RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 267 - Testo della trasmissione di domenica 24 settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Chi segue Cristo è attratto dall’amore e diventa un artigiano di pace: così Benedetto XVI all’Angelus di questa mattina da Castel Gandolfo. Il Papa ha ricordato alla Chiesa l’esempio di suor Leonella Sgorbati, martire del Vangelo in Somalia

 

Attesa per l’incontro di domani tra Benedetto XVI e i rappresentanti del mondo musulmano in Italia e nel mondo, per rilanciare il dialogo Chiesa-Islam dopo le recenti tensioni: intervista con mons. Felix Anthony Machado

 

I documenti sul Pontificato di Pio XI consultabili da alcuni giorni presso l’Archivio Segreto Vaticano: migliaia di carte che gettano nuova luce sui rapporti tra la Santa Sede e i governi del900, a cavallo dei due conflitti mondiali. Ai nostri microfoni, il prefetto padre Sergio Pagano

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

La testimonianza di Roberto Bolle, etoile del balletto mondiale, testimonial dell’UNICEF nel Sudan meridionale

 

La civiltà cinese in mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma, in un evento senza precedenti per numero e qualità di reperti: ce la illustra il curatore prof. Maurizio Scarpari

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Comunità internazionale lavori “con tenacia e perseveranza” per costruire la pace in Medio Oriente: così, i vescovi italiani nel comunicato finale dei lavori del Consiglio episcopale permanente, svoltosi a Roma dal 18 al 20 settembre

 

“Il popolo ecuadoriano abbia fiducia che ciò che deciderà nelle urne sarà poi rispettato durante lo scrutinio”: è l’auspicio del presidente della Conferenza episcopale dell’Ecuador, mons. Herrera Heredia, in vista delle elezioni presidenziali, politiche e amministrative del prossimo 15 ottobre

 

La Fondazione romana Magna Carta rivolge “un pensiero pieno di gratitudine” a Benedetto XVI per il telegramma di apprezzamento indirizzato ai partecipanti al Convegno “Religione e spazio pubblico”, in corso ieri ed oggi a Norcia, in Umbria

 

Nel 2006, le spese militari mondiali supereranno quelle del periodo della guerra fredda: è quanto emerge da un Rapporto dell’Organizzazione umanitaria britannica, Oxfam

 

“Quanti anni ha il tuo cuore?”: è il tema dell’odierna Giornata mondiale dedicata alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, prima causa di morte nei Paesi industrializzati

 

24 ORE NEL MONDO:

Il sud dell’Afghanistan si conferma un tragico campo di battaglia: almeno 40 ribelli uccisi in scontri con forze della NATO

 Oltre 100 morti e 1700 pescatori dispersi per le violente tempeste di questi giorni in BangladeshFine modulo

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

24 settembre 2006

 

BENEDETTO XVI ALL’ANGELUS DA CASTEL GANDOLFO:

CHI SEGUE CRISTO E’ ATTRATTO DALL’AMORE E DIVENTA UN ARTIGIANO DI PACE.

IL RICORDO DEL PAPA PER SUOR LEONELLA SGORBATI, UCCISA IN SOMALIA

 

La logica del cristianesimo contrasta con la mentalità umana, perché non si lascia sedurre da sogni di supremazia, ma serve la causa della pace, con umiltà e spirito di perdono. Davanti ad alcune migliaia di persone, radunate nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha condensato all’Angelus di questa mattina l’insegnamento spirituale della liturgia domenicale di oggi. In particolare, parlando della testimonianza dei molti cristiani che hanno sacrificato la vita per il Vangelo, il Papa ha ricordato ancora una volta la figura di suor Leonella Sgorbati, la missionaria della Consolata uccisa martedì scorso a Mogadiscio, in Somalia. La cronaca dell’Angelus, nel servizio di Alessandro De Carolis.

 

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Si può commettere un’azione sbagliata pur avendone l’intenzione opposta. E’ la natura umana ferita dal peccato dell’egoismo a fuorviare talvolta gesti e iniziative, cosa che non accade a chi ha scelto Cristo, ha deciso di amare come lui l’umanità, ha scelto lo stile del perdono, diventando con ciò “un artigiano di pace” Da un testo di duemila anni, il Vangelo, e dalla cronaca più recente, l’assassinio di una religiosa “che serviva i poveri”, Benedetto XVI ha tratto gli spunti di riflessione per l’Angelus di questa mattina. Il brano evangelico di oggi, ha spiegato il Papa, presenta gli Apostoli che non solo “non comprendono” ciò che Gesù di loro sulla sua prossima morte, ma preferiscono discutere su chi sia il “più grande” nella loro cerchia. Gesù allora, ha ricordato Benedetto XVI, interviene per spiegare “con pazienza la sua logica, la logica dell’amore che si fa servizio fino al dono di sé: 'Se uno vuol essere il primo sia l’ultimo e il servo di tutti'”:

 

“Questa è la logica del cristianesimo, che risponde alla verità dell’uomo creato a immagine di Dio, ma al tempo stesso contrasta con il suo egoismo, conseguenza del peccato originale. Ogni persona umana è attratta dall’amore – che ultimamente è Dio stesso – ma spesso sbaglia nei modi concreti di amare, e così da una tendenza all’origine positiva, inquinata però dal peccato, possono derivare intenzioni e azioni cattive”.

 

Il contrasto, ha proseguito il Papa citando la Lettera di San Giacomo letta oggi nelle Chiese, nasce dai sentimenti negativi che hanno radice nel cuore umano – gelosia, spirito di contesa – rispetto a ciò che ispira la sapienza divina, “pacifica, mite, arrendevole”, “senza parzialità, senza ipocrisia”:

 

“Queste parole fanno pensare alla testimonianza di tanti cristiani che, con umiltà e nel silenzio, spendono la vita al servizio degli altri a causa del Signore Gesù, operando concretamente come servi dell’amore e perciò “artigiani” di pace. Ad alcuni è chiesta talora la suprema testimonianza del sangue, come è accaduto pochi giorni fa anche alla religiosa italiana Suor Leonella Sgorbati, caduta vittima della violenza. Questa suora, che da molti anni serviva i poveri e i piccoli in Somalia, è morta pronunciando la parola “perdono”: ecco la più autentica testimonianza cristiana, segno pacifico di contraddizione che dimostra la vittoria dell’amore sull’odio e sul male”.

 

(Applausi)

 

“Non c’è dubbio che seguire Cristo è difficile – ha concluso la sua riflessione il Papa - ma, come Egli dice, solo chi perde la propria vita per causa sua e del Vangelo la salverà, dando senso pieno alla propria esistenza”. Nel dopo Angelus, tra i festeggiamenti della folla radunata all’interno e all’esterno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, Benedetto XVI ha rivolto saluti e incoraggiamenti ai pellegrini in cinque lingue. In particolare, ai fedeli anglofoni il Pontefice ha chiesto preghiere per quanti vivono a contatto con il mare, in vista della Giornata mondiale dei Marittimi di giovedì prossimo. E un apprezzamento, Benedetto XVI lo ha rivolto anche ai 45 vescovi che partecipano in questi giorni al 25.mo Convegno ecumenico promosso dal Movimento dei Focolari:

 

“Cari Fratelli, mi compiaccio dello speciale impegno che ponete al servizio della piena unità tra i cristiani ed auguro ogni bene per le Comunità diocesane a voi affidate”.

 

(Applausi)

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BENEDETTO XVI RILANCIA IL DIALOGO CON IL MONDO ISLAMICO,

RICEVENDO DOMATTINA A CASTEL GANDOLFO

I RAPPRESENTANTI DELLA COMUNITA’ MUSULMANA IN ITALIA

E GLI AMBASCIATORI DEI PAESI ISLAMICI PRESSO LA SANTA SEDE

- Intervista con mons. Felix Anthony Machado -

 

Dopo giorni di tensioni internazionali, seguite alle reazioni del mondo islamico per una non corretta interpretazione del discorso di Benedetto XVI all’Università di Ratisbona, c’è attesa per l’incontro che il Papa avrà domani a Castel Gandolfo con alcuni esponenti delle comunità musulmane in Italia. All’udienza, che inizierà verso le 11.45, prenderanno parte anche gli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana accreditati presso la Santa Sede, oltre al cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso per un totale di una quarantina di rappresentanti. Ricordiamo che la nostra emittente seguirà l’avvenimento in radiocronaca diretta a partire dalle 11.35, con commento in italiano per la zona di Roma, sull’onda media di 585 KHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. Sull’importanza di questa nuova occasione di dialogo tra la Chiesa e il mondo islamico, ascoltiamo il parere del sottosegretario del dicastero vaticano per il Dialogo interreligioso, mons. Felix Anthony Machado, intervistato dalla collega della nostra redazione inglese, Catherine Smibert:

 

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R. – La scelta della Chiesa di promuovere il dialogo interreligioso è una scelta che emerge dal Vangelo. E’ la sola speranza in questo mondo, dove la gente è eccitata emotivamente e prende in mano la violenza. Credo che la strada del dialogo sia la sola strada alternativa, aperta a noi, in questo mondo. E’ la strada del Vangelo, come ho detto. E’ basata sulla speranza. Dobbiamo stare insieme, come fratelli, come amici, per parlare, per ascoltare, per rispettare e dare così un buon esempio come credenti, guadagnare veramente una credibilità come seguaci di diverse religioni. Tra le religioni, le differenze ci sono sempre e sono differenze fondamentali. Non minimizziamo e non neghiamo le differenze, ma capiamo e facciamo lo sforzo di capire queste differenze. Se ci mettiamo insieme ad ascoltare il cuore del messaggio del Santo Padre in Regesburg, esso era giustamente una chiamata al dialogo, una chiamata a rigettare la violenza nel nome di Dio, nel nome della religione. Questo vuole il Santo Padre: che uomini di tutta la terra, soprattutto i credenti, non si diano alla violenza, ma prendano il dialogo come strada dignitosa per rispettarsi gli uni e gli altri.

 

D. – Come possiamo rafforzare questo dialogo, anche guardando alla storia della Chiesa negli ultimi 40 anni? Come potremo costruire qualcosa, al di là di quanto già vissuto?

 

R. – Ho sempre detto che l’impegno nel dialogo interreligioso non è un’ambulanza che noi possiamo chiamare quando la nostra casa sta bruciando. Non è un’ambulanza da chiamare in tempi di crisi. Dialogo interreligioso vuol dire rapporti tra credenti. Questi rapporti devono essere costruiti quando il tempo è favorevole. Non è tempo di fare dialogo interreligioso quando le cose vanno male, perchè ciascuno è già pieno di pregiudizi, pieno di odio. Il dialogo interreligioso è un esercizio da praticare quando i tempi sono favorevoli. Il nostro Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, per esempio, ha costruito con i musulmani un dialogo permanente con quattro organizzazioni internazionali islamiche, che noi incontriamo e con cui parliamo, approfondendo così la nostra amicizia. Credo che questi rapporti siano molto importanti in tempo di crisi, perché ci sono sempre i nemici del dialogo, coloro che strumentalizzano il dialogo.

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I DOCUMENTI SUL PONTIFICATO DI PIO XI RESI ACCESSIBILI

 DALL’ARCHIVIO SEGRETO VATICANO: MIGLIAIA DI CARTE CHE GETTANO NUOVA LUCE

SUI RAPPORTI TRA LA SANTA SEDE E I GOVERNI DEL900

 A CAVALLO DEI DUE CONFLITTI MONDIALI

- Intervista con padre Sergio Pagano -

 

Da sei giorni, per volere di Benedetto XVI, studiosi e storici hanno la possibilità di accedere a una cospicua parte di fondi dell’Archivio Segreto Vaticano, finora non consultabili. Il periodo storico coperto dai documenti è di 17 anni e va dal 6 febbraio 1922 al 10 febbraio 1939, ovvero un’ampia pagina del Pontificato di Pio XI. I responsabili dell’Archivio sono così certi che molte delle interpretazioni storiche sull’epoca, basate su ipotesi o congetture, possano essere riviste alla luce delle fonti ora disponibili. Fabio Colagrande ne ha parlato con il prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano, padre Sergio Pagano:

 

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R. – Si chiama “Segreto” l’archivio, perchè segreti erano tutti gli archivi e le istituzioni legate al Principe nel Rinascimento. In questo senso “segreto” qui equivale a “privato”. L’Archivio Segreto Vaticano è l’archivio privato del romano Pontefice e della Curia romana, ma segrete sono ben poche cose. Ci sono le materie riservate, riguardanti le persone o riguardanti gli atti di Curia delicati. Altrimenti, si può anche dire che forse il nostro archivio sia il più aperto del mondo.

 

D. – Da questi documenti si potranno desumere dettagli sul Pontificato di Papa Ratti e anche sull’attività del suo segretario, il cardinale Pacelli. Lei crede, padre Pagano, che si potranno forse mettere in crisi alcune tesi storiografiche un po’ frettolose?

 

R. – E’ probabile che vengano riviste alcune tesi storiografiche sulla base di documenti redatti di prima mano dal segretario di Stato Pacelli e anche suggeriti, o addirittura dettati, da Pio XI. Quanto a stravolgimenti storici eclatanti, io non penso, perchè gli archivi si intrecciano l’uno all’altro e ciò che c’è in Vaticano c’è anche negli archivi delle ambasciate, i quali sono stati già aperti - si pensa al grande lavoro che è stato già fatto in Germania – e sono anche negli archivi dei Ministeri degli esteri, negli archivi di Stato, secondo i vari dicasteri statali. Quindi, penso che di eclatante non ci sarà moltissimo. Ci saranno sfumature, aspetti particolari, analisi di personaggi, di mentalità, di azioni che, senza dubbio, potranno essere rivisti, ripensati e, addirittura, scritti, perchè di certi fatti si ha notizia, credo, soltanto dalle nostre fonti.

 

D. – In questi faldoni, lei mi conferma, ci sono anche degli appunti presi a mano dal cardinale Pacelli sulle udienze con Pio XI e con diplomatici accreditati presso la Santa Sede. Si parla di essi come di uno degli elementi tra i più interessanti di questi nuovi fondi…

 

R. – Questo è un fondo abbastanza notevole: migliaia di fogli, piccola scrittura tipica di Eugenio Pacelli, segretario di Stato e poi Pontefice, il quale ogni giorno nelle udienze con il Papa prendeva appunti molto schematici, tuttavia molto interessanti, su quanto il Pontefice voleva si attuasse, oppure sulle udienze che lui aveva con il corpo diplomatico o con altri capi di Stato, con altri ministri esteri o italiani.

 

D. – Penso in particolare all’importanza che tali documenti hanno per chiarire ancor meglio il rapporto tra Santa Sede e regime fascista, prima e dopo il Concordato del ’29…

 

R. – Sì, anche a questo riguardo si intrecceranno i fondi della segreteria di Stato, le minute, ovviamente i fogli di udienza di Pacelli e anche il grande fondo della nunziatura in Italia per i rapporti Santa Sede-fascismo. Qui credo che potrebbero affiorare documenti anche di un certo fastidio, perchè è probabile che i gerarchi fascisti non avessero molta finezza di linguaggio e alcune volte si esprimessero in tono piuttosto rozzo e questo potesse essere riportato dal nunzio. Forse, a qualcuno spiacerà qualche novità che si troverà fra queste carte, ma anche questa è storia.

 

D. – Lei, parlando con il quotidiano “Avvenire”, ha anticipato che dai documenti emerge che già dopo il Concordato c’erano i primi attriti tra regime fascista e Santa Sede…

 

D. – Su alcuni argomenti pare di sì. Già nel ’30, soprattutto per la nomina di alcuni vescovi in alcune sedi, pare che il governo avesse delle perplessità, nonostante gli accordi dei concordatari fossero delle mosse ostative, che fecero innervosire certamente Pio XI, il quale però mantenne sempre i nervi saldi e seppe guidare le cose in modo da risolvere tutto, con la soddisfazione delle due parti. E in questo ambito, certamente, qualche influenza la ebbe anche la diplomazia del cardinale Pacelli.

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OGGI IN PRIMO PIANO

24 settembre 2006

 

LA TESTIMONIANZA DI ROBERTO BOLLE, ETOILE DEL BALLETTO MONDIALE,

TESTIMONIAL DELL’UNICEF NEL SUD SUDAN: “NON BISOGNA AVER PAURA

DI GUARDARE IN FACCIA IL BISOGNO E LA SOFFERENZA DEGLI ALTRI”

- Intervista con l’artista -

 

Roberto Bolle, etoile de La Scala di Milano e del balletto mondiale, ha deciso di misurarsi in un passo davvero difficile, quello di raffrontarsi direttamente con una delle tante drammatiche realtà di bisogno in cui opera il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia. Da 7 anni ambasciatore dell’UNICEF, Bolle ha deciso l’estate scorsa di recarsi in missione nel Sudan meridionale, regione afflitta da un sanguinoso conflitto interno, che ha opposto per venti anni i ribelli indipendentisti del sud alle Forze governative islamiche del nord del Paese. “E’ stato per me il completamento di tutto un percorso fatto negli anni scorsi”, ha raccontato Bolle alla collega Roberta Gisotti. Ascoltiamo l’intervista:

 

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D. – A volte la figura del testimonial può deludere le aspettative e tutto può risolversi in scambievole ritorno di immagine. Lei come ha vissuto questa esperienza di diventare ambasciatore dell’UNICEF?

 

R. – Io ci credo. Sicuramente ci credo, perchè lo faccio con questa intenzione, quella di andare, di testimoniare. In questo momento, sono un punto di riferimento per molte persone, soprattutto per molti giovani, per molti ragazzi e ragazze, che amano la danza, ma non solo. Vedere, quindi, un tuo punto di riferimento che si adopera per qualcosa, che va, che si interessa, che ti parla in un determinato modo, che ti fa capire una determinata situazione, alla quale magari non presteresti attenzione, o la stessa attenzione, secondo me è importante. Certo, bisogna farlo con una consapevolezza. Bisogna crederci. Non è facile andare in questi luoghi. Sono delle esperienze molto forti. Per me, però, è stato veramente fondamentale e adesso potrò lavorare come ambasciatore ancora meglio di quello che facevo prima.

 

D. – C’è un ricordo particolare che porta nel cuore?

 

R. – Mi ha colpito vedere bambini di due settimane ammalati di malaria. Quando siamo andati in un ospedale, tenuto dalle Suore comboniane, vedevamo questi bambini in fasce, portati dalle madri, perché avevano febbre alta e alle quali veniva detto che il bambino era già ammalato di malaria. Sono state scene veramente toccanti. Ci sono tante esigenze, tanti bisogni… Vedendo questi pochi ospedali, si capiva quante fossero le esigenze e le necessità di questo Paese immenso e si capiva anche quanto fosse importante che le religiose fossero lì, e come certe persone dedicano la loro vita agli altri.

 

D. – In particolare, da questa missione sul campo, in un Paese tormentato in cui un annoso conflitto ha stremato la popolazione, che cosa l’ha impressionata maggiormente?

 

R. – Molte sono le carenze di questo popolo. Il Paese è stato veramente distrutto da una guerra civile tra il Nord e il Sud. Quindi, bisogna ricostruirlo. Non ci sono infrastrutture. Ci sono poche scuole e la popolazione vive in condizioni veramente disagiate. Muore di malattie come il morbillo, che per noi sono malattie ormai vinte e sconfitte da tempo. C’è la grande piaga della malaria. C’è il rischio di AIDS. Tante sono le esigenze. Noi possiamo fare tutto, ma loro non possono in questo momento fare nulla. Non hanno la possibilità, non hanno i mezzi per fare. E’ un Paese veramente poverissimo, che se non viene aiutato dai Paesi esteri non può fare nulla. L’UNICEF tutela i bambini e lavora per loro, ma ci sono tante altre organizzazioni che lavorano con l’UNICEF per risollevare il Paese. Quindi, in questo momento è importante tenere alta l’attenzione su questi Paesi, perchè non ritorni la guerra, ma continui la pace.

 

D. – Roberto, non bisogna avere paura di guardare in faccia il bisogno, il dolore, la sofferenza, come forse tutti abbiamo?

 

R. – Purtroppo, bisogna guardarlo in faccia, perché altrimenti, se si gira la testa dall’altra parte, non si va avanti, non si risolve niente: anzi, le situazioni sono destinate a peggiorare, a diventare delle catastrofi alle quali non si può più far fronte. Invece, bisogna avere coraggio. Non è facile, perché comunque la nostra vita è piena di tensioni e difficoltà e quando uno torna a casa non ha voglia di mettersi a guardare determinate tragedie che succedono in tante parti del mondo. Quindi, si tende a girare la testa dall’altra parte. E’ importante, invece, sapere, essere coscienti e prendere coscienza di determinate realtà. Noi lo possiamo fare perché siamo in una condizione, comunque, di privilegiati. Di questo, è bene, sempre, esserne consapevoli.

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LA CIVILTA’ CINESE IN MOSTRA ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE DI ROMA,

IN UN EVENTO SENZA PRECEDENTI PER NUMERO E QUALITA’ DI REPERTI

- Con noi il prof. Maurizio Scarpari -

 

Un viaggio nella storia della civiltà cinese attraverso reperti mai usciti finora dal grande Paese asiatico. Si presenta davvero come un evento straordinario la mostra “Cina, nascita di un impero”, in corso alle Scuderie del Quirinale di Roma fino al prossimo 28 febbraio. Nel suggestivo allestimento di Luca Ronconi, la mostra presenta 321 reperti di straordinaria importanza e raffinatezza come vasi in bronzo, gioielli e i famosi soldati in terracotta del Primo Imperatore. Per il presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano, che ha inaugurato la mostra, si tratta di un segno di grande amicizia da parte della Cina nei confronti dell’Italia. Al microfono di Alessandro Gisotti, il curatore della mostra, il prof. Maurizio Scarpari, illustra il periodo della storia cinese in mostra alle Scuderie del Quirinale:

 

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(Musica cinese)

 

R. - Il momento clou della storia della civiltà cinese antica fu la fondazione dell’impero avvenuta nel 221 a.C. Noi abbiamo voluto, in qualche modo, partire da otto secoli prima per far capire al visitatore in quale modo e verso quali direzioni si fosse prodotta una qualità estetica di grandissimo livello.

 

D. – Cosa, attraverso queste opere, possiamo comprendere di una civiltà così straordinaria eppure ancora poco conosciuta?

 

R. – Noi abbiamo una varietà di opere tali da metterci in condizione di apprezzare l’altissima conoscenza tecnologica che gli artigiani avevano raggiunto, per esempio nella lavorazione del bronzo. Nella fase della mostra del periodo pre-imperiale, sono esposti decine di bronzi che venivano ottenuti con tecniche di fusione del tutto originali nel mondo antico e che davano la possibilità di produrre dei vasi rituali molto sofisticati, molto elaborati nelle decorazioni. Quindi, siamo in grado di cogliere una raffinatezza che ha fatto di quella civiltà un unicum.

 

D. – Cosa resta nell’epoca contemporanea di quella Cina che viene raccontata attraverso questa mostra?

 

R. – Resta sicuramente, a mio avviso, la consapevolezza di un passato e di una storia grandiosi. Resta la consapevolezza di essere stati la culla di una civiltà e di averla mantenuta, in qualche modo, alta ed integra per millenni. Sembra, quindi, che oggi la Cina voglia riaffermare il proprio ruolo dominante nel mondo come lo era nei secoli del passato.

 

D. – Oltre 300 i pezzi raffinatissimi che abbelliscono e rendono unica nel suo genere questa mostra. Ce n’è uno in particolare che ama più degli altri e che pensa sarà particolarmente ammirato dal pubblico?

 

R. – Forse il pezzo che a me piace di più è un vestito di giada. E’ eccezionale. Si tratta di un vestito funerario, composto da oltre 4.000 tessere di giada, cucite insieme da un filo d’oro, che copriva e conteneva la salma di un re di uno Stato meridionale che avrebbe dovuto preservarne il corpo nel tempo e quindi consentire alla sua anima di permanere di più accanto al suo corpo. E’ veramente un pezzo unico.

 

(Musica cinese)

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CHIESA E SOCIETA’

24 settembre 2006

 

LA COMUNITÀ INTERNAZIONALE LAVORI “CON TENACIA E PERSEVERANZA”

PER COSTRUIRE LA PACE IN  MEDIO ORIENTE: COSÌ, I VESCOVI ITALIANI,

NEL COMUNICATO FINALE DEI LAVORI DEL CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE,

SVOLTOSI A ROMA DAL 18 AL 20 SETTEMBRE

- A cura di Paolo Ondarza  -

 

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ROMA. = “Piena solidarietà al Papa e convinta adesione al suo magistero”: così, la Conferenza episcopale italiana (CEI), nel comunicato finale dei lavori del Consiglio episcopale permanente, svoltosi a Roma dal 18 al 20 settembre. La CEI esprime sorpresa e dolore per le interpretazioni che hanno voluto vedere espressioni offensive verso l’Islam in alcuni passi del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona: un testo dove si intendeva evidenziare come dalla fede, correttamente intesa, non può derivare alcuna logica di violenza. I presuli manifestano poi la loro “apprensione per la persistente crisi in Medio oriente e, in particolare, per la recente tensione tra il Libano e Israele”, auspicando, con “il fattivo contributo di tutti gli Stati di quest’area, degli organismi internazionali e delle grandi nazioni”, si arrivi a “costruire con tenacia e perseveranza un assetto complessivo”. Invitando alla preghiera “per la pace in tutto il mondo”, la CEI esprime “grande preoccupazione” anche “per le violazioni della libertà religiosa in varie parti del mondo e per la violenza e la persecuzione che sembra crescere contro i cristiani, con le condanne a morte in Indonesia e l’assassinio di suor Leonella Sgorbati a Mogadiscio”. I lavori del Consiglio episcopale permanente si sono concentrati anche sul IV Convegno ecclesiale nazionale di Verona, in programma dal 16 al 20 ottobre, e su un’approfondita riflessione in merito alla Caritas, organismo pastorale della Chiesa, alla luce dell’enciclica Deus caritas est. “Il bene comune: un impegno che viene dal lontano” sarà il tema della 45.ma Settimana sociale dei cattolici italiani, che si svolgerà dal 18 al 21 ottobre 2007 a Pisa e Pistoia. Il 2011 è l’anno del 25.mo Congresso eucaristico nazionale. Nel comunicato, inoltre, particolare attenzione è riservata all’Italia. I vescovi chiedono che nella prossima finanziaria si tenga conto delle nuove generazioni e delle famiglie. Rammarico viene espresso per quelle situazioni in cui i politici cattolici lasciano prevalere logiche di partito, rispetto ad un’adesione concreta ai principi non negoziabili come la tutela della vita, la famiglia fondata sul matrimonio e il rispetto della vita del paziente. Il Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana chiede, inoltre, uno sforzo convergente per la riduzione degli incidenti sul lavoro e auspica che il recente indulto sia completato da interventi per sostenere un adeguato reinserimento sociale di chi ne ha beneficiato e per rafforzare la tutela della sicurezza dei cittadini.

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“IL POPOLO ECUADORIANO ABBIA FIDUCIA CHE CIÒ CHE DECIDERÀ NELLE URNE

SARÀ POI RISPETTATO DURANTE LO SCRUTINIO”:

 E’ L’AUSPICIO DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PAESE,

MONS. HERRERA HEREDIA, IN VISTA DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI,

 POITICHE E AMMINISTRATIVE DEL PROSSIMO 15 OTTOBRE

 

QUITO. = La Chiesa dell’Ecuador “unisce la sua voce a quelle di coloro che lavorano affinché il popolo ecuadoriano abbia fiducia e certezza sul fatto che ciò che deciderà nelle urne sarà poi rispettato durante lo scrutinio”: è quanto ha affermato il presidente della Conferenza episcopale del Paese sudamericano e vescovo di Machala, mons. Néstor Rapale Herrera Heredia, in vista delle elezioni del prossimo 15 ottobre, che eleggeranno il presidente della Repubblica, i deputati e i consiglieri provinciali e municipali. I vescovi ecuadoriani, ha spiegato il presule, “condividono le preoccupazioni di alcuni candidati che temono che certe istituzioni del Paese possano compromettere l’imparzialità del processo elettorale”. Nei giorni scorsi, infatti, due candidati - Rafael Correa e Fernando Rosero – avevano messo in relazione con la consultazione elettorale il recente e inatteso passaggio del Ministero della difesa da Oswaldo Jarrín a Marcelo Delgado, persona ritenuta molto vicina all’ex presidente, León Febres Cordero (1984-1988), che candida Cynthia Viteri. Sottolineando di non voler entrare nel merito di una vicenda tutta politica, mons. Herrera Heredia ha assicurato che la Chiesa è disponibile a dialogare con i 13 candidati alla presidenza, se ciò aiutasse a rasserenare gli animi e ad accrescere la fiducia del popolo nelle sue istituzioni. Il presidente dell’episcopato ecuadoriano si è congratulato per il modo in cui si svolta fino ad ora la campagna elettorale, sottolineando la “maturità politica del popolo e dei candidati” e il fatto che siano stati “evitati insulti e offese personali”. Il vescovo ha anche rilevato l’importanza che il dibattito politico abbia scelto la strada delle “proposte positive”. “Aspettiamo da parte del Tribunale elettorale – ha concluso – la massima trasparenza in tutto il processo. E’ indispensabile per garantire il prestigio morale degli eletti e la tranquillità del popolo”. In questi giorni, la Conferenza episcopale dell’Ecuador si è pronunciata anche circa alcune riforme del Codice per la salute, introdotte dal Parlamento sotto la dicitura: “Misure per rinforzare l’educazione sessuale tra gli adolescenti”. Secondo i vescovi, tali riforme “facilitano l’uso di anticoncezionali da parte dei giovani e senza il consenso dei genitori”, mettendo “in discussione il diritto a decidere liberamente di avere o no dei figli”. La mancanza di precisione del testo, inoltre, “lascia la porta aperta alla legalizzazione dell’aborto”. Qualche settimana fa, in Cile si era aperta una discussione sulla distribuzione gratuita, senza il consenso dei genitori, della cosiddetta “pillola del giorno dopo” alle minori di 14 anni. Poco dopo, in Bolivia, organismi della Chiesa cattolica avevano denunciato la vendita illegale della stessa pillola e l’assenza di una qualsiasi legislazione al riguardo. (L.B.)

 

 

LA FONDAZIONE ROMANA MAGNA CARTA RIVOLGE

 “UN PENSIERO PIENO DI GRATITUDINE” A BENEDETTO XVI,

PER IL TELEGRAMMA DI APPREZZAMENTO INDIRIZZATO AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO SU “RELIGIONE E SPAZIO PUBBLICO”,

IN CORSO IERI E OGGI A NORCIA, IN UMBRIA

 

NORCIA. = La Fondazione romana Magna Carta e i partecipanti al Convegno “Religione e spazio pubblico”, in corso ieri e oggi a Norcia, in Umbria, hanno rivolto in una nota “un pensiero pieno di gratitudine” a Benedetto XVI, per le parole che il Pontefice ha indirizzato al cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna e, attraverso di lui, ai relatori e ai convegnisti. In un telegramma a firma del segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, il Papa ha espresso un “vivo apprezzamento” per l’iniziativa, “tesa a promuovere l’integrazione tra fede e ragione per qualificare eticamente la sfera pubblica, nel riconoscimento della verità della persona umana e come contributo indispensabile alla cultura cristiana”. Intervenendo ieri ai lavori del convegno, il cardinale Caffarra ha sottolineato che la “laicità dello Stato oggi non può più significare indifferenza della politica verso la religione e della religione verso la politica”. “E’ necessario – ha affermato – che la religione possa, mediante le forme di vita che essa genera, qualificare eticamente la sfera pubblica”. Il porporato ha precisato che nella produzione del diritto, aspetto preponderante della sfera pubblica, “il percorso del nichilismo occidentale sembra essere giunto al capolinea: non esiste la giustizia ma solo untener per giusto’, poiché non esiste un bene comune, ma solo una provvisoria convergenza di opposti interessi, così che tutto è a disposizione di tutti”. Occorre invece “qualificare eticamente la sfera pubblica da parte di un cristianesimo profondamente radicato nel Vangelo, di fronte ad un secolarismo che rischia di dilapidare completamente il nostro patrimonio umanistico”. Questo perché, ha spiegato l’arcivescovo di Bologna, “l’esperienza cristiana custodisce e promuove ragioni di vita e dona significati che la sfera pubblica non può semplicemente ignorare, se non vuole dilapidare quei capitali sociali di cui ha bisogno”. La fede cristiana, ha concluso il porporato, “educa la persona ad una percezione profonda del valore e della
verità della persona umana. L’idea di persona è stata generata dal cristianesimo e la sua progressiva erosione ha accompagnato l’erosione della rilevanza culturale della fede cristiana”. (R.M.)

 

 

NEL 2006, LE SPESE MILITARI MONDIALI SUPERERANNO QUELLE DEL PERIODO

DELLA GUERRA FREDDA:  E’ QUANTO EMERGE DA UN RAPPORTO

DELL’ORGANIZZAZIONE UMANITARIA BRITANNICA, OXFAM.

 IN AFRICA, OGNI ANNO 15 MILIARDI DI DOLLARI

VANNO PERDUTI A CAUSA DEI CONFLITTI

 

ROMA. = Nel 2006, le spese militari mondiali ammonteranno a 1.059 miliardi di dollari, una cifra superiore alle spese del comparto nel periodo della guerra fredda: lo rivela un rapporto dell’organizzazione umanitaria britannica Oxfam, secondo cui tra i maggiori responsabili di questo aumento, accanto a Stati Uniti e ai Paesi del Medio Oriente, ci sono anche diversi Paesi africani. Tra il 1985 e il 2000, la Repubblica Democratica del Congo, il Rwanda, il Sudan, il Botswana e l’Uganda hanno raddoppiato il loro budget militare. Inoltre, secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), in Africa ogni anno 15 miliardi di dollari vanno perduti a cause dei conflitti. “Ogni anno le spese in armamenti aumentano e i conflitti causano nuove sofferenze e nuove carestie”, afferma Bernice Romero, direttrice delle campagne di Oxfam International, citata dall’agenzia Fides. La Romero sottolinea che “la vendita di armi non è all’origine dei conflitti, ma contribuisce a prolungarli e ad alimentarli”. Per questo, le organizzazioni umanitarie chiedono da tempo l’adozione di un trattato internazionale che regoli la commercializzazione degli armamenti in zone di guerra e, a ottobre, le Nazioni Unite dovranno decidere la creazione di una commissione ad hoc. Alla proposta hanno già aderito Argentina, Australia, Costa Rica, Finlandia, Giappone e Kenya. (R.M.)

 

 

“QUANTI ANNI HA IL TUO CUORE?”: È IL TEMA DELL’ODIERNA GIORNATA MONDIALE

DEDICATA ALLA PREVENZIONE DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI,

PRIMA CAUSA DI MORTE NEI PAESI INDUSTRIALIZZATI

 

GINEVRA. = Le malattie cardiovascolari, cui sono attribuiti ogni anno 17,5 milioni di decessi, rappresentano la prima causa di morte e disabilità nei Paesi industrializzati. Alla loro prevenzione, è dedicata oggi la Giornata mondiale del cuore, sul tema: “Quanti anni ha il tuo cuore?”. L’iniziativa è promossa dalla World Hearth Federation (WHF), secondo cui è possibile prevenire l’80 per cento delle malattie cardiovascolari, controllando i principali fattori di rischio: la mancanza di esercizio fisico, un regime alimentare troppo ricco e il fumo. “L’età del proprio cuore – sottolinea il prof. Rodolfo Paletti, presidente della Fondazione italiana per il cuore – non è quella anagrafica, ma quella che la persona riesce a costruire negli anni. E’ una questione di responsabilità personale”. Oggi, in oltre 100 Paesi, visite specialistiche gratuite e un calendario ricco di manifestazioni: marce, corse, salto con la corda, fitness, conferenze, forum scientifici, esposizioni, concerti e tornei sportivi. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

24 settembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

                   

In Afghanistan, continua la sanguinosa battaglia tra talebani e forze della NATO: secondo quanto rivelato dal ministro della Difesa afghano, almeno 40 miliziani sono morti durante scontri avvenuti nella turbolenta provincia meridionale di Helmand. All’operazione militare hanno preso parte anche soldati afghani.

 

Violenze anche in Iraq, dove un’autobomba è esplosa stamani a Baghdad nei pressi della chiesa cristiana della Vergine Maria, dove era in corso la Santa Messa. L’attacco, che aveva come obiettivo una pattuglia della polizia, ha causato la morte di un civile. Sempre nella capitale irachena, tre persone sono rimaste uccise in seguito ad un agguato compiuto da ribelli contro un convoglio dell’esercito iracheno. Ieri, intanto, è stato diffuso il primo video del nuovo leader di Al Qaeda in Iraq, Abu Ayyub Al Masri, successore di Al Zarqawi. Nel filmato, Al Masri uccide un ostaggio turco.

 

Se gli Stati Uniti cambiano atteggiamento, il governo di Teheran è disposto a negoziare “su tutto”. Lo ha detto il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, in una intervista rilasciata al quotidiano Washington Post. “Sono l’atteggiamento e l’approccio di certi politici americani che guastano tutto”, ha aggiunto Ahmadinejad. Nei giorni scorsi, i rappresentanti dei cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’ONU più la Germania si sono incontrati a New York per definire le sanzioni da imporre a Teheran riguardo al suo rifiuto di sospendere il programma di arricchimento dell’uranio.

 

Sembra sempre più avvolta dal mistero la sorte di Osama Bin Laden: l’ambasciata dell’Arabia Saudita a Washington ha dichiarato, con un comunicato, che non ci sono prove sulla morte del leader di Al Qaeda. La precisazione arriva dopo la notizia della morte di Bin Laden in Pakistan, riportata ieri da un quotidiano francese che citava fonti dei Servizi segreti sauditi. Le autorità francesi, americane e pakistane non hanno confermato la notizia, che trova sempre più spazio sui mezzi di informazione: il settimanale americano Time cita fonti anonime saudite secondo cui “è molto probabile” che il capo di Al Qaeda sia morto. Ma quali effetti può determinare l’eventuale scomparsa di Bin Laden nella lotta contro il terrorismo? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’esperto del Corriere della Sera, Guido Olimpio:

 

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R. – La conferma sulla morte di Bin Laden potrebbe voler significare un successo importante nella campagna lanciata dagli Stati Uniti. E’ anche vero, però, che il terrorismo non si ferma: anzi, gli ultimi rapporti dicono che ormai si è trasformato in una sorta di movimento sparso sulla mappa geografica. Quindi, il fenomeno continua lo stesso.

 

D. – L’incertezza sulla sorte di Bin Laden potrebbe essere legata, oltre a indubbie difficoltà di indagine, anche a prudenze strategiche?

 

R. – Ritengo che più che altro sia legata a rapporti, non sempre facili, tra diversi attori: anzitutto il Pakistan, dove ci sono complicità sia negli apparati statali che nell’opinione pubblica. Poi ci sono anche ambiguità in Arabia Saudita e tra gli stessi americani, che sono ormai assorbiti totalmente da quanto avviene in Iraq. Per questo, impiegano forze ridotte nella caccia ad Osama.

 

D. – Chi sono oggi i principali nemici dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti?

 

R. – Sicuramente il movimento qaedista si è moltiplicato e quindi noi vediamo una continua alternanza tra i gruppi che vogliono colpire gli alleati degli Stati Uniti e chi, invece, vuole colpire gli stessi Stati Uniti. Lo schieramento, però, è sempre più ampio. Abbiamo ormai fenomeni in Africa, ma anche in Asia, dove questi movimenti stanno crescendo e prolificando.

 

D. – Come cambia Al Qaeda senza Bin Laden?

 

R. – Diventa sempre più un insieme di gruppi che molto spesso si autogenerano, si autofinanziano e che possono avere qualche punto di contatto con la vecchia leadership. Tengo però a sottolineare che si tratta, soprattutto, di un fenomeno locale che diventa poi un fenomeno globale.

 

D. – L’eredità di Bin Laden è soprattutto fatta di odio e terrore. Da questo inquietante connubio sono scaturiti, però, anche effetti positivi, quali la compattezza e la presa di coscienza del mondo occidentale contro il terrorismo?

 

R. – Non necessariamente la compattezza è venuta per gli attacchi terroristici, che è oggi e scontata, ma ritengo anche per delle pressioni e dei movimenti di pressione molto forti che si agitano nel mondo musulmano. Questo ha portato alla presa di coscienza, anche se ritengo che ci sia ancora molto da fare, perché molti ancora non si rendono conto della pericolosità del fenomeno.

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Nei Territori palestinesi proseguono gli sforzi per allestire una nuova compagine governativa: il presidente Abu Mazen ha annunciato che, a partire da domani,  incontrerà i leader di Hamas per cercare di rilanciare le trattative finalizzate alla formazione di un governo unitario. “Riprenderemo le consultazioni”, ha confermato il premier palestinese Ismail Haniyeh, esponente del partito fondamentalista, aggiungendo che è stata percorsa “molta strada per il raggiungimento di un accordo”.

 

Il presidente americano, George Bush, ha annunciato stamani l’invio di una delegazione statunitense in Libano per incontrare il primo ministro libanese, Fuad Sinora, e discutere sui programmi di aiuto alla ricostruzione, dopo il conflitto di questa estate tra Israele e guerriglieri  Hezbollah.

 

E’ salito ad oltre 100 morti il drammatico bilancio, ancora provvisorio, delle vittime causate dal maltempo nel Golfo del Bengala, in Bangladesh. Un altro dato drammatico è riferito ai dispersi: il governo locale ha stilato una lista provvisoria da cui risulta che almeno 1700 pescatori sono ancora dispersi. Le violente tempeste hanno anche lasciato senza casa oltre 375 mila persone. Il Bangladesh, uno tra i Paesi più poveri al mondo, è colpito ogni anno da devastanti alluvioni.

 

In Thailandia, si sono ritirati i carri armati che erano stati dispiegati nel centro della capitale Bangkok, dopo il colpo di Stato incruento che martedì scorso ha portato alla destituzione del primo ministro, Thaksin Shinawatra. Ieri, la giunta militare, leale al re Bhumibol, ha annunciato la creazione di una commissione per indagare sul patrimonio dell’ex premier, in passato più volte accusato di corruzione.

 

Il capo di Stato del Sudan, Omar el Bashir, ha ribadito ieri la sua contrarietà all’invio di militari dell’ONU nella martoriata regione occidentale sudanese del Darfur, dicendosi però favorevole al mantenimento della presenza militare dell’Unione Africana. Nei giorni scorsi, il presidente americano, George Bush, aveva affermato che le Nazioni Unite dovranno intervenire se il Sudan non accetterà il dispiegamento dei caschi blu nella regione, come previsto dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il Darfur torna, dunque, al centro della politica internazionale, come conferma, al microfono di Salvatore Sabatino, padre Carmine Curci, direttore della rivista Nigrizia:

 

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R. - Tutti parlano di situazioni catastrofiche, di situazioni di emergenza. Però, ancora oggi si è sempre al solito impasse: il Sudan non dà all’ONU l’autorità di rispettare i caschi blu, quindi è un tentativo del governo sudanese di prendere tempo anche il fatto che se non si dà alle forze dell’Unione Africana la possibilità di nuove regole di ingaggio e non si dà anche possibilità di avere altro personale non si riuscirà mai a superare la situazione. E’ chiaro che tutti parlano di situazione difficile, però nessuno fa pressione sul governo del Sudan, in maniera chiara ed esplicita, perché accetti 17.000 uomini delle Nazioni Unite per il Darfur.

 

D. - Padre Curci, perché il governo centrale vuole prendere tempo?

 

R. - Per il semplice motivo che sta acquistando sempre più potere nell’area e non vuole assolutamente che ci sia una chiara inchiesta sui massacri che i soldati e i ribelli appoggiati dal governo di Karthoum stanno facendo nell’area. Questa è secondo me la cosa grave: si parla, si parla, ma non si esercita una pressione fortissima sul governo perché si metta da parte.

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L’organizzazione separatista basca ETA ha annunciato, in un comunicato diffuso oggi a Bilbao, di non voler abbandonare le armi prima di ottenere l’indipendenza del Paese basco. L’ETA aveva annunciato, sei mesi fa, una tregua permanente.

 

In Ungheria, oltre 30 mila persone hanno partecipato ieri ad una pacifica manifestazione per chiedere le dimissioni del premier, il socialista Ferenc Gyurcsany, che ha ammesso in un discorso a porte chiuse, diventato di dominio pubblico, di aver mentito per vincere le elezioni di aprile. Alla diffusione delle dichiarazioni del primo ministro sono seguiti, a partire da lunedì scorso, gravi disordini che hanno causato il ferimento di centinaia di persone.

 

Nello Yemen, il presidente Ali Abdallah Saleh, al potere da 28 anni, è stato rieletto per un mandato di sette anni: secondo i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali, tenutesi mercoledì scorso, Saleh ha ottenuto più del 77 per cento delle preferenze. L’esito è stato però contestato dall’opposizione, che parla di brogli e di vittoria “illegale”. Si sono recate alle urne circa 6 milioni di persone, su oltre 9 milioni di aventi diritto.

 

 

 

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