RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 253  - Testo della trasmissione di domenica 10 settembre 2006

 

 

Sommario

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

La Messa di Benedetto XVI  oggi a Monaco di fronte a 250 mila persone: l'uomo di oggi – ha detto il Papa  - non sente più Dio e rischia di cadere nel cinismo. Credere vuol dire porre Dio al centro della propria vita percorrendo le vie dell'amore e della giustizia. Ieri, all’arrivo in Baviera, ha invitato i tedeschi a restare fedeli a Cristo: il commento del nostro direttore generale, Padre Federico Lombardi, e la testimonianza di mons. Cunthir Mandl

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Montenegro indipendente per la prima volta oggi alle elezioni dopo il distacco dalla Serbia nel maggio scorso: intervista con Federico Eichberg

 

New York cinque anni dopo l’11 settembre 2001: in un libro inchiesta le testimonianze delle famiglie delle vittime dell’attentato alle Torri Gemelle: ai nostri microfoni Laura Clarke

 

La Cina vince  il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia

 

CHIESA E SOCIETA’:

Il saluto del cardinale Tarcisio Bertone a Genova: il porporato lascia la sua arcidiocesi per assumere dal 15 settembre la carica di Segretario di Stato della Santa Sede

       

In India, dura condanna del cardinale Placidus Toppo per l’attentato di venerdì a una Moschea

 

Riunite a Roma per un convegno internazionale 120 monache benedettine di tutto il mondo

 

“Non accetteremo arretramenti rispetto ai risultati del Doha Round”: questo l’avvertimento dei Paesi produttori del Terzo Mondo riuniti in Brasile

 

La ONG  Christian Aid lancia l’allarme per la siccità in Afghanistan  

 

Dopo la dimostrazione della risposta a stimoli esterni da parte di una donna britannica in stato vegetativo, l’Associazione Medici Cattolici Italiani riafferma la priorità della difesa della vita

24 ORE NEL MONDO:

Violenza senza fine in Afghanistan: almeno 100 talebani morti in scontri nel sud

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

10 settembre 2006

 

 

LA MESSA DEL PAPA A MONACO: L'UOMO DI OGGI NON SENTE PIÙ DIO

 E RISCHIA DI CADERE NEL CINISMO. CREDERE VUOL DIRE PORRE DIO

AL CENTRO DELLA PROPRIA VITA, PERCORRENDO LE VIE DELL'AMORE E DELLA GIUSTIZIA. IERI ALL’ARRIVO IN BAVIERA HA INVITATO

I TEDESCHI A RESTARE FEDELI A CRISTO

- Interviste con padre Federico Lombardi e mons. Cunthir Mandl -

 

L’uomo di oggi non riesce più a sentire Dio: sente l’urgenza del progresso, dello sviluppo ma non quella della fede e rischia di cadere nel cinismo e nel disprezzo di Dio. Così il Papa oggi nell’omelia della Messa presieduta sulla spianata della Nuova Fiera di Monaco di fronte ad oltre 250 mila persone nella seconda giornata del suo viaggio in Baviera, sua terra natale.

 

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(Canto)

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Benedetto XVI ha invitato a mettere Dio al centro della propria vita: solo così la vita cambia davvero, perché l’amore di Dio include l’amore per il prossimo. Allora “la giustizia e l’amore” diventano “le forze decisive nell’ordine del mondo”. Visibile l’entusiasmo del Papa che, accolto dal cardinale di Monaco e Frisinga Friedrich Wetter, ha salutato la folla nel tipico modo bavarese “Gruss Gott”, “Dio ti saluta”. Sul palco il più antico crocifisso del mondo, risalente al IX secolo e ritrovato  in Baviera, a testimonianza delle radici cristiane dell’Europa. Ieri, al suo arrivo, Benedetto XVI aveva invitato i tedeschi a restare fedeli a Cristo. Da Monaco, il servizio del nostro inviato Paolo Ondarza:

 

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         “Il sociale e il Vangelo sono inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco”. E’ uno dei passaggi dell’omelia di Benedetto XVI, questa mattina sotto il cielo sereno di Monaco, nel corso della celebrazione eucaristica sulla spianata della Neue Messe. Il Papa ha salutato la moltitudine di fedeli convenuti da più parti della Baviera, della Germania, ma anche da Austria, Polonia, Svizzera, Romania e Repubblica Ceca.

 

DIE KATHOLISCHE KIRCHE IN DEUTSCHLAND IST GROBARTIN DURCH IHRE 

 

 “La chiesa cattolica in Germania è grandiosa nelle attività sociali”, – ha detto il Santo Padre – ma “esiste in alcuni l’idea che i progetti sociali siano da promuovere con la massima urgenza, mentre le cose che riguardano Dio o addirittura la fede cattolica siano cose di minore importanza”. Tuttavia è l’evangelizzazione che “deve avere la precedenza” – ha proseguito Benedetto XVI citando l’esperienza dei presuli africani ricevuti recentemente in visita ad Limina in Vaticano. “Ogni tanto – ha raccontato il Papa – qualche vescovo africano dice: “Se presento in Germania progetti sociali, trovo subito le porte aperte. Ma se vengo con un progetto di evangelizzazione, incontro piuttosto riserve”. Solo la conversione del cuore derivata dall’amore e la conoscenza del Dio di Gesù Cristo porta ad un vero progresso del sociale, ad una vera lotta, ad esempio, all’Aids, combattuta “affrontando veramente le sue cause profonde e curando i malati con la dovuta attenzione e con amore”.  Laddove manca Cristo, “sopravvengono i meccanismi della violenza,  la capacità di distruggere e di uccidere diventa la capacità prevalente per raggiungere il potere e i criteri secondo i quali la tecnica entra a servizio del diritto e dell’amore si smarriscono”. “Le popolazioni dell'Africa e dell'Asia – ha proseguito il Papa - ammirano le nostre prestazioni tecniche e la nostra scienza, ma al contempo si spaventano di fronte ad un tipo di ragione che esclude totalmente Dio dalla visione dell'uomo. La vera minaccia per la loro identità non la vedono nella fede cristiana, ma invece nel disprezzo di Dio e nel cinismo che considera il dileggio del sacro un diritto della libertà ed eleva l'utilità a supremo criterio morale per i futuri successi della ricerca”:

 

LIEBE FREUNDE! DIESER ZYNISMUS IST NICHT DIE ART VON TOLERANZ…

 

“Cari amici, questo cinismo non è il tipo di tolleranza e di apertura culturale che i popoli aspettano e che tutti noi desideriamo! La tolleranza di cui abbiamo urgente bisogno comprende il timor di Dio – il rispetto di ciò che per altri è cosa sacra”.

 

“Questo senso di rispetto – ha spiegato Benedetto XVI -  può essere rigenerato nel mondo occidentale soltanto se cresce di nuovo la fede in Dio. Ma la fede non è qualcosa che si può imporre. “Un simile genere di proselitismo è contrario al cristianesimo” – ha aggiunto – “La fede può svilupparsi solo nella libertà”.  Da qui un appello alla libertà degli uomini di aprirsi a Dio, di cercarlo, riprestargli ascolto. Solo nella libertà avviene la guarigione dalla “sordità nei confronti di Dio di cui soffriamo specialmente in questo nostro tempo”. “Non riusciamo più a sentirlo – ha detto Benedetto XVI – sono troppe le frequenze diverse che occupano le nostre orecchie”. “Quello che si dice di Dio ci sembra pre-scientifico, non più adatto al nostro tempo. Con la debolezza d’udito nei confronti di Dio, l’orizzonte della nostra vita si riduce in modo preoccupante”. Anche oggi –ha aggiunto il Papa - così come nel brano evangelico del sordomuto guarito, Gesù vuole curare la nostra sordità, toccandoci, dicendo “Effatà,  Apriti!”, per renderci capaci di “sentire ancora Dio” e donarci “uno sguardo “diverso sull’uomo e sulla creazione”. Il profeta Isaia rivolto a un popolo oppresso diceva “La vendetta di Dio verrà”. Ma cos’è questa vendetta? “La Croce – ha spiegato Benedetto XVI – il “No” alla violenza, l’amore fino alla fine”:

 

DIESEN GOTT BRAUCHEN WIR. WIR VERLETZEN NICHT DEN RESPEKT VOR …

 

“E’ questo il Dio di cui abbiamo bisogno. Non veniamo meno al rispetto di altre religioni e culture, al profondo rispetto per la loro fede, se confessiamo ad alta voce e senza mezzi termini quel Dio che alla violenza oppone la sua sofferenza; che di fronte al male e al suo potere innalza, come limite e superamento, la sua misericordia”.

 

La necessità, per la convivenza serena e pacifica tra gli uomini, di porre Dio al centro della realtà e della vita è stata ribadita dal Papa anche all’Angelus. “L'esempio di un tale atteggiamento – ha detto -  è Maria, donna dell’ascolto, Vergine col cuore aperto verso Dio e verso gli uomini”.  A lei – ha continuato Benedetto XVI – si sono rivolti i fedeli di ogni tempo nella tribolazione invocando il suo aiuto”. Ne sono testimonianza le innumerevoli chiese e santuari nella Baviera. Il Pontefice ha ricordato il santuario di Altötting, dove domani si recherà in pellegrinaggio, e la Colonna di Maria, Mariensäule, ai piedi della quale ieri ha vissuto momenti intensi di “festa della fede”, salutato da 150 mila persone accorse per le strade di Monaco.

 

APPLAUSI E CORI: “Benedetto! Benedetto!”.

 

“Un entusiasmo più grande e caloroso di quello napoletano”. Così lo ha definito il Papa affidando alla protezione della Vergine l’intera Baviera con una preghiera. Dalla Marienplatz, piazza di Maria, raggiunta da  Benedetto XVI dopo la cerimonia di benvenuto all’aeroporto Franz Joseph Strauss, il Santo Padre ha espresso l’auspicio che “le nuove generazioni della Baviera  restino fedeli al patrimonio spirituale” di questa terra. Poi il saluto ai fratelli in Cristo in particolare luterani e ortodossi, rappresentati dal vescovo protestante Friedrich e dal  metropolita Agostinos e ai seguaci delle altre religioni.

 

Paragonando la propria storia a quella dell’orso utilizzato da San Corbiniano per trasportare un fardello fino a Roma, Benedetto XVI ha detto “L'orso mi incoraggia sempre di nuovo a compiere il mio servizio con gioia e fiducia”. Con una battuta ha aggiunto sorridendo: 'L'orso a Roma fu lasciato libero”. Nel mio caso  il Padrone ha deciso diversamente”. In serata gli incontri privati e lo scambio di doni nella sala delle porcellane della Residenza reale di Monaco con il presidente federale Kohler, il cancelliere Merkel e il ministro presidente della Baviera Stoiber.  Poi il trasferimento al Palazzo Arcivescovile di Monaco per la cena in privato.

 

Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza, Radio Vaticana.

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         Sul messaggio che il Papa ha voluto lanciare da Monaco ascoltiamo il nostro direttore generale  padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. – Il messaggio di quest’oggi mi sembra molto chiaro: bisogna cioè chiedere a Dio che ci riapra le orecchie per ascoltarlo. E’ naturalmente un messaggio ispirato al Vangelo di oggi, in cui c’è il sordomuto che viene guarito da Gesù, in modo tale da non diventare anche noi, piano piano, sordi rispetto alla sua voce nel mondo di oggi. Questo Dio che siamo chiamati a riascoltare e riconoscere nella società, che sembra si vada secolarizzando, non è un Dio qualunque, ma è il Dio dell’amore. Qui abbiamo i due grandi elementi del Magistero del Papa: la fede e quindi il primato di Dio e l’amore, perché l’identità di Dio è l’amore stesso. Tutto quello che è anche l’impegno cristiano discende naturalmente dalla nostra stessa fede che si manifesta quindi anche nell’affrontare i problemi della nostra società con la solidarietà e con l’attenzione a chi è meno favorito: è qualcosa che ci viene dal fatto che noi crediamo in Dio, in un Dio che per primo ci dà l’esempio dell’amore fino alla morte, con la parola della Croce.

 

D. – L’accoglienza del popolo bavarese è stata davvero calorosissima…

 

R. – Sì. Direi, infatti, che ieri pomeriggio l’esperienza è stata piuttosto quella dell’incontro con il popolo della Baviera. Un incontro, questo, estremamente caldo, estremamente affettuoso e in particolare al culmine che si è avuto sotto la Colonna di Maria, la Mariensäule, nella Marienplatz al centro di Monaco. Si vedeva il Papa evidentemente commosso per l’affetto che il popolo di Monaco gli manifestava.

 

D. – Cosa colpisce di più in questa prima fase del viaggio?

 

R. – Io sono colpito da questo fatto. Ripensando anche ai viaggi di Giovanni Paolo II nella sua patria e vedendo adesso questo primo viaggio di Benedetto XVI nella sua patria, vedo che il legame di questi Papi con la loro terra e che noi notiamo in particolare perché sono Papi non italiani e quindi si tratta di una terra che devono andare a cercare, anche lontano da Roma, è qualcosa di molto intenso e prezioso per tutti. Lo sentiamo come un messaggio: ognuno di noi sappia amare, ritrovare, capire le proprie radici, che sono anche la propria formazione nella fede e di qui possa riprendere con slancio ritrovato, con responsabilità rinnovata la sua missione. Questo hanno fatto anche i Papi e mi pare che ci diano un grande esempio che vale per tutti. Poi sono colpito, forse perché anche la mia formazione è pure in parte tedesca, della bellezza di queste celebrazioni e della loro solennità. Abbiamo anche tutta la tradizione corale, una musica meravigliosa di canti a cui tutto il popolo partecipa facilmente. Direi che è quello che noi notiamo anche nel Papa, il suo amore per la Liturgia, per la celebrazione ben fatta, rispettosa, consapevole della sua dignità. Questo lo si respira molto in questi giorni, partecipando a questi momenti che sono stati preparati veramente bene e sono partecipati con grande profondità e dignità.

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Questa sera il Papa presiede la celebrazione dei Vespri nella Cattedrale di Monaco. Domani sarà nella diocesi di Passau dove sul piazzale del Santuario mariano di Altötting celebrerà alle 10.00 la Santa Messa alla presenza di 30 mila persone tra cui delegazioni dei principali santuari mariani europei. Presenti anche 5 mila disabili. La nostra emittente trasmetterà la radiocronaca dell’evento con commento in varie lingue. Nel pomeriggio l’incontro con i religiosi e i seminaristi nella Basilica di Sant’Anna per la celebrazione dei Vespri mariani. In serata la visita a Marktl am Inn, la cittadina dove Benedetto XVI è nato il 16 aprile del 1927. Sulla  centralità del culto alla Vergine Maria in Baviera, Paolo Ondarza ha sentito mons. Cunthir Mandl, parroco della chiesa dei Santi Filippo e Giacomo ad Altötting:

 

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R. – La Vergine Maria è, in senso spirituale, la Regina di Baviera. Nella storia della Baviera è stata sempre il nostro punto di riferimento. In tempi di guerra e di conflitti le persone comuni, ma anche i grandi e lo stesso re di Baviera sono venuti ad Altötting per trovarvi consolazione. E’ molto forte, ad Altötting, questa esperienza di chi cerca Maria e trova Maria, ma trova anche il Figlio, nostro Signore Gesù Cristo e, attraverso Lui, il senso stesso della vita.

 

D. – Il giovane Jozeph Ratzinger, veniva – da bambino, appunto – al Santuario della Vergine di Altötting?

 

R. – Sì, all’età di sette anni era qui accompagnato, per mano, dai suoi genitori. E poi come seminarista, come prete, come professore, come arcivescovo di Monaco, come cardinale di Roma ed ora come Papa. E’ un amico di Altötting.

 

D. –  E ora torna ad Altötting

 

R. – Noi, qui in Altötting, siamo pieni di speranza che attraverso lui giunga a noi un conforto ed un incoraggiamento nella fede nella nostra regione, nella nostra patria.

 

D. – Nella piazza del Santuario la celebrazione della Santa Messa alla presenza di oltre 30 mila persone, tra cui delegazioni di vari santuari mariani europei…

 

R. – Sì sono presenti delegazioni di Lourdes, di Fatima, di Loreto, Czestochowa per indicare che qui sono presenti i cuori dell’Europa.

 

D. – A seguire la cerimonia anche 5.000 disabili, alcuni riuniti anche nella vostra Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo…

 

R. – La presenza di persone disabili e malate è per noi molto importante, perché il volto dei malati e il volto di Gesù Cristo. Vogliamo dire a loro: il Santo Padre viene specialmente per incontrare voi, per consolarvi, per rinforzarvi, per dirvi che la vostra è vita è piena di senso.

 

D. – Nel pomeriggio, l’incontro con religiosi e seminaristi nella Basilica di Sant’Anna…

 

R. – La vocazione al presbiterato è molto ridotta. Abbiamo bisogno di nuove vocazioni e questa visita prepara una nuova Pentecoste per la Germania intera.

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OGGI IN PRIMO PIANO

10 settembre 2006

 

 

MONTENEGRO: OGGI LE PRIME ELEZIONI DALL’INDIPENDENZA DALLA SERBIA

- Intervista con Federico Eichberg -

 

Storiche elezioni parlamentari oggi in Montenegro, il più giovane Stato nel contesto internazionale. Si tratta, infatti, delle prime consultazioni dal referendum del maggio scorso, che ha sancito l’indipendenza dalla Serbia, a partire dal 3 giugno, del piccolo Paese balcanico. 81 i seggi del Parlamento di Podgorica che gli oltre 480 mila elettori dovranno assegnare. Favorita, secondo i sondaggi, l’alleanza social-democratica del premier Djukanovic. A seguire, socialisti e partiti minori, tra i quali figura anche una formazione filo-serba. Intanto, in vista della chiamata alle urne, le autorità montenegrine hanno arrestato 14 persone sospettate di attività terroristica, la maggioranza delle quali di origine albanese. Lo rende noto stamani il quotidiano locale Vijesti. Ma per un’analisi dell’appuntamento elettorale del Montenegro, Giancarlo La Vella ha raccolto il commento di Federico Eichberg, esperto dell’area balcanica:

 

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R. - E’ un confronto nuovo e un confronto tradizionale allo stesso tempo, perché  ovviamente si tratta di uno Stato che ha voluto avviare un profondo rinnovamento, basti pensare alla richiesta di adesione alla NATO. L’alleanza del premier Djukanovich si presenta con una forza rilevante che probabilmente le consentirà di prevalere. Al contempo Djukanovich si trova ad affrontare i tradizionali rivali, cioè i socialisti, indeboliti dall’esito del referendum, però sarà interessante vedere un rinnovamento che si auspica in queste seconde forze a seguito delle elezioni.

 

D. - In uno Stato così giovane c’è il rischio per la tenuta democratica nel futuro?

 

R. - L’esito di queste elezioni, se saranno confermate le previsioni, e quindi se manterrà il potere Djukanovich, ci potrà dire molto. Nel senso che l’aspetto più interessante sarà dal giorno dopo e cioè l’esigenza per le forze dei socialisti di abbandonare alcune posizioni e quindi proporre tematiche innovatrici. Un secondo aspetto è questa terza forza più liberale, che sembra nei sondaggi abbastanza premiata, che potrebbe portare qualche nuova tematica all’attenzione, ma diciamo che l’aspetto più decisivo di questo confronto può essere rispetto all’equilibrio che il Montenegro ha cercato di tenere tra Occidente e Oriente. Sappiamo che oggi la Russia è forse il principale investitore in Montenegro e che Djukanovich cerca di tenere buoni rapporti tanto con Mosca quanto con l’Unione Europea e Washington. Allora capire se ci sarà questa positiva continuazione sarà l’aspetto più interessante dell’elezione.

 

D. - Sarà importante l’appoggio della Comunità internazionale, dell’Europa in particolare al Montenegro?

 

R. - Per quanto l’esito del referendum di giugno segni un cammino autonomo del Montenegro, in realtà il cammino del Montenegro è molto legato a quello della Serbia. Quindi la questione montenegrina si intreccia con i “Kosovo status talks” che si svolgono a Vienna cioè il confronto tra delegazione di Belgrado e delegazione di Pristina. Allora se saremo in grado come Comunità internazionale di garantire che i colloqui di Vienna portino ad un nuovo assetto maggiormente condiviso tra le forze che partecipano a questi negoziati, allora anche il Montenegro potrà conoscere una nuova stagione. In buona sostanza l’accelerazione del processo di adesione di questi paesi all’Unione Europea è proporzionale al loro grado di intesa; questa intesa si dovrà svolgere a tappe: una prima tappa è stata il positivo esito del referendum. Un altro positivo risultato dovrà essere entro la fine dell’anno, al massimo nei primi mesi del 2007, un positiva soluzione della questione Kosovo.

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NEW YORK, CINQUE ANNI DOPO: IN UN LIBRO-INCHIESTA

LA TESTIMONIANZA DELLE FAMIGLIE DELLE VITTIME

 DELL’ATTENTATO ALLE TORRI GEMELLE

- Con noi Laura Clarke -

 

Cinque anni dopo, la ferita è ancora aperta. Laddove si stagliavano le Torri Gemelle, marchio inconfondibile dello sky line di New York, lo spazio vuoto ricorda drammaticamente quanto successo l’11 settembre di 5 anni fa. E le ferite sono ancora profonde nella gente che, più o meno direttamente, subisce ancora le conseguenze dell’attentato terroristico più sanguinoso della storia. Per cercare di comprendere come New York viva questo quinto anniversario dell’attentato al World Trade Center, la giornalista britannica Laura Clarke ha raccolto delle testimonianze dalle quali è nato il libro “Voci da Ground Zero”. Prima ancora che per  la sua professione, la spinta a svolgere questa inchiesta è nata in Laura Clarke per motivi personali, come sottolinea nell’intervista di Alessandro Gisotti:

 

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R. – “Voci da Ground Zero” nasce da un personale coinvolgimento nella vicenda, essendo io cugina di una delle vittime britanniche del World Trade Center. Sono andata a New York nel 2005, in primo luogo per venire alle prese con il “mio” 11 settembre. Poi, stando lì, ho avuto modo di confrontarmi con altre persone che avevano vissuto gli attacchi e le loro conseguenze. Le loro testimonianze sono diventate successivamente la sostanza del mio libro.

 

D. – Tra queste testimonianze, qual è quella che più ti ha colpito e che in un certo modo riassume anche le altre, come storia e significato?

 

R. – Piuttosto che una testimonianza in particolare, ho voluto concentrare l’attenzione sulla differenza nelle esperienze delle persone colpite, in generale. A New York ci sono stati 2749 morti ufficiali, quindi ci sono almeno 2749 famiglie unite sostanzialmente dallo stesso lutto. Eppure emerge in modo forte, proprio la differenza nel loro vissuto, a seconda di tutta una serie di fattori come per esempio, il riconoscimento datogli da parte dei mass media, il ceto sociale, il colore della pelle... Poi ci sono le vittime invisibili, persone rimaste uccise ma la cui scomparsa non è stata mai dimostrata ufficialmente per mancanza di prove. Si tratta di immigrati illegali, che lavoravano nel mercato nero che gravitava intorno al World Trade Center.

 

D. – Nelle ore immediatamente successive a quella tragedia, si è sperimentata una grande solidarietà a New York, una città ferita così profondamente. A cinque anni di distanza, quale testimonianza puoi dare di questo aspetto particolare?

 

R. – A cinque anni di distanza, la sofferenza resta ancora per tutti. Credo che i membri delle comunità immigrate, residenti a New York, abbiano inoltre molte difficoltà: non solo hanno perso persone care ma molti di loro hanno anche perso il posto di lavoro e i mezzi di sostentamento a causa del crollo occupazionale in seguito agli attacchi. Inoltre, sono stati colpiti dai provvedimenti contro gli immigrati messi in atto dall’Amministrazione americana dopo l’11 settembre.

 

D. –  Quale messaggio si può trarre da questa tragedia, che ha coinvolto una città che in fondo è quasi uno specchio del mondo, New York. Una città che non è soltanto una città americana, è ben di più…

 

R. – Parlando con le persone, confrontandomi con loro, sono stata toccata dall’amore e dal coraggio di tutti coloro con cui ho avuto modo di parlare. Ho riscontrato in loro un grande spirito di solidarietà e di cooperazione. Una apertura al dialogo e all’ascolto. Sono atteggiamenti che vanno, in qualche modo, nella direzione opposta rispetto a quello in cui sta andando il mondo di oggi. Quindi, bisognerebbe forse tornare ad ascoltare proprio le loro voci, le voci delle vittime, capire la strada giusta da intraprendere.

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LA CINA VINCE IL LEONE D’ORO AL FESTIVAL DI VENEZIA:

 UN VERDETTO  CHE PREMIA UN CINEMA  DI PROFONDO SPESSORE UMANO

 

La Cina vince inaspettatamente il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. Riconoscimenti anche alla Francia e all’Italia, mentre la più bella sorpresa è il Gran premio della Giuria assegnato a Daratt, che porta per la prima volta alla ribalta il Ciad: un verdetto importante che premia un cinema di grande qualità e di profondo spessore umano e sociale. Servizio di Luca Pellegrini.

 

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La Mostra del Cinema di Venezia conferma anche quest’anno il suo occhio vigile nei confronti di un cinema impegnato sul fronte dell’umano. Lo fa attraverso il verdetto della Giuria Internazionale che, pur con alcune inopportune soluzioni di ripiego, ha giudicato i film e assegnato i premi. L’attenzione si è rivolta all’uomo contemporaneo che non dimentica la storia, interpreta criticamente il passato più o meno recente, vive di solitudini, di drammi familiari ma anche di piccoli atti di coraggio e di solidarietà. Ecco allora che Hellen Mirren, e non se ne era mai dubitato, prende meritatamente la Coppa Volpi per la sua interpretazione di Elisabetta II ai tempi della morte di Lady Diana, in The Queen di Stephen Frears, mentre sul versante maschile è Ben Affleck, contestato però in sala, a ricevere il premio per l’impietoso ritratto che l’attore, in Hollywoodland, offre del primo Superman televisivo anni ’50, misteriosamente scomparso in una Hollywood già abbondantemente corrotta e corruttrice.

 

Doppio diventa quest’anno, soluzione però poco felice e convincente, il Leone d’Argento: all’ottantaquattrenne maestro Alain Resnais per il raffinato Piccole paure condivise, ossia poesia e sentimento per sconfiggere la solitudine; e alla giovane cosiddetta “rivelazione”, ossia l’italiano Emanuele Crialese, per il suo toccante, rigoroso e applauditissimo Nuovomondo, nel quale narra di una famiglia siciliana e del suo viaggio, ai primi del ‘900, verso la “grande utopia”, l’America dell’abbondanza e del lavoro. Un ritratto impeccabile, un film che ci aiuta a riflettere sul fenomeno migratorio che oggi siamo costretti ad affrontare, spesso impreparati.

 

La sorpresa più grande è quella del massimo riconoscimento al film Still life del cinese Jia Zhang-Ke: il regista entra malinconico e con pudore stilistico nel perpetuo divenire delle anime e delle cose della sua terra, la Cina, cercando discretamente di farcele non tanto accettare a occhi chiusi, ma delicatamente comprendere. Infine, assai meritato, il premio all’intenso e coraggioso film del regista ciadiano Mahamat-Saleh Haroun: Daratt è una magnifica, coraggiosa storia di perdono sullo sfondo della guerra civile che ha insanguinato per quarant’anni il Paese. Ed è anche un’invocazione di pace e giustizia per tutta l’umanità.

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CHIESA E SOCIETA’

10 settembre 2006

 

OGGI ALLE 16.00, NELLA CATTEDRALE DI SAN LORENZO A GENOVA,

IL SALUTO DELL’ARCIVESCOVO, IL CARDINALE TARCISIO BERTONE,

 DAL 15 SETTEMBRE NUOVO SEGRETARIO DI STATO VATICANO

- A cura di Dino Frambati -

 

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GENOVA.= Sarà un saluto carico di affetto ed emozione, ma soprattutto un invito alla speranza, quello che rivolgerà tra poche ore ai genovesi, dalla Cattedrale di San Lorenzo, il cardinale Tarcisio Bertone, dal 15 settembre titolare della delicata e importante carica di Segretario di Stato vaticano. Cerimonia prevista per le 16.00. Le persone attese sono migliaia, con le massime autorità genovesi e liguri in prima fila. Ma il porporato, rimasto due anni e mezzo sotto la Lanterna, dove ha certamente guidato il popolo dei fedeli in maniera ineccepibile sul piano pastorale, annunciando il Vangelo in maniera visibile e forte anche per i non credenti, nei giorni scorsi ha lasciato ai genovesi una sorta di testamento spirituale e indicazioni precise per il futuro. Lo ha fatto recandosi all’ospedale pediatrico Gaslini e indicando la necessità di tutela e amore verso i più giovani, verso la vita e il dovere di preservarla in tutti i suoi momenti. Lo ha fatto, inoltre, esaltando il lavoro e la sua funzione sociale, quando ha incontrato i cavalieri del lavoro, ma anche parlando con gli sportivi ed indicando l’assoluta esigenza di correttezza, trasparenza e onestà in tutte le competizioni  sportive e della vita. E poi, incontrando i militari e anticipando le linee di ricerca di giustizia e pace nel mondo che perseguirà come Segretario di Stato. Il cardinale ha poi espresso concetti di alto spessore, parlando di integrazione e rispetto reciproco di etnie con usi, costumi e fedi diverse, ed esortando i musulmani al rispetto della donna. Inevitabile, infine, chiedersi quanto il cardinale Bertone abbia inciso sulla storia di Genova: la risposta è arrivata dalle migliaia di persone che, in questi ultimi giorni, hanno voluto recarsi personalmente in curia per salutare l’arcivescovo che se ne va. Appuntamento dunque alle 16.00, oggi in Cattedrale.

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DURA CONDANNA DEL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DELL’INDIA,

CARDINALE TELESPHORE PLACIDUS TOPPO, PER L’ATTENTATO DI VENERDI’

A UNA MOSCHEA DI MALEGAON, NELLO STATO OCCIDENTALE DEL MAHARASHTRA,

CHE HA CAUSATO 37 MORTI. “E’ ARRIVATO IL MOMENTO PER TUTTI

- ESORTA IL PORPORATO - DI RIVOLGERE DI NUOVO GLI OCCHI A DIO”

 

DELHI. = “Condanniamo la violenza e conserviamo la speranza in un futuro di pace”: con queste parole, l’arcivescovo di Ranchi e presidente della Conferenza episcopale dell’India, il cardinale Telesphore Placidus Toppo, commenta ad AsiaNews l’attentato avvenuto venerdì davanti ad una moschea di Malegaon, nello Stato occidentale del Maharashtra. Diverse esplosioni hanno causato 37 morti e circa 100 feriti. Le vittime, tra cui anche diversi bambini, erano riunite nella cittadina per celebrare la festività musulmana dello Shab-e-Barat, la “notte delle benedizioni”, che prevede preghiere notturne per i defunti nelle moschee e la richiesta di perdono per propri i peccati. “Questo – afferma il porporato – è un momento di crisi evidente, che colpisce la vita delle persone. Come presidente dei vescovi indiani, mi sento chiamato a pronunciare parole di speranza e di incoraggiamento in questi tempi di paura”. “Voglio incoraggiare – aggiunge – soprattutto le persone che non cedono e vogliono dare sempre una possibilità alla speranza. L’India ha una ricca tradizione di tolleranza e rispetto religioso e quindi è giusto sperare in un futuro migliore, fatto di rispetto e armonia reciproca”. “La speranza – continua il cardinale Toppo – ci dà la forza di vivere insieme al pericolo, senza sottostare a esso: la speranza ci spinge a combattere per superare ostacoli che paiono insormontabili. E’ arrivato il momento di riorientare la nostra vita verso Dio: ognuno, qualunque sia la sua religione, è chiamato a rivolgere i suoi occhi a Dio”. Il porporato invita poi a vedere la fede come “l’insegnamento primario, che ci consente di fare affidamento su quel Dio che ci ha dato la vita e che sostiene il mondo con il suo potere”. “E’ lui - spiega il presidente dell’episcopato indiano – che ci chiede di rispettare la vita di ogni persona e di ogni popolazione”. “In questo contesto - conclude - il messaggio di non violenza di Gandhi si impone di nuovo come perenne e fondamentale. L’attacco è avvenuto proprio due giorni prima le celebrazioni del centenario del Satyagraha, il movimento non violento, e questo ci deve spingere a ricordare l’insegnamento del padre della nazione, che ha influenzato il mondo”. (R.M.)

 

 

RIPROPORRE AL MONDO CONTEMPORANEO LA REGOLA DI VITA DELLE BEATITUDINI:

CON QUESTO INTENTO, 120 MONACHE BENEDETTINE DI TUTTO IL MONDO

SONO RIUNITE A ROMA PER IL V SIMPOSIO INTERNAZIONALE DELLA COMMUNIO INTERNATIONALIS BENEDICTINARUM (CIB), SUL TEMA: “GUIDARE CON SAGGEZZA”

 

ROMA. = “Guidare con saggezza (...), in modo che i forti abbiano di che desiderare e i deboli non si sgomentino” (RB 64,19): è il tema del V Simposio Internazionale della Communio Internationalis Benedictinarum (CIB), in corso fino al 15 settembre al Pontificio istituto liturgico Sant’Anselmo di Roma. La CIB nasce nel novembre del 2001, al termine di una consultazione tra tutti i monasteri di Benedettine del mondo. In tale organismo si ritrovano tutte le comunità femminili Benedettine riconosciute come tali dall’Abate Primate ed elencate nel “Catalogus Monasteriorum O.S.B.”. Il Simposio, cui partecipano 120 monache provenienti da tutto il mondo, vuole essere un’occasione per ascoltare l’insegnamento delle Sacre Scritture e di San Benedetto, per confrontarsi e pregare insieme, condividendo la lectio divina e l’esperienza monastica. Un pellegrinaggio al fianco di San Benedetto e Santa Scolastica che culminerà, il 13 settembre, con la visita al loro Paese natale: Norcia. In questi giorni, inoltre, le Benedettine seguono in particolare con la preghiera Benedetto XVI, nel suo viaggio apostolico in Baviera. Consapevoli che il nostro mondo contemporaneo è in buona parte regolato dal denaro e dal potere, le Benedettine vogliono riproporre e riattualizzare l’insegnamento di Gesù che mostra una regola di vita diversa, espressa principalmente nelle Beatitudini: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli…” (Mt 5,3). (R.M.)

 

 

“NON ACCETTEREMO ARRETRAMENTI RISPETTO AI RISULTATI DEL DOHA ROUND”:

E’ L’AVVERTIMENTO LANCIATO DAI PAESI PRODUTTORI DEL TERZO MONDO,

RIUNITISI IERI A RIO DE JANEIRO, IN BRASILE, PER RILANCIARE IL NEGOZIATO DELL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO (WTO), INTERROTTO A LUGLIO

 

RIO DEL JANEIRO. = A essere in questione non è solo il fallimento del Doha Round, la trattativa dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) lanciata nel 2001, ma la sopravvivenza dello stesso sistema multilaterale di commercio: a dichiararlo, in un documento congiunto firmato ieri, è il gruppo del G-20, che riunisce i principali Paesi del terzo mondo produttori agricoli, incontratisi a Rio de Janeiro, in Brasile, alla presenza dei maggiori esponenti commerciali di Stati Uniti, Unione Europea e Giappone. Scopo della riunione, rilanciare il negoziato interrotto a luglio a Ginevra, a causa delle sovvenzioni difese dagli USA ai suoi prodotti agricoli interni. Secondo il comunicato del G-20, tutte le nazioni in via di sviluppo non accetteranno che ci sia qualsiasi arretramento da quanto è stato già concesso dai Paesi ricchi alla fine dell’anno scorso a Hong Kong, in Cina, quando USA, UE e Giappone avevano accettato di eliminare i sussidi alle proprie esportazioni agricole entro il 2013. “Sottolineiamo – si legge nel documento – che l’unico risultato accettabile sarà quello che resterà in conformità con i compromessi del Doha. Qualsiasi tentativo di rinegoziare o di riscrivere tali punti sarà inaccettabile”. “La maggioranza dei poveri del mondo – prosegue il G-20 – fa dell’agricoltura un suo mezzo di sopravvivenza. Le loro condizioni di sussistenza e il loro standard di vita si trovano seriamente minacciati dai sussidi e dalle restrizioni di accesso ai mercati, che prevalgono nel commercio agricolo internazionale”. “Un round di trattative che sia fedele alla dimensione dello sviluppo – si chiude il comunicato – deve con urgenza correggere questa situazione”. (R.M.)

 

 

“A CAUSA DELLA SICCITA’ NEL NORD E NELL’OVEST DELL’AFGHANISTAN, IN POCHI MESI, MILIONI DI PERSONE POTREBBERO SOFFRIRE LA FAME”: E’ L’ALLARME LANCIATO DALL’ONG BRITANNICA, CHRISTIAN AID, IN COINCIDENZA CON UNA RECRUDESCENZA DEI COMBATTIMENTI NEL PAESE TRA COALIZIONE

INTERNAZIONALE E RIBELLI TALEBAN

 

KABUL. = Milioni di persone in Afghanistan sono minacciate dalla fame a causa della siccità, che ha distrutto la maggior parte dei raccolti nel nord e nell’ovest del Paese. Lo afferma l’ONG britannica, Christian Aid, che lancia l’allarme in coincidenza con una recrudescenza dei combattimenti tra coalizione internazionale e ribelli Taleban. Una ricerca condotta in 66 villaggi mostra che i contadini hanno perso il 100 per cento dei raccolti nelle zone più colpite dalla carenza di precipitazioni dell’inverno e della primavera scorsi. Nelle province di Herat, Badghis e Ghor la maggior parte delle sorgenti sono a secco. A  Herat, in particolare,  tra il 90 e il 100 per cento dei raccolti dipendenti dalle  precipitazioni sono andati persi, mentre quelli legati alle tecniche di irrigazione sono diminuiti del 40 per cento. Christian Aid invita i donatori di tutto il mondo a rispondere all’appello lanciato a luglio dal governo afghano e dall’ONU per raccogliere d’urgenza aiuti per 60 milioni di euro. “La popolazione non muore ancora di fame – avverte Sultan Maqsood Fazel, di Christian Aid in Afghanistan – ma occorre con ogni evidenza venirle in aiuto, altrimenti la situazione, di qui a qualche mese, diventerà molto seria”. (R.M.)

 

 

DOPO LA DIMOSTRAZIONE DELLA RISPOSTA A STIMOLI ESTERNI

DA PARTE DI UNA DONNA BRITANNICA IN STATO VEGETATIVO, LA SEZIONE MILANESE DELL’ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI ITALIANI (AMCI) RIAFFERMA

LA PRIORITÀ DELLA DIFESA DELLA VITA: “MAI PIÙ CASI SCHIAVO”

 

MILANO. = Di fronte alla dimostrazione, pubblicata sulla rivista scientifica Science, per mezzo della risonanza magnetica funzionale, che una ragazza inglese di 23 anni in stato vegetativo ha risposto a stimoli esterni, la sezione milanese dell’Associazione medici cattolici italiani (AMCI) riafferma la priorità della difesa della vita. L’AMCI di Milano si associa alla proposta del prof. Francesco D’Agostino, perché si giunga alla riaffermazione del diritto ‘costituzionale’  che riconosca per ogni uomo la possibilità di essere sempre assistito, finché non si giunga alla dimostrazione di un non ritorno della coscienza. L’Associazione chiede inoltre che non si ripetano più fatti aberranti come quello di Terry Schiavo, la donna americana in stato vegetativo morta a St. Petersburg, in Florida, il 31 marzo del 2005, 13 giorni dopo il distacco dai macchinari che la tenevano in vita. (R.M.)

 

 

 

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24 ORE NEL MONDO

10 settembre 2006

 

- A cura di Amedeo Lomonaco -

 

Scontri sempre più intensi in Afghanistan, dove almeno 100 talebani sono rimasti uccisi in seguito ad operazioni militari condotte nelle ultime 24 ore da truppe della NATO nel sud del Paese. E’ così salito a 450 il numero dei guerriglieri rimasti uccisi negli attacchi sferrati da reparti dell’Alleanza atlantica nell’ambito dell’offensiva “Medusa”, lanciata lo scorso 2 settembre nelle zone meridionali del Paese asiatico per stanare e neutralizzare gruppi di insorti. Violenze si registrano anche nell’est del Paese, dove un attentatore suicida ha ucciso il governatore della provincia di Paktia. Ieri, intanto, il generale canadese Ray Henault, capo del Comitato militare della NATO, ha chiesto agli Stati membri della NATO di inviare altri 2.500 soldati per garantire maggiore stabilità. Sempre ieri, il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, ha annunciato che l’Italia non aumenterà il proprio contingente impegnato in Afghanistan sotto il comando dell’Alleanza atlantica e non ritirerà quello già dispiegato nel Paese. Sulla sempre più difficile situazione in Afghanistan, ascoltiamo al microfono di Stefano Leszczynski il presidente del Centrostudi Internazionali, Andrea Martelletti:

 

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R. – Quella che sta cambiando è la situazione contingente generale dell’Afghanistan, dove le milizie o vari gruppi irregolari diventano sempre più aggressivi. Quindi, sono più frequenti gli scontri fra le forze della coalizione internazionale e queste formazioni della guerriglia che vuole lottare per continuare a mantenere l’Afghanistan in uno stato di caos.

 

D. – Come si può definire, esattamente, questa missione della Comunità internazionale in Afghanistan?

 

R. – Esistono in Afghanistan due missioni assolutamente diverse. Una è la missione “Enduring freedom”, a guida unicamente americana, alla quale partecipano – per esempio – francesi, australiani, neozelandesi e inglesi. Si tratta di una missione contro i talebani e gli uomini di Al Qaeda. Esiste poi la missione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) che ha la propria base a Kabul. Questa missione ha come obiettivi  la ricostruzione dell’Afghanistan ed il rafforzamento del governo di Hamid Karzai.

 

D. – Una situazione che appare, comunque, difficile agli occhi dell’opinione pubblica. C’è stato un errore di comunicazione da parte dei governi su questo tipo di missioni?

 

R. – Si fa soprattutto confusione nei Paesi dove queste due missioni sono strumentalizzate. La comunicazione, certamente, non è stata forse delle migliori, ma bisogna anche dire che molti non hanno voluto informarsi ed hanno preferito continuare a creare confusione.

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Il governo pakistano ha smentito che il mullah Omar, leader del regime talebano rovesciato in Afghanistan nel 2002, si nasconda in una zona centro-occidentale del Pakistan come riferito dalla televisione CNN. L’emittente americana, che ha dichiarato di aver ottenuto l’informazione dall’intelligence statunitense, ha anche rivelato che il leader dell’organizzazione terroristica Al Qaeda, Osama Bin Laden, si nasconderebbe in una zona tribale al confine tra Afghanistan e Pakistan. Da registrare, poi, che il governo di Washington ha offerto 10 milioni di dollari a chi fornirà informazioni utili alla cattura del mullah Omar.

 

Gli Stati Uniti sono più sicuri adesso di cinque anni fa, grazie ai programmi magari contestati ma di valore “incalcolabile”, della propria amministrazione. Gli Stati Uniti sono comunque ancora minacciati e proseguono nell’offensiva contro il terrorismo. Sono alcuni dei passi del discorso pronunciato ieri dal presidente statunitense, George Bush, alla vigilia del V anniversario degli attacchi kamikaze compiuti l’11 settembre del 2001.

 

Una partnership tra governo iracheno, Paesi donatori e organizzazioni internazionali per contribuire alla stabilizzazione politica, allo sviluppo economico e alla ricostruzione dell’Iraq: è la finalità dell’International Compact, incontro promosso dal governo di Baghdad e apertosi stamani ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Durante la riunione è stata indicata, tra le varie priorità, la creazione di un adeguato livello di sicurezza in Iraq, teatro anche oggi di un ennesimo attentato: una bomba è esplosa in un mercato di Baghdad causando la morte di almeno 6 persone. Nei pressi della capitale la polizia ha rinvenuto, inoltre, i corpi senza vita di 16 persone. A sud di Baquba, poi, è stato assassinato il capo della polizia della provincia di Diyala.

 

Sono ripresi a Vienna i colloqui tra il negoziatore iraniano, Ali Larijani, e l’Alto rappresentante europeo della politica estera e della sicurezza, Javier Solana, sull’intricata questione nucleare iraniana. Il negoziatore della Repubblica islamica e  Solana hanno dichiarato che sono stati compiuti progressi e che “molte incomprensioni sono state rimosse”. Ma la trattativa continua ad essere difficile: il portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha ribadito, stamani, che la questione della sospensione dell’arricchimento dell’uranio “appartiene al passato” e che il governo di Teheran si rifiuta di fare passi indietro.

 

Il presidente palestinese, Abu Mazen, si è detto pronto ad incontrare il premier israeliano, Ehud Olmert, “senza condizioni”, per rilanciare “negoziati immediati, seri e diretti” per la pace in Medio Oriente. La dichiarazione è stata rilasciata al termine del colloquio, a Ramallah, con il premier britannico, Tony Blair, che ha dato il suo appoggio all’ipotesi di un governo di unità palestinese con i partiti di Fatah e Hamas.  Anche il primo ministro israeliano si era detto disponibile, ieri, ad incontrare Abu Mazen senza condizioni.

 

Due navi da carico sono arrivate, ieri, nel porto di Beirut sancendo per il Libano la ripresa degli scambi commerciali dopo 34 giorni di guerra tra luglio e agosto e dopo la fine dell’embargo aereo e navale imposto da Israele fino all’8 settembre. La Siria ha negato, intanto, di essere d’accordo sullo schieramento di osservatori europei ai confini con il Libano, precisando che il capo di Stato siriano, Bashar Al Assad, ed il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, hanno discusso su una possibile assistenza tecnica europea alle guardie di frontiera siriane. E in Italia, il leader della Casa delle Libertà Silvio Berlusconi ha annunciato che il suo partito potrebbe votare ‘no’ sulla missione italiana in Libano.

 

E’ di 25 morti il bilancio definitivo dell’incendio che tre giorni fa ha devastato una miniera d’oro e metalli preziosi di Darasum, nella Siberia orientale. Stamani sono stati estratti i corpi di altri quattro minatori. Al momento dell’incendio, nella miniera c’erano 64 persone: 39 sono riusciti a mettersi in salvo. Secondo una prima ricostruzione, il rogo è stato causato da lavori di saldatura che hanno provocato fiamme, successivamente propagatesi lungo le strutture di legno dell’impianto.

 

Circa 15 mila manifestanti si sono radunati ieri all’esterno della fiera di Salonicco, città portuale nel nord della Grecia, per protestare contro la politica economica di austerity del governo di centro-destra del premier Costas Karamanlis. Durante il discorso del primo ministro, pronunciato in difesa della rigida politica economica adottata per ridurre il deficit di bilancio secondo le direttive dell’Unione Europea, sono scoppiati gravi disordini. La polizia ha reagito con cariche e lanci di lacrimogeni. Non si hanno notizie di feriti ed eventuali arresti.

 

 

 

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