RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 257 - Testo della trasmissione di giovedì 14 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Arrestato in Cina il vescovo di Zhouzhi,
mons. Martino Wu Ginjing
Attentato a Baghdad davanti ad un orfanotrofio:
morti 9 civili
14 settembre 2006
A
CONCLUSIONE DEL VIAGGIO IN BAVIERA IL PAPA INVITA I TEDESCHI
A
TESTIMONIARE
- Il
commento di padre Federico Lombardi -
“Chi crede non è mai solo”: rendete testimonianza della
vostra fede nell’amore di Dio “nell’attuale mondo secolarizzato”. Con queste
parole, Benedetto XVI ha salutato
**********
Gioia e commozione hanno accompagnato quest’ultimo giorno
di Benedetto XVI nella sua patria,
Ich habe bemerken können, wie viele Menschen in
Bayern …
“Ho potuto rendermi conto di quante persone, in Baviera,
anche oggi si sforzano di camminare sulle strade di Dio in comunione con i loro
Pastori, impegnandosi a rendere testimonianza della loro fede nell’attuale
mondo secolarizzato. Grazie alla infaticabile dedizione degli organizzatori,
tutto ha potuto svolgersi nell’ordine e nella tranquillità”.
Acclamato dal coro “Benedikt! Benedikt!”, il Papa ha aggiunto: “Sono stati giorni
intensi, ovunque ho visto un’accoglienza piena di premure e attenzioni, che mi
hanno intimamente toccato”.
Salutato dal presidente federale Edmund
Stoiber con un “Arrivederci”, Benedetto XVI ha
lasciato la sua terra con le parole dell’inno bavarese:
Gott mir dir, du Land der Bayern, deutsche
Erde, Vaterland!...
“Dio sia con te, Paese dei
Bavaresi, terra tedesca, Patria! / Sopra i tuoi vasti territori riposi la sua
mano benedicente! / Egli protegga la tua campagna e gli edifici delle tue città
/ e conservi a te i colori del suo cielo bianco e azzurro!”.
In
mattinata il Papa ha incontrato sacerdoti e diaconi nel Duomo di Frisinga. Qui egli fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1951.
Presenti all’incontro anche alcuni confratelli che quel giorno con lui dissero
il loro “sì” a Dio. Il Papa ha sorpreso tutti parlando a braccio: “Ho portato un lungo testo, – ha detto – ma non lo leggerò, lo avete già stampato, potrete
leggerlo quando sarò partito”. Quindi ha toccato il tema delle vocazioni a
partire dalla carenza di sacerdoti nella Chiesa. Citando le parole di Cristo:
“La messe è molta, ma gli operai sono pochi”, il Papa ha indicato l’importanza
di “pregare il padrone della messe”, Dio. L’invito di Gesù
infatti è chiaro – ha detto – Egli non ha dato il compito di andare a
chiamare volontari o organizzare campagne di management per reclutare nuove
leve”. Cristo ha chiesto di pregare. “Dobbiamo pregare Dio, chiedere: ‘Dai, sveglia il cuore degli uomini!’. Dobbiamo pregare il
padrone della messe affinché susciti un profondo sì nel cuore degli uomini”.
Anche l’efficacia dell’azione pastorale dipende dalla preghiera- ha aggiunto -
altrimenti il servizio diventa vuoto attivismo”. Benedetto XVI ha illustrato
due virtù fondamentali per un sacerdote, tra loro in equilibrio: lo zelo e
l’umiltà. Lo zelo che spinge ad andare verso i fratelli bisognosi, ad essere
apostoli di Gesù Cristo; l’umiltà che induce al riconoscimento dei propri
limiti, affinché lo zelo non ci distrugga. E’ vero, tante cose andrebbero fatte
– ha commentato - questo vale per i sacerdoti, ma anche per il Papa: “Anch’io
dovrei fare tante cose, ma ho poche forze. Tutto il resto devo lasciarlo a
Dio”. Quindi Benedetto XVI ha rivolto a Dio la preghiera: “Tu lo sai,
Sono state giornate di intensa attività pastorale quelle
trascorse da Benedetto XVI, ma anche di ritorno alle origini, di intensi
ricordi. Ieri il Papa ha visitato il cimitero di Ziegetsdorf
a Ratisbona, poi si è ritirato nella sua casa a Pentling. In serata congedandosi
dall’abitazione in cui ha vissuto negli anni della docenza universitaria, rivolto
ai suoi concittadini ha detto:
Vergelt’s Gott für
die Nachbarschaft, die ich hier empfangen …
“Dio vi ripaghi per il vicinato che ho ricevuto qui, per
la cordialità del saluto, che potevo percepire veramente con il cuore, con gli
occhi e con tutti i sensi: Qui sono a casa. Qui rimango anche radicato. Nello
spirito siamo sempre insieme. Ringrazio Dio per questa giornata benedetta,
ringrazio voi tutti per il buon vicinato e vi auguro un tempo benedetto”.
Il Papa è partito.
Allen ein herzliches ‘Auf Wiedersehen’!
Dalla Baviera, Paolo Ondarza,
Radio Vaticana.
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Per un bilancio del viaggio del Papa in Baviera ascoltiamo
il nostro direttore padre Federico Lombardi, al microfono
di Sergio Centofanti:
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R. – Direi che questo viaggio è riuscito nel modo migliore
possibile ed ha risposto perfettamente alle attese sia per quanto riguarda il
Papa, sia per quanto riguarda la Chiesa locale e la gente della Baviera. Il clima
dell’accoglienza è stato meraviglioso e, naturalmente è andato crescendo di
calore con i giorni,
come avviene in tutti i viaggi del Papa. Benedetto XVI era evidentemente molto
soddisfatto, in certi momenti anche intensamente commosso. Il fatto che abbia
fatto, del tutto spontaneamente, a braccio, l’omelia in questo ultimo incontro
nella Cattedrale di Frisinga dimostra che anche per
lui c’è stato un crescendo di gioia.
D. – Anche in questo viaggio Benedetto XVI non ha mai
fatto elenchi di “no”. “La fede – dice – non è un cumulo di proibizioni, è
un’opzione posivita”…
R. – Sì, certamente. E’ stato un messaggio estremamente
incoraggiante e incoraggiante soprattutto per la Chiesa locale, che certamente
vive in un tempo in cui la società è in via di secolarizzazione e quindi
l’annuncio della fede non è semplice. Incoraggiamento, questo, che il Papa ha
dato ai sacerdoti, ai diaconi, a tutti gli operatori pastorali, ai credenti,
facendo vedere la loro presenza – diciamo – attiva e viva nella società di oggi
ed incoraggiandola. E’ stato veramente un punto molto, molto importante.
Diverse persone della Chiesa locale mi hanno detto, in questi giorni, che avrà una efficacia molto grande anche in seguito. Del resto il
tema stesso del viaggio - “Chi crede non è mai solo” - voleva andare proprio in
questa direzione; voleva far vedere la bellezza e la ricchezza della comunione
nel credere, comunione con Dio anzitutto, ma anche poi con tutta la comunità
dei credenti, e le possibilità di dialogo, di servizio, di arricchimento per la
comunità umana intera, che vengono dalla fede viva.
D. – Il Papa è tornato a parlare di ragione e di ragionevolezza della fede contro tutti gli integralisti e
gli irrazionalismi sia religiosi che culturali. La fede invece - ha detto – propone
un autentico illuminismo ...
R. – Sì, sembra che questo si stia manifestando, con il
tempo, anche uno dei temi guida di questo pontificato, del magistero di
Benedetto XVI. Il rapporto armonico tra fede e ragione è come qualcosa che
fonda il grande servizio che anche la fede può svolgere per la civiltà umana
nel momento in cui attraversa, ma anche in generale. La fede e la ragione si
arricchiscono a vicenda. Abbiamo notato come anche in certi passaggi dei suoi
discorsi, il Papa ha fatto presente come anche la fede, la retta idea di Dio,
vada custodita dalle sue corruzioni. E in questo certamente anche la ragione
diventa attiva all’interno del mondo della fede, aiuta moltissimo. Allo stesso
tempo la fede impedisce che la ragione si autolimiti nei sui
interessi, nei suoi obiettivi ed anche nel suo campo di azione e quindi diventi
povera e incapace di guidare l’umanità di fronte ai grandi interrogativi di
sempre e di fronte ai grandi problemi anche etici di oggi.
D. – Che dire dal punto di vista del significato ecumenico
del viaggio?
R. – Il viaggio ha avuto un suo momento ecumenico
particolarmente importante: i Vespri nella Cattedrale di Regensburg.
Diciamo, però, che tutto il viaggio ha avuto un significato ecumenico, in
quanto ha avuto un importante concentrazione sulla
fede in Dio: in quale Dio? Il Dio di Gesù Cristo, il Dio che si è rivelato in
Gesù Cristo, il Dio che è amore. Questi sono fondamenti assolutamente comuni
della fede cristiana. L’annuncio, quindi, di Benedetto XVI è stato in
larghissima parte un annuncio assolutamente condivisibile da tutte le Chiese e
le confessioni cristiane.
D. – Infine, cosa resta nel cuore di questo viaggio del
Papa in Baviera?
R. – Io credo che rimanga, per il Papa, una grande gioia
di aver riattinto forza, slancio alle sue radici di fede; per la Chiesa locale
un grande incoraggiamento e per la Chiesa tedesca e la cultura tedesca un
grande contributo di riflessione. Una riflessione che si può poi allargare a
tutta la cultura europea, sull’importanza del retto dialogo tra fede e ragione
per il bene della società moderna e, guardando poi a tutto il mondo, per la
possibilità di dialogo con le altre culture, come ha messo bene in rilievo il
Papa, che sentono il religioso come profondamente importante e che quindi
possono entrare in dialogo con noi molto più fruttuosamente, se pure noi
viviamo una cultura rispettosa della dimensione religiosa nell’integralità
della persona e della cultura umana.
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DOMANI L’AVVICENDAMENTO ALLA GUIDA DELLA
SEGRETERIA DI STATO.
IL
CARDINALE ANGELO SODANO E IL NUOVO CARDINALE SEGRETARIO DI STATO,
TARCISIO
BERTONE, SARANNO RICEVUTI IN UDIENZA DAL PAPA A CASTEL GANDOLFO
Cambio
al vertice, domani, in Segreteria di Stato. Il cardinale Tarcisio Bertone,
finora arcivescovo di Genova, assume l’incarico di segretario di Stato della
Santa Sede. Il porporato subentra nell’ufficio al cardinale Angelo Sodano. In
tale circostanza, Benedetto XVI riceverà in udienza – alle ore 11.30 – a Castel
Gandolfo, Superiori ed Officiali della Segreteria di Stato. L’evento offrirà al
Papa l’occasione per ringraziare il cardinale Sodano per il suo lungo servizio
e per presentare il nuovo segretario di Stato. L’evento sarà seguito in
radiocronaca diretta dalla nostra emittente. Il servizio di Alessandro Gisotti:
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Un avvicendamento tra due personalità eminenti della
Chiesa, figli della stessa terra: il Piemonte. Il cardinale Tarcisio Bertone 71
anni, è nato a Romano Canavese, in provincia di
Torino, il 2 dicembre 1934. Fin da ragazzo era attratto dalla vocazione
salesiana. Ordinato sacerdote a 25 anni, nel 1989 viene
eletto Rettore dell'Università Salesiana. Il primo agosto 1991, Papa Wojtyla lo nomina arcivescovo di Vercelli. Quattro anni dopo, assume
l’incarico di segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, diventando
così il più stretto collaboratore dell’allora cardinale Joseph
Ratzinger. Nel 2002 diviene arcivescovo di Genova.
L’anno successivo, Giovanni Paolo II lo crea cardinale. Dal canto suo, il
cardinale Angelo Sodano, 79 anni, lascia l’incarico di segretario di Stato
vaticano dopo oltre 15 anni di servizio, ma mantiene l’incarico di Decano del
Collegio Cardinalizio.
La Segreteria di Stato, come la conosciamo oggi, nasce
oltre 5 secoli fa. Fu istituita infatti il 31 dicembre
del 1487 da Papa Innocenzo VIII. Era in origine composta da
24 segretari apostolici, di cui uno, chiamato Secretarius
domesticus assunse un ruolo preminente. Venendo
ai giorni nostri, la Segreteria di Stato è stata profondamente riformata dalla
Costituzione apostolica Pastor Bonus
del 1988. Con questo documento, Giovanni Paolo II ne stabilì la divisione in
due sezioni. La prima, denominata Sezione per gli Affari generali, provvede al
servizio quotidiano del Pontefice sia nella sollecitudine per la Chiesa universale
che nei rapporti con i dicasteri vaticani. Tra i suoi compiti anche la
redazione dei documenti affidatigli dal Papa e gli atti riguardanti le nomine
della Curia Romana. La seconda Sezione o Sezione per i Rapporti con gli Stati
cura le relazioni diplomatiche con i governi delle nazioni. Ad essa compete anche la stipulazione di concordati e la
rappresentanza della Santa Sede presso Organismi e conferenze internazionali.
Il 21 maggio dell’anno scorso,
pochi giorni
dopo l’elezione al Soglio di Pietro, Benedetto XVI si recò in visita alla
Segreteria di Stato. “Fa grande onore alla Santa Sede – affermò il Papa,
parlando a braccio - il fatto che un numero di persone così piccolo faccia un
lavoro grandissimo per la Chiesa universale”. “Noi – aggiunse – non lavoriamo
per difendere un potere”. “Noi lavoriamo realmente perché le strade del mondo
siano aperte a Cristo”. Sempre domani, l’arcivescovo Giovanni Lajolo, finora segretario della Sezione per i Rapporti con
gli Stati assumerà l’incarico di presidente della Pontificia Commissione per lo
Stato della Città del Vaticano e presidente del Governatorato. L’arcivescovo Lajolo subentra in tali uffici al cardinale Edmund Casimir Szoka.
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COLLOQUIO AL PALAZZO DI VETRO DI NEW YORK
SULLA DIGNITA’ DELLA DONNA,
PROMOSSO
DALL’OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L’ONU
Analizzare in modo globale l’entità del
fenomeno migratorio femminile nel mondo. E’ questo l’obiettivo della
conferenza, dal titolo “La dignità umana della donna nella società contemporanea”,
promossa dall’Osservatore permanente della Santa Sede all’ONU, mons. Celestino
Migliore. L’iniziativa è stata presentata ieri al Palazzo di Vetro di New York
dallo stesso presule, a margine del dialogo sulla migrazione delle donne in programma
questa settimana alle Nazioni Unite. Sui contenuti del dibattito, il servizio
da New York di Paolo Mastrolilli:
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Identificare le questioni chiave sul piano sociale,
economico e legale, che hanno un impatto sulle donne che emigrano o sono
rifugiate all’interno dei loro Paesi e all’estero. Discutere questi temi
attraverso il prisma della dignità di ogni persona umana, descrivere le
migliori pratiche correnti e l’approccio etico applicato al tema
dell’emigrazione: sono gli obiettivi che ha posto l’Osservatore permanente
della Santa Sede all’ONU, l’arcivescovo Celestino Migliore, presentando ieri
una conferenza, organizzata al Palazzo di Vetro, a margine del dialogo di alto
livello sull’emigrazione internazionale e lo sviluppo in programma questa
settimana alle Nazioni Unite. La conferenza era intitolata “La dignità umana
delle donne nella società contemporanea” ed è stata sponsorizzata dalla
missione della Santa Sede all’ONU, la Fondazione Sentiero per la pace e la
Saint John’s University. La conferenza, come ha
spiegato mons. Migliore, aveva lo scopo di individuare le pratiche che funzionano nella gestione dei problemi della donna, relativi
al rispetto della sua dignità nel campo degli spostamenti delle popolazioni,
per suggerirne poi l’adozione da parte di tutti i Paesi. Quindi, il nunzio ha
sollecitato il Palazzo di Vetro a concentrarsi su altri tre temi, ritenuti
essenziali in questo quadro, come l’assistenza all’interno delle famiglie,
l’aiuto sulle questioni morali, legali, economiche e sociali e la creazione
delle condizioni per invecchiare con dignità e sicurezza.
Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il dettagliato ragguaglio sul
viaggio apostolico di Benedetto XVI in Germania.
Servizio estero - Nucleare: l’Iran si dice pronto
ad accettare nuove condizioni; finora Teheran ha
ignorato le richieste del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Servizio culturale - Un articolo di Claudio Bellinati dal titolo “Frammento dopo frammento riprende
vita il capolavoro del Mantenga”: nel quinto centenario della morte del
pittore, presentati i primi risultati del restauro della Cappella degli Ovetari di Padova, danneggiata dai bombardamenti nel 1944.
Servizio italiano - In rilievo la vicenda Telecom.
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14 settembre 2006
“DIO CI VINCE CON LA FOLLIA DEL SUO
AMORE”: COSI’, L’ARCIVESCOVO
BRUNO FORTE SOTTOLINEA IL SIGNIFICATO DELL’ODIERNA SOLENNITA’
DELL’ESALTAZIONE
DELLA SANTA CROCE
-
Intervista con il presule -
La
Chiesa celebra oggi la solennità dell’Esaltazione della Santa Croce, festa che
ha la sua origine a Gerusalemme, il 14 settembre del 335. Quel giorno avvenne
la Dedicazione degli edifici costruiti dall’imperatore Costantino per
proteggere e rendere onore ai luoghi dove Gesù Cristo portò a compimento il suo
Mistero Pasquale di Morte e Resurrezione. Per una riflessione sul significato
di questa solennità, Alessandro Gisotti ha intervistato il teologo Bruno Forte,
arcivescovo di Chieti-Vasto:
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R. - Sono due i grandi motivi che questa festa porta con
sé. Da una parte, la considerazione della tragicità, della drammaticità
dell’esistenza umana sulla Terra. Chiudere gli occhi di fronte alla fatica di
vivere e ai problemi dell’uomo sulla Terra, alle sfide con cui dobbiamo
confrontarci, sarebbe evadere dal mondo, fare della religione cristiana una sorta
di evasione consolatoria, di spiritualismo disincarnato, che è esattamente la
negazione dell’Incarnazione di Dio! Noi dobbiamo pensare che la lucidità
dell’analisi della sofferenza umana deve sempre accompagnare il credente nella
storia. Ma tutto questo non può essere lasciato alle sole forze dell’uomo. Il
Vangelo della Croce dice che quell’uomo che muore
abbandonato, solidale con il nostro dolore, è il Figlio di Dio, che viene resuscitato alla vita.
Esaltazione, dunque, della Croce, gloria della Croce. E’ questa la buona
novella cristiana.
D. – Oggi, in un mondo che ricerca un Dio potente, e in
una società che in fondo vuole allontanare da sé il dolore, Cristo si propone
come un uomo fragile che muore sulla Croce. Si può dire che da allora, nessun
uomo che soffre, soffre in solitudine…
R. – Proprio il Dio crocifisso - espressione di Agostino -
è quello che oggi suscita una particolare attrazione sui cuori. E’ come se dopo
l’epoca della potenza ideologica, rivelatasi ingannevole e drammaticamente
produttrice di violenza, si senta il bisogno dell’Onnipotente che si fa
piccolo, vicino, compagno del nostro dolore, capace di assumerlo e di
sostenerlo. Nella esperienza del dialogo con la cultura laica, con tanti pensatori,
non solo italiani, che ho potuto vivere in tutti questi anni, mi sono reso
conto che non bisogna in nessun modo annacquare il Vangelo della Croce… anzi è proprio il fascino del Dio crocifisso che
riesce oggi ad attrarre i cuori, molto più che l’idea di un Onnipotente
separato e straniero, che dall’alto dei cieli governi il mondo. Certamente, il
Crocifisso è risorto, il debole e l’abbandonato della Croce è l’Onnipotente. Ma
il Vangelo cristiano è questa coniugazione paradossale che può oggi parlare al
cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo, aiutandoli a trovare il
senso della vita, la gioia nella fatica di vivere.
D. – Nella Messa a Monaco di Baviera, Benedetto XVI ha
ricordato che il profeta Isaia si rivolge ad un popolo oppresso, dicendo: “La
vendetta di Dio verrà, ma questa sua vendetta – spiega il Papa – è la Croce, il ‘no’ alla violenza, l’amore fino alla fine”. Dunque,
l’amore e la Croce, un binomio inscindibile…
R. – Sì, anche la terminologia, che usa il profeta e che
richiama il Papa, è estremamente eloquente. Come dire: “Dio ci vince con
l’eccesso, con la follia del suo amore”. La sua vendetta non è in termini
punitivi, in termini quasi di “do ut des”, ma in termini di un eccesso, di una follia che è appunto
quella dell’amore e dell’amore crocifisso. Ecco perché l’Esaltazione della
Santa Croce è veramente buona novella per questo nostro tempo, così bisognoso
di senso, di forza, di luce e, tuttavia, così timoroso davanti a tutte le
proposte che presentassero questo senso, questa forza, questa luce in forme di
potenza ideologica, di certezza mondana. Abbiamo bisogno proprio di Lui, del
Dio crocifisso, che è il Signore Gesù, abbandonato e risorto dai morti.
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PUBBLICATO OGGI DA
AMNESTY INTERNATIONAL IL RAPPORTO SUGLI ATTACCHI
DI HEZBOLLAH CONTRO IL NORD DI ISRAELE. IL MOVIMENTO SCIITA ACCUSATO
DI GRAVI VIOLAZIONI DEL DIRITTO UMANITARIO
- Intervista con Riccardo Noury -
In 32 giorni di
guerra, tra luglio e agosto scorsi, sono stati circa 4000 i razzi lanciati da
Hezbollah sul nord di Israele, uccidendo 43 civili, ferendone altri 33 e
costringendo centinaia di migliaia di persone a cercare riparo nei rifugi o a
fuggire. Sono solo alcuni dei dati emersi dal rapporto di Amnesty
International dal titolo “Sotto tiro: gli attacchi di Hezbollah contro il nord
di Israele”. Nel documento, pubblicato oggi, l’organizzazione per i diritti
umani accusa il movimento sciita di aver commesso gravi violazioni del diritto
umanitario, equivalenti a crimini di guerra. Il rapporto, che segue ad un altro
sugli attacchi di Israele contro le infrastrutture civili libanesi, rende
evidente l'urgenza e la necessità di un'indagine completa e imparziale delle
Nazioni Unite sulle violazioni commesse da entrambe le parti, come conferma, al
microfono di Salvatore Sabatino, Riccardo Noury, portavoce
della sezione italiana di Amnesty International:
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R. - Da parte di Israele e di Hezbollah, e anche del
governo libanese, non c’è fino ad ora la voglia, il desiderio, di fare
giustizia per quanto riguarda i crimini di guerra nel corso del conflitto e non
c’è intenzione di dare una riparazione, un risarcimento alle vittime. Per
questo Amnesty chiede da tempo che le Nazioni Unite
si facciano carico dell’avvio di un’inchiesta che abbia delle caratteristiche
di imparzialità, di equità, di trasparenza e che analizzi a fondo l’impatto che
ha avuto questo conflitto molto duro, molto sporco nei confronti della popolazione
civile di entrambi gli schieramenti, in modo che i responsabili di crimini di
guerra siano chiamati a rispondere davanti ad organi di giustizia internazionale
del proprio operato.
D. – E’ bene ricordare che qualche tempo fa voi avete
pubblicato anche un rapporto che riguardava Israele. Ci sono delle
similitudini?
R. – Le similitudini sono nel fatto che i civili hanno
pagato un prezzo altissimo e che forse ancora più che in altre occasioni vi è
stata la deliberata intenzione di infliggere sofferenze ai civili. Lo ha fatto
Israele con bombardamenti massicci, con l’uso anche di armi particolarmente
letali, come le bombe a grappolo. Lo ha fatto Hezbollah, neanche nascondendosi
o cercando scuse, dichiarando espressamente che intendeva colpire i civili
israeliani come forma di rappresaglia. Crimini di guerra che sono stati
compiuti da entrambe le parti e Amnesty sostiene che
nessun comportamento di guerra scorretto o illegale di una parte può essere o
suonare come giustificazione per l’altra parte, per commettere analoghi
crimini.
D. – Parlavi della richiesta di un’inchiesta
internazionale. La risposta quale sarà, secondo te?
R. – Intanto, c’è una piccola, buona notizia, ovvero che
sul campo, adesso, oltre al dispiegamento della forza di pace dell’ONU vi è
anche una Commissione d’indagine, composta da singoli
esperti in materie di diritti umani. Non è ciò che chiedeva Amnesty,
ma è qualcosa di buono: sono funzionari delle Nazioni Unite che stanno svolgendo
inchieste sul campo. Noi ci auguriamo che ci sia, da parte del Consiglio di
Sicurezza, la volontà di andare a fondo in queste situazioni di post conflitto
con un’inchiesta sui crimini di guerra commessi, che ha un duplice senso:
intanto, dare riparazione e giustizia alle vittime, ai sopravvissuti, alle
persone che a centinaia di migliaia hanno vissuto nella paura per 33 giorni,
alle famiglie che hanno conosciuto vittime all’interno del proprio nucleo
familiare. E poi avrebbe una funzione di deterrenza:
spiegare ancora una volta che la guerra, per quanto possa sembrare paradossale,
ha delle regole, e quando anche queste regole vengono
violate, occorre che ci sia un organo di giustizia a sanzionare le violazioni.
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LE
LUCI E LE OMBRE DEL CONGO, MOSAICO DI LINGUE E MODELLO DI CONVIVENZA
PUR
TRA GRANDI DIFFICOLTA’ SOCIALI
-
Intervista con padre Jacques Ilunga
-
Povertà e guerra civile non sono le uniche realtà della
Repubblica Democratica del Congo, l’immenso e
lussureggiante Paese africano che proprio per le sue ricchezze è sempre stato
teatro di feroci contese. L’ex Zaire può vantare
esempi di convivenza pacifica tra tribù diverse, sia per religione che per
lingua, come ci racconta padre Jacques Ilunga, uno dei primi sacerdoti di colore cui è stata
assegnata una parrocchia in Italia, a Prato, in Toscana. L’intervista è di
Emanuela Campanile:
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R. – Intanto,
partirei proprio dalla bellezza del Congo, un Paese
enorme, quattro volte più grande della Francia, sette, forse otto volte più
grande dell’Italia, con una popolazione molto giovane. Più del 60 per cento
della popolazione è cattolica. Il territorio è ricco. Nel campo
dell’evangelizzazione, Giovanni Paolo II è venuto due volte nella nostra terra.
Purtroppo, è anche un Paese che soffre perché interessa in maniera sbagliata
tutti quelli che vogliono sfruttare i conflitti e così via...
D. – E le sue
ricchezze, ovviamente…
R. – E le
ricchezze, certo. E’ un Paese però che ha grandi possibilità, perchè ha sempre
voluto costruire un modello di convivenza. Ad esempio, abbiamo 250 dialetti e
quattro lingue nazionali. Cosa vuol dire? Vuol dire che siamo un mosaico di
popoli, un mosaico di tribù, un mosaico di genti completamente diverse tra
loro. Ai miei parrocchiani faccio sempre l’esempio di come, a distanza di 250
km, la parola zandi
a sud significhi “peccato”, a nord significhi “Dio”. Per dire come siamo molto
diversi anche tra di noi. Abbiamo sempre avuto, però,
questo desiderio di stare insieme. E ciò, secondo me, è il punto di partenza
per ricostruire l’unità di questo grandissimo Paese.
D. – Pensa che la
gente avrà la forza di unirsi?
R. – Noi abbiamo
vissuto tante sfortune. Abbiamo avuto, in Congo, anche l’ebola,
una malattia terribile. E ci sono molti malati di AIDS. Durante un viaggio,
sono arrivato in un ospedale e ho chiesto ad una religiosa che stava lì se
c’erano delle persone malate di AIDS. Mi ha risposto: “Chiedimi chi è che non
ha l’AIDS, perchè tutti questi malati sono colpiti da questa malattia”. Quindi,
è una cosa tremenda. Arrivare oggi alla mia età, 45 anni, sembra quasi un
miracolo, perchè il livello della sanità è bassissimo, non esiste. Come diceva,
però, stranamente, un nostro presidente che non c’è più, il
Congo è un Paese di persone che amano la gioia e la gioia è la forza di
queste persone. Sono molto solidali fra di loro, è
gente straordinaria. Ci sono molti ragazzi che sono abbandonati, nel senso che
non hanno genitori, ma possono stare all’interno di una comunità, essere aiutati
per quello che la gente può riuscire a donare. Abbiamo anche un concetto molto
diverso di adozione, perché i ragazzi vengono adottati
non da una famiglia, ma da un villaggio intero, da un quartiere intero. Secondo
me, questi sono piccoli segni di speranza, anche se sembra oggi molto difficile
sperare. Abramo ci insegna, però, che si deve sperare anche contro ogni
speranza.
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14 settembre 2006
ARRESTATO, L’11 SETTEMBRE SCORSO IN
CINA, IL VESCOVO DI ZHOUZHI,
MONS. MARTINO WU QINJING. NONOSTANTE LE
PRESSIONI DI PECHINO,
IL PRESULE AVEVA CELEBRATO UNA MESSA SOLENNE, CON
AL DITO L’ANELLO PASTORALE
- A cura di Roberta Moretti -
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ZHOUZHI. =
Arrestato, l’11 settembre scorso in Cina, dalla polizia della provincia settentrionale
dello Shaanxi, il vescovo di Zhouzhi,
mons. Martino Wu Qinjing.
Lo ha reso noto stamani l’agenzia del PIME, AsiaNews, citando una fonte locale anonima. Nonostante le
pressioni del governo, il presule aveva celebrato una Messa solenne, indossando
lo zucchetto episcopale e l’anello pastorale. Intorno alle 10 di sera, 30 poliziotti hanno scavalcato il muro della
parrocchia dove vive mons. Wu Qinjing,
portandolo via senza formulare alcuna accusa. Per farsi strada, la polizia ha
molestato anche un sacerdote 80.enne e quattro suore.
Il presule era stato consacrato vescovo nell’ottobre del 2005 dal
defunto arcivescovo di Xian, mons. Antonio Li Duan. Come spiega AsiaNews, le
autorità locali avevano pensato di incaricare, al posto di mons. Wu Qinjing, un altro sacerdote.
Sin dalla consacrazione, il governo cinese ha invitato il presule a “non comportarsi da vescovo” e a mantenere un basso
profilo nei confronti dei fedeli. Spesso mons. Wu Qinjing è stato molestato dalla polizia, che ha cercato di
impedirgli di portare avanti il suo ministero, “fermandolo per controlli” ogni
volta che vi fossero occasioni pubbliche, come prime
comunioni o cresime. La sua consacrazione episcopale è stata resa pubblica il
22 maggio scorso. Il 25 dello stesso mese è morto mons. Li
Duan e due giorni dopo, nonostante le pressioni del
governo, mons. Wu ha celebrato una Messa solenne
nella cattedrale di Zhouzhi: non indossava i
paramenti da vescovo, ma aveva in testa lo zucchetto episcopale e al dito
l’anello pastorale. “Questo modo di comportarsi – ha commentato la fonte ad AsiaNews
– è degno dei terroristi e fa piangere chiunque ami la pace. Chiediamo a tutti
di pregare per il nostro vescovo, affinché torni presto e in salute”. La
diocesi di Zhouzhi è composta da
60 mila cattolici, 54 sacerdoti, 200 chiese, 120 seminaristi e 208 religiose.
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“IL
LEADER RELIGIOSO, GUIDA DELLA COSCIENZA DEGLI UOMINI”: COSI’, IL CARDINALE
ROGER ETCHEGARAY, IN OCCASIONE DEL II CONGRESSO DEI
LEADER DELLE RELIGIONI MONDIALI E TRADIZIONALI, CONCLUSOSI IERI AD ASTANA, IN
KAZAKHISTAN
ASTANA. = “I leader religiosi, qualsiasi sia la religione che
rappresentano, hanno delle responsabilità particolari”: è quanto ha affermato,
ai nostri microfoni, il cardinale Roger Etchegary,
presidente emerito dei Pontifici Consigli Giustizia e Pace e “Cor Unum”. Il porporato
ha preso parte, fino a ieri ad Astana, in Kazakhistan, al II Congresso dei Leader delle religioni mondiali e
tradizionali. Obiettivo dell’incontro, cui hanno partecipato esponenti del
Cristianesimo, dell’Islam, dell’Ebraismo, del Buddismo, del Taoismo e dello
Shintoismo, è stato quello di creare un canale permanente di dialogo, per
rafforzare la sicurezza internazionale e accrescere il contributo delle
religioni alla pace e alla convivenza nelle odierne società multietniche
e multireligiose. “ll
leader religioso – ha spiegato il cardinale Etchegary
– è un uomo che per missione, per vocazione si riferisce alla Parola di Dio; è
colui, quindi, che guida o dovrebbe guidare la coscienza degli uomini, sottomettendosi
alla Parola di Dio”. Riferendosi poi al Congresso, il porporato ha sottolineato
come questa sia un’importante occasione per creare un canale permanente di
dialogo e di ascolto reciproco. “E’ veramente molto importante – ha aggiunto –
poter ascoltare, anche per me stesso, le testimonianze e le impressioni di
leader di altre religioni, così tanto differenti dalla mia religione cattolica,
nel rispetto gli uni degli altri”. “Credo che ciascuno di noi – ha concluso –
uscirà da questo incontro profondamente arricchito nella propria fede”. (R.M.)
PADRE SAAD SYRUP HANNA, SACERDOTE CALDEO DI BAGHDAD, LIBERATO LUNEDÌ,
DOPO
QUASI UN MESE DI SEQUESTRO IN IRAQ, RACCONTA LA SUA ESPERIENZA
E
PERDONA I SUOI RAPITORI: “NON LI ODIO E CONTINUO A PREGARE PER LORO”
BAGHDAD. = “Dio era con me”: è la
testimonianza di padre Saad Syrup
Hanna, sacerdote caldeo di
Baghdad, liberato lunedì, dopo quasi un mese di sequestro in Iraq. Prima del
rapimento, padre Syrup Hanna
aveva programmato di trasferirsi a Roma all’inizio di settembre per motivi di
studio, con il sostegno di “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS). E proprio
all’organismo di diritto pontificio, poche ore dopo il rilascio, il sacerdote
ha raccontato la sua esperienza e ha detto di perdonare i sequestratori,
ringraziando al contempo per la mobilitazione e le preghiere di intercessione
giunte da ogni parte del mondo. Come riferisce l’agenzia Zenit, citando un
comunicato di ACS, il sacerdote ha sottolineato che le preghiere per la sua
liberazione hanno “unito” ampi settori in Iraq, in un momento in cui si vive in
una condizione di guerra civile. Agli appelli per il
rilascio da parte del Patriarca di Babilonia dei Caldei,
Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, e dei vescovi caldei, il 20
agosto scorso si era unito anche quello di Benedetto XVI, che in un telegramma
al Patriarca caldeo, si era detto “profondamente
rattristato” per la notizia del rapimento. “Voglio ringraziare – ha
detto padre Syrup Hanna ad
ACS – tutte le persone che mi hanno aiutato con le loro preghiere. E’ stato
davvero un miracolo per me”. “Dal momento in cui sono stato sequestrato – ha
aggiunto – ho sentito che Dio era con me e ho iniziato a dire: ‘Dio, sei il mio protettore. Sarai con me nel mio dolore’”. Poi, riferendosi ai suoi sequestratori, ha
dichiarato: “Non li odio. Prego per loro. Continuo a pregare per loro”. Al
sacerdote è stato consigliato di non rivelare dettagli sulla sua prigionia, per
paura di rappresaglie. Secondo la testimonianza di un compagno
di studi ad AsiaNews, padre Syrup Hanna avrebbe “subito
minacce e tortura”. “E’ veramente stanco e provato – ha spiegato – è stato
minacciato e torturato. Potrà parlare di questi dolorosi e paurosi ricordi tra
qualche tempo”. Mons. Philip
B. Najim, visitatore apostolico per i fedeli caldei in Europa, ha confermato all’agenzia MISNA che ai
sequestratori è stata pagata una “piccola somma”, consegnata dal fratello del
sacerdote al momento del rilascio. Sono “pochi spiccioli – ha precisato il
presule – e non si tratta certo degli 800 mila dollari che i rapitori avevano
chiesto al momento del rapimento”. MISNA ha riferito, inoltre, che la
liberazione è avvenuta dopo un negoziato telefonico tra i sequestratori e il
Patriarca caldeo, Emmanuel III Delly.
(R.M.)
NUOVO
EPISODIO DI VIOLENZA ANTICRISTIANA NELLO STATO INDIANO DELL’UTTAR PRADESH, DOVE
DOMENICA SCORSA ERA STATA ATTACCATA UNA SCUOLA DI SUORE
A LUCKNOW. NEL DEPLORARE
L’ACCADUTO, I VESCOVI INDIANI RICORDANO CHE GLI
ISTITUTI CATTOLICI HANNO SEMPRE RISPETTATO LE
DIVERSE TRADIZIONI RELIGIOSE.
SOLIDARIETA’ ANCHE DALLE
AUTORITA’ CIVILI E DA ESPONENTI INDU’ E MUSULMANI
NEW DELHI. = Un altro
episodio di violenza anti-cristiana si è verificato nella città indiana di Lucknow, nello Stato dell’Uttar Pradesh, nell’India centrosettentrionale,
dove domenica scorsa un gruppo di militanti nazionalisti indù aveva fatto
irruzione in una scuola gestita dalle Suore di Loreto, compiendo atti di
vandalismo e profanando la cappella. Il grave episodio era stato deplorato
dalla Conferenza episcopale, attraverso un comunicato ufficiale – di cui
riferisce AsiaNews - per ribadire che le scuole cattoliche in India hanno
sempre rispettato “le differenti tradizioni religiose, impartendo un’istruzione
che promuove uno spirito di pace e di armonia” e assicurando “un eccellente
livello di istruzione e di formazione di cittadini coscienti e responsabili”. A
seguito dell’accaduto, martedì scorso 16 scuole cristiane di Lucknow erano rimaste chiuse, in segno di protesta e di
solidarietà. Anche le autorità civili dell’Uttar Pradesh e alcuni leader religiosi indù e musulmani avevano
condannato l’accaduto. Intanto, dalle prime indagini, sembra che i responsabili
dell’assalto siano i membri del braccio giovanile del Baratiya
Jaanata Party, partito politico nazionalista che è al
governo in alcuni Stati indiani e che in passato ha governato anche a livello
federale. L’India, che ha superato il miliardo di abitanti, registra un tasso
di analfabetismo pari al 35 per cento della popolazione, che sale fino al 55
per cento tra i più poveri. I cristiani sono in tutto 25 milioni, il 2,5 per
cento, e gestiscono il 17 per cento dei servizi di istruzione nel Paese, raccogliendo
sovente elogi da personalità pubbliche come Muhammad
A. Fatmi, ministro indiano per lo Sviluppo delle
Risorse umane e l’Istruzione, o Mufti Mohammad Syeed, primo ministro
dello Stato indiano di Jammu-Kashmir. L’apprezzamento
deriva dall’alta qualità dell’educazione impartita nelle scuole cattoliche e
negli istituti gestiti dai missionari, “per la capacità di fornire la migliore
istruzione possibile a persone di tutte le classi sociali e le religioni”, in
particolare ai poveri, agli orfani e agli emarginati.
OGGI,
TERZA GIORNATA DI LAVORI DEL II CONGRESSO LATINOAMERICANO E CARAIBICO SULLA
DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, IN CORSO A CITTA’ DEL MESSICO.
TEMA
DEL GIORNO: “QUALE FUTURO PER L’AMERICA LATINA?”
- A
cura di Luis Badilla -
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CITTA’ DEL MESSICO. = “Quale futuro per l’America
Latina?”: su questa domanda, si confronteranno oggi i partecipanti alla terza
giornata di lavori del II Congresso latinoamericano e caraibico
sulla Dottrina Sociale della Chiesa, in corso a Città del Messico. I diversi relatori tratteranno le variabili socio-economiche, politiche e culturali della questione, mentre i
gruppi di lavoro approfondiranno alcune tematiche all’ordine del giorno:
società civile e movimenti sociali; mondo del lavoro; ecologia e ambiente.
Si parlerà anche di economia alternativa: commercio equo, modelli solidali, cooperativismo. Dai numerosissimi interventi che
finora hanno animato il Congresso, si rileva un primo, importante elemento: la
continuità di pensiero tra il magistero di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto
XVI. Due possono essere gli esempi più significativi. Il primo riguarda il
valore della democrazia, che Giovanni Paolo II considera “nell’ordine
socio-etico la soluzione migliore, ma non quella ideale, perché se ne possono
fare diversi usi” (Dar-es-Salaam,
1 settembre 1990). Luis Enrique
Marius, delegato del Pontificio Consiglio Giustizia e
Pace, ha ricordato, da un lato, che “essa non si può esaurire negli esercizi
elettorali” e, dall’altro, che “spesso tali esercizi non sono un momento per
eleggere, bensì per optare per il male minore”. Per questo, citando il
magistero di Benedetto XVI, si è rilevato necessario collocare la democrazia
all’interno del solco dell’etica, l’unica che può dare all’esercizio democratico
la sua ragion d’essere finale: servire la persona e la sua dignità. Al
riguardo, nell’ambito del rapporto tra religione e laicità dello Stato, sono
state ricorrenti le citazioni del saggio “Fede, religione e cultura” (card. J. Ratzinger, 1992). Un
secondo tema, centrale nello sviluppo delle due prime giornate di lavoro e
comune ai due Pontefici, è quello della vita e della sua difesa irrinunciabile.
Il sociologo cileno, Pedro Morandé,
ha messo in rapporto il valore supremo della vita con le legislazioni
sull’aborto, affermando che la dialettica democratica, i Parlamenti, “non possiedono
tutti gli strumenti per determinare una condotta che tocca direttamente la
legge naturale, a meno che vogliano correre il rischio di fare un uso
totalitario della democrazia stessa”. Dall’analisi di questi due grandi temi, è
apparso chiaro che senza un’ottica etica, senza una visione del destino ultimo
dell’essere umano, difficilmente si possono individuare le vere soluzioni. “I
problemi dell’uomo del nostro tempo – ha detto ancora Morandè
– non si risolvono con l’ingegneria politica, istituzionale o tecno-materiale: occorre partire dalla vera e inalienabile
natura e destino dell’individuo e delle comunità che forma e nelle quali vive e
si sviluppa”.
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14 settembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra -
Orrore senza fine in Iraq: un’autobomba è esplosa a
Baghdad, davanti ad un orfanotrofio, provocando la morte di almeno 9 persone.
L’ordigno è scoppiato al passaggio di una pattuglia della polizia, in un
quartiere centrale della capitale irachena. Altre due vetture, imbottite di
esplosivo, sono state fatta saltare in aria nei pressi dell’Ufficio passaporti
della questura di Baghdad provocando 6 morti. Violenze anche a Baquba, dove in due attentati sono rimaste uccise 5 persone.
Duro “botta e risposta” ieri
tra Stati Uniti e il segretario generale dell’ONU, Kofi
Annan, sull’intervento militare americano in Iraq. Annan, riportando il pensiero dei leader incontrati nella
recente missione in Medio Oriente, ha definito la guerra nel Paese del Golfo e
le sue conseguenze “un vero disastro”. Forte dissenso su queste dichiarazioni è
stato espresso dal portavoce della Casa Bianca, Tony Snow.
Prima concreta riposta alla richiesta di rinforzi avanzata
nei giorni scorsi dalla NATO per la missione in
Afghanistan: il ministro della Difesa polacco ha annunciato che, a partire da
febbraio, la Polonia dispiegherà un contingente di circa mille militari. Ieri,
durante la riunione a Bruxelles del Comitato militare dell’Alleanza, chiamato a
decidere sull’eventuale aumento delle truppe, era stata ribadita la richiesta
dell’invio di almeno 2500 soldati. Attualmente, sono 18.500 i militari
dell’Alleanza atlantica impegnati in Afghanistan per stanare e neutralizzare
guerriglieri taleban. A questi si devono aggiungere
altri 18 mila uomini dispiegati nell’ambito dell’operazione Enduring Freedom, a guida americana.
In Medio Oriente sembra ormai
imminente la formazione del nuovo governo palestinese di unità nazionale, dopo
l’accordo tra il presidente Abu Mazen
ed il movimento estremista Hamas, alla guida dell’attuale esecutivo. Fonti
locali sostengono che la nuova compagine verrà formata
domenica prossima. Ieri Abu Mazen
ha anche confermato che sarà il premier uscente Ismail
Haniyeh, esponente di Hamas a guidare il nuovo
governo di unità nazionale. Sul terreno, intanto, un palestinese è stato ucciso da soldati
israeliani nella Striscia di Gaza. La sparatoria è avvenuta poco dopo il lancio
di un razzo da parte di estremisti palestinesi contro il sud di Israele.
Agguato
terroristico in Russia: è morto il vicepresidente della Banca centrale russa, Andrei
Kozlov, assassinato da uomini armati ieri a Mosca.
Sui motivi all’origine dell’attentato, nel quale ha perso la vita anche
l’autista dell’alto dirigente, Giancarlo La Vella ha
intervistato Fabrizio Dragosei, corrispondente da
Mosca per il Corriere della Sera:
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R. – Il banchiere Andrei Kozlov era molto impegnato nell’operazione di
ripulitura del sistema bancario russo. Negli anni Novanta, con la
liberalizzazione seguita allo scioglimento dell’URSS, le banche a cosa
servivano? Non certo per raccogliere i fondi dei risparmiatori, perché i
risparmiatori russi all’epoca si fidavano pochissimo delle banche. Queste
banche riuscivano ad ottenere, invece, depositi degli enti pubblici, di società
statali, di comuni, etc. Con questi depositi andavano poi ad acquistare buoni
del tesoro che fruttavano interessi superiori al 100 per cento. Questa dinamica
si è conclusa negli ultimi anni, ma molte banche sono
sopravvissute: adesso, ci sono migliaia di banche che operano in un settore tra
il grigio e il nero. Ci sono anche molti istituti che si occupano di
riciclaggio di soldi ‘sporchi’, che finanziano la criminalità. In questi
settori stava operando la Banca Centrale e stava per attuare nuovi provvedimenti.
D. – Questo episodio che immagine ci dà della Russia di
oggi, un Paese che cerca di ritornare ad essere protagonista nella Comunità
internazionale?
R. – E’ un Paese che sicuramente ha alle sue spalle un
passato dal quale si deve liberare. Ricordiamo che nel ‘91 c’era pochissima
economia libera e, da allora, la Russia ha fatto enormi passi avanti. Il
presidente Vladimir Putin vuole trasformare il suo
Paese in una nuova superpotenza energetica che abbia
voce in capitolo in tutto il mondo e naturalmente deve fare ordine in Russia. Il
settore bancario del quale si occupava Kozlov è proprio uno di quelli nei quali c’è
bisogno di fare proprio molta pulizia.
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L’Ucraina
è interessata, a lungo termine, ad un’adesione all’Unione europea, ma non ad
entrare nella NATO. In questo secondo caso, il governo
di Kiev punta solo ad un “ampliamento della
cooperazione”. Lo ha detto stamani il nuovo primo ministro ucraino, Viktor Ianukovic, in missione a
Bruxelles per il Vertice UE-Ucraina.
Continua il braccio di ferro tra Iran e Comunità
internazionale sul programma atomico di Teheran: il
presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, rilancia i
negoziati sul nucleare ma senza precisare se sospenderà il programma di arricchimento
dell’uranio, al centro di una dura controversia tra Occidente e Repubblica
islamica. Gli Stati Uniti, intanto, sembrano sempre più intenzionati a proporre
le sanzioni contro il governo di Teheran. Il nostro
servizio:
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L’Iran apre al dialogo sul nucleare e si dice pronto a
discutere, a nuove condizioni, per sbloccare la crisi legata al suo programma
atomico. “Noi sosteniamo i negoziati e crediamo - ha detto il presidente
iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, in una conferenza stampa a Dakar - che sia possibile risolvere insieme i problemi in un
contesto di dialogo e di giustizia”. Ahmadinejad non precisa però quali siano
gli elementi di novità nella posizione del governo di Teheran,
che finora ha sempre rifiutato di sospendere i processi di arricchimento
dell’uranio, come richiesto dalle Nazioni Unite. L’apertura del capo di Stato
della Repubblica islamica potrebbe comunque essere legata alla minaccia di
nuove sanzioni da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ma la
posizione più morbida dell’Iran può anche essere letta come un tentativo di
allentare le tensioni: ieri l’Amministrazione americana è tornata ad accusare
la Repubblica islamica di perseguire “aggressivamente” la creazione di testate
atomiche, insistendo sulla necessità di adottare sanzioni nei confronti di Teheran. Ma critiche sono state rivolte anche verso il
rapporto americano intitolato “Riconoscere l’Iran come minaccia strategica: una
sfida dell’intelligence agli Stati Uniti”. L’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (AIEA) sostiene che le informazioni contenute nel dossier
sono “sbagliate, fuorvianti e non dimostrate”. Confermando gli ostacoli che
accompagnano le trattative tra Iran e comunità internazionale, è saltato infine
l’atteso incontro, previsto ieri, tra il capo negoziatore iraniano, Ali Larijani, e l’alto rappresentante per la politica estera e
di difesa dell’Unione Europea, Javier Solana.
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Un
tetto in costruzione dell’aeroporto di Minorca, alle
Baleari, è crollato poco fa mentre si trovavano sul
posto 20 persone. Lo hanno reso noto media locali
citando fonti della polizia secondo cui
vi sarebbero dei feriti.
Presto
l’Unione Europea adotterà una serie di restrizioni sulla quantità di
liquido da portare a bordo degli aerei con i bagagli a mano, rivolte a coloro
che viaggiano sui cieli d’Europa. Lo ha annunciato ieri il commissario europeo
ai Trasporti Jacques Barrot.
Le misure in questione dovranno essere confermate da una nuova riunione degli esperti,
già fissata per il 27 settembre, prima del via libera
definitivo della Commissione, che farà attuare le restrizioni in tutti gli
scali dei Paesi membri.
La terza giornata dei lavori del XIV Vertice dei Paesi
non-allineati all’Avana, in attesa dell’arrivo a
partire da oggi dei capi di Stato e di governo per la firma del documento finale,
è stata caratterizzata dagli interventi del presidente ad interim e del
vicepresidente cubani e dall’assenza di Fidel Castro,
ancora convalescente dopo l’intervento chirurgico dello scorso 31 luglio. Il
servizio di Luis Badilla:
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Sulla salute di Fidel Castro, il
presidente ad interim, il ministro della Difesa Raùl
Castro, ha assicurato: “Mentre il Movimento dei non-allineati si rafforza, mio
fratello recupera”. “Fidel – ha aggiunto - si sta
riprendendo, è sempre in piedi e telefona in continuazione per sapere tutto
quello che succede”. Intanto, dopo l’intervento inaugurale del ministro degli
Affari Esteri dell’Avana, Felipe Perez
Roque, il vice presidente di Cuba, Carlos Lage, ha incontrato ieri
oltre 70 capi delle delegazioni di 115 Paesi presenti al summit per ribadire
che la riunione “dovrà svolgere un ruolo essenziale alla ricerca di un nuovo
sistema di rapporti internazionali”. Senza riferirsi esplicitamente agli Stati
Uniti, forse per non irritare la delegazione della Cina
Popolare e dell’Arabia Saudita, Lage ha
affermato che “si vuole imporre una vera dittatura mondiale con la guerra e il
potere economico”. “Si spende oltre un miliardo di dollari all’anno
per le armi mentre muoiono di malattia
11 milioni di bambini”, ha poi spiegato il vice presidente. Nell’analisi
dell’alto dirigente cubano il “disordine mondiale” trova la sua spiegazione nel
“mondo che ci ha regalato il consenso di Washington, il neoliberismo, le multinazionali,
il Fondo monetario, la Banca mondiale, il governo degli Stati Uniti e dei Paesi
potenti”. “Siamo non allineati – ha detto Lage
definendo il movimento dopo la scomparsa dei due blocchi della Guerra fredda -
alle guerre, al terrorismo, all’ingiustizia, alle disuguaglianze e a chi fa il
doppio gioco”. “Siamo invece allineati alla pace e alla giustizia”. A tre
giorni della chiusura del Vertice, sembra ormai certo che le 86 pagine della
Dichiarazione finale del Summit esprimeranno sostanzialmente questi propositi:
rafforzamento dell’ONU contro ogni tentazione di un mondo “unipolare”,
severa condanna di ogni forma di terrorismo, aumento delle forme di cooperazione
tra i Paesi del sud del pianeta, e, infine, sostegno generico, senza entrare
nei particolari, agli Stati che faranno un uso pacifico dell’energia atomica.
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Il segretario Generale
dell’ONU, Kofi Annan ha
espresso forte preoccupazione per il processo di pace, ormai fermo da mesi,
nella regione sudanese occidentale del Darfur, sconvolta
da una ventennale guerra civile. Annan
ha definito “disperata” la situazione e ha nuovamente denunciato l’ostinazione con cui
il governo di Khartoum si oppone all’invio di una forza di pace internazionale.
Il numero uno delle Nazioni Unite ha poi ricordato la mancata attuazione
dell’accordo di pace del gennaio 2005, siglato tra i ribelli indipendentisti
del sud Sudan e il regime centrale islamico. Sempre in Sudan, intanto, almeno
23 persone sono rimaste uccise nell’est del Paese per l’esplosione di alcune
mine in una zona controllata da anni dai ribelli del gruppo etnico dei Beja.
Momenti di terrore ieri in un college a Montreal, in
Canada: un giovane armato ha fatto irruzione nell’edificio scolastico e ha
iniziato a sparare all’impazzata. Due i morti, tra cui l’attentatore, e una
ventina i ragazzi feriti. Non è stato ancora indicato nessun movente dietro
l’azione omicida. Secondo gli inquirenti,
l’abbigliamento del giovane riporterebbe ad un gruppo che nel ’99 in Colorado è
stato responsabile della morte di 12 studenti e di un insegnante.
Il presidente italiano, Giorgio Napolitano, parlando
questa mattina a Bari, ha espresso gratitudine alla Chiesa e all’Osservatore
Romano per aver preso parte attiva alla campagna di sensibilizzazione sul tema
delle morti bianche. Napolitano ha anche rinnovato l’appello affinché si proceda effettivamente “contro il lavoro sommerso ed il
lavoro non garantito”.
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