RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 260- Testo della trasmissione di domenica 17 settembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

All’Angelus, il vivo rammarico del Papa per le reazioni suscitate dalle sue parole a Ratisbona, ritenute offensive per la sensibilità dei musulmani. Il mio era “un invito al dialogo franco e sincero”. “Spero che questo valga a placare gli animi”. Intervista con mons. Vincenzo Paglia

 

La pace nel mondo, impegno primario della diplomazia della Santa Sede: così, il cardinale Angelo Sodano nell’intervista del nostro direttore, padre Federico Lombardi, in occasione del suo congedo da segretario di Stato vaticano

 

Sacrificò la propria vita per proteggere gli ebrei dalla persecuzione nazista in Ungheria: la religiosa Sára Salkaházi beatificata stamane, in una solenne celebrazione a Budapest. Ai nostri microfoni, padre Joseph Ruppert

 

Il sacerdote bresciano, Mosè Tovini, elevato oggi pomeriggio all’onore degli altari. Una vita umile e obbediente dedicata al servizio della Chiesa e all’educazione delle giovani generazioni, nel racconto di mons. Vittorio Formenti

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Ancora manifestazioni di protesta nel mondo islamico contro il discorso del Papa su fede e ragione. Attaccate alcune chiese in Terra Santa, mentre in questo clima di tensione una suora italiana è stata uccisa in Somalia da fondamentalisti islamici. Con noi, mons. Michel Sabbah

 

Le organizzazioni umanitarie di tutto il mondo manifestano oggi in favore delle popolazioni del Darfur. Ce ne parla Paolo Pignocchi

 

CHIESA E SOCIETA’:

I vescovi di Taiwan lanciano un appello ai fedeli per raccogliere aiuti da inviare in Mongolia

 

Durante la Seconda Guerra Mondiale almeno 4.300 ebrei a Roma trovarono rifugio in 200 conventi. Uno studio racconta la vita di questi istituti religiosi

 

Abusi sulle donne nella Repubblica Democratica del Congo: il vice segretario dell’ONU, Jan Egeland, chiede al Consiglio di Sicurezza un maggiore impegno per porre fine alle violenze commesse dai militari congolesi e dalle milizie armate

 

Per aiutare migliaia di sudanesi a rientrare nelle loro terre d’origine, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati chiede nuovi finanziamenti

 

In questo fine settimana 35 milioni di persone saranno impegnate nella campagna “Puliamo il mondo”, un’iniziativa per eliminare rifiuti in spiagge e litorali

 

24 ORE NEL MONDO:

       Iraq: raffica di attentati a Kirkuk. Ameno 30 i morti

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

17 settembre 2006

 

 

ALL’ANGELUS, IL VIVO RAMMARICO DEL PAPA PER LE REAZIONI

SUSCITATE DALLE SUE PAROLE A RATISBONA, RITENUTE OFFENSIVE

PER LA SENSIBILITÀ DEI MUSULMANI.

IL MIO ERA “UN INVITO AL DIALOGO FRANCO E SINCERO”.

“SPERO CHE QUESTO VALGA A PLACARE GLI ANIMI”

- Intervista con mons. Vincenzo Paglia -

 

Il Papa stamane all’Angelus a Castel Gandolfo ha espresso il suo vivo rammarico “per le reazioni suscitate da un breve passo” del suo discorso a Ratisbona, “ritenuto offensivo per la sensibilità  dei credenti musulmani”, ma che voleva invece essere solo un invito al dialogo e al rispetto reciproco, e ha auspicato che si plachino gli animi. Quindi ha parlato del suo recente viaggio in Baviera, definito una forte esperienza spirituale e del significato della Croce, “simbolo per eccellenza dell’Amore che vince l’odio e la violenza e genera la vita immortale”. Il servizio di Sergio Centofanti.

 

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(applausi)

 

Calorosissima accoglienza oggi per il Papa all’Angelus: i tanti pellegrini che hanno affollato il Cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, nonostante una pioggia battente, hanno voluto dimostrare tutto il loro affetto per il Vicario di Cristo, che ha interrotto più volte il suo discorso mostrandosi dispiaciuto per i fedeli:

 

“Piove un po’, ma siamo forti, no? Mi dispiace per voi, per questa pioggia … ma l’acqua è anche segno dello Spirito Santo!” (Applausi)

 

Dopo aver accennato brevemente al suo recente viaggio in Baviera, definito una forte esperienza personale e di cui parlerà in modo più ampio mercoledì prossimo all’udienza generale, si è riferito alle polemiche suscitate dal suo discorso a Ratisbona:

 

“Sono vivamente rammaricato per le reazioni suscitate da un breve passo del mio discorso nell’Università di Regensburg, ritenuto offensivo per la sensibilità dei credenti musulmani, mentre si trattava di una citazione di un testo medioevale, che non esprime in nessun modo il mio pensiero personale. Ieri il Signor Cardinale Segretario di Stato ha reso pubblica, a questo proposito, una dichiarazione in cui ha spiegato l’autentico senso delle mie parole. Spero che questo valga a placare gli animi e a chiarire il vero significato del mio discorso, il quale nella sua totalità era ed è un invito al dialogo franco e sincero, con grande rispetto reciproco”.

 

Il Papa si è poi soffermato su due recenti e importanti ricorrenze liturgiche: la Festa dell’Esaltazione della Santa Croce e la memoria della Madonna Addolorata. “Che senso ha – ha detto - esaltare la Croce? Non è forse scandaloso venerare un patibolo infamante?”. Ma come dice l’apostolo Paolo – ha aggiunto – “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani”:

 

“I cristiani, però, non esaltano una qualsiasi croce, ma quella Croce che Gesù ha santificato con il suo sacrificio, frutto e testimonianza di immenso amore. Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione, la Croce è stata trasformata in segno di benedizione, da simbolo di morte in simbolo per eccellenza dell’Amore che vince l’odio e la violenza e genera la vita immortale.’ O Crux, ave spes unica! O croce, unica speranza!’. Così canta la liturgia”.

 

Il Papa ha invitato poi i fedeli, a unirsi spiritualmente alla Madonna Addolorata per rinnovare il “sì” al Dio che ha scelto la via della Croce per salvarci:

 

“Si tratta di un grande mistero che è ancora in atto, fino alla fine del mondo, e che chiede anche la nostra collaborazione. Ci aiuti Maria a prendere ogni giorno la nostra croce e a seguire fedelmente Gesù sulla via dell’obbedienza, del sacrificio e dell’amore”.

 

Rivolto ai pellegrini tedeschi ha citato quindi il passo del profeta Isaia nell’odierna liturgia domenicale, “Il Signore Dio mi aiuterà”. “Questa certezza – ha detto – deve determinare il nostro pensiero e la nostra azione” perché  “anche nei momenti bui, sempre possiamo confidare nell’aiuto di Dio. Egli completa le nostre opere buone con la sua misericordia e dà loro valore per l’eternità”.

 

Infine, di fronte all’affetto dei fedeli che continuavano ad applaudirlo, ha rivolto a braccio un ultimo saluto:

 

“Grazie a voi tutti! Mi incoraggiate!”

 

(applausi)

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All’Angelus, dunque, Benedetto XVI ha ribadito il suo convinto impegno per un “dialogo franco e sincero” con i fedeli musulmani. Per una riflessione sulle parole del Papa e sul vero significato del discorso tenuto dal Pontefice all’Università di Ratisbona, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana:

 

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R. – Fin dal primo giorno del suo pontificato, Papa Benedetto XVI ha sottolineato l’inevitabilità del dialogo e dell’incontro tra tutti e, anzi, ha sottolineato con particolare forza le modalità di questo dialogo, e cioè: non è possibile fare un dialogo escludendo la dimensione della cultura. Quando dice “franco e sincero”, non fa un’affermazione di diplomazia o di cortesia; va ben più al fondo, nella sostanza di quel che deve essere il dialogo. E per questo, a me pare un avanzamento rispetto alle prospettive che hanno già fatto un grande passo in avanti.

 

D. – Ecco, mons. Paglia, nel suo discorso all’Università di Ratisbona, di cui tanto si parla, ma che forse ben pochi hanno letto nella sua interezza, il Papa difende in modo appassionato la ragione, una ragione che non escluda Dio. Questo richiamo del Santo Padre è soprattutto all’Occidente…

 

R. – Esattamente! Non dimentichiamo che il Papa parlava all’Europa, e il Papa sa bene cosa vuol dire parlare ad un pubblico e non ad un altro. A loro, il Papa ha ricordato una cosa: a coloro che pensano di costruire una società senza Dio, quindi una ragione senza la fede, a costoro ricorda che alla fine ammazzano anche la ragione, l’uomo. Ai credenti ha ripetuto: attenzione, anche la fede ha bisogno di essere sostenuta e anche pungolata – se mi è permesso dire – dalla ragione. Altrimenti, la fede scadrebbe in un miracolismo … Il tema che il Papa ha posto nel suo discorso di Ratisbona, è cruciale: una fede senza ragione diventa una sorta di new age e di fondamentalismo, una ragione senza fede diventa un’intolleranza e un totalitarismo impossibile!

 

D. – Sempre a Ratisbona, il Papa ha ribadito il rifiuto radicale di ogni motivazione religiosa della violenza. Su questo tema fondamentale, quali sono le prospettive nel dialogo con l’Islam e, più generalmente, con le altre religioni?

 

R. – Siccome il Papa vuole davvero che il mondo sia in pace e non vuol fare solo richiami moralistici, sottolinea che la violenza è sempre irrazionale e non può mai essere legata alla dimensione religiosa, anzi: l’impegno necessario in un dialogo franco e sincero è quello di de-solidarizzare le religioni dalla violenza. C’è bisogno di ragionare, non di gettare bombe, non di aizzare conflitti …

 

D. – Benedetto XVI, a Ratisbona, ha pronunciato un discorso molto denso e articolato. I mezzi di comunicazione lo hanno ridotto a ‘spot’: quanto i mass-media, secondo lei, hanno contribuito ad esacerbare gli animi?

 

R. – Una responsabilità enorme, perché è un discorso di una profondità ovviamente notevole, e quando si estrapola una frase da un contesto, anzitutto, senza dare tutto il testo, questa diventa un’operazione pericolosissima. E io credo che ci sia una grande responsabilità di chi è deputato a trasmettere le idee a non decurtarle, a non azzopparle, e fa una caricatura di un discorso che ha una profondità che tutti dobbiamo comprendere e accogliere perché fa bene.

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AGGIORNAMENTO DEL COLLEGIO CARDINALIZIO, DOPO L’80.MO COMPLEANNO

DEL CARDINALE JEAN-MARIE LUSTIGER, ARCIVESCOVO EMERITO DI PARIGI

 

         Cambia la composizione del Collegio cardinalizio con il compimento, stamani, dell’80° anno da parte del cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo emerito di Parigi. Il Collegio dei porporati, su un totale di 190 cardinali, risulta ora composto 117 cardinali elettori e 73 cardinali non elettori.

 

 

LA PACE NEL MONDO IMPEGNO PRIMARIO DELLA DIPLOMAZIA DELLA

 SANTA SEDE: COSI’, IL CARDINALE ANGELO SODANO NELL’INTERVISTA

DEL NOSTRO DIRETTORE, PADRE FEDERICO LOMBARDI, IN OCCASIONE

 DEL SUO CONGEDO DA SEGRETARIO DI STATO VATICANO

 

Per oltre quindici anni primo collaboratore del Papa, in veste di segretario di Stato vaticano, il cardinale Angelo Sodano è stato tra gli artefici dello straordinario sviluppo dei rapporti diplomatici della Santa Sede con gli altri Stati. Il cardinale Sodano si sofferma proprio su tale aspetto, in questa seconda parte dell’intervista del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, realizzata in occasione del congedo del porporato dall’incarico di segretario di Stato:

 

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R. – Oggi la Santa Sede ha rapporti diplomatici con 174 Stati. E’ un lavoro lento, continuo, a volte silenzioso, come lo è il metodo della diplomazia, per tenere i rapporti con le autorità civili e per promuovere così anche il progresso spirituale dei popoli. Particolare importanza io ho cercato di dare a questo lavoro, sviluppando i contatti con visite, ricevendo capi di Stato, capi di governo, ambasciatori in modo che questo lievito del Vangelo penetri sempre più anche nella vita dei popoli.

 

D. – Nei rapporti con gli Stati, noi sappiamo che durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, e quindi anche durante il suo servizio come segretario di Stato, vi sono stati molti sviluppi: è cresciuto il numero degli Stati che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Vuole dirci qualcosa di più specifico sugli sviluppi in questo campo?

 

R. – Mi fa particolarmente piacere ricordare il lavoro di questi anni, soprattutto con l’Europa centro-orientale, dominata fino al 1990 dai regimi comunisti. Ebbene, ho avuto la gioia di collaborare con il Santo Padre Giovanni Paolo II nel ristabilire rapporti diplomatici con tutti questi Stati. Pensi che prima, nell’antica Unione Sovietica, non c’era una rappresentanza pontificia: adesso ce ne sono sei, addirittura! Una in Russia, una in Bielorussia, una in Ucraina, una in Georgia, Armenia e Azerbaigian, una nei Paesi asiatici dell’ex-Asia sovietica – Kazakhstan, Tagikistan, Uzbekistan e così via – e una nei Paesi baltici. Quindi, è una presenza capillare degli inviati pontifici. E poi nell’Europa centro-orientale sono nate altre sei nunziature e altrettante nei Balcani: quindi sono 18 nuove nunziature che sono sorte e che ci permettono di essere presenti in modo significativo. Poi, si è cercato in questi anni di rafforzare la presenza della Santa Sede nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, dando un nuovo Statuto, anzi, ottenendo da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite, in una specifica votazione, che l’Osservatore della Santa Sede abbia uno Statuto specifico, diverso dalle altre organizzazioni, appunto perché la Santa Sede non rappresenta solo un’organizzazione religiosa mondiale, ma rappresenta anche uno Stato. Abbiamo cercato di intensificare i contatti con l’Unione Europea in questo grande dibattito sul futuro dell’Europa, istituendo anche una nunziatura a Bruxelles appunto presso l’Unione Europea. Ed io ho cercato di lavorare come potevo, nel miglior modo possibile, per collegare meglio questi tre grandi organismi europei: l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa a Strasburgo e l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, l’ex Conferenza di Helsinki che adesso ha sede a Vienna, che a volte fanno lo stesso lavoro e sono come tre cerchi concentrici, che occorre ristudiare e ridefinire. Molti governi mi hanno ringraziato per questa presenza e per questo sforzo di riorganizzazione. Quindi, come vede, il lavoro del contatto con gli Stati è stato molto grande e devo rendere omaggio a chi mi ha aiutato in questo lavoro: prima l’arcivescovo Tauran, come segretario per i Rapporti con gli Stati, e poi l’arcivescovo Lajolo fino ad oggi …

 

D. – Uno degli argomenti fondamentali nel servizio della Santa Sede all’umanità è quello della pace. Vuole ricordare quali sono gli sviluppi e i momenti essenziali del servizio della pace in questi anni?

 

R. – Io credo che siano stati anni provati da grandi tensioni internazionali. Ci fu, in questo periodo, il grande dramma dei Balcani; io stesso accompagnai a Sarajevo, alla fine della guerra, Papa Giovanni Paolo II e sono stato testimone della tragedia di una città messa in ginocchio, sventrata in gran parte da questa inutile strage … Poi, abbiamo avuto le grandi guerre in Africa, la guerra dei Grandi Laghi, una guerra dimenticata che ha fatto tanti morti tra hutu e tutsi … Poi, piccoli e grandi conflitti, ma pensiamo ai morti a Timor Est, dei quali la Santa Sede si è molto occupata, e recentemente, in Darfur … Quindi, il problema della pace è sempre stato tra le prime preoccupazioni della Santa Sede ed anche mie personali. Ho cercato anch’io, come potevo, di meritarmi la settima Beatitudine del Vangelo: “Beati i costruttori di pace”!

 

D. – Sull’Italia, che cosa ci dice? C’è sempre un rapporto molto intenso, data la ‘vicinanza’ tra la Santa Sede e l’Italia …

 

R. – Sì, nel corso di questi 15 anni, ho avuto numerosi contatti con i primi ministri italiani: le relazioni sono facili e cordiali, perché ormai tracciate sul grande binario dei Patti Lateranensi. Ogni giorno che passa vedo come siano stati provvidenziali i Patti Lateranensi, perché assicurano davvero una cooperazione nel senso migliore della parola, nel rispetto delle reciproche autonomie, e quindi mi sembra un rapporto di cordialità ricordando i grandi interessi dei cattolici in Italia: la vita, la famiglia, la scuola; ricordando i grandi problemi internazionali per un comune lavoro nelle riunioni internazionali, nella politica internazionale. E devo dire che, in genere, con tutti i primi ministri e con i ministri degli Esteri c’è stato un rapporto di grande cordialità.

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SACRIFICO’ LA PROPRIA VITA PER PROTEGGERE GLI EBREI DALLA PERSECUZIONE

 NAZISTA IN UNGHERIA: LA RELIGIOSA SÁRA SALKAHÁZI BEATIFICATA OGGI,

IN UNA SOLENNE CELEBRAZIONE A BUDAPEST

- Intervista con padre Joseph Ruppert -

 

Una vita per il prossimo fino all’estremo sacrificio: Sára Salkaházi, religiosa dell’Istituto delle Suore dell’Assistenza sociale è stata beatificata stamani in una cerimonia a Budapest, presieduta dall’arcivescovo della capitale ungherese, il cardinale Péter Erdò. Nata nel 1899 in Slovacchia, la religiosa ha fondato case per giovani operaie e si è prodigata per proteggere quanti, durante la Seconda Guerra Mondiale, a Budapest, erano perseguitati. Proprio questo suo amore per gli indifesi la portò all’estremo sacrificio della vita, negli anni terribili del conflitto che sconvolse il mondo. Al microfono di Giovanni Peduto, il postulatore della Causa di Beatificazione, padre Joseph Ruppert, si sofferma proprio sul martirio della nuova Beata, avvenuto nel 1944 ad opera delle squadriglie filonaziste ungheresi:

 

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R. - Il 27 dicembre 1944 viene prelevata da una squadriglia delle “Croci frecciate” insieme alla catechista Vilma Bernovits ed alcune rifugiate mentre si trovano nella casa per operaie (situata in via Bokréta 3), dove nascondeva alcuni perseguitati. Era stata denunciata da una sua dipendente, alla quale Sára aveva chiesto ripetutamente di troncare la relazione con un ufficiale nazista. Sàra e la compagna catechista vengono fucilate quello stesso giorno sul Lungodanubio di Pest ed inghiottite dalle gelide acque del fiume.

 

D. – Com’era l’ambiente dove ha vissuto e quali attività specifiche ha svolto Sàra?

 

R. – Durante la Prima Guerra Mondiale è testimone della grande povertà e scontentezza susseguenti alla sconfitta in guerra; vede i soldati feriti rientrare dal fronte e deve confrontarsi con i paradossi della rivoluzione comunista del 1918-1919. Assume consapevolmente il destino riservato alle minoranze e, pur avendo il diploma di maestra, si dedica al lavoro manuale, avendo in tal modo la possibilità di gettare uno sguardo da vicino ai ceti operai della società. Cerca di combattere con grande sensibilità le grosse differenze sociali attraverso le sue pubblicazioni e la sua attività di organizzatrice di associazioni femminili. Le proprie esperienze di vita fra i poveri e bisognosi ed il suo grande senso di giustizia la spingono a dedicarsi con tutta la sua anima all’attività di salvare delle vite umane. Contribuisce in maniera attiva a nascondere ed a salvare la vita di circa mille ebrei.

 

D. – Quali sono i tratti caratteristici della sua spiritualità, il suo carisma?

 

R. – Una delle caratteristiche principali è l’interiorità delle proprie motivazioni. Porta con grande onestà innanzi a Dio ogni doloroso avvenimento, tutte le umane miserie incontrate durante la vita e, attraverso questo percorso, ella giunge alla grande libertà interiore che le consente di prendere decisioni e di sacrificare la propria esistenza, lontana dagli sguardi umani, inattaccabile dall’altrui giudizio, dai pericoli e dalle proprie paure. Sorella Sára è un essere umano appassionato e moderno che combatte la propria lotta interiore fino a donare la vita a Dio per la salvezza degli uomini. La caratterizza un’instancabile capacità di lavorare, alimentata da una profonda relazione con Cristo.

 

D. – Cos’è la Società delle Sorelle Sociali di cui faceva parte Sàra?

  

R. – La Società delle Sorelle Sociali è stata fondata a Budapest nel 1923. Dal punto di vista del Diritto Canonico è una comunità internazionale, una società di vita apostolica di diritto pontificio. La sua sede si trova a Budapest, in Ungheria. La Società è anche presente negli USA, a Cuba, Romania, Slovacchia, oltre che in Ungheria. I membri della Società sono in totale 250. Essa svolge attività di pre-evangelizzazione ed evangelizzazione nello spirito dell’Amore santificatore nei campi della carità, del sociale, della pubblica sanità, dell’economia sociale e della cultura, con particolare riguardo ai bambini e alla famiglia. La fondatrice, Margit Slachta, è stata la prima donna deputato del Parlamento ungherese.

 

D. – Qual è il messaggio di sorella Sára al mondo moderno?

 

R. – Il senso della vita è che la si può donare e che solo con la passione vale la pena di amare. L’appassionato amore nei confronti di Dio e del prossimo eleva l’uomo oltre i limiti delle debolezze della sua natura. Ecco, in sintesi, l’insegnamento di Sàra per l’uomo d’oggi.

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IL SACERDOTE BRESCIANO, MOSE’ TOVINI, ELEVATO ALL’ONORE DEGLI ALTARI.

UNA VITA UMILE E OBBEDIENTE DEDICATA AL SERVIZIO DELLA CHIESA

 E ALL’EDUCAZIONE DELLE GIOVANI GENERAZIONI

- Intervista con mons. Vittorio Formenti -

 

Un sacerdote umile e devoto che dedicò la sua vita ai più deboli e bisognosi. La Chiesa bresciana attende con gioia la cerimonia di oggi pomeriggio in cui sarà beatificato Mosé Tovini, sacerdote diocesano, morto nel 1930. Il rito solenne si svolgerà nella città lombarda alle ore 17 e sarà presieduto dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Mosè Tovini, nato a Cividate Camuno nel 1877, si prodigò in particolare nell’opera educativa dei futuri ministri di Dio. Nella sua diocesi di Brescia, ha rivestito diversi incarichi, lavorando in varie parrocchie, impegnandosi nella catechesi e in svariate attività caritatevoli. È stato uno dei primi sacerdoti Oblati della Congregazione diocesana della Sacra Famiglia, nella quale si è distinto per averne osservato fedelmente la Regola. Nel 1956, l’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, lo descrisse come uomo pio, dotto e zelante, dal forte ingegno speculativo e da una bontà velata di candore e di timidezza. Sul carisma del nuovo Beato, Giovanni Peduto ha intervistato il postulatore della Causa di Beatificazione, mons. Vittorio Formenti:

 

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R. – Il tratto caratteristico della sua santità può essere sintetizzato con le due virtù umiltà e obbedienza. Curava di agire senza esser notato, fare tutto per amor di Dio e del prossimo nel nascondimento, rendersi disponibile a tutti i compiti, servizi e supplenze che gli venivano chiesti dal vescovo e dai confratelli, senza venir meno alle esigenze dell’insegnamento e della regola dei sacerdoti Oblati a cui aveva aderito per un vincolo di maggior comunione col vescovo. 

 

D. – Qualche aspetto saliente della sua vita?

 

R. - Fin da fanciullo era stato educato alle devozione del Sacro Cuore di Gesù  e la coltivò per tutta la vita. Nel 1925 in occasione del 25.mo di ordinazione sacerdotale, sia in seminario che nella parrocchia di Cividate, vennero promosse delle manifestazioni, che egli accettò per assecondare le legittime richieste dei famigliari e dei confratelli, ma con l’unico scopo di ‘onorare il sacerdozio di Cristo’. Da parte sua preferì esprimere il rendimento di grazie per tutti i doni ricevuti, facendo suoi i sentimenti di Cristo che fu obbediente fino alla morte e alla morte di Croce e con umile abbandono nella misericordia del Signore, si offrì vittima al Cuore misericordioso di Gesù.

 

D. – Qual è il messaggio di Mosé Tovini per l’uomo d’oggi?

 

R. - L’uomo d’oggi è alla ricerca del senso della vita. Deluso dalle promesse di una vita felice fatta in nome della scienza, insoddisfatto dalle ‘libertà’ acquisite di assecondare in ogni situazione le sue inclinazioni, e trovandosi impotente di fronte a violenze, ingiustizie e cedimenti morali che frantumano ogni progetto di benessere, avverte il richiamo a una riflessione più pacata e sente crescere nell’intimo più insistente l’attrattiva di fronte a persone che, come il Beato Tovini, pur avendo doti e mezzi per eccellere, hanno preferito dedicarsi con spirito mite ed umile all’educazione della gioventù e con sentimenti di gratuità spendersi nel farsi prossimo ai poveri e bisognosi, sostenuti interiormente dal contatto quotidiano con Dio nell’adorazione e nella meditazione della sua Parola.

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OGGI IN PRIMO PIANO

17 settembre 2006

 

ANCORA MANIFESTAZIONI DI PROTESTA NEL MONDO ISLAMICO

CONTRO IL DISCORSO DEL PAPA SU FEDE E RAGIONE.

ATTACCATE ALCUNE CHIESE IN TERRA SANTA, MENTRE IN QUESTO CLIMA DI TENSIONE UNA SUORA ITALIANA E’ STATA UCCISA IN SOMALIA DA FONDAMENTALISTI ISLAMICI

- Con noi, mons. Michel Sabbah -

 

In queste ultime ore sono proseguite, in molti Stati a maggioranza musulmana, le manifestazioni di protesta contro il discorso del Papa a Ratisbona. Nuovi attacchi contro chiese cristiane si sono registrate in Cisgiordania. Secondo testimoni, a Tubas, alle porte di Jenin, un gruppo di palestinesi ha tentato di dare alle fiamme una chiesa cattolica causando solo lievi danni. Un’altra chiesa è stata danneggiata a Tulkarem. Dal canto suo, il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, ha visitato stamani Nablus dove ieri sono state danneggiate altre 4 chiese. A Nablus, lo ha raggiunto telefonicamente Alessandro Gisotti. Ecco la testimonianza di mons. Sabbah:

 

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R. – Abbiamo riscontrato nella città di Nablus, dove c’è una piccola comunità cristiana, che tutte le chiese sono state attaccate da un gruppo di giovani. In mattinata, tutto il Consiglio cittadino, il sindaco, il governatore, tutti i responsabili si sono riuniti con i capi religiosi cristiani, per evitare ogni azione cattiva possibile. Umanamente parlando, tutti i capi politici e religiosi musulmani sono con noi e ci appoggiano. Hanno messo uomini armati tutta la notte a guardia delle quattro parrocchie.

 

D. – Anche il gran muftì di Palestina ha condannato gli attacchi contro le chiese. Quindi, si può dire che sono dei casi isolati?

 

R. – Sì, molto isolati. Anche Abu Mazen ci ha telefonato per dirci: “Noi abbiamo preso tutte le misure necessarie”. Qui non c’è stata una reazione forte contro il discorso del Papa.

 

D. – Anche se può sembrare un paradosso, quanto sta succedendo può essere un’occasione per rafforzare l’incontro, la convivenza tra cristiani e musulmani?

 

R. – Certo! Da sempre noi diciamo: c’è bisogno di una convivenza qui, localmente; in ogni Paese, certo, ma soprattutto qui, in Terra Santa, tra cristiani e musulmani. Inoltre, c’è bisogno di una mutua comprensione. Islam e cristianesimo devono collaborare per creare una nuova società umana.

 

D. – Benedetto XVI, all’Angelus, oltre ad esprimere rammarico, ha soprattutto confermato il suo impegno per un dialogo franco e sincero: in questo senso, la Terra Santa davvero può essere l’ambiente più fecondo per questo dialogo …

 

R. – Certo. Adesso c’è da pensare, da riflettere su quale iniziativa prendere per rafforzare questo rapporto islam-cristianesimo.

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I Fratelli musulmani, la principale forza d’opposizione in Egitto, ha fatto sapere di aver accettato le espressioni di rammarico del Papa, pronunciate all’Angelus. Intanto, il governo turco ritiene che non vi sia alcun motivo di cambiare la data della visita del Papa. A dichiararlo è stato il ministro degli Esteri di Ankara, Abdullah Gul, a proposito del viaggio apostolico programmato in Turchia per fine novembre. Secondo il giornale Aksam, inoltre, Gul avrebbe scritto una lettera al Pontefice per esortarlo a non rimandare la sua visita in Turchia, che, ad avviso del responsabile della diplomazia turca, potrebbe rappresentare “un'importante opportunità per promuovere il dialogo tra culture diverse”.

 

In questo clima particolarmente teso, suor Leonella, una missionaria italiana di 66 anni, è stata uccisa a Mogadiscio in un blitz di alcuni uomini armati in un ospedale pediatrico gestito dall'ONG austriaca “SOS”. Secondo fonti sanitarie, la religiosa è stata raggiunta da tre colpi di arma da fuoco alla schiena e, anche se operata d’urgenza, non è sopravvissuta alle ferite. Secondo l’agenzia Reuters – che cita fonti locali – l’uccisione della suora italiana a Mogadiscio è probabilmente legata alla collera diffusasi tra i musulmani per le parole del Papa sull’islam. La religiosa uccisa apparteneva all’ordine delle Missionarie della Consolata.

 

Dal canto suo, il cardinale Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster ha redatto un comunicato da leggere oggi durante le Messe nella sua diocesi in cui si sottolinea che il discorso del Papa a Ratisbona era teso a favorire un dialogo tra culture, basato su fede e ragione. Ha inoltre ribadito che non era intenzione di Benedetto XVI offendere i fedeli musulmani.

 

 

LE ORGANIZZAZIONI UMANITARIE DI TUTTO IL MONDO

MANIFESTANO OGGI IN FAVORE DELLE POPOLAZIONI DEL DARFUR.

IL GOVERNO DI KHARTOUM RIBADISCE IL SUO NO ALLO SCHIERAMENTO

DEI CASCHI BLU NELLA MARTORIATA REGIONE SUDANESE

- Con noi, Paolo Pignocchi -

 

Dal 30 settembre prossimo, le popolazioni del Darfur rischiano di diventare, ancor più di oggi, obiettivo di gravi violenze. La comunità internazionale punta il dito contro il governo sudanese: Khartoum è accusata di non rispettare il cessate il fuoco siglato con i gruppi di ribelli, ma soprattutto di non voler accettare lo spiegamento di forze dell’ONU nel Darfur per rimpiazzare quelle dell'Unione Africana. Posizione, questa, ribadita ieri dal presidente sudanese al Bashir, a margine del vertice dei “Non allineati”, tenutosi a L’Avana. Per oggi decine di organizzazioni umanitarie hanno organizzato una Giornata internazionale di solidarietà per il Darfur. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

 

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I segnali provenienti da Khartoum sono chiari e gravemente preoccupanti. Al categorico rifiuto di accettare la presenza sul territorio delle forze di pace dell’ONU, come previsto da una specifica risoluzione, il governo sudanese accompagna il continuo stanziamento di truppe nella regione. E mancano solo pochi giorni al 30 settembre, data in cui l’attuale missione di peacekeeping dell’Unione Africana, attualmente incaricata di mantenere la pace nella regione, dovrebbe passare le consegne ai caschi blu. Nel caso ciò avvenisse Khartoum espellerebbe immediatamente le forze dell’UA. Si profila sempre più quindi un vuoto di protezione per i civili del Darfur, divenuti ostaggio di un drammatico stallo. Paolo Pignocchi dell’unità di crisi Sudan di Amnesty International Italia:

 

“Si verrebbe a creare un’assenza completa della comunità internazionale, intesa come forza di interposizione nei confronti del governo sudanese, delle forze militari, delle forze non governative, cioè praticamente delle forze ribelli contro il governo, e anche dei ribelli janjaweed, che appoggiano appunto le forze del governo sudanese. I civili sono in uno stato cuscinetto, per cui sarebbero vittime di qualsiasi tipo di violenza, di violazione dei diritti umani, senza alcuna presenza internazionale”. 

 

Oltre 250 mila morti e più di 2 milioni di sfollati dal 2003, da quando ha preso il via la ribellione della popolazione africana e animista del Darfur nei confronti del governo centrale di Khartoum, arabo e musulmano. Giorno dopo giorno organizzazioni come Amnesty ricevono notizie di civili uccisi, di torture, di violazioni dei diritti umani da parte dell’esercito sudanese, soprattutto delle milizie filogovernative janjaweed. Ancora Pignocchi:

 

“Il governo, da anni, ha reclutato fra gli arabi i terribili janjaweed. Inizialmente, nel 2000, per esempio, rubavano bestiame e poi hanno continuato, purtroppo, commettendo gravi violenze sulle donne, utilizzando lo stupro come arma di guerra, bruciando villaggi, eseguendo esecuzioni extra-giudiziarie. Molti di questi janjaweed, purtroppo, sono entrati nell’esercito regolare, hanno goduto di una forte impunità e tuttora sono praticamente coloro che si sporcano le mani per conto del governo di Karthoum”. 

 

L’invito di decine di organizzazioni umanitarie è dunque di unirsi oggi per una giornata a sostegno delle popolazioni del Darfur e dell’invio di una forza ONU che possa proteggere i civili.

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CHIESA E SOCIETA’

17 settembre 2006

 

I VESCOVI DI TAIWAN LANCIANO UN APPELLO AI FEDELI PER RACCOGLIERE AIUTI

DA INVIARE IN MONGOLIA. IN UNA LETTERA L’INVITO

A SOSTENERE L’OPERA DEI MISSIONARI

 

TAIPEI. = In una lettera indirizzata ai parroci e ai direttori diocesani e parrocchiali delle Pontificie Opere Missionarie, la commissione per lo Sviluppo della Conferenza episcopale regionale di Taiwan esorta ad inviare aiuti alla Mongolia per le persone più bisognose e disagiate. Il documento, riferisce l’agenzia Fides, viene riportato dal Christian Life Weekly dell’arcidiocesi di Taipei. “Due anni fa, la Chiesa di Taiwan ha messo insieme con entusiasmo unregalo d’amore’ destinato alla Mongolia – scrivono i vescovi – abbiamo mandato 5 container di abbigliamento, scarpe, posate, oggetti scolastici e giocattoli, rispondendo così ai bisogni dei bambini e delle famiglie povere mongole … vi ringraziamo di cuore”. Ora la Caritas della Mongolia ed i missionari chiedono ancora un gesto di solidarietà. Durante questi due anni, sacerdoti, religiosi, religiose e missionari hanno distribuito tutte le offerte della Chiesa di Taiwan. In vista della stagione invernale è stata programmata la partenza di nuovi aiuti ad ottobre e ai fedeli di tutte le parrocchie, delle associazioni cattoliche e delle scuole si chiede una rinnovata generosità per la Mongolia. (T.C.)

 

 

DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE ALMENO 4.300 EBREI A ROMA

TROVARONO RIFUGIO IN 200 CONVENTI. UNO STUDIO RACCONTA

LA VITA DI QUESTI ISTITUTI RELIGIOSI

 

ROMA. = Duecento comunità religiose ospitarono a Roma, negli anni quaranta, 4.300 ebrei. Lo rivela, riferisce l’agenzia SIR, una ricerca storica realizzata da suor Grazia Loparco, della Pontificia facoltà Auxilium. “La Santa Sede incoraggiò l’ospitalità degli ebrei – ha detto l’autrice dello studio – e la maggioranza delle case religiose spalancò le porte. Il governo italiano le accusò anche di nascondere ebrei e disertori in nome di una ‘malintesa carità’”. La documentazione presentata dalla religiosa, nei giorni scorsi a Roma, riguarda un terzo dei 745 istituti che esistevano nella capitale durante la Seconda Guerra Mondiale. Per offrire rifugio agli ebrei le comunità religiose cambiarono i loro ritmi di vita, modificarono ambienti (ad esempio le aule scolastiche di notte si trasformavano in dormitori) ed abitudini (sistemi di controllo continuo) ed inventarono nuovi lavori e occupazioni per gli ospiti. Vennero superati - racconta  suor Grazia – anche “i vecchi pregiudizi” e “nacquero molte belle amicizie”. Gli ospiti ebrei, compresi i bambini, venivano nascosti o mischiati con altri, magari attribuendo loro anche identità false. Alcune donne vestivano da suore, postulanti o educande e c’era chi si fingeva infermo o povero. Molti ebrei dovettero imparare anche le preghiere cattoliche, i gesti, i canti sacri per fingere di far parte delle comunità. La religiosa non ha taciuto, per dovere di obiettività storica, anche i risvolti economici di quegli anni: “Alcuni ebrei facoltosi pagarono secondo le proprie disponibilità – ha spiegato – altri diedero una piccola retta, altri furono accolti gratuitamente. Non mancarono le ombre – ha precisato la religiosa – ma la maggior parte dei testimoni non ha dubbi sulla positività dell’esperienza. Molti tornarono a ringraziare anni dopo”. (T.C.)

 

 

ABUSI SULLE DONNE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO:

IL VICE SEGRETARIO DELL’ONU, JAN EGELAND, CHIEDE AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

UN MAGGIORE IMPEGNO PER PORRE FINE ALLE VIOLENZE

COMMESSE DAI MILITARI CONGOLESI E DALLE MILIZIE ARMATE

 

KINSHASA. = Il vice-segretario dell’ONU con delega agli Affari umanitari, Jan Egeland, ha denunciato in Congo il fallimento del governo di transizione di Kinshasa, ma anche della missione delle Nazioni Unite, dinanzi al fenomeno degli abusi sessuali ai danni delle donne. Appena rientrato da una visita ufficiale nel Paese, scrive l’agenzia MISNA, Egeland ha criticato il clima di impunità che normalmente circonda questo tipo di crimine che ha definito “un cancro nella società congolese”. Gli abusi, compiuti nella maggioranza dei casi da militari o da quanti dovrebbero garantire la sicurezza della popolazione, negli ultimi anni sono aumentati notevolmente. Jan Egeland, nel citare le statistiche del Panzi Hospital di Bukavu (capoluogo della regione del sud Kivu, nell’est del Congo), ha rivelato che dall’inizio dell’anno vi sono state ricoverate oltre 1000 donne che hanno subito violenze. Il vice segretario dell’ONU ha chiesto al Consiglio di Sicurezza e ai Paesi coinvolti nella riforma della sicurezza in Congo, di esercitare controlli sull’esercito congolese “per mettere fine agli abusi e alle violenze commesse contro i civili”. Secondo gli ultimi rapporti, le violenze contro la popolazione civile, ad opera dell’esercito e delle milizie armate ancora presenti in alcune aree del Paese, sono particolarmente diffuse nelle regioni dell’est, dalla provincia dell’Ituri a quelle del nord e sud Kivu, ma anche in quella settentrionale dell’Equateur. (T.C.)

 

 

PER AIUTARE MIGLIAIA DI SUDANESI A RIENTRARE NELLE LORO TERRE D’ORIGINE, L’ALTO COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI

CHIEDE FINANZIAMENTI. PER LA CARENZA DI FONDI RISCHIANO

 LA CANCELLAZIONE ALCUNI PROGRAMMI DI SOSTEGNO 

 

KHARTOUM. = Servono fondi per sostenere il rimpatrio di migliaia di sudanesi. A lanciare l’allarme è l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) che richiede con urgenza un ulteriore sostegno finanziario al fine di evitare un drastico ridimensionamento delle proprie operazioni in Sudan meridionale. La richiesta giunge proprio nel momento in cui entra nel vivo il programma per il rientro dei rifugiati dai Paesi limitrofi. “La carenza di finanziamenti potrebbe produrre la sospensione, il rinvio, la riduzione o addirittura la cancellazione di alcuni programmi nel meridione del Sudan già entro la fine di questo mese”, afferma un comunicato dell’Alto Commissariato giunto all’agenzia Fides. A lungo termine si spera di potere offrire assistenza a parte dei circa 350 mila rifugiati negli Stati confinanti con il Sudan e dei 4 milioni di sfollati originari del sud che si trovano all’interno del Paese. Dei 65,9 milioni di dollari richiesti per svolgere le proprie attività nel 2006, l’ACNUR ha ricevuto quasi 30 milioni di dollari, dei quali 22 milioni sono stati spesi entro la fine del mese di luglio. La cifra rimanente può coprire solo parzialmente i costi per i mesi di agosto e settembre, stimati in 15,8 milioni di dollari. Per poter svolgere le attività necessarie a soddisfare i bisogni più urgenti nell’ultimo trimestre dell’anno, all’Agenzia dell’ONU servono circa 5,2 milioni di dollari al mese. Dal dicembre 2005, l’ACNUR ha assistito oltre 12 mila rifugiati sudanesi nel rimpatrio. Con l’approssimarsi della fine della stagione delle piogge, si prevede che altre migliaia di persone faranno ritorno nelle loro terre d’origine con l’assistenza dell’ACNUR. Due decenni di guerra hanno però lasciato il Sudan meridionale in rovina e quanti hanno deciso di farvi ritorno hanno dovuto affrontare serie difficoltà. In collaborazione con i propri partner, l’Agenzia dell’ONU ha realizzato oltre 100 progetti di reintegrazione, tra i quali la costruzione o la riabilitazione di pozzi, centri medici, cliniche e ospedali, scuole primarie e secondarie. È stata inoltre fornita assistenza nella riabilitazione di strade e svolta attività di informazione sui pericoli delle mine. (T.C.)

 

 

IN QUESTO FINE SETTIMANA, 35 MILIONI DI PERSONE SARANNO IMPEGNATE

NELLA CAMPAGNA “PULIAMO IL MONDO”,

UN’INIZITIVA PER ELIMINARE RIFIUTI IN SPIAGGE E LITORALI

 

SYDNEY. = Migliaia di volontari da ieri sono a lavoro per rimuovere rifiuti e immondizie in centinaia di località di tutto il mondo. L’iniziativa, scrive l’agenzia MISNA, si chiama “Puliamo il mondo” e si estende dalla spiaggia di Copacabana alle rive del Nilo in Egitto, dal delta dello Yangtze in Cina (ilFiume Azzurro’) al Togo, in Africa. “È un altro modo di protestare contro chi inquina e non rispetta il nostro pianeta” spiega Ian Kiernan da Sydney, responsabile della campagna lanciata per la prima volta nel 1993. Da allora sono stati raccolti 3,6 milioni di tonnellate di spazzatura in parchi, spiagge, fiumi e riserve naturali. Sono 122 i Paesi in cui la campagna è stata avviata e in totale saranno coinvolte circa 35 milioni di persone dal nord al sud del globo. In alcuni casi, particolari tipi di rifiuti verranno riciclati grazie alla collaborazione con il Programma per l’ambiente dell’ONU (UNEP), che partecipa all’iniziativa. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

17 settembre 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

Mattinata di sangue in Iraq, dove una raffica di attentati ha colpito la città settentrionale di Kirkuk. Il bilancio parla di una trentina di morti e 65 feriti. Il nostro servizio:

 

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Tutto è avvenuto non lontano dalla sede dei due partiti curdi: il Partito democratico del Kurdistan (PDK) e l’Unione patriottica del Kurdistan (UPK), il movimento del presidente iracheno, Jaklal Talabani. Proprio qui si è verificato l’attacco più cruento con un camion bomba. In questo modo è stata violata la relativa tranquillità del Kurdistan iracheno, che già ai tempi di Saddam Hussein venne sottoposto ad una amministrazione autonoma, garantita poi dalla “no-fly zone” imposta dalle forze alleate dopo la prima Guerra del Golfo. Intanto, mentre si discute di un nuovo piano di sicurezza per proteggere Baghdad, le forze USA hanno reso noto l’arresto di un alto esponente di al Qaeda, avvenuto lunedì scorso a Mossul a nord oggi della capitale. L’uomo, che stava organizzando una riunione tra gruppi estremisti, aveva l'incarico di rifornire la rete terroristica di armi ed esplosivi da impiegare negli attentati contro le forze di polizia irachena. C’è da segnalare infine il nuovo appello al dialogo del premier iracheno, al Maliki che ieri durante una riunione delle ONG a Baghdad ha chiesto il sostegno della società civile “per risparmiare al Paese la rovina e la distruzione”.

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In Afghanistan, un attentato suicida ha preso di mira un convoglio di soldati canadesi a Kandahar nel sud del Paese. L’attacco ha provocato la morte di un civile e il ferimento di altri cinque passanti. Non ci sono stati feriti tra i militari. Sul piano politico il presidente afgano, Hamid Karzai, è partito per New York dove domani assisterà all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. In compagnia di suoi quattro ministri, Karzai compirà visite ufficiali negli USA e in Canada.

 

Non c’è nessuna battuta d’arresto nel dialogo fra il presidente palestinese, Abu Mazen, ed Hamas in vista della formazione di un governo di unità nazionale. Lo ribadito oggi il premier palestinese Ismail Haniyeh (Hamas) precisando che i negoziati riprenderanno al ritorno di Abu Mazen dalla missione negli Stati Uniti. In mattinata si era parlato di un possibile congelamento dei colloqui, in seguito al rifiuto di Hamas di accettare gli accordi di pace con Israele. Intanto dalla Striscia di Gaza è ripreso il lancio di razzi verso lo Stato ebraico: stamani si sono verificati tre attacchi che, tuttavia, non hanno provocato vittime.

 

Il governo israeliano ha approvato la costituzione di una commissione governativa d'inchiesta sulla gestione del conflitto in Libano contro Hezbollah. Il premier israeliano Olmert ha assicurato che l’organismo avrà le stesse prerogative della Commissione ufficiale di inchiesta invocata, attraverso accese manifestazioni di strada, dal movimento dei riservisti rientrati dal Libano.

 

Le forze di sicurezza yemenite hanno arrestato quattro presunti terroristi appartenenti ad una cellula di al Qaeda.  Il ministro degli Interni, Rshad al-Alimi, ha indicato che gli arrestati sono complici dei quattro terroristi che in questi giorni avevano tentato di far saltare in aria due installazioni petrolifere nel sudest del Paese con un attacco suicida.

 

In Messico l’opposizione di sinistra ha proclamato il suo leader, Andres Manuel Lopez Obrador, sconfitto alle elezioni presidenziali del 2 luglio scorso, “presidente legittimo” del Paese. Questa denominazione è stata scelta nel corso di un raduno di protesta ed ha un ben preciso significato simbolico e politico. E’ stata infatti scartata l’ipotesi di chiamare Obrador “capo della campagna di resistenza civile”. In questo modo, secondo gli osservatori, si intende evitare di trasferire nella piazza il confronto col presidente eletto, Felipe Calderon, per mantenerlo invece sul piano politico.

 

Seggi aperti in Svezia per le elezioni legislative che, secondo gli ultimi sondaggi, potrebbero registrare una vittoria dell’Alleanza di centrodestra a danno dei socialdemocratici al governo dal 1994. Sono circa 6,9 milioni gli elettori chiamati alle urne, fino alle 20 di questa sera, per scegliere tra uno stato sociale generoso promesso dal governo del premier, Goran Persson, oppure i tagli alle tasse per stimolare la crescita dell'occupazione, come sostenuto dall’Alleanza di centrodestra guidata da Fredrik Reinfeldt.

 

Nella giornata conclusiva del 14. mo vertice dell’Avana, ieri, i Paesi non allineati hanno approvato una dichiarazione che conferma il sostegno all’Iran nel braccio di ferro ingaggiato con le potenze occidentali sul suo programma nucleare. Nel porre l’accento sul diritto di tutti gli Stati a condurre ricerche in campo nucleare “per fini pacifici”, il movimento ha poi sottolineato l’esigenza di “uno strumento globale negoziato a livello multilaterale, che proibisca gli attacchi o le minacce contro impianti nucleari destinati ad usi pacifici”. Sempre a margine del vertice, la Corea del Nord, ammettendo il possesso di armi nucleari come deterrente contro la politica ostile degli USA, ha fatto sapere che non negozierà mai il suo disarmo sotto la pressione di sanzioni statunitensi.

 

Quattro morti, tra cui un canadese, e oltre 70 feriti. Questo il bilancio di sei motobomba esplose ieri sera ad Hat Yai, una zona a maggioranza musulmana, nel sud della Thailandia. Le autorità locali attribuiscono gli attacchi a gruppi di integralisti islamici.

 

In Germania si vota oggi per il rinnovo dei Parlamenti regionali di Berlino del Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Le elezioni costituiscono un importante test per i due governi di sinistra - SPD e postcomunisti della “Linkspartei” - alla guida di entrambi i Länder, ma sono destinate anche a verificare la tenuta di SPD e CDU, i due grandi partiti alleati nella “Grosse Koalition” federale guidata dal cancelliere, Angela Merkel. Dopo la chiusura dei seggi, prevista per le 18, si diffonderanno i primi exit poll, seguiti dalle proiezioni e dai primi risultati parziali. Gli elettori sono in tutto circa 3,8 milioni. Gli osservatori prevedono tuttavia una scarsa affluenza alle urne.

 

Anche gli elettori della Transnistria, la regione separatista pro-Russia della Moldavia, si recano oggi alle urne per il referendum sull’indipendenza e l’annessione alla Russia. Il voto, come la stessa Transnistria, non è riconosciuto dalla Comunità internazionale, che infatti non ha inviato alcun osservatore nella regione.

 

Il tifone Shanshan, che ha investito il Giappone, ha provocato la morte di cinque persone. Lo ha reso noto l’ente meteorologico nazionale. Il tifone, che si è formato nel Pacifico, è accompagnato da venti che soffiano a 162 chilometri all’ora.

 

 

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