RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 258  - Testo della trasmissione di sabato 16  settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI “vivamente dispiaciuto” che alcuni passi del suo discorso a Ratisbona “abbiano potuto suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani e siano stati interpretati in modo del tutto non corrispondente alle sue intenzioni”: così, in una nota, il nuovo segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone

 

La ricerca scientifica sia sempre al servizio dell’uomo: è il richiamo di Benedetto XVI nell’udienza alla Pontificia Accademia per la Vita, in occasione del Congresso a Roma sulle cellule staminali

 

Ricevuto da Benedetto XVI a Castel Gandolfo, il nuovo ambasciatore sloveno presso la Santa Sede

 

Al servizio della Chiesa e del mondo, portando il messaggio cristiano alle nazioni per promuovere lo sviluppo e la pace: così il cardinale Angelo Sodano sintetizza i suoi 15 anni alla guida della segreteria di Stato in una intervista rilasciata a padre Federico Lombardi

 

Concluso a New York il dialogo ad alto livello sulle migrazioni, promosso dall’Assemblea generale dell’ONU: ce ne parla mons. Celestino Migliore

 

L’intervento del cardinale Renato Rafaele Martino a conclusione del Colloquio a Roma sulla difesa della vita

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Passi in avanti verso il ripristino della fascia di ozono, che protegge la terra dai raggi ultravioletti: lo afferma il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, nell’odierna Giornata internazionale per la protezione dell’ozonosfera. Con noi, il prof. Antonio Ballarin Denti

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

Domani la Chiesa avrà due nuovi beati: Sára Salkaházi, religiosa dell’Istituto delle suore dell’assistenza sociale, fucilata a Budapest nel 1944, e il sacerdote bresciano Mosè Tovini

 

Verrà presentato alla Corte penale internazionale di Ginevra il caso dei tre cattolici indonesiani condannati alla pena capitale

 

Pubblicato il Rapporto annuale sulla libertà religiosa del Dipartimento di Stato degli USA

 

Un incontro internazionale celebra a Budapest i 50 anni dei “Volontari di Dio” del Movimento dei Focolari

 

Le ACLI e i Missionari comboniani insieme in Kenya per sostenere i lavoratori locali

 

24 ORE NEL MONDO:

A margine al vertice dei Non allineati in corso a Cuba, Fidel Castro riceve il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

16 settembre 2006

 

 

BENEDETTO XVI “VIVAMENTE DISPIACIUTO” CHE IL SUO DISCORSO A RATISBONA

SIA SUONATO OFFENSIVO PER I MUSULMANI, MA E’ STATO INTERPRETATO

“IN MODO DEL TUTTO NON CORRISPONDENTE ALLE SUE INTENZIONI”:

COSI’, IN UNA NOTA IL SEGRETARIO DI STATO CARDINALE BERTONE

 

Il discorso del Papa a Ratisbona è stato interpretato “in modo del tutto non corrispondente alle sue intenzioni”: Benedetto XVI è così “vivamente dispiaciuto” che alcuni passi del suo intervento “abbiano potuto suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani”: è quanto afferma, in una nota, il nuovo segretario di Stato Tarcisio Bertone, che ha ribadito la stima del Papa per l’Islam e la sua volontà di continuare il dialogo con i musulmani. Ce ne parla Sergio Centofanti.

 

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“La posizione del Papa sull’Islam – afferma il cardinale Bertone - è inequivocabilmente quella espressa dal documento conciliare Nostra Aetate” in cui si legge:La Chiesa guarda con stima i musulmani, che adorano l’unico Dio, vivente e sussistente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini.  Essi cercano anche di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti nascosti di Dio, come si è sottomesso Abramo, al quale la fede islamica volentieri si riferisce.  Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano però come profeta; onorano la sua madre vergine Maria e talvolta pure la invocano con devozione.  Inoltre attendono il giorno del giudizio quando Dio ricompenserà tutti gli uomini risuscitati.  Così pure essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno’ (n. 3).

 

“L’opzione del Papa in favore del dialogo interreligioso e interculturale è altrettanto inequivocabile”, sottolinea il nuovo segretario di Stato, che ricorda come nell’incontro con i rappresentanti di alcune comunità musulmane a Colonia, il 20 agosto 2005, Benedetto XVI abbia detto che tale dialogo fra cristiani e musulmani ‘non può ridursi a una scelta stagionale’, aggiungendo: Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori.  Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro’.

 

“Quanto al giudizio dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, da Lui riportato nel discorso di Regensburg – continua il cardinale Bertone - il Santo Padre non ha inteso né intende assolutamente farlo proprio, ma lo ha soltanto utilizzato come occasione per svolgere, in un contesto accademico e secondo quanto risulta da una completa e attenta lettura del testo, alcune riflessioni sul tema del rapporto tra religione e violenza in genere e concludere a un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza, da qualunque parte essa provenga”. Il cardinale Bertone riporta anche le parole di Benedetto XVI nel Messaggio commemorativo del XX anniversario dell’incontro interreligioso di preghiera per la pace voluto da Giovanni Paolo II ad Assisi nell’ottobre del 1986: … le manifestazioni di violenza – ha scritto il Papa - non possono attribuirsi alla religione in quanto tale, ma ai limiti culturali con cui essa viene vissuta e si sviluppa nel tempo … Di fatto, testimonianze dell’intimo legame esistente tra il rapporto con Dio e l’etica dell’amore si registrano in tutte le grandi tradizioni religiose’.

 

 “Il Santo Padre – afferma il porporato - è pertanto vivamente dispiaciuto che alcuni passi del Suo discorso abbiano potuto suonare come offensivi della sensibilità dei credenti musulmani e siano stati interpretati in modo del tutto non corrispondente alle sue intenzioni. D’altra parte, Egli, di fronte alla fervente religiosità dei credenti musulmani, ha ammonito la cultura occidentale secolarizzata perché eviti ‘il disprezzo di Dio e il cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà’.

 

“Nel ribadire il Suo rispetto e la Sua stima per coloro che professano l’Islam” – conclude il cardinale Bertone – il Papa “si augura che siano aiutati a comprendere nel loro giusto senso le Sue parole, affinché, superato presto questo momento non facile, si rafforzi la testimonianza all’’unico Dio, vivente e sussistente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini’ e la collaborazione per difendere e promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà”(Nostra Aetate, n. 3).

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LA RICERCA SCIENTIFICA SIA SEMPRE AL SERVIZIO DELL’UOMO: E’ IL RICHIAMO

DI BENEDETTO XVI NELL’UDIENZA ALLA PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA,

IN OCCASIONE DEL SIMPOSIO A ROMA SULLE CELLULE STAMINALI. IL PAPA RIBADISCE CHE SULLA SOPPRESSIONE DEGLI EMBRIONI NON SONO POSSIBILI COMPROMESSI

 

La Chiesa incoraggia da sempre la ricerca scientifica rivolta al bene dell’umanità e al rispetto della vita: è quanto sottolineato, stamani, da Benedetto XVI nell’udienza - al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo - ai partecipanti al simposio “Le cellule staminali: quale futuro per la terapia?”, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici. Il Papa ha ribadito che non è ammissibile la soppressione degli embrioni a fini di ricerca scientifica. Nel suo indirizzo d’omaggio, il presidente della Pontificia Accademia, l’arcivescovo Elio Sgreccia, ha sottolineato gli incoraggianti sviluppi della ricerca sulle cellule staminali adulte. Il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Nessuno può disporre della vita umana” giacché “ogni singolo individuo rappresenta la presenza di Dio nel mondo”: è il richiamo di Benedetto XVI, che ha colto l’occasione dell’incontro con la Pontificia Accademia per la Vita per riflettere sul grande tema della scienza e ribadire che il progresso può essere davvero tale “solo se serve alla persona umana”. Di fronte alle “frequenti e ingiuste accuse di insensibilità rivolte alla Chiesa”, il Papa ha rivendicato “il costante sostegno da essa dato nel corso della sua bimillenaria storia alla ricerca rivolta alla cura delle malattie e al bene dell’umanità”. Parole accompagnate da una profonda riflessione:

 

“Se resistenza c'è stata - e c'è tuttora - essa era ed è nei confronti di quelle forme di ricerca che prevedono la programmata soppressione di esseri umani già esistenti, anche se non ancora nati. In tali casi la ricerca, a prescindere dai risultati di utilità terapeutica, non si pone veramente a servizio dell'umanità. Passa infatti attraverso la soppressione di vite umane che hanno uguale dignità rispetto agli altri individui umani e agli stessi ricercatori”.

 

La storia stessa, ha detto ancora, “ha condannato nel passato e condannerà in futuro una tale scienza non solo perché priva di luce di Dio, ma anche perché priva di umanità”. Quindi, ha ribadito che sulla difesa della vita umana non sono possibili compromessi:

 

“Di fronte alla diretta soppressione dell'essere umano non ci possono essere né compromessi né tergiversazioni; non si può pensare che una società possa combattere efficacemente il crimine, quando essa stessa legalizza il delitto nell'ambito della vita nascente”.

 

Si è, così, soffermato sul tema del congresso della Pontificia Accademia per la Vita, la ricerca sulle cellule staminali adulte. Una ricerca, ha sottolineato, che merita approvazione e incoraggiamento perché coniuga il sapere scientifico e l’etica “che postula il rispetto dell’essere umano in ogni stadio della sua esistenza”. La possibilità di conseguire “nuovi risultati terapeutici utilizzando cellule del corpo adulto senza ricorrere alla soppressione di esseri umani neo concepiti”, è stata la riflessione del Santo Padre, conferma “la validità del costante invito della Chiesa al pieno rispetto dell’essere umano fin dal concepimento”. Nella difesa dei diritti dell’uomo, ha quindi sottolineato, non si può accettare l’affermazione che il fine giustifica i mezzi:

 

“Il bene dell'uomo va ricercato non soltanto nelle finalità universalmente valide, ma anche nei metodi utilizzati per raggiungerle: il fine buono non può mai giustificare mezzi intrinsecamente illeciti”.

 

Dal canto suo, l’arcivescovo Elio Sgreccia ha messo l’accento sugli sviluppi incoraggianti della ricerca sulle cellule staminali somatiche. Mons. Sgreccia ha definito “provvidenziale” la presenza nel corpo umano adulto di cellule speciali in grado di moltiplicarsi e differenziarsi “per rigenerare le cellule danneggiate e riparare tessuti ed organi”. Il Congresso, ha concluso il presule, ha confermato che il nuovo cammino della “medicina rigenerativa ha cominciato il suo storico e promettente percorso”.

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RENDERE MANIFESTA L’EREDITA’ CRISTIANA AI PROPRI GIOVANI

GARANTISCE LA CONSERVAZIONE DELL’IDENTITA’ NAZIONALE, SPECIE SE EUROPEA:

RICEVUTO DA BENEDETTO XVI A CASTEL GANDOLFO,

IL NUOVO AMBASCIATORE SLOVENO PRESSO LA SANTA SEDE

 

         Dare risalto ai valori del Vangelo e trasmetterli ai giovani è un dovere per un Paese che ha nel cristianesimo la radice della propria identità sociale. E’ questa la sostanza del discorso rivolto questa mattina da Benedetto XVI al nuovo ambasciatore sloveno presso la Santa Sede, ricevuto in udienza a Castel Gandolfo per la presentazione delle Lettere credenziali. Il Papa ha sottolineato che tali valori godano di una tutela anche legislativa, senza che ciò intacchi il principio della laicità dello Stato. Il servizio di Alessandro De Carolis.

 

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“Affermare e far valere l’anima cristiana che ne ha plasmato l’identità”. E’ questo un “diritto” del popolo sloveno ma anche di tutti i Paesi iscritti “nel contesto di un’Europa le cui radici traggono vigore dalla semente evangelica” che opera nel continente “da quasi due millenni”. Con schiettezza, Benedetto XVI ha ribadito l’importanza di mostrare senza reticenze quale eredità spirituale si celi dietro la coscienza civile e la cultura di un popolo cristiano. Al cospetto dell’ambasciatore sloveno, Ivan Rebernik, il Papa ha espresso anzitutto apprezzamento per il “dialogo fecondo e costruttivo” che regola i rapporti tra la Repubblica slava e la Santa Sede: dialogo confluito, il 14 dicembre di cinque anni fa, nella stipula dell’Accordo bilaterale riguardante le “questioni giuridiche” tra i due Stati.

 

Sulla scorta di questi buoni rapporti istituzionali e più ancora per la “stima e l’affetto” che, ha osservato, gli sloveni nutrono per il Papa, Benedetto XVI si è detto certo che le autorità slave “sapranno interpretare le tradizioni, la sensibilità e la cultura” di una terra di antico retaggio cattolico. In particolare, il Pontefice ha osservato che compito dei responsabili di oggi è quello di “coinvolgere le nuove generazioni nella conoscenza e nell’apprezzamento dei valori del passato, rendendole capaci di portare nel millennio appena iniziato il ricco patrimonio ereditato”. Esse pertanto, ha affermato Benedetto XVI, “debbono essere messe in grado di giungere alla conoscenza concreta e specifica dei fondamenti culturali, etici e religiosi sui quali la nazione si è edificata nel corso dei secoli. Sarebbe infatti strategia veramente miope – ha proseguito - non favorire l’apertura dei giovani alla conoscenza delle radici storiche dalle quali fluisce la linfa necessaria per assicurare alla nazione nuove stagioni feconde di frutti. In tal senso – ha concluso Benedetto XVI - la questione della loro istruzione anche in merito ai valori religiosi condivisi dalla maggioranza della popolazione non va elusa, se non si vuole rischiare il progressivo smarrimento dei tratti più specifici della fisionomia nazionale”.

 

Il Papa ha infine assicurato che la Chiesa cattolica continuerà a collaborare “in sincerità e cordialità” con le istituzioni slovene, rispettando la laicità dello Stato e “senza esigere per sé privilegi, ma avanzando proposte che, secondo il suo giudizio, possono contribuire al progresso della nazione”.

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ALTRE UDIENZE E NOMINE

Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo anche Benoît Cardon de Lichtbuer, ambasciatore del Belgio, in visita di congedo, Gerhard Friedrich Karl Westdickenberg, ambasciatore della Repubblica Federale di Germania anch’egli in visita di congedo, e il cardinale Francisco Javier Errazuriz Ossa, arcivescovo di Santiago del Cile, presidente del Consiglio Episcopale Latino-Americano (C.E.L.AM.).

Il Santo Padre ha quindi nominato membro della Congregazione per i Vescovi il cardinale Agostino Vallini, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

 

 

AL SERVIZIO DELLA CHIESA E DEL MONDO, PORTANDO IL MESSAGGIO CRISTIANO

ALLE NAZIONI PER PROMUOVERE LO SVILUPPO E LA PACE:

COSI’ IL CARDINALE ANGELO SODANO SINTETIZZA I SUOI 15 ANNI

ALLA GUIDA DELLA SEGRETERIA DI STATO

IN UNA INTERVISTA RILASCIATA A PADRE FEDERICO LOMBARDI

 

Sono stati giorni intensi, anche dal punto di vista emotivo, quelli trascorsi nelle ultime settimane dal cardinale Angelo Sodano, che da ieri ha lasciato la carica di segretario di Stato al suo successore, il cardinale Tarcisio Bertone. Ma se un servizio termina, non si smorzano 15 anni di ministero vissuti da protagonista come primo collaboratore del Papa. In una intervista, il nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, ha raccolto dalla voce del porporato i ricordi e il bilancio di questa importante esperienza, personale ed ecclesiale:

 

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D. – Eminenza, Lei è al termine di questo lungo servizio come segretario di Stato; il suo servizio come segretario di Stato è stato uno dei più lunghi, per lo meno nel secolo che adesso è passato. Vuole tracciare una breve sintesi di questo lungo periodo di servizio?

 

R. – E’ sempre difficile fare una sintesi per me. Come lei ha detto, sono stati lunghi anni di servizio, più di 15 come segretario di Stato. Vorrei però anche ricordare che questo periodo si inserisce in altri 30 anni di servizio alla Santa Sede: in tutto, quindi, sono 45 anni della mia vita sacerdotale ed episcopale dedicati a questa grande causa di aiutare il Santo Padre e la Sede Apostolica in generale a compiere la sua missione nel mondo. La sintesi non è facile. Ho lasciato la diocesi di Asti in spirito di servizio; iniziai, dopo i due anni di Accademia, fatti nel ’59 e nel ’60, il mio servizio diretto alla Santa Sede, destinato da Papa Giovanni XXIII alla nunziatura in Ecuador, alla rappresentanza di Quito. Da lì, si è sviluppato questo lungo servizio diplomatico che è proseguito nella nunziature in Uruguay e in Cile e poi negli uffici della Segreteria di Stato, e che è culminato con questo servizio a cui mi ha chiamato la bontà e la fiducia del compianto Papa Giovanni Paolo II. Mi sembra che una sintesi possa essere questa: ho cercato di servire la Chiesa come ogni buon cristiano, come ogni figlio della Chiesa, che sia laico, sacerdote, vescovo o cardinale; questo spirito di servizio posso dire proprio qui, davanti al Signore, che mi ha sempre guidato, è stato un po’ la stella polare del mio lavoro.

 

D. – Questo servizio che Lei ha svolto e che anche la Segreteria di Stato nell’insieme svolge, è un servizio di carattere piuttosto ‘politico’, avendo questo aspetto dei rapporti internazionali, dei rapporti con gli Stati, oppure, può essere qualificato anche come un servizio pastorale, con una sua caratteristica che discende dalla natura della Chiesa?

 

R. – Mi sono sempre piaciute quelle parole del Signore: “Nella casa del mio Padre vi sono molte mansioni”, per dire che anche nella Chiesa ci sono attività diverse, tutte volte al grande fine che ci unisce: il fine del Padre Nostro, il fine delvenga in mezzo a noi il Tuo Regno’, il fine dell’‘adveniat regnum tuum’. Papa Giovanni Paolo II, nella sua riforma della Curia del 1988, diede proprio alla sua Costituzione Apostolica il titolo “Pastor Bonus”, cioè chiamando la Curia ad ispirarsi a Cristo, il Buon Pastore, sollecito del bene del suo gregge. E così, io ho vissuto questo servizio con questo spirito pastorale. Anche terminando il mio servizio qui come segretario di Stato, ho voluto fare omaggio a tutti i collaboratori e le collaboratrici del nostro ufficio di una mia pubblicazione cui ho dato appunto questo titolo: “Il lievito del Vangelo: la presenza della Santa Sede nella vita dei popoli”, perché altro non è lo scopo della presenza della Santa Sede nella vita internazionale, se non quello di portare il messaggio cristiano. Gesù ci ha detto: “Ciò che avete ascoltato con le orecchie, predicatelo sui tetti”: è quindi una forma di predicare nelle tribune internazionali, sui tetti del mondo il Vangelo di Cristo in cui solo i popoli possono avere salvezza. E pensavo a queste parole di Gesù, quando ho dovuto parlare a New York all’Assemblea delle Nazioni Unite, a Ginevra, a Strasburgo al Consiglio d’Europa e in altri fori internazionali.  E’ una forma di annunzio del Vangelo: la semente, poi, a volte cade in un terreno buono, a volte no, ma questa è la missione!

 

D. – Venendo ad una domanda un po’ più personale: quali sono i momenti che Lei ricorda con particolare intensità o con particolare gusto o gratitudine di questo periodo?

 

R. – Lei mi fa una domanda che mi prende un po’ alla sprovvista … Ho sempre davanti a me il ricordo, ad esempio, all’inizio del mio servizio, del viaggio a Mosca nell’autunno del 1990, per preparare le relazioni con la Santa Sede dopo la caduta del comunismo. Un incontro lungo, fecondo di bene, con il presidente Gorbaciov che permise poi la venuta a Roma di quel capo di Stato e l’inizio di questa nuova pagina di rapporti con la Russia di oggi. Ricordo con commozione la mia visita a Calcutta, in India, come Legato pontificio per la morte di Madre Teresa; ricordo i viaggi con Giovanni Paolo II: lo accompagnai 53 volte, dal 1991 a Fatima, il 13 maggio, nel decennio dell’attentato, fino all’ultimo, a Lourdes, nella festa dell’Assunta, del 2004. Sono stati momenti belli. Poi, un momento che ricordo in particolare: l’agonia e la morte di questo grande Papa che ha voluto chiamarmi come suo collaboratore. Furono giorni di dolore intenso per me, come per tutti noi, e rimarranno indelebili nella mia memoria. Tra gli eventi ecclesiali che più mi sono cari ricordo la visita che ho fatto in Kazakhstan nel 2003, per stabilire la gerarchia ecclesiastica, l’arcivescovo di Astana, nella capitale, gli altri vescovi ad Almaty, a Karaganda e l’amministratore apostolico ad Atyrau, ridando vita alla presenza della Chiesa in quel Paese, con il quale anche la Santa Sede è riuscita – anche con il mio impegno personale – a fare addirittura un accordo, che può essere di esempio per gli accordi con i Paesi islamici. Piccoli o grandi ricordi che rimarranno fissi nel mio cuore …

 

D. – Lei termina il suo servizio come segretario di Stato, ma continua ad essere il decano del Collegio cardinalizio. Ci vuole descrivere brevemente anche il significato di questo compito?

 

R. – Nel Codice di Diritto canonico, sono ben descritti questi due organismi consultivi del Papa: il Sinodo dei vescovi e il Collegio cardinalizio. Anzi, non è un mistero rivelare che quando si preparava il Codice, non si sapeva se mettere prima il Collegio dei cardinali o prima il Sinodo dei Vescovi. Si preferì poi mettere prima il Sinodo dei vescovi perché rappresenta forse meglio la base della Chiesa universale. Dunque, il Sinodo dei vescovi e il Collegio cardinalizio sono organi consultivi del Papa: il Sinodo dei vescovi si muove attraverso le sue assemblee sinodali o generali o speciali o locali; il Collegio cardinalizio si muove attraverso i concistori – regolari, straordinari – attraverso anche delle riunioni informali. Il Santo Padre Benedetto XVI ha manifestato la sua volontà di dare nuova vita al Collegio cardinalizio, definito – e giustamente – nel corso dei secoli come ilSenato del Papa’ – e quindi mi impegnerò particolarmente per consultare i cardinali sui problemi più urgenti della Chiesa, per favorire riunioni più frequenti, per tenere una maggiore corrispondenza anche tra di noi, per conoscerci meglio. E così, potrò continuare a portare il mio granello di arena a questo grande ideale dell’attività del Papa nel mondo di oggi, attività che vedo sempre più apprezzata: anche chi lo critica, a volte, sa che è una voce serena, indipendente dalle pressioni politiche, per il bene dell’umanità. Il cardinale Casaroli di santa memoria, mia predecessore, alla fine della vita pubblicò un libro: “Per la Chiesa e per il mondo”, sintetizzando così il suo lavoro, al servizio della Chiesa e al servizio del mondo, per lo sviluppo, per la pace, per la concordia. E io credo che anche il mio lavoro sarà sempre questo: per la Chiesa e per il mondo. Molte grazie.

 

D. – Grazie a Lei, eminenza, e grazie per tutto quello che ha fatto anche per noi, come segretario di Stato, e auguri per questi compiti che continuano ad essere molto importanti per la Chiesa …

 

R. – Molte grazie a Lei, caro padre. Vorrei anche dire che in questi anni sono stato sempre vicino all’attività della Radio Vaticana: ho visto il grande bene che svolge nel mondo e quindi colgo anche l’occasione per augurare a Lei ed ai collaboratori un rinnovato impegno. Anche il vostro lavoro lo si può definire lavoro pastorale, perché è al servizio della diffusione del Regno di Dio. Ricordo quel disco che a volte sento ancora, quando la voce del Papa Pio XI inaugurò la Radio Vaticana, in quella bella lingua latina: “Ut Verbum Dei clarificetur et diffundatur”. Così, anch’io auguro alla Radio Vaticana, alla fine del mio servizio come segretario di Stato, che continui in questo solco fecondo di diffusione della Parola di Dio e dell’attività della Santa Sede. Molte grazie.

 

D. – Grazie a Lei.

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CONCLUSO A NEW YORK IL DIALOGO AD ALTO LIVELLO SULLE MIGRAZIONI,

PROMOSSO DALL’ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU

- Intervista con mons. Celestino Migliore -

 

Si è concluso ieri a New York il “Dialogo ad alto livello sulle migrazioni internazionali e lo sviluppo” promosso dall’Assemblea generale dell’ONU. Al centro dei colloqui, cui ha partecipato anche la Santa Sede, l’incidenza delle migrazioni sullo sviluppo economico e sociale, la tutela dei diritti umani di tutti i migranti, la promozione degli accordi bilaterali e della cooperazione regionale. Ma quali sono state in questa occasione le proposte della Santa Sede? Sergio Centofanti lo ha chiesto a mons. Celestino Migliore, Osservatore permanente vaticano presso l’ONU, presente all’incontro:

 

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R. – Si possono rilevare cinque proposte. Anzitutto ogni persona ha il diritto di trovare decenti condizioni di vita di lavoro nel proprio Paese, così da non trovarsi nel bisogno di emigrare per sopravvivere. Quando per ragioni varie - e non sempre tutte imputabili agli Stati - queste condizioni non sussistano, le persone hanno il diritto di migrare e trovare sostegno per sé e le proprie famiglie. In terzo luogo, gli Stati sovrani hanno il diritto di mantenere un controllo sulle proprie frontiere di regolamentare questi flussi migratori. Un diritto che va di pari passo con il dovere della solidarietà. I rifugiati che ricercano asilo vanno protetti. Quinto, la situazione di illegalità in cui vengono a trovarsi purtroppo oggi molti migranti, non esime alcuno dal rispetto della dignità e dei diritti fondamentali del cosiddetto illegale.

 

D. – Gran parte dei migranti sono donne che con le loro rimesse contribuiscono in modo considerevole all’economia dei Paesi di provenienza, ma si tratta spesso di persone invisibili e sfruttate. Che fare?

 

R. – Esiste da tempo la convenzione sui lavoratori migranti e le loro famiglie, che in particolare tratta del ricongiungimento famigliare. Se questo aspetto del ricongiungimento famigliare trovasse maggiore attenzione e adeguata regolamentazione, la condizione della donna migrante verrebbe alleviata da molti pesi. Poi dobbiamo anche riconoscere che le donne costituiscono il 70 per cento dei 25 milioni di persone vittime del traffico delle persone umane. Quindi, indubbiamente, sono sempre le persone più deboli a farne le spese e questa coscienza che la femminizzazione tra le immigrazioni va di pari passo con una femminizzazione della povertà, è qualcosa che si fa anche molta strada negli ambienti internazionali, e certamente questa nuova sensibilità porterà anche a delle nuove misure per alleviare questa situazione.

 

D. – Le migrazioni determinano l’incontro di culture e religioni diverse; come governare al meglio questo incontro, soprattutto in riferimento ai rapporti tra cristiani e musulmani?

 

R. – Certamente legislazioni adeguate possono contribuire, e decisamente, a questo buon rapporto. Penso a quelle legislazioni orientate all’integrazione, e non solo a trarre vantaggi economici dalla presenza dei migranti. L’integrazione si fonda sulla formazione sia del migrante, sia dei cittadini che ospitano i nuovi arrivati, si basa sull’accettazione di usi, costumi e lingua, sul reciproco rispetto delle differenze culturali e religiose, nell’ambito di un quadro comune di valori e di principi di vita sociale condivisi da tutti e anche da chi arriva da altri Paesi. Ma poi c’è tutto un lavoro culturale e spirituale che le varie istituzioni di ogni Paese devono condurre congiuntamente per creare, in chi ospita e in chi si inserisce in una società diversa, un clima di rispetto reciproco, di arricchimento reciproco, di solidarietà e di gratitudine.

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L’UOMO, “PROGETTO” E NON “PRODOTTO”, VA DIFESO NELLA SUA SACRALITA’

 SIN DAI PRIMI ISTANTI DI VITA: LO HA AFFERMATO IL CARDINALE MARTINO

 DURANTE UN CONVEGNO DELL’AIESC

 

Si è concluso questa mattina a Roma, nel Palazzo San Calisto, il Colloquio di due giorni organizzato dall'Association Internationale pour l'Enseignement Social Chrétien (AIESC) e dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Sotto la guida del cardinale Martino e del presidente dell'AIESC, prof. Manfred Spieker, docente di etica sociale all'Università di Osnabrük, i partecipanti hanno celebrato il ventesimo anniversario della loro associazione, approfondendo l'argomento della difesa della vita sotto varie angolature: filosofica, giuridica, sociologica, economica, politica e teologica. Il dato essenziale, messo in rilievo dall'intervento finale del cardinale Martino dopo essere stato oggetto di dibattito durante le giornate di studio, è la concezione stessa che l'insegnamento sociale della Chiesa ha della persona umana: l'uomo come progetto e non come un prodotto. Tale concezione marca la differenza profonda con le tendenze del mondo attuale, che con la legalizzazione dell'aborto e gli sviluppi accelerati delle tecnologie della riproduzione rispecchiano una visione in cui il figlio non è più considerato un dono ma un prodotto delle particolari tecniche.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Dichiarazione del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, di fronte alle reazioni da parte musulmana circa alcuni passi del discorso del Papa all'Università di Regensburg.

Una dettagliata nota del cardinale Renato Raffaele Martino - sui discorsi del Santo Padre in Baviera - da titolo "La Quaestio de Veritate, il cristianesimo e le altre religioni".

 

Servizio estero - Medio Oriente: bottiglie incendiarie nei Territori palestinesi contro una chiesa cattolica e una anglicana.

 

Servizio culturale - Un articolo di Clotilde Paternostro sulla mostra, alla Calcografia di Roma, dedicata ai disegni di Luigi Montanarini.

 

Servizio italiano - In primo piano sempre la vicenda della Telecom.  

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

16 settembre 2006

 

 

PASSI IN AVANTI VERSO IL RIPRISTINO DELLA FASCIA DI OZONO, CHE PROTEGGE

 LA TERRA DAI RAGGI ULTRAVIOLETTI: LO AFFERMA IL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU, KOFI ANNAN, NELL’ODIERNA GIORNATA INTERNAZIONALE

PER LA PROTEZIONE DELL’OZONOSFERA

- Con noi, il prof. Antonio Ballarin Denti -

 

“Siamo sulla strada verso il ripristino di questo prezioso sistema di supporto della vita, ma il lavoro non è ancora finito”: così, il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, nel messaggio per l’odierna Giornata internazionale per la protezione dell’ozonosfera, la fascia di stratosfera che protegge la terra dai raggi ultravioletti, dannosi per l’uomo e l’ambiente. Il numero uno del Palazzo di Vetro invita la comunità internazionale a mettere in pratica gli accordi del Protocollo di Montréal, firmato da 184 Paesi il 16 settembre del 1987, per limitare l’emissione delle sostanze responsabili del cosiddetto “buco nell’ozono”. In questo modo, si potrà rientrare entro i limiti di sicurezza intorno alla metà del secolo, come afferma, al microfono di Roberta Moretti, il prof. Antonio Ballarin Denti, docente di Fisica dell’Ambiente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano:

 

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R. - Siamo ad un punto che definirei abbastanza incoraggiante, nel senso che i protocolli attuativi, soprattutto quello di Montréal, stanno funzionando e ovviamente sono vincolati i Paesi che hanno aderito e quindi soprattutto i Paesi industrializzati europei e in nordamerica e adesso, gli ultimi dati satellitari di fisica dell’atmosfera, mostrano come si sia sostanzialmente invertito il fenomeno di allargamento dei buchi di ozono presenti in stratosfera e quindi lentamente stiamo ritornando in una situazione di maggiore protezione verso le radiazioni ultraviolette.

 

D. – Quali Paesi non hanno ancora aderito al Protocollo di Montréal e perché?

 

R. – Si apre una questione che riguarda non solamente l’ozono stratosferico ma anche il cambiamento climatico e altre convenzioni internazionali. Di norma aderiscono i Paesi più industrializzati e anche i più ricchi perché i costi di riconversione dei composti dei responsabili dei buchi dell’ozono, cioè il cloro- fluoro-carburo e in genere i gas urati, a composti meno dannosi, sono più sostenibili rispetto ai Paesi che hanno economie più deboli e minore tecnologia e anche minore spinta dell’opinione pubblica di carattere ambientale. Quindi, i grandi produttori industriali in fase crescente - come India e Cina, Brasile, ecc. - sono purtroppo i Paesi che non firmano a volte questi Protocolli perché ritengono di avere un danno economico in un’economia che ha bisogno invece di incentivi per lo sviluppo. Io ritengo che questo ragionamento sia in parte viziato perché oggi, riconvertirsi, rappresenta tutto sommato uno sforzo economico sopportabile, credo, da gran parte dei Paesi del mondo.

 

D. – Per che cosa vengono impiegate queste sostanze nocive per l’ozonosfera?

 

R. – Sono stati usati per molti decenni, su scala industriale, come i liquidi progenici, cioè liquidi che generano freddo – per esempio negli impianti frigoriferi – oppure come sostanze anti-fiamma negli estintori, e come gas inerte per l’espansione e la formazione di aerosol in bombole, e che quindi hanno avuto un ruolo importante nell’economia dell’occidente.

 

D. – Quali conseguenze genera il buco nell’ozono?

 

R. – Gli uomini rischiano malattie della pelle, cataratta e lo sviluppo di tumori come melanomi che sono particolarmente allarmanti. Gli ecosistemi sono anch’essi colpiti in termini di mutazioni, di biodiversità e di alterazione del patrimonio genetico di alcuni organismi che, soprattutto quando sono piccoli, possono riprodursi rapidamente e quindi alterare anche l’ecosistema.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 17 settembre, 24a domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù chiede ai suoi discepoli: “Chi dice la gente che io sia?”. Pietro gli risponde: “Tu sei il Cristo”. Ma il Signore impone loro severamente di non parlare di lui a nessuno.

 

“E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell'uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare”.

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, l’Unto, cioè il Messia”. E a sorpresa, Cristo intima agli apostoli di non parlarne in giro. E questo è il verbo che usa solo verso gli spiriti immondi. Ciò significa che dietro all’idea di ‘Messia’, che la gente si è fatta e che Pietro ha confessato, c’è qualcosa di così inaccettabile che Cristo ritiene del tutto fuorviante, quanto un’opera dello spirito immondo. Questo è lo spirito che inquina il rapporto con Dio, sino a falsarlo del tutto, e perverte i rapporti umani creando i solchi di separazione. Di fatti, l’idea del Messia è dipinta con troppa immaginazione umana, è fortemente marcata dal nazionalismo ebraico. Un Messia forte, dominatore, che affermerebbe il popolo ebraico non può liberare l’uomo perché renderebbe schiavi altri popoli. Cristo è il Messia dell’amore universale del Padre, che non si realizzerà secondo la mentalità degli uomini, non acconsentirà ai diversi gruppi del potere ma si compirà attraverso il sacrificio di sé. Per ciò, Cristo subito annuncia il suo cammino pasquale.

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CHIESA E SOCIETA’

16 settembre 2006

 

DOMANI LA CHIESA AVRÀ DUE NUOVI BEATI: SÁRA SALKAHÁZI, RELIGIOSA DELL’ISTITUTO DELLE SUORE DELL’ASSISTENZA SOCIALE,

CHE A BUDAPEST VISSE AL FIANCO DEGLI ULTIMI E SALVO’ TANTI EBREI,

E MOSÈ TOVINI, SACERDOTE BRESCIANO, CHE CON ZELO ED UMILTÀ PREPARO’

SEMINARISTI IMPEGNANDOSI IN DIVERSE ATTIVITÀ PASTORALI

- A cura di Tiziana Campisi -

 

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BUDAPEST – BRESCIA. = Ha speso la sua vita in attività caritatevoli, ha fondato case per giovani operaie e si è prodigata per proteggere quanti, durante la Seconda Guerra mondiale, a Budapest, erano perseguitati. Sára Salkaházi, religiosa dell’Istituto delle Suore dell’Assistenza sociale, è stata fucilata il 27 dicembre del 1944: era stata denunciata perché offriva rifugio ad ebrei. Conobbe le conseguenze della Prima Guerra mondiale, ebbe attenzione per gli ultimi, cercò di combattere le differenze sociali e grazie al suo aiuto riuscirono a salvarsi circa mille ebrei. La spiritualità di Sára Salkaházi è caratterizzata da un intenso dialogo con Dio. Il presentare costantemente al Signore le proprie e le altrui miserie umane, alimenterà nella religiosa una profonda relazione con Cristo che la porterà a donare se stessa per gli altri. Leggere la sua biografia insegna che solo con la passione vale la pena amare. Mosè Tovini, sacerdote vissuto tra l’800 e il900, ha dedicato invece la sua vita all’opera educativa dei futuri ministri di Dio. Nella sua diocesi, quella di Brescia, ha rivestito diversi incarichi, lavorando in varie parrocchie, impegnandosi nella catechesi e in svariate attività. È stato uno dei primi sacerdoti Oblati della Congregazione diocesana della Sacra Famiglia, nella quale si è distinto per averne osservato fedelmente la Regola. Nel 1956 l’allora arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, lo descrisse come uomo pio, dotto e zelante, dal forte ingegno speculativo e da una bontà velata di candore e di timidezza: “L’uomo relativamente perfetto da ammirarsi, ed insieme a tutti accessibile da imitarsi”.

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VERRÀ PRESENTATO ALLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE DI GINEVRA

IL CASO DEI TRE CATTOLICI INDONESIANI CONDANNATI ALLA PENA CAPITALE

COME RESPONSABILI DEGLI INCIDENTI,

IN CUI SEI ANNI FA, MORIRONO 200 MUSULMANI

 

POSO. = La condanna a morte di Fabianus Tibo, Dominggus da Silva e Marinus Riwa, i tre cattolici indonesiani ritenuti responsabili del massacro di 200 musulmani a Poso, durante gli scontri interreligiosi del 2000, sarà sottoposta alla Corte penale internazionale di Ginevra. Lo ha annunciato ieri, riferisce l’agenzia Asianews, Peter Selestianus SH, presidente del Padma, il collegio difensivo dei tre condannati. Gli avvocati chiedono che venga garantito ai loro assistiti il diritto alla vita e denunciano l’irregolarità dei processi indonesiani, nel corso dei quali - affermano - alcuni testimoni non sono stati ascoltati e certe prove non sono state accettate dalla Corte. A chiedere clemenza in favore dei tre cattolici, l’11 agosto scorso, anche Benedetto XVI. In un telegramma al presidente della Repubblica indonesiana, Susilo Yudhoyono, il cardinale Angelo Sodano, allora segretario di Stato, ha invocato a nome del Papa, “per motivi umanitari ed alla luce della particolarità del caso”, un “atto di clemenza” per i tre uomini di fede cattolica. Sarà Muchtar Pakpahan SH, attivista per i diritti umani, a portare il messaggio del Padma a Ginevra. “La condanna a morte dei tre cattolici è contro l’umanità ed è un enorme abuso dei diritti umani – ha detto Peter Selestianus – la Corte penale internazionale ha l’autorità per rivedere il verdetto”. (T.C.)

 

 

PUBBLICATO DAL DIPARTIMENTO DI STATO AMERICANO

IL RAPPORTO 2006 SULLA LIBERTA’ RELIGIOSA

 

WASHINGTON. = Il rapporto annuale del 2006 del Dipartimento di Stato degli USA sulla libertà religiosa colloca l’Iran tra i Paesi in cui le minoranze religiose vengono sottoposte a “un trattamento duro ed oppressivo”. I musulmani sufi e la religione Baha’i sono tra quelle maggiormente prese di mira, secondo il Dipartimento di Stato, che però parla di minacce e arresti anche per ebrei e cristiani. Promuovere la libertà religiosa è “parte integrante della lotta al terrorismo”, in un mondo che è minacciato da “odio, faziosità e intolleranza religiosa”, ha detto il segretario di Stato,Condoleezza Rice, nel presentare il rapporto. Gli altri Paesi che destano particolare preoccupazione a proposito di libertà religiosa sono: Arabia Saudita, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, Sudan e Vietnam. I diplomatici USA nel mondo hanno rilevato qualche modesto progresso nella situazione in Sudan e Vietnam, anche se non sufficienti per farli uscire dall’elenco della “top 8”. Nel Paese del sudest asiatico viene registrata la possibilità per i cristiani protestanti di professare nel nord la loro fede “senza minacce significative”. Un capitolo importante del rapporto resta quello dedicato all’Arabia Saudita. Qui si registrano alcuni, cauti segnali positivi, in seguito alle pressioni che Washington ha esercitato su Riad, soprattutto per quanto riguarda i libri di testo scolastici che conterrebbero spunti d’intolleranza contro cristiani ed ebrei. Il governo saudita, afferma il rapporto, starebbe infatti perseguendo iniziative per fermare la diffusione di letteratura intollerante e di ideologie estremiste. Sulla Cina, il Dipartimento di Stato ha ricordato di aver avviato, nel corso dell’ultimo anno, numerosi passi diplomatici ma, fino ad ora, senza risultati significativi. (T.C.)

 

 

“TANTE SFIDE, UNA PROPOSTA: LA FRATERNITÀ”.

È IL TEMA DELL’INCONTRO CHE CELEBRA A BUDAPEST I 50 ANNI DEI VOLONTARI

DEL MOVIMENTO DEI FOCOLARI. IL LORO IMPEGNO, IN TUTTO IL MONDO,

HA MOSTRATO IL VANGELO NELLA VITA QUOTIDIANA

- A cura di Gabriella Ceraso -

 

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BUDAPEST. = Nell’ottobre del ‘56, all’indomani dell’invasione russa di Budapest, che soffocò nel sangue la voglia di libertà del popolo ungherese, Papa Pio XII lanciò un appello a riportare Dio, fonte di giustizia, in case, piazze e Parlamenti. Lo raccolse Chiara Lubich, affidando ai Volontari di Dio il compito di essere testimoni di un altro tipo di rivoluzione. Oggi sono 20 mila, nei cinque continenti, i Volontari - laici di culture e credo diversi - che scelgono di impegnarsi, nella sequela quotidiana di Dio, a vivere con coraggio il Vangelo, per realizzare insieme la fraternità universale. I frutti dei primi 50 anni di questa vita sono stati presentati oggi allo Sport arena di Budapest. In mattinata, erano in più di 11 mila, da 92 Paesi, con i rappresentanti di 13 movimenti e comunità ecclesiali, membri di chiese e religioni diverse. Ospiti anche alte cariche civili e religiose locali. Ad aprire l’incontro il messaggio del Pontefice, a firma del cardinale Angelo Sodano, letto dall’arcive-scovo di Budapest e primate d’Ungheria, il cardinale Peter Erdo, e il messaggio di Chiara Lubich. Benedetto XVI, unito ai partecipanti di un evento definito di “alto significato spirituale”, ha ricordato storie e impegno dei Volontari a rimettere l’amore di Dio nel cuore degli uomini e ha incoraggiato tutti a proseguire l’opera svolta sin qui con tanto frutto. Nelle parole di Chiara, invece, la proposta dell’amore a Gesù Crocifisso e abbandonato come risposta alle domande angosciose di oggi, di un mondo vittima del relativismo, immerso in una notte collettiva di valori cristiani. “Se riusciamo – scrive Chiara – ad incontrare Lui in ogni dolore e divisione, la luce ci illuminerà”. Dunque, c’è la speranza che il paradigma della fraternità, frutto ed effetto del dolore di Cristo, vissuto nel quotidiano, rinnovi il mondo. E’ quanto vivono e testimoniano oggi a Budapest i volontari, in vari settori sociali. In mattinata, si è parlato anche di economia, rinnovabile con la logica della condivisione, la cultura del dare, la reciprocità che non è assistenzialismo. La applicano già centinaia di imprese nel mondo e sette poli industriali. È il progetto dell’economia di comunione. Lanciata anche un’iniziativa di solidarietà per l’Africa. E nel pomeriggio, spazio alle risposte degli ideali dell’unità, alle sfide della politica, del diritto e della comunicazione sociale.

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LE ACLI E I MISSIONARI COMBONIANI INSIEME IN KENIA PER SOSTENERE I LAVORATORI IN UN PROGRAMMA VOLTO A PROMUOVERE

L’ORGANIZZAZIONE IN ASSOCIAZIONI

 

NAIROBI. = Un progetto per aiutare i lavoratori del Kenia ad organizzarsi in associazioni. Lo hanno realizzato le ACLI in collaborazione con i missionari comboniani e la regione Umbria. L’obiettivo, riferisce l’agenzia SIR, è quello di promuovere e sostenere l’auto-organizzazione dei keniani, diffondendo la cultura dell’associazionismo e della rappresentanza. Da gennaio 2005, è partita la fase operativa del progetto, gestito e realizzato dall’Ipsia, organizzazione non governativa delle Acli. Ora, per mettere insieme persone, esperienze e competenze diverse, dal mondo missionario e delle chiese locali, dal mondo del lavoro, delle organizzazioni di base e della formazione, il 18 e 19 settembre si svolgerà un seminario a Nairobi, nella parrocchia di Kariobangi. Nel corso dell’incontro, verrà proiettato il cortometraggio realizzato dai ragazzi in servizio civile insieme ai giovani keniani, presentato al concorso delle ACLI “Lavori in.corto”, in collaborazione con la CEI. Il video si intitola “Il lavoro...è lavoro” e racconta la fuga di due fratelli dalla campagna verso il mito metropolitano in cerca di lavoro. Tra le iniziative portate avanti nell’ambito del progetto delle ACLI vi sono: il Kutoka Network, la rete delle parrocchie negli slums in difesa dei diritti della popolazione; la rete keniana in preparazione al Social Forum di Nairobi, il prossimo gennaio; gli eventi legati alla campagna per la cancellazione del debito. (T.C.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

16 settembre 2006

 

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

 

Due chiese cristiane sono state colpite stamani da bombe incendiarie a Nablus, nel nord della Cisgiordania. Lo hanno riferito fonti della sicurezza palestinese, precisando che gli ordigni hanno provocato solo lievi danni. Non ci sono per ora rivendicazioni. Ieri sera, inoltre, alcune migliaia di palestinesi hanno partecipato ad una manifestazione indetta da Hamas a Gaza City per protestare contro il discorso del Papa, tenuto nei giorni scorsi all’Università di Ratisbona.

 

         L’Unione Europea ha prorogato di altri tre mesi il meccanismo di aiuti messo a punto per fornire assistenza umanitaria ai palestinesi senza passare attraverso l’amministrazione di Hamas. Lo hanno deciso i ministri degli Esteri dei Venticinque riuniti a Bruxelles. Intanto fonti palestinesi annunciano che il presidente palestinese, Abu Mazen, incontrerà mercoledì prossimo a New York il presidente Bush a margine dell’assemblea generale dell’ONU, che, fra gli altri temi, affronterà anche le prospettive di rilancio del processo di pace in Medio Oriente.

 

In Iraq non si placa l’ondata di violenze. Due soldati iracheni ed un civile sono morti oggi per l’esplosione di un’autobomba dalla quale tentavano di estrarre un cadavere. L’episodio è avvenuto nel centro di Baghdad, dove nelle ultime 24 ore sono stati ritrovati altri 47 cadaveri con evidenti segni di torture. In precedenza un attentato aveva provocato la morte di un soldato statunitense. In questo quadro, il governo iracheno sta valutando un nuovo piano di sicurezza per proteggere la capitale, che prevede trincee e decine di posti di blocco per controllare qualunque movimento in entrata e in uscita dalla città.

 

In Afghanistan, le forze di sicurezza afgane e la coalizione militare internazionale, guidata dagli Stati Uniti, hanno lanciato una vasta operazione anti talebana nell’est del Paese, impiegando 7 mila uomini. Lo ha annunciato un comunicato della coalizione, precisando che l’obiettivo è di sbaragliare la resistenza dei ribelli nelle province di Paktika, Khost, Ghazni, Paktya e Logar e di dare la necessaria sicurezza alla popolazione, allargando quindi l’influenza del governo.

 

         Negli Stati Uniti la strategia della Casa Bianca per il trattamento dei prigionieri di guerra ha provocato una grave spaccatura nel partito Repubblicano, mettendo a rischio la maggioranza al Congresso, in vista delle elezioni parlamentari del 7 novembre. Il servizio di Paolo Mastrolilli:

 

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Il presidente Bush ha promosso un piano per gli interrogatori ed i processi dei detenuti che, secondo i suoi critici, riscrive la Convenzione di Ginevra e ne viola le regole. Tra le altre cose, darebbe copertura legale alle prigioni segrete, alle condanne basate su prove che gli imputati non conoscono e a pratiche giudicate vicino alla tortura, come gli affogamenti simulati dei detenuti. Quattro senatori repubblicani, tra cui John McCain che fu torturato in Vietnam, si sono opposti alla legge voluta dal presidente sostenendo che aggirare la Convenzione di Ginevra metterebbe a rischio tutti i soldati americani nel mondo, perché darebbe a chi li cattura la scusa per violare i loro diritti. Anche l’ex generale Powell, segretario di Stato nella prima amministrazione Bush, si è schierato con loro, aggiungendo che il provvedimento mina le basi morali della lotta al terrorismo. I quattro parlamentari dissidenti, con l’aiuto dell’opposizione democratica, hanno fatto approvare dalla Commissione Difesa del Senato una versione della legge diversa da quella voluta dalla Casa Bianca. Ieri, Bush ha tenuto una conferenza stampa per sostenere che in questo modo stanno mettendo a rischio la sicurezza del Paese, e ha chiesto la rapida approvazione della sua legge. Lo scontro è grave perché arriva a poche settimane dalle elezioni in cui i Repubblicani avrebbero voluto usare il tema della sicurezza contro i Democratici per mantenere la maggioranza al Congresso. Ora, invece, si trovano a dover gestire una pericolosa fronda interna.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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Il presidente statunitense Bush ieri ha anche risposto alle recenti richieste di Teheran escludendo categoricamente di incontrare il leader iraniano, Mahmud Ahmadinejad, in occasione dell’apertura dell’assemblea generale delle Nazioni Unite la settimana prossima. Il capo della Casa Bianca ha precisato: “Parleremo con gli iraniani solo quando sospenderanno l’arricchimento dell’uranio.

 

Fidel Castro non è apparso ieri alla riunione dei capi di Stato per il 14.mo vertice dei Paesi non allineati, in corso a Cuba, ma “non appena sarà in grado di farlo assumerà la presidenza del Movimento”, che spetta appunto all’Avana per i prossimi tre anni. A riferirlo, il ministro degli Esteri cubano, Felipe Perez Roque, dopo che Castro aveva ricevuto la visita del segretario generale dell'ONU, Kofi Annan. Al summit, intanto, è intervenuto il presidente iraniano Ahmadinejad, ma si è parlato anche di cooperazione economica. Il servizio di Maurizio Salvi:

 

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La nascita di una commissione del Sud che permetta di creare istituzioni di cooperazione autonoma si profilava a poche ore dalla chiusura del vertice dei non-allineati forse come l’unica proposta concreta emersa dai lavori. L’idea che suggerisce la creazione di una Banca, una Università, una Televisione e una Compagnia petrolifera del Sud è stata avanzata dal venezuelano Hugo Chavez. Intanto, nella prima giornata, il Vertice ha ratificato il trasferimento della presidenza ‘pro tempore’ a Cuba. C’è poi da rilevare che rispetto allo spirito originario di equidistanza dalle grandi potenze, il nuovo movimento dei non-allineati, sospinto da Cuba e Venezuela, rivendicando il multilateralismo, concentra i propri strali quasi unicamente contro gli Stati Uniti. E ciò creerà, in fase di approvazione dei documenti finali, problemi a Paesi come India, Pakistan e Filippine che con Washington hanno accordi di cooperazione. Va registrata infine una certa delusione da parte di chi si aspettava “scintille” sul nucleare. Intervenendo in assemblea, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha sottolineato l’importanza dell’impegno anti-imperialista ma ha evitato scrupolosamente ogni riferimento alle polemiche sul nucleare con l’Occidente.

 

Dall’America Latina, Maurizio Salvi, ANSA, per la Radio Vaticana.

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E proprio a margine del vertice cubano, India e Pakistan potrebbero decidere di riaprire i negoziati sul Kashmir, la regione contesa da decenni fra i due Paesi. La questione sarà infatti al centro dei colloqui previsti fra il primo ministro indiano, Manmoahn Singh, e il presidente pachistano, Pervez Musharraf, che ha parlato di “un’opportunità storica” per i due Paesi. Intanto dal Kashmir arriva la notizia dell’uccisione di tre separatisti, avvenuta in due diversi scontri a fuoco con l’esercito indiano.

 

La situazione in Darfur è “completamente inaccettabile”: così, il premier britannico, Tony Blair, che ha accusato il governo  sudanese di aver infranto l’accordo del cessate-il-fuoco con i ribelli promettendo di “intensificare gli sforzi internazionali per spingere i governanti del Sudan a cambiare atteggiamento”. Intanto – secondo indiscrezioni - le Nazioni Unite potrebbero chiedere all’Unione Africana di estendere il proprio contingente sino alla fine dell’anno. La decisione  è ritenuta una resa, almeno temporanea, all’opposizione di Khartoum alla risoluzione con cui l’ONU ha decretato l’invio di una forza nel Darfur. Ieri l’Unione Europea ha lanciato un appello affinché il Sudan accetti il dispiegamento di una forza ONU. Anche i ribelli del Movimento Popolare di Liberazione del Sudan (SPLM) si sono detti favorevoli a questa soluzione.

 

Il presidente della Costa D'Avorio, Laurent Gbagbo, ha nominato un nuovo governo, dopo le dimissioni del vecchio esecutivo in seguito allo scandalo dei rifiuti tossici scaricati lo scorso mese di agosto nel porto di Abidjan. Gbagbo ha mantenuto al proprio posto la gran parte dei membri del precedente governo, compreso il premier Charles Konan Banny, sostituendo i ministri dei Trasporti e dello Sviluppo. Ieri in centinaia si sono riversati per le strade di Abidjan per manifestare contro il governo. Aggredito un ministro e incendiata la casa del direttore del porto. Le esalazioni hanno provocato 7 morti e migliaia di intossicazioni.

 

I ministri delle Finanze del G7 (USA, Giappone, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Canada), riuniti oggi a Singapore, hanno discusso di cambi, prezzo del petrolio e pericoli di inflazione. Nel comunicato finale i sette grandi hanno rivolto un nuovo appello alla Cina affinché rivaluti lo yuan per rallentare la straordinaria crescita delle sue eccedenze commerciali. Per il presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Jean-Claude Trichet, la crescita economica mondiale è “estremamente robusta” ma la BCE resta vigile sull’andamento dell’inflazione.

 

Il Myanmar e la sua giunta militare entrano nell’agenda delle priorità del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, dopo le forti pressioni degli USA. Traffico di droga, crescita dell’AIDS, violazioni dei diritti umani, aumento del numero dei rifugiati: questi elementi sono stati portati come prove della necessità di monitorare periodicamente il Paese asiatico, considerato una minaccia per la sicurezza internazionale. Dal canto suo, la Cina ha respinto la decisione definendola  un’interferenza negli affari interni di un Paese. Anche la Russia ha votato contro.

 

Al via le candidature per la successione di Kofi Annan al segretariato generale delle Nazioni Unite. L’associazione dei Paesi asiatici (Corea del Sud, Sri Lanka, Thailandia e India) ha indicato il vice premier della Tahilandia, Surakiart Sathirathai, mentre dai Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) arriva per la prima volta la proposta di una donna, la presidente lettone, Vaira Vike-Freiberga. Molti analisti ritengono che il posto di Annan, il cui mandato scade a gennaio, spetti ad un Paese asiatico.

 

Il governo spagnolo ha trasmesso al parlamento un progetto di legge sulla clonazione terapeutica che porterà la Spagna a seguire l’esempio di Regno Unito, Svezia e Belgio. Il disegno di legge, già annunciato a marzo e approvato ieri in via preliminare dal governo, prevede la possibilità che i ricercatori utilizzino tecniche di trasferimento nucleare per riprodurre tessuti ed organi al fine di consentire la cura di malattie altrimenti incurabili. La proposta prevede la creazione di bio-banche e l'uso, sotto la supervisione di un Comitato di bioetica, della tecnica che consiste nell’introduzione di un nucleo di una cellula adulta in un ovocito per riprogrammarne la crescita cellulare onde creare organi o tessuti che possano essere trapiantati nel donatore a scopo terapeutico. La legge, ha annunciato il ministro della Sanità di Madrid, prevede “le massime garanzie etiche, giuridiche e sanitarie per i diritti delle persone”. Il testo ora dovrà essere approvato dal parlamento dove si prevede il voto contrario dell’opposizione di centro e centrodestra.

 

 

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