RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 260- Testo della
trasmissione di domenica 17 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
I
vescovi di Taiwan lanciano un appello ai fedeli per raccogliere aiuti da
inviare in Mongolia
Iraq: raffica di attentati
a Kirkuk. Ameno 30 i morti
17 settembre 2006
ALL’ANGELUS, IL VIVO RAMMARICO DEL PAPA PER LE
REAZIONI
SUSCITATE DALLE SUE PAROLE A RATISBONA, RITENUTE
OFFENSIVE
PER
IL MIO ERA “UN INVITO AL DIALOGO FRANCO E SINCERO”.
“SPERO CHE QUESTO VALGA A PLACARE GLI ANIMI”
- Intervista con mons. Vincenzo Paglia -
Il Papa stamane all’Angelus a Castel Gandolfo ha espresso il
suo vivo rammarico “per le reazioni suscitate da un breve passo” del suo discorso a Ratisbona,
“ritenuto offensivo per la sensibilità dei credenti musulmani”, ma che voleva
invece essere solo un invito al dialogo e al rispetto reciproco, e ha auspicato
che si plachino gli animi. Quindi ha parlato del suo recente viaggio in
Baviera, definito una forte esperienza spirituale e del significato della
Croce, “simbolo per eccellenza dell’Amore che vince l’odio e la violenza e
genera la vita immortale”. Il servizio di Sergio Centofanti.
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(applausi)
Calorosissima
accoglienza oggi per il Papa all’Angelus: i tanti pellegrini che hanno
affollato il Cortile del Palazzo Apostolico di Castel
Gandolfo, nonostante una pioggia battente, hanno
voluto dimostrare tutto il loro affetto per il Vicario di Cristo, che ha
interrotto più volte il suo discorso mostrandosi dispiaciuto per i fedeli:
“Piove un po’, ma siamo forti, no? Mi dispiace per voi, per questa pioggia … ma l’acqua è anche segno dello Spirito Santo!”
(Applausi)
Dopo aver accennato brevemente al
suo recente viaggio in Baviera, definito una forte esperienza personale e di
cui parlerà in modo più ampio mercoledì prossimo all’udienza generale, si è
riferito alle polemiche suscitate dal suo discorso a Ratisbona:
“Sono vivamente rammaricato per le reazioni suscitate da un breve
passo del mio discorso nell’Università di Regensburg,
ritenuto offensivo per la sensibilità dei credenti musulmani, mentre si
trattava di una citazione di un testo medioevale, che non esprime in nessun
modo il mio pensiero personale. Ieri il Signor Cardinale Segretario di Stato ha
reso pubblica, a questo proposito, una dichiarazione in cui ha spiegato
l’autentico senso delle mie parole. Spero che questo valga a placare gli animi
e a chiarire il vero significato del mio discorso, il quale nella sua totalità
era ed è un invito al dialogo franco e sincero, con grande rispetto reciproco”.
Il Papa si è poi soffermato su due
recenti e importanti ricorrenze liturgiche:
“I cristiani, però, non esaltano una qualsiasi croce,
ma quella Croce che Gesù
ha santificato con il suo sacrificio, frutto e testimonianza di immenso amore.
Cristo sulla Croce ha versato tutto il suo sangue per liberare l’umanità dalla
schiavitù del peccato e della morte. Perciò, da segno di maledizione,
Il Papa ha invitato poi i fedeli, a
unirsi spiritualmente alla Madonna Addolorata per rinnovare il “sì” al Dio che
ha scelto la via della Croce per salvarci:
“Si tratta di un grande mistero che è ancora in atto, fino alla fine
del mondo, e che chiede anche la nostra collaborazione. Ci aiuti Maria a
prendere ogni giorno la nostra croce e a seguire fedelmente Gesù sulla via
dell’obbedienza, del sacrificio e dell’amore”.
Rivolto ai pellegrini tedeschi ha citato quindi il passo
del profeta Isaia nell’odierna liturgia domenicale, “Il Signore Dio mi
aiuterà”. “Questa certezza – ha detto – deve determinare il nostro pensiero e
la nostra azione” perché
“anche nei momenti bui, sempre possiamo confidare nell’aiuto di
Dio. Egli completa le nostre opere buone con la sua misericordia e dà loro
valore per l’eternità”.
Infine, di fronte all’affetto dei fedeli che continuavano
ad applaudirlo, ha rivolto a braccio un ultimo saluto:
“Grazie a voi tutti!
Mi incoraggiate!”
(applausi)
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All’Angelus, dunque, Benedetto XVI ha ribadito il suo
convinto impegno per un “dialogo franco e sincero” con i fedeli musulmani. Per
una riflessione sulle parole del Papa e sul vero significato del discorso
tenuto dal Pontefice all’Università di Ratisbona, Alessandro
Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia e presidente
della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza
episcopale italiana:
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R. – Fin dal primo giorno del suo pontificato, Papa
Benedetto XVI ha sottolineato l’inevitabilità del dialogo e dell’incontro tra
tutti e, anzi, ha sottolineato con particolare forza le modalità di questo
dialogo, e cioè: non è possibile fare un dialogo escludendo la dimensione della
cultura. Quando dice “franco e sincero”, non fa un’affermazione di diplomazia o
di cortesia; va ben più al fondo, nella sostanza di quel che deve essere il dialogo. E per questo, a
me pare un avanzamento rispetto alle prospettive che hanno già fatto un grande
passo in avanti.
D. – Ecco, mons. Paglia, nel suo discorso all’Università
di Ratisbona, di cui tanto si parla, ma che forse ben
pochi hanno letto nella sua interezza, il Papa difende in modo appassionato la
ragione, una ragione che non escluda Dio. Questo richiamo del Santo Padre è
soprattutto all’Occidente…
R. – Esattamente! Non dimentichiamo che il Papa parlava
all’Europa, e il Papa sa bene cosa vuol dire parlare ad un pubblico e non ad un
altro. A loro, il Papa ha ricordato una cosa: a coloro che pensano di costruire
una società senza Dio, quindi una ragione senza la fede, a costoro ricorda che
alla fine ammazzano anche la ragione, l’uomo. Ai credenti ha ripetuto:
attenzione, anche la fede ha bisogno di essere sostenuta e anche pungolata – se
mi è permesso dire – dalla ragione. Altrimenti, la fede scadrebbe in un miracolismo … Il tema che il Papa ha posto nel suo discorso
di Ratisbona, è cruciale: una fede senza ragione
diventa una sorta di new age e di fondamentalismo, una ragione senza fede diventa
un’intolleranza e un totalitarismo impossibile!
D. – Sempre a Ratisbona, il Papa
ha ribadito il rifiuto radicale di ogni motivazione religiosa della violenza.
Su questo tema fondamentale, quali sono le prospettive nel dialogo con l’Islam
e, più generalmente, con le altre religioni?
R. – Siccome il Papa vuole davvero che il mondo sia in
pace e non vuol fare solo richiami moralistici, sottolinea che la violenza è
sempre irrazionale e non può mai
essere legata alla dimensione religiosa, anzi: l’impegno necessario in un
dialogo franco e sincero è quello di de-solidarizzare le religioni dalla
violenza. C’è bisogno di ragionare, non di gettare bombe, non di aizzare
conflitti …
D. – Benedetto XVI, a Ratisbona,
ha pronunciato un discorso molto denso e articolato. I mezzi di comunicazione
lo hanno ridotto a ‘spot’: quanto i mass-media, secondo lei, hanno contribuito
ad esacerbare gli animi?
R. – Una responsabilità enorme, perché è un discorso di
una profondità ovviamente notevole, e quando si estrapola una frase da un
contesto, anzitutto, senza dare tutto il testo, questa diventa un’operazione
pericolosissima. E io credo che ci sia una grande responsabilità di chi è
deputato a trasmettere le idee a non decurtarle, a non azzopparle, e fa una
caricatura di un discorso che ha una profondità che tutti dobbiamo comprendere
e accogliere perché fa bene.
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AGGIORNAMENTO
DEL COLLEGIO CARDINALIZIO, DOPO L’80.MO COMPLEANNO
DEL
CARDINALE JEAN-MARIE LUSTIGER, ARCIVESCOVO EMERITO DI PARIGI
Cambia la composizione del Collegio cardinalizio con il
compimento, stamani, dell’80° anno da parte del cardinale Jean-Marie
Lustiger, arcivescovo emerito di Parigi. Il Collegio
dei porporati, su un totale di 190 cardinali, risulta ora composto 117
cardinali elettori e 73 cardinali non elettori.
LA PACE NEL MONDO IMPEGNO PRIMARIO DELLA DIPLOMAZIA
DELLA
SANTA SEDE: COSI’, IL CARDINALE ANGELO SODANO
NELL’INTERVISTA
DEL
NOSTRO DIRETTORE, PADRE FEDERICO LOMBARDI, IN OCCASIONE
DEL SUO CONGEDO DA SEGRETARIO DI STATO VATICANO
Per oltre quindici anni primo collaboratore del Papa, in
veste di segretario di Stato vaticano, il cardinale Angelo Sodano è stato tra
gli artefici dello straordinario sviluppo dei rapporti diplomatici della Santa
Sede con gli altri Stati. Il cardinale Sodano si sofferma proprio su tale
aspetto, in questa seconda parte dell’intervista del nostro direttore generale,
padre Federico Lombardi, realizzata in occasione del congedo del porporato
dall’incarico di segretario di Stato:
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R. – Oggi la Santa Sede ha rapporti diplomatici con 174
Stati. E’ un lavoro lento, continuo, a volte silenzioso, come lo è il metodo
della diplomazia, per tenere i rapporti con le autorità civili e per promuovere
così anche il progresso spirituale dei popoli. Particolare importanza io ho
cercato di dare a questo lavoro, sviluppando i contatti con visite, ricevendo
capi di Stato, capi di governo, ambasciatori in modo che questo lievito del
Vangelo penetri sempre più anche nella vita dei
popoli.
D. – Nei rapporti con gli Stati, noi sappiamo che durante
il lungo pontificato di Giovanni Paolo II, e quindi anche durante il suo
servizio come segretario di Stato, vi sono stati molti sviluppi: è cresciuto il
numero degli Stati che hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Vuole
dirci qualcosa di più specifico sugli sviluppi in questo campo?
R. – Mi fa particolarmente piacere ricordare il lavoro di
questi anni, soprattutto con l’Europa centro-orientale, dominata fino al 1990
dai regimi comunisti. Ebbene, ho avuto la gioia di collaborare con il Santo
Padre Giovanni Paolo II nel ristabilire rapporti diplomatici con tutti questi
Stati. Pensi che prima, nell’antica Unione Sovietica, non c’era
una rappresentanza pontificia: adesso ce ne sono sei, addirittura! Una in
Russia, una in Bielorussia, una in Ucraina, una in
Georgia, Armenia e Azerbaigian, una nei Paesi asiatici dell’ex-Asia
sovietica – Kazakhstan, Tagikistan,
Uzbekistan e così via – e una nei Paesi baltici.
Quindi, è una presenza capillare degli inviati pontifici. E poi nell’Europa
centro-orientale sono nate altre sei nunziature e altrettante nei Balcani: quindi sono 18 nuove nunziature che sono sorte e
che ci permettono di essere presenti in modo
significativo. Poi, si è cercato in questi anni di rafforzare la presenza della
Santa Sede nell’Organizzazione delle Nazioni Unite, dando un nuovo Statuto,
anzi, ottenendo da tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite, in una specifica
votazione, che l’Osservatore della Santa Sede abbia uno Statuto specifico,
diverso dalle altre organizzazioni, appunto perché la Santa Sede non
rappresenta solo un’organizzazione religiosa mondiale, ma rappresenta anche uno
Stato. Abbiamo cercato di intensificare i contatti con l’Unione Europea in
questo grande dibattito sul futuro dell’Europa, istituendo anche una nunziatura
a Bruxelles appunto presso l’Unione Europea. Ed io ho cercato di lavorare come
potevo, nel miglior modo possibile, per collegare meglio questi tre grandi
organismi europei: l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa a Strasburgo e
l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, l’ex Conferenza
di Helsinki che adesso ha sede a Vienna, che a volte fanno lo stesso lavoro e
sono come tre cerchi concentrici, che occorre ristudiare e ridefinire. Molti
governi mi hanno ringraziato per questa presenza e per questo sforzo di riorganizzazione.
Quindi, come vede, il lavoro del contatto con gli Stati è stato molto grande e
devo rendere omaggio a chi mi ha aiutato in questo lavoro: prima l’arcivescovo Tauran, come segretario per i Rapporti con gli Stati, e poi
l’arcivescovo Lajolo fino ad oggi …
D. – Uno degli argomenti fondamentali nel servizio della
Santa Sede all’umanità è quello della pace. Vuole ricordare quali sono gli
sviluppi e i momenti essenziali del servizio della pace in questi anni?
R. – Io credo che siano stati anni provati da grandi
tensioni internazionali. Ci fu, in questo periodo, il grande dramma dei Balcani; io stesso accompagnai a Sarajevo, alla fine della
guerra, Papa Giovanni Paolo II e sono stato testimone della tragedia di una
città messa in ginocchio, sventrata in gran parte da questa inutile strage …
Poi, abbiamo avuto le grandi guerre in Africa, la guerra dei Grandi Laghi, una
guerra dimenticata che ha fatto tanti morti tra hutu
e tutsi … Poi, piccoli e grandi conflitti, ma
pensiamo ai morti a Timor Est, dei quali la Santa Sede si è molto occupata, e
recentemente, in Darfur … Quindi, il problema della
pace è sempre stato tra le prime preoccupazioni della Santa Sede ed anche mie personali. Ho cercato anch’io, come potevo, di meritarmi
la settima Beatitudine del Vangelo: “Beati i costruttori di pace”!
D. – Sull’Italia, che cosa ci dice? C’è sempre un rapporto
molto intenso, data la ‘vicinanza’ tra la Santa Sede e l’Italia …
R. – Sì, nel corso di questi 15 anni, ho avuto numerosi
contatti con i primi ministri italiani: le relazioni sono facili e cordiali,
perché ormai tracciate sul grande binario dei Patti Lateranensi.
Ogni giorno che passa vedo come siano stati provvidenziali i Patti Lateranensi, perché assicurano davvero una cooperazione nel
senso migliore della parola, nel rispetto delle reciproche autonomie, e quindi
mi sembra un rapporto di cordialità ricordando i grandi interessi dei cattolici
in Italia: la vita, la famiglia, la scuola; ricordando i grandi problemi
internazionali per un comune lavoro nelle riunioni internazionali, nella
politica internazionale. E devo dire che, in genere, con tutti i primi ministri
e con i ministri degli Esteri c’è stato un rapporto di grande cordialità.
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SACRIFICO’ LA PROPRIA VITA PER PROTEGGERE GLI
EBREI DALLA PERSECUZIONE
NAZISTA IN UNGHERIA: LA RELIGIOSA SÁRA
SALKAHÁZI BEATIFICATA OGGI,
IN UNA
SOLENNE CELEBRAZIONE A BUDAPEST
-
Intervista con padre Joseph Ruppert
-
Una vita per il prossimo fino all’estremo sacrificio: Sára Salkaházi, religiosa
dell’Istituto delle Suore dell’Assistenza sociale è stata beatificata stamani
in una cerimonia a Budapest, presieduta dall’arcivescovo della capitale
ungherese, il cardinale Péter Erdò.
Nata nel 1899 in Slovacchia, la religiosa ha fondato case per giovani operaie e
si è prodigata per proteggere quanti, durante la Seconda Guerra Mondiale, a
Budapest, erano perseguitati. Proprio questo suo amore per gli indifesi la
portò all’estremo sacrificio della vita, negli anni terribili del conflitto che
sconvolse il mondo. Al microfono di Giovanni Peduto, il
postulatore della Causa di Beatificazione, padre Joseph
Ruppert, si sofferma proprio sul martirio della nuova
Beata, avvenuto nel 1944 ad opera delle squadriglie filonaziste ungheresi:
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R. - Il 27 dicembre 1944 viene
prelevata da una squadriglia delle “Croci frecciate” insieme alla catechista
Vilma Bernovits ed alcune rifugiate mentre si trovano
nella casa per operaie (situata in via Bokréta 3),
dove nascondeva alcuni perseguitati. Era stata denunciata da una sua
dipendente, alla quale Sára aveva chiesto
ripetutamente di troncare la relazione con un ufficiale nazista. Sàra e la compagna catechista vengono
fucilate quello stesso giorno sul Lungodanubio di Pest ed inghiottite dalle gelide acque del fiume.
D. – Com’era
l’ambiente dove ha vissuto e quali attività specifiche ha svolto Sàra?
R. – Durante la Prima Guerra Mondiale è testimone della
grande povertà e scontentezza susseguenti alla sconfitta in guerra; vede i
soldati feriti rientrare dal fronte e deve confrontarsi con i paradossi della
rivoluzione comunista del 1918-1919. Assume consapevolmente il destino
riservato alle minoranze e, pur avendo il diploma di maestra, si dedica al
lavoro manuale, avendo in tal modo la possibilità di gettare uno sguardo da
vicino ai ceti operai della società. Cerca di combattere con grande sensibilità
le grosse differenze sociali attraverso le sue pubblicazioni e la sua attività
di organizzatrice di associazioni femminili. Le proprie esperienze di vita fra
i poveri e bisognosi ed il suo grande senso di giustizia la spingono a
dedicarsi con tutta la sua anima all’attività di salvare delle vite umane.
Contribuisce in maniera attiva a nascondere ed a salvare la vita di circa mille
ebrei.
D. – Quali sono i
tratti caratteristici della sua spiritualità, il suo carisma?
R. – Una delle caratteristiche
principali è l’interiorità delle proprie motivazioni. Porta con grande onestà
innanzi a Dio ogni doloroso avvenimento, tutte le umane miserie incontrate
durante la vita e, attraverso questo percorso, ella giunge alla grande libertà
interiore che le consente di prendere decisioni e di sacrificare la propria
esistenza, lontana dagli sguardi umani, inattaccabile dall’altrui giudizio, dai
pericoli e dalle proprie paure. Sorella
Sára è un essere umano appassionato e moderno che combatte
la propria lotta interiore fino a donare la vita a Dio per la salvezza degli
uomini. La caratterizza un’instancabile capacità di lavorare, alimentata da una
profonda relazione con Cristo.
D. – Cos’è la
Società delle Sorelle Sociali di cui faceva parte Sàra?
R. – La Società delle Sorelle Sociali è stata fondata a Budapest nel 1923. Dal punto di vista del
Diritto Canonico è una comunità internazionale, una società di vita apostolica
di diritto pontificio. La sua sede si trova a Budapest, in Ungheria. La Società
è anche presente negli USA, a Cuba, Romania, Slovacchia, oltre che in Ungheria.
I membri della Società sono in totale 250. Essa svolge
attività di pre-evangelizzazione ed evangelizzazione
nello spirito dell’Amore santificatore nei campi della carità, del sociale,
della pubblica sanità, dell’economia sociale e della cultura, con particolare
riguardo ai bambini e alla famiglia. La fondatrice, Margit Slachta, è stata la prima donna deputato del Parlamento ungherese.
D. – Qual è il messaggio
di sorella Sára al mondo moderno?
R. – Il senso della vita è che la si può donare e che solo con la passione vale la pena di
amare. L’appassionato amore nei confronti di Dio e del prossimo eleva l’uomo
oltre i limiti delle debolezze della sua natura. Ecco, in sintesi, l’insegnamento di Sàra per l’uomo d’oggi.
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IL
SACERDOTE BRESCIANO, MOSE’ TOVINI, ELEVATO ALL’ONORE
DEGLI ALTARI.
UNA
VITA UMILE E OBBEDIENTE DEDICATA AL SERVIZIO DELLA CHIESA
E ALL’EDUCAZIONE DELLE GIOVANI GENERAZIONI
-
Intervista con mons. Vittorio Formenti -
Un sacerdote umile e devoto che dedicò la sua vita ai più
deboli e bisognosi. La Chiesa bresciana attende con
gioia la cerimonia di oggi pomeriggio in cui sarà beatificato Mosé Tovini, sacerdote diocesano,
morto nel 1930. Il rito solenne si svolgerà nella città lombarda alle ore 17 e
sarà presieduto dal cardinale José Saraiva Martins, prefetto della
Congregazione delle Cause dei Santi. Mosè Tovini,
nato a Cividate Camuno nel
1877, si prodigò in particolare nell’opera educativa dei futuri ministri di
Dio. Nella sua diocesi di Brescia, ha rivestito diversi incarichi, lavorando in
varie parrocchie, impegnandosi nella catechesi e in svariate attività
caritatevoli. È stato uno dei primi sacerdoti Oblati della Congregazione diocesana
della Sacra Famiglia, nella quale si è distinto per averne osservato fedelmente
la Regola. Nel 1956, l’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, lo descrisse come uomo pio, dotto e zelante, dal
forte ingegno speculativo e da una bontà velata di candore e di timidezza. Sul
carisma del nuovo Beato, Giovanni Peduto ha
intervistato il postulatore della Causa di Beatificazione, mons. Vittorio Formenti:
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R. – Il tratto caratteristico della sua santità può essere
sintetizzato con le due virtù umiltà e obbedienza. Curava di agire senza esser
notato, fare tutto per amor di Dio e del prossimo nel nascondimento, rendersi
disponibile a tutti i compiti, servizi e supplenze che gli venivano
chiesti dal vescovo e dai confratelli, senza venir meno alle esigenze
dell’insegnamento e della regola dei sacerdoti Oblati a cui aveva aderito per
un vincolo di maggior comunione col vescovo.
D. – Qualche aspetto saliente della sua vita?
R. - Fin da fanciullo era stato educato alle
devozione del Sacro Cuore di Gesù
e la coltivò per tutta la vita. Nel 1925 in occasione del 25.mo di ordinazione sacerdotale,
sia in seminario che nella parrocchia di Cividate,
vennero promosse delle manifestazioni, che egli accettò per assecondare le
legittime richieste dei famigliari e dei confratelli, ma con l’unico scopo di
‘onorare il sacerdozio di Cristo’. Da parte sua
preferì esprimere il rendimento di grazie per tutti i doni ricevuti, facendo
suoi i sentimenti di Cristo che fu obbediente fino alla morte e alla morte di
Croce e con umile abbandono nella misericordia del Signore, si offrì vittima al
Cuore misericordioso di Gesù.
D. – Qual è il messaggio di Mosé
Tovini per l’uomo d’oggi?
R. -
L’uomo d’oggi è alla ricerca del senso della vita. Deluso dalle promesse di una
vita felice fatta in nome della scienza, insoddisfatto dalle ‘libertà’
acquisite di assecondare in ogni situazione le sue inclinazioni, e trovandosi
impotente di fronte a violenze, ingiustizie e cedimenti morali che frantumano
ogni progetto di benessere, avverte il richiamo a una riflessione più pacata e
sente crescere nell’intimo più insistente l’attrattiva di fronte a persone che,
come il Beato Tovini, pur avendo doti e mezzi per
eccellere, hanno preferito dedicarsi con spirito mite ed umile all’educazione
della gioventù e con sentimenti di gratuità spendersi nel farsi prossimo ai
poveri e bisognosi, sostenuti interiormente dal contatto quotidiano con Dio
nell’adorazione e nella meditazione della sua Parola.
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17 settembre 2006
ANCORA MANIFESTAZIONI
DI PROTESTA NEL MONDO ISLAMICO
CONTRO IL DISCORSO DEL PAPA SU FEDE E RAGIONE.
ATTACCATE ALCUNE CHIESE IN TERRA SANTA, MENTRE IN
QUESTO CLIMA DI TENSIONE UNA SUORA ITALIANA E’ STATA UCCISA IN SOMALIA DA FONDAMENTALISTI
ISLAMICI
- Con noi, mons. Michel Sabbah -
In queste
ultime ore sono proseguite, in molti Stati a maggioranza musulmana, le manifestazioni
di protesta contro il discorso del Papa a Ratisbona.
Nuovi attacchi contro chiese cristiane si sono registrate in Cisgiordania. Secondo testimoni, a Tubas,
alle porte di Jenin, un gruppo di palestinesi ha
tentato di dare alle fiamme una chiesa cattolica causando solo lievi danni.
Un’altra chiesa è stata danneggiata a Tulkarem. Dal
canto suo, il patriarca latino di Gerusalemme, Michel
Sabbah, ha visitato stamani Nablus
dove ieri sono state danneggiate altre 4 chiese. A Nablus,
lo ha raggiunto telefonicamente Alessandro Gisotti. Ecco la testimonianza di
mons. Sabbah:
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R. – Abbiamo riscontrato nella città di Nablus, dove c’è una piccola comunità cristiana, che tutte
le chiese sono state attaccate da un gruppo di giovani. In
mattinata, tutto il Consiglio cittadino, il sindaco, il governatore,
tutti i responsabili si sono riuniti con i capi religiosi cristiani, per
evitare ogni azione cattiva possibile. Umanamente parlando, tutti i capi
politici e religiosi musulmani sono con noi e ci appoggiano. Hanno messo uomini
armati tutta la notte a guardia delle quattro parrocchie.
D. – Anche il gran muftì di Palestina ha condannato gli
attacchi contro le chiese. Quindi, si può dire che sono dei casi isolati?
R. – Sì, molto isolati. Anche Abu Mazen ci ha telefonato per
dirci: “Noi abbiamo preso tutte le misure necessarie”. Qui non c’è stata una
reazione forte contro il discorso del Papa.
D. – Anche se può sembrare un paradosso, quanto sta
succedendo può essere un’occasione per rafforzare l’incontro, la convivenza tra
cristiani e musulmani?
R. – Certo! Da sempre noi diciamo: c’è bisogno di una
convivenza qui, localmente; in ogni Paese, certo, ma soprattutto qui, in Terra
Santa, tra cristiani e musulmani. Inoltre, c’è bisogno di una mutua
comprensione. Islam e cristianesimo devono collaborare per creare una nuova
società umana.
D. – Benedetto XVI, all’Angelus, oltre ad esprimere
rammarico, ha soprattutto confermato il suo impegno per un dialogo franco e
sincero: in questo senso,
R. – Certo. Adesso c’è da pensare, da riflettere su quale
iniziativa prendere per rafforzare questo rapporto islam-cristianesimo.
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I Fratelli musulmani, la principale forza d’opposizione in
Egitto, ha fatto sapere di aver accettato le espressioni di rammarico del Papa,
pronunciate all’Angelus. Intanto, il governo turco ritiene che non vi sia alcun
motivo di cambiare la data della visita del Papa. A dichiararlo è stato il
ministro degli Esteri di Ankara, Abdullah Gul, a proposito del viaggio apostolico programmato in
Turchia per fine novembre. Secondo il giornale Aksam,
inoltre, Gul avrebbe scritto una lettera al Pontefice
per esortarlo a non rimandare la sua visita in Turchia, che, ad avviso del
responsabile della diplomazia turca, potrebbe rappresentare “un'importante
opportunità per promuovere il dialogo tra culture diverse”.
In questo clima particolarmente teso, suor Leonella, una
missionaria italiana di 66 anni, è stata uccisa a Mogadiscio in un blitz di
alcuni uomini armati in un ospedale pediatrico gestito dall'ONG austriaca
“SOS”. Secondo fonti sanitarie, la religiosa è stata
raggiunta da tre colpi di arma da fuoco alla schiena e, anche se operata
d’urgenza, non è sopravvissuta alle ferite. Secondo l’agenzia Reuters – che cita fonti locali – l’uccisione della suora
italiana a Mogadiscio è probabilmente legata alla collera diffusasi tra i
musulmani per le parole del Papa sull’islam. La religiosa uccisa apparteneva
all’ordine delle Missionarie della Consolata.
Dal canto suo, il cardinale Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster
ha redatto un comunicato da leggere oggi durante le Messe nella sua diocesi in
cui si sottolinea che il discorso del Papa a Ratisbona
era teso a favorire un dialogo tra culture, basato su fede e ragione. Ha
inoltre ribadito che non era intenzione di Benedetto XVI offendere i fedeli
musulmani.
LE
ORGANIZZAZIONI UMANITARIE DI TUTTO IL MONDO
MANIFESTANO
OGGI IN FAVORE DELLE POPOLAZIONI DEL DARFUR.
IL
GOVERNO DI KHARTOUM RIBADISCE IL SUO NO ALLO SCHIERAMENTO
DEI
CASCHI BLU NELLA MARTORIATA REGIONE SUDANESE
- Con
noi, Paolo Pignocchi -
Dal 30 settembre prossimo, le popolazioni del Darfur rischiano di diventare, ancor più di oggi, obiettivo
di gravi violenze. La comunità internazionale punta il dito contro il governo
sudanese: Khartoum è accusata di non rispettare il
cessate il fuoco siglato con i gruppi di ribelli, ma soprattutto di non voler
accettare lo spiegamento di forze dell’ONU nel Darfur per rimpiazzare quelle dell'Unione Africana.
Posizione, questa, ribadita ieri dal presidente sudanese al Bashir,
a margine del vertice dei “Non allineati”, tenutosi a L’Avana.
Per oggi decine di organizzazioni umanitarie hanno
organizzato una Giornata internazionale di solidarietà per il Darfur. Il servizio di Francesca Sabatinelli:
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I segnali provenienti da Khartoum
sono chiari e gravemente preoccupanti. Al categorico rifiuto di accettare la
presenza sul territorio delle forze di pace dell’ONU, come previsto da una
specifica risoluzione, il governo sudanese accompagna il continuo stanziamento
di truppe nella regione. E mancano solo pochi giorni al 30 settembre, data in
cui l’attuale missione di peacekeeping
dell’Unione Africana, attualmente incaricata di mantenere la pace nella
regione, dovrebbe passare le consegne ai caschi blu. Nel caso ciò avvenisse Khartoum espellerebbe immediatamente
le forze dell’UA. Si profila sempre più quindi un vuoto di protezione per i
civili del Darfur, divenuti
ostaggio di un drammatico stallo. Paolo Pignocchi
dell’unità di crisi Sudan di Amnesty International Italia:
“Si verrebbe a creare un’assenza completa
della comunità internazionale, intesa come forza di interposizione nei
confronti del governo sudanese, delle forze militari, delle forze non
governative, cioè praticamente delle forze ribelli contro il governo, e anche
dei ribelli janjaweed,
che appoggiano appunto le forze del governo sudanese. I civili sono in uno
stato cuscinetto, per cui sarebbero vittime di qualsiasi
tipo di violenza, di violazione dei diritti umani, senza alcuna presenza internazionale”.
Oltre 250 mila morti e più di 2 milioni di
sfollati dal 2003, da quando ha preso il via la ribellione della popolazione
africana e animista del Darfur
nei confronti del governo centrale di Khartoum, arabo
e musulmano. Giorno dopo giorno organizzazioni come Amnesty
ricevono notizie di civili uccisi, di torture, di violazioni dei diritti umani
da parte dell’esercito sudanese, soprattutto delle milizie filogovernative
janjaweed.
Ancora Pignocchi:
“Il governo, da anni, ha reclutato fra gli
arabi i terribili janjaweed.
Inizialmente, nel 2000, per esempio, rubavano bestiame e poi hanno continuato,
purtroppo, commettendo gravi violenze sulle donne, utilizzando lo stupro come
arma di guerra, bruciando villaggi, eseguendo esecuzioni extra-giudiziarie.
Molti di questi janjaweed,
purtroppo, sono entrati nell’esercito regolare, hanno goduto di una forte
impunità e tuttora sono praticamente coloro che si sporcano le mani per conto
del governo di Karthoum”.
L’invito di decine di organizzazioni
umanitarie è dunque di unirsi oggi per una giornata a sostegno delle
popolazioni del Darfur e dell’invio di una forza ONU
che possa proteggere i civili.
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17 settembre 2006
I
VESCOVI DI TAIWAN LANCIANO UN APPELLO AI FEDELI PER RACCOGLIERE AIUTI
DA
INVIARE IN MONGOLIA. IN UNA LETTERA L’INVITO
A
SOSTENERE L’OPERA DEI MISSIONARI
TAIPEI. = In una lettera indirizzata ai parroci e ai
direttori diocesani e parrocchiali delle Pontificie Opere Missionarie, la
commissione per lo Sviluppo della Conferenza episcopale regionale di Taiwan
esorta ad inviare aiuti alla Mongolia per le persone più bisognose e disagiate.
Il documento, riferisce l’agenzia Fides, viene
riportato dal Christian Life Weekly
dell’arcidiocesi di Taipei. “Due anni fa,
DURANTE
TROVARONO
RIFUGIO IN 200 CONVENTI. UNO STUDIO RACCONTA
LA
VITA DI QUESTI ISTITUTI RELIGIOSI
ROMA. = Duecento comunità
religiose ospitarono a Roma, negli anni quaranta, 4.300 ebrei. Lo rivela,
riferisce l’agenzia SIR, una
ricerca storica realizzata da suor Grazia Loparco,
della Pontificia facoltà Auxilium. “
ABUSI
SULLE DONNE NELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO:
IL
VICE SEGRETARIO DELL’ONU, JAN EGELAND, CHIEDE AL CONSIGLIO DI SICUREZZA
UN
MAGGIORE IMPEGNO PER PORRE FINE ALLE VIOLENZE
COMMESSE
DAI MILITARI CONGOLESI E DALLE MILIZIE ARMATE
KINSHASA. = Il vice-segretario dell’ONU con delega agli
Affari umanitari, Jan Egeland,
ha denunciato in Congo il fallimento del governo di transizione di Kinshasa, ma anche della missione delle Nazioni Unite,
dinanzi al fenomeno degli abusi sessuali ai danni delle donne. Appena rientrato
da una visita ufficiale nel Paese, scrive l’agenzia MISNA, Egeland
ha criticato il clima di impunità che normalmente circonda questo tipo di
crimine che ha definito “un cancro nella società congolese”.
Gli abusi, compiuti nella maggioranza dei casi da militari o da quanti dovrebbero
garantire la sicurezza della popolazione, negli ultimi anni sono aumentati
notevolmente. Jan Egeland,
nel citare le statistiche del Panzi Hospital di Bukavu (capoluogo della regione del sud Kivu,
nell’est del Congo), ha rivelato che dall’inizio
dell’anno vi sono state ricoverate oltre 1000 donne che hanno subito violenze.
Il vice segretario dell’ONU ha chiesto al Consiglio di Sicurezza e ai Paesi
coinvolti nella riforma della sicurezza in Congo, di esercitare controlli
sull’esercito congolese “per mettere fine agli abusi
e alle violenze commesse contro i civili”. Secondo gli ultimi rapporti, le violenze
contro la popolazione civile, ad opera dell’esercito e
delle milizie armate ancora presenti in alcune aree del Paese, sono
particolarmente diffuse nelle regioni dell’est, dalla provincia dell’Ituri a quelle del nord e sud Kivu,
ma anche in quella settentrionale dell’Equateur.
(T.C.)
PER
AIUTARE MIGLIAIA DI SUDANESI A RIENTRARE NELLE LORO TERRE D’ORIGINE, L’ALTO
COMMISSARIATO DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI
CHIEDE
FINANZIAMENTI. PER
KHARTOUM. = Servono fondi per sostenere il rimpatrio di
migliaia di sudanesi. A lanciare l’allarme è l’Alto Commissariato delle Nazioni
Unite per i Rifugiati (ACNUR) che richiede con urgenza un ulteriore sostegno finanziario
al fine di evitare un drastico ridimensionamento delle proprie operazioni in
Sudan meridionale. La richiesta giunge proprio nel momento in cui entra nel
vivo il programma per il rientro dei rifugiati dai Paesi limitrofi. “La carenza
di finanziamenti potrebbe produrre la sospensione, il rinvio, la riduzione o
addirittura la cancellazione di alcuni programmi nel meridione del Sudan già
entro la fine di questo mese”, afferma un comunicato dell’Alto Commissariato
giunto all’agenzia Fides. A lungo termine si spera di potere offrire assistenza
a parte dei circa 350 mila rifugiati negli Stati confinanti con il Sudan e dei
4 milioni di sfollati originari del sud che si trovano all’interno del Paese.
Dei 65,9 milioni di dollari richiesti per svolgere le proprie attività nel
2006, l’ACNUR ha ricevuto quasi 30 milioni di dollari, dei quali 22 milioni
sono stati spesi entro la fine del mese di luglio. La cifra rimanente può
coprire solo parzialmente i costi per i mesi di agosto e settembre, stimati in
15,8 milioni di dollari. Per poter svolgere le attività necessarie a soddisfare
i bisogni più urgenti nell’ultimo trimestre dell’anno, all’Agenzia dell’ONU
servono circa 5,2 milioni di dollari al mese. Dal
dicembre 2005, l’ACNUR ha assistito oltre 12 mila rifugiati sudanesi nel
rimpatrio. Con l’approssimarsi della fine della stagione delle piogge, si
prevede che altre migliaia di persone faranno ritorno nelle loro terre
d’origine con l’assistenza dell’ACNUR. Due decenni di guerra hanno però
lasciato il Sudan meridionale in rovina e quanti hanno deciso di farvi ritorno
hanno dovuto affrontare serie difficoltà. In collaborazione con i propri
partner, l’Agenzia dell’ONU ha realizzato oltre 100 progetti di reintegrazione,
tra i quali la costruzione o la riabilitazione di pozzi, centri medici,
cliniche e ospedali, scuole primarie e secondarie. È stata inoltre fornita
assistenza nella riabilitazione di strade e svolta attività di informazione sui
pericoli delle mine. (T.C.)
IN QUESTO FINE SETTIMANA, 35 MILIONI DI PERSONE SARANNO
IMPEGNATE
NELLA
CAMPAGNA “PULIAMO IL MONDO”,
UN’INIZITIVA
PER ELIMINARE RIFIUTI IN SPIAGGE E LITORALI
SYDNEY. = Migliaia di volontari da ieri sono a lavoro per
rimuovere rifiuti e immondizie in centinaia di località di tutto il mondo.
L’iniziativa, scrive l’agenzia MISNA, si chiama “Puliamo il mondo” e si estende
dalla spiaggia di Copacabana alle rive del Nilo in
Egitto, dal delta dello Yangtze in Cina (il ‘Fiume Azzurro’) al Togo, in
Africa. “È un altro modo di protestare contro chi
inquina e non rispetta il nostro pianeta” spiega Ian Kiernan da Sydney, responsabile della campagna lanciata per
la prima volta nel 1993. Da allora sono stati raccolti 3,6 milioni di
tonnellate di spazzatura in parchi, spiagge, fiumi e riserve naturali. Sono 122
i Paesi in cui la campagna è stata avviata e in totale saranno coinvolte circa
35 milioni di persone dal nord al sud del globo. In alcuni casi, particolari
tipi di rifiuti verranno riciclati grazie alla
collaborazione con il Programma per l’ambiente dell’ONU (UNEP), che partecipa
all’iniziativa. (T.C.)
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17 settembre 2006
- A cura di Eugenio Bonanata -
Mattinata di sangue in Iraq, dove una raffica di attentati
ha colpito la città settentrionale di Kirkuk. Il
bilancio parla di una trentina di morti e 65 feriti. Il nostro servizio:
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Tutto è avvenuto non lontano dalla sede dei due partiti curdi: il Partito democratico del Kurdistan (PDK) e
l’Unione patriottica del Kurdistan (UPK), il movimento del presidente iracheno,
Jaklal Talabani. Proprio
qui si è verificato l’attacco più cruento con un camion bomba. In questo modo è
stata violata la relativa tranquillità del Kurdistan iracheno, che già ai tempi
di Saddam Hussein venne sottoposto ad una amministrazione autonoma, garantita
poi dalla “no-fly zone” imposta dalle forze alleate dopo
la prima Guerra del Golfo. Intanto, mentre si discute di un nuovo piano di
sicurezza per proteggere Baghdad, le forze USA hanno reso noto l’arresto di un
alto esponente di al Qaeda,
avvenuto lunedì scorso a Mossul a nord oggi della
capitale. L’uomo, che stava organizzando una riunione tra gruppi estremisti,
aveva l'incarico di rifornire la rete terroristica di armi ed esplosivi da
impiegare negli attentati contro le forze di polizia irachena. C’è da segnalare
infine il nuovo appello al dialogo del premier iracheno, al Maliki
che ieri durante una riunione delle ONG a Baghdad ha chiesto il sostegno della
società civile “per risparmiare al Paese la rovina e la distruzione”.
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In Afghanistan, un attentato suicida ha preso di mira un
convoglio di soldati canadesi a Kandahar nel sud del
Paese. L’attacco ha provocato la morte di un civile e il ferimento di altri
cinque passanti. Non ci sono stati feriti tra i militari. Sul piano politico il
presidente afgano, Hamid Karzai,
è partito per New York dove domani assisterà all’Assemblea generale delle
Nazioni Unite. In compagnia di suoi quattro ministri, Karzai
compirà visite ufficiali negli USA e in Canada.
Non c’è nessuna battuta d’arresto nel dialogo fra il
presidente palestinese, Abu Mazen,
ed Hamas in vista della formazione di un governo di unità nazionale. Lo
ribadito oggi il premier palestinese Ismail Haniyeh (Hamas) precisando che i negoziati riprenderanno al
ritorno di Abu Mazen dalla
missione negli Stati Uniti. In mattinata si era
parlato di un possibile congelamento dei colloqui, in seguito al rifiuto di
Hamas di accettare gli accordi di pace con Israele. Intanto dalla Striscia di
Gaza è ripreso il lancio di razzi verso lo Stato ebraico: stamani si sono
verificati tre attacchi che, tuttavia, non hanno provocato vittime.
Il governo israeliano ha approvato la costituzione di una
commissione governativa d'inchiesta sulla gestione del conflitto in Libano
contro Hezbollah. Il premier israeliano Olmert ha assicurato che l’organismo avrà le stesse
prerogative della Commissione ufficiale di inchiesta invocata, attraverso
accese manifestazioni di strada, dal movimento dei riservisti rientrati dal
Libano.
Le forze di sicurezza yemenite hanno arrestato quattro
presunti terroristi appartenenti ad una cellula di al Qaeda. Il ministro
degli Interni, Rshad al-Alimi,
ha indicato che gli arrestati sono complici dei quattro terroristi che in
questi giorni avevano tentato di far saltare in aria due installazioni
petrolifere nel sudest del Paese con un attacco suicida.
In Messico l’opposizione di sinistra ha proclamato il suo
leader, Andres Manuel Lopez
Obrador, sconfitto alle elezioni presidenziali del 2
luglio scorso, “presidente legittimo” del Paese. Questa denominazione è stata
scelta nel corso di un raduno di protesta ed ha un ben preciso significato
simbolico e politico. E’ stata infatti scartata
l’ipotesi di chiamare Obrador “capo della campagna di
resistenza civile”. In questo modo, secondo gli osservatori, si intende evitare
di trasferire nella piazza il confronto col presidente eletto, Felipe Calderon, per mantenerlo invece
sul piano politico.
Seggi aperti in Svezia per le elezioni legislative che,
secondo gli ultimi sondaggi, potrebbero registrare una vittoria dell’Alleanza
di centrodestra a danno dei socialdemocratici al governo dal 1994. Sono circa
6,9 milioni gli elettori chiamati alle urne, fino alle 20 di questa sera, per
scegliere tra uno stato sociale generoso promesso dal governo del premier, Goran Persson, oppure i tagli
alle tasse per stimolare la crescita dell'occupazione, come sostenuto
dall’Alleanza di centrodestra guidata da Fredrik Reinfeldt.
Nella giornata conclusiva del 14. mo
vertice dell’Avana, ieri, i Paesi non allineati hanno approvato una
dichiarazione che conferma il sostegno all’Iran nel braccio di ferro ingaggiato
con le potenze occidentali sul suo programma nucleare. Nel porre l’accento sul
diritto di tutti gli Stati a condurre ricerche in campo nucleare “per fini
pacifici”, il movimento ha poi sottolineato l’esigenza di “uno strumento
globale negoziato a livello multilaterale, che proibisca gli attacchi o le
minacce contro impianti nucleari destinati ad usi pacifici”. Sempre a margine
del vertice, la Corea del Nord, ammettendo il possesso di armi nucleari come
deterrente contro la politica ostile degli USA, ha fatto sapere che non
negozierà mai il suo disarmo sotto la pressione di sanzioni statunitensi.
Quattro morti, tra cui un canadese, e oltre 70 feriti.
Questo il bilancio di sei motobomba esplose ieri sera
ad Hat Yai,
una zona a maggioranza musulmana, nel sud della Thailandia.
Le autorità locali attribuiscono gli attacchi a gruppi di integralisti islamici.
In Germania si vota oggi per il rinnovo dei Parlamenti
regionali di Berlino del Meclemburgo-Pomerania
Anteriore. Le elezioni costituiscono un importante test per i due governi di
sinistra - SPD e postcomunisti della “Linkspartei” - alla guida di entrambi i Länder,
ma sono destinate anche a verificare la tenuta di SPD e CDU, i due grandi
partiti alleati nella “Grosse Koalition” federale
guidata dal cancelliere, Angela Merkel. Dopo la
chiusura dei seggi, prevista per le 18, si diffonderanno i primi exit poll,
seguiti dalle proiezioni e dai primi risultati parziali. Gli elettori sono in
tutto circa 3,8 milioni. Gli osservatori prevedono tuttavia una scarsa affluenza
alle urne.
Anche gli elettori della Transnistria,
la regione separatista pro-Russia della Moldavia, si
recano oggi alle urne per il referendum sull’indipendenza e l’annessione alla
Russia. Il voto, come la stessa Transnistria, non è
riconosciuto dalla Comunità internazionale, che infatti
non ha inviato alcun osservatore nella regione.
Il tifone Shanshan, che ha
investito il Giappone, ha provocato la morte di cinque persone. Lo ha reso noto
l’ente meteorologico nazionale. Il tifone, che si è formato nel Pacifico, è
accompagnato da venti che soffiano a 162 chilometri all’ora.
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