RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 262 - Testo
della trasmissione di martedì 19 settembre 2006
IL PAPA E LA SANTA SEDE:
Lettera di Benedetto XVI al cardinale
Edmund Casimir Szoka
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
In Ungheria, scontri di piazza nella notte dopo
che il premier ha ammesso di aver mentito sui risultati ottenuti dal governo
negli ultimi due anni
19 settembre 2006
IL DOLORE DI BENEDETTO XVI PER
IL SANGUE DELLA RELIGIOSA, AFFERMA
IL PAPA, FACCIA GERMOGLIARE
DELLE CONVINZIONI RELIGIOSE
- Intervista con Davide Bernocchi e Giuseppina Sgorbati -
Il Papa ha espresso il suo profondo dolore per la morte di
suor Leonella Sgorbati, “barbaramente uccisa”
domenica scorsa a Mogadiscio. In un telegramma inviato a suo nome dal cardinale
segretario di Stato Tarcisio Bertone a madre Gabriella Bono, superiora generale
delle Missionarie della Consolata, cui apparteneva la religiosa italiana,
Benedetto XVI, ricordando che la suora “svolgeva con gioia un’apprezzata opera
al servizio delle popolazioni somale, specialmente in favore della vita
nascente e nell’ambito della formazione sanitaria”, ha ribadito la “ferma
deplorazione per ogni forma di violenza”. Ha quindi auspicato che il “sangue
versato da una così fedele discepola del Vangelo diventi seme di speranza per
costruire un’autentica fraternità tra i popoli nel rispetto reciproco delle convinzioni
religiose di ciascuno”.
I funerali di suor Leonella si terranno giovedì nella
chiesa della Consolata a Nairobi, in Kenya. La cerimonia sarà officiata da
mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti
e amministratore apostolico di Mogadiscio. Suor Leonella - lo ricordiamo -
gestiva una scuola per infermieri nell’ospedale pediatrico ‘Sos
Kindergarten’ della capitale somala. Due uomini hanno
aperto il fuoco contro di lei a pochi metri dall’istituto. Prima di spegnersi,
ha raccontato una consorella, suor Leonella ha ripetuto per tre volte la parola
“perdono”. Ma come vivono queste ore gli abitanti di Mogadiscio e gli altri
assistenti umanitari che operano in Somalia? Giada Aquilino lo ha chiesto a
Davide Bernocchi, direttore di Caritas Somalia, che
ben conosceva suor Leonella:
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R. – La popolazione di Mogadisico
piange suor Leonella perché le suore sono amate dai poveri e dalle persone che vengono aiutate gratuitamente dall’ospedale “Sos”. Gli operatori umanitari a Mogadiscio sono rarissimi:
possiamo dire che le suore sono l’unica presenza stabile. Anche nel resto del
Centro-Sud Somalia gli operatori umanitari non sono numerosi. Si vive in un
clima teso, in cui bisogna sempre avere una grande attenzione per la sicurezza.
Le suore, per esempio, a Mogadiscio non possono uscire dal complesso di “Sos” e io stesso, quando mi muovo in Somalia, ho comunque
bisogno di una scorta armata.
D. – Perché gli operatori umanitari non sono così presenti
in Somalia?
R. – Bisogna fare una distinzione, nel senso che nel Nord della Somalia, la presenza di entità semi-statali, che
garantiscono una certa sicurezza, permettono anche una presenza di operatori
umanitari; mentre nel Centro-Sud Somalia, dove le istituzioni statali mancano
completamente - e quindi il livello della sicurezza è da 16 anni a questa parte
pessimo - anche la presenza delle Nazioni Unite e delle organizzazioni
umanitarie è veramente rarissima.
D. – Che difficoltà ci sono sul terreno?
R. – In Somalia mancano tutte le strutture: niente scuole,
niente ospedali, sostanzialmente si opera in una terra di nessuno.
D. – La Caritas ancora piange la dottoressa Fumagalli, uccisa nel ’95, sempre in Somalia. Lei, come
suor Leonella e gli altri religiosi assassinati, cosa hanno lasciato al Paese
africano?
R. – Credo molto. In particolare, lo vedo personalmente
con il lavoro fatto da suor Leonella, la quale soltanto pochi mesi fa aveva
trasferito da noi uno dei primi studenti diplomatisi alla sua scuola. Questo
ragazzo, da Baidoa, dove adesso opera per noi in un dispensario,
mi ha detto: “io, non appena ho sentito la notizia
dell’assassinio di suor Leonella, ho pensato di correre a Mogadiscio per dare
il mio ultimo saluto al corpo di quella che per me è stata come una vera madre;
ma poi ho pensato che avrei onorato maggiormente la memoria di suor Leonella
rimanendo al servizio dei malati a Baidoa”. Ecco: credo
che questa sia una testimonianza di umanità che rispecchia il seme d’amore
gettato nel cuore di questo ragazzo proprio da suor Leonella.
D. – Quale sarà, da oggi in poi, l’impegno della Caritas
in Somalia?
R. – La Caritas, così come le suore e le altre
organizzazioni, intende continuare il proprio servizio a favore del popolo
somalo, sapendo che la situazione è molto difficile. Ovviamente, anche in
Somalia l’attuale realtà internazionale contribuisce ad alzare il livello di
tensione. Però, credo sia nostro dovere continuare a rimanere, come servizio di
amore nei confronti di quanti hanno bisogno, fino a quando
questo non diventerà impossibile.
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Ma ascoltiamo la testimonianza di Giuseppina Sgorbati, sorella della religiosa uccisa: Fabio Colagrande le ha chiesto se suor Leonella, al secolo Rosa,
si rendeva conto del pericolo che correva …
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R. – Penso di sì, anche se a me diceva che certamente non
c’erano pericoli perché “se la pallottola viene a me – diceva - se il Buon Dio l’ha
destinata a me, la prendo io, se no non la prenderò”: questo mi diceva
quando le chiedevo di stare attenta.
D. – Sua sorella Rosa era contenta di essere arrivata in
Somalia?
R. – Lei era contenta di andare in missione in Somalia per
far studiare questi ragazzi, che non avevano un avvenire; ne ha aiutati tanti,
collocandoli nei diversi ospedali e dando loro un lavoro.
D. – Quindi, voleva proseguire la sua missione a
Mogadiscio perché sapeva che ce n’era bisogno?
R. – Ce n’era bisogno, sì, altrimenti non sarebbe partita.
D. – Qual era il senso profondo della vocazione che
l’aveva portata in Africa e la faceva restare lì nonostante i grandi pericoli…
R. – Il bene che lei voleva alla gente. Voleva il bene
della gente e sapeva che se uno non studia, non può andare avanti. Lei voleva
bene a tutti e voleva che tutti andassero avanti, che studiassero, perché così
avrebbero potuto capire le cose.
D. – Rosa ha perdonato la mano che l’ha colpita…
R. – Sì, è un dono che mi ha fatto mia sorella: ha
perdonato perché sicuramente pensava che il suo assassino non sapeva quello che
faceva.
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UN
DISORSO CHE, NEL NOME DELLA FEDE E DELLA RAGIONE,
VUOLE
FAVORIRE IL DIALOGO TRA LE RELIGIONI E RIBADISCE IL RIFIUTO
DELLA
VIOLENZA NEL NOME DI DIO: COSI’ MONS. SILVANO MARIA
TOMASI,
OSSERVATORE
PERMANENTE DELLA SANTA SEDE ALL’ONU DI GINEVRA,
SULLA LECTIO
MAGISTRALIS DI
BENEDETTO XVI A RATISBONA
- Con
noi il prof. Andrea Riccardi e il prof. Ernesto Galli
della Loggia -
Al centro del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona c’è un rinnovato impegno al dialogo tra le
religioni e il rifiuto della violenza, un rifiuto che tutti i credenti,
cristiani compresi, devono fare proprio. E’ quanto sottolineato ieri
dall’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, Osservatore
permanente della Santa all’Ufficio ONU di Ginevra, in occasione del suo intervento
alla seconda sessione del Consiglio sui Diritti Umani. Un intervento tutto
dedicato alla lectio magistralis
di Benedetto XVI su fede e ragione. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Il discorso
di Benedetto XVI a Ratisbona va “collocato nella
giusta prospettiva in uno spirito di pacifico e costruttivo dialogo”. E’ il
richiamo di mons. Silvano Maria Tomasi che ha voluto
ribadire il vero significato dell’intervento del Papa a Ratisbona.
“Riconoscendo gli aspetti positivi della modernità”, ha affermato il presule,
il Papa vuole “allargare l’orizzonte della ragione affinché includa la dimensione
della religione, e di qui, iniziare un dialogo universale basato sulla ragione”.
E ciò, ha detto ancora, “in vista della difesa del valore di umanità delle
culture religiose, incluso l’islam”. Si è poi soffermato sulla citazione fatta
dal Papa dell’imperatore bizantino, ribadendo che il proposito del Santo Padre
era quello di sottolineare che “la violenza è sempre irragionevole” e
“incompatibile con la natura di Dio”. E questo vale per “tutti i credenti,
Cristiani e Musulmani” compresi. D’altro canto, l’osservatore vaticano ha
ricordato che il Papa ha confermato che la parte della citazione riguardante
l’Islam non esprime “in alcun modo i suoi pensieri personali”. Mons. Tomasi ha anche aggiunto
che il testo del Papa “va letto nella sua interezza”. E’ sorprendente, ha
constatato, “che le manifestazioni siano iniziate perfino prima che il discorso
fosse tradotto in una lingua comprensibile alle persone che manifestavano”. Manifestazioni
che si basavano “solo su titoli fuorvianti apparsi sui media”
che devono dunque “assumersi la loro responsabilità”. Il cammino da percorrere,
è stata l’esortazione del presule, richiede una maggiore “conoscenza delle
altre fedi e culture”. Ha così invitato gli uomini di buona volontà a lavorare “per
un genuino dialogo e un futuro di pace”.
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Anche oggi si
registrano reazioni contrastanti nel mondo islamico alle parole del Papa,
mentre il discorso all’Università di Ratisbona viene ritenuto “molto positivo” in una prospettiva di
“dialogo” dal primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams. Dal canto suo, il presidente iraniano
Ahmadinejad ha riconosciuto che le parole del Papa sono “state male
interpretate”, ribadendo di rispettare il Pontefice. Intanto, c’è attesa a Roma
per l’incontro in Campidoglio, oggi pomeriggio, in cui saranno presenti il
cardinale Paul Poupard,
presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il Rabbino
Capo di Roma Riccardo Di Segni e l'imam della Moschea
di Roma Sami Salem. All’evento prenderà parte anche
il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, il prof. Andrea Riccardi,
che intervistato da Fabio Colagrande si sofferma sul
ruolo dei media nella cattiva interpretazione del
testo pronunciato dal Santo Padre:
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R. – I messaggi diventano slogan, diventano caricature e
rimbalzano qua e là. Ero a Parigi, un gruppo di giornalisti turchi mi è venuto
incontro, dicendomi: “Il Papa ha detto che….”. Io ho risposto, avendo il testo
in mano, “Il Papa non ha detto….”. Ma loro, “No, no il
Papa l’ha detto. Non importa il suo testo. Ormai tutti dicono questo, le
agenzie, etc.”. Quando, in realtà, pochi giorni prima il Papa, nel
messaggio che ci ha inviato ad Assisi, per i 20 anni della preghiera di Assisi
che noi abbiamo celebrato, prendeva posizione molto chiaramente a favore del
dialogo. Peraltro, anche quello è un messaggio che nei media
è stata caricaturizzato, perché il Papa ha detto “no” al sincretismo e si è
detto: “Vedete, Benedetto XVI ha detto “no” al sincretismo a differenza del suo
predecessore”. Falso, giacché tutti i messaggi di Giovanni Paolo II, come è ovvio, erano dialogo “sì” e sincretismo “no”! C’è poi il
fatto che il mondo islamico vive quello che uno studioso chiama un malessere
profondo e quindi è estremamente infiammabile.
D. – Come ritessere un po’ questo tessuto del dialogo?
R. – Io credo che c’è anzitutto un dialogo che è il
contatto quotidiano. Si rischia ora di perdere i contatti in questo nostro
mondo. Bisogna individuare nel mondo sunnita quali sono i leader ed avere il
coraggio di parlare e di tenere dei contatti forti e personali. Questo a me
sembra il primo punto. Io penso che l’atteggiamento della Chiesa cattolica è oggi
estremamente importante per il mondo musulmano, anche se il mondo musulmano –
confuso e sbattuto – può essere alla ricerca di un nemico che gli dà senso.
D. – Prof. Riccardi,
un commento ricorrente, però, in queste ore è la mancanza di un interlocutore,
almeno un’apparente mancanza di interlocutori moderati da parte del variegato
mondo islamico, di qualcuno che in qualche modo si distacchi
da queste proteste?
R. – Io non ho mai creduto a questo discorso dei moderati
e dei non moderati. Noi ci troviamo davanti un fatto che non possiamo
determinare: che è un mondo religioso, quale è l’Islam, un mondo con forti
conflitti interni (pensiamo a quello fra sciiti e sunniti), un mondo che noi
rappresentiamo in maniera caricaturale come un mondo omogeneo, ma che non è
omogeneo e questo perché ci sono gli Islam delle diverse nazioni, c’è un Islam
più spirituale, ci sono tanti Islam. E’ un mondo di più di un miliardo di
persone ed è quindi un mondo variegato. Penso che dobbiamo trovare gli
interlocutori possibili. Nel dipingere un Islam tutto uguale noi facciamo il
gioco di Bin Laden che dice:
“Il mondo musulmano è unito”; ma il mondo musulmano io
non dico che è disunito, ma sicuramente è complesso.
D. – Alcuni esponenti del mondo islamico hanno detto che
Benedetto XVI ha interrotto quella strada di dialogo tra
cristiani e musulmani voluta da Giovanni Paolo II. Un suo commento…
R. – Io nego questo e credo che questo “giochetto” che si
sta facendo, contrapponendo Benedetto XVI a Giovanni Paolo II, è un “giochetto”
ridicolo che si è fatto ogni volta. Ricorda che all’inizio del Pontificato di
Giovanni Paolo II si diceva: “E’ arrivato il restauratore a chiudere le cose
che Paolo VI aveva aperto”. E’ un “giochetto” mediatico,
che non serve a niente e che, però, in questo mondo globalizzato e davanti a
queste crisi può essere anche pericoloso. Benedetto XVI si muove in questa
linea di dialogo. Naturalmente si muove con la sua sensibilità che è quella di
un uomo diverso da Giovanni Paolo II, ma poi non tanto diverso. C’era, al limite,
più differenza tra Paolo VI e Giovanni Paolo II.
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Intanto, ci si
interroga non solo sulle reazioni nel mondo islamico, ma anche in Occidente.
Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuan sulla Dottrina Sociale
della Chiesa ha dichiarato all’agenzia SIR che ha “stupito il silenzio di capi
di Stato e di intellettuali delle nazioni democratiche che nel cattolicesimo e
nel cristianesimo trovano uno degli elementi fondamentali della propria
civiltà”. L’Occidente, ha proseguito, “non ha trovato il coraggio, a parte
qualche caso isolato, di difendere la libertà di espressione che ormai esso non
nega più a nessuno”. Proprio su questo aspetto della vicenda, Alessandro
Gisotti ha intervistato lo storico Ernesto Galli della Loggia, editorialista
del Corriere della Sera:
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R. – Sono in pochi indignati perché da molto tempo
l’Occidente è abituato al criterio dei due pesi e due misure. Noi siamo sempre
portati, ormai da molti decenni, ad avere un atteggiamento di timidezza, di
subalternità quasi, nei confronti di tutte le posizioni che si esprimono contro
qualcosa che riguardi l’Occidente. Credo che ci sia
questa sorta di “cultura del rimorso”, mal riposta, molto spesso, che
soprattutto non dovrebbe mai portare ad accettare manifestazioni di violenza e
di aggressività.
D. – Come lei ben ricorda, in un ormai celebre discorso
l’allora cardinale Joseph Ratzinger
disse che “l’Occidente quasi odia se stesso” …
R. – Sì, le cose che dicevo prima si possono riassumere in
questa felice sintesi, sì. L’Occidente odia se stesso, soprattutto gli ambienti
intellettuali, giornalistici dell’Occidente sembrano aver perso qualsiasi
consapevolezza dell’importanza storica anche positiva della propria tradizione,
della propria storia. Ed è molto significativo che oggi sia il Papa a dovere in
qualche modo ricordare, per esempio, con questo eccezionale – misuro la parola
– penso che si tratti veramente di un eccezionale discorso, come quello appunto
fatto all’Università di Ratisbona, in cui ha secondo
me compiuto la grandissima operazione storico-culturale
di ricollocare con forza il cristianesimo nelle sue origini, per l’appunto europeo-occidentali.
D. – Si può dire, dunque, che in questo momento di
debolezza, forse la Chiesa, il Papa – e questo Papa in particolare – sono
troppo forti e quindi danno fastidio?
R. – Non credo che sia una questione di forza, ma una
questione di qualità e contenuto del messaggio. E il messaggio che oggi viene
dal Papa è un messaggio che si colloca in una posizione fortemente
anti-conformista rispetto a quella che è la vulgata generale della cultura
media europea, e quindi essa non può che suscitare opposizione e fraintendimento
da parte di persone che molto spesso, si capisce, non si sono curate neanche di
leggerlo il discorso che poi accusano …
D. – Le ‘lectio magistralis’ del Papa a Ratisbona
è stata – come il titolo stesso del testo afferma, ma che ovviamente ben pochi
ricordano – un’appassionata difesa della ragione. Non le sembra che in questo
si sia persa anche un’occasione per ragionare?
R. – Bè, sì, mi pare chiaro che
sia così come lei dice. L’occasione innanzitutto di ragionare, di riflettere,
di meditare su cose importanti che riguardano il passato di noi tutti credenti
e non credenti e che quindi avrebbero meritato una ben maggiore attenzione rispetto
a quella che gli è stata data.
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LETTERA DI BENEDETTO XVI AL CARDINALE EDMUND CASIMIR SZOKA
Benedetto
XVI esprime il suo “vivo ringraziamento per la fedeltà e la competenza” con cui il cardinale
Edmund Casimir Szoka, arcivescovo emerito di Detroit, ha operato negli
Stati Uniti d'America e al servizio della Chiesa Universale. In una lettera con data 15 settembre, giorno
in cui l’arcivescovo Giovanni Lajolo è subentrato al
porporato nelle funzioni di presidente della Pontificia Commissione per lo
Stato della Città del Vaticano e di presidente del Governatorato del Vaticano,
il Papa sottolinea
come il cardinale Szoka in differenti campi abbia operato “con passione
e senza risparmiare energie e tempo”. “Sono certo – ha aggiunto - che con
uguale disponibilità continuerà, anche in futuro, a lavorare per
“UN
IMPETO DI SOLIDARIETÀ IN AIUTO AI PAESI MENO SVILUPPATI”:
DI QUESTO
HA BISOGNO IL MONDO. E’ L’ACCORATO APPELLO,
LANCIATO
IERI ALL’ONU, DALL’ARCIVESCOVO CELESTINO MIGLIORE
-
Servizio di Roberta Gisotti -
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“L’inarrestabile fuga di masse di popolazioni dalle regioni
impoverite verso le aree sviluppate del mondo ha portato i gravi problemi dei
Paesi in via di sviluppo – che un tempo erano una realtà accademica e distante
– a bussare letteralmente alle porte degli Stati ricchi”. Cosi l’arcivescovo
Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede, presso le Nazioni
Unite, è entrato nel vivo del dibattito, aperto ieri nel Palazzo di Vetro a New
York, per valutare gli obiettivi raggiunti dal Programma ONU per i Paesi meno
sviluppati, previsto tra il 2001 e il 2010, giunti dunque a metà strada di un
percorso, che non ha sortito i risultati sperati, come
hanno commentato le Nazioni partner.
E’ generale convinzione “che la recente crescita” in
questi Paesi “rimane estremamente vulnerabile, poiché poggia quasi interamante
sull’esportazione di materiali grezzi, soprattutto petrolio, e non ha prodotto
progresso globale nella riduzione della povertà o nell’incremento del benessere
umano”. Questo “relativo e fragile miglioramento” - ha aggiunto l’arcivescovo
Migliore – “non deve distrarre dal prendere in seria considerazione i gravi
problemi sottesi, finora irrisolti, o indurci a perdere di vista la loro
drammatica urgenza”. Il presente dato economico dovrebbe essere letto anche
alla luce di altre gravi realtà come la guerra – che affligge un significativo
numero di Paesi in via di sviluppo – il degrado ecologico e la
desertificazione, il persistente numero di bambini malnutriti e il continuo
flagello dell’Aids, della malaria, della tubercolosi e di molte altre malattie
associate alla povertà”.
Da qui “il pressante imperativo morale di una solidarietà
economica verso i Paesi poveri, basata sull’unità del genere umano e
sull’eguale dignità di tutte le persone”, ha ammonito il presule: “noi oggi siamo di fronte all’urgente missione di rimediare
una situazione che, in assenza di soluzioni che siano effettive, giuste e
rispettose dei diritti umani, continuerà a causare un intollerabile danno nei
Paesi in via di sviluppo e inevitabilmente porterà uno stato di permanente instabilità
nel tessuto sociale delle Nazioni sviluppate”. “Il mondo ha bisogno oggi di un
impeto di solidarietà”.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Le parole
del Santo Padre al cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato.
Il telegramma di cordoglio di
Benedetto XVI per la suora assassinata a Mogadiscio.
Servizio estero - Nucleare:
l'Iran ribadisce che non sospenderà per due mesi il processo di arricchimento
dell'uranio.
Servizio culturale - Un articolo
di Pasquale Tuscano dal titolo “Luigi Albertini ‘ritratto’ da Corrado Alvaro”: un'opera da non
trascurare dello scrittore calabrese.
Per
l’”Osservatore libri” un articolo di Armando Rigobello
dal titolo “Il male: un abuso di quel bene che è la libertà”: un saggio di
Claudio Ciancio inquadra il dibattito sul tema dall'800 ai nostri giorni.
Servizio italiano -
In rilievo il ragguaglio sul tragico crollo di una palazzina a Milano.
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19 settembre 2006
I
VESCOVI ITALIANI ESPRIMONO
AL PAPA, DOPO GLI ATTI INTIMIDATORI E LE
INQUALIFICABILI MINACCE
IN SEGUITO
AL SUO DISCORSO DI RATISBONA: COSI’ IL CARDINALE RUINI
IN
APERTURA DEL CONSIGLIO PERMANENTE DELLA CEI
“Totale vicinanza e solidarietà” a Benedetto XVI è giunta
ieri pomeriggio dalla Conferenza episcopale italiana in occasione dell’apertura
dei lavori del Consiglio permanente. Il cardinale Camillo Ruini,
presidente della CEI, in un intervento a tutto campo, ha affrontato la
questione del discorso del Papa a Ratisbona e il nodo
delle minacce di parte del mondo islamico. Tra i temi toccati dal porporato anche
le recenti crisi internazionali e l’attualità politica italiana. Il servizio è
di Sergio Centofanti.
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“Sorpresa e dolore” per il modo
in cui le affermazioni di Benedetto XVI contenute nella sua lezione pronunciata
presso l’Università di Ratisbona “siano state
equivocate a tal punto da essere interpretate come un’offesa alla religione
islamica”. Il cardinale Ruini manifesta nella sua
prolusione la “totale vicinanza e solidarietà” della Chiesa italiana al Papa e
condanna gli “atti intimidatori” e le “inqualificabili minacce” provenienti da
una parte del mondo islamico, fino – ha aggiunto – a fornire forse “il pretesto
per l’abominevole assassinio di suor Leonella” a Mogadiscio. Il contenuto del
discorso del Papa, sottolinea il porporato, era diretto a “favorire un vero
dialogo delle culture e delle religioni – un dialogo – aveva detto Benedetto
XVI nel discorso a Ratisbona – di cui abbiamo un
urgente bisogno”. “Deploriamo invece – ha proseguito il porporato - quelle interpretazioni,
che non mancano anche nel nostro Paese, le quali attribuiscono al Santo Padre
responsabilità che assolutamente non ha o errori che non ha commesso e tendono
a colpire la sua persona e il suo ministero”.
Il cardinale Ruini ha poi
parlato della situazione della Chiesa in Italia in vista del Convegno
ecclesiale nazionale che si terrà a Verona il prossimo ottobre: ha rilevato i
passi in avanti nella “capacità di incidenza” della Chiesa a livello di
“cultura pubblica … nonostante il persistere di una diffusa mentalità
soggettivistica e l’aggravarsi della deriva etica” nonché “il radicalizzarsi di posizioni laiciste, che però – proprio
nella loro aggressività – non esprimono certo l’animo popolare e vengono vigorosamente contraddette da altre voci ‘laiche’
consapevoli del contributo che la fede cristiana può recare al bene
dell’Italia”. Senza tralasciare – spiega ancora il porporato – “la costante
insidia di una secolarizzazione interna della Chiesa” che “non deve
sorprenderci” perché “il peccato e l’umana debolezza accompagnano sempre il
cammino della Chiesa nella storia”.
Sul fronte internazionale il cardinale Ruini
ha espresso le proprie preoccupazioni per la questione mediorientale, ha
parlato delle “inacettabili minacce” da parte
dell’Iran “contro l’esistenza stessa dello Stato di Israele” e dei pericoli che
Passando alla situazione italiana, in vista della prossima
legge finanziaria, il cardinale Ruini ha auspicato
una particolare attenzione alle politiche fiscali in favore dei giovani, della
famiglia e del Mezzogiorno. Il porporato ha quindi espresso “la più ferma
deplorazione” per la decisione del Consiglio dei ministri dell’Unione Europea
di prevedere finanziamenti comunitari che agevoleranno le ricerche sulle
cellule staminali embrionali, con la conseguente soppressione di embrioni
umani. Deplorazione volta anche verso quelle iniziative del governo italiano
“che hanno reso possibile quella decisione”. Positiva la riflessione del
cardinale Ruini sul recente indulto, mentre profondo
dolore è stato espresso per le tragedie del mare che colpiscono tanti
clandestini e per le vittime degli incidenti sul lavoro. Sul fronte
dell’immigrazione il porporato invita a politiche fondate sul rispetto dei
diritti umani sottolineando la “necessità imprescindibile di realizzare una
vera integrazione, con le regole e i processi di sviluppo che essa richiede,
evitando la prospettiva ingannevole e gravida di rischi, di un
multiculturalismo che fa crescere comunità separate e chiuse in se stesse”.
Al termine della prolusione il presidente della CEI ha
voluto ricordare la figura della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, che –
ha detto – “è stata al centro di accese controversie ma che ha dato una grande
testimonianza di coraggio, di forza morale, di ingegno e di qualità letterarie,
finalmente di amore per l’Italia”.
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19 settembre 2006
FISSATA PER DOPODOMANI, 21
SETTEMBRE, LA FUCILAZIONE DEI TRE CATTOLICI
INDONESIANI, LA CUI ESECUZIONE ERA STATA RINVIATA DOPO GLI INTERVENTI
DELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE E DEL PAPA. I TRE ERANO STATI CONDANNATI
A MORTE PER UN MASSACRO DI MUSULMANI AVVENUTO NEL 2000,
MA SULLA SENTENZA PESANO FORTI DUBBI
PALU. = Non sembrano esserci più speranze per Fabianus
Tibo, Dominggus da Silva e Marinus Riwa, i tre cattolici
condannati a morte in Indonesia, nelle Sulawesi
centrali: saranno giustiziati il prossimo 21 settembre. La decisione, riferisce
AsiaNews, è arrivata al termine di un incontro a porte chiuse tra il generale
maggiore Arif Budi Sampurno, capo regionale dell’esercito per la provincia di Sulawesi, Badrotin
Haiti, capo della polizia delle Sulawesi centrali, e Mannan SH, procuratore capo provinciale. Oggi Stephen Rening SH, coordinatore del PADMA - il gruppo di avvocati
che difende i tre - ha confermato la notizia, spiegando che Tibo,
da Silva e Riwa, detenuti nel carcere di Petobo, hanno già ricevuto la comunicazione ufficiale della
loro fucilazione, fissata per dopodomani a Palu. Il legale
ha tuttavia aggiunto che i familiari dei tre, originari della zona a
maggioranza cristiana di Tentenna e Poso, non sono ancora a conoscenza della
decisione delle autorità. In viaggio per Palu si sono
messi sia il legale sia padre Norbert Bethan SVD, anch’egli membro del PADMA, mentre a Poso sono
state innalzate le misure di sicurezza, in previsione delle due grandi
manifestazioni organizzate per protestare contro l’esecuzione capitale. Il
generale Sampruno, comandante dell’esercito nelle Sulawesi, ritiene che l’esecuzione vada portata a termine
come stabilito. “Lasciate che venga eseguito il verdetto,
che ha le sue basi legali”, ha detto il generale alla stampa. “Tibo e compagni”, come da tempo sono
chiamati i tre cattolici, dovevano essere giustiziati già lo scorso 12 agosto
perché giudicati responsabili del massacro di 200 musulmani a Poso, durante gli
scontri interreligiosi del 2000. Il rinvio dell’esecuzione è coinciso con
l’attenzione internazionale suscitata da questo caso, per il quale anche
Benedetto XVI si era mosso invocando un gesto di clemenza. Il processo che li
ha giudicati colpevoli, sostengono in molti, sarebbe stato viziato da procedure
illegali. (A.D.C.)
ARRESTATO IN PAKISTAN UN GIOVANE
CRISTIANO C
ON L’ACCUSA DI OFFESE ALL’ISLAM.
IL GIOVANE, RESPONSABILE DI UN FURTO, RISCHIA INVECE L’ERGASTOLO
IN BASE ALLA CONTROVERSA LEGGE SULLA BLASFEMIA
FAISALABAD. = Dall’Indonesia al Pakistan, dove un semplice caso di
furto si è trasformato nell’ennesima denuncia di blasfemia ai danni di un
giovane cristiano. Shahid Masih,
17 anni, ora è in custodia cautelare a Faisalabad,
dove non riceve visite neppure dalla famiglia, terrorizzata dalle possibili
ritorsioni dei fondamentalisti islamici. Il ragazzo, riferisce ancora AsiaNews,
è stato arrestato lo scorso 11 settembre insieme con un compagno musulmano, Muhammad Ghaffar, per aver
strappato pagine dal tafseer, un libro che
spiega i versi del Corano. I due sono accusati di aver violato la sezione 295 B
del Codice penale, meglio conosciuta come Legge sulla blasfemia, che prevede
l’ergastolo per chi dissacra il Corano. A denunciare alla polizia i giovani è
stato Arshad Masood, il
dottore di una clinica vicina all’abitazione del cristiano. Secondo il medico,
i due avrebbero agito di notte, in sua assenza, stracciando il volume che lui
teneva per studio nella sua clinica. Il caso, afferma AsiaNews, parrebbe invece
un nuovo abuso di una legge, di cui da anni nel Paese si chiede l’abrogazione.
Ad AsiaNews, la madre di Shahid, Alice Munawar, racconta
che 15 giorni prima il dottor Masood aveva avvertito il fratello maggiore di Shahid
del furto di alcuni medicinali avvenuto nella sua clinica e del fatto che era
ben intenzionato a trovare i colpevoli. Il 10 settembre - continua la donna
- quattro uomini della polizia sono venuti a cercare Shahid, che non era in casa, affermando che Masood lo aveva denunciato per blasfemia. “Abbiamo ammesso
che nostro figlio fa uso di droghe – ha detto Alice – ma
per il resto non ha nulla a che fare con questioni religiose”. Anche Ejaz Ghauri, presidente della Human Dvelopment Net (HDN),
sostiene l’infondatezza delle accuse. Per due giorni l’uomo ha visitato la
famiglia e i parenti di Shahid Masih
per ricostruire i fatti. Secondo Ghauri, si tratta di
un semplice caso di furto (i due avrebbero rubato i medicinali con cui drogarsi), “ma non vi sono tracce di una premeditata volontà
di offendere l’Islam”. A difendere Shahid sarà
l’avvocato cattolico Khalil Tahir,
presidente dell’Adal Trust, una ong di Faisalabad. Si tratta
dello stesso legale che ha combattuto per la causa del cattolico Javed Anjum, ucciso nel 2004. Del
suo omicidio, due religiosi islamici erano stati condannati nel marzo scorso
all’ergastolo. (A.D.C.)
SI CELEBRANO OGGI I 160 ANNI
DELL’APPARIZIONE MARIANA A LA SALETTE,
QUANDO LA VERGINE AFFIDO’ A DUE PICCOLI MANDRIANI FRANCESI
UN MESSAGGIO PER LA CONVERSIONE E LA SALVEZZA DEL MONDO
ROMA. = I due mandriani sono in realtà due adolescenti e i
versanti del monte Planeau, sul quale stanno
pascolando le loro mucche, invitano al riposo sotto il bel sole di fine settembre
piuttosto che alla noia della guardia alla mandria. Così, quando al loro
risveglio, scoprono con timore che le mucche incustodite si sono allontanate,
non sognano neppure che l’inizio della ricerca li porterà a vivere
un’esperienza straordinaria. Inizia così – 160 anni fa, il 19 settembre 1846 -
la vicenda di Mélanie Calvat,
15 anni, e Maxim Giraud, 11
anni, due ragazzini conosciutisi sugli alpeggi francesi de La
Salette, entrambi nati nel villaggio di Corps.
Non sanno né leggere, né scrivere, non hanno nozioni di catechismo e non sanno
dare alcuna spiegazione del globo di fuoco che notano ad un tratto su un cumulo
di pietre, dopo aver radunate le loro bestie. Nel globo (“come se il sole fosse
caduto lì”, spiegherà poi la ragazza, Mélanie) appare
una donna, la testa tra le mani, i gomiti sulle ginocchia, molto triste, che li
invita ad avvicinarsi senza paura. A loro, la Bella Signora, che appare
luminosamente vestita come una donna del popolo, affida un messaggio che invita
sostanzialmente alla conversione del mondo. Interrogati più volte, la loro
storia convince infine la Chiesa della straordinarietà della visione mariana.
Cinque anni dopo, il vescovo di Grenoble la dichiara ufficialmente tale in un
Decreto e l’anno dopo, 1852, annuncia la costruzione di un Santuario sul luogo
dell’apparizione e la fondazione dei Missionari di Nostra Signora de La Salette. A loro, durante l’udienza concessa nel Giubileo
del 2000, Giovanni Paolo II ricordò quanto scrisse in occasione del 150.mo anniversario dell’apparizione, in una lettera al
vescovo di Grenoble, mojns. Dufaux:
“La Salette è un messaggio di speranza, poiché la
nostra speranza è sostenuta dall'intercessione di colei che è la Madre degli
uomini”. (A.D.C.)
NEL GIORNO DELLA FESTA DI S. GENNARO,
SI E’ RINNOVATO L’EVENTO
DELLA LIQUEFAZIONE DEL SANGUE DEL PATRONO DI NAPOLI. DURANTE LA
MESSA,
IL CARDINALE SEPE HA INVITATO A PREGARE PER IL PAPA, IN RELAZIONE
ALLA VICENDA DELLE REAZIONI ISLAMICHE AL RECENTE DISCORSO DEL PAPA A RATISBONA
NAPOLI. = “Il sangue
di San Gennaro sta iniziando a sciogliersi”. Con queste parole il cardinale
arcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, ha
comunicato, visibilmente commosso, alle 9.20 di stamattina, l’inizio
dell’evento che si ripete ogni anno il 19 settembre, festa di S. Gennaro. Alle
9.35, il duca Giovanni Pignatelli della Deputazione
di San Gennaro, ha sventolato il fazzoletto bianco dando cosi'
l'annuncio ai fedeli dell'avvenuta liquefazione del sangue del Santo Patrono di
Napoli. Le campane della cattedrale, affollata da migliaia di fedeli - tra cui
le massime autorità civili della regione – hanno cominciato a suonare a
distesa, accompagnate dal tradizionale sparo di fuochi di artificio sul
sagrato. Per la prima volta dalla sua nomina, il cardinale Sepe
ha presieduto i riti nel giorno della festa più sentita dai napoletani. Novità
anche nella cattedrale, nella quale due maxi schermi hanno consentito ai fedeli
stipati nelle navate laterali di seguire la cerimonia, trasmessa per la prima
volta in diretta da una televisione locale. La liquefazione del sangue del
Patrono di Napoli si verifica abitualmente tre volte l'anno: il 19 settembre,
anniversario del martirio di San Gennaro, avvenuto nel 305 d.C. presso la
solfatara di Pozzuoli, il sabato antecedente la prima domenica di maggio,
anniversario della traslazione della salma dall'Agro Marciano alle attuali catacombe
ed il 16 dicembre - ma più raramente - anniversario di una terribile eruzione
del Vesuvio avvenuta nel 1600. Durante l’omelia, il cardinale Sepe, riferendosi alla vicenda delle reazioni islamiche
alle parole di Benedetto XVI, ha tra l’altro invitato i credenti a pregare per
il Papa e a ricordare, ha detto, che siamo annunciatori della parola del
Signore anche quando “la nostra parola viene tacciata
e male interpretata". Un lungo applauso ha sottolineato questa
affermazione e, dopo l’annuncio della liquefazione del sangue, dalla navata
centrale si è levato per due volte un grido solitario di “Viva il Papa”,
anch’esso salutato da applausi. (A.D.C.)
ALLARME DELL’UNESCO PER I DANNI
PROVOCATI DAL RECENTE CONFLITTO
TRA ISRAELE E GLI HEZBOLLAH IN ALCUNI SITI ARCHEOLOGICI LIBANESI,
DICHIARATI PATRIMONIO DELL’UMANITA’
- A cura di Francesca Pierantozzi -
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PARIGI. = Tre importanti siti
archeologici in Libano, dichiarati dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, si
trovano in urgente necessità di restauro dopo un mese di guerra tra Israele e
Hezbollah. A denunciarlo, ieri, è stata la stessa agenzia delle Nazioni Unite.
Secondo il suo rapporto sui danni provocati dal conflitto, è stato soprattutto
il porto dell’antica Byblos, inscritto al patrimonio
mondiale dell’umanità, a subire più gravemente le conseguenze del conflitto. Il
sito è stato ricoperto da una marea nera di carburante, che si è riversato in
mare dopo il bombardamento di una centrale elettrica. Ora, le antiche pietre
del porto rischiano di essere danneggiate irrimediabilmente, se non si
interverrà entro l’inverno. L’operazione di ripulitura potrà essere fatta
esclusivamente a mano per un costo complessivo – stimato dall’UNESCO – di 100
mila dollari. Meno drammatica invece la situazione di siti archeologici di Balbet e Tyro, che secondo il
Rapporto non avrebbero subito danni importanti, anche se occorrerà intervenire
su alcuni affreschi romani e svariate fessure sul Tempio di Giove. La vice
direttrice dell’UNESCO per la Cultura, Françoise Rivière,
ha tenuto a sottolineare che è tutta la vita culturale che ha bisogno di essere
rilanciata in Libano. “Molti Festival sono stati interrotti dalle bombe”, ha
detto la signora Rivière. “Una delle cose che l’UNESCO vorrebbe fare – ha
aggiunto – è mostrare che la cultura è indispensabile anche per la assicurare
la coesione”.
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CRESCE IL NUMERO DELLE VITTIME DELLE
MINE TERRESTRI, AUMENTA LA SUPERFICIE DELLE AREE BONIFICATE, MENTRE SI RIDUCONO
I FONDI PER I PROGRAMMI
DI SMINAMENTO. E’ IL
BILANCIO DEL “LANDMINE MONITOR REPORT 2006”, L’OTTAVO RAPPORTO DELLA CAMPAGNA
INTERNAZIONALE PER LA MESSA AL BANDO DELLE MINE
GINEVRA. = Tra le 15 e le 20 mila persone ogni anno
continuano ad essere ferite ed uccise, mentre calano i fondi per la “mine
action” internazionale. Questo è, in sintesi, quanto emerge dall’ottavo
Rapporto della Campagna internazionale per la messa al bando delle mine,
pubblicato in concomitanza della settima riunione degli Stati che aderiscono al
Trattato per la messa al bando delle mine, che inizia oggi e terminerà il 22
settembre nella città di Ginevra, in Svizzera. Scopo dell’incontro è fare il
punto sull’attuazione degli obblighi imposti dal Trattato: bonifica delle aree
minate, alla distruzione degli stoccaggi e all’assistenza delle vittime.
Secondo il Rapporto, nel 2005 sono state rimosse circa 470.000 mine terrestri,
per un area pari alle dimensioni della città di New
York. Si tratta della più grande bonifica dal 1980. Tuttavia il numero delle
persone ferite è aumentato del 11%, rispetto all’anno
precedente. Ciò è dovuto all’intensificarsi dei
conflitti in Myanmar, Ciad, Colombia e Pakistan e al fatto che, in molti Paesi,
i programmi per la bonifica dei territori non sono in linea con le scadenze. In
definitiva, però, se si escludono Myanmar, Nepal e Russia, dal Rapporto si
evince che l’uso di mine terrestri continua a decrescere in tutti i Paesi del
mondo. Il documento, infine, pone l’accento sulla drastica riduzione dei fondi
dedicati al programma Mine Action. Nel 2005 il totale dei fondi raccolti registra
una riduzione di circa 23 milioni di dollari. (M.G.)
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19 settembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra
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Grande attesa a New York per gli interventi, previsti nel
pomeriggio, del presidente americano, George Bush, e
del capo di Stato iraniano, Mahmoud Ahmadinejad
nell’ambito della 61.ma Assemblea generale dell’ONU.
La riunione è incentrata, soprattutto, sul programma nucleare iraniano. Il
servizio di Paolo Mastrolilli:
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La crisi iraniana ha cominciato a dominare l’Assemblea
generale dell’ONU, anche prima degli interventi dei capi di Stato e di governo,
che cominciano oggi con i discorsi del segretario generale, Kofi
Annan, e del presidente americano, George Bush. Ieri il presidente francese, Jacques
Chirac, ha detto che non vuole le sanzioni, almeno in
questa fase in cui si può ancora trovare una soluzione diplomatica. Il capo
dell’Eliseo spera ancora nel dialogo, nonostante Teheran abbia dato risposte ambigue al pacchetto di
incentivi offerti dall’Unione Europea in cambio della sospensione dell’arricchimento
dell’uranio. I negoziati devono continuare in un clima costruttivo, secondo Chirac, che ha proposto un compromesso: durante i colloqui,
il Consiglio di Sicurezza deve evitare di discutere le sanzioni e la Repubblica
islamica deve rinunciare alle sue attività nucleari. Dall’inizio della crisi,
questa è la prima volta che un leader occidentale non indica la sospensione
dell’arricchimento come la pre-condizione per
trattare. Una linea potenzialmente in contrasto con gli Stati Uniti che,
invece, spingono affinché l’ONU discuta le sanzioni e chiedono che l’Iran
interrompa i suoi programmi atomici prima di avviare il negoziato. Anche Roma è
scettica sulle sanzioni, che costerebbero molto alle aziende italiane impegnate
nella Repubblica islamica. Ieri, a margine dell’Assemblea ONU, si è discusso di
Iraq e Kofi Annan ha detto
che il Paese corre un grande rischio di guerra civile. Durante l’Assemblea, si
parlerà anche della missione di pace in Libano, ma anche della riforma del
Consiglio di sicurezza, su cui l’Italia spinge per l’idea del seggio europeo.
Sul tavolo, poi, la successione ad Annan, che a
dicembre concluderà il suo mandato: al momento, il candidato proposto dalla
Corea del Sud, il ministro degli Esteri Ban Ki-moon, è quello che ha ottenuto più consensi.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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“L’Iraq rischia di
sprofondare nella guerra civile”. Lo ha detto il segretario generale
dell’ONU, Kofi Annan, dopo
una riunione straordinaria sulla situazione in Iraq, alla quale hanno
partecipato a New York il presidente iracheno. Jalal
Talabani e il segretario di Stato americano. Condoleezza
Rice. “Se i dirigenti iracheni - ha precisato Annan - possono rispondere ai bisogni e agli interessi
comuni di tutti gli iracheni, allora la speranza di pace e di prosperità può
essere realizzabile”. Ma “se le privazioni e le violenze perdurano, lo stato
iracheno - ha aggiunto - corre il grave pericolo di trovarsi nel mezzo di una
vasta guerra civile”. E in Iraq, intanto, proiettili di mortaio hanno colpito,
senza fortunatamente causare vittime, le sedi dei consolati di Gran Bretagna e
Iran. Ieri, in diversi attacchi della guerriglia, sono morte oltre 60 persone.
In Afghanistan, i talebani hanno annunciato di aver ucciso
l’ostaggio turco rapito lo scorso 28 agosto nella turbolenta provincia
meridionale di Helmand. I guerriglieri avevano
chiesto nei giorni scorsi all’agenzia di costruzioni per la
quale lavorava l’ingegnere di lasciare l’Afghanistan.
“E’ stato arrestato nello Yemen
un terrorista importante che pianificava operazioni contro interessi
americani”. Lo ha reso noto, stamani, il presidente yemenita in una conferenza
stampa alla vigilia delle elezioni presidenziali e municipali. Il capo di Stato
ha precisato che l’uomo fermato è una “guardia del corpo del candidato della
coalizione dell’opposizione”.
Australia e Giappone hanno annunciato, oggi,
nuove sanzioni contro la Corea del Nord, allo scopo di tagliare i rifornimenti
finanziari al programma nucleare di Pyongyang. Il ministro
degli Esteri australiano ha riferito che le sanzioni riguardano 12 società che
sostengono il governo nordcoreano per finanziare lo
sviluppo di armi nucleari. Tokyo ha congelato, inoltre, le rimesse finanziarie
dal Giappone verso diversi enti nordcoreani. Queste
sanzioni si aggiungono a quelle già adottate dagli Stati Uniti e costituiscono,
secondo molti osservatori, un duro monito al regime della Corea del Nord che,
dopo la crisi missilistica dello scorso luglio, si è trovato ancor più isolato
sul piano diplomatico internazionale.
Le forze armate israeliane si apprestano a completare il
loro ritiro dal Libano meridionale entro venerdì prossimo, quando inizierà il
Capodanno ebraico. Lo ha detto alla commissione parlamentare per gli Affari
esteri il capo di Stato maggiore israeliano. Il portavoce del ministero degli
Esteri dello Stato ebraico ha rivelato, intanto, che Israele è pronto a
liberare alcuni prigionieri palestinesi in cambio del rilascio del caporale Gilad Shalit, rapito lo scorso 25
giugno a Gaza.
In Marocco, la polizia prosegue l’inchiesta sull’omicidio
di Alessandro Missir, funzionario italiano della
Commissione Europea, e di sua moglie uccisi domenica scorsa a Rabat. Sulle
dinamiche dell’omicidio - che occupa oggi molto spazio sulle testate della
stampa marocchina - restano ancora molti dettagli da chiarire. Tra gli
inquirenti, sembra comunque prevalere l’ipotesi di una rapina. Secondo le prime
informazioni, infatti, il responsabile del duplice omicidio sarebbe un uomo che
avrebbe assassinato i due coniugi durante un tentativo
di furto.
In Ungheria, almeno 150 persone sono rimaste ferite in
seguito a scontri scoppiati, nella notte, durante manifestazioni di protesta
contro il premier socialista, Ferenc Gyurcsani. I disordini sono avvenuti dopo l’ammissione, da
parte del primo ministro ungherese, di aver mentito sull’operato del governo al
fine di vincere le elezioni di aprile. Il nostro servizio:
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L’Ungheria, poche settimane prima del cinquantesimo
anniversario della sanguinosa rivolta antisovietica iniziata il 23 ottobre del
1956, è stata scossa nelle ultime ore da dure manifestazioni di protesta. Si
tratta dei primi violenti scontri dopo la rivoluzione pacifica dell’autunno del
1989, che portò alla caduta del regime comunista. L’ondata di proteste è stata
alimentata da alcune dichiarazioni rilasciate ieri dal premier che ha ammesso
di aver deliberatamente mentito sui risultati ottenuti negli ultimi due anni
dal governo. La sua ammissione è stata anche preceduta dalla diffusione, domenica
scorsa su Internet, di un nastro audio nel quale il primo ministro dichiara in
un discorso, pronunciato a maggio, di aver mentito sul suo operato e su quello
del governo di Budapest. Alle sue dichiarazioni sono seguite le dure proteste
di migliaia di dimostranti, che hanno tentato di irrompere ieri
nella sede della televisione di Stato per leggere un loro appello. Ma sono subito intervenuti
reparti di polizia in tenuta antisommossa e negli scontri, caratterizzati da un
fitto lancio di sassi e lacrimogeni, sono rimasti feriti almeno 100 agenti e 50
dimostranti. La polizia ha anche arrestato almeno 8 persone. La situazione a
Budapest sembra adesso tornata alla calma, anche se almeno 500 persone si sono
riunite poco fa davanti al Parlamento. E la tensione sale anche negli ambienti
politici ungheresi: il premier ha già dichiarato di non pensare alle dimissioni
aggiungendo che “la protesta di piazza non è una soluzione ma causa di crisi e
conflitti”. L’opposizione di centrodestra ha chiesto, infine, le sue dimissioni e annunciato di voler boicottare i lavori
parlamentari di oggi.
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In Somalia, fonti della presidenza hanno rivelato che ci
sarebbe Al Qaeda dietro il fallito attentato di ieri contro il presidente ad
interim somalo a Baidoa, città a sud ovest del Paese
africano che ospita le istituzioni di transizione. Nell’attacco sono morte 11
persone, tra le quali il fratello del capo di Stato. La
Somalia si conferma, dunque, luogo di reclutamento per la rete
terroristica guidata da Osama Bin
Laden. E’ quanto conferma, al microfono di Salvatore
Sabatino, il direttore della rivista “Nigrizia”, padre Carmine Curci:
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R. – La Somalia, storicamente –
possiamo dire – ha accolto nel suo territorio campi di addestramento dei
terroristi. Non è quindi una novità che continuino ad
esserci delle forze presenti. L’altro elemento, che è difficile comprendere in
questo momento, è come vi possa essere un controllo
sulle Corti islamiche, anche su tutto il territorio. Quello che preoccupa è che
la situazione è ad alto rischio, in Somalia. Quindi, l’attentato fa presumere
ancora che le forze terroristiche di Al Qaeda siano
molto presenti. Hanno anche la capacità di arrivare a compiere un attentato
contro il presidente. La comunità internazionale sta cercando ancora di
comprendere cosa stia realmente succedendo in Somalia e con quali interlocutori
poter entrare in dialogo.
D. – La svolta musulmana della Somalia,
con il potere in mano alle Corti islamiche, può di fatto cambiare, secondo lei,
i già fragili equilibri africani?
R. – Il Paese era stanco dei soldati e della guerra,
quindi, hanno trovato l’occasione di queste Corti islamiche per riportare un
po’ d’ordine. Bisogna capire se all’interno di queste forze islamiche possa
avere più forza la parte moderata. Ed in questo momento le formazioni moderate
sembrano in grande difficoltà. C’è il timore che le forze all’interno delle
Corti islamiche, quelle più radicali e fondamentaliste,
possano in una maniera o in un’altra, assumere sempre più potere. Questo
creerebbe non solo a Mogadiscio, ma in tante altre parti della
Somalia, una situazione di altissima tensione.
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Le indagini delle autorità ivoriane, nell’ambito
dell’inchiesta sui rifiuti tossici scaricati da una nave ad Abidjan che ha
provocato finora 7 morti e migliaia di intossicati, hanno portato all’arresto
di due dirigenti francesi della multinazionale “Trafigura
Ltd”. Secondo quanto riferito dall’agenzia
missionaria MISNA, la polizia ivoriana non ha ancora precisato i capi d’accusa
contro i due dirigenti che, precedentemente, erano stati interrogati come
persone informate dei fatti. Fino ad oggi, sono state arrestate otto persone,
tra cui gli amministratori di una società ivoriana alla quale la “Trafigura Ltd” aveva delegato le
operazioni di smaltimento di rifiuti
contenenti scarti tossici.
I
terroristi di Al Qaeda si starebbero introducendo in
Europa attraverso le rotte migratorie clandestine verso le Canarie. Lo ha detto
oggi il segretario generale della Confederazione spagnola di polizia (CEP). A
far scattare l’allarme della polizia iberica è stato l’arresto di 50 pachistani
a 70 chilometri da Dakar, sospettati di appartenere alla rete terroristica.
Secondo le autorità del Senegal, i presunti terroristi stavano per raggiungere
l’arcipelago spagnolo. Il segretario generale del CEP ha anche aggiunto che la
polizia, nelle Canarie, non è preparata per far fronte a questa minaccia e ha
giudicato insufficiente l’invio di altri 450 agenti, annunciato ieri dal
governo.
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