RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 265 - Testo
della trasmissione di giovedì 22 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Nuovo traguardo in Perú per la
diffusione della Bibbia che è stata tradotta in 41 lingue native
Hamas smentisce Abu Mazen: il futuro governo
palestinese non riconoscerà lo Stato d’Israele, ma proporrà soltanto una tregua di 10
anni
22 settembre 2006
IL
RINNOVAMENTO DELLA VITA PARROCCHIALE ABBIA L’EUCARISTIA
AL CENTRO DELL’UNITA’ TRA I SUOI MEMBRI E DELLA SOLIDARIETA’ VERSO GLI ALTRI:
COSI’
BENEDETTO XVI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I
LAICI
Una “famiglia di famiglie
cristiane”, dopo averla definita – dodici giorni fa – “patria interiore per la
gente”. Le recenti circostanze hanno più volte stimolato l’attenzione di
Benedetto XVI nei confronti della realtà della parrocchia. Questa mattina,
nell’accogliere in udienza a Castel Gandolfo i membri e i consultori del
Pontificio Consiglio per i Laici, il Papa è tornato a riflettere, come pochi
giorni fa a Monaco, durante il viaggio apostolico, su quelle comunità di base
che portano e rendono presente la Chiesa nel vissuto quotidiano dell’umanità.
Il servizio di Alessandro De Carolis.
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E’ il rinnovamento parrocchiale
l’argomento di punta che sta impegnando in questi giorni il dicastero vaticano.
Il titolo dell’incontro, “La parrocchia ritrovata”, mette in risalto – ha
osservato Benedetto XVI – l’aspetto “operativo” della questione, dopo che
l’ambito teologico e pastorale era già stato
affrontato in una precedente plenaria. Entrambi gli aspetti “non possono essere
dissociati – ha affermato il Papa – se si vuole accedere al mistero di
comunione di cui la parrocchia è chiamata ad essere sempre più segno e
strumento di attuazione”. Il modello di riferimento, ha
soggiunto il Pontefice, è quella della prima comunità cristiana: una “comunità
accogliente e solidale”, unita attorno alla frazione del pane:
“L’auspicato rinnovamento della parrocchia, dunque, non può scaturire
solo da pur utili ed opportune iniziative pastorali, né tanto meno da programmi
elaborati a tavolino. Ispirandosi al modello apostolico, così come appare negli
Atti degli Apostoli, la parrocchia ‘ritrova’ se stessa nell’incontro con
Cristo, specialmente nell’Eucaristia. Nutrita del pane eucaristico, essa cresce
nella comunione cattolica, cammina in piena fedeltà al Magistero ed è sempre
attenta ad accogliere e discernere i diversi carismi che il Signore suscita nel
Popolo di Dio”.
“Dall’unione costante con Cristo -
ha sottolineato ancora Benedetto XVI - la parrocchia trae vigore per impegnarsi
poi senza sosta nel servizio ai fratelli, particolarmente verso i poveri, per i
quali rappresenta di fatto il primo referente”.
“Intesa” e “fraterna coesione”, dunque, per rendere la parrocchia – in sintonia
con l’esempio della prima ora della Chiesa – “una famiglia di famiglie
cristiane”.
Prima di entrare nel merito del
tema, Benedetto XVI si era congratulato per il lavoro svolto del Pontificio
Consiglio per i Laici e la sua “crescente rilevanza”, dimostrata in particolare
nella promozione della GMG di Colonia, nel 2005, e dell’incontro di Pentecoste
di quest’anno con i Movimenti ecclesiali in Piazza San Pietro.
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LUNEDI’ PROSSIMO IL
PAPA INCONTRERA’ A CASTEL GANDOLFO
GLI AMBASCIATORI DEI PAESI
A MAGGIORANZA MUSULMANA
ACCREDITATI PRESSO
ED ALCUNI ESPONENTI DELLE COMUNITÀ MUSULMANE IN
ITALIA
Il Papa riceverà lunedì
prossimo a Castel Gandolfo gli ambasciatori dei Paesi a maggioranza musulmana
accreditati presso la Santa Sede ed alcuni esponenti delle comunità musulmane
in Italia: lo ha reso noto oggi
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All’incontro, che
inizierà alle 11.45, sarà presente anche il cardinale Paul
Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per il
Dialogo Interreligioso. E sarà un appuntamento tutto dedicato all’urgenza del
dialogo, oggi, tra le culture e le religioni di tutto il mondo, come ha più
volte ribadito Benedetto XVI. L’incontro segue le ripetute chiarificazioni del
Papa circa il suo discorso all’Università di Ratisbona in cui voleva spiegare “che non religione e
violenza, ma religione e ragione vanno insieme”. Un discorso che è stato
“purtroppo” frainteso provocando forti reazioni nel mondo islamico. ''Mi sembra una buona idea per mettere la parola fine ad una polemica basata
su poche parole estrapolate da un
discorso più complesso” ha detto l'
ambasciatore Mario Scialoja, rappresentante in Italia
della Lega mondiale musulmana. “La speranza - ha spiegato Scialoja
- e' quella di chiudere
finalmente una polemica andata al di là di ogni limite”. “E’ una grande occasione di
dialogo, anche alla luce del contemporaneo inizio del Ramadan” - ha detto Sergio Yahe
Pallavicini, vicepresidente della Coreis
(Comunità Religiosa Islamica) – affermando che si tratta di un' importante
dimostrazione di sensibilità da parte
del Pontefice, che ha un valore
simbolico e spirituale di grande impatto, anche in considerazione delle reazioni inconsulte e
delle interpretazioni sbagliate seguite ad alcuni passi del discorso di
Benedetto XVI a Ratisbona''. Una iniziativa che fa parlare di nuova speranza Mohamed Nour Dachane, presidente
dell'UCOII, l'Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche italiane. Dopo la
dichiarazione del cardinale segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone,
sabato scorso, e il primo intervento diretto del Papa all’Angelus, domenica, durante l’udienza
generale di mercoledì, Benedetto XVI ha ribadito il suo profondo rispetto per i
musulmani che “adorano
l’unico Dio e con i quali – ha detto - siamo impegnati a difendere e promuovere
insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e
la libertà”. Il Papa confida ora che le sue parole nell'Università di Ratisbona “possano costituire una spinta e un incoraggiamento
a un dialogo positivo, anche autocritico, sia tra le religioni come tra la
ragione moderna e la fede dei cristiani”.
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IL
CORDOGLIO DI BENEDETTO XVI PER LE VITTIME
DEL
CROLLO DELLA PALAZZINA A MILANO:
TRA
GLI SCOMPARSI ANCHE UN BAMBINO DI SETTE ANNI
- A
cura di Alessandro De Carolis -
Un dolore profondo e collettivo al
quale si è unito anche Benedetto XVI, con la sua preghiera e la sua vicinanza
spirituale. Si è conclusa così questa mattina, nella Basilica milanese di
Sant’Ambrogio, la cerimonia funebre per le tre vittime italiane del crollo di
una palazzina, avvenuta lunedì scorso nel capoluogo lombardo, in seguito a una esplosione di gas. Durante le esequie della signora Esmeralda Sfolcini,
del pensionato Tommaso Giancola e del piccolo Francesco
Orlando, 7 anni, è stato letto il telegramma del Papa a firma del cardinale
segretario di Stato, Tarcisio Bertone. “Appresa con dolore” la “triste
notizia”, si legge nel telegramma, il Pontefice assicura “sentimenti di
profondo cordoglio ai familiari” e “fervide preghiere di suffragio per quanti
sono tragicamente scomparsi”.
Una grande folla ha
applaudito i tre feretri all’uscita dalla Basilica ambrosiana. In momenti
diversi della liturgia funebre, la mamma e lo zio del piccolo Francesco sono
stati soccorsi dopo aver accusato un malore. Il crollo ha fatto anche una
quarta vittima, un cittadino albanese di 27 anni, la cui salma è stata già
rimpatriata.
ALTRE
UDIENZE
Il Santo Padre
ha ricevuto questa mattina in successive udienze, nel Palazzo Apostolico di
Castel Gandolfo, anche il cardinale Julio Terrazas Sandoval, arcivescovo di
Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia; l’arcivescovo Nikola Eterović, segretario
generale del Sinodo dei Vescovi; il prof. Carl A. Anderson, Cavaliere Supremo dei Cavalieri di Colombo.
Questo
pomeriggio il Papa riceverà il cardinale William Joseph
Levada, prefetto della Congregazione per
SPERANZA DI PASSI CONCRETI NEL DIALOGO
TEOLOGICO RIPRESO A BELGRADO
TRA CHIESA CATTOLICA E CHIESA ORTODOSSA:
COSI’ AI NOSTRI MICROFONI IL CARDINALE WALTER KASPER
Proseguono a
Belgrado i lavori della nona Sessione plenaria della Commissione mista internazionale
per il Dialogo teologico tra
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R. – Il vero frutto è l’amicizia
che abbiamo stabilito in questi giorni, in un’atmosfera molto seria, ma anche
molto serena ed amichevole. Questo è certamente un punto di partenza ed una
speranza per il futuro. Soltanto in un’atmosfera calma e spirituale si può
avanzare con il dialogo. E in questi giorni abbiamo avuto uno scambio
amichevole, ma anche molto onesto; abbiamo affrontato i punti di differenza, ma
con la volontà e l’intenzione di superare insieme le polemiche e le differenze.
Si è trattato di uno scambio teologico molto serio, molto dettagliato. Sono,
infatti, presenti sia parte ortodossa che da parte cattolica teologi molto
stimati.
D. – Il Papa stesso a Ratisbona aveva detto di sperare e di pregare affinché
questo incontro portasse frutti. Secondo lei, la speranza del Papa si sta
realizzando?
R. – Io penso di sì e questo
perché i presupposti per ogni dialogo sono certamente l’atmosfera nella quale
si svolge, l’amicizia e il clima spirituale. Soltanto in tale clima, infatti,
si può avanzare nel dialogo. In questo senso, il nostro raduno corrisponde bene
alla speranza del Papa e noi tutti abbiamo la speranza che si possano fare
passi concreti.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano -
"La parrocchia, 'famiglia' di famiglie cristiane,
'ritrova' se stessa nell'incontro con Cristo": il discorso di Benedetto
XVI all'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici
Servizio estero - Medio
Oriente: Abu Mazen annuncia
alle Nazioni Unite che il futuro governo palestinese riconoscerà Israele.
Servizio culturale - Una
riflessione di Marco Bellizi dal titolo "Il 'rivoluzionario' rifiuto della disabilità": un
preoccupante episodio di discriminazione in un parco giochi.
Servizio italiano - In
rilievo la vicenda Telecom.
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22 settembre 2006
UNA
SCONFITTA PER L’UMANITA’: UCCISI IN INDONESIA I TRE CATTOLICI CONDANNATI
A
MORTE PER GLI SCONTRI NELL’ISOLA DI SULAWESI DEL 2000.
IL
RAMMARICO DELLA SANTA SEDE, DOPO L’APPELLO INASCOLTATO DEL PAPA. L’ESECUZIONE
AL TERMINE DI UN PROCESSO SOMMARIO,
DENUNCIATO
DALLE ORGANIZZAZIONI PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI
- Con
noi, padre Bernardo Cervellera e Attilio Tamburrini -
Non sono
bastati gli appelli del Papa né di numerose organizzazioni umanitarie: ieri
sera - all’aeroporto di Palu, in Indonesia - è stata
eseguita la pena capitale per fucilazione di Fabianus Tibo,
Marinus Riwu e Dominggus da Silva, i tre cattolici accusati di aver fomentato la violenza
durante gli scontri interreligiosi che nel 2000 hanno sconvolto l’isola di Sulawesi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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“Ogni
volta che viene eseguita una pena capitale è una
sconfitta per l’umanità”: è l’amaro commento del direttore della Sala Stampa
vaticana, padre Federico Lombardi alla notizia dell’uccisione dei tre cristiani
indonesiani di Sulawesi. Per loro, il Papa aveva
chiesto un “atto di clemenza” lo scorso 11 agosto. Una richiesta che sottolinea
il netto rifiuto della Chiesa cattolica alla pena di morte. Dal canto suo,
l'Unione Europea esprime “rammarico” in un messaggio di condanna
dell'esecuzione dei tre cristiani e chiede l'urgente ripristino di una
moratoria sulla pena di morte in Indonesia. Anche il premier italiano, Romano
Prodi, ha espresso il proprio rammarico, ribadendo l’impegno dell’Italia
affinché ovunque venga abolita la pena di morte. In
prima linea su questo fronte è Amnesty International che ha espresso
disappunto per l'esecuzione dopo aver più volte denunciato pesanti irregolarità
nel corso del processo. Alcuni testimoni, denuncia l’organizzazione per la
difesa dei diritti umani, sarebbero stati ignorati dalla corte e gli avvocati
dei tre uomini avrebbero subito intimidazioni e minacce di morte. Amnesty
ha inoltre rilevato che pochi altri sono stati condannati per le violenze del
2000-2001, tanto che la responsabilità di quegli episodi è stata, in pratica,
fatta ricadere sui tre giustiziati. A rendere più drammatica la vicenda,
l’agenzia AsiaNews riferisce che le autorità indonesiane hanno negato ai tre cattolici condannati a
morte il loro diritto di partecipare ad un’ultima Messa,
prima di presentarsi davanti al plotone d’esecuzione. Secondo l’agenzia MISNA, inoltre,
le autorità non hanno consentito che i corpi dei tre uomini giustiziati fossero
deposti nella chiesa di St. Mary nella città di Palu, capitale della provincia di Sulawesi.
Un rifiuto che ha scatenato veementi proteste da parte cristiana. Nonostante
gli appelli alla calma dell’episcopato locale, l'esecuzione di tre cristiani in
Indonesia ha scatenato un’ondata di violenze. Si registrano, infatti, decine di
feriti, stazioni di polizia danneggiate, saccheggi e lanci di pietre nella zona
al confine tra la parte est e ovest dell'isola di Timor. Ad Atambua,
a Timor ovest i dimostranti hanno fatto irruzione nel carcere locale liberando
circa 200 detenuti.
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Dunque,
l’esecuzione della condanna è giunta al termine di un processo sommario, che
lascia intravedere motivazioni politiche. A sottolinearlo il direttore
dell’Agenzia AsiaNews, padre Bernardo
Cervellera, intervistato da Roberto Piermarini:
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R. – Bè
… si dovevano trovare dei capri espiatori; l’Indonesia è sotto il tiro dei fondamentalisti islamici, il governo ha arrestato dei fondamentalisti islamici e però non vuole essere accusato di essere nemica dell’islam. Per questo, uccidono dei
cristiani per bilanciare in qualche modo un po’ la loro immagine nei confronti
della loro stessa popolazione. E’ questo un po’ il problema. E poi c’è anche il
fatto che questi tre cristiani uccisi sapevano chi erano i responsabili di
questi massacri e che si trovano nell’esercito e probabilmente tra i
governanti.
D. – Questa esecuzione potrà
inasprire i rapporti tra cristiani e musulmani in Indonesia?
R. – C’è questo grande timore. Ci
sono un po’ di manifestazioni qua e là, nelle Sulawesi
già oggi … Bisogna dire che i leader cristiani stanno facendo di tutto per
fermare queste manifestazioni, per lo meno la violenza di queste
manifestazioni, e anche molti leader musulmani. Non dimentichiamo che il
movimento per liberare i tre cristiani era composto da
musulmani moderati e cristiani: questo fa sperare bene per il futuro
dell’Indonesia.
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Per un
approfondimento sulla condizione dei cristiani in Indonesia e dei loro rapporti
con i musulmani, Fabio Colagrande ha intervistato Attilio Tamburrini direttore della
sezione italiana dell'Aiuto alla Chiesa che Soffre:
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R. – In questo Paese, hanno
vissuto tranquillamente per anni e anni comunità anche vaste,
perché anche se i cristiani sono una minoranza sul totale del Paese, però ci
sono delle province in cui sono quasi la maggioranza. Hanno potuto vivere
tranquillamente per anni, anche con vocazioni notevoli, come numero, una Chiesa
molto viva … Ad un certo punto, quando è incominciata la pressione dei
movimenti islamisti, tutto questo equilibrio ha
iniziato a rompersi. Diciamo che l’aspetto positivo è che la gran parte del
mondo islamico indonesiano è abituato a convivere: però si crea una spirale, in
certe zone, in cui poi da scontro aizzato da piccoli gruppi, quando
incominciano ad esserci morti, feriti, chiese bruciate, la rappresaglia degli
altri, diventano poi scontri tra villaggi, anche perché sono aree in cui
l’identificazione della tribù o del villaggio con la religione è molto forte, per cui diventa poi uno scontro tra villaggi. Questo è il
rischio grosso di quella situazione.
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IL
MOVIMENTO DEI FOCOLARI RILANCIA
-
Intervista con Vera Araujo -
Uomini e donne di ogni categoria
sociale, cultura e nazionalità che si impegnano a testimoniare Dio nelle realtà
terrene, lì dove si trovano: sono i Volontari di Dio, branca laica del
Movimento dei Focolari di Chiara Lubich. Numerose
anche le opere sociali realizzate nei diversi continenti in mezzo a situazioni
spesso drammatiche. Sabato scorso, a Budapest, i Volontari
hanno festeggiato i primi 50 anni di vita del loro Movimento con il Volontarifest intitolato: “Tante sfide, una proposta: la
fraternità”. Ma quali le sfide di oggi e che cosa si intende per
fraternità come risposta a queste sfide? Gabriella Ceraso
lo ha chiesto a Vera Araujo, brasiliana, docente di
sociologia all’Istituto superiore “Sofia” e coordinatrice del Volontarifest:
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R. – Viviamo un’epoca di grandi
trasformazioni: sfide nel campo della giustizia, nel campo della comunicazione,
della politica, dell’economia; sfide nel campo dei rapporti internazionali,
delle strutture economiche, perché pensiamo che la fraternità sia una risposta
importante a tutte queste sfide perché abbiamo scoperto che la fraternità è una
categoria capace di entrare in un ambito della vita sociale, politica ed
economica, trasformando le situazioni dal di dentro.
La fraternità ha una valenza religiosa; in ogni religione la fraternità è
indicata come una via ma è stato proprio Gesù che ha
annunciato la fraternità universale come la realizzazione di una grande
famiglia umana perché tutti figli dello stesso padre. Ma la fraternità ha anche
una valenza laica, è uno dei grandi temi della rivoluzione francese assieme
alla libertà e all’uguaglianza, ma è la fraternità che dà fondamento, che dà realtà
ad ogni libertà ed ad ogni uguaglianza. La categoria della fraternità è in
grado, non solo di risolvere alla radice i problemi ma anche di indicare il
metodo, come si può affrontare le sfide del mondo di oggi.
D – La proposta di Chiara Lubich come soluzione a questa notte collettiva e culturale
che vive il tempo odierno: “l’amore a Gesù crocifisso
e abbandonato”, come vivere questa proposta?
R. – Questa proposta è il cuore
stesso del messaggio cristiano. Cristo che si fa uomo e che assume su di sé tutta
la sofferenza del mondo, tutta la notte, tutte le incertezze dell’umanità,
rischiara questa notte e la trasforma in luce, in amore. Questo vuol dire
portare la redenzione, portare la luce, la realtà che Dio ci ama dentro la vita
del mondo e non solo dentro le chiese nei templi, ma là dove l’uomo
vive, lavora, soffre e fatica. E’ là che dobbiamo dare questo annuncio.
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IN CORSO A CASTEL GANDOLFO, FINO AL 24
SETTEMBRE,
“PAPA
WOJTYLA TESTIMONE D’AMORE NELLA SOFFERENZA”. ESPOSTI TRENTA RITRATTI
DI
GIOVANNI PAOLO II NEGLI ULTIMI ANNI DI PONTIFICATO
- Con
noi, mons. Marcello Semeraro e il maestro Francesco Guadagnuolo -
“Giovanni Paolo II è entrato nel
cuore della gente, soprattutto per la sua testimonianza di amore e dedizione
nella sofferenza”: a queste parole, pronunciate da Benedetto XVI all’Angelus
del 16 ottobre del 2005, nel 27.mo anniversario
dell’elezione al Soglio Pontificio di Giovanni Paolo II, è ispirata la mostra
dal titolo: “Papa Wojtyla testimone d’amore nella
sofferenza”. Esposte, fino al 24 settembre, nella cripta della parrocchia
pontificia di San Tommaso da Villanova, a Castel Gandolfo, circa trenta
opere del maestro siciliano, Francesco Guadagnuolo,
che ritraggono Giovanni Paolo II negli ultimi anni di Pontificato. Ce ne parla Roberta Moretti:
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(musica)
Ormai anziano e malato, la figura
curva, il corpo appoggiato al Pastorale. Giovanni Paolo II è ritratto con un
linguaggio semplice e intenso, mentre annuncia il messaggio di amore di Cristo,
attraverso la sua sofferenza. La riflessione del vescovo di Albano, mons.
Marcello Semeraro, che ha inaugurato la mostra e
benedetto le opere esposte:
“Il colore che generalmente
pervade queste pitture è il rosso. Il rosso nella liturgia è il colore del fuoco
dello Spirito e anche dei martiri e, dunque, questo rosso, che torna
insistentemente, vuole ricordarci quel tema dell’amore che è espresso nel
titolo della mostra. L’altra cosa che mi pare importante sottolineare è il suo
centrare l’attenzione sul volto, sullo sguardo, sugli occhi. Giovanni Paolo II
a volte è raccolto nella preghiera e i suoi occhi sono socchiusi e altre volte
con lo sguardo si protende verso gli uomini. Credo che questo ci ricordi il
momento, così come ci è stato raccontato, delle ultime ore di Giovanni Paolo
II, dove certamente i suoi occhi erano chiusi nella sofferenza, ma al tempo
stesso, moralmente e spiritualmente aperti, in cerca di sguardi”.
Uno sguardo, quello di Giovanni
Paolo II, capace di parlare al cuore dell’uomo, come spiega l’autore dei
ritratti, il maestro Francesco Guadagnuolo:
“Ho cercato di far emergere gli
occhi azzurri, bellissimi, del Papa, pieni di compassione. Ho cercato di
trasmettere attraverso lo sguardo le sue ansie, i suoi sussulti, le esitazioni,
anche le espressioni di dolore, di un uomo che affronta ogni giorno un dialogo
con la propria coscienza e con quella dell’umanità intera. Il Papa sospeso tra
trascendenza e umanità”.
Un Papa che ha saputo dare un
valore positivo alla sofferenza. Ancora Francesco Guadagnuolo:
“Egli ci ha insegnato che la
debolezza è una parte creativa della vita umana e che la sofferenza può essere
accettata senza perdita di dignità. La sofferenza certamente appartiene al
mistero dell’uomo. In essa l’uomo ritrova se stesso,
la propria umanità, la propria dignità, la propria missione. E nel guardare il
suo crocifisso troviamo la forza di accettare questo mistero”.
(musica)
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22 settembre 2006
EMERGENZA
UMANITARIA IN COLOMBIA: “DOBBIAMO ABBANDONARE L’INDIFFERENZA”, AMMONISCONO I
VESCOVI, DI FRONTE ALLA POVERTA’ ESTREMA DEL NOSTRO PAESE
E ALLA CRIMINALITA’ DILAGANTE.
DA QUI
L’APPELLO AL GOVERNO DEL PRESIDENTE URIBE
PER
DARE RISPOSTE “IMMEDIATE ED EFFICACI”
- A
cura di Luis A. Badilla Morales
-
BOGOTA’. = Lo scorso 19 settembre,
IN OCCASIONE
DELLA “GIORNATA ISTITUZIONALE DI CONOSCENZA E DIALOGO”:
RAGAZZI CATTOLICI, EBREI E MUSULMANI HANNO
VISITATO IERI LA SINAGOGA,
LA
MOSCHEA E LA BASILICA VATICANA. IL GESTO DIMOSTRA
CHE IL
DIALOGO INTERRELIGIOSO È POSSIBILE E CHE, OLTRE ALLA TOLLERANZA,
OCCORRE
ANCHE L’INTEGRAZIONE
- A cura di Isabella Piro
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ROMA. = “Bisogna cambiare le cose,
perché non si può cambiare il Vangelo”: c’è stata la grande intuizione del
politico cattolico Giorgio
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PIÙ
SEVERI AI CITTADINI STRANIERI SOSPETTATI DI TERRORISMO
VIOLA
LE CONVENZIONI
DI
GINEVRA SECONDO I CINQUE RELATORI INDIPENDENTI DELL’ONU
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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GINEVRA. = Lo hanno scritto “nero
su bianco” i cinque relatori indipendenti delle Nazioni Unite in una nota al
Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, riunito a Ginevra. Il progetto di legge
proposto dal presidente Bush al Congresso americano
viola gli “obblighi degli Stati Uniti in materia di diritti umani”, e gli
stessi “requisiti dell’articolo 3 delle Convenzioni di Ginevra”. Gli esperti
ONU denunciano inoltre che l’esistenza di Centri di detenzione segreta in
territorio estero, ammessi da Washington, comporta “violazioni molte serie dei
diritti umani”, riguardo “la caccia ai presunti terroristi”. Da qui, l’appello
reiterato dell’ONU e delle organizzazioni umanitarie per la chiusura immediata
del carcere di massima sicurezza di Guantanamo, a
Cuba, in cui centinaia di stranieri sospettati di terrorismo sono trattenuti
“in aperta violazione delle leggi internazionali sulla tortura e sulla
detenzione arbitraria”. “Chiediamo al governo di cessare una volta per tutte –
scrivono i cinque relatori – le pratiche inumane e crudeli” di questi
interrogatori. Sul tema della tortura è intervenuto anche il massimo esperto in
materia delle Nazioni Unite, Manfred Nowak, che ha analizzato l’attuale situazione delle carceri
irachene che è, ha detto, “completamente fuori controllo”, riferendosi a casi
documentati ed “episodi credibili”, tanto che per molti la diffusione della
tortura avrebbe “raggiunto livelli più gravi che nell’epoca del dittatore Saddam Hussein”. Per questo, la missione delle Nazioni Unite
in Iraq ha sollecitato il governo USA ad invitare al più presto Nowak in Iraq per verificare di persona le condizioni delle
carceri gestite dai militari americani.
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IL
DIALOGO INTERRELIGIOSO DEVE BASARSI SULLA TOLLERANZA,
IL
RICONOSCIMENTO DELLE DIFFERENZE, IL RISPETTO E L’ARRICCHIMENTO
RECIPROCO.
È IL PENSIERO DI STUDIOSI E DOCENTI, DA MERCOLEDÌ RIUNITI A ROMA, ALLA
LATERANENSE,
PER
RIFLETTERE SULL’INSEGNAMENTO DELLA TEOLOGIA OGGI
- A
cura di Tiziana Campisi -
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ROMA. =
La riflessione teologica deve servire a far crescere il dialogo fra le
religioni, fra cristianesimo, ebraismo ed islam. Questo, in sintesi, hanno
voluto dire stamani i docenti della Pontificia Università Lateranense,
a Roma, nell’ultima giornata del Seminario di studi sull’insegnamento della
teologia oggi, dedicata al dialogo interreligioso. Il prof. Innocenzo
Cardellini ha illustrato il diverso modo in cui cristiani ed ebrei interpretano
l’Antico Testamento, ma ha puntualizzato che al di là di queste differenze
esistono valori comuni sui quali è possibile percorrere un’identica strada. La
vita, la solidarietà, la pace sono temi sui quali il confronto può crescere. Il
docente ha concluso il suo intervento citando la dichiarazione conciliare
“Nostra Aetate”. Questa afferma (n. 4) che “la Chiesa
attende il giorno, che solo Dio conosce, in cui tutti popoli acclameranno il
Signore con una sola voce”, ma “l’orizzonte del
riavvicinamento per le tante cose comuni, secondo questa dichiarazione – ha
precisato il prof. Cardellini – non è la conversione finale di Israele … ma la
reintegrazione di Israele al centro della cristianità”. “Ebrei e cristiani – ha
detto ancora il prof. Cardellini – possono lavorare insieme per migliorare il
mondo, nell’attesa della venuta o del ritorno del Messia, incentrandosi sul
comune studio della Parola di Dio e delle rispettive tradizioni, che sono i
frutti dell’ascolto adorante di questa Parola”. A proposito di cristianesimo ed
islam, invece, il prof. Bartolomeo Pirone ha precisato che “il dialogo non deve
pretendere di unificare le dottrine e i codici etici da esse
dipendenti, ma solo testimoniare, attraverso una reciproca comprensione, che le
singole fedi non possono e non devono allontanare l’uomo da quel Dio che è
l’origine e la fonte del dono della fede stessa”. Sull’ecumenismo è stato detto
che esso deve abbattere le barriere storiche e ideologiche e bandire ogni sorta
di proselitismo ad oltranza e di fanatismo. “Conoscersi e rispettarsi come
cristiani e musulmani – ha affermato il prof. Pirone – dà adito alla reciproca
comprensione delle rispettive identità, personalità e fedi, fa scaturire una
dimensione di reciproco amore, da cui proverranno ineludibilmente
collaborazione e partecipazione al proprio divenire nella storia”. Nel pomeriggio,
le riflessioni si sposteranno sui rapporti tra cristianesimo e religioni
africane ed asiatiche, poi ci sarà spazio per le discussioni e le conclusioni.
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NUOVO
TRAGUARDO IN PERU’ PER
CHE E’
STATA TRADOTTA IN 41 LINGUE NATIVE
LIMA. =
AL VIA A LOPPIANO, DA OGGI AL 24 SETTEMBRE,
IL VI
INCONTRO DEL ‘FAMILY POINT’.
INIZIATIVA DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI
PER IL
DIALOGO E LA FORMAZIONE DELLE FAMIGLIE
FIRENZE.
= Entrare nelle dinamiche relazionali al fine di cogliere i punti cruciali per
la stabilità e la crescita umana e spirituale della famiglia. Con questo
spirito si apre oggi, alla Scuola internazionale per le famiglie di Loppiano, in Toscana, il corso tematico di approfondimento
delle dinamiche familiari, organizzato da Famiglie Nuove, del Movimento fondato
dai Focolari. Si tratta del VI modulo del “Family
Point”: un’iniziativa basata su una serie di fine
settimana di accoglienza, dialogo e formazione delle famiglie, che si tengono
in quella che fu chiamata, da Chiara Lubich, “Scuola
Loreto”. Sul tappeto di questo sesto incontro, che si concluderà domenica, c’è
la crisi del patto coniugale e i condizionamenti culturali che determinano i
comportamenti di coppia. Esperti e famiglie, che
parteciperanno al corso, approfondiranno le dinamiche che aiutano a rinnovare,
nella spiritualità, l’unione all’interno coppia. (M.G.)
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22 settembre 2006
- A cura di Roberta
Moretti -
Il futuro governo di unità
nazionale palestinese tra al Fatah
e Hamas “non ha nel suo programma il riconoscimento di Israele”: è quanto ha
affermato stamani il principale consigliere politico del primo ministro
palestinese di Hamas, Ismail Haniyeh,
smentendo così il presidente dell’ANP, Abu Mazen, che ieri, all’Assemblea
generale delle Nazioni Unite, in corso a New York, aveva dichiarato che il prossimo
esecutivo avrebbe riconosciuto lo Stato Ebraico e rinunciato alla violenza. Il
nostro servizio:
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Per risolvere la crisi, il
consigliere di Haniyeh ha annunciato che proporrà a
Israele una “tregua di 10 anni”, ma l’eventualità è
stata immediatamente respinta da Gerusalemme, che ha
chiesto, invece, il rispetto delle condizioni fissate dalla comunità
internazionale, ovvero, il riconoscimento dello Stato Ebraico, la fine delle
violenze e il rispetto degli accordi presi in precedenza con l’ANP. Intanto,
nonostante il premier
israeliano, Ehud Olmert, si
sia detto pronto a negoziare un eventuale rilascio dei prigionieri palestinesi, non si ferma la violenza sul campo: sette soldati israeliani sono
rimasti feriti questa mattina da alcuni ordigni lanciati da miliziani
palestinesi durante un’operazione a Nablus, in Cisgiordania. L’attacco è stato rivendicato dalle Brigate
dei Martiri di Al-Aqsa, legate ad Al-Fatah,
l’organizzazione guidata da Abu Mazen.
Intanto, sempre oggi, uomini armati hanno aperto il fuoco in mezzo alla folla
in fila al valico di Rafah fra Gaza e l’Egitto,
appena riaperto, dopo un mese di blocco, ferendo due poliziotti palestinesi. Da
segnalare, infine, che le forze di sicurezza israeliane hanno imposto oggi il
blocco sulla Cisgiordania per impedire che estremisti
palestinesi portino a compimento attentati in
territorio israeliano durante le celebrazioni per il Capodanno ebraico, che
iniziano questa sera. Resteranno chiusi anche i valichi di frontiera tra
Israele e la Striscia di Gaza.
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Andiamo in Libano. Hezbollah si appresta
a celebrare oggi pomeriggio a Beirut la “Vittoria Divina” contro Israele,
secondo la definizione del suo leader, Nasrallah.
Incerta, per timore di attentati, la presenza del leader del “Partito di Dio”
all’imponente manifestazione che avrà luogo nei quartieri della capitale
libanese, pesantemente colpiti nei 34 giorni di bombardamenti israeliani. E
proprio per chiedere la riparazione dei danni, ieri da New York, dove si trovava per
l’Assemblea Generale dell’ONU, il presidente libanese, Emile
Lahoud, ha assicurato che il suo Paese si riserva il
diritto di far causa a Israele. Sempre ieri,
il ministro della Difesa di Beirut, Elias Murr, aveva
minacciato di ricorrere al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, se
Israele non rispetterà l’impegno di ritirarsi dal sud del Libano entro una
settimana.
Ancora
sangue in Iraq. Quattro civili sono morti questa mattina a Bagh-dad,
quando un commando di 20 uomini, a bordo di 5 automobili, ha aperto il fuoco
contro diverse abitazioni e due moschee sannite, affollate per la preghiera del
venerdì, nel quartiere settentrionale di Hurriya.
All’arrivo della polizia irachena e delle truppe statunitensi, gli attentatori
sono riusciti a fuggire. Questa mattina, inoltre, il comando USA ha annunciato
la morte di due soldati americani: il primo, ad est della capitale, per
l’esplosione di una bomba al passaggio del convoglio su cui viaggiava; l’altro,
invece, per le conseguenze delle ferite riportate ieri in combattimento nella
provincia di Al-Anbar. Infine, all’indomani del
passaggio di consegne agli iracheni, da parte degli italiani, delle operazioni
di sicurezza nella provincia del Dhi Qar, ci si chiede se e come le truppe irachene saranno in
grado di gestire la situazione nel territorio. Massimiliano Menichetti
ha girato la domanda all’analista militare, il generale Luigi Caligaris:
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R. – Alcuni reparti sono molto
bravi, si sono immedesimati nel loro compito e lavorano molto bene. E poi, c’è
una grandissima parte che invece ha mantenuto la propria fede etnica di
appartenenza: i sunniti sono sunniti, gli sciiti sono sciiti, i curdi sono curdi. E questo crea
un’assenza di coesione al loro interno, un’assenza di affidabilità. Un’altra
cosa che si può dire è che arriviamo al paradosso che moltissimi disertano!
D. – Gli Stati Uniti manterranno
fino a primavera 147 mila uomini in Iraq: questo significa che la
stabilizzazione complessiva è ancora lontana?
R. – La stabilizzazione
complessiva è lontanissima. C’è il fatto che, oltre ad un esercito diviso al
suo interno, che è quello propriamente chiamato ‘iracheno’, ci sono tanti
eserciti che sono milizie che fanno invece riferimento alle loro autorità
locali riconosciute.
D. – Quindi che cosa bisogna
auspicarci?
R. – Che non ci sia
una guerra civile, ma è un auspicio che non ha una base molto solida!
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Il programma segreto della CIA per
catturare e interrogare sospetti terroristi non verrà
smantellato: i detenuti di Guantanamo avranno i loro
processi di fronte a tribunali militari speciali. Sono le conseguenze di un
accordo raggiunto ieri tra la Casa Bianca e un terzetto di senatori ribelli sul
tema delle torture e del rispetto della Convenzione di Ginevra. Secondo Bush, tale intesa “libera la strada per catturare,
detenere, interrogare e poi processare terroristi”.
In Afghanistan, un gruppo di
uomini armati ha attaccato ieri sera un convoglio di
cinque autocisterne che trasportavano carburante per le forze americane e una
compagnia di costruzioni, uccidendo un lavoratore pakistano. Lo hanno reso noto
oggi fonti ufficiali del governo. Gli assalitori hanno attaccato il convoglio a
colpi di granate e armi leggere, mentre percorreva la strada principale che
porta dal confine col Pakistan alla città orientale di Jalalabad.
Se l’Iran verrà attaccato, “i nostri leoni colpiranno il nemico come
un fulmine”: è quanto ha dichiarato stamani il vice presidente iraniano, Parvis Davudi, durante una parata
militare a Teheran, durante la quale sono stati mostrati Missili con una
gittata fino a 2000 km, in grado di raggiungere Israele. Ieri, intanto, a margine dei
lavori dell’Assemblea Generale dell’ONU, in corso a New York, il presidente
della Repubblica Islamica, Mahmud Ahmadinejad,
aveva dichiarato che Teheran “non ha bisogno della
bomba atomica”. Sentiamo Paolo Mastrolilli:
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Il leader di Teheran
ha ribadito che i programmi atomici del suo Paese sono pacifici e ha dichiarato
di essere disposto a negoziare la sospensione dell’arricchimento dell’uranio,
quando ci saranno le condizioni giuste per farlo. Il Consiglio di Sicurezza ha
approvato una Risoluzione, in cui chiedeva all’Iran di fermare entro il 31
agosto le proprie attività, sospettate di essere finalizzate alla costruzione
di armi. Finora la Repubblica Islamica non ha obbedito, ma i Paesi membri
permanenti del Consiglio, la Germania e l’Italia hanno
deciso di dare ancora qualche settimana di tempo al rappresentante europeo Solana per cercare una soluzione diplomatica alla crisi.
Ieri, però, il ministro degli Esteri italiano, D’Alema, ha detto che si tratta di settimane e non di mesi.
Se Teheran non risponderà in maniera positiva, il
passo successivo sarà di riportare la questione davanti all’ONU per discutere
le sanzioni.
Da New York, per la Radio
Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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Gli autori del colpo di Stato
compiuto martedì in Thailandia si sono insediati
formalmente questa mattina, nel corso di una cerimonia trasmessa da tutte le
emittenti televisive del Paese. Il giuramento dei generali si è svolto davanti
ad un ritratto del re Bhumibol Adulyadej,
che ieri aveva appoggiato il golpe e che stamani, con un decreto, ha nominato
il generale Sonthi Boonyaratglin
capo del governo provvisorio, chiamato ‘Consiglio per la riforma democratica
sotto la monarchia costituzionale’. Intanto, ieri
sera, dopo aver arrestato il vice premier e tre membri del governo, i golpisti
hanno destituito il capo dell'intelligence, il vice capo
della polizia e due alti ufficiali. I quattro facevano parte del
segretariato permanente del governo di Thaksin Shinawatra, che si sta concedendo
a Londra un “periodo di riposo”.
Code alle urne e clima di calma in
Gambia, dove sono in corso oggi le elezioni presidenziali e legislative. Gli
oltre 600 mila elettori del piccolo Paese
musulmano dell’Africa occidentale sono chiamati a scegliere tra il presidente
uscente, Yahya Jammeh, in
carica dal colpo di Stato del 1994, e due canditati
dell’opposizione, Halifah Salah
e Ousainou Darboe. Prevista
la riconferma del presidente Jammeh, che è in cerca
del suo terzo mandato, dopo le vittorie elettorali del 1996 e del 2001.
È stato rivendicato da un gruppo
ribelle di origine somala il rapimento, avvenuto lunedì scorso in Etiopia, di
due ingegneri del Comitato della Croce Rossa internazionale (CICR) – un
irlandese e un etiope – sequestrati da uomini armati nei pressi di Gode, nella
regione sud-orientale dell’Ogaden. La MISNA lo ha
appreso da fonti giornalistiche somale. In una nota, il ‘Fronte
unito per la liberazione della Somalia occidentale’
ha rivendicato il sequestro, precisando però l’episodio è stato frutto di un
equivoco, visto che i due uomini sono stati scambiati per lavoratori delle
compagnie petrolifere che stanno effettuando prospezioni nel Somali State in
Etiopia. Nella nota si annuncia che i due saranno rilasciati entro 48 ore.
Continuano le
manifestazioni in Ungheria contro il governo di centro–sinistra
del premier, Ferenc Gyurcsany.
Ieri sera, circa 10 mila persone hanno protestato pacificamente davanti al
Parlamento di Budapest. Le proteste sono iniziate lo scorso fine settimana,
quando la radio pubblica ha trasmesso un colloquio privato nel quale il Gyurcsany ammetteva di aver mentito sui risultati del
governo per vincere le elezioni. Negli scontri scaturiti tra dimostranti e
polizia, 255 persone sono rimaste ferite e circa 200 dimostranti sono stati
arrestati.
Ha provocato “diverse
vittime”, questa mattina nella Germania settentrionale,
un grave incidente ferroviario che ha coinvolto il Transrapid,
il treno superveloce su monorotaia magnetica, nei pressi di Osnabrueck.
Lo ha reso noto il canale all-news tedesco NTV,
precisando che il convoglio, che aveva a bordo tra le 21 e le 29 persone, ha
investito una motrice di servizio alla velocità di 200 chilometri l’ora ed è
rimasto sospeso nel vuoto a un'’altezza di oltre 5 metri.
Possibile crisi di governo in Polonia. Il premier, Jaroslaw
Kaczynski, ha annunciato la decisione di sollevare
dall’incarico il vice-primo ministro e ministro dell’Agricoltura, Andrzej Lepper. Kaczynski non ha escluso l’eventualità di elezioni
politiche anticipate nel novembre prossimo, nel caso in cui non riuscisse a ricostituire una coalizione con una stabile
maggioranza parlamentare, anche senza il partito presieduto da Lepper.
Proseguono gli sbarchi
di immigrati a Lampedusa. Circa 280 persone, a bordo di due imbarcazioni, hanno
raggiunto questa mattina l’isola italiana. Altri 37 immigrati erano stati
soccorsi nella notte, a 11 miglia dalla costa e trasferiti al centro di prima
accoglienza di Lampedusa, ormai congestionato. Sul fronte politico, ieri il vice-commissario europeo, Franco Frattini, intervenendo al vertice dei ministri degli
Interni e della Giustizia UE di Tampere, in Finlandia, ha annunciato lo sblocco di 3 milioni di euro da destinare alla
Libia, per contrastare l’immigrazione clandestina. E stamani il ministro degli
Esteri libico, Abdurrahman Shalgam,
incontrando a New York il suo omologo italiano, Massimo D’Alema,
ha definito “positivo e costruttivo”
l’atteggiamento dell’Italia in termini di immigrazione clandestina, riferendo
che la Libia è pronta
ad accettare la creazione di una forza militare dell’Unione Europea nel
Mediterraneo, per arginare il fenomeno.
Un bambino di 11 anni è la vittima numero 50 del
virus dell’influenza aviaria in Indonesia. Lo ha annunciato oggi il ministero
della Sanità indonesiano. Runizar Ruesin,
capo del Centro informazioni sull’aviaria, ha precisato che il bambino è morto
lunedì all’ospedale di Tulungagung, nella provincia
di Giava orientale.
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