RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 254  - Testo della trasmissione di lunedì 11 settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Benedetto XVI ad Altötting, nel cuore mariano della Baviera: impariamo da Maria a pregare. Oggi il ritorno del Papa a Marktl am Inn, la piccola cittadina in cui è nato. Ieri sera a Monaco l’appello a genitori ed educatori a trasmettere la fede ai giovani: il commento del nostro direttore, padre Federico Lombardi e la testimonianza di Ludwig Raishl

 

“I segni della morte”: colloquio in Vaticano tra 30 esperti di tutto il mondo sui criteri condivisi per accertare la fine della vita. Ai nostri microfoni Paolo Maria Rossini

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Cinque anni dopo, l’America ricorda le vittime degli attentati a New York e Washington che costarono la vita a tre mila persone. Una ferita ancora aperta, mentre la nazione si divide sulla politica estera dell’amministrazione Bush: con noi, mons. Dennis J. Sullivan

 

Drammatico allarme-immigrati nell’arcipelago delle Canarie: il governo spagnolo corre ai ripari. L’appello di mons. Agostino Marchetto:  rispettate i diritti di queste persone disperate!

 

CHIESA E SOCIETA’:

Genova ha salutato ieri pomeriggio il suo arcivescovo, il cardinale Tarcisio Bertone, che dal 15 settembre sarà il nuovo Segretario di Stato della Santa Sede

 

Bangladesh: l’arcivescovo di Dhaka, mons. Paulinus Costa, ha aperto la fase diocesana del processo di beatificazione di mons. Theotonius Amal Ganguly, primo arcivescovo originario del Paese

 

Ucciso in Guatemala un giornalista attivo sul fronte della difesa dei diritti umani

 

La Chiesa cattolica si impegna in Kenya a pregare e a tenere incontri per la pace, perché cessino gli omicidi di allevatori e pastori e le razzie di bestiame  

Rilanciare la pace come volano per lo sviluppo dell’Africa. E’ l’obiettivo di alcuni capi di Stato che hanno sottoscritto una dichiarazione al termine del vertice dell’Unione Africana svoltosi in Libia

 

24 ORE NEL MONDO:

Nelle prime elezioni del Montenegro indipendente vince la coalizione filoccidentale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

11 settembre 2006

 

 

BENEDETTO XVI NEL CUORE MARIANO DELLA BAVIERA:

IMPARIAMO DA MARIA A PREGARE. NON CHIEDIAMO A DIO MIRACOLI,

MA LASCIAMO A LUI DECIDERE CIÒ CHE INTENDE FARE:

LA SUA RISPOSTA È IL NOSTRO VERO BENE.

OGGI IL RITORNO DEL PAPA NELLA PICCOLA CITTADINA IN CUI E’ NATO

- Interviste con padre Federico Lombardi e Ludwig Raishl -

 

Grande e calorosa accoglienza per il Papa anche stamani nel Santuario di Altötting il cuore mariano della Baviera, dove il Papa ha presieduto la Messa, e dove da bambino veniva in pellegrinaggio con la famiglia. Benedetto XVI ha esortato i fedeli a “imparare da Maria a pregare nel modo giusto”: la Vergine  alle nozze di Cana non chiede a Gesù di compiere un miracolo, ma affida a Lui le sue preoccupazioni. Pregare – ha detto così il Papa – non significa “voler affermare la nostra volontà e i nostri desideri di fronte a Dio, ma lasciare a Lui di decidere ciò che intende fare”, nella fiducia che “la sua risposta sarà il nostro vero bene”. Durante la Messa si è pregato anche per la pace ricordando il quinto anniversario degli attentati dell’11 settembre. Ma diamo la linea al nostro inviato in Baviera Paolo Ondarza:

 

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“Là dove c’è la Madre di Dio, tutti ci sentiamo a casa”. Ha salutato così la Madonna Nera di Altötting Benedetto XVI, in questa terza giornata del viaggio nella sua Baviera, accolto dal vescovo di Passau mons. Wilhelm Schraml. Al cospetto della Vergine venerata nel Santuario Mariano più famoso della Germania, meta ogni anno di oltre un milione di pellegrini, il Papa ha elevato la sua preghiera: prima, privatamente, nella Gnadenkapelle, dove sono custoditi i cuori di tutti i re di Baviera, poi nella piazza antistante la Chiesa celebrando la Messa per le 60mila persone assiepate anche nelle strade circostanti: un numero eccezionale se si pensa che Altötting ha appena 12 mila abitanti.

 

(Canti e applausi: Benedetto! Benedetto!)

 

Un’orazione in ricordo delle vittime dell’11 settembre e per la pace nel mondo è stata elevata al momento della preghiera dei fedeli. Sul palco, la  statua della Vergine in legno di tiglio, annerita nei secoli dal  fumo delle candele votive, e trasportata in processione. In Maria, il Papa ha indicato l’esempio della “persona che prega, quasi la Chiesa orante in persona”. Citando le parole del Magnificat, la preghiera pronunziata dalla Vergine in visita a Santa Elisabetta, “L’Anima mia, magnifica il Signore”, Benedetto XVI ha spiegato:

 

GOTT GROß MACHEN, …

“Rendere Dio grande vuol dire dargli spazio nel mondo, nella propria vita, lasciarlo entrare nel nostro tempo e nel nostro agire: è questa l'essenza più profonda della vera preghiera. Dove Dio diventa grande, l'uomo non diventa piccolo: lì diventa grande anche l'uomo e diventa luminoso il mondo”.

 

Poi il Papa ha commentato il Vangelo delle nozze di Cana. Mancando il vino, la Madre rivolta al Figlio dice “non hanno più vino”. “Non dà istruzioni a Gesù su cosa fare - ha spiegato il Santo Padre - semplicemente constata che gli sposi si trovano in difficoltà”. Il vino è finito, la festa di nozze non può continuare. “Maria, Madre degli uomini, avverte la loro difficoltà, intercede per loro e rimette tutto al giudizio del Signore”. Così facendo – ha detto Benedetto XVI – ci insegna a pregare:

 

VON MARIA LERNEN WIR …

“Da Maria impariamo la bontà pronta ad aiutare, ma anche l'umiltà e la generosità di accettare la volontà di Dio, dandogli fiducia nella convinzione che la sua risposta sarà il nostro vero bene”.

 

“Che ho da fare con te donna, non è ancora giunta la mia ora”: sono le parole di Gesù. “La sua ora definitiva - ha detto il Papa - sarà il ritorno alla fine dei tempi”, ma è anticipata continuamente nell’Eucaristia nella quale viene sempre per intercessione della Madre e della Chiesa che invoca “Vieni Signore Gesù”. “Nell’Ostia Santa – ha aggiunto il Papa – Egli ci aspetta continuamente”. Da qui un riferimento all’inaugurazione oggi della nuova Cappella dell’Adorazione, dove il Santissimo sarà sempre esposto su una pietra originale della Mariensäule, la colonna di Maria a Monaco:

 

DIE ANBETUNG DES HERRN …

“L’adorazione del Signore nell'Eucaristia ha trovato a Altötting, nella vecchia camera del tesoro, un luogo nuovo. Maria e Gesù vanno insieme. Mediante lei vogliamo restare in dialogo col Signore, imparando a riceverlo meglio”.

 

Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza, Radio Vaticana.

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Sulle parole del Papa oggi ad Altötting e su queste prime giornate del viaggio in Baviera ascoltiamo il commento del nostro direttore generale padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. - Sono parole di carattere molto religioso quest’oggi. Siamo in un santuario mariano: un momento molto alto di preghiera e di spiritualità. Mi pare che ci siano diverse parole significative: ad esempio proprio vedendo Maria come modello di preghiera, si continua ad approfondire il tema del rapporto con Dio e dove il Papa dice: Dove Dio diventa grande, l’uomo non diventa piccolo, ma diventa grande anche l’uomo e diventa luminoso il mondo. Poi l’unione stretta tra Maria e Cristo nel compiere la volontà del Padre: il loro sì detto insieme e attraverso cui viene anche il compimento della nostra salvezza. Mi sembra che stiamo andando al cuore non solo della fede, ma anche della spiritualità cristiana, con questa caratteristica mariana che è così viva qui nel cuore della fede popolare del popolo cattolico bavarese.

 

D. – Nella Messa non è mancata una preghiera riferita all’11 settembre…

 

R. – Sì, è stata l’ultima delle intenzioni di preghiera, quella che normalmente viene appunto riferita ai defunti, che ha esplicitamente ricordato le vittime dell’attentato. Oggi è l’11 settembre e in tutto il mondo è difficile non ricordarsi di quello che è successo cinque anni fa. E quindi anche qui nella preghiera, anche se in modo discreto, questo ricordo è stato presente.

 

D. – Hanno molto colpito, la stampa internazionale, le parole del Papa, ieri, su un certo cinismo dell’Occidente verso le cose sacre che arriva fino al disprezzo di Dio. Atteggiamento che – ha detto il Papa – spaventa popoli di altri continenti e di altre religioni. Che commento fare?

 

R. – Ho notato già molte volte negli interventi di vario genere del Papa questo riferimento all’esperienza dei popoli degli altri continenti. Il Papa è molto colpito nei suoi dialoghi con i vescovi che nelle visite ad Limina gli riportano l’esperienza religiosa e culturale dei popoli da dove essi vengono. Trovo significativa questa visione universale che il Papa ha della situazione spirituale dell’umanità, della sua salute spirituale e quindi la sua preoccupazione, per l’Europa o il mondo occidentale, che noi consideriamo il più progredito, è proprio che perda questa sua dimensione profonda del suo rapporto con Dio, delle radici spirituali che sono fondamentali per una sanità della persona umana.

 

D. – In molti titoli le parole del Papa sono state sintetizzate così: l’Occidente spaventa l’Islam…

 

R. – Come dicevo il discorso del Papa è certamente molto più ampio. E’ uno sguardo, appunto, sull’umanità nel suo complesso. Certamente ci sono anche molti popoli di religione islamica che possono quindi vivere, anch’essi, questi sentimenti di sconcerto di fronte al laicismo e alla secolarizzazione dell’Occidente. Sarebbe, però, certamente riduttivo e limitativo vedere il discorso del Papa diretto esclusivamente verso l’Islam.

 

D. – Come è stata l’accoglienza nelle prime giornate a Monaco?

 

R. – Le prime giornate sono state dedicate, appunto, alla città di Monaco e l’accoglienza è stata calorosissima. Da persone che conoscono bene l’ambiente e la realtà della città ho sentito dire che l’accoglienza è stata certamente superiore a quanto si poteva attendere, perché la città di Monaco non è il popolo delle campagne della Baviera, ma è un popolo cittadino, in ci sono anche tradizioni di carattere liberale, in cui c’è una forte componente evangelica e quindi non era scontato che ci fosse un calore così visibile nell’accogliere il Santo Padre e il Santo Padre ne è stato certamente toccato molto profondamente.

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Questa sera è previsto uno dei momenti più suggestivi del viaggio del Papa con la visita a Marktl am Inn, il piccolo paese  a ridosso con la frontiera austriaca, dove Benedetto XVI è nato 79 anni fa. Durante la breve sosta il Santo Padre pregherà nella chiesa parrocchiale di Sant’Oswald dove fu battezzato e visiterà la sua casa natale. Proprio nell’edificio dove nacque Joseph Ratzinger verrà allestito un museo con la finalità di aiutare i pellegrini a riflettere sui valori della fede. Sulle attese a Marktl am Inn Paolo Ondarza ha intervistato Ludwig Raishl, referente teologico del progetto “Casa del Papa”:

 

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R. – Il popolo di Marktl, un piccolo paese di 2700 abitanti, è pieno di gioia per la visita del Papa. E’ un grande onore per loro. La gente di Baviera è gente semplice, gioviale, che conosce la vita quotidiana. Il Papa conosce questa vita, viene da questa vita, anche se sono passati oltre 70 anni.

 

D. – In programma, la preghiera di fronte alla Chiesa parrocchiale di Sant’Oswald, dove Joseph Ratzinger venne battezzato il 16 aprile 1927, il giorno della sua nascita. Poi, il Papa passerà di fronte al municipio e alla sua casa natale, un museo di cui lei è referente teologico…

 

R. – Vorremmo aprire la casa il prossimo anno, nel giorno natale del Papa, il 16 aprile. Però, ora, dopo la visita del Papa, la gente potrà visitare la stanza natale per sei settimane.

 

D. – Davvero piccola la cittadina di Marktl am Inn. Joseph Ratzinger vi visse solo i primi due anni di vita. Eppure il Papa non ha voluto far mancare una tappa qui, nella fitta agenda di questo viaggio in Baviera…

 

R. – Il Papa dice che è una visita pastorale ed una visita alle sue radici. Di questo noi siamo felici. Dall’anno scorso il paese non è più il paese che era prima della scelta di Joseph Ratzinger a Papa. La gente è piena di orgoglio del fatto che il Papa sia nato a Marktl. E adesso per la gente di Marktl sarà una festa.

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E veniamo alla giornata di ieri. In serata il Papa ha presieduto la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Monaco. Nell’omelia ha sottolineato un tema a lui molto caro: la gioia dell’essere credenti, la felicità che viene dall’intimità con Cristo. Benedetto XVI ha così rivolto un forte invito ai genitori a vivere insieme con i figli la fede nei tempi della Messa domenicale e della preghiera quotidiana, perché in questo modo la famiglia resta unita. E poi ha esortato anche educatori e insegnanti a promuovere nelle scuole la ricerca di Dio, perché – ha detto -  “tutte le risposte che non giungono fino a Dio sono troppo corte”. Su questo evento diamo ancora la parola al nostro inviato in Baviera Paolo Ondarza:

 

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(Canto)

 

“La preghiera, forza di pace e di gioia, ci porta non solo verso Dio, ma anche l’uno verso l’altro”. E’ uno dei passaggi dell’omelia dei Vespri celebrati da Benedetto XVI, ieri pomeriggio, nella Cattedrale di Monaco. Proprio qui, il 26 maggio 1978, Joseph Ratziger veniva consacrato vescovo. La riflessione, sul tema “Facci forti nella fede”, era rivolta particolarmente ai bambini che hanno ricevuto la Prima Comunione, ai loro genitori e docenti”. Rivolto ai moltissimi bimbi il Papa ha detto:

 

aber gerade so redet er auch über die erde und …

“Durante la nostra vita siamo tutti in cammino, progredendo verso il futuro. E vogliamo trovare la strada giusta: scoprire la vita vera, non finire in un vicolo cieco o nel deserto. Non vogliamo dover dire alla fine: ho preso la strada sbagliata, la mia vita è fallita, è andata male. Noi vogliamo gioire della vita; vogliamo, come ha detto una volta Gesù, avere la vita in abbondanza".

 

Per avere la vita in abbondanza e non finire in un “vicolo cieco”, bisogna trovare Cristo, che ha “posto la sua tenda tra noi”. Le due strade per incontrarlo sono il Battesimo e l’Eucaristia. “Possiamo dare del Tu a Cristo, parlare con Lui. Egli ci ascolta e, se siamo attenti, sentiamo anche che Egli risponde”. Facendo riferimento alle vesti bianche della Prima Comunione, indossate dai bambini, il Papa ha spiegato:

 

weiß war nach der vorstellung der alten welt die farbe…

“Secondo l'idea del mondo antico, il bianco era il colore della luce. Le bianche vesti significano che nella fede diventiamo luce, deponiamo le tenebre, la menzogna, la finzione, il male in genere, diventiamo persone chiare, adeguate per Dio”.

 

Vibrante poi l’appello ai genitori presenti:

 

bitte, geht mit euren kindern in die kirche zur sonntäglichen …

“Vi prego andate insieme con i vostri bambini in chiesa per partecipare alla Messa domenicale! Non è tempo perso; è invece ciò che tiene la famiglia veramente unita, dandole il suo centro”. Pregate a casa insieme – ha proseguito – a tavola, prima di andare a dormire. La preghiera è una forza di pace e gioia, con essa la vita nella famiglia “diventa più festosa”.

 

Agli insegnanti di religione il Papa ha detto: “aiutate i bambini e i giovani a rendersi conto che tutte le risposte che non giungono fino a Dio, sono troppo corte”. Nelle scuole si insegni anche la ricerca di Dio.

 

Infine, l’appello ai parroci: le parrocchie siano una “grande famiglia” dove sperimentare “la famiglia più grande che è la Chiesa Universale”. “Famiglia, scuola e parrocchia – ha concluso – ci aiutano a trovare le fonti d’acqua viva, verso la vita in abbondanza”.

 

Prima della celebrazione il Santo Padre ha pregato davanti alle tombe degli arcivescovi di Monaco e Frisinga.

 

La seconda giornata del Papa in Baviera è stata un susseguirsi di scambievoli manifestazioni di affetto con la sua gente. Benedetto XVI si è intrattenuto tra la folla, incontrando e rivolgendo sorrisi e comunicando, ancora una volta, che il suo cuore “batte in modo bavarese!”

 

Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza, Radio Vaticana.

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Domani mattina, alle ore 10, Benedetto XVI celebrerà la Santa Messa a Ratisbona, sulla spianata dell’Islenger Feld, dove è attesa una moltitudine di fedeli. La nostra emittente seguirà l’evento a partire dalle ore 9.30 con commenti in italiano e tedesco per la zona di Roma e l’Europa centro occidentale.

 

 

“I SEGNI DELLA MORTE”: COLLOQUIO IN VATICANO TRA 3O ESPERTI DI TUTTO IL MONDO

SUI CRITERI CONDIVISI NELLA COMUNITA’ MEDICA E NON SOLO

PER ACCERTARE LA FINE DELLA VITA

- Ai nostri microfoni il prof. Paolo Maria Rossini -

 

“I segni della morte”: si aperto stamane in Vaticano il Seminario internazionale di studi, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze, su un tema di grande attualità, che interpella la comunità scientifica e non solo per arrivare a definire il momento esatto del decesso. Il servizio di Roberta Gisotti:

 

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Quando un individuo può dirsi morto? Un interrogativo cruciale ai fini del trapianto di organi della persona deceduta ma anche del prolungamento artificiale della vita - quanto a volte precario e penoso - perché non abbia a trasformarsi in accanimento terapeutico. La questione è da oltre 20 anni oggetto di studio e dibattito alla Pontificia Accademia delle Scienze, per le sue implicazioni oltre che mediche, teologiche, etiche e giuridiche. Se oggi si è raggiunto nella comunità scientifica un accordo sulcriterio di morte cerebrale’, per dichiarare la cessazione della vita, prosegue la ricerca a supportare il corretto agire dell’operatore sanitario, responsabile di tale accertamento. 30 i relatori convocati da Europa, America, Australia riuniti per due giorni in Vaticano allo scopo di confrontare teorie e prassi in continua evoluzione per accertare i segni della morte, come ci spiega il prof. Paolo Maria Rossini, neurologo, direttore del Centro S. Giovanni di Dio-Fatebenefratelli (IRCCS) e docente all’Università Campus Bio-Medico di Roma:

 

“Questo è un elemento della medicina moderna, non esisteva fino a 50 anni fa il problema di definire un soggetto con il cuore che ancora batte ma in cui il cervello è morto. Sono situazioni nate dalla moderna rianimazione che ci permette di mantenere in vita persone che hanno avuto gravissimi danni cerebrali, in cui il cuore, il fegato, i reni continuano a funzionare ma in cui il cervello e soprattutto il tronco dell’encefalo, che è un po’ l’albero della vita, la zona che controlla tutti i riflessi vitali, è irrimediabilmente danneggiato. La discussione di questi due giorni si incentra proprio nel verificare se a livello scientifico internazionale ci sia un accordo definitivo speriamo su questi principi generali e nel confrontare la visione della scienza moderna con quelle della teologia e dell’etica moderna”.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il dettagliato resoconto del viaggio apostolico di Benedetto XVI in Germania.

 

Servizio estero - Aperte negli Stati Uniti le commemorazioni per l'anniversario dell'11 settembre.

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo "Saint-Germain-en-Laye, città di pace e di castelli": nella località francese, che fu sede della residenza reale prima di Versailles, vennero firmati diversi trattati internazionali.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

11 settembre 2006

 

 

CINQUE ANNI DOPO, L’AMERICA RICORDA LE VITTIME DEGLI ATTENTATI

 A NEW YORK E WASHINGTON CHE COSTARONO LA VITA A TRE MILA PERSONE.

UNA FERITA ANCORA APERTA, MENTRE LA NAZIONE SI DIVIDE SULLA POLITICA ESTERA DELL’AMMINISTRAZIONE BUSH. AL QAEDA MINACCIA ISRAELE E GLI STATI ARABI

 MODERATI E ESORTA I MUSULMANI AD OPPORSI AGLI STATI UNITI

- Con noi, mons. Dennis J. Sullivan -

 

Gli Stati Uniti si apprestano a commemorare le vittime dell’attentato più sanguinoso della storia. Tra pochi minuti, esattamente alle ore 14.46 italiane, verrà osservato un momento di silenzio, che ricorda l'istante esatto in cui il primo aereo, l'American Airlines 11 decollato da Boston, si schiantò contro la Torre Nord del World Trade Center. Poi, a Ground Zero, comincerà la lettura dei nomi delle vittime da parte dei familiari. Anche su questo quinto anniversario degli attentati, aleggia minacciosa l’ombra di Al Qaeda. Proprio in queste ore, infatti, la CNN ha trasmesso un video in cui il vice di Bin Laden, l’egiziano Al Zawahiri, minaccia Israele e i Paesi arabi moderati del Golfo Persico ed esorta i musulmani ad intensificare la lotta contro gli Stati Uniti. Ma torniamo alle commemorazioni per l’11 settembre, con il servizio da New York di Paolo Mastrolilli:

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Le cerimonie sono cominciate ieri pomeriggio, quando il presidente Bush ha deposto una corona a Ground Zero, ma lo ha fatto in silenzio, sperando di tenere separate le emozioni dell’11 settembre dalla disputa politica sulla guerra al terrorismo. Quindi, ha partecipato ad una cerimonia religiosa nella Chiesa di St. Paul che stava sotto le Torri Gemelle e ha promesso un rinnovato impegno nella lotta ad Al Qaeda. Stamattina, Bush visiterà una stazione dei pompieri di Manhattan, prima di andare sul campo della Pennsylvania, dove si schiantò il “Volo 93”, e davanti al Pentagono per l’ultima cerimonia. Alle nove di sera poi terrà un discorso alla nazione, riaprendo il dibattito politico sulla guerra al terrorismo, che dominerà anche le elezioni parlamentari previste il 7 novembre.

 

 Secondo i sondaggi, due terzi degli americani si aspettano nuovi attentati, mentre la maggioranza pensa che non sia valsa la pena di sacrificare quasi 2700 uomini in Iraq. Eppure, ogni volta che torna l’allarme terrorismo, come durante il recente complotto sventato a Londra, la popolarità dei Bush risale dal 30 per cento di gradimento, intorno a cui stagna da mesi. Gli americani lo considerano ancora più affidabile dei Democratici sulla sicurezza, forse anche perché non ci sono stati più attacchi sul suolo degli Stati Uniti, e su questo punta la Casa Bianca, per evitare un ribaltamento della maggioranza al Congresso, che segnerebbe l’inizio della fine per l’amministrazione. Ieri, il segretario di Stato, Rice, ha ripetuto che tra Saddam e Al Qaeda c’erano contatti da anni, per smentire il rapporto pubblicato venerdì dalla Commissione Intelligence del Senato, secondo cui queste connessioni non erano mai esistite. Dal canto suo, il senatore Democratico Rockfeller è arrivato a dire che l’America sarebbe stata più sicura con Saddam al potere, perché non c’entrava con l’11 settembre, non voleva attaccare gli USA e poteva restare isolato senza disperdere le risorse, impegnate nell’invasione dell’Iraq. Queste risorse, ha aggiunto, sarebbero invece tornate utili per dare la caccia al vero colpevole degli attentati del 2001: Osama Bin Laden, che resta libero.

 

Da New York, per la Radio Vaticana, Paolo Mastrolilli.

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E in queste ore, stanno giungendo da ogni parte del mondo espressioni di affetto ed amicizia alla città di New York, segno che a 5 anni di distanza è ancora molto forte l’impressione provocata dall’attacco alle Torri Gemelle. Una ferita ancora aperta. Per una riflessione sulle conseguenze degli attentati dell’11 settembre, Philippa Hitchen, ha intervistato mons. Dennis Sullivan, vescovo ausiliario di New York, all’epoca parroco a Manhattan:

 

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R. – WE HAD THIS WONDERFUL VIEW …

Dalla Chiesa avevamo questa bellissima vista delle Torri Gemelle. All’improvviso siamo stati testimoni del fuoco all’interno della prima Torre. Circa 5 minuti dopo c’è stata grande agitazione lungo le strade. Potete immaginare l’emozione delle persone. Abbiamo visto l’altro aereo venire avanti e colpire la seconda Torre. Sono ricordi molto vivi, come si può immaginare.

 

D. – In quelle ore, e nei giorni seguenti all’attacco, molte persone si sono poste la domanda “Dov’era Dio in tutto questo”? Ricorda la reazione della gente?

 

R. - I THINK THAT IS CERTAINLY …

Penso che questo sia veramente una domanda valida. Penso che Dio non fosse nell’orrore della violenza, della distruzione e della morte, dell’11 settembre. Dio era nelle grandi storie, che sono emerse, di quelle persone che sono riuscite a scappare dalle Torri, che si sono aiutate fra loro. Dio era nell’enormità dei soccorsi e degli sforzi delle persone di tutto il mondo, di New York e degli Stati Uniti, che sono venuti ad aiutare e a cercare di salvare delle vite. E come sapete, una delle più grandi tragedie è stata proprio quella che poche vite sono state salvate. Penso che Dio fosse nell’amore mostrato dalla gente comune, che si è aiutata l’un l’altra, nell’amore di sconosciuti che si sono incoraggiati a vicenda.

 

D. – La Chiesa ha giocato un ruolo cruciale nel cercare di rispondere ai bisogni della gente che era stata colpita dagli attacchi…

 

R. – THAT IS CORRECT …

E’ vero, e quello che abbiamo fatto è stato fatto anche dalle altre parrocchie di Manhattan, specialmente quelle che si trovavano in prossimità al World Trade Center. I nostri preti sono andati sul posto. Quella mattina io invece scelsi di restare in parrocchia, perché pensavo di essere più utile. Sacerdoti di tutte le parti hanno risposto nei mesi seguenti. Ci sono state molte preghiere. Gli stessi lavoratori si sono fermati in preghiera ed hanno espresso una grande devozione. C’è stata poi anche una grande risposta da parte dei servizi sociali. Per le famiglie delle vittime, per i bambini che hanno sofferto emotivamente, grande è stato il lavoro per raccogliere gli aiuti, e in particolare i soldi che hanno garantito ai bambini che hanno perso i loro genitori un sostegno gratuito. Una donna, molti mesi dopo l’attentato ha smesso di essere isterica, ha capito di essere stata aiutata da una suora ed ha compreso quanto importante fosse per lei la fede, la religione della nostra Chiesa.

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DRAMMATICO ALLARME-IMMIGRATI NELL’ARCIPELAGO DELLE CANARIE:

RADDOPPIATO IL NUMERO DEGLI SFOLLATI RISPETTO AL 2005, MA IL FLUSSO

NON ACCENNA A CALARE. IL GOVERNO SPAGNOLO CORRE AI RIPARI

- Intervista con l’arcivescovo Agostino Marchetto -

 

Almeno 800 immigrati irregolari sono giunti nel fine settimana sulle coste delle Canarie. In questo ultimo anno, sono ventimila i migranti approdati sulle coste dell’arcipelago spagnolo, mentre almeno 100 mila sarebbero pronti ad imbarcarsi per raggiungere le isole. Per far fronte all’emergenza, il governo di Madrid ha discusso nei giorni scorsi con il Commissario europeo allo sviluppo e aiuti umanitari, Louis Michel, un piano di reinserimento dei rimpatriati nei loro Paesi di origine. Il drammatico scenario delle Canarie ricorda da vicino la situazione italiana dell’isola di Lampedusa, che da venerdì sera ha visto, in successivi sbarchi, l’approdo di circa 500 immigrati. Proprio stamani, peraltro, le forze dell’ordine hanno bloccato 39 immigrati clandestini sbarcati sull’isola. La nostra collega della redazione inglese, Catherine Smibert, ha sentito su questo fenomeno il parere dell’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli itineranti:

 

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R. – Gli inarrestabili flussi di immigrati che giungono all’Arcipelago delle Canarie, soprattutto provenienti dalle coste africane, sono sempre più al centro  dell’attenzione internazionale e preoccupano le istituzioni locali e nazionali ed interpellano la sollecitudini pastorale della Chiesa. Nella settimana in corso, sono arrivatI più o meno in 2.500, e questo solo per dare dei numeri che fanno comprendere la forza della crisi. Le persone senza documenti, insieme a quelle già sbarcate nei giorni scorsi, diventano così più di 5.000. Si tratta, naturalmente dal nostro punto di vista, non tanto di una questione socio-politica, che pure esiste, quanto piuttosto di un dramma umano che interroga la comunità internazionale, affinché venga globalizzata la solidarietà. Questo è proprio uno dei temi trattati nei giorni scorsi al Meeting di Assisi “uomini e religioni”, dove sono intervenuto proprio sul tema “Globalizzare la solidarietà”.

 

D. – Come si sta muovendo il governo Zapatero per fronteggiare l’allarme-profughi?

 

R. – Il governo spagnolo sta prendendo naturalmente delle posizioni per contrastare, anche con l’aiuto – se possibile – dell’Unione Europea, l’arrivo di immigrati senza documenti. Resta vero che l’immigrazione è un dato di fatto e che più opportuno sarebbe impegnarsi invece nell’orientarla che non limitarsi a disporre misure di restrizione e di contrasto, che hanno poi l’effetto che hanno. Quando c’è di mezzo l’esasperazione e la disperazione, le persone fanno di tutto per andarsene, anche a rischio di morire. Qualcuno recentemente diceva: “Ammazzatemi, ma io indietro non torno”: questo dice qualcosa. In questa ottica, dunque, condizione e premessa per un approccio adeguato è l’aiuto, sempre rinnovato, alla persona umana, ogni persona umana, anche in situazione irregolare. Dunque, pur in situazioni irregolari, queste persone hanno sempre dei diritti umani che devono essere rispettati.

 

D. – Tra le istituzioni in prima linea per promuovere l’accoglienza degli sfollati c’è da sempre la Chiesa cattolica con il suo magistero…

 

R. – L’istruzione Erga migrantes caritas Christi, come del resto la Dottrina sociale della Chiesa, intende essere uno stimolo per tutti, affinché si lavori per un futuro che rispetti la dignità di ogni persona. Pertanto, è indispensabile che essa sia considerata tra i valori essenziali e costitutivi dell’umanità, senza cedere a leggi che a lungo andare impoveriscono la vera risorsa per eccellenza che è l’uomo, che è la donna. In questo senso, si può ricordare Giovanni Paolo II che, nella Centesimus Annus, affermava che la principale risorsa dell’uomo è l’uomo stesso. La Chiesa, dunque, lotta contro le nuove schiavitù con il pensiero, con l’azione e con i mezzi a sua disposizione, in conformità con la sua natura e la sua missione. Mi permetto di citare il documento Erga migrantes caritas Christi, secondo il quale non si deve dimenticare che il fenomeno migratorio solleva una vera e propria questione etica, quella cioè della ricerca di un ordine economico internazionale per una più equa distribuzione dei beni della terra, che contribuirebbe – non poco, del resto – a ridurre e moderare i flussi di una numerosa parte delle popolazioni in difficoltà. Mi sembra che ciò stia entrando nella mentalità della politica degli Stati. C’è poi l’aspetto ecclesiale, per noi primario, dell’accoglienza nell’emergenza e nella continuità e dell’integrazione, e non dell’assimilazione, di queste persone che, io penso, busseranno sempre più numerose alle porte delle società del cosiddetto benessere.

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CHIESA E SOCIETA’

11 settembre 2006

 

 

GENOVA HA SALUTATO IERI POMERIGGIO IL SUO ARCIVESCOVO, IL CARDINALE TARCISIO BERTONE CHE DAL 15 SETTEMBRE SARA’ IL NUOVO SEGRETARIO DI STATO VATICANO. ALLA MESSA SOLENNE, CELEBRATA NELLA CATTEDRALE DI SAN LORENZO, TANTI I FEDELI CHE HANNO VOLUTO ESPRIMERE IL LORO AFFETTO AL PORPORATO

- A cura di Dino Frambati -

 

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GENOVA.= Commovente, intensa, una sincera comunione di sentimenti. E’ stato tutto questo ieri pomeriggio la cerimonia di commiato da Genova del cardinale Tarcisio Bertone, in una cattedrale di San Lorenzo stracolma ad un punto tale da non riuscire ad accogliere tutti i genovesi accorsi per salutare l’ormai loro ex vescovo. Tanti quelli che hanno seguito la funzione su un maxi schermo, allestito all’esterno della chiesa. Una cattedrale adornata dai mitici fiori di Sanremo: quasi tremila fra garofani bianchi, arancio, rossi e rose. Scenario degno dell’evento e dove l’arcivescovo ha ricordato il ruolo forte di Genova nella Chiesa italiana e nella storia futura del Paese. Ha invitato poi chi vive sotto la Lanterna ad essere testimone di gioia e di Fede, anche nei luoghi di vita quotidiani, ed anche in questo territorio di attività pastorale. A Genova, ha insistito il porporato, con un accenno agli eventi laici della storia, è nato il Partito Socialista per i diritti dei lavoratori, quando però, ha sottolineato, esistevano già numerose società cattoliche proprio per i lavoratori. Ma la diocesi genovese, ha proseguito il cardinale, è anche le sue missioni nel mondo, il porto proiettato all’estero. Non è poi riuscito a nascondere l’emozione e quasi il rimpianto di andarsene: “Ricordatevi di me, di Tarcisio”, ha detto ma non ha completato queste poche parole per le lacrime agli occhi, lui che ha amato molto il posto che deve lasciare. Da citare la processione che ha preceduto la Messa e dove in testa hanno sfilato tanti bambini con le bandiere dei Paesi del mondo ed il dono dell’effigie della Madonna, Regina della città, che Bertone ha promesso porrà nel suo nuovo ufficio di segretario di Stato vaticano. Ed ora Genova attende Bagnasco, con tutto l’affetto possibile.

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BANGLADESH: CON UNA SOLENNE CELEBRAZIONE EUCARISTICA L’ARCIVESCOVO

 DI DHAKA, MONS. PAULINUS COSTA, HA APERTO IL 2 SETTEMBRE IL PROCESSO

PER LA BEATIFICAZIONE DI MONS. THEOTONIUS AMAL GANGULY,

PRIMO ARCIVESCOVO ORIGINARIO DEL PAESE

 

DHAKA. = Oltre tremila fedeli hanno preso parte il 2 settembre scorso a Dhaka, in Bangladesh, alla Messa ufficiale per l’apertura della fase diocesana della causa di beatificazione del loro primo arcivescovo nativo, mons. Theotonius Amal Ganguly. Alla cerimonia, che segna un evento storico per il Paese, scrive l’agenzia Asianews, hanno partecipato il nunzio apostolico mons. Paul Tschang In-Nam, l’attuale arcivescovo di Dhaka, mons. Paulinus Costa, circa cento sacerdoti e diverse centinaia di religiosi. Il Beato Papa Giovanni XXIII nominò il primo vescovo nativo dell’allora Pakistan dell’Est il 3 settembre del 1960; il 6 luglio del 1965 Paolo VI lo volle arcivescovo coadiutore di Dhaka. Mons. Ganguly ha guidato l’arcidiocesi di Dhaka dal 23 novembre del 1967 al 2 settembre del 1977, quando morì – a 57 anni – per un attacco cardiaco. Nella sua omelia mons. Costa ha raccontato dei moltissimi laici, giovani ed anziani che gli hanno chiesto di prendere l’iniziativa per l’apertura della causa di beatificazione del suo predecessore. Il presule ha detto di aver inoltrato al Papa la richiesta per poter iniziare il processo a marzo. “Pregheremo – ha detto l’arcivescovo – affinché Dio conceda a questa causa un buon esito. Ognuno di voi riceverà una foto del servo di Dio ed una preghiera: vi chiedo di recitarla in ogni casa ed in ogni parrocchia”. Al termine della celebrazione tanti i fedeli che si sono recati a pregare presso la tomba di mons. Ganguly, nella residenza arcivescovile. (T.C.)

 

 

RITROVATO IERI A COBAN, IN GUATEMALA,

IL CORPO DEL GIORNALISTA RADIOFONICO SCOMPARSO QUALCHE GIORNO FA

 

CITTÀ DEL GUATEMALA. = Il corpo di Eduardo Maas, 58 anni, giornalista radiofonico guatemalteco, nonché attivista per i diritti umani, crivellato di proiettili, è stato rivenuto ieri a Coban. Il giornalista è stato trovato nella sua automobile. Patricia Gomez, responsabile dell’emittente nazionale “Radio Punto”, per la quale Maas lavorava, ha detto che né i colleghi né i familiari sono al corrente di minacce che potrebbero essergli state rivolte. L’omicidio è l’ultimo di una serie di attentati contro gli operatori dell’informazione. Il mese scorso un reporter radiofonico è stato ferito al volto da colpi sparatigli da ignoti aggressori in motocicletta, a Città del Guatemala, e quattro giornalisti, nella vicina Antigua, hanno ricevuto minacce di morte dopo aver denunciato episodi di corruzione. Il difensore dei diritti umani guatemalteco Sergio Morales ha espresso una profonda preoccupazione per l’allarmante aumento delle minacce e degli attacchi contro i media ed ha citato 13 incidenti nelle ultime settimane. Pochi giorni fa, la Conferenza episcopale guatemalteca, in un ampio documento, ha affermato che il Guatemala sta vivendo “una grave decomposizione morale come prodotto della perdita crescente dell’umanesimo e del riferimento a Dio quale fondamento dell’azione guidata da principi etici. “Viviamo una crisi culturale enorme (...) e molti hanno sradicato Dio dalle loro vite”, hanno scritto i vescovi. Fra i problemi più impellenti del momento l’episcopato parla della “violenza e dell’insicurezza pubblica”, che non solo costringe la popolazione a vivere un permanente “stato di inquietudine e vigilanza” ma che, di fatto, “si tramutano in un attentato e in una mancanza di rispetto per la vita umana”. “Il narcotraffico e il traffico illegale di armi sono indicatori dell’incapacità degli organi di sicurezza e del sistema giudiziario dello Stato per far fronte al rispetto delle leggi e, dunque, contribuiscono ad erodere i valori etici sui quali si fonda la convivenza sociale”, hanno affermato i vescovi. “L’esistenza del commercio legale di armi manifesta la predisposizione a fare ricorso alla violenza”, osserva la Conferenza episcopale, ritenuta “soluzione dei problemi” o risposta “al bisogno di sicurezza” di fronte alle insufficienze dello Stato. Da qui l’appello dei presuli a fondare la vita individuale e sociale sulla retta concezione della dignità della persona umana. “La religione non è un affare per il consumo privato – prosegue il documento – anzi, essa è la fonte che motiva ogni azione personale con lo scopo di essere sempre più umani e costruire così una società più solidale”. (L.B.)

 

 

LA CHIESA CATTOLICA SI IMPEGNA IN KENYA A PREGARE E A TENERE INCONTRI

PER LA PACE, PERCHE’ CESSINO E GLI OMICIDI DI ALLEVATORI E PASTORI

E LE RAPINE DI BESTIAME

 

NAIROBI. = Cinquanta leader religiosi e capi delle comunità provincia keniana del Rift Valley hanno lanciato un appello perché vengano meno le violenze legate alle razzie di bestiame. Da aprile, scrive l’agenzia Fides, diverse persone sono state uccise durante alcuni raid. Secondo quanto riporta l’agenzia CISA di Nairobi, durante un incontro di preghiera a Suguta Mugie, nel distretto di Samburu, i capi delle comunità di Pokot, Samburu e Turkana hanno elaborato un piano per porre fine alle rapine. “Solo la mediazione continua e lo sviluppo e non l’uso della forza possono restaurare la pace tra le nostre comunità”, hanno dichiarato alcuni esponenti della Chiesa cattolica. Intanto, almeno 18 persone sono state uccise durante un altro raid a Ol Moran, nel distretto di Laikipia, non lontano dal luogo dell’incontro di preghiera. Secondo le autorità di polizia il bilancio dell’attacco potrebbe essere più pesante perché vi sarebbero diversi corpi che ancora giacciano nella boscaglia. Mons. Virgilio Pante, vescovo di Maralal, ha raccontato che diverse persone hanno abbandonato le loro abitazioni per cercare rifugio altrove ed ha raccomandato “di pregare e istruire senza timore, nelle chiese e nelle strade, le persone alla pace, alla riconciliazione, alla cura e al perdono, per creare una nuova cultura”. È stato deciso di tenere incontri periodici per la pace, di cercare di contattare i razziatori per convincerli a desistere dalle loro azioni e di chiedere aiuti ad amministratori governativi e leader politici. “Vogliamo rimanere uniti come un’unica Chiesa in Cristo e pregare insieme con coraggio il Vangelo della pace”, hanno affermato i leader della Chiesa locale, che si sono impegnati anche a studiare le cause profonde delle violenze - ignoranza, credenze tradizionali, povertà e mancanza di infrastrutture - per inviare suggerimenti al governo. Mons. Pante si è detto convinto che il piano elaborato dai responsabili della Chiesa cattolica è un passo importante, perché la popolazione confida nella Chiesa. “Il governo non è in grado di controllare la situazione; la gente ha perso la speranza – ha detto – ma la Chiesa è un territorio neutrale, dove la popolazione si raccoglie perché crede nel Dio unico e in Gesù Cristo che può guarire la situazione”. (T.C.)

 

 

RILANCIARE LA PACE COME VOLANO PER LO SVILUPPO DELL’AFRICA. E’ L’OBIETTIVO DI ALCUNI CAPI DI STATO CHE HANNO SOTTOSCRITTO UNA DICHIARAZIONE AL TERMINE DEL VERTICE DELL’UNIONE AFRICANA SVOLTOSI A SIRTE, IN LIBIA

 

SIRTE. = Nella dichiarazione rilasciata al termine del vertice dell’Unione Africana, che si è tenuto nel fine settimana a Sirte, in Libia, i capi di Stato di alcuni Paesi africani hanno voluto ribadire il loro impegno perché le popolazioni locali possano valorizzare le proprie risorse e sfruttare le ricchezze naturali. Durante l’incontro, svoltosi nel settimo anniversario di fondazione dell’Unione Africana, è stata sottolineata la necessità del rispetto dei principi, degli obiettivi dell’UA e delle aspirazioni dei popoli africani al progresso, alla pace, alla democrazia, all’integrazione e all’accesso a una vera indipendenza. Nel testo si esprime poi soddisfazione per i processi di riconciliazione nazionale avvenuti, in quest’ultimo periodo, nelle Isole Comore e, in particolare, nella Repubblica democratica del Congo, dove alla fine di luglio, si è svolto il primo storico voto multipartitico dopo oltre 40 anni. Un monito particolare è stato lanciato ai due candidati nel ballottaggio presidenziale dell’ex-Zaire – il presidente uscente Joseph Kabila e il vicepresidente Jean-Pierre Bemba – perché garantiscano un clima di sicurezza nello svolgimento del voto. (M.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

11 settembre 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco e Marco Guerra -

 

In Afghanistan, continua a crescere il bilancio delle vittime causate dagli scontri tra talebani e militari della NATO: un portavoce dell’Alleanza Atlantica ha rivelato che sono morti, nelle ultime ore, altri 90 insorti. Nell’est del Paese sono poi rimasti uccisi 5 poliziotti, vittime di un attentato dinamitardo compiuto da ribelli durante i funerali del governatore di Paktia. A Bruxelles, intanto, il segretario generale della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, ha convocato per oggi una riunione straordinaria del Consiglio Atlantico sulla difficile situazione in Afghanistan, dove sono rimasti uccisi, a partire dallo scorso 2 settembre, oltre 500 ribelli in seguito all’operazione “Medusa” lanciata da reparti della NATO.

                                               

Nuovo attentato suicida a Baghdad: almeno 13 reclute dell’esercito iracheno sono morte per un attacco contro il minibus a bordo del quale viaggiavano. Lo hanno riferito fonti ufficiali, secondo cui l’attentato e' avvenuto nel centro di reclutamento di Muthanna, una base aerea già colpita dai terroristi in passato. Dalle prime informazioni risulta che il kamikaze, con indosso una cintura esplosiva, si trovava a bordo del minibus. Nella capitale, intanto, è ripreso il processo contro l’ex presidente iracheno, Saddam Hussein, ed altri sei ex gerarchi accusati del massacro di circa 180 mila curdi tra il 1987 ed il 1988.

 

I negoziati fra il governo di Teheran e Unione Europea “continuano ad essere la strada migliore per porre fine alla crisi” sul programma nucleare dell'Iran. Lo ha dichiarato il direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, Mohamed El Baradei, prima dell’inizio della nuova sessione del Consiglio dei governatori. Nelle prossime ore sarà presentato il nuovo rapporto degli ispettori che conferma il proseguimento del programma iraniano di arricchimento dell’uranio.

 

In Medio Oriente, il premier palestinese Ismail Haniyeh, esponente del gruppo radicale Hamas, ha detto che è stato raggiunto un accordo per la formazione di un governo di unità nazionale. Haniyeh ha anche precisato che sarà primo ministro della nuova compagine governativa. Sul terreno, intanto, un palestinese è morto a Jenin, in Cisgiordania. Un testimone ha riferito che è stato ucciso da soldati israeliani. L’esercito dello Stato ebraico sostiene, invece, che si è probabilmente trattato di un regolamento di conti tra palestinesi.

 

Il primo ministro britannico, Tony Blair, è arrivato a Beirut, fra imponenti misure di sicurezza: soldati e reparti di polizia sono stati dispiegati, infatti, nel centro della capitale libanese in vista di annunciate manifestazioni di protesta contro l’atteggiamento britannico durante la guerra. Blair, criticato da molti in Libano per non essersi associato alle richieste di tregua fin dall’inizio dei 34 giorni di conflitto, incontrerà il collega libanese, Fouad Siniora, per discutere del contributo britannico alla ricostruzione del Paese.

 

Parlando al vertice dei Paesi dell’Unione Africana (UA) di Sirte, in Libia, il presidente libico Gheddafi ha rilanciato il vecchio sogno di un governo federale africano con “un’identità, una nazionalità, un popolo, una moneta, un esercito”, che sia in grado di risolvere per conto suo i problemi che affliggono il continente africano. Gheddafi ha anche definito colonialisti i tentativi della comunità internazionale di sostituire, nel Darfur, le truppe dell’Unione Africana con i caschi blu dell’ONU.

 

In Montenegro, il partito del primo ministro Milo Djukanovic ha vinto le elezioni parlamentari, tenutesi ieri nel piccolo Paese balcanico. La sua coalizione ha ottenuto 41 degli 81 seggi in Parlamento, che dovrà ora eleggere il governo incaricato di avviare il processo di integrazione europea. Il partito socialista popolare ha conquistato, invece, solo 11 seggi. Ha partecipato al voto il 70 per cento degli oltre 484 mila aventi diritto su una popolazione complessiva di circa 650 mila abitanti. Il nostro servizio:

 

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Le prime elezioni legislative in Montenegro dopo l’indipendenza dalla Serbia, proclamata lo scorso 3 giugno, sono state vinte dalla coalizione di sinistra filoeuropea e filoatlantica guidata dal primo ministro socialdemocratico Milo Djukanovic, già principale artefice della separazione da Belgrado. “Queste elezioni – ha detto il primo ministro subito dopo aver appreso l’esito della consultazione - hanno mostrato che il Montenegro è saldamente sui binari europei e che ha un governo in grado, nel prossimo futuro, di intraprendere tutte le azioni necessarie per portare il Montenegro all’integrazione euroatlantica”. Ma il primo ministro montenegrino non guarda solo verso Bruxelles: Djukanovic ha già annunciato, infatti, di non voler rompere i rapporti con il mondo slavo e con la Russia, uno dei principali investitori in Montenegro e ancora importante per gli equilibri dei Balcani. Ha riconosciuto la vittoria del partito del premier anche la Lista Serbia, formazione composta dal partito popolare e da quello radicale che si è piazzata, a sorpresa, al secondo posto. E’ uscito sconfitto, invece, l’ex fronte antisecessionista guidato dalla maggiore forza di opposizione, il partito socialista del filo serbo Predrag Bulatovic. Il suo raggruppamento, che ormai ha rinunciato a mettere in discussione il “divorzio” da Belgrado, pone l’accento sui problemi sociali ed economici del Montenegro. Le radici di queste precarie condizioni sono legate ad una storia travagliata: il Paese balcanico ha avuto fino alla Seconda Guerra Mondiale un’economia esclusivamente agricola ed anche l’industria locale ha subito gravi contraccolpi per la disgregazione del mercato jugoslavo. Adesso, le prospettive di ripresa e di sviluppo economico sembrano sempre più legate ai processi di integrazione europea.

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Riprende la pratica dei sequestri di turisti stranieri nello Yemen. Si tratta di quattro francesi rapiti ieri da un clan tribale nell’est del Paese. Le autorità yemenite e francesi hanno dichiarato che lo scopo dei rapitori è di ottenere il rilascio di alcuni loro parenti trattenuti nelle prigioni del Paese arabo. L’ambasciatore francese a Sanaa ha avuto assicurazioni su una prossima soluzione della vicenda dalle autorità yemenite. Il sequestro è stato compiuto nel giorno dell’apertura della campagna elettorale in Yemen per le elezioni presidenziali del prossimo 20 settembre.

 

Il Giappone ha lanciato oggi un satellite spia destinato in particolare a sorvegliare il riarmo della Corea del Nord. Dopo alcuni rinvii a causa del maltempo, il satellite è stato messo in orbita. Il governo di Tokyo ha avviato un programma di sorveglianza delle ambizioni missilistico-nucleari di Pyongyang da quando il regime nordcoreano ha lanciato, nel 1998, il suo primo ordigno balistico.

 

 

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