di
studio” da parte della polizia, mons. Giulio Jia Zhiguo, vescovo di Zhengding,
nella provincia dell’Hebei. Secondo
fonti di AsiaNews, il
presule, 70 anni, sarebbe tornato alla sua residenza in condizioni di piena
libertà, tanto da poter ricevere visite dai sacerdoti della diocesi. In passato
era stato costretto agli arresti domiciliari in totale isolamento. Mons. Jia Zhiguo
è stato arrestato l’8 novembre del 2005, insieme ad alcuni
sacerdoti della sua diocesi, una delle più vive dell’Hebei,
con circa 1 milione e mezzo di fedeli. A fine maggio, alcune agenzie
avevano diffuso la notizia della sua liberazione. In realtà, il presule era
stato semplicemente ricoverato per cure urgenti in un ospedale dell’Hebei, piantonato da 6 poliziotti giorno e notte. Vescovo dal 1980,
ha già trascorso 20 anni in prigione ed è stato spesso rapito, prima delle principali festività religiose, e costretto a subire
un indottrinamento per prevenire celebrazioni e raduni di cristiani. Talvolta, in
occasioni di importanti riunioni del Partito o di visite dall’estero di capi di
Stato e personalità, è stato segregato in luoghi sconosciuti. Nel 1999, per
prevenire la sua attività di evangelizzazione, la polizia gli ha imposto la chiusura
di un orfanotrofio per bambini abbandonati e portatori di handicap. La
struttura è stata poi riaperta a causa della pressione internazionale.
Attualmente, mons. Jia Zhiguo
mantiene a sue spese e in casa sua circa 100 bambini disabili. Il 30 novembre
del 2005, la Santa Sede aveva espresso “grave preoccupazione” per l’arresto del
presule e dei sacerdoti della diocesi cinese. Di recente, anche il Parlamento
Europeo aveva chiesto la liberazione del presule, insieme a
quella di altri 6 vescovi sequestrati. (R.M.)
UCCISO, NELLA NOTTE TRA DOMENICA E
LUNEDI’ A EL SALVADOR, IL SACERDOTE
CATTOLICO, RICARDO ANTONIO ROMERO, GIÀ PARROCO
NELLA PROVINCIA
OCCIDENTALE DI SONSONATE.
SOSPETTATI DELL’OMICIDIO I COSIDDETTI
‘PANDILLEROS’, APPARTENENTI A BANDE GIOVANILI,
LA CUI ATTIVITA’
NELLA ZONA COMPORTA ANCHE PIÙ DI UN
MORTO AL GIORNO
SONSONATE. = Un sacerdote cattolico di 53 anni, Ricardo
Antonio Romero, è stato assassinato nella notte tra
domenica e lunedì nella provincia di Sonsonate,
nell’ovest di El Salvador. Secondo la polizia locale,
il sacerdote, già parroco della cattedrale di Sonsonate,
stava percorrendo una strada nei pressi della località Acajutla,
quando è stato bloccato da un gruppo di sconosciuti che hanno infierito su di
lui, colpendolo alla testa, apparentemente con pietre o bastoni, fino ad
ucciderlo. Ancora sconosciuto il movente del delitto. Fonti locali non
escludono che i responsabili possano essere i cosiddetti ‘pandilleros’,
appartenenti cioè a bande giovanili chiamate ‘pandillas’
o ‘maras’, la cui attività nella zona comporta anche
più di un omicidio al giorno. (R.M.)
“QUESTO MESE SIA OCCASIONE PER LE
COMUNITA’ CATTOLICHE E MUSULMANE
DI PRENDERE DELLE INIZIATIVE DI
INCONTRO E DI DIALOGO, PER CONOSCERCI MEGLIO E MEGLIO SERVIRE LA PACE E LA
GIUSTIZIA”: E’ L’AUSPICIO ESPRESSO DAI VESCOVI FRANCESI, IN UN MESSAGGIO ALLA
COMUNITÀ ISLAMICA DEL PAESE
IN OCCASIONE DEL RAMADAN,
COMINCIATO DOMENICA
PARIGI. = “Continuare a tessere legami di fraternità e di
amicizia dappertutto, ma particolarmente in quei luoghi dove vivere insieme non
è facile a causa delle difficoltà che toccano i giovani nel loro futuro, della
violenza, del rifiuto degli altri diversi per cultura e religione”: questo, il
desiderio espresso dai vescovi della Francia, in un
messaggio ai musulmani del Paese in occasione del mese di Ramadan, cominciato
domenica. Nel testo, firmato da mons. Michel Santier, presidente del Consiglio per le relazioni
interreligiose della Conferenza episcopale francese, si ribadisce che “la
Chiesa cattolica guarda con stima i musulmani che adorano il Dio unico”. “A
causa della nostra fede in Dio – afferma il presule – come uomini e donne di
buona volontà siamo invitati a gettare dei ponti là dove esistono barriere.
Desideriamo proseguire nei cammini di dialogo intrapresi da anni”. L’auspicio
espresso dai vescovi francesi è dunque, che “questo mese di Ramadan sia
occasione per le comunità cattoliche e musulmane di prendere delle iniziative
di incontro e di dialogo, per conoscerci meglio e meglio servire la pace e la
giustizia”. (R.M.)
ATTACCATA
DOMENICA SCORSA, DA UN GRUPPO DI ESTREMISTI ISLAMICI,
UNA CHIESA NELLA PROVINCIA
INDONESIANA DI WEST JAVA. I FONDAMENTALISTI,
FERMATI DALLA POLIZIA, HANNO
MINACCIATO DI TORNARE “A FINIRE IL LAVORO”
JAKARTA. = Domenica scorsa, un
gruppo di circa 50 estremisti islamici ha assalito e cercato di demolire una
chiesa nel villaggio di Arjasari, nella provincia indonesiana
di West Java. Come riferisce AsiaNews, da una vicina moschea, i fondamentalisti
hanno marciato verso la chiesa Yayasan Penginjilan Roti Kehidupan,
usata dai cristiani per le riunioni di preghiera. Al rifiuto del responsabile
di chiudere l’edificio, il gruppo ha iniziato a demolirne il tetto e si è
fermato solo grazie all’intervento della polizia, che ha invitato la folla alla
“pazienza”, ricordando che solo l’autorità locale può chiudere un luogo di
culto. Allontanandosi, i dimostranti hanno minacciato di tornare a “finire il
lavoro”, se la chiesa continuerà la sua attività. Secondo
fonti locali, la protesta è stata fomentata dalla Divisione Anti Apostasia del Forum degli Ulema
islamici, gruppo estremista guidato da Suryana Nur Fatwama. Faidin,
un residente nella zona e funzionario dell’ufficio per gli Affari spirituali,
ricorda che la chiesa di Arjasari era
già stata “chiusa” per un anno a seguito di episodi simili. “La
frequentano solo 7 persone – ha raccontato – compresi due residenti del villaggio,
che si sono da poco convertiti al cristianesimo”. “Siamo disturbati dalla loro
presenza – ha aggiunto – e temiamo che vogliano diffondere le loro idee
tra i residenti locali, che sono quasi tutti musulmani”. Secondo il Forum delle
Comunicazioni delle Chiese di West Java, in tutto il 2005 sono state chiuse 35
chiese domestiche. Il dato allarmante ha reso necessaria una revisione del Decreto
ministeriale del 1969, che regola la costruzione di luoghi di culto. Le
difficoltà di ottenere i permessi ad edificare costringono spesso le comunità
religiose a praticare la propria fede nell’illegalità. (R.M.)
APRIRE STRADE ALLA DEVOZIONE
MARIANA DEI POPOLI, PER APPROFONDIRE L’INCONTRO CON CRISTO VIVO E IL VINCOLO
CON LA SUA CHIESA: CON QUESTO
INTENTO, GLI EPISCOPATI
DELL’AMERICA LATINA E DEI CARABI (CELAM) PROMUOVONO,
DAL 29 SETTEMBRE A CITTA’ DEL
MESSICO,
L’INCONTRO CONTINENTALE E IL
CONGRESSO TEOLOGICO DI PASTORALE MARIANA
- A cura di Luis
A. Badilla Morales -
CITTA’ DEL MESSICO. = Come parte rilevante della fase
preparatoria della V Conferenza generale degli Episcopati dell’America Latina e
dei Carabi (CELAM), in programma dal 13 al 31 maggio 2007 a
La Aparecida, in Brasile, il CELAM ha
organizzato un Incontro continentale di pastorale mariana, dal 27 settembre al
primo ottobre, che si svolgerà presso il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe, a Città del Messico. Nell’ambito di questo stesso
incontro si svolgerà anche il Congresso Teologico di Pastorale Mariana, con lo
scopo di sottolineare la pietà mariana dei popoli latinoamericani e caraibici.
Due eventi caratterizzano l’Incontro continentale: la “Veglia di preghiera e di
cultura mariana, animata da sacerdoti ed artisti, nella Basilica di Nostra
Signora di Guadalupe, il 29 settembre, e la Solenne
Eucaristia di chiusura del Congresso presieduta il primo ottobre, nello stesso
Santuario, dal cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di Città del Messico. Le relazioni
principali dell’Incontro saranno dedicate a diversi argomenti: “Maria, Madre e modello, formatrice dei discepoli e missionari di
Gesù Cristo”; “Il principio mariano: chiave per la nostra pastorale”;
“Pedagogia mariana nella sequela e nella missione”; “Dimensione e crescita della spiritualità mariana“; “Orientamenti pastorali per illuminare e rivitalizzare la pastorale mariana” .Il Congresso Teologico di Pastorale Mariana centrerà invece le sue
riflessioni su 4 prospettive: Teologia;
Dogmi mariani; Spiritualità; Pedagogia pastorale. I partecipanti
potranno prendere parte al lavoro nei “laboratorios”
(circoli di analisi) per approfondire numerose tematiche legate alla presenza
di Maria Vergine nella Chiesa e nel mondo. Tra queste, ci sono, per esempio:
“Maria nella Chiesa”, “Maria nella pietà popolare e nei Santuari”, “Maria: ‘la donna eucaristica’”, “Maria e
la donna d’oggi”, “Maria e l’impegno sociale del cristiano”. Nella nota
informativa sugli eventi, gli organizzatori del CELAM, scrivono: “Questi
incontri – affermano gli organizzatori, in una nota – desiderano aprire strade
alla devozione mariana dei nostri popoli per approfondire l’incontro con Cristo
vivo e il vincolo con la sua Chiesa ravvivando la vita liturgica, la formazione
catechistica, la vita comunitaria, l’azione missionaria e solidale,
l’evangelizzazione della cultura, in una parola, ogni dimensione della vita
cristiana”.
ALLARME DROGA IN AFRICA: SEMPRE PIU’ SEQUESTRI DI COCAINA ED EROINA,
MENTRE UN NUMERO CRESCENTE DI
AFRICANI SI LASCIA TENTARE
DAL TRAFFICO DI STUPEFACENTI
BISSAU.= 674 chili: a
tanto ammonta il quantitativo di cocaina sequestrata di recente dalle autorità
della Guinea Bissau a due trafficanti di origine
venezuelana. Secondo la polizia del piccolo Paese africano che si affaccia
sull’Atlantico, citata dall’agenzia Fides, questo sequestro è un’ulteriore
prova dell’importanza cha ha assunto questa zona dell’Africa nelle rotte della
droga, che dal Sud America raggiunge l’Europa. Un’importanza riconosciuta dallo
stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che a luglio aveva lanciato
l’allarme sulla “diffusione del traffico illegale di stupefacenti sulle coste
delle isole della Guinea Bissau”, chiedendo ai
governi interessati di aiutare il Paese africano a combattere questo fenomeno.
L’incremento del traffico di droga attraverso il continente spinge nelle
braccia delle organizzazioni criminali un numero crescente di africani,
desiderosi di migliorare le proprie condizioni economiche in modo rapido. Uno
dei modi più diffusi per finire preda di un’organizzazione criminale è quella
di assumere il ruolo del “mulo”, come viene chiamato
nel gergo della criminalità, il corriere che trasporta la droga su di sé, nel
proprio bagaglio o ingerendola. In Kenya il fenomeno dei “muli” sta assumendo
dimensioni allarmanti: secondo le statistiche della polizia locale, tra il
gennaio 2003 e il settembre di quest’anno, 233 kenyoti
e 85 stranieri sono stati arrestati per traffico di droga, ai valichi di
frontiera degli aeroporti internazionali di Jomo Kenyatta, Moi and Eldoret. Tra le persone arrestate vi sono modelle, steward,
hostess e uomini di affari, in genere trafficanti di eroina. Negli ultimi tre
anni, negli aeroporti internazionali kenyoti sono
stati sequestrati 119 chili di eroina. Ma il sequestro di eroina più
consistente si è avuto tra Malindi e Nairobi nel
dicembre del 2004, quando sono state confiscate ben 1,1 tonnellate di sostanza
stupefacente destinata ad essere trasportata in Olanda. La polizia kenyota afferma
di avere intensificato i controlli agli aeroporti per impedire che il Paese
diventi una centrale di smistamento della droga verso i ricchi mercati europei.
(R.M.)
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26 settembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra -
In
Iraq, quattro persone sono morte stamani a Baghdad per un attacco condotto da
un kamikaze che, alla guida di una moto, si è fatto saltare in aria tra un
gruppo di agenti. Poco prima, altri due civili erano rimasti uccisi per due
attentati dinamitardi compiuti da ribelli nella zona orientale della capitale
irachena. La situazione sul terreno diventa, intanto, ogni giorno sempre più
difficile: un generale in pensione dell’esercito statunitense ha
dichiarato, ieri, che la gestione della guerra in Iraq ha alimentato il
fondamentalismo islamico nel mondo e ha aumentato il numero di nemici degli
Stati Uniti. Di fronte
al crescere delle violenze in Iraq e alla mancanza di nuove forze, il Pentagono
è stato anche costretto a ritardare di sei settimane il rientro a casa di oltre
4 mila soldati dislocati nella turbolenta area di Ramadi.
L’Iran
sarebbe vicino ad un accordo con l’Unione Europea sul proprio programma nucleare.
E’ quanto rivela, stamani, il quotidiano statunitense
Washington Times, precisando che l’intesa
prevede la sospensione temporanea delle attività di arricchimento dell’uranio
in modo da permettere l’inizio delle trattative. Stati Uniti, Francia, Russia,
Gran Bretagna e Germania avevano offerto all’Iran, lo scorso mese di giugno, un
pacchetto di incentivi per convincere Teheran ad abbandonare
lo sviluppo di tecnologie nucleari.
In
Iran, il responsabile per le operazioni di sminamento
nella provincia del Khuzistan ha dichiarato che circa
800 persone, il 20 per cento delle quali bambini, rimangono uccise ogni anno
per l’esplosione di mine. Gli ordigni risalgono alla guerra tra
Repubblica islamica e Iraq, scoppiata nel 1980 e terminata nel 1988.
“Oltre 16 milioni di mine inesplose – ha aggiunto l’ufficiale iraniano - sono
ancora disseminate lungo il confine”.
Da
Israele, arrivano segnali contrapposti per il processo di pace in Medio
Oriente: lo Stato ebraico ha annunciato l’imminente completamento del ritiro
dei soldati israeliani dal Paese dei cedri. Diventano, invece, ancora più tesi
i rapporti con il governo palestinese: una corte militare israeliana ha deciso,
infatti, che non saranno rilasciati i ministri e i deputati palestinesi
arrestati dopo il sequestro, lo scorso 25 giungo, di un militare dello Stato
ebraico da parte di un gruppo di fondamentalisti. Il nostro servizio:
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Israele
si appresta a lasciare il sud del Libano sotto il totale controllo del contingente
dell’ONU e dei militari libanesi: la radio israeliana ha rivelato, infatti, che
le truppe dello Stato ebraico si sono ritirate da oltre il 90 per cento dei
territori meridionali del Paese dei cedri. La notizia è stata confermata anche
dal ministro della Difesa israeliano, Amir Peretz, secondo cui il ritiro dei soldati dello Stato
ebraico dal Libano sarà completato entro “l’inizio della prossima settimana”.
In Israele, intanto, il quotidiano Yedioth Ahronoth ha reso noto che il primo ministro, Ehud Olmert, ha incontrato 10 giorni fa un membro della
famiglia reale dell’Arabia Saudita, Paese con cui lo Stato ebraico non ha
relazioni diplomatiche. Il primo ministro Olmert ha
subito smentito la notizia data dal giornale, secondo cui il delicato processo
di pace in Medio Oriente sarebbe stato al centro dell’incontro. Vasta eco ha
ricevuto, nello Stato ebraico, anche la decisione di una corte militare di non liberare 2
ministri e 19 deputati di Hamas arrestati lo scorso 25 giugno dopo il sequestro,
da parte di estremisti palestinesi, del caporale israeliano Gilad
Shalit. Un precedente collegio giudicante aveva
invece deciso il rilascio su cauzione dei politici palestinesi, accusati di
appartenere ad una “formazione terroristica” e di rappresentare una minaccia
per la sicurezza di Israele. Il Centro palestinese per i diritti umani ha
stimato che sono, complessivamente, almeno 800 i palestinesi arrestati
dall’inizio dell’offensiva israeliana. Le operazioni militari condotte dallo
Stato ebraico negli ultimi mesi nella Striscia di Gaza hanno anche causato
perdite, per il Ministero dell’agricoltura palestinese, di circa 26 milioni di
dollari. E’ da registrare, infine, che è stato rinviato il
vertice, previsto per oggi, tra presidente Abu Mazen ed il premier e leader di Hamas, Ismail
Haniyeh, per la formazione del governo di unità nazionale.
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Un comitato della Croce Rossa ha
iniziato, ieri, una visita alla base militare americana di Guantanamo, a Cuba, per incontrare e registrare 14 nuovi
detenuti provenienti da prigioni segrete americane. Il presidente degli Stati
Uniti, George Bush, ha riconosciuto ufficialmente
l’esistenza di questi penitenziari lo scorso 6 settembre. Nel carcere di Guantanamo, sono detenute, attualmente, 450 persone
sospettate di atti di terrorismo. Tra i prigionieri c’è anche Kaled Sheik Mohammed,
ritenuto la mente degli attentati dell’11 settembre 2001.
Una
manifestazione silenziosa di fronte all’ambasciata dell’Indonesia di Roma. E’
l’iniziativa lanciata ieri dall’UDC per protestare contro l’esecuzione, avvenuta
lo scorso 21 settembre, di tre cattolici indonesiani e per denunciare la
mancanza di libertà religiosa per molti cristiani nel mondo. Alla
manifestazione hanno aderito in maniera trasversale molti leader politici
italiani, tra i quali il segretario dei DS, Piero Fassino,
e il sindaco di Roma, Walter Veltroni. Stefano
Leszczynski ha intervistato il presidente dell’UDC, Pierferdinando
Casini, promotore dell’iniziativa:
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R. – Credo sia il segno che ci sia una consapevolezza
diffusa in tutti gli schieramenti politici, di tutti i partiti, ma soprattutto
nella società italiana. E’ necessario difendere la nostra identità cristiana e,
soprattutto, i cristiani nel mondo, che sono perseguitati in tante latitudini e
in tante direzioni. Ogni giorno riceviamo un vero e proprio bollettino di guerra:
cristiani che muoiono, donne straordinarie come Suor Leonella, che con il solo
scopo di aiutare gli altri vengono barbaramente
trucidate. E’ un campionario, purtroppo, di missionari che cadono e di luoghi
di culto cattolici violati. La società italiana vuole testimoniare con
serenità, ma anche con grande determinazione, la sua indignazione per questa
violazione della libertà dei cristiani.
D. – Un momento, tuttavia, molto delicato dal punto di
vista politico ed anche per quanto riguarda il dialogo tra culture e religioni.
Qual è l’invito, dunque, a dialogare?
R. – Il dialogo è parte costitutiva del nostro patrimonio
genetico. Come si fa a non voler dialogare con gli altri
quando si parte dal presupposto della libertà: libertà nostra, ma libertà
anche dei diversi da noi. Ma confrontarci con gli altri significa sapere soprattutto
chi siamo noi, aver ben radicato in noi il senso della nostra identità e dei
nostri valori. Ecco perché è importante oggi l’acquisizione di questa consapevolezza.
Noi abbiamo un’identità, una storia, delle radici che si identificano con la cristianità
in Europa.
D. – Ci sono state delle reazioni da parte indonesiana nei
confronti di questa iniziativa?
R. – E’ un’iniziativa talmente rispettosa che credo che le
reazioni possano essere solamente rispettose. E’ una iniziativa
silenziosa, non è una chiassata, perché lo stile e il metodo sono anche
sostanza nella vita civile e pubblica.
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Il Giappone ha da
questa mattina un nuovo primo ministro. Si tratta di Shinzo
Abe, eletto la scorsa settimana leader del partito
liberal-democratico. In mattinata, come previsto, si è
dimesso il governo di Junichiro Koizumi
e la Camera bassa del Parlamento ha scelto il nuovo premier con 339 voti a
favore su 480. Nel suo programma di governo, Abe promette
una riforma della costituzione pacifista del dopoguerra, programmi scolastici
di impronta più nazionalista, la promozione della crescita economica, oltre
che, in politica estera, un concreto impegno per ricucire i rapporti con Cina e
Corea del sud. Ma si può parlare di una certa continuità con il governo di Koizumi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Pierluigi Zanatta, responsabile dell’Agenzia Ansa a Tokyo:
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R. – Sebbene lo stesso Shinzo Abe fosse all’interno del governo uscente segretario generale,
una carica che ultimamente ha acquisito sempre maggiore importanza proprio
sotto di lui, con il governo di Koizumi il nuovo
premier Abe ha rotto un po’ i ponti. Nel senso che
vuole creare qualcosa di innovativo e, al limite, di più tecnico. Abe, a differenza di Koizumi, non
vuole essere un riformatore, ma vuole limitarsi a gestire in maniera più efficiente
i fatti di tutti i giorni. Questa sembra essere, quindi, la linea che Abe vuole seguire: quella che porta ad un esecutivo più
tecnocratico.
D. – A 52 anni, Abe è il più
giovane capo di governo della storia del Sol Levante. Ma chi è Shinzo Abe, ci può tracciare un
profilo della sua personalità?
R. – Di per sé, non è un tecnico, è un uomo di apparato
che vuole gestire i tecnici. E’ figlio di un ministro degli Esteri che era stato nella seconda metà degli anni Ottanta il ministro
degli Esteri del governo di Nakasone. Questo premier
che è ancora vivo, ha 88 anni ma è lucidissimo e molti
ritengono sia un po’ l’ “eminenza grigia”,
lo shogun
dietro questa ascesa di Abe. Fra Nakasone
e Koizumi non è mai corso buon sangue, quindi si può
pensare ad un ritorno di Nakasone e del suo pupillo,
dopo il periodo delle riforme gestite da Koizumi.
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Circa 1000 pescatori hanno fatto ritorno, ieri, ai villaggi
sulle coste meridionali del Bangladesh. Si ridimensiona, così, a 400 dispersi il
bilancio della tempesta tropicale che, nei giorni scorsi, ha anche provocato
almeno 170 morti e spazzato il sud del Paese asiatico. Ogni anno, gli Stati che
si affacciano sul Golfo del Bengala sono devastati da violenti cicloni che, nei
mesi di settembre e ottobre, provocano centinaia di vittime e la distruzione di
allevamenti e colture.
Riprendono le violenze nel sud della Thailandia: tre persone sono
rimaste uccise in seguito ad attacchi sferrati nei giorni scorsi dopo il colpo
di Stato incruento compiuto, la scorsa settimana, da militari leali al re e
guidati dal generale Sonthi. I gruppi separatisti
hanno intensificato i loro attacchi nonostante il generale Sonthi
sia il primo musulmano a comandare l’esercito tailandese. Nelle regioni
meridionali della Thailandia, la maggioranza della popolazione è di etnia
malese e di religione musulmana, contrariamente al resto del Paese, prevalentemente buddista.
Oltre 17.000 militari e 3.300 poliziotti potrebbero
prendere parte alla Forza di pace da dispiegare nella martoriata regione
occidentale sudanese del Darufr. Lo ha detto il responsabile
delle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, Jean-Marie Guèhenno, precisando
che 50 Paesi hanno partecipato a una riunione per la creazione di un
contingente. Hanno espresso la loro disponibilità anche alcuni Paesi africani, malgrado la ferma opposizione del governo di Khartoum
all’invio di caschi blu. Sempre ieri, intanto, l’Unione Africana (UA) ha deciso
di aumentare da 7 mila a 11 mila i militari in Darfur.
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