RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 256  - Testo della trasmissione di martedì 12  settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Senza Dio, i conti dell’uomo non tornano: nella Messa presieduta a Ratisbona, davanti a 300 circa mila fedeli, Benedetto XVI ha invitato i credenti a contemplare il “volto umano di Dio”, lontano da ogni fanatismo o speculazione intellettuale. Nel pomeriggio, l’incontro col mondo accademico e la preghiera ecumenica con luterani e ortodossi. Con noi, padre Federico Lombardi

 

Il dialogo interreligioso non sia interpretato come il nuovo credo relavitistico: così il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, all’apertura di un seminario per 99 nuovi vescovi ordinati in Paesi di missione

 

Le Nazioni Unite rilancino l’impegno in favore della pace mondiale, per rispondere al grido dei Paesi poveri: il messaggio di Benedetto XVI per la 61.ma Assemblea generale dell’ONU

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il limite tra la vita e la morte cerebrale, per evitare l’accanimento terapeutico e favorire l’espianto di organi: tema al centro del convegno della Pontificia Accademia delle Scienze. Intervista con il prof. Paolo Maria Rossini

 

A Roma, la 1.ma Assemblea dei pastoralisti italiani dedicata all’annuncio della speranza cristiana: ce ne parla il vescovo Domenico Sigalini

 

CHIESA E SOCIETA’:

Liberato ieri sera in Iraq padre Saad Sirop Hanna, il sacerdote cattolico rapito a Baghdad il 15 agosto scorso

 

La Conferenza episcopale colombiana prosegue l’analisi della sentenza della Corte costituzionale che prevede la depenalizzazione dell’aborto in caso di stupro, malformazione grave del feto e pericolo di morte per la madre

 

I vescovi filippini chiedono ai fedeli di partecipare al pellegrinaggio mariano per la conversione e dichiarano la giornata di oggi Giornata nazionale di preghiera per la pace e la giustizia

 

A causa dei conflitti, 43 milioni di bambini non hanno la possibilità di andare a scuola: lo afferma Save the children in un Rapporto

 

Scoperta all’Università Cattolica di Roma una molecola in grado di rigenerare il tessuto cardiaco infartuato, incentivando la mobilitazione di cellule staminali

24 ORE NEL MONDO:

Attaccata l’ambasciata americana a Damasco: morti tre attentatori e una guardia.

 

 

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

12 settembre 2006

 

SENZA DIO, I CONTI DELL’UOMO NON TORNANO:

NELLA MESSA PRESIEDUTA A RATISBONA, BENEDETTO XVI HA INVITATO

I CREDENTI A CONTEMPLARE IL “VOLTO UMANO DI DIO”

CONTRO OGNI FANATISMO O SPECULAZIONE INTELLETTUALE.

NEL POMERIGGIO, L’INCONTRO CON DOCENTI E SCIENZIATI

ALL’UNIVERSITA’ CITTADINA E LA PREGHIERA ECUMENICA

CON ORTODOSSI E LUTERANI

- Intervista con padre Federico Lombardi -

 

 Un viaggio che è una “festa della fede”, ma che allo stesso tempo sollecita i fedeli a chiedersi in cosa realmente credano. Con sul volto i sorrisi per la grande accoglienza riservatagli anche dalla città di Ratisbona, Benedetto XVI non ha mancato di proseguire, nella Messa presieduta questa mattina nella grande spianata dell’Islinger Feld, la catechesi che sta accompagnando il suo viaggio apostolico in Baviera. Dal cuore mariano di Altötting alla città di Ratisbona, uno dei centri industriali e tecnologici della Germania meridionale: qui, tra il 1969 e il 1971, il più giovane prof. Joseph Ratzinger fu tra i docenti dell’Università cittadina. Proseguendo nel suo itinerario spirituale, oltre che affettivo, di questi giorni, il Papa ha pronunciato un’omelia densa di richiami alla supremazia di Dio, in un mondo che prova a fare a meno di lui, preferendogli la speculazione intellettuale o il fanatismo. Per entrare allora nel vivo della grande cerimonia di stamani, la parola al nostro inviato in Germania, Paolo Ondarza:

 

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“Oggi, che conosciamo le patologie e le malattie mortali della religione e della ragione, le distruzioni dell’immagine di Dio a causa dell’odio e del fanatismo, è importante dire con chiarezza in quale Dio noi crediamo e professare convinti questo volto umano di Dio”. Così Benedetto XVI nella Messa celebrata sulla spianata dell’Islinger Feld di Ratisbona, un prato già chiamato dalla popolazione Papstwiese, prato papale. Presenti circa 300 mila persone, alcune della quali hanno passato la notte all’aperto.

 

(cori)

 

“Dio è Bontà – ha detto il Papa – non ci lascia brancolare nel buio”. “Ci ama fino al punto da lasciarsi per noi inchiodare sulla Croce per portare le sofferenze dell’umanità fino al Suo cuore”. Professare Cristo – ha aggiunto – “ci libera dalla paura di Dio – un sentimento dal quale, in definitiva, nacque l’ateismo moderno”. Credere è ragionevole. “Fin dall’illuminismo – ha ricordato – almeno una parte della scienza s’impegna a cercare una spiegazione del mondo, in cui Dio diventi superfluo”:

 

Die Sache mit dem Menschen geht nicht auf ohne Gott, und die Sache mit 

“Ma i conti sull'uomo, senza Dio, non tornano, e i conti sul mondo, su tutto il vasto universo, senza di Lui non tornano”.

 

Nell’alternativa tra la Ragione creatrice, o l’irrazionalità che, priva di ogni ragione, stranamente produce un cosmo ordinato in modo matematico, risultato casuale dell’evoluzione”, noi cristiani crediamo in “Dio Padre, Creatore del Cielo e della Terra”. “Crediamo – ha detto il Papa – che all’origine c’è il Verbo eterno, la Ragione, non l’irrazionalità”.

 

(applausi)

 

“Credere è semplice – ha spiegato il Papa indicando nel Credo, una Somma nella quale tutto l’essenziale è espresso. La fede è anzitutto gioia di essere insieme, è festa: “Chi crede non è mai solo”, ha aggiunto il Santo Padre introducendo il motto di questo viaggio in Baviera.

 

(inno)

 

“La fede è speranza, è la certezza che noi abbiamo un futuro, che non cadremo – ha proseguito Benedetto XVI – è amore, l’amore di Dio vuole contagiarci”. Credere non è adesione ad una “serie di sentenze” e di norme, è “l’incontro tra Dio e l’uomo” che si manifesta nel Battesimo. In esso Dio rende gli uomini una grande famiglia nella comunità universale della Chiesa:

 

Ja, wer glaubt ist nie allein. Gott geht auf uns zu. Gehen auch wir …

“Sì, chi crede non è mai solo. Dio ci viene incontro. Incamminiamoci anche noi verso Dio e andiamo così gli uni incontro agli altri! Non lasciamo solo, per quanto sta nelle nostre forze, nessuno dei figli di Dio!”

 

“La fede è credere nel Giudizio”, ha detto ancora Benedetto XVI, spiegando che la prospettiva del giudizio non deve suscitare paura. Credere nel giudizio di Dio è credere nell’affermazione del diritto, nel “congiungimento di tanti frammenti di storia che sembrano privi di senso, così da integrarli in un tutto in cui dominino la verità e l’amore”:

 

Aber wollen wir nicht alle, dass einmal all den ungerecht Verurteilten, 

“Non desideriamo forse tutti che un giorno sia fatta giustizia per tutti i condannati ingiustamente, per quanti hanno sofferto lungo la vita e poi da una vita piena di dolore sono stati inghiottiti nella morte? Non vogliamo forse che l’eccesso di ingiustizia e di sofferenza, che vediamo nella storia, alla fine si dissolva; che tutti in definitiva possano diventare lieti, che tutto ottenga un senso?”.

 

“La fede – ha aggiunto Benedetto XVI – non vuol fare paura, è una chiamata alla responsabilità”. “Non dobbiamo sprecare la nostra vita, né abusare di essa, né tenerla per noi stessi, di fronte all’ingiustizia non dobbiamo restare indifferenti, diventandone addirittura complici o conniventi”. “Dobbiamo percepire – ha proseguito – la nostra missione nella storia e cercare di corrispondervi”.

 

Nell’odierna festa del “nome di Maria”, avvocata degli uomini presso Dio, il Papa ha rivolto gli auguri a tutte le donne che ne portano il nome ricordando in particolare sua madre e sua sorella. Pensando al lavoro impiegato per consentire il sereno svolgimento di questo viaggio in Baviera, Benedetto XVI si è detto commosso e confuso:

 

Für all dies kann ich nur einfach ein ganz herzliches “Vergelt’s Gott” 

“Grazie di cuore! Il Signore Vi ricompensi per tutto, e la gioia che noi ora possiamo sperimentare grazie alla vostra preparazione, ritorni centuplicata a ciascuno di voi! Mi sono commosso, quando ho sentito quante persone hanno collaborato per abbellire la mia casa e il mio giardino”.

 

“Non avete fatto tutto ciò per un singolo uomo – ha detto – l’avete fatto nella solidarietà della fede, lasciandovi guidare dall’amore per il Signore e per la Chiesa”.

 

Sul palco, il reliquario di San Wolfgang patrono di Ratisbona e il grande crocifisso ligneo della Schottenkirche, Chiesa degli scozzesi, di San Jakob nel seminario della diocesi. All’interno di questa scultura, è stata recentemente trovata una piccola reliquia contenente una farfalla d’argento a grandezza naturale, simbolo della resurrezione. 

 

Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza, Radio Vaticana.

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Una grande festa di fede, dunque, che ha visto abbracciare coralmente Benedetto XVI non solo dagli abitanti della zona di Ratisbona, ma anche dai pellegrini dei più vicini Stati est europei. Per un commento al grande evento di questa mattina, ecco le parole del nostro direttore generale, padre Federico Lombardi, raggiunto telefonicamente nella spianata dell’Islinger Feld da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Il discorso di Benedetto XVI di questa mattina ha affrontato la domanda se sia possibile oggi credere in Dio, con l’affermazione che è ragionevole credere in Lui. E ancora: quale Dio è il Dio che ci si rivela in Gesù Cristo, il Dio che si manifesta in un volto umano e il Dio che è amore e che risponde poi anche alle grandi domande di sempre dell’uomo, anche della sua vita eterna e del suo destino. In un certo senso, ho un po’ ritrovato in questa omelia la grande capacità di Joseph Ratzinger di fare una omelia e catechesi a partire dal Credo, ha seguito un po’ la struttura della professione di fede. In proposito, voglio ricordare che la sua prima opera di grandissima notorietà era stata appunto l’“Introduzione al cristianesimo” che seguiva sistematicamente il Credo e lo presentava in modo affascinante per l’uomo di oggi. Nell’omelia di oggi ho ritrovato, in modo essenziale, questa presentazione semplice della fede cristiana per l’uomo di oggi: Dio, Cristo e la vita eterna.

 

D. – Un forte invito Benedetto XVI l’ha lanciato anche parlando dell’odio e del fanatismo che minano la fede…

 

R. – Certo. Lui ci vuole sempre guidare ad una fede ragionevole, una fede razionale, una fede che sappia integrare e dialogare con la ragione. Mi sembra di ritrovare, appunto, anche la Fides et Ratio di Giovanni Paolo II: la nostra fede è una fede che si manifesta nell’amore, è una fede che è profondamente ragionevole e che quindi sa anche rifiutare tutti gli eccessi che possono essere quelli della violenza, dell’intolleranza.

 

D. – Che accoglienza ha riservato al Papa la città di Ratisbona che lo vide giovane professore, una quarantina di anni fa?

 

R. – L’accoglienza, ieri sera all’arrivo, è stata veramente straordinaria, caldissima. Anche il vescovo con cui dopo ne parlavo, mons. Müller, mi diceva che veramente la presenza dei fedeli era, anche a Regesnburg, superiore all’attesa. Bisogna naturalmente tener conto che, con il progredire dei giorni, si ha sempre un calore maggiore: si ha un certo “scaldarsi” dell’atmosfera, le persone che sono qui a Regensburg hanno già visto gli avvenimenti di Monaco e desiderano adesso manifestare anche loro al Papa il proprio affetto. Regensburg, poi, è una città di dimensioni relativamente piccole e quindi si concentra molto bene in un ambiente, tra l’altro meraviglioso dal punto di vista architettonico e storico. Questa mattina, la Messa mi è sembrata di un raccoglimento, di una partecipazione veramente molto bella. Tutto è organizzato anche molto bene, e questo aiuta anche a pregare e ad ascoltare con grande serenità e distensione. La partecipazione è stata grande: abbiamo quasi 300 mila persone che sono il doppio degli abitanti della città di Regensburg, quindi vuol dire che molti sono venuti anche da tutta la regione. Ci sono 7 mila pellegrini dalla vicina Repubblica Ceca, quindi l’atmosfera è veramente molto bella e serena e di grande dignità.

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Folle di decine di migliaia di persone avevano accompagnato anche ieri i singoli atti della visita di Benedetto XVI nella città di Altötting, conclusa con la recita dei Vespri mariani nella Basilica di Sant’Anna. Il Papa, attorniato da religiosi e seminaristi, si è appellato a Dio perché nella Chiesa fioriscano vocazioni per nuovi annunciatori del “Vangelo della pace”. La cronaca dell’avvenimento nel servizio del nostro inviato, Paolo Ondarza:

 

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“Dove i sacerdoti, a causa dei grandi compiti, permettono che lo stare col Signore si riduca sempre più, lì perdono, nonostante la loro attività forse eroica, la forza interiore che li sostiene. Quello che fanno diventa un vuoto attivismo”. Così si ha parlato Benedetto XVI nel discorso a religiosi e seminaristi convenuti nella Basilica di Sant’Anna ad Altötting per i Vespri mariani. Un pensiero il Papa lo ha rivolto ad Anna, Santa madre della Vergine Maria, e con lei alle madri, ai padri, ai nonni e alla famiglia in genere, “ambiente di vita e preghiera dove si impara a pregare e dove possono maturare le vocazioni”. Queste ultime sono state al centro dell’omelia:

 

mit jedem von uns hat der Herr seinen Plan; ein jeder wird von ihm bei …

“Con ciascuno di noi Dio ha un suo progetto, ciascuno viene chiamato da Dio per nome. Il nostro compito è di diventare persone in ascolto, capaci di percepire la sua chiamata”.

 

Benedetto XVI ha ricordato la carenza di vocazioni in America Latina, Africa e Asia, ma anche in Germania e in Russia: “Dio cerca operai per la sua messe che è grande”. “Oggi – ha aggiunto – è come quando il Signore fu preso da compassione per le folle che gli parevano come pecore senza pastore”.

 

Herr, schau die Not dieser unserer Stunde an, die Boten des Evangeliums…

“Signore, guarda la tribolazione di questa nostra ora che abbisogna dei messaggeri del Vangelo. Lasciati prendere anche adesso dalla compassione! Guarda il mondo e manda operai!”

 

Il Papa ha fatto memoria delle parole rassicuranti dell’Angelo a Maria, spaventata di essere inadeguata alla volontà di Dio: “Non temere, ti ho chiamato per nome”. “Stare con Dio, come inviati in cammino verso la gente”: è questa l’essenza della vocazione spirituale del sacerdote”, ha detto il Pontefice. Quindi, Benedetto XVI ha indicato le quattro vie maestre per stare con Dio: “La Messa quotidiana, celebrata sempre con profonda partecipazione interiore, la Liturgia delle Ore, la lettura spirituale delle Sacre Scritture”, che – ha detto – non consiste neldecifrare parole del passato’, ma ‘nel cercare la parola del Signore’ per me, qui e ora. Infine, l’Adorazione Eucaristica, attraverso cui ‘possiamo parlare con Dio, esporgli le nostre domande, le nostre preoccupazioni ed angosce. Le nostre gioie, richieste, speranze”.

 

Il Papa ha menzionato l’esempio dei Santi Edith Stein e Konrad, l’umile frate venerato ad Altötting, che guardando il Tabernacolo imparò la bontà inesauribile con cui trattava la gente.

 

Riferendosi all’inaugurazione compiuta in mattinata della nuova Anbetungskapelle, Cappella dell’Adorazione, nel Santuario di Altötting, il Papa ha detto:

 

Altötting hat dank Bischof Schraml eine neue Schatzkammer …

“Altötting, grazie al vescovo Schraml, ha ottenuto una nuova Camera del tesoro. Laddove una volta si custodivano i tesori del passato, oggetti preziosi della storia e della pietà, si trova adesso il luogo del vero tesoro della Chiesa: la presenza permanente del Signore nel Sacramento”.

 

Prima di lasciare Altötting, il Papa ha donato l’anello cardinalizio alla Madonna Nera e ha ricevuto vari omaggi dai fedeli tra cui la dedicazione di una piazza della città: si chiamerà Benedikt XVI Platz. Poi ha raggiunto Marktl Am Inn per uno dei momenti più suggestivi di questo viaggio. Qui, infatti, Benedetto XVI nacque il 16 aprile 1927 e lo stesso giorno fu battezzato nella chiesa di San Oswald e sul fonte battesimale il Santo Padre si è soffermato in preghiera con il fratello, mons. Georg Ratzinger. Mentre si trasferiva in auto verso l’eliporto di Marktl, il Papa è voluto scendere nuovamente dalla vettura per salutare, ancora una volta, la sua gente che lo ha ricambiato con cori, strette di mano e anche baci.

 

Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza, Radio Vaticana.

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Come anticipato, Benedetto XVI tornerà nel pomeriggio nel suo antico ateneo di Ratisbona - dove fu docente e vicerettore - per incontrarne docenti e studenti insieme con una rappresentanza di uomini di scienza, ai quali rivolgerà un discorso. L’incontro è in programma per le 17.00 e si svolgerà nell’Aula magna dell’Università. Alle 18.15, il Papa sarà quindi al Duomo di Ratisbona per l’attesa celebrazione ecumenica con i rappresentanti di varie Chiese e comunità luterane e ortodosse della Baviera. Ricordiamo che la nostra emittente seguirà la cerimonia in radiocronaca diretta, con inizio alle 18.30 e commento in italiano e tedesco.

 

 

IL DIALOGO INTERRELIGIOSO NON SIA INTERPRETATO

COME IL NUOVO CREDO RELAVITISTICO: COSI’ IL CARDINALE IVAN DIAS,

PREFETTO DELLA CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI,

ALL’APERTURA DI UN SEMINARIO

PER 99 NUOVI VESCOVI ORDINATI IN PAESI DI MISSIONE

 

Si è aperto in Vaticano, domenica 10 settembre, il Seminario di studio promosso dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, a cui partecipano 99 Vescovi ordinati negli ultimi due anni nei Paesi di missione di Africa, Asia, America e Oceania. Ad aprire l’evento, il cardinale Ivan Dias, prefetto della Congregazione, con un discorso su “Origini, sviluppo e competenze della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli”. Sull’intervento del cardinale Ivan Dias, reso noto dall’agenzia Fides, il servizio di Alessandro Gisotti:

 

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“Il dialogo interreligioso non può essere interpretato come il nuovo credo relavitistico che si oppone ad ogni conversione e missione”: è il richiamo del cardinale Ivan Dias che - parlando a 99 nuovi presuli - ha ribadito come la Chiesa sia certamente “impegnata in un dialogo vero, non in una pura e semplice trattativa con i nostri fratelli credenti”. Il compito urgente del dialogo interreligioso, ha aggiunto, è allora “quello di aprire la via dell’annuncio di Cristo Via-Verità-Vita”. Tale dialogo, pertanto, “non può sostituire l’annuncio, ma deve essere orientato all’annuncio”.

 

Il porporato ha indicato l’animazione missionaria come una delle sfide prioritarie per il dicastero vaticano: “Il vescovo – ha avvertito il cardinale Dias - è per sua natura sacramentale, un missionario, inviato per annunciare Cristo al mondo”. Per questo, è stata la sua riflessione, “in ogni attività pastorale, l’animazione missionaria deve costituire il suo principale impegno”. Il capo dicastero ha così messo l’accento sulla “formazione nei territori di missione”. Una formazione che riguarda tutti dai vescovi ai catechisti. Si tratta, ha detto il cardinale Dias, di “una priorità per i Paesi di missione, che stanno vivendo un momento di maturazione e di crescita, che richiede una solida e permanente formazione di tutti, se si vuole salvaguardare il futuro delle nostre Chiese”.

 

Il cardinale Dias ha poi rivolto il pensiero alla sfida del nazionalismo, del tribalismo e del fenomeno delle caste. “Predicate con insistenza e con coraggio contro queste forme di divisione che oscurano il volto autentico di Cristo e della Chiesa – è stata la sua viva esortazione - e causano divisioni, discordie e, spesso, anche morte tra coloro che pure sono fratelli in Cristo e figli di un unico Padre”.

 

“Oggi, come ieri – ha concluso il cardinale Dias – sorgono nuove realtà missionarie”. Alle classiche “aree non cristiane”, ha rilevato, “si associano ambienti “Oggi, come ieri – ha concluso il porporato – sorgono nuove realtà missionarie”. Alle classiche “aree non cristiane”, ha rilevato, “si associano ambienti socio-culturali che sembrano aver rinunziato al patrimonio evangelico”. Si tratta, ha avvertito ancora, delle “nuove piazze sulle quali è urgente proclamare la buona novella del Regno; sono le nuove sfide della Chiesa del Terzo millennio”. Sfide con le quali sono chiamati a confrontarsi i vescovi, “costruttori” della Chiesa “che ha iniziato un nuovo Millennio della sua storia”.

 

Alla data del 30 giugno 2006, le Circoscrizioni ecclesiastiche dipendenti dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli erano 1082, in rappresentanza del 40 per cento circa della presenza della Chiesa universale nel mondo.

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LE NAZIONI UNITE RILANCINO L’IMPEGNO IN FAVORE DELLA PACE MONDIALE,

PER RISPONDERE AL GRIDO DEI PAESI POVERI: IL MESSAGGIO DI BENEDETTO XVI

PER LA 61.MA ASSEMBLEA GENERALE DELL’ONU

 

La 61.ma Assemblea generale dell’ONU, ufficialmente inaugurata ieri, ha avuto un prologo a carattere spirituale. L’osservatore permanente della Santa Sede presso il Palazzo di vetro di New York ha organizzato un incontro di preghiera, durante il quale è stato letto un Messaggio di Benedetto XVI, a firma del cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano. Ce ne parla, da New York, Paolo Mastrolilli.

 

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Riconoscendo i progressi fatti durante l’anno passato verso una presenza ed una attività più efficace delle Nazioni Unite sul mantenimento della pace e la protezione dei diritti umani basilari, il Papa esprime la speranza che la revisione delle strutture dell’Organizzazione, avviata in occasione del 60.mo anniversario, risulti in un accresciuto impegno per incontrare i bisogni e le aspirazioni dei popoli del mondo in via di sviluppo. Questo auspicio è contenuto nel messaggio che il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, ha inviato ieri a nome di Benedetto XVI all’incontro di preghiera, organizzato dall’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU, arcivescovo Celestino Migliore, in occasione dell’apertura della 61.ma Assemblea generale.

 

Nel dialogo sull’immigrazione e lo sviluppo - ha aggiunto il cardinale Sodano – e nella revisione del programma di azione per i Paesi meno sviluppati, il Santo Padre vede una significativa opportunità per compiere passi realistici e responsabili, finalizzati ad affrontare due delle questioni etico-politiche più serie di fronte a cui si trova la comunità internazionale.

 

All’incontro ha partecipato anche il segretario generale, Kofi Annan, che a dicembre concluderà il suo mandato. “L’ONU – ha detto – è una Organizzazione laica, ma i principi fondamentali delle religioni sono inscritti nella sua Carta”. Il segretario ha rivelato di essere rimasto sorpreso dalla crisi in Libano, ma è incoraggiato dagli ultimi sviluppi e quindi ha chiesto a tutte le persone di fede di pregare ed impegnarsi per il dialogo fra i popoli.

 

Il nunzio Celestino Migliore ha notato che la cerimonia di ieri è coincisa con l’11 settembre e ha detto di sperare che le commemorazioni siano un impeto per chiedere a Dio di cambiare i cuori degli uomini.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

 

Servizio vaticano – L’accurato ragguaglio sulla visita apostolica di Benedetto XVI in Germania. I servizi dell’inviato Giampaolo Mattei. La rassegna della stampa internazionale.

 

Servizio estero – Stati Uniti: un minuto di silenzio per ricordare le vittime dell’11 settembre.

 

Servizio culturale – Un articolo di Susanna Paparatti dal titolo “Una magistrale abilità pittorica messa al servizio dell’introspezione psicologica”: una singolare mostra al Palazzo Ducale di Urbino punta l’obiettivo sulla ritrattistica di Raffaello Sanzio.

Per l’“Osservatore libri” un articolo di Marco Testi dal titolo “Il cantore di Laura si trasforma inguerriero’ e in ‘polemista’”: tre “Invettive” in lingua latina di Francesco Petrarca pubblicate dall’editrice “Le Lettere”.    

 

Servizio italiano - Economia; Telecom: annunciata la riorganizzazione del gruppo. Verso la separazione da Tim. Reazioni del mondo politico e sindacale.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

12 settembre 2006

 

 

IL LIMITE TRA LA VITA E LA MORTE CEREBRALE, AD EVITARE L’ACCANIMENTO

TERAPEUTICO E FAVORIRE L’ESPIANTO DI ORGANI: NE DISCUTONO DA IERI

IN VATICANO ESPERTI DI TUTTO IL MONDO, CONVOCATI

DALLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE

- Intervista con il prof. Paolo Maria Rossini -

        

Proseguono fino a stasera i lavori in Vaticano del Seminario internazionale, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze sul tema “I segni della morte”, ovvero sui criteri adottati dalla comunità scientifica per accertare il decesso di una persona. A fare il punto su una tematica in evoluzione sono da ieri, al lavoro a porte chiuse in Vaticano, 30 esperti di tutto il mondo: neurologi e medici di altre specializzazioni, insieme a teologi, filosofi e teologi. Il servizio di Roberta Gisotti.

 

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Come stabilire il momento esatto della morte? L’interrogativo interpella già da molti anni la comunità scientifica, da quando l’avvento della moderna medicina e le tecniche avanzate di rianimazione hanno permesso di tenere in vita una persona, con il cuore che batte ed altri organi funzionanti, ma con il cervello danneggiato in modo irrimediabile. Anzitutto, questi segni delle morte sono certi? Lo abbiamo chiesto al prof. Paolo Maria Rossini, neurologo, direttore del Centro S. Giovanni di Dio-Fatebenefratelli (IRCCS) e docente all’Università Campus Bio-Medico di Roma:

 

R. – Tutti vorremmo avere il 100 per cento, anzi il 101 per cento di sicurezza in medicina, e figurarsi in un tema così strettamente legato all’essenza della persona. Direi che la neurofisiologia moderna e quindi l’elettroencefalogramma, unitamente a delle procedure sempre di neurofisiologia - che vanno selettivamente ad analizzare la funzione dei centri che si trovano nel tronco dell’encefalo, che sono poi quelli che regolano la pressione arteriosa, la funzione del cuore, la respirazione - queste metodiche, tutte insieme, dimostrano di arrivare vicino al 100 per cento, siamo intorno al 95 per cento di certezza. Naturalmente, non si sostituiscono al clinico, anzi la diagnosi di morte cerebrale rimane una diagnosi medica, fatta dal clinico su sulla base di segni che ci sono, o non ci sono, visitando il malato. Ma vanno ad associarsi, ad affiancare il clinico in tutti quei momenti, in tutte quelle situazioni di dubbio, in cui bisogna comunque o attendere - con il rischio di farlo inutilmente, magari danneggiando irreparabilmente degli organi che possono essere donati per salvare altre vite - oppure d’intervenire troppo precocemente quando la diagnosi di morte è ancora dubbia.

 

D. – Queste ricerche per l’accertamento della morte cerebrale naturalmente possono servire anche ad evitare l’accanimento terapeutico?

 

R. – Assolutamente sì. Anzi, direi che i due grandi motivi che, a partire dagli anni ’50 e ’60, spinsero tutta la comunità medica internazionale ad introdurre e ad accettare progressivamente questo concetto di morte cerebrale, erano proprio quelli che lei ha accennato. Da una parte, identificare soggetti potenziali donatori di organi per trapianto; dall’altra, identificare precocemente persone già morte da un punto di vista della definizione che abbiamo dato, in cui qualsiasi altro intervento di tipo medico avrebbe configurato soltanto accanimento, senza alcuna utilità per il recupero della persona.

 

D. – Il tema dell’accanimento terapeutico, molto sofferto dalle persone, ha spinto anche molti ad andare verso un’apertura all’eutanasia…

 

R. – Sì, come sempre, nelle cose che riguardano l’uomo, ci troviamo al centro di due situazioni che si contrappongono, in cui dobbiamo avere una posizione assolutamente netta e chiara. Da una parte, verso coloro che vogliono evitare l’accanimento terapeutico, perchè non rispettoso della dignità della persona e dei familiari di questa persona, in generale; dall’altra, verso coloro che invece vedono in queste procedure un accorciamento dei tempi, per spendere meno soldi e, quindi, investire meno risorse nell’assistenza e dunque, in qualche modo, togliere di mezzo rapidamente persone troppo fragili per meritare l’attenzione e anche gli investimenti della società.

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LA SPERANZA CRISTIANA SI ANNUNCIA PARTENDO DAI SEGNI

CHE LA MOSTRANO PRESENTE NEL MONDO DI OGGI. IL TEMA AL CENTRO

DELLA PRIMA ASSEMBLEA DEI PASTORALISTI ITALIANI

- Intervista con il vescovo Domenico Sigalini -

 

Come si può proporre la speranza cristiana al mondo contemporaneo? Su questo che rappresenta uno dei capisaldi del magistero di Benedetto XVI si interrogano, da oggi a giovedì prossimo, i partecipanti alla prima Assemblea dei pastoralisti italiani, che inizierà nel pomeriggio alle 16 presso il Centro di orientamento pastorale di Roma. Sul quesito di fondo dell’assise, vi proponiamo il pensiero del presidente del Centro orientamento pastorale, il vescovo di Palestrina, Domenico Sigalini, intervistato da Giovanni Peduto:

 

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R. – La ricerca dei pastoralisti sarà proprio su una tematica precisa, che è quella della speranza. Ormai, la Chiesa italiana sta orientandosi ad approfondire questo tema con il Convegno di Verona, e a noi sembrava importante – come esperti di pastorale – incontrarsi proprio per mettere a disposizione di tale tematica la metodologia e la scienza pastorale. E allora, come testimoniare la speranza sarà proprio la domanda che ci facciamo e quindi anche tutte le ricerche che metteremo a confronto di queste giornate.

 

D. – A suo parere, mons. Sigalini, ci sono nuove vie per contattare l’uomo contemporaneo senza annacquare il messaggio evangelico?

 

R. – Certo. Intanto dobbiamo ascoltare molto di più, con introspezione, le domande profonde degli uomini perché, in un seme di speranza, un desiderio, una sete profonda c’è. Il problema è proprio quello di non adattarci, di non trasformare per esempio la speranza economica nel vedere se aumenta o non aumenta il PIL, e non trasformare la nostra speranza nel vedere se abbiamo più o meno fortuna nel tipo di relazioni anche internazionali che mettiamo, ma fondare questa speranza veramente sulla morte e risurrezione di Gesù, come ha fatto sempre la comunità cristiana.

 

D. – Ecco, a proposito di speranza: come attivare i cristiani sul fronte proprio della speranza?

 

R. – Ecco, noi crediamo che siano due le linee fondamentali sulle quali ci muoveremo. La prima è proprio di leggere con attenzione i segni di speranza e di disperazione che ci sono nel nostro mondo. Leggerli con attenzione vuol dire scavare dentro di loro quello che già diventa una invocazione al Dio della speranza. Dopo di che occorre avere questa intelligenza della fede che ci permette, attraverso lo studio e la testimonianza di chi ci ha preceduto - perché la Chiesa non nasce oggi - stabilire dei percorsi che ci permettono di guardare più avanti, di non mettere delle botole su dei tombini, perché a volte le nostre risposte sembrano una chiusura dei problemi, ma aprire le domande e scavare all’interno di esse, quel seme di bontà e di speranza che ci ha messo Dio.

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CHIESA E SOCIETA’

12 settembre 2006

 

 

liberato ieri sera, in Iraq, padre Saad Sirop Hanna,

 il sacerdote caldeo rapito a Baghdad il 15 agosto scorso.

Lo ha confermato all’agenzia missionaria MISNA

mons. Emannuel Delly III, Patriarca di Babilonia dei Caldei,

- A cura di Eugenio Bonanata -

 

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BAGDHAD. = Le circostanze della liberazione sono ancora tutte da chiarire, tuttavia le condizioni di salute del sacerdote sono buone. “Padre Hanna è a casa sua e adesso potrà riprendere il suo lavoro nella parrocchia di Baghdad”, ha precisato alla MISNA il Patriarca Delly III, ringraziando “tutti coloro che si sono mobilitati per arrivare al rilascio”. A quasi un mese esatto dal rapimento, la vicenda del giovane sacerdote caldeo si è dunque risolta positivamente, riportando la calma nella comunità cristiana irachena che aveva vissuto questo periodo con grande preoccupazione. In questi giorni, fonti religiose contattate dalla MISNA nel Paese arabo avevano parlato apertamente del timore di ritrovare padre Hanna “fra i tanti cadaveri rinvenuti ogni giorno a Baghdad”. Si ritiene che il rapimento sia stato compiuto da un gruppo ben organizzato, capace di evadere i numerosi controlli predisposti di recente dal governo iracheno anche nei pressi di Dora, il quartiere a sud di Baghdad dove il 15 agosto, dopo le celebrazioni dell’Assunta, il religioso è stato prelevato. Per la sua liberazione ,molti gli appelli che si sono susseguiti: da quello di Benedetto XVI a quello di mons. Philip Najim, procuratore del Patriarcato di Babilonia dei Caldei presso la Santa Sede, che si era rivolto ai rapitori anche attraverso i nostri microfoni.

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la conferenza Episcopale colombiana prosegue l’analisi della sentenza

 della Corte Costituzionale che prevede la depenalizzazione dellaborto

 in caso di stupro, malformazione grave del feto e pericolo di morte

per la madre. I vescovi considerando il testo pieno di contraddizionI

- A cura di Luis Badilla -

 

BOGOTA’. = In occasione della riunione del Comitato di presidenza, l’8 settembre scorso, la Conferenza episcopale colombiana in un comunicato ha ampliato alcune riflessioni sulla questione dell’aborto già fornite il 24 agosto. La sentenza della Corte costituzionale è piena di contraddizioni ed è considerata dai presuli “abortista” visto che raccomanda al Congresso l’allargamento dei casi in cui l’interruzione della gravidanza potrebbe essere depenalizzata. I presuli si soffermano in particolare su un concetto della sentenza che intende “stabilire una distinzione tra vita come bene sotto protezione costituzionale e diritto alla vita in quanto diritto soggettivo di carattere fondamentale”. Per la Corte - sottolineano i presuli - sembra dunque che la vita, nonostante la sua rilevanza costituzionale, non sia un diritto assoluto. L’articolo 18 della Costituzione colombiana garantisce la libertà di coscienza nel Paese. L’obiezione di coscienza – si legge nel documento - al contrario di quanto dicono i magistrati, non “fa riferimento alle proprie convinzioni religiose”. Si tratta piuttosto di un diritto naturale consacrato per tutti, che può essere invocato quando la legge preveda azioni in contrasto con le convinzioni etiche, politiche o religiose della persona umana. Inoltre, chiunque faccia ricorso all’obiezione di coscienza non può subire sanzioni penali o pregiudizi. In merito alle polemiche sulla scomunica, i presuli richiamano il Codice di diritto canonico. Il testo stabilisce una serie di pene con le quali si vuole prevenire e punire alcuni delitti molto gravi da parte dei battezzati cattolici. Fra queste pene c’è specificamente la “scomunica” nel quale incorre “chi procura l’aborto se questo si verifica” (1398) all’interno delle condizioni stabilite dal medesimo Codice, e cioè che la persona sia maggiore di 16 anni e abbia agito con piena deliberazione a avvedutezza, affrancata dalla paura grave o dalla pressione, vale a dire, liberamente e volontariamente. In questo quadro, dominato dalle “proposte abortiste e dalla campagna di discredito della Chiesa” i vescovi difendono le proprie ragioni “in favore della vita” e lanciano un appello ai fedeli a seguire gli insegnamenti del Signore espressi nel Vangelo: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. (L.B.)

 

 

I vescovi filippini chiedono ai fedeli di partecipare

 al pellegrinaggio mariano per la conversione

e dichiarano l’ODIERNa giornata festività del Santo nome di Maria,

giornata nazionale di preghiera per la pace e la giustizia

 

MANILA. = La Conferenza episcopale delle Filippine ha invitato oggi i fedeli di tutto il Paese a partecipare al terzo pellegrinaggio nazionale “per la conversione, consacrazione e riparazione delle Filippine”, in occasione della festività del Santo nome di Maria. I riti principali del pellegrinaggio si svolgono al Santuario della Mediatrice di tutte le grazie a Lipa City, nella zona meridionale di Manila. Il presidente della Conferenza, mons. Angel N. Lagdameo, ha scritto una lettera in cui esorta i fedeli a “visitare la Madre benedetta, che ha sempre mostrato i segni della sua preoccupazione in tempi di difficoltà e tragedia, quando sembrava non vi fosse più speranza”. Il riferimento – come sottolinea l’agenzia AsiaNews - è alla lettera pastorale dei vescovi pubblicata due settimane fa dal titolo “Rafforzarsi nella speranza”, in cui i presuli incoraggiano “la lettura e lo studio del Compendio della dottrina sociale della Chiesa” e dichiarano quello in corso “anno dedicato alla soluzione dei problemi sociali”. I vescovi hanno inoltre dichiarato il 12 settembre “Giornata nazionale di preghiera”: la combinazione della devozione popolare a Maria e la richiesta di pregare per la pace e la giustizia – affermano - “riflettono così l’amore per il Signore e per la nostra nazione”. (E. B.)

 

 

A CAUSA DEI CONFLITTI, 43 milioni di bambini non hanno la possibilità

di andare a scuola. Lo afferma in un rapporto l’organizzazione

Save the Children che chiede alla comunità internazionale

 SEI miliardi di dollari in più ogni anno

 

ROMA. = Nel mondo, ci sono 43 milioni di bambini che non possono andare a scuola perché vivono in un Paese in guerra o reduce da un conflitto. Per assicurare loro un’istruzione servono 5,8 miliardi di dollari in più ogni anno. Lo afferma l’organizzazione Save the Children nel Rapporto internazionale “Educazione per i bambini in Paesi in conflitto”, reso noto oggi in occasione del lancio della campagna “Riscriviamo il futuro”. Secondo il documento, su 115 milioni di bambini che nel mondo non vanno a scuola, uno su tre - cioè 43 milioni - vive in un Paese in guerra o in Post conflitto. Dei 30 Paesi attualmente in guerra, quelli con il più elevato numero di minori esclusi dall’istruzione sono quasi tutti africani. Unica eccezione il Pakistan, che con 7,8 milioni vanta il triste primato. A seguire vi sono la Nigeria (7,6 milioni), l'Etiopia (circa 6 milioni), il Congo (5,3 milioni) e il Sudan (2,4 milioni). Quando scoppia una guerra – aggiunge il Rapporto -  il sistema scolastico è il primo a subirne le conseguenze: le scuole vengono distrutte, usate come quartier generale delle milizie oppure per accogliere la popolazione sfollata. In Libano, ad esempio, si stima che il conflitto abbia causato la distruzione di oltre 50 scuole, mentre nel sud del Paese sono circa 300 quelle inagibili. Con la chiusura o distruzione delle scuole, i bambini si trovano esposti a tutte le violenze, compresa quella di essere assoldati: nel 2003 - prosegue il documento - in più della metà dei conflitti armati si è fatto riscorso a soldati al di sotto dei 15 anni. Nelle guerre muoiono inoltre anche molti insegnanti: così, a guerra finita, il sistema scolastico può fare affidamento su pochi docenti, spesso non qualificati. Secondo il Rapporto, ai bambini che si trovano in Paesi in conflitto va la  quota minore di aiuti internazionali per l’educazione. Nel 2004, i 30 Stati coinvolti hanno ricevuto meno di un terzo degli 8,5 miliardi di dollari destinati agli aiuti per l’istruzione nei Paesi a basso reddito. Continuando di questo passo - avverte Save the Children -  l’obiettivo del Millennio di assicurare educazione primaria a tutti i bambini entro il 2015 non sarà raggiunto. Proprio per questo motivo l’organizzazione, che sostiene progetti tesi ad offrire educazione di qualità ad 8 milioni di bambini in 20 Stati, chiede uno sforzo aggiuntivo alla comunità internazionale.

 

 

uno studio dell’Università Cattolica di Roma

ha scoperto una molecola che potrebbe essere somministrata subito dopo un infarto per promuovere la rigenerazione del tessuto cardiaco,

 incentivando la mobilitazione di cellule staminali

ROMA. = Trattamenti dopo l’infarto più efficaci e meno invasivi grazie alla molecola ‘G-CSF’, scoperta da uno studio dell'Istituto di Cardiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Si tratta di una molecola che è in grado richiamare, fino al cuore, cellule staminali del midollo osseo, che rigenerano il tessuto cardiaco. In sintesi, i ricercatori della Cattolica hanno dimostrato che la mobilitazione spontanea delle staminali ‘ripratrici’, nel sangue dei pazienti reduci da infarto, è correlata ai livelli di ‘G-CSF’, molecola prodotta naturalmente dal nostro corpo. I ricercatori garantiscono infine che la somministrata farmacologia di questa molecola diventerà una valida opzione di trattamento par la cura del cuore dopo l’infarto.

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

12 settembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra -

 

In primo piano la Siria, dove l’ambasciata degli Stati Uniti a Damasco è stata attaccata da un commando terroristico. Tre assalitori e un agente sono rimasti uccisi. Gli inquirenti ritengono che dietro l’attentato ci sia la mano di Al Qaeda. Il nostro servizio:

 

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Un gruppo di quattro uomini armati ha attaccato la sede dell’ambasciata americana a Damasco. Secondo le prime ricostruzioni, gli assalitori sono scesi da un’auto, poi fatta esplodere, e hanno cominciato a sparare. Le forze di sicurezza sono subito intervenute e nell’azione sono rimasti uccisi tre attentatori e un agente. Testimoni sul posto hanno riferito di aver sentito raffiche di armi automatiche, intervallate da potenti esplosioni. Il ministro dell’Interno siriano ha confermato l’azione terroristica e ha precisato che uno degli assalitori è stato catturato. Gli inquirenti non escludono possa trattarsi di un attentato sferrato da una cellula dormiente di Al Qaeda, deciso dopo l’annuncio di nuovi attacchi contenuto nel messaggio diffuso, ieri, dal numero due dell’organizzazione terroristica, il medico egiziano Al Zawahiri. Nella zona teatro dell’attentato si trovano non solo l’ambasciata americana, ma anche la sede locale dell’Unione Europea, della Croce Rossa e di molte altre sedi diplomatiche straniere e occidentali. Da quando l’amministrazione americana ha imposto sanzioni al governo di Damasco, gli Stati Uniti hanno ritirato il loro ambasciatore in Siria, dove è comunque presente un incaricato d’affari statunitense. La Siria, invece, mantiene un ambasciatore a Washington.

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In Iraq, ancora attentati: sette persone sono morte per un attacco sferrato da uomini armati contro la moschea sciita a Khan Bani Saad, a sud di Baquba. A Baghdad, poi, cinque passanti sono rimasti uccisi per l’esplosione di un ordigno in una strada molto frequentata. Sul fronte politico, il premier dell’Iraq, Nouri al-Maliki, è giunto in mattinata a Teheran per la sua prima visita ufficiale in Iran. I due Paesi sono stati protagonisti di una sanguinosa guerra, costata la vita ad oltre un milione di persone fra il 1980 e il 1988. Il premier Maliki è sciita come gran parte della popolazione dell’Iran, dove si è rifugiato negli anni ‘80 per sottrarsi alle persecuzioni del regime di Saddam Hussein.

 

E alla vigilia del viaggio del premier iracheno in Iran, il capo negoziatore iraniano per il nucleare, Alì Larijiani, ha espresso la disponibilità della Repubblica Islamica a sospendere per due mesi l’arricchimento dell’uranio, a patto che l’ONU congeli ogni decisione sulle sanzioni contro il governo di Teheran. Il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, ha però rimarcato che l’Iran deve sospendere le attività nucleari prima di avviare i negoziati. Intanto, a Teheran, il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad ha assicurato che la Repubblica Islamica coopererà per ristabilire la pace e la sicurezza in Iraq.

 

L’ONU ha chiesto alla NATO ulteriori sforzi e risorse in Afghanistan contro la droga ed il crimine. In occasione della presentazione, questa mattina a Bruxelles, del rapporto annuale sulla produzione di oppio nel Paese, è stato sottolineato in particolare che le armi e i salari dei talebani sono finanziati dalla droga. Secondo il dossier, le persone coinvolte in Afghanistan nella produzione dell’oppio sono quasi 3 milioni, il 12,6 per cento della popolazione. Sul terreno, intanto, è di almeno 6 morti il bilancio dell’attentato compiuto, ieri, durante i funerali del governatore di Paktia, ucciso domenica scorsa.

 

In Medio Oriente, un soldato israeliano è rimasto ucciso nel corso di uno scontro a fuoco tra miliziani palestinesi e militari dello Stato ebraico nella Striscia di Gaza. Poco prima, truppe israeliane appoggiate da carri armati avevano compiuto un’incursione nella zona. Sul versante politico, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha chiesto ad Israele, in vista della creazione di un governo di unità nazionale, di liberare i ministri e i deputati di Hamas detenuti nelle carceri israeliane.

Gli Stati Uniti hanno ricordato ieri il quinto anniversario degli attentati dell’11 settembre 2001. Il presidente americano, George Bush si è recato a Ground Zero, in Pennsylvania e al Pentagono. In serata, poi, ha rivolto un messaggio televisivo alla nazione. Il servizio, da New York, di Elena Molinari:

 

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“Se l’America non sconfigge il terrorismo, lasceremo i nostri figli a fronteggiare un Medio Oriente sopraffatto da Stati terroristi e dittatori armati con armi nucleari”. E’ il monito che George Bush lancia ad un’America sempre più spaventata, nel quinto anniversario degli attacchi dell’11 settembre. Dopo aver dedicato la giornata ai riti del dolore e del ricordo, il presidente ha parlato in diretta TV nell’ora di massimo ascolto, l’alba italiana. Un discorso teso a riaffermare la necessità di una guerra al terrorismo senza frontiere in Iraq e altrove, per la quale il presidente è stato pesantemente criticato. “Lotta al terrorismo – ha detto Bush – è una lotta per la difesa della civiltà, che richiede uno sforzo deciso da parte di un Paese unito. Sforzo, questo, che va concentrato sul Medio Oriente, dove gli Stati Uniti – ha aggiunto – stanno indicando alla gente una via per allontanarsi dal radicalismo e stanno arruolando il desiderio di milioni di persone di essere liberi”. “Ma il nemico è determinato a portare morte”, ha avvertito il presidente. Quindi, alla vigilia di una elezione che vede gli Stati Uniti divisi e il partito di Bush in calo, ha parlato delle necessità di essere uniti. “Dobbiamo mettere da parte le nostre differenze – ha sottolineato – e lavorare insieme per superare la prova che la storia ci ha dato”. Intanto, però, nel Paese è alta la tensione. L’anniversario si è consumato, infatti, con una serie di falsi allarmi nei cieli, nelle stazioni e negli aeroporti e con la consapevolezza che cinque anni dopo l’America è ancora vulnerabile.

 

Da New York, Elena Molinari, per la Radio Vaticana.

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Ha preso il via ieri a l’Avana, definita capitale del Terzo Mondo dall’Agenzia cubana ‘Prensa Latina’, il 14.mo Vertice dei Paesi non allineati. E’ stata annunciata la partecipazione al Summit di diversi leader tra i quali quella del presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad. E’ prevista anche la presenza del capo di Stato cubano, Fidel Castro, che potrebbe così tornare sulla scena internazionale dopo l’intervento chirurgico cui è stato sottoposto ad agosto per bloccare una crisi intestinale. Fanno parte del Movimento dei Paesi non allineati 53 Stati africani, 38 asiatici, 24 Paesi latinoamericani e caraibici ed uno solo europeo, la Bielorussia.

 

Strage in un stadio nello Yemen a seguito di una calca venutasi a creare durante un comizio pre-elettorale del presidente, Ali Abdullah Saleh: il bilancio provvisorio è di almeno 24 morti e cinquanta feriti. Sembra che la ressa sia stata provocata dal cedimento di una parte dell’impianto sportivo, che al momento del crollo ospitava più di 150 mila persone.

 

I venticinque operai rimasti intrappolati nel crollo di un tunnel in Cina sono ancora vivi e ci sono possibilità di salvarli. Lo riferisce un responsabile dei soccorsi ai mezzi di informazione cinesi, spiegando che l’ossigeno a loro disposizione è sufficiente per portare a termine le operazioni di salvataggio. Il crollo si è verificato mentre gli operai stavano lavorando alla costruzione di un’autostrada in una zona remota dello Yunnan, nella Cina meridionale.

 

Almeno 75 persone sono state fermate, ieri, dalla polizia cilena, al termine dei violenti scontri avvenuti durante una manifestazione, nei pressi dell’università di Santiago, in occasione del 33.mo anniversario del golpe del generale Pinochet. Lo ha riferito Jorge Acuna, responsabile delle forze dell’ordine della zona est della capitale, aggiungendo che sono state sequestrate bombe molotov e altri oggetti contundenti usati dai dimostranti. Si segnalano incidenti anche all’Università di La Frontera, a circa 670 chilometri a sud di Santiago.



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