RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 253 - Testo della trasmissione di domenica 10 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
La Cina vince il
Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia
CHIESA E SOCIETA’:
In India, dura condanna del cardinale Placidus
Toppo per l’attentato di venerdì a una Moschea
Riunite
a Roma per un convegno internazionale 120 monache benedettine di tutto il mondo
La ONG Christian Aid lancia l’allarme per la siccità in Afghanistan
Violenza senza fine in Afghanistan:
almeno 100 talebani morti in scontri nel sud
10 settembre 2006
LA MESSA DEL PAPA A MONACO: L'UOMO DI OGGI NON SENTE
PIÙ DIO
E RISCHIA DI
CADERE NEL CINISMO. CREDERE VUOL DIRE PORRE DIO
AL CENTRO DELLA PROPRIA VITA, PERCORRENDO LE VIE
DELL'AMORE E DELLA GIUSTIZIA. IERI ALL’ARRIVO IN BAVIERA HA INVITATO
I TEDESCHI A RESTARE FEDELI A CRISTO
- Interviste con
padre Federico Lombardi e mons. Cunthir Mandl -
L’uomo di oggi non riesce più a sentire
Dio: sente l’urgenza del progresso, dello sviluppo ma non quella della fede e
rischia di cadere nel cinismo e nel disprezzo di Dio. Così il Papa oggi
nell’omelia della Messa presieduta sulla spianata della Nuova Fiera di Monaco
di fronte ad oltre 250 mila persone nella seconda giornata del suo viaggio in
Baviera, sua terra natale.
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(Canto)
*********
Benedetto XVI ha invitato a
mettere Dio al centro della propria vita: solo così la vita cambia davvero,
perché l’amore di Dio include l’amore per il prossimo. Allora “la giustizia e
l’amore” diventano “le forze decisive nell’ordine del mondo”. Visibile
l’entusiasmo del Papa che, accolto dal cardinale di Monaco e Frisinga Friedrich Wetter, ha
salutato la folla nel tipico modo bavarese “Gruss Gott”, “Dio ti saluta”. Sul palco il più antico crocifisso
del mondo, risalente al IX secolo e ritrovato in Baviera, a testimonianza delle
radici cristiane dell’Europa. Ieri, al suo arrivo, Benedetto XVI aveva invitato
i tedeschi a restare fedeli a Cristo. Da Monaco, il servizio del nostro inviato
Paolo Ondarza:
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“Il
sociale e il Vangelo sono inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini
soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo
poco”. E’ uno dei passaggi dell’omelia di Benedetto XVI, questa mattina sotto
il cielo sereno di Monaco, nel corso della celebrazione eucaristica sulla
spianata della Neue Messe. Il Papa ha salutato la
moltitudine di fedeli convenuti da più parti della Baviera, della
Germania, ma anche da Austria, Polonia, Svizzera, Romania e Repubblica
Ceca.
DIE
KATHOLISCHE KIRCHE IN DEUTSCHLAND IST GROBARTIN DURCH IHRE …
“La chiesa cattolica in Germania è grandiosa nelle
attività sociali”, – ha detto il Santo Padre – ma
“esiste in alcuni l’idea che i progetti sociali siano da promuovere con la
massima urgenza, mentre le cose che riguardano Dio o addirittura la fede
cattolica siano cose di minore importanza”. Tuttavia è l’evangelizzazione che
“deve avere la precedenza” – ha proseguito Benedetto XVI citando l’esperienza
dei presuli africani ricevuti recentemente in visita ad
Limina in Vaticano. “Ogni tanto – ha raccontato il Papa – qualche vescovo
africano dice: “Se presento in Germania progetti sociali, trovo subito le porte
aperte. Ma se vengo con un progetto di evangelizzazione, incontro piuttosto
riserve”. Solo la conversione del cuore derivata dall’amore e la conoscenza del
Dio di Gesù Cristo porta ad un vero progresso del sociale, ad una vera lotta,
ad esempio, all’Aids, combattuta “affrontando veramente le sue cause profonde e
curando i malati con la dovuta attenzione e con amore”. Laddove manca Cristo, “sopravvengono i
meccanismi della violenza,
la capacità di distruggere e di uccidere diventa la capacità
prevalente per raggiungere il potere e i criteri secondo i quali la tecnica
entra a servizio del diritto e dell’amore si smarriscono”. “Le popolazioni
dell'Africa e dell'Asia – ha proseguito il Papa - ammirano le nostre
prestazioni tecniche e la nostra scienza, ma al contempo si spaventano di
fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione
dell'uomo. La vera minaccia per la loro identità non la vedono nella fede
cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il
dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo
criterio morale per i futuri successi della ricerca”:
LIEBE
FREUNDE! DIESER ZYNISMUS IST NICHT DIE ART VON TOLERANZ…
“Cari amici, questo cinismo non è
il tipo di tolleranza e di apertura culturale che i popoli aspettano e che
tutti noi desideriamo! La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende
il timor di Dio – il rispetto di ciò che per altri è cosa sacra”.
“Questo senso di rispetto – ha
spiegato Benedetto XVI -
può essere rigenerato nel mondo occidentale soltanto se cresce di
nuovo la fede in Dio. Ma la fede non è qualcosa che si può imporre. “Un simile
genere di proselitismo è contrario al cristianesimo” – ha aggiunto – “La fede
può svilupparsi solo nella libertà”. Da
qui un appello alla libertà degli uomini di aprirsi a Dio, di cercarlo,
riprestargli ascolto. Solo nella libertà avviene la guarigione dalla “sordità
nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo”.
“Non riusciamo più a sentirlo – ha detto Benedetto XVI – sono troppe le
frequenze diverse che occupano le nostre orecchie”. “Quello che si dice di Dio
ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro
tempo. Con la debolezza d’udito nei confronti di Dio, l’orizzonte della nostra
vita si riduce in modo preoccupante”. Anche oggi –ha aggiunto il Papa - così
come nel brano evangelico del sordomuto guarito, Gesù vuole curare la nostra
sordità, toccandoci, dicendo “Effatà, Apriti!”, per
renderci capaci di “sentire ancora Dio” e donarci “uno sguardo “diverso
sull’uomo e sulla creazione”. Il profeta Isaia rivolto a un popolo oppresso
diceva “La vendetta di Dio verrà”. Ma cos’è questa vendetta? “
DIESEN GOTT
BRAUCHEN WIR. WIR VERLETZEN NICHT DEN RESPEKT VOR …
“E’ questo il Dio di cui abbiamo
bisogno. Non veniamo meno al rispetto di altre religioni e culture, al profondo
rispetto per la loro fede, se confessiamo ad alta voce e senza mezzi termini
quel Dio che alla violenza oppone la sua sofferenza; che di fronte al male e al
suo potere innalza, come limite e superamento, la sua misericordia”.
La necessità, per la convivenza
serena e pacifica tra gli uomini, di porre Dio al centro della realtà e della
vita è stata ribadita dal Papa anche all’Angelus. “L'esempio di un tale
atteggiamento – ha detto - è Maria,
donna dell’ascolto, Vergine col cuore aperto verso Dio e verso gli
uomini”. A lei – ha continuato Benedetto
XVI – si sono rivolti i fedeli di ogni tempo nella tribolazione invocando il
suo aiuto”. Ne sono testimonianza le innumerevoli chiese e santuari nella
Baviera. Il Pontefice ha ricordato il santuario di Altötting,
dove domani si recherà in pellegrinaggio, e la Colonna di Maria, Mariensäule, ai piedi della quale ieri ha vissuto momenti
intensi di “festa della fede”, salutato da 150 mila persone accorse per le
strade di Monaco.
APPLAUSI E CORI: “Benedetto!
Benedetto!”.
“Un entusiasmo più grande e
caloroso di quello napoletano”. Così lo ha definito il Papa affidando alla
protezione della Vergine l’intera Baviera con una preghiera. Dalla Marienplatz, piazza di Maria, raggiunta da Benedetto XVI dopo la cerimonia di benvenuto
all’aeroporto Franz Joseph Strauss, il Santo Padre ha espresso l’auspicio che “le
nuove generazioni della Baviera restino
fedeli al patrimonio spirituale” di questa terra. Poi il saluto ai fratelli in
Cristo in particolare luterani e ortodossi, rappresentati dal vescovo
protestante Friedrich e dal metropolita Agostinos
e ai seguaci delle altre religioni.
Paragonando la propria storia a
quella dell’orso utilizzato da San Corbiniano per
trasportare un fardello fino a Roma, Benedetto XVI ha detto “L'orso mi
incoraggia sempre di nuovo a compiere il mio servizio con gioia e fiducia”. Con
una battuta ha aggiunto sorridendo: 'L'orso a Roma fu lasciato libero”. Nel mio
caso il Padrone ha deciso diversamente”.
In serata gli incontri privati e lo scambio di doni nella sala delle porcellane
della Residenza reale di Monaco con il presidente federale Kohler,
il cancelliere Merkel e il ministro presidente della
Baviera Stoiber.
Poi il trasferimento al Palazzo Arcivescovile di Monaco per la cena in
privato.
Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza, Radio Vaticana.
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Sul
messaggio che il Papa ha voluto lanciare da Monaco ascoltiamo il nostro
direttore generale padre Federico
Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:
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R. – Il messaggio di quest’oggi mi
sembra molto chiaro: bisogna cioè chiedere a Dio che ci riapra le orecchie per
ascoltarlo. E’ naturalmente un messaggio ispirato al Vangelo di oggi, in cui
c’è il sordomuto che viene guarito da Gesù, in modo tale da non diventare anche
noi, piano piano, sordi rispetto alla sua voce nel
mondo di oggi. Questo Dio che siamo chiamati a riascoltare e riconoscere nella
società, che sembra si vada secolarizzando, non è un Dio qualunque, ma è il Dio
dell’amore. Qui abbiamo i due grandi elementi del Magistero del Papa: la fede e
quindi il primato di Dio e l’amore, perché l’identità di Dio è l’amore stesso.
Tutto quello che è anche l’impegno cristiano discende naturalmente dalla nostra
stessa fede che si manifesta quindi anche nell’affrontare i problemi della
nostra società con la solidarietà e con l’attenzione a chi è meno favorito: è
qualcosa che ci viene dal fatto che noi crediamo in Dio, in un Dio che per
primo ci dà l’esempio dell’amore fino alla morte, con la parola della Croce.
D. – L’accoglienza del popolo
bavarese è stata davvero calorosissima…
R. – Sì. Direi, infatti, che ieri
pomeriggio l’esperienza è stata piuttosto quella dell’incontro con il popolo
della Baviera. Un incontro, questo, estremamente caldo, estremamente affettuoso
e in particolare al culmine che si è avuto sotto la Colonna di Maria, la Mariensäule, nella Marienplatz al
centro di Monaco. Si vedeva il Papa evidentemente commosso per l’affetto che il
popolo di Monaco gli manifestava.
D. – Cosa colpisce di più in
questa prima fase del viaggio?
R. – Io sono colpito da questo
fatto. Ripensando anche ai viaggi di Giovanni Paolo II nella sua patria e
vedendo adesso questo primo viaggio di Benedetto XVI nella sua patria, vedo che
il legame di questi Papi con la loro terra e che noi notiamo in particolare
perché sono Papi non italiani e quindi si tratta di una terra che devono andare
a cercare, anche lontano da Roma, è qualcosa di molto intenso e prezioso per
tutti. Lo sentiamo come un messaggio: ognuno di noi sappia amare, ritrovare,
capire le proprie radici, che sono anche la propria formazione nella fede e di
qui possa riprendere con slancio ritrovato, con responsabilità rinnovata la sua
missione. Questo hanno fatto anche i Papi e mi pare che ci diano un grande
esempio che vale per tutti. Poi sono colpito, forse perché anche la mia
formazione è pure in parte tedesca, della bellezza di queste celebrazioni e
della loro solennità. Abbiamo anche tutta la tradizione corale, una musica
meravigliosa di canti a cui tutto il popolo partecipa facilmente. Direi che è
quello che noi notiamo anche nel Papa, il suo amore per la Liturgia, per la
celebrazione ben fatta, rispettosa, consapevole della sua dignità. Questo lo si
respira molto in questi giorni, partecipando a questi momenti che sono stati
preparati veramente bene e sono partecipati con grande profondità e dignità.
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Questa sera il Papa presiede la
celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Monaco. Domani sarà nella diocesi
di Passau dove sul piazzale del Santuario mariano di Altötting celebrerà alle 10.00 la Santa Messa alla presenza
di 30 mila persone tra cui delegazioni dei principali santuari mariani europei.
Presenti anche 5 mila disabili. La nostra emittente trasmetterà la radiocronaca
dell’evento con commento in varie lingue. Nel pomeriggio l’incontro con i
religiosi e i seminaristi nella Basilica di Sant’Anna per la celebrazione dei
Vespri mariani. In serata la visita a Marktl am Inn, la cittadina dove
Benedetto XVI è nato il 16 aprile del 1927. Sulla centralità del culto alla Vergine Maria in
Baviera, Paolo Ondarza ha sentito mons. Cunthir Mandl, parroco della
chiesa dei Santi Filippo e Giacomo ad Altötting:
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R. –
D. – Il giovane Jozeph Ratzinger, veniva – da
bambino, appunto – al Santuario della Vergine di Altötting?
R. – Sì, all’età di sette anni era
qui accompagnato, per mano, dai suoi genitori. E poi come seminarista, come
prete, come professore, come arcivescovo di Monaco, come cardinale di Roma ed
ora come Papa. E’ un amico di Altötting.
D. – E ora torna ad Altötting…
R. – Noi, qui in Altötting, siamo pieni di speranza che attraverso lui
giunga a noi un conforto ed un incoraggiamento nella fede nella nostra regione,
nella nostra patria.
D. – Nella piazza del Santuario la
celebrazione della Santa Messa alla presenza di oltre 30 mila persone, tra cui
delegazioni di vari santuari mariani europei…
R. – Sì sono presenti delegazioni
di Lourdes, di Fatima, di Loreto, Czestochowa per
indicare che qui sono presenti i cuori dell’Europa.
D. – A seguire la cerimonia anche
5.000 disabili, alcuni riuniti anche nella vostra Chiesa dei Santi Filippo e
Giacomo…
R. – La presenza di persone
disabili e malate è per noi molto importante, perché il volto dei malati e il
volto di Gesù Cristo. Vogliamo dire a loro: il Santo Padre viene specialmente
per incontrare voi, per consolarvi, per rinforzarvi, per dirvi che la vostra è
vita è piena di senso.
D. – Nel pomeriggio, l’incontro
con religiosi e seminaristi nella Basilica di Sant’Anna…
R. – La vocazione al presbiterato
è molto ridotta. Abbiamo bisogno di nuove vocazioni e questa visita prepara una
nuova Pentecoste per la Germania intera.
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10
settembre 2006
MONTENEGRO:
OGGI LE PRIME ELEZIONI DALL’INDIPENDENZA DALLA SERBIA
-
Intervista con Federico Eichberg
-
Storiche elezioni parlamentari
oggi in Montenegro, il più giovane Stato nel contesto internazionale. Si
tratta, infatti, delle prime consultazioni dal referendum del maggio scorso,
che ha sancito l’indipendenza dalla Serbia, a partire dal 3 giugno, del piccolo
Paese balcanico. 81 i seggi del Parlamento di Podgorica
che gli oltre 480 mila elettori dovranno assegnare. Favorita, secondo i
sondaggi, l’alleanza social-democratica del premier Djukanovic.
A seguire, socialisti e partiti minori, tra i quali figura anche una formazione
filo-serba. Intanto, in vista della chiamata alle urne, le autorità
montenegrine hanno arrestato 14 persone sospettate di attività terroristica, la
maggioranza delle quali di origine albanese. Lo rende noto stamani il
quotidiano locale Vijesti. Ma per un’analisi
dell’appuntamento elettorale del Montenegro, Giancarlo La Vella
ha raccolto il commento di Federico Eichberg, esperto
dell’area balcanica:
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R. - E’ un confronto nuovo e un
confronto tradizionale allo stesso tempo, perché ovviamente si tratta di uno Stato che ha
voluto avviare un profondo rinnovamento, basti pensare alla richiesta di
adesione alla NATO. L’alleanza del premier Djukanovich
si presenta con una forza rilevante che probabilmente le consentirà di
prevalere. Al contempo Djukanovich si trova ad
affrontare i tradizionali rivali, cioè i socialisti, indeboliti dall’esito del
referendum, però sarà interessante vedere un rinnovamento che si auspica in
queste seconde forze a seguito delle elezioni.
D. - In uno Stato così giovane c’è
il rischio per la tenuta democratica nel futuro?
R. - L’esito di queste elezioni,
se saranno confermate le previsioni, e quindi se manterrà il potere Djukanovich, ci potrà dire molto. Nel senso che l’aspetto
più interessante sarà dal giorno dopo e cioè l’esigenza per le forze dei
socialisti di abbandonare alcune posizioni e quindi proporre tematiche
innovatrici. Un secondo aspetto è questa terza forza più liberale, che sembra
nei sondaggi abbastanza premiata, che potrebbe portare qualche nuova tematica
all’attenzione, ma diciamo che l’aspetto più decisivo di questo confronto può
essere rispetto all’equilibrio che il Montenegro ha cercato di tenere tra
Occidente e Oriente. Sappiamo che oggi la Russia è forse il principale
investitore in Montenegro e che Djukanovich cerca di
tenere buoni rapporti tanto con Mosca quanto con l’Unione Europea e Washington.
Allora capire se ci sarà questa positiva continuazione sarà l’aspetto più
interessante dell’elezione.
D. - Sarà importante l’appoggio
della Comunità internazionale, dell’Europa in particolare al Montenegro?
R. - Per quanto l’esito del
referendum di giugno segni un cammino autonomo del Montenegro, in realtà il
cammino del Montenegro è molto legato a quello della Serbia. Quindi la
questione montenegrina si intreccia con i “Kosovo
status talks” che si svolgono a Vienna cioè il
confronto tra delegazione di Belgrado e delegazione di Pristina. Allora se
saremo in grado come Comunità internazionale di garantire che i colloqui di
Vienna portino ad un nuovo assetto maggiormente condiviso tra le forze che
partecipano a questi negoziati, allora anche il Montenegro potrà conoscere una
nuova stagione. In buona sostanza l’accelerazione del processo di adesione di
questi paesi all’Unione Europea è proporzionale al loro grado di intesa; questa
intesa si dovrà svolgere a tappe: una prima tappa è stata il positivo esito del
referendum. Un altro positivo risultato dovrà essere entro la fine dell’anno,
al massimo nei primi mesi del 2007, un positiva soluzione della questione
Kosovo.
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NEW
YORK, CINQUE ANNI DOPO: IN UN LIBRO-INCHIESTA
LA
TESTIMONIANZA DELLE FAMIGLIE DELLE VITTIME
DELL’ATTENTATO ALLE TORRI GEMELLE
-
Con noi Laura Clarke -
Cinque
anni dopo, la ferita è ancora aperta. Laddove si stagliavano le Torri Gemelle,
marchio inconfondibile dello sky line
di New York, lo spazio vuoto ricorda drammaticamente quanto successo l’11
settembre di 5 anni fa. E le ferite sono ancora profonde nella gente che, più o
meno direttamente, subisce ancora le conseguenze dell’attentato terroristico
più sanguinoso della storia. Per cercare di comprendere come New York viva
questo quinto anniversario dell’attentato al World Trade
Center, la giornalista britannica Laura Clarke ha
raccolto delle testimonianze dalle quali è nato il libro “Voci da Ground Zero”. Prima ancora che per la sua professione, la spinta a svolgere
questa inchiesta è nata in Laura Clarke per motivi
personali, come sottolinea nell’intervista di Alessandro Gisotti:
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R. – “Voci da Ground
Zero” nasce da un personale coinvolgimento nella vicenda, essendo io cugina di
una delle vittime britanniche del World Trade Center.
Sono andata a New York nel 2005, in primo luogo per venire alle prese con il “mio”
11 settembre. Poi, stando lì, ho avuto modo di confrontarmi con altre persone
che avevano vissuto gli attacchi e le loro conseguenze. Le loro testimonianze
sono diventate successivamente la sostanza del mio libro.
D. – Tra queste testimonianze,
qual è quella che più ti ha colpito e che in un certo modo riassume anche le
altre, come storia e significato?
R. – Piuttosto che una
testimonianza in particolare, ho voluto concentrare l’attenzione sulla
differenza nelle esperienze delle persone colpite, in generale. A New York ci
sono stati 2749 morti ufficiali, quindi ci sono almeno 2749 famiglie unite
sostanzialmente dallo stesso lutto. Eppure emerge in modo forte, proprio la
differenza nel loro vissuto, a seconda di tutta una serie di fattori come per
esempio, il riconoscimento datogli da parte dei mass media, il ceto sociale, il
colore della pelle... Poi ci sono le vittime invisibili, persone rimaste uccise
ma la cui scomparsa non è stata mai dimostrata ufficialmente per mancanza di
prove. Si tratta di immigrati illegali, che lavoravano nel mercato nero che
gravitava intorno al World Trade Center.
D. – Nelle ore immediatamente
successive a quella tragedia, si è sperimentata una grande solidarietà a New
York, una città ferita così profondamente. A cinque anni di distanza, quale
testimonianza puoi dare di questo aspetto particolare?
R. – A cinque anni di distanza, la
sofferenza resta ancora per tutti. Credo che i membri delle comunità immigrate,
residenti a New York, abbiano inoltre molte difficoltà: non solo hanno perso
persone care ma molti di loro hanno anche perso il posto di lavoro e i mezzi di
sostentamento a causa del crollo occupazionale in seguito agli attacchi.
Inoltre, sono stati colpiti dai provvedimenti contro gli immigrati messi in
atto dall’Amministrazione americana dopo l’11 settembre.
D. – Quale messaggio si può trarre da questa
tragedia, che ha coinvolto una città che in fondo è quasi uno specchio del
mondo, New York. Una città che non è soltanto una città americana, è ben di
più…
R. – Parlando con le persone,
confrontandomi con loro, sono stata toccata dall’amore e dal coraggio di tutti
coloro con cui ho avuto modo di parlare. Ho riscontrato in loro un grande
spirito di solidarietà e di cooperazione. Una apertura al dialogo e
all’ascolto. Sono atteggiamenti che vanno, in qualche modo, nella direzione
opposta rispetto a quello in cui sta andando il mondo di oggi. Quindi,
bisognerebbe forse tornare ad ascoltare proprio le loro voci, le voci delle
vittime, capire la strada giusta da intraprendere.
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LA
CINA VINCE IL LEONE D’ORO AL FESTIVAL DI VENEZIA:
UN VERDETTO
CHE PREMIA UN CINEMA DI PROFONDO
SPESSORE UMANO
La Cina vince inaspettatamente il
Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Riconoscimenti anche alla
Francia e all’Italia, mentre la più bella sorpresa è il Gran premio della
Giuria assegnato a Daratt, che porta per la
prima volta alla ribalta il Ciad: un verdetto importante che premia un cinema
di grande qualità e di profondo spessore umano e sociale. Servizio di Luca
Pellegrini.
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La Mostra del Cinema di Venezia
conferma anche quest’anno il suo occhio vigile nei confronti di un cinema
impegnato sul fronte dell’umano. Lo fa attraverso il verdetto della Giuria
Internazionale che, pur con alcune inopportune soluzioni di ripiego, ha
giudicato i film e assegnato i premi. L’attenzione si è rivolta all’uomo
contemporaneo che non dimentica la storia, interpreta criticamente il passato
più o meno recente, vive di solitudini, di drammi familiari ma anche di piccoli
atti di coraggio e di solidarietà. Ecco allora che Hellen
Mirren, e non se ne era mai dubitato, prende
meritatamente la Coppa Volpi per la sua interpretazione di Elisabetta II ai
tempi della morte di Lady Diana, in The Queen di Stephen Frears,
mentre sul versante maschile è Ben Affleck,
contestato però in sala, a ricevere il premio per l’impietoso ritratto che
l’attore, in Hollywoodland,
offre del primo Superman televisivo anni ’50, misteriosamente scomparso in una
Hollywood già abbondantemente corrotta e corruttrice.
Doppio diventa quest’anno,
soluzione però poco felice e convincente, il Leone d’Argento:
all’ottantaquattrenne maestro Alain Resnais per il raffinato Piccole paure condivise, ossia poesia e sentimento per sconfiggere
la solitudine; e alla giovane cosiddetta “rivelazione”, ossia l’italiano
Emanuele Crialese, per il suo toccante, rigoroso e
applauditissimo Nuovomondo, nel quale narra di
una famiglia siciliana e del suo viaggio, ai primi del ‘900, verso la “grande
utopia”, l’America dell’abbondanza e del lavoro. Un ritratto impeccabile, un
film che ci aiuta a riflettere sul fenomeno migratorio che oggi siamo costretti
ad affrontare, spesso impreparati.
La sorpresa più grande è quella
del massimo riconoscimento al film Still life del
cinese Jia Zhang-Ke: il
regista entra malinconico e con pudore stilistico nel perpetuo divenire delle
anime e delle cose della sua terra, la Cina, cercando discretamente di farcele
non tanto accettare a occhi chiusi, ma delicatamente comprendere. Infine, assai
meritato, il premio all’intenso e coraggioso film del regista ciadiano Mahamat-Saleh Haroun: Daratt
è una magnifica, coraggiosa storia di perdono sullo sfondo della guerra civile
che ha insanguinato per quarant’anni il Paese. Ed è anche un’invocazione di
pace e giustizia per tutta l’umanità.
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10 settembre 2006
OGGI
ALLE 16.00, NELLA CATTEDRALE DI SAN LORENZO A GENOVA,
IL
SALUTO DELL’ARCIVESCOVO, IL CARDINALE TARCISIO BERTONE,
DAL 15 SETTEMBRE NUOVO SEGRETARIO DI STATO
VATICANO
- A
cura di Dino Frambati -
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GENOVA.=
Sarà un saluto carico di affetto ed emozione, ma soprattutto un invito alla
speranza, quello che rivolgerà tra poche ore ai genovesi, dalla Cattedrale di
San Lorenzo, il cardinale Tarcisio Bertone, dal 15 settembre titolare della
delicata e importante carica di Segretario di Stato vaticano. Cerimonia
prevista per le 16.00. Le persone attese sono migliaia, con le massime autorità
genovesi e liguri in prima fila. Ma il porporato, rimasto due anni e mezzo
sotto la Lanterna, dove ha certamente guidato il popolo dei fedeli in maniera
ineccepibile sul piano pastorale, annunciando il Vangelo in maniera visibile e
forte anche per i non credenti, nei giorni scorsi ha lasciato ai genovesi una
sorta di testamento spirituale e indicazioni precise per il futuro. Lo ha fatto
recandosi all’ospedale pediatrico Gaslini e indicando
la necessità di tutela e amore verso i più giovani, verso la vita e il dovere
di preservarla in tutti i suoi momenti. Lo ha fatto, inoltre, esaltando il
lavoro e la sua funzione sociale, quando ha incontrato i cavalieri del lavoro, ma
anche parlando con gli sportivi ed indicando l’assoluta esigenza di
correttezza, trasparenza e onestà in tutte le competizioni sportive e della vita. E poi, incontrando i
militari e anticipando le linee di ricerca di giustizia e pace nel mondo che
perseguirà come Segretario di Stato. Il cardinale ha poi espresso concetti di
alto spessore, parlando di integrazione e rispetto reciproco di etnie con usi,
costumi e fedi diverse, ed esortando i musulmani al rispetto della donna.
Inevitabile, infine, chiedersi quanto il cardinale Bertone abbia inciso sulla
storia di Genova: la risposta è arrivata dalle migliaia di persone che, in
questi ultimi giorni, hanno voluto recarsi personalmente in curia per salutare
l’arcivescovo che se ne va. Appuntamento dunque alle 16.00,
oggi in Cattedrale.
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DURA
CONDANNA DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INDIA,
CARDINALE
TELESPHORE PLACIDUS TOPPO, PER L’ATTENTATO DI
VENERDI’
A UNA
MOSCHEA DI MALEGAON, NELLO STATO OCCIDENTALE DEL MAHARASHTRA,
CHE HA
CAUSATO 37 MORTI. “E’ ARRIVATO IL MOMENTO PER TUTTI
-
ESORTA IL PORPORATO - DI RIVOLGERE DI NUOVO GLI OCCHI A DIO”
DELHI. =
“Condanniamo la violenza e conserviamo la speranza in un futuro di pace”: con
queste parole, l’arcivescovo di Ranchi e
presidente della Conferenza episcopale dell’India, il cardinale Telesphore Placidus Toppo,
commenta ad AsiaNews l’attentato avvenuto venerdì davanti ad una moschea di Malegaon, nello Stato occidentale del Maharashtra.
Diverse esplosioni hanno causato 37 morti e circa 100 feriti. Le vittime, tra
cui anche diversi bambini, erano riunite nella cittadina per celebrare la
festività musulmana dello Shab-e-Barat, la “notte
delle benedizioni”, che prevede preghiere notturne per i defunti nelle moschee
e la richiesta di perdono per propri i peccati. “Questo – afferma il porporato
– è un momento di crisi evidente, che colpisce la vita delle persone. Come
presidente dei vescovi indiani, mi sento chiamato a pronunciare parole di
speranza e di incoraggiamento in questi tempi di paura”. “Voglio incoraggiare –
aggiunge – soprattutto le persone che non cedono e vogliono dare sempre una
possibilità alla speranza. L’India ha una ricca tradizione di tolleranza e
rispetto religioso e quindi è giusto sperare in un futuro migliore, fatto di rispetto
e armonia reciproca”. “La speranza – continua il cardinale Toppo – ci dà la
forza di vivere insieme al pericolo, senza sottostare a esso: la speranza ci
spinge a combattere per superare ostacoli che paiono insormontabili. E’
arrivato il momento di riorientare la nostra vita
verso Dio: ognuno, qualunque sia la sua religione, è chiamato a rivolgere i
suoi occhi a Dio”. Il porporato invita poi a vedere la fede come
“l’insegnamento primario, che ci consente di fare affidamento su quel Dio che
ci ha dato la vita e che sostiene il mondo con il suo potere”. “E’ lui - spiega
il presidente dell’episcopato indiano – che ci chiede di rispettare la vita di
ogni persona e di ogni popolazione”. “In questo contesto - conclude - il
messaggio di non violenza di Gandhi si impone di
nuovo come perenne e fondamentale. L’attacco è avvenuto proprio due giorni
prima le celebrazioni del centenario del Satyagraha,
il movimento non violento, e questo ci deve spingere a ricordare l’insegnamento
del padre della nazione, che ha influenzato il mondo”. (R.M.)
RIPROPORRE
AL MONDO CONTEMPORANEO LA REGOLA DI VITA DELLE BEATITUDINI:
CON
QUESTO INTENTO, 120 MONACHE BENEDETTINE DI TUTTO IL MONDO
SONO
RIUNITE A ROMA PER IL V SIMPOSIO INTERNAZIONALE DELLA COMMUNIO INTERNATIONALIS BENEDICTINARUM
(CIB), SUL TEMA: “GUIDARE CON SAGGEZZA”
ROMA. =
“Guidare con saggezza (...), in modo che i forti abbiano di che desiderare e i
deboli non si sgomentino” (RB 64,19): è il tema del V Simposio Internazionale
della Communio Internationalis
Benedictinarum (CIB), in corso fino al 15 settembre
al Pontificio istituto liturgico Sant’Anselmo di Roma. La CIB nasce nel
novembre del 2001, al termine di una consultazione tra tutti i monasteri di
Benedettine del mondo. In tale organismo si ritrovano tutte le comunità
femminili Benedettine riconosciute come tali dall’Abate Primate ed elencate nel
“Catalogus Monasteriorum O.S.B.”. Il Simposio, cui partecipano 120 monache
provenienti da tutto il mondo, vuole essere un’occasione per ascoltare
l’insegnamento delle Sacre Scritture e di San Benedetto, per confrontarsi e
pregare insieme, condividendo la lectio
divina e l’esperienza monastica. Un pellegrinaggio al fianco di San
Benedetto e Santa Scolastica che culminerà, il 13 settembre, con la visita al
loro Paese natale: Norcia. In questi giorni, inoltre, le Benedettine seguono in
particolare con la preghiera Benedetto XVI, nel suo viaggio apostolico in
Baviera. Consapevoli che il nostro mondo contemporaneo è in buona parte
regolato dal denaro e dal potere, le Benedettine vogliono riproporre e riattualizzare l’insegnamento di Gesù che mostra una regola
di vita diversa, espressa principalmente nelle Beatitudini: “Beati i poveri in
spirito, perché di essi è il regno dei cieli…” (Mt
5,3). (R.M.)
“NON ACCETTEREMO ARRETRAMENTI RISPETTO AI RISULTATI DEL DOHA ROUND”:
E’
L’AVVERTIMENTO LANCIATO DAI PAESI PRODUTTORI DEL TERZO MONDO,
RIUNITISI
IERI A RIO DE JANEIRO, IN BRASILE, PER RILANCIARE IL
NEGOZIATO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO (WTO), INTERROTTO A LUGLIO
RIO DEL JANEIRO. = A essere in
questione non è solo il fallimento del Doha Round, la
trattativa dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) lanciata nel 2001,
ma la sopravvivenza dello stesso sistema multilaterale di commercio: a
dichiararlo, in un documento congiunto firmato ieri, è il gruppo del G-20, che
riunisce i principali Paesi del terzo mondo produttori agricoli, incontratisi a
Rio de Janeiro, in Brasile, alla presenza dei maggiori esponenti commerciali di
Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. Scopo della riunione, rilanciare il
negoziato interrotto a luglio a Ginevra, a causa delle sovvenzioni difese dagli
USA ai suoi prodotti agricoli interni. Secondo il comunicato del G-20, tutte le
nazioni in via di sviluppo non accetteranno che ci sia qualsiasi arretramento
da quanto è stato già concesso dai Paesi ricchi alla fine dell’anno scorso a
Hong Kong, in Cina, quando USA, UE e Giappone avevano accettato di eliminare i
sussidi alle proprie esportazioni agricole entro il 2013. “Sottolineiamo – si legge
nel documento – che l’unico risultato accettabile sarà quello che resterà in
conformità con i compromessi del Doha. Qualsiasi
tentativo di rinegoziare o di riscrivere tali punti sarà inaccettabile”. “La
maggioranza dei poveri del mondo – prosegue il G-20 – fa dell’agricoltura un
suo mezzo di sopravvivenza. Le loro condizioni di sussistenza e il loro
standard di vita si trovano seriamente minacciati dai sussidi e dalle
restrizioni di accesso ai mercati, che prevalgono nel commercio agricolo
internazionale”. “Un round di trattative che sia fedele alla dimensione dello
sviluppo – si chiude il comunicato – deve con urgenza correggere questa
situazione”. (R.M.)
“A CAUSA DELLA SICCITA’ NEL NORD E NELL’OVEST
DELL’AFGHANISTAN, IN POCHI MESI, MILIONI DI PERSONE POTREBBERO SOFFRIRE LA
FAME”: E’ L’ALLARME LANCIATO DALL’ONG BRITANNICA, CHRISTIAN AID, IN COINCIDENZA
CON UNA RECRUDESCENZA DEI COMBATTIMENTI NEL PAESE TRA COALIZIONE
INTERNAZIONALE
E RIBELLI TALEBAN
KABUL. = Milioni di persone in
Afghanistan sono minacciate dalla fame a causa della siccità, che ha distrutto
la maggior parte dei raccolti nel nord e nell’ovest del Paese. Lo afferma l’ONG
britannica, Christian Aid,
che lancia l’allarme in coincidenza con una recrudescenza dei combattimenti tra
coalizione internazionale e ribelli Taleban. Una
ricerca condotta in 66 villaggi mostra che i contadini hanno perso il 100 per
cento dei raccolti nelle zone più colpite dalla carenza di precipitazioni
dell’inverno e della primavera scorsi. Nelle province di Herat,
Badghis e Ghor la maggior
parte delle sorgenti sono a secco. A Herat, in particolare,
tra il 90 e il 100 per cento dei raccolti dipendenti dalle precipitazioni sono andati persi, mentre
quelli legati alle tecniche di irrigazione sono diminuiti del 40 per cento. Christian Aid invita i donatori
di tutto il mondo a rispondere all’appello lanciato a luglio dal governo
afghano e dall’ONU per raccogliere d’urgenza aiuti per 60 milioni di euro. “La
popolazione non muore ancora di fame – avverte Sultan
Maqsood Fazel, di Christian Aid in Afghanistan – ma
occorre con ogni evidenza venirle in aiuto, altrimenti la situazione, di qui a
qualche mese, diventerà molto seria”. (R.M.)
DOPO
LA DIMOSTRAZIONE DELLA RISPOSTA A STIMOLI ESTERNI
DA PARTE DI UNA DONNA BRITANNICA IN STATO VEGETATIVO, LA SEZIONE
MILANESE DELL’ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI ITALIANI (AMCI) RIAFFERMA
LA
PRIORITÀ DELLA DIFESA DELLA VITA: “MAI PIÙ CASI SCHIAVO”
MILANO. = Di fronte alla
dimostrazione, pubblicata sulla rivista scientifica Science,
per mezzo della risonanza magnetica funzionale, che una ragazza inglese di 23
anni in stato vegetativo ha risposto a stimoli esterni, la sezione milanese
dell’Associazione medici cattolici italiani (AMCI) riafferma la priorità della
difesa della vita. L’AMCI di Milano si associa alla proposta del prof.
Francesco D’Agostino, perché si giunga alla riaffermazione del diritto
‘costituzionale’ che riconosca per ogni
uomo la possibilità di essere sempre assistito, finché non si giunga alla
dimostrazione di un non ritorno della coscienza. L’Associazione chiede inoltre
che non si ripetano più fatti aberranti come quello di Terry
Schiavo, la donna americana in stato vegetativo morta a St.
Petersburg, in Florida, il 31 marzo del 2005, 13
giorni dopo il distacco dai macchinari che la tenevano in vita. (R.M.)
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10 settembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco -
Scontri sempre più intensi in
Afghanistan, dove almeno 100 talebani sono rimasti uccisi in seguito ad
operazioni militari condotte nelle ultime 24 ore da truppe della NATO nel sud
del Paese. E’ così salito a 450 il numero dei guerriglieri rimasti uccisi negli
attacchi sferrati da reparti dell’Alleanza atlantica nell’ambito dell’offensiva
“Medusa”, lanciata lo scorso 2 settembre nelle zone meridionali del Paese
asiatico per stanare e neutralizzare gruppi di insorti. Violenze si registrano
anche nell’est del Paese, dove un attentatore suicida ha ucciso il governatore
della provincia di Paktia. Ieri, intanto, il generale
canadese Ray Henault, capo
del Comitato militare della NATO, ha chiesto agli Stati membri della NATO di
inviare altri 2.500 soldati per garantire maggiore stabilità. Sempre ieri, il
presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, ha annunciato che l’Italia non aumenterà il proprio contingente impegnato in Afghanistan
sotto il comando dell’Alleanza atlantica e non ritirerà quello già dispiegato
nel Paese. Sulla
sempre più difficile situazione in Afghanistan, ascoltiamo al microfono di
Stefano Leszczynski il presidente del Centrostudi
Internazionali, Andrea Martelletti:
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R. – Quella che sta cambiando è la
situazione contingente generale dell’Afghanistan, dove le milizie o vari gruppi
irregolari diventano sempre più aggressivi. Quindi, sono più frequenti gli
scontri fra le forze della coalizione internazionale e queste formazioni della
guerriglia che vuole lottare per continuare a mantenere l’Afghanistan in uno
stato di caos.
D. – Come si può definire,
esattamente, questa missione della Comunità internazionale in Afghanistan?
R. – Esistono in Afghanistan due
missioni assolutamente diverse. Una è la missione “Enduring freedom”, a guida unicamente americana,
alla quale partecipano – per esempio – francesi, australiani, neozelandesi e
inglesi. Si tratta di una missione contro i talebani e gli uomini di Al Qaeda.
Esiste poi la missione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) che ha la propria base a
Kabul. Questa missione ha come obiettivi
la ricostruzione dell’Afghanistan ed il rafforzamento del governo di Hamid Karzai.
D. – Una situazione che appare,
comunque, difficile agli occhi dell’opinione pubblica. C’è stato un errore di
comunicazione da parte dei governi su questo tipo di missioni?
R. – Si fa soprattutto confusione
nei Paesi dove queste due missioni sono strumentalizzate. La comunicazione,
certamente, non è stata forse delle migliori, ma bisogna anche dire che molti
non hanno voluto informarsi ed hanno preferito continuare a creare confusione.
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Il governo pakistano ha smentito
che il mullah Omar, leader del regime talebano
rovesciato in Afghanistan nel 2002, si nasconda in una zona centro-occidentale
del Pakistan come riferito dalla televisione CNN. L’emittente americana, che ha
dichiarato di aver ottenuto l’informazione dall’intelligence statunitense, ha
anche rivelato che il leader dell’organizzazione terroristica Al Qaeda, Osama Bin Laden,
si nasconderebbe in una zona tribale al confine tra Afghanistan e Pakistan. Da
registrare, poi, che il governo di Washington ha offerto 10 milioni di dollari
a chi fornirà informazioni utili alla cattura del mullah Omar.
Gli Stati Uniti sono più sicuri
adesso di cinque anni fa, grazie ai programmi magari contestati ma di valore
“incalcolabile”, della propria amministrazione. Gli Stati Uniti sono comunque
ancora minacciati e proseguono nell’offensiva contro il terrorismo. Sono alcuni
dei passi del discorso pronunciato ieri dal presidente statunitense, George Bush, alla vigilia del V
anniversario degli attacchi kamikaze compiuti l’11 settembre del 2001.
Una partnership tra governo iracheno, Paesi
donatori e organizzazioni internazionali per contribuire alla stabilizzazione
politica, allo sviluppo economico e alla ricostruzione dell’Iraq: è la finalità
dell’International Compact, incontro
promosso dal governo di Baghdad e apertosi stamani ad Abu
Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Durante la riunione
è stata indicata, tra le varie priorità, la creazione di un adeguato livello di
sicurezza in Iraq, teatro anche oggi di un ennesimo attentato: una bomba è
esplosa in un mercato di Baghdad causando la morte di almeno 6 persone. Nei
pressi della capitale la polizia ha rinvenuto, inoltre, i corpi senza vita di
16 persone. A sud di Baquba, poi, è stato assassinato
il capo della polizia della provincia di Diyala.
Sono ripresi a Vienna i colloqui
tra il negoziatore iraniano, Ali Larijani, e l’Alto
rappresentante europeo della politica estera e della sicurezza, Javier Solana, sull’intricata
questione nucleare iraniana. Il negoziatore della Repubblica islamica e Solana hanno
dichiarato che sono stati compiuti progressi e che
“molte incomprensioni sono state rimosse”. Ma la trattativa continua ad
essere difficile: il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha ribadito,
stamani, che la questione della sospensione
dell’arricchimento dell’uranio “appartiene al passato” e che il governo di Teheran si rifiuta di fare passi indietro.
Il presidente palestinese, Abu Mazen, si è detto pronto ad
incontrare il premier israeliano, Ehud Olmert, “senza condizioni”, per rilanciare “negoziati
immediati, seri e diretti” per la pace in Medio Oriente. La dichiarazione è
stata rilasciata al termine del colloquio, a Ramallah,
con il premier britannico, Tony Blair, che ha dato il
suo appoggio all’ipotesi di un governo di unità palestinese con i partiti di Fatah e Hamas. Anche il primo ministro israeliano si era
detto disponibile, ieri, ad incontrare Abu Mazen senza condizioni.
Due navi da carico sono arrivate, ieri, nel porto di Beirut
sancendo per il Libano la ripresa degli scambi commerciali dopo 34 giorni di
guerra tra luglio e agosto e dopo la fine dell’embargo aereo e navale imposto da
Israele fino all’8 settembre. La Siria ha negato, intanto, di essere d’accordo
sullo schieramento di osservatori europei ai confini con il Libano, precisando
che il capo di Stato siriano, Bashar Al Assad, ed il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi,
hanno discusso su una possibile assistenza tecnica europea alle guardie di
frontiera siriane. E in Italia, il leader della Casa delle Libertà Silvio Berlusconi ha annunciato che il suo partito potrebbe votare
‘no’ sulla missione italiana in Libano.
E’ di 25 morti il
bilancio definitivo dell’incendio che tre giorni fa ha devastato una miniera
d’oro e metalli preziosi di Darasum, nella Siberia
orientale. Stamani sono stati estratti i corpi di altri quattro minatori. Al
momento dell’incendio, nella miniera c’erano 64 persone: 39 sono riusciti a
mettersi in salvo. Secondo una prima ricostruzione, il rogo è stato causato da
lavori di saldatura che hanno provocato fiamme, successivamente propagatesi
lungo le strutture di legno dell’impianto.
Circa
15 mila manifestanti si sono radunati ieri all’esterno della fiera di
Salonicco, città portuale nel nord della Grecia, per protestare contro la
politica economica di austerity del
governo di centro-destra del premier Costas Karamanlis. Durante il discorso del primo ministro,
pronunciato in difesa della rigida politica economica adottata per ridurre il
deficit di bilancio secondo le direttive dell’Unione Europea, sono scoppiati
gravi disordini. La polizia ha reagito con cariche e lanci di lacrimogeni. Non
si hanno notizie di feriti ed eventuali arresti.
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