RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 252  - Testo della trasmissione di sabato 9 settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

“Chi crede non è mai solo”: con questo motto inizia oggi il viaggio di Benedetto XVI in Baviera, sua terra natale. Come primo atto, il Papa prega davanti alla Colonna di Maria, a Monaco, per affidare nuovamente i suoi connazionali alla Madre di Dio: intervista con il cardinale Friedrich Wetter

 

Il dramma umanitario dei civili in Libano, aggravato dall’utilizzo delle bombe a grappolo: così ai nostri microfoni mons. Silvano Maria Tomasi

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Il Burundi a un passo dalla pace: la testimonianza di un missionario saveriano

 

Il contributo della Caritas italiana al Convegno ecclesiale nazionale che si terrà in ottobre a Verona: con noi don Vittorio Nozza

 

La Chiesa ricorda oggi San Pietro Claver, gesuita, riconosciuto come patrono delle missioni tra gli africani deportati come schiavi, nel 1600, in Sudamerica: ce ne parla padre Paolo Molinari

 

Al Festival del Cinema di Venezia le giurie cattoliche premiano due film centrati sui temi del perdono e dell’immigrazione: intervista con Diego Giuliani

 

Il Vangelo di domani: il commento di padre Marko Ivan Rupnik

 

CHIESA E SOCIETA’:

“Dove sta andando il Cile?”: si chiedono i vescovi del Paese latinoamericano, in una nota riferita alla politica governativa di regolazione nazionale della fertilità

 

Messa conclusiva ieri della festa della Madonna della "Caridad del Cobre", patrona di Cuba

 

Convegno delle ACLI ad Orvieto sul tema della felicità

 

Anche nelle chiese si faranno le ‘ore piccole’: 15 i luoghi di culto aperti a Roma in occasione della “notte bianca”, che si svolgerà da stasera fino al mattino

 

24 ORE NEL MONDO:

Almeno 350 talebani uccisi in Afghanistan negli ultimi 8 giorni durante gli scontri tra soldati dell’ISAF e ribelli

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

9 settembre 2006

 

“CHI CREDE NON E’ MAI SOLO”:

CON QUESTO MOTTO INIZIA OGGI IL VIAGGIO DI BENEDETTO XVI

IN BAVIERA, SUA TERRA NATALE. COME PRIMO ATTO,

 IL PAPA PREGA DAVANTI ALLA COLONNA DI MARIA, A MONACO,

PER AFFIDARE NUOVAMENTE I SUOI CONNAZIONALI ALLA  MADRE DI DIO

- Intervista con il cardinale Friedrich Wetter, arcivescovo di Monaco -

 

Benedetto XVI è partito per la Baviera, quarto viaggio internazionale del suo Pontificato. L’aereo papale, un Airbus 321 dell’Alitalia, è decollato poco dopo le 14.00 dallo scalo romano di Ciampino: l’arrivo all’aeroporto internazionale di Monaco è previsto per le 15.30 circa. La visita apostolica si svolge sul motto “Chi crede non è mai solo”, una frase che il Papa ha pronunciato nell’omelia della Messa d’inizio Pontificato e che richiama la gioia dell’essere cristiani, nella certezza di non essere mai abbandonati da Dio, né in vita né in morte. Benedetto XVI visiterà fino al 14 settembre i luoghi nei quali ha vissuto ed operato prima della sua elezione a Sommo Pontefice:  il paese natale di Marktl am Inn, e le città di Altötting, Ratisbona, Frisinga e Monaco. Il viaggio inizierà con la preghiera del Papa davanti alla Colonna di Maria, nella Marienplatz di Monaco: Benedetto XVI affiderà nuovamente la Baviera alla protezione della Madre di Dio. Per i particolari sull’attesa del Pontefice, la linea va al nostro inviato a Monaco, Paolo Ondarza:

 

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Ad attendere il Papa, oltre alle centinaia di migliaia di persone che parteciperanno alle varie celebrazioni, oggi c’è il sole: una piacevole smentita, questa, delle previsioni meteorologiche dei giorni scorsi. Forte e diffuso l’entusiasmo tra la gente, ma sobrio e contenuto, nello stile tipico della Baviera: per le strade sventolano le bandiere pontificie bianche e gialle, sui cartelloni i manifesti azzurri della visita del Papa. “La città – dicono alcune suore - è stata rimessa a nuovo: il portale occidentale del Duomo, sprangato da secoli è ora nuovamente aperto”. Immancabili nelle vetrine dei negozi i gadget di varia natura: magliette, tazze, ombrelli con il ritratto del Papa. Imponenti le misure di sicurezza per l’arrivo oggi a Monaco, con poliziotti in ogni angolo della città. La stampa segue con interesse l’evento: la Bild, il giornale tedesco più diffuso, titola in prima pagina “Benedetto, ti amiamo” e dedica al Papa un poster di due pagine. Lo stemma pontificio campeggia sotto la testata del  Suddeutsche Zeitung con una riflessione: la Germania è cambiata, prima dell’11 settembre un evento di questa portata non avrebbe generato tanta attesa. “Grussgoth Daheim”, Bentornato a casa” titola l’Abend Zeitung”, quotidiano di Monaco che ricorda le visite di Giovanni Paolo II del 1980 e del 1987, e definisce il viaggio del Papa l’evento più grande degli ultimi anni in Baviera.  All’aeroporto internazionale Franz Joseph Strauss di Monaco il Pontefice arriverà intorno alle 15.30. Dopo i saluti alle autorità tedesche e del Land pregherà nella Marienplatz, la piazza di Maria,  cuore del centro storico e,ai piedi della Mariensäule, la colonna di Maria, Patrona Bavariae,  rinnoverà  con una preghiera l’atto di affidamento del Land alla Madonna. Era il 28 febbraio 1982 quando, a seguito della sua nomina a prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Joseph Ratzinger si era congedato dalla diocesi di Monaco e Frisinga ai piedi di questa colonna.  In serata nella, Residenz, la Residenza Reale i colloqui privati con il presidente federale Horst Kohler, il cancelliere federale Angela Merkel e il ministro presidente della Baviera Edmund Stoiber. Infine la cena al palazzo arcivescovile di Monaco. Il programma di questa prima giornata lascia già intravedere alcune  motivazioni del  viaggio: un ritorno in patria per il Papa, ma anche una orazione lunga 6 giorni finalizzata a suscitare in Baviera e nella Germania una nuova “primavera della fede” a partire dai giovani affinché scoprano che credere è bello e prendano scelte definitive per la propria vita.

 

Da Monaco di Baviera, Paolo Ondarza Radio Vaticana.

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Sulla visita del Papa in Baviera ascoltiamo l’arcivescovo di Monaco e Frisinga, il cardinale Friedrich Wetter, al microfono di padre Eberhard von Gemmingen:

 

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R. – Dieser Besuch soll ein Fest des Glaubens werden. …

Questa visita vuole essere una festa della fede. Vogliamo che le persone sentano cosa è la Chiesa: comunione con il Papa, ma dietro a questa comunione con il Papa c’è la comunione con Cristo. Domani, quando celebreremo la grande Messa, vogliamo innalzare la Croce di Enghausen, che è stata recentemente restaurata. Proprio in occasione del restauro si è scoperto che questa Croce è la più antica rappresentazione del Crocifisso in grandezza naturale esistente al mondo, risalente all’890-900 d. C.: essa è testimonianza della fede nel nostro Paese, quella fede ha forgiato il nostro Paese per oltre un millennio, e noi vogliamo renderlo manifesto. Penso che questa visita del Santo Padre debba dare prova della forza della nostra fede e che ci auguriamo che rafforzi nella fede tutti coloro che verranno a celebrare la Messa con noi.

 

D. – La visita del Papa offre lo spunto per affrontare le debolezze della Chiesa tedesca …

 

R. – Wenn ich die Schwächen anschaue, dann konzentrieren die sich …

Se guardo alle debolezze della Chiesa, ai miei occhi si racchiudono nel concetto di “secolarizzazione della Chiesa”. Non dobbiamo imborghesirci, perché così diventiamo deboli e non si riconosce più in noi lo specifico dell’essere cristiano. Ecco, questo mi sembra il grande compito: da un lato, essere aperti al mondo, dall’altro, essere vessillo affinché risalti chiaramente lo specifico dell’essere cristiano.

 

D. – E cosa si deve fare?

 

R. – Was man in erster Linie tun muß, ist eine Verkündigung des Glaubens, …

In primo luogo, un annuncio della fede che punti all’essenziale. Il Santo Padre lo fa in una maniera molto bella ed efficace: l’annuncio della fede, perché è attraverso l’annuncio della fede che la Chiesa sempre si è rinnovata. In secondo luogo, la celebrazione della Messa, perché questo non è solo un momento di incontro per elevarsi spiritualmente, ma deve diventare incontro con il Cristo presente. Se ho ben compreso la storia della Chiesa, il rinnovamento della Chiesa si è verificato sempre insieme al rinnovamento della Messa. E il rinnovamento della Messa implica non solo modifiche strutturali, ma una celebrazione viva della Messa che è vero incontro con il Cristo risorto. Quando l’ebreo entrava nel Tempio, veniva a trovarsi al cospetto di Dio: dobbiamo re-imparare questo, che ci troviamo al cospetto di Dio.

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Ricordiamo che, domani, la nostra emittente seguirà in radiocronaca diretta da Monaco la Santa Messa e la recita dell’Angelus presieduti da Benedetto XVI, a partire dalle 9.30, con commenti in italiano, tedesco, francese, spagnolo e portoghese.

 

NOMINE

 

In Canada, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Saint John, New Brunswick,  presentata da mons. Joseph Faber MacDonald, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.

 

Nei Paesi Bassi, il Papa ha nominato vescovo coadiutore di Breda mons. Johannes Harmannes Jozefus van den Hende, finora vicario generale della diocesi di Groningen-Leeuwarden. Mons. Johannes Harmannes Jozefus van den Hende è nato a Groningen il 9 gennaio 1964. Ha compiuto gli studi filosofici e teologici presso la Facoltà teologica di Utrecht come alunno del Convitto "Ariens" di detta città. Dal 1989 al 1994 si è specializzato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Gregoriana, ottenendo il Dottorato in tale materia.  E’ stato ordinato sacerdote il 6 aprile 1991 per la diocesi di Groningen-Leeuwarden.

 

 

IL DRAMMA UMANITARIO DEI CIVILI IN LIBANO,

AGGRAVATO DALL’UTILIZZO DELLE BOMBE A GRAPPOLO:

COSI’ AI NOSTRI MICROFONI MONS. TOMASI,

RAPPRESENTANTE VATICANO AGLI UFFICI ONU DI GINEVRA

 

Il “dramma umanitario” che sta vivendo la popolazione civile in Libano è aggravata dall’utilizzo, durante la recente guerra, delle cosiddette “bombe a grappolo”. E’ quanto sottolinea ai nostri microfoni mons. Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, che in questi giorni ha lanciato un appello per una moratoria sull'utilizzo di queste armi micidiali.  “Le immagini e le prove” che ci arrivano dal Libano – ha detto - sono “allarmanti”. Ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di Sergio Centofanti:

 

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R. - Negli ultimi giorni della guerra sono state sganciate sopra il sud del Libano decine di migliaia di queste bombe a frammentazione. Adesso nel tentativo di ritornare ai loro villaggi, le persone che erano scappate via non possono utilizzare le loro case e i loro campi perché ci sono queste piccole bombe che sono inesplose e rimangono sul terreno anche per vari anni. Quindi il rischio, il pericolo rimane sempre presente soprattutto per i bambini che le vedono come una specie di giocattolo; di fatti quasi un 70% delle vittime di queste bombe sono dei bambini. Avevo già visto in Africa durante la guerra tra Etiopia ed Eritrea, quando andavo nelle zone di guerra, queste piccole bombe per terra, inesplose, che creano, non solo danno agli animali che ci camminano sopra, ma ai bambini che vanno a giocare o alla gente che deve attraversare  quelle aree. Parliamo veramente di conseguenze tragiche, per cui davanti a questa realtà ci si pone la domanda come mai la Comunità internazionale può accettare quest’arma militare, sapendo che gli obiettivi militari che dovrebbero essere colpiti sono veramente limitati, mentre le conseguenze negative sono soprattutto per la popolazione civile e per i bambini. Certo ci sono alcuni grandi Stati che ancora considerano molto legittimo l’uso di questo tipo di bombe.

 

D. - Benedetto XVI nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace ha denunciato con forza un aumento preoccupante delle spese militari e un commercio delle armi sempre prospero mentre “ristagna nella palude di una quasi generale indifferenza” - ha detto - il processo relativo al disarmo”…

 

R. - Questo è vero perché nei vari settori della conferenza del disarmo non si sta facendo molta strada e questo preoccupa, perché mentre da una parte non c’è un movimento positivo nel contesto internazionale, dall’altra si vedono tentativi di far di nuovo emergere la corsa agli armamenti, inclusi gli armamenti nucleari. Quindi questo complica certamente il panorama internazionale ed è un rischio costante per la pace.

 

D. - Che cosa si può fare per fermare il processo di produzione e commercio delle armi?

 

R. - Si sta cercando di fare un passo in avanti con la proposta, che la Santa Sede appoggia, di un trattato sul commercio delle armi in modo che ci sia una trasparenza nella compravendita di armi, accettando certo che uno Stato abbia gli strumenti necessari per provvedere alla sua sicurezza ma non di più. Già questo sarebbe un piccolo passo positivo che lancerebbe un messaggio di speranza nel  dialogo per il disarmo in genere.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - Il viaggio apostolico di Benedetto XVI in Germania.

 

Servizio estero - Iraq: trovate dai militari statunitensi celle di tortura.

 

Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula dal titolo "Un excursus nella poesia cavalleresca italiana": il saggio "La cortesia e le audaci imprese" di Giorgio Barberi Squarotti.

 

Servizio italiano - In rilievo il tema della finanziaria.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

9 settembre 2006

 

 

DOPO 13 ANNI DI GUERRA CIVILE,

DA DOMANI ENTRA IN VIGORE LA TREGUA IN BURUNDI

- Intervista con il padre saveriano Claudio Marano -

 

Si fanno sempre più concrete le speranze di pace per il Burundi. Entrerà in vigore domani il cessate-il-fuoco siglato, l’altro ieri in Tanzania, dal governo di Bujumbura e dal gruppo ribelle, il Fronte Nazionale di Liberazione, l’ultimo ad aderire ad un accordo con l’esecutivo. L’intesa potrebbe archiviare definitivamente una guerra civile durata 13 anni e costata almeno 300 mila morti e oltre 1 milione di profughi. Ma che cosa occorre ancora affinché si possa veramente parlare di pace stabile? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Claudio Marano, missionario saveriano a Bujumbura:

 

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R. - Resta mettersi d’accordo su che cosa bisogna fare, come bisogna arrivare ad un trattato definitivo di pace. Per questo penso che non sia sufficiente il governo ma che siano tutti i burundesi pronti a discutere la questione.

 

D. - Tutti i gruppi ribelli hanno una posizione univoca nei confronti del governo o no?

 

R. - Ma non è solamente nei gruppi ribelli, è anche nell’opposizione attuale al governo che non c’è una posizione unica. Però c’è una posizione almeno chiara che dice: “vogliamo discuterne insieme”, cioè non è un affare del governo solamente, ma è un affare dei burundesi. Questo penso sia una cosa molto importante e che il governo ne debba prendere atto perché altrimenti ci si ritrova di fronte a delle prese di posizione e a delle firme che non servono assolutamente a niente.

 

D. - Siamo abituati per il Burundi non solo, ma anche per altri Paesi dell’Africa, a notizie su accordi di pace che poi subito dopo vengono disattesi. C’è anche per il Burundi oggi questo rischio?

 

R. - Io penso di sì, il rischio non è mai finito. Penso che attirare l’attenzione sugli accordi oggi, al governo serva e serva molto perché deve nascondere o deve cercare di risolvere tante altre situazioni interne nel governo stesso. Ecco, speriamo che questo serva veramente ad attirare l’attenzione sulla cosa indispensabile, che è quella di lavorare insieme, altrimenti ognuno interpreta la pace come vuole e le armi continuano a fare il loro mestiere.

 

D. - Come la Chiesa locale e i missionari cercano di favorire il percorso verso la pace?

 

R. - Penso che questo si faccia girono dopo giorno continuando a insistere sul dialogo, sulla riconciliazione. Si sta lavorando molto sul mettere in piedi la Commissione “Verità e riconciliazione”, che servirà per riuscire a mettere insieme la popolazione a chiedersi il perdono vicendevolmente.

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IL CONTRIBUTO DELLA CARITAS ITALIANA AL CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE

CHE SI TERRA’ IN OTTOBRE A VERONA

- Intervista con don Vittorio Nozza -

 

E' stato presentato ieri a Firenze, nell'ambito di un incontro di studio di due giorni, il documento che raccoglie il contributo della Caritas italiana al  IV Convegno ecclesiale nazionale che si terrà nell'ottobre prossimo a Verona. Frutto di un intenso lavoro di confronto che ha coinvolto nell'anno pastorale 2005-2006  le Caritas diocesane e diverse realtà ecclesiali impegnate nel servizio della carità, il documento offre prospettive concrete di lavoro a partire dalle tante esperienze già avviate. Tema centrale è la speranza e come trasmetterla all'uomo di oggi dato che titolo del Convegno di Verona sarà proprio: "Testimoni di Gesù Cristo, speranza del mondo". Ma che cosa vuol dire testimoniare la speranza per un organismo quale è la Caritas? Adriana Masotti lo ha chiesto a don Vittorio Nozza, direttore della Caritas italiana:

 

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R. – La Caritas frequenta ogni giorno storie, volti, vissuti, situazioni, parecchio frantumate, diremmo quasi senza futuro. Quindi testimoniare speranza per noi significa tentare di ricucire queste storie, di ritessere relazioni, di riportare al recupero della propria dignità, del proprio essere creati a immagine e somiglianza di Dio e quindi della bellezza della propria vita. Anche se i passetti in avanti in questa direzione possono essere molto piccoli.

 

D. – L’esigenza molto sentita da tutte le Caritas diocesane era quella di arrivare a Verona con proposte concrete. Un obiettivo raggiunto?

 

R. – E’ un obiettivo di per sé raggiunto perché siamo partiti dalle proposte di accompagnamento che le Chiese locali tentano ogni giorno di esprimere a servizio di queste persone e proprio in questi contesti è possibile percepire come anche solo con un gesto, un’azione, una disponibilità, una prossimità dica in maniera grande quanto la speranza sia una virtù da recuperare in maniera forte soprattutto sostenuta dalla virtù della fede e della carità.

 

D. – In definitiva, don Nozza, che cosa si augura la Caritas che avvenga oppure che maturi nella chiesa italiana a partire da Verona?

 

R. – Io mi auguro questo, visto che è stato possibile riflettere in modo particolare sul laico, - sul laico che sta dentro a contesti più diversi, dalla famiglia al condominio, alla strada, alla piazza, al lavoro alla cultura, al divertimento – ecco, che ogni laico, ogni battezzato, ogni persona di buona volontà possa in un certo senso irrorare ogni contesto di vita, non soltanto alcuni servizi di carità ma ogni contesto di vita, irrorarlo di questa grande virtù che è la speranza. Non è che vengono sempre e comunque chiesti dei servizi e delle opere per fare questo, basta intercettare giorno per giorno le storie, le situazioni che stanno in casa nostra, nel nostro condominio, nel lavoro, nella scuola, nelle attività politiche, sociali, che caratterizzano la nostra vita proprio perché intercettando queste si riesca a vivere quelle 14 opere di Misericordia, in maniera molto spicciola, che però fanno il tessuto ecclesiale e sociale della nostra vita.

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LA CHIESA RICORDA OGGI SAN PIETRO CLAVER,

GESUITA, RICONOSCIUTO COME PATRONO DELLE MISSIONI

TRA GLI AFRICANI DEPORTATI COME SCHIAVI, NEL 1600, IN SUDAMERICA

- Intervista con padre Paolo Molinari -

 

Vissuto tra il XVI e XVII secolo, San Pietro Claver, gesuita spagnolo di cui la Chiesa oggi fa memoria, è noto per essersi preso particolarmente cura, in missione in Colombia, degli schiavi provenienti dall’Africa. Quando questi arrivavano stipati nelle navi, il religioso usciva in mare per incontrarli, portando loro cibo, soccorso e conforto e mentre aspettavano di essere acquistati li istruiva nella fede. Durante la sua vita battezzò più di 300 mila africani. Ma in che modo Pietro Claver, persona timida ed insicura delle proprie capacità, è diventato un organizzatore caritatevole, ardito ed ingegnoso? Tiziana Campisi lo ha chiesto al postulatore della Compagnia di Gesù, padre Paolo Molinari:

 

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R. - La figura di Pietro Claver è legata agli africani, deportati, schiavi in quelle che erano le due Americhe specialmente l’America meridionale. Leone XIII, il Papa che lo canonizzò, lo ha anche dichiarato patrono delle missioni per i neri, specialmente dei missionari fra i negri. Questi poveri venivano trattati con brutalità ed erano soggetti ad ogni sorta di sevizie e mutilazioni senza avere nessuna cura sanitaria e morale. Quindi venivano sottoposti a duri lavori in preda ad epidemie ed erano oggetto insomma della crudeltà e dell’immoralità dei loro padroni. Di fronte alla miseria in cui si è venuto a trovare, Pietro Claver ha sviluppato un amore immenso profondo veramente tipico di nostro Signore verso i più abbandonati.

 

D. - Che cosa insegna Pietro Claver?

 

R. - Direi che insegna quello che per lui era la regola normale che derivava dal suo essere un figlio di Sant’Ignazio: lui aveva proprio appreso da una familiarità con il Vangelo quella conoscenza interiore di nostro Signore in modo tale da farne principio di vita, nella condivisione che per Sant’Ignazio, negli esercizi spirituali, viene espressa nella contemplazione. Lo sguardo caldo di affetto verso la persona del Signore che porta a fare propri gli atteggiamenti dell’altro quindi alla contemplazione dei misteri, degli eventi della vita di nostro Signore che ci portano a vedere come Gesù si è fatto vicino in modo particolare proprio agli abbandonati, ai lebbrosi a coloro che erano emarginati dalla società. Pietro Claver quando fece la professione dei voti ne aggiunge uno ed è quello di farsi servo di questi poveri neri sofferenti.

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AL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA LE GIURIE CATTOLICHE

PREMIANO DUE FILM  CENTRATI SUI TEMI DEL PERDONO E DELL’IMMIGRAZIONE

- Intervista con Diego Giuliani -

 

In attesa di conoscere i vincitori della 63.ma Mostra del Cinema di Venezia, che saranno annunciati questa sera nel corso di una cerimonia in Sala Grande, sono stati assegnati i Premi dalle due giurie cattoliche tradizionalmente presenti al Lido, il Premio SIGNIS e il Premio La Navicella – Venezia Cinema 2006. Servizio di Luca Pellegrini:

 

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Una Mostra senza polemiche, una selezione di buon livello. Si chiuderà ufficialmente questa sera quando la Giuria internazionale presieduta da Catherine Deneuve annuncerà i vincitori dei Leoni, delle Coppe Volpi e delle Oselle. Tra le 22 pellicole presenti in concorso quest’anno, sono stati trattati e colti con grande impatto narrativo e forza visiva temi che rispondono ai più impellenti interrogativi della nostra epoca, soprattutto quelli suscitati dalla nostra recente storia o dalle paure del prossimo, incerto futuro: figure come Bob Kennedy e la Regina Elisabetta II, fenomeni storici come le guerre civili africane o le grandi migrazioni italiane del secolo scorso, società solcate dalla povertà, dalla sterilità, ma anche da piccole, private solidarietà che fanno grande il cuore dell’uomo. Ed è significativo che i pronostici diano tra i favoriti, a meno di sorprese repentine, proprio quelle pellicole che sono state segnalate e premiate anche dalle due giurie di ispirazione cattolica presenti a Venezia, il Signis e la Navicella – Venezia Cinema dell’Ente dello Spettacolo. Quest’ultima ha voluto riconoscere in Daratt, la pellicola del regista ciadiano Mahamat Saleh Hauroun, la forza morale, trattando “il tema del perdono – così recita la motivazione – maturato attraverso la sofferenza, come un valore universale e culturale per il superamento di qualsiasi conflitto nel mondo”. Il Signis, invece, pur assegnando una menzione speciale proprio a Daratt e al film belga Nuda proprietà, ha voluto premiare l’intenso Nuovomondo dell’italiano Emanuele Crialese. Diego Giuliani, giurato italiano del Signis, interviene ai nostri microfoni indicando le dinamiche e le motivazioni che hanno portato a questa scelta:

 

“Le principali ragioni che ci hanno indotto a premiare questo bellissimo film è la capacità di attualizzare un tema come l’immigrazione italiana all’inizio del XX secolo utilizzandolo come spunto di riflessione non solo per l’Italia ma per l’Occidente tutto sui percorsi e la memoria storica alle origini del nostro attuale benessere. Un film premiato con grande piacere al quale sono state affiancate due menzioni il cui scopo è quello di ribadire l’ampio respiro e l’internazionalità non soltanto della giuria ma delle prospettive e degli spunti di riflessione che questa mostra del cinema ha saputo offrire. Non soltanto quindi un tema internazionale e di ampio respiro come quello dei flussi migratori degli attuali problemi dell’immigrazione ma anche due prospettive completamente diverse così come le pesantissime ferite di una piaga come quella delle guerre civili, della guerra civile del Ciad in particolare, e quello della atomizzazione e dell’individualismo esasperato delle società occidentali, di cui ci parla invece il film Nue propriété di Joachim La fosse, attraverso le dinamiche e il dramma di una famiglia che poi incarna il dramma universale di tutte le famiglie del mondo occidentale”.

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IL VANGELO DI DOMANI

 

 

Domani, 10 settembre, 23a  Domenica del Tempo Ordinario, la Liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù, di ritorno dalla regione di Tiro, guarisce un sordomuto nella regione pagana della Decapoli. E tutti pieni di stupore, dicevano:

 

“Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.  

 

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:

 

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(musica)

 

In un territorio popolato da pagani, conducono a Gesù un sordomuto, pregandolo di guarirlo. La sordità è un’antica immagine della resistenza del popolo eletto alla parola dei profeti e alla legge di Mosé. Il fatto che questo uomo balbettasse, anzi non parlasse, indica anche una chiusura della comunicazione. Infatti Cristo si è scontrato duramente con una mentalità chiusa, di una religione formalista e di un messianismo nazionalista.

 

Dopo la guarigione di una straniera siro-fenicia, Cristo opera questo miracolo in pieno territorio pagano, rivelando che la sua venuta richiede un’apertura universale, sconfinata, perché si tratta di una salvezza totale ed assoluta. Effatà, cioè apriti, è la parola che guarisce; ci libera le orecchie ad accogliere la parola che Dio ci dice e ci scioglie la lingua per comunicare a Dio la nostra risposta alla salvezza, testimoniando così agli altri il miracolo che salvare la propria vita significa proprio aprirla all’amore.

 

(musica)

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CHIESA E SOCIETA’

9 settembre 2006

 

 

“DOVE STA ANDANDO IL CILE?”, SI CHIEDONO I VESCOVI DEL PAESE LATINOAMERICANO, IN UNA NOTA RIFERITA ALLA POLITICA GOVERNATIVA

 DI REGOLAZIONE NAZIONALE DELLA FERTILITA’.

IN PARTICOLARE, I PRESULI STIGMATIZZANO LE RECENTI NORME

CHE LIBERALIZZANO LA COSIDETTA “PILLOLA DEL GIORNO DOPO”,

CONCESSA PERFINO AI MINORI

- A cura di Luis Badilla -

 

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SANTIAGO DEL CILE. = Proiettare la luce del Vangelo sulle realtà del mondo e dell’essere umano, difendendone i diritti inalienabili, “anzitutto il diritto alla vita in tutte le fasi del suo sviluppo e in qualsiasi situazione si trovi”: è questa la missione della Chiesa, ribadita ieri da Benedetto XVI nell’udienza al nuovo ambasciatore del Cile presso la Santa Sede, Pedro Pablo Cabrera. Le parole del Santo Padre illuminano quanto la Conferenza episcopale del Cile ha sottolineato il 7 settembre, nella nota "Dove sta andando il Cile?", riferita alla politica del governo sulla cosiddetta "pillola del giorno dopo". Il 2 settembre scorso, il ministro cileno della Salute aveva consegnato alle autorità episcopali il testo delle "Norme nazionali per la regolazione della fertilità". Lo stesso giorno, il governo aveva reso pubblico il documento che contiene la normativa per la distribuzione della suddetta pillola alle ragazze minori di 14 anni che la richiedano, definita “anticoncezionale d’emergenza”. I vescovi cileni si riservano, dopo ampie consultazioni, di tornare sulla materia ma, secondo quanto scrivono, ritengono un loro dovere dare una prima chiara opinione sulle Norme. Il documento governativo - evidenziano - stabilisce un insieme di Norme da applicare in tutto il Paese. Ma tali disposizioni non sono state mai sottoposte ad una consultazione cittadina o parlamentare e dovrebbero invece  essere oggetto almeno di una discussione ampia e seria e non il frutto di una decisione unilaterale del Ministero della salute. Si tratta, tra l’altro, di norme elaborate con la collaborazione di solo due organizzazioni rappresentative che, per di più, esprimono una determinata tendenza ideologica. Le Norme – sottolineano i presuli - rammentano le politiche pubbliche che stabilivano i regimi totalitari con la pretesa di permettere allo Stato di regolare la vita intima delle persone in funzione di criteri autoritari, senza consenso, e contrari al rispetto e alla dignità della persona umana. “Come pastori - dichiarano i presuli - dobbiamo alzare ancora una volta la nostra voce per difendere la dignità della vita. Per noi è un imperativo morale irrinunciabile. Lo abbiamo fatto già in un’epoca in cui veniva minacciata e perseguitata l’esistenza e la vita degli oppositori politici usando argomenti equivoci riguardati il benessere sociale. Lo facciamo anche oggi. Quando si pretende di emarginare la famiglia, quando si facilita la rottura delle relazioni intrafamiliari, arrivando, a volte, a chiudere le porte al concepito che sta per nascere”. Di fronte ad una politica sbagliata – concludono i vescovi cileni – “non è permesso la rassegnazione o lo scoraggiamento”.

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“PREGARE PER CUBA E’ UN DOVERE”, PER AFFERMARE LA PACE TRA TUTTI I CUBANI

E GUARDARE AL BENE COMUNE: COSI’ IERI IL CARDINALE JAIME ORTEGA Y ALAMINO,

ARCIVESCOVO DE L’AVANA, NELL’OMELIA DELLA MESSA CONCLUSIVA DELLA FESTA

DELLA MADONNA DELLA "CARIDAD DEL COBRE", PATRONA DELL’ISOLA CARAIBICA

 

L’AVANA. = “Pregare per Cuba è un dovere”: l’invocazione del cardinale Jaime Ortega y Alamino, arcivescovo de L’Avana, nell’omelia della Messa conclusiva, ieri, della festa della Madonna della "Caridad del Cobre", patrona dell’Isola caraibica. Occorre pregare, soprattutto – ha sottolineato il porporato - “per il supremo bene della pace a Cuba, poiché essa porta con sé la comprensione, la riconciliazione, il perdono e la misericordia tra tutti coloro che siamo parti di questa nazione”. “Quando i cattolici pregano per il destino del Paese – ha spiegato - e si assumono l’incarico di promuovere sempre il bene comune, non stanno appoggiando nessuna ideologia e non stanno identificandosi con nessun sistema politico”. Così, anche “i cubani non smettono mai di pregare per coloro che, a prescindere del motivo, oggi sono in carcere e che fissano il loro sguardo sul bene comune della nazione”. Riferendosi alla “Madonna della Carità”, il cardinale ha detto: “Come non invocarla in momenti così significativi per la storia di Cuba, come già abbiamo fatto noi vescovi riguardo la nuova situazione venutasi a creare a causa della salute del presidente Fidel Castro?”. Dunque, “dobbiamo pregare e agire perché la violenza non trionfi tra i cubani”, ha aggiunto l’arcivescovo de L’Avana, e “perché migliorino le condizioni di vita del nostro popolo”. Il porporato si è infine rivolto alla Madonna per chiederle che Cuba “possa conservare i tratti della sua identità nazionale e la sua sovranità senza nessuna interferenza esterna”. (R.G.)

 

 

LA NIGERIA IL PAESE AL MONDO PIU' FELICE. L'ITALIA SOLO CINQUANTESIMA.

AL CONVEGNO DELLE ACLI DI ORVIETO PRESENTATA

UN'INDAGINE DELL'UNIVERSITA' DI TOR VERGATA

- Servizio di Alessandro Guarasci -


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ORVIETO.= Essere ricchi e benestanti non vuol dire essere necessariamente felici. All'annuale convegno di studi delle ACLI, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, in corso ad Orvieto, si discute di migliorare la nostra qualità di vita, combattere il consumismo e migliorare lo stato sociale. A tal riguardo, le ACLI chiedono che in Italia sia creato subito un fondo per la non autosufficienza. La felicità non è un concetto direttamente collegabile all'agiatezza. Secondo una ricerca elaborata dall'Istituto CEIS dell'Università Romana di Tor Vergata, in un'ipotetica classifica dei Paesi al mondo più felici al primo posto c'è la Nigeria, poi vengono Tanzania e Messico. Il primo Paese "ricco" è il Canada, al nono posto, con Olanda, Danimarca e Regno Unito subito dietro. L'Italia risulta in cinquantesima posizione. All'ultimo posto, la Romania. Per il professor Leonardo Becchetti, che ha curato l'indagine, “ci vuole cautela nell'interpretare i dati, perché possono essere influenzati da distorsioni culturali, ma è certo che il gap di reddito tra nord e sud non corrisponde a un'eguale differenza di felicità". Per il presidente delle ACLI, Andrea Olivero, "ciò che ci rende più felici non è la quantità di beni di consumo che possediamo, ma la qualità delle relazioni che abbiamo". Certo, il reddito per una persona è importante, ma la sua importanza cambia in base alla posizione economica media del gruppo che tale individuo frequenta abitualmente. Le società occidentali hanno rapporti interpersonali meno intensi, e questo genera infelicità. E qui deve intervenire lo stato sociale. Per Olivero, in Italia bisogna introdurre subito un fondo per la non autosufficienza, uno strumento per le situazioni più disperate, "e tale questione è decisiva quanto quella delle pensioni per la sicurezza sociale. Bisogna a tal fine valutare la possibilità di lanciare una tassa di scopo, attingendo dai risparmi fiscali".

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ANCHE NELLE CHIESE SI FARANNO LE “ORE PICCOLE”: 15 I LUOGHI DI CULTO APERTI

A ROMA IN OCCASIONE DELLA “NOTTE BIANCA”, CHE SI SVOLGERA’ DA STASERA

FINO AL MATTINO DI DOMENICA, CON EVENTI E SPETTACOLI,

 MA ANCHE INIZITIVE DI SOLIDARIETA’

- A cura di Roberta Gisotti -

 

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ROMA. = “Notte bianca” a Roma anche nelle chiese: 15 i luoghi di culto che hanno aderito alla manifestazione - promossa dal Comune capitolino e dalla Camera di Commercio - che si svolgerà da questa sera fino al mattino per le strade della capitale. Più di 1000 artisti di ogni parte del mondo si esibiranno in questa grande festa di eventi e spettacoli, con 400 appuntamenti in tutti i Municipi della città, dal centro alla periferia. E per la prima volta, in diverse chiese si faranno le “ore piccole” per ascoltare concerti, per parlare di arte, musica, solidarietà e stare insieme per pregare. Concerto per organo e chitarra nella Chiesa Nuova, Santa Maria in Vallicella, in Corso Vittorio; spettacolo nella chiesa del Gesù, nell’omonima Piazza; letture, musica e danze nella chiesa del Santo Volto di Gesù in via della Magliana; visite guidate e animazione musicale anche nella sinagoga ebraica, a partire dalle 22, dopo lo shabat. Giunta alla quarta edizione, la “Notte bianca” romana è gemellata con le Notti bianche di Bruxelles, Madrid, Parigi, Riga, che hanno deciso di organizzare ogni anno un progetto artistico comune allo scopo di promuovere uno scambio di esperienze a livello europeo. Da segnalare, infine, i risvolti solidali della manifestazione con stands informativi in varie zone della città sulle attività di associazioni e movimenti umanitari e caritativi, oltre ad iniziative rivolte ai bisognosi.

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24 ORE NEL MONDO

9 settembre 2006

 

 

- A cura di Amedeo Lomonaco, Eugenio Bonanata e Marco Guerra -

 

 

In Afghanistan, almeno 20 ribelli sono rimasti uccisi durante scontri con soldati della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) nei pressi di Kandahar, nel sud del Paese. E’ così salito ad oltre 350 il numero degli insorti morti negli ultimi otto giorni. L’ISAF ha lanciato la sua offensiva nelle province meridionali lo scorso 2 settembre per stanare e neutralizzare militanti taleban che, secondo fonti della NATO, stanno fortificando le loro posizioni. Il comitato militare dell’Alleanza Atlantica ha chiesto, inoltre, ai Paesi membri di inviare rinforzi in Afghanistan in seguito alla recrudescenza delle violenze.

 

Ennesima mattinata di sangue in Iraq. Almeno otto persone, tra cui diversi poliziotti iracheni, sono morte in una serie di attentati che ha scosso Baghdad e la città petrolifera settentrionale di Kirkuk. Sul piano politico il primo ministro iracheno, al-Maliki, ha annunciato che lunedì prossimo si recherà in Iran per una visita ufficiale di due giorni nel corso della quale affronterà i temi della sicurezza e del rafforzamento delle relazioni bilaterali.

 

Non c’era nessun legame operativo tra l’ex presidente iracheno Saddam Hussein e il gruppo di Al Qaeda. Lo ha ribadito il nuovo rapporto del Senato americano, reso noto ieri. Nel dossier, che raccoglie due anni di analisi sulle modalità con cui l’Amministrazione Bush decise di intervenire militarmente in Iraq, si afferma che “Saddam non aveva alcuna fiducia in Al Qaeda e considerava gli estremisti islamici come minacce al suo regime”. Saddam – prosegue il dossier – aveva rifiutato tutte le richieste di aiuto avanzate dall’organizzazione terroristica.

 

L’Assemblea generale dell’ONU ha adottato all’unanimità una risoluzione che condanna il terrorismo e definisce una strategia globale di lotta. In base alla risoluzione, non vincolante, tutti i Paesi si impegnano ad affrontare i problemi basilari del terrorismo. Tra questi, figurano i conflitti non risolti, la violazione dei diritti umani, le discriminazioni di ogni tipo e l’emarginazione socio-economica. 

 

Il presidente siriano, Bashar Assad, ha accettato la proposta italiana di far monitorare il confine tra Siria e Libano da uomini dell’Unione Europea. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, precisando che gli osservatori europei non saranno armati e “non saranno in divisa, ma disporranno di tutti gli strumenti necessari per controllare il passaggio di armi verso il Sud del Libano”. Nel Paese dei Cedri sono arrivati, intanto, 250 soldati francesi. Si tratta di un’unità logistica che ha il compito di preparare l’arrivo, la prossima settimana, di un battaglione di 900 militari francesi.

 

L’Alto rappresentante europeo dell’Unione europea per la politica estera e di sicurezza comune, Javier Solana, ha lanciato un nuovo appello per il Medio Oriente, esortando israeliani e palestinesi a riprendere i negoziati. Solana ha sottolineato, in particolare, il deterioramento della situazione sul terreno, dove si registrano nuovi scontri: almeno un presunto miliziano della Jihad islamica è rimasto gravemente ferito stamani, in un villaggio meridionale della Striscia di Gaza, in seguito a combattimenti tra soldati israeliani e miliziani palestinesi. Alla mancanza di sicurezza si aggiunge, poi, l’aggravarsi della crisi umanitaria nei Territori palestinesi: il responsabile dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai palestinesi (UNRWA), Karen Abuzayd, ha detto che le dieci settimane di assedio israeliano a Gaza hanno reso insostenibile la vita per oltre un milione e mezzo di persone. Per questo, il responsabile dell’UNRWA ha chiesto la riapertura dei valichi e l’invio di osservatori per tutelare la sicurezza dei civili.

 

Sempre in primo piano il dibattito internazionale sul nucleare iraniano. Il capo negoziatore della Repubblica islamica, Ali Larijani, è giunto oggi a Vienna per un incontro con l’Alto rappresentante europeo, Javier Solana. Il vertice mira a rilanciare i negoziati per evitare sanzioni ONU ai danni dell’Iran, che non intende sospendere il proprio programma nucleare. Favorevole ad una soluzione negoziale è anche il premier italiano, Romano Prodi, che ieri a Roma ha incontrato Larijani.

 

L’ex presidente iraniano Khatami, in un’intervista rilasciata al settimanale ‘Time’ ha definito l’Olocausto “un fatto storico”, che spesso però è usato in “malo modo”. In questo modo, Khatami ha preso le distanze dall’attuale presidente della Repubblica islamica, Mahmoud Ahmadinejad, che contesta la realtà storica del genocidio degli ebrei.

 

E’ salito a 37 morti il numero delle vittime causate da almeno 4 esplosioni avvenute, ieri, in una moschea nella cittadina di Malegaon, nello Stato occidentale indiano di Maharashtra. Al momento dell’attentato, migliaia di fedeli musulmani erano riuniti nel tempio per la festività dello Shab-e-barat, nota come “notte del perdono” o “giorno dell’espiazione”. Gli inquirenti non hanno dubbi sulla matrice terroristica e seguono la pista del fondamentalismo indù.

 

Un’azione congiunta di Italia, Francia e Spagna gestirà con i Paesi africani il flusso di immigrati verso l’Europa. Lo ha annunciato il capo dell’esecutivo italiano, Romano Prodi, dopo aver incontrato ieri in Libia, dove si è recato in occasione dei festeggiamenti del settimo anniversario dell'Unione Africana, il presidente libico Muammar Gheddafi. Proseguono, intanto, senza sosta gli sbarchi a Lampedusa: stamani sono state soccorse 27 persone e ieri sono arrivate due imbarcazioni con circa 300 clandestini. A questi se ne aggiungono altri 76 soccorsi all’alba a sud dell’isola. Almeno tredici cittadini del Bangladesh sono sbarcati, poi, sulle coste pugliesi.

 

In Norvegia è stato fermato nella notte un reattore nucleare sperimentale, installato in un istituto di ricerca a 25 chilometri da Oslo, dopo che è scattato l’allarme per una possibile anomalia. Secondo l’Agenzia nucleare norvegese non si sono comunque verificate perdite dal reattore e non sono state rilevate tracce di contaminazione radioattiva.

 

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha confermato che la morte di una bambina di 8 anni, deceduta il 25 luglio del 2005, è stata causata, in Indonesia, dal virus H5N1. Con questo decesso, sale a 48 il bilancio dei morti nel Paese asiatico provocati dall’influenza aviaria.

 

Cerimonie sotto tono in Cina per il 30.mo anniversario della morte di Mao Zedong, fondatore della Repubblica popolare cinese nel 1949. Sulla ricorrenza è infatti calato il silenzio delle autorità che, secondo diversi analisti, non vogliono riportare alla memoria i milioni di morti provocati dalla “Rivoluzione culturale” del 1966 ed evitare paragoni con i conflitti sociali in corso. Migliaia di persone si sono comunque messe in fila davanti al mausoleo che, in piazza Tienanmen, ospita il corpo del “Grande Timoniere”.

 

Migliaia di cittadini di Taiwan hanno manifestato, stamani, per chiedere le dimissioni del presidente Chen Shui-bian, coinvolto in numerosi scandali di corruzione. Vestiti di rosso e gridando slogan contro Chen, i manifestanti hanno marciato per il centro di Taipei. 

 

In Costa D’Avorio è di oltre 5 mila il numero delle persone intossicate dalle esalazioni dei prodotti chimici scaricati, durante lo scorso mese, da una nave panamense nelle discariche di Abidjan. Il nuovo bilancio è stato fornito dal ministro della Sanità ivoriano. La vicenda, resa nota nei giorni scorsi, ha provocato le dimissioni del primo ministro Banny.

 

Nuova emergenza umanitaria in Africa: secondo l’agenzia missionaria MISNA, sono almeno 1000 i morti e oltre 100.000 le persone rimaste senza un’abitazione in seguito straripamenti e alluvioni in Etiopia, Sudan, Eritrea, Somalia, Kenia e Uganda. L’Organizzazione dell’ONU per il coordinamento degli Affari umanitari (OCHA) riferisce, poi, che sono più di 10.000 gli sfollati in seguito alle piogge torrenziali abbattutesi in Burkina Faso, Nigeria, Niger, Mali e Mauritania.  L’OCHA lancia anche l’allarme per la difficile situazione delle popolazioni rurali, che vedono compromesse le loro attività economiche e il prossimo raccolto agricolo.

 

Se le autorità sudanesi continueranno ad opporsi all’invio di truppe dell’ONU in Darfur saranno considerate responsabili dei crimini che si stanno compiendo contro la popolazione civile. Così il segretario generale dell'ONU, Kofi Annan, in una conferenza stampa, ieri, a New York. Da parte sua, il governo sudanese si è detto pronto a riprendere il dialogo con la Comunità internazionale sulla situazione in Darfur ed ha annunciato per i prossimi giorni l’arrivo, a Khartoum, di una delegazione dell’Unione Africana.

 

La Corte suprema del Cile ha nuovamente revocato l’immunità al generale Augusto Pinochet, in relazione a presunte sevizie perpetrate nel carcere di Villa Grimaldi. L’ex dittatore potrà essere incriminato e processato per violazione dei diritti umani, omicidio e tortura. Negli ultimi mesi, Pinochet era già stato privato dell’immunità per frode, evasione fiscale, esportazione illecita di valuta. Reati che hanno permesso all’anziano generale e la sua famiglia, di creare un autentico patrimonio all’estero, sottratto alle casse dello Stato.

 

 

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