RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 252 - Testo della trasmissione di sabato 9 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
Il Burundi a un
passo dalla pace: la testimonianza di un missionario saveriano
Il Vangelo di domani: il
commento di padre Marko Ivan Rupnik
CHIESA E SOCIETA’:
Messa
conclusiva ieri della festa della Madonna della "Caridad del Cobre",
patrona di Cuba
Convegno
delle ACLI ad Orvieto sul tema della felicità
Almeno 350 talebani uccisi in Afghanistan negli
ultimi 8 giorni durante gli scontri tra soldati dell’ISAF e ribelli
9 settembre 2006
“CHI CREDE NON E’
CON QUESTO MOTTO INIZIA OGGI IL VIAGGIO DI BENEDETTO XVI
IN BAVIERA, SUA TERRA NATALE. COME
PRIMO ATTO,
IL PAPA PREGA DAVANTI ALLA COLONNA DI MARIA, A
MONACO,
PER AFFIDARE NUOVAMENTE I SUOI
CONNAZIONALI ALLA MADRE DI DIO
- Intervista con il cardinale Friedrich Wetter,
arcivescovo di Monaco -
Benedetto XVI è partito per la Baviera, quarto viaggio
internazionale del suo Pontificato. L’aereo papale, un Airbus 321
dell’Alitalia, è decollato poco dopo le 14.00 dallo scalo romano di Ciampino:
l’arrivo all’aeroporto internazionale di Monaco è previsto per le 15.30 circa.
La visita apostolica si svolge sul motto “Chi crede non è mai solo”, una frase
che il Papa ha pronunciato nell’omelia della Messa d’inizio Pontificato e che
richiama la gioia dell’essere cristiani, nella certezza di non essere mai
abbandonati da Dio, né in vita né in morte. Benedetto XVI visiterà fino al 14
settembre i luoghi nei quali ha vissuto ed operato prima della sua elezione a
Sommo Pontefice: il paese natale di
Marktl am Inn, e le città di Altötting, Ratisbona, Frisinga e Monaco. Il
viaggio inizierà con la preghiera del Papa davanti alla Colonna di Maria, nella
Marienplatz di Monaco: Benedetto XVI affiderà nuovamente la Baviera alla
protezione della Madre di Dio. Per i particolari sull’attesa del Pontefice, la
linea va al nostro inviato a Monaco, Paolo Ondarza:
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Ad attendere il Papa, oltre alle
centinaia di migliaia di persone che parteciperanno alle varie celebrazioni,
oggi c’è il sole: una piacevole smentita, questa, delle previsioni meteorologiche
dei giorni scorsi. Forte e diffuso l’entusiasmo tra la gente, ma sobrio e contenuto,
nello stile tipico della Baviera: per le strade sventolano le bandiere
pontificie bianche e gialle, sui cartelloni i manifesti azzurri della visita
del Papa. “La città – dicono alcune suore - è stata rimessa a nuovo: il portale
occidentale del Duomo, sprangato da secoli è ora nuovamente aperto”.
Immancabili nelle vetrine dei negozi i gadget di varia natura: magliette,
tazze, ombrelli con il ritratto del Papa. Imponenti le misure di sicurezza per
l’arrivo oggi a Monaco, con poliziotti in ogni angolo della città. La stampa
segue con interesse l’evento:
Da Monaco di Baviera, Paolo
Ondarza Radio Vaticana.
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Sulla visita del Papa in Baviera ascoltiamo l’arcivescovo di Monaco e Frisinga,
il cardinale Friedrich Wetter, al microfono di padre Eberhard von Gemmingen:
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R. – Dieser Besuch
soll ein Fest des Glaubens werden. …
Questa visita vuole essere una festa della fede. Vogliamo
che le persone sentano cosa è
D. – La visita del Papa offre lo spunto per affrontare le
debolezze della Chiesa tedesca …
R. – Wenn ich die Schwächen anschaue, dann konzentrieren die sich …
Se guardo alle debolezze della Chiesa, ai miei occhi si
racchiudono nel concetto di “secolarizzazione della Chiesa”. Non dobbiamo
imborghesirci, perché così diventiamo deboli e non si riconosce più in noi lo
specifico dell’essere cristiano. Ecco, questo mi sembra il grande compito: da
un lato, essere aperti al mondo, dall’altro, essere vessillo affinché risalti
chiaramente lo specifico dell’essere cristiano.
D. – E cosa si deve fare?
R. – Was man in erster Linie tun muß, ist eine Verkündigung des Glaubens,
…
In primo luogo, un annuncio della fede che punti
all’essenziale. Il Santo Padre lo fa in una maniera molto bella ed efficace:
l’annuncio della fede, perché è attraverso l’annuncio della fede che
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Ricordiamo che, domani, la nostra emittente seguirà in
radiocronaca diretta da Monaco la Santa Messa e la recita dell’Angelus
presieduti da Benedetto XVI, a partire dalle 9.30, con commenti in italiano,
tedesco, francese, spagnolo e portoghese.
NOMINE
In Canada, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Saint John, New Brunswick, presentata da mons. Joseph Faber MacDonald,
in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico.
Nei Paesi Bassi, il Papa ha nominato vescovo coadiutore di
Breda mons. Johannes Harmannes Jozefus van den Hende, finora vicario generale
della diocesi di Groningen-Leeuwarden. Mons. Johannes Harmannes Jozefus van den
Hende è nato a Groningen il 9 gennaio
IL
DRAMMA UMANITARIO DEI CIVILI IN LIBANO,
AGGRAVATO
DALL’UTILIZZO DELLE BOMBE A GRAPPOLO:
COSI’
AI NOSTRI MICROFONI MONS. TOMASI,
RAPPRESENTANTE
VATICANO AGLI UFFICI ONU DI GINEVRA
Il “dramma umanitario” che sta vivendo la popolazione
civile in Libano è aggravata dall’utilizzo, durante la recente guerra, delle
cosiddette “bombe a grappolo”. E’ quanto sottolinea ai nostri microfoni mons.
Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio
delle Nazioni Unite a Ginevra, che in questi giorni ha lanciato un appello per
una moratoria sull'utilizzo di queste armi micidiali. “Le immagini e le prove” che ci arrivano dal
Libano – ha detto - sono “allarmanti”. Ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di
Sergio Centofanti:
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R. - Negli ultimi giorni della guerra sono state sganciate
sopra il sud del Libano decine di migliaia di queste bombe a frammentazione.
Adesso nel tentativo di ritornare ai loro villaggi, le persone che erano
scappate via non possono utilizzare le loro case e i loro campi perché ci sono
queste piccole bombe che sono inesplose e rimangono sul terreno anche per vari
anni. Quindi il rischio, il pericolo rimane sempre presente soprattutto per i
bambini che le vedono come una specie di giocattolo; di fatti quasi un 70%
delle vittime di queste bombe sono dei bambini. Avevo già visto in Africa
durante la guerra tra Etiopia ed Eritrea, quando andavo nelle zone di guerra,
queste piccole bombe per terra, inesplose, che creano, non solo danno agli
animali che ci camminano sopra, ma ai bambini che vanno a giocare o alla gente
che deve attraversare quelle aree.
Parliamo veramente di conseguenze tragiche, per cui davanti a questa realtà ci
si pone la domanda come mai
D. - Benedetto XVI nel suo messaggio per
R. - Questo è vero perché nei vari settori della
conferenza del disarmo non si sta facendo molta strada e questo preoccupa,
perché mentre da una parte non c’è un movimento positivo nel contesto
internazionale, dall’altra si vedono tentativi di far di nuovo emergere la
corsa agli armamenti, inclusi gli armamenti nucleari. Quindi questo complica
certamente il panorama internazionale ed è un rischio costante per la pace.
D. - Che cosa si può fare per fermare il processo di
produzione e commercio delle armi?
R. - Si sta cercando di fare un passo in avanti con la
proposta, che
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Il viaggio apostolico di
Benedetto XVI in Germania.
Servizio estero - Iraq: trovate dai militari
statunitensi celle di tortura.
Servizio culturale - Un articolo di Angelo Mundula
dal titolo "Un excursus nella poesia cavalleresca italiana": il
saggio "La cortesia e le audaci imprese" di Giorgio Barberi Squarotti.
Servizio italiano - In rilievo il tema della
finanziaria.
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9 settembre 2006
DOPO 13 ANNI DI GUERRA CIVILE,
DA DOMANI ENTRA IN VIGORE LA TREGUA IN
BURUNDI
- Intervista con il padre saveriano Claudio Marano -
Si fanno sempre più concrete le
speranze di pace per il Burundi. Entrerà in vigore domani il cessate-il-fuoco
siglato, l’altro ieri in Tanzania, dal governo di Bujumbura e dal gruppo
ribelle, il Fronte Nazionale di Liberazione, l’ultimo ad aderire ad un accordo
con l’esecutivo. L’intesa potrebbe archiviare definitivamente una guerra civile
durata 13 anni e costata almeno 300 mila morti e oltre 1 milione di profughi.
Ma che cosa occorre ancora affinché si possa veramente parlare di pace stabile?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Claudio Marano, missionario saveriano
a Bujumbura:
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R. - Resta mettersi d’accordo su che cosa bisogna fare,
come bisogna arrivare ad un trattato definitivo di pace. Per questo penso che
non sia sufficiente il governo ma che siano tutti i burundesi pronti a
discutere la questione.
D. - Tutti i gruppi ribelli hanno una posizione univoca
nei confronti del governo o no?
R. - Ma non è solamente nei gruppi ribelli, è anche
nell’opposizione attuale al governo che non c’è una posizione unica. Però c’è
una posizione almeno chiara che dice: “vogliamo discuterne insieme”, cioè non è
un affare del governo solamente, ma è un affare dei burundesi. Questo penso sia
una cosa molto importante e che il governo ne debba prendere atto perché
altrimenti ci si ritrova di fronte a delle prese di posizione e a delle firme
che non servono assolutamente a niente.
D. - Siamo abituati per il Burundi non solo, ma anche per
altri Paesi dell’Africa, a notizie su accordi di pace che poi subito dopo
vengono disattesi. C’è anche per il Burundi oggi questo rischio?
R. - Io penso di sì, il rischio non è mai finito. Penso
che attirare l’attenzione sugli accordi oggi, al governo serva e serva molto
perché deve nascondere o deve cercare di risolvere tante altre situazioni
interne nel governo stesso. Ecco, speriamo che questo serva veramente ad
attirare l’attenzione sulla cosa indispensabile, che è quella di lavorare
insieme, altrimenti ognuno interpreta la pace come vuole e le armi continuano a
fare il loro mestiere.
D. - Come la Chiesa locale e i missionari cercano di
favorire il percorso verso la pace?
R. - Penso che questo si faccia girono dopo giorno
continuando a insistere sul dialogo, sulla riconciliazione. Si sta lavorando
molto sul mettere in piedi la Commissione “Verità e riconciliazione”, che
servirà per riuscire a mettere insieme la popolazione a chiedersi il perdono
vicendevolmente.
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IL
CONTRIBUTO DELLA CARITAS ITALIANA AL CONVEGNO ECCLESIALE
NAZIONALE
CHE SI
TERRA’ IN OTTOBRE A VERONA
-
Intervista con don Vittorio Nozza -
E' stato presentato ieri a
Firenze, nell'ambito di un incontro di studio di due giorni, il documento che
raccoglie il contributo della Caritas italiana al IV Convegno
ecclesiale nazionale che si terrà nell'ottobre prossimo a Verona. Frutto
di un intenso lavoro di confronto che ha coinvolto nell'anno pastorale
2005-2006 le Caritas diocesane e diverse realtà ecclesiali impegnate nel
servizio della carità, il documento offre prospettive concrete di lavoro a
partire dalle tante esperienze già avviate. Tema centrale è la speranza e come
trasmetterla all'uomo di oggi dato che titolo del Convegno di Verona sarà
proprio: "Testimoni di Gesù Cristo, speranza del mondo". Ma che cosa
vuol dire testimoniare la speranza per un organismo quale è
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R. – La Caritas frequenta ogni giorno storie, volti,
vissuti, situazioni, parecchio frantumate, diremmo quasi senza futuro. Quindi
testimoniare speranza per noi significa tentare di ricucire queste storie, di
ritessere relazioni, di riportare al recupero della propria dignità, del
proprio essere creati a immagine e somiglianza di Dio e quindi della bellezza
della propria vita. Anche se i passetti in avanti in questa direzione possono
essere molto piccoli.
D. – L’esigenza molto sentita da tutte le Caritas
diocesane era quella di arrivare a Verona con proposte concrete. Un obiettivo
raggiunto?
R. – E’ un obiettivo di per sé raggiunto perché siamo
partiti dalle proposte di accompagnamento che le Chiese locali tentano ogni
giorno di esprimere a servizio di queste persone e proprio in questi contesti è
possibile percepire come anche solo con un gesto, un’azione, una disponibilità,
una prossimità dica in maniera grande quanto la speranza sia una virtù da
recuperare in maniera forte soprattutto sostenuta dalla virtù della fede e
della carità.
D. – In definitiva, don Nozza, che cosa si augura la
Caritas che avvenga oppure che maturi nella chiesa italiana a partire da
Verona?
R. – Io mi auguro questo, visto che è stato possibile
riflettere in modo particolare sul laico, - sul laico che sta dentro a contesti
più diversi, dalla famiglia al condominio, alla strada, alla piazza, al lavoro
alla cultura, al divertimento – ecco, che ogni laico, ogni battezzato, ogni
persona di buona volontà possa in un certo senso irrorare ogni contesto di vita,
non soltanto alcuni servizi di carità ma ogni contesto di vita, irrorarlo di
questa grande virtù che è la speranza. Non è che vengono sempre e comunque
chiesti dei servizi e delle opere per fare questo, basta intercettare giorno
per giorno le storie, le situazioni che stanno in casa nostra, nel nostro
condominio, nel lavoro, nella scuola, nelle attività politiche, sociali, che
caratterizzano la nostra vita proprio perché intercettando queste si riesca a
vivere quelle 14 opere di Misericordia, in maniera molto spicciola, che però
fanno il tessuto ecclesiale e sociale della nostra vita.
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LA
CHIESA RICORDA OGGI SAN PIETRO CLAVER,
GESUITA, RICONOSCIUTO COME PATRONO DELLE MISSIONI
TRA GLI AFRICANI DEPORTATI COME SCHIAVI, NEL 1600,
IN SUDAMERICA
- Intervista con padre Paolo Molinari -
Vissuto tra il XVI e XVII secolo, San Pietro Claver,
gesuita spagnolo di cui la Chiesa oggi fa memoria, è noto per essersi preso
particolarmente cura, in missione in Colombia, degli schiavi provenienti
dall’Africa. Quando questi arrivavano stipati nelle navi, il religioso usciva
in mare per incontrarli, portando loro cibo, soccorso e conforto e mentre
aspettavano di essere acquistati li istruiva nella fede. Durante la sua vita battezzò
più di 300 mila africani. Ma in che modo Pietro Claver, persona timida ed
insicura delle proprie capacità, è diventato un organizzatore caritatevole,
ardito ed ingegnoso? Tiziana Campisi lo ha chiesto al postulatore della
Compagnia di Gesù, padre Paolo Molinari:
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R. - La figura di Pietro Claver è legata agli africani,
deportati, schiavi in quelle che erano le due Americhe specialmente l’America
meridionale. Leone XIII, il Papa che lo canonizzò, lo ha anche dichiarato
patrono delle missioni per i neri, specialmente dei missionari fra i negri.
Questi poveri venivano trattati con brutalità ed erano soggetti ad ogni sorta
di sevizie e mutilazioni senza avere nessuna cura sanitaria e morale. Quindi
venivano sottoposti a duri lavori in preda ad epidemie ed erano oggetto insomma
della crudeltà e dell’immoralità dei loro padroni. Di fronte alla miseria in
cui si è venuto a trovare, Pietro Claver ha sviluppato un amore immenso
profondo veramente tipico di nostro Signore verso i più abbandonati.
D. - Che cosa insegna Pietro Claver?
R. - Direi che insegna quello che per lui era la regola
normale che derivava dal suo essere un figlio di Sant’Ignazio: lui aveva
proprio appreso da una familiarità con il Vangelo quella conoscenza interiore
di nostro Signore in modo tale da farne principio di vita, nella condivisione
che per Sant’Ignazio, negli esercizi spirituali, viene espressa nella contemplazione.
Lo sguardo caldo di affetto verso la persona del Signore che porta a fare
propri gli atteggiamenti dell’altro quindi alla contemplazione dei misteri,
degli eventi della vita di nostro Signore che ci portano a vedere come Gesù si
è fatto vicino in modo particolare proprio agli abbandonati, ai lebbrosi a
coloro che erano emarginati dalla società. Pietro Claver quando fece la
professione dei voti ne aggiunge uno ed è quello di farsi servo di questi
poveri neri sofferenti.
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AL
FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA LE GIURIE CATTOLICHE
PREMIANO DUE FILM
CENTRATI SUI TEMI DEL PERDONO E DELL’IMMIGRAZIONE
- Intervista con Diego Giuliani -
In attesa di conoscere i vincitori della 63.ma Mostra del
Cinema di Venezia, che saranno annunciati questa sera nel corso di una
cerimonia in Sala Grande, sono stati assegnati i Premi dalle due giurie
cattoliche tradizionalmente presenti al Lido, il Premio SIGNIS e il Premio La
Navicella – Venezia Cinema 2006. Servizio di Luca Pellegrini:
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Una Mostra senza polemiche, una selezione di buon livello.
Si chiuderà ufficialmente questa sera quando la Giuria internazionale presieduta
da Catherine Deneuve annuncerà i vincitori dei Leoni, delle Coppe Volpi e delle
Oselle. Tra le 22 pellicole presenti in concorso quest’anno, sono stati
trattati e colti con grande impatto narrativo e forza visiva temi che
rispondono ai più impellenti interrogativi della nostra epoca, soprattutto
quelli suscitati dalla nostra recente storia o dalle paure del prossimo,
incerto futuro: figure come Bob Kennedy e la Regina Elisabetta II, fenomeni
storici come le guerre civili africane o le grandi migrazioni italiane del
secolo scorso, società solcate dalla povertà, dalla sterilità, ma anche da
piccole, private solidarietà che fanno grande il cuore dell’uomo. Ed è significativo
che i pronostici diano tra i favoriti, a meno di sorprese repentine, proprio
quelle pellicole che sono state segnalate e premiate anche dalle due giurie di
ispirazione cattolica presenti a Venezia, il Signis e la Navicella – Venezia
Cinema dell’Ente dello Spettacolo. Quest’ultima ha voluto riconoscere in Daratt,
la pellicola del regista ciadiano Mahamat Saleh Hauroun, la forza morale,
trattando “il tema del perdono – così recita la motivazione – maturato
attraverso la sofferenza, come un valore universale e culturale per il superamento
di qualsiasi conflitto nel mondo”. Il Signis, invece, pur assegnando una menzione
speciale proprio a Daratt e al film belga Nuda proprietà, ha
voluto premiare l’intenso Nuovomondo dell’italiano Emanuele Crialese.
Diego Giuliani, giurato italiano del Signis, interviene ai nostri microfoni
indicando le dinamiche e le motivazioni che hanno portato a questa scelta:
“Le principali ragioni che ci hanno indotto a premiare
questo bellissimo film è la capacità di attualizzare un tema come
l’immigrazione italiana all’inizio del XX secolo utilizzandolo come spunto di
riflessione non solo per l’Italia ma per l’Occidente tutto sui percorsi e la
memoria storica alle origini del nostro attuale benessere. Un film premiato con
grande piacere al quale sono state affiancate due menzioni il cui scopo è
quello di ribadire l’ampio respiro e l’internazionalità non soltanto della
giuria ma delle prospettive e degli spunti di riflessione che questa mostra del
cinema ha saputo offrire. Non soltanto quindi un tema internazionale e di ampio
respiro come quello dei flussi migratori degli attuali problemi
dell’immigrazione ma anche due prospettive completamente diverse così come le
pesantissime ferite di una piaga come quella delle guerre civili, della guerra
civile del Ciad in particolare, e quello della atomizzazione e dell’individualismo
esasperato delle società occidentali, di cui ci parla invece il film Nue propriété di Joachim La fosse, attraverso le dinamiche e il dramma di una
famiglia che poi incarna il dramma universale di tutte le famiglie del mondo
occidentale”.
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Domani, 10 settembre, 23a
Domenica del Tempo Ordinario,
“Ha fatto bene ogni
cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”.
Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento del
teologo gesuita padre Marko Ivan Rupnik:
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(musica)
In un territorio popolato da pagani, conducono a Gesù un
sordomuto, pregandolo di guarirlo. La sordità è un’antica immagine della
resistenza del popolo eletto alla parola dei profeti e alla legge di Mosé. Il
fatto che questo uomo balbettasse, anzi non parlasse, indica anche una chiusura
della comunicazione. Infatti Cristo si è scontrato duramente con una mentalità
chiusa, di una religione formalista e di un messianismo nazionalista.
Dopo la guarigione di una straniera siro-fenicia, Cristo
opera questo miracolo in pieno territorio pagano, rivelando che la sua venuta
richiede un’apertura universale, sconfinata, perché si tratta di una salvezza
totale ed assoluta. Effatà, cioè
apriti, è la parola che guarisce; ci libera le orecchie ad accogliere la parola
che Dio ci dice e ci scioglie la lingua per comunicare a Dio la nostra risposta
alla salvezza, testimoniando così agli altri il miracolo che salvare la propria
vita significa proprio aprirla all’amore.
(musica)
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9 settembre 2006
“DOVE STA ANDANDO IL CILE?”, SI CHIEDONO I VESCOVI DEL PAESE
LATINOAMERICANO, IN UNA NOTA RIFERITA ALLA POLITICA GOVERNATIVA
DI REGOLAZIONE NAZIONALE DELLA FERTILITA’.
IN
PARTICOLARE, I PRESULI STIGMATIZZANO LE RECENTI NORME
CHE
LIBERALIZZANO
CONCESSA
PERFINO AI MINORI
- A
cura di Luis Badilla -
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SANTIAGO
DEL CILE. = Proiettare la luce del Vangelo sulle realtà del mondo e dell’essere
umano, difendendone i diritti inalienabili, “anzitutto il diritto alla vita in
tutte le fasi del suo sviluppo e in qualsiasi situazione si trovi”: è questa la
missione della Chiesa, ribadita ieri da Benedetto XVI nell’udienza al nuovo
ambasciatore del Cile presso
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“PREGARE
PER CUBA E’ UN DOVERE”, PER AFFERMARE
E
GUARDARE AL BENE COMUNE: COSI’ IERI IL CARDINALE JAIME ORTEGA Y ALAMINO,
ARCIVESCOVO
DE L’AVANA, NELL’OMELIA DELLA MESSA CONCLUSIVA DELLA FESTA
DELLA
MADONNA DELLA "CARIDAD DEL COBRE", PATRONA DELL’ISOLA CARAIBICA
L’AVANA. = “Pregare per Cuba è un dovere”: l’invocazione
del cardinale Jaime Ortega y Alamino, arcivescovo de L’Avana, nell’omelia della
Messa conclusiva, ieri, della festa della Madonna della "Caridad del
Cobre", patrona dell’Isola caraibica. Occorre pregare, soprattutto – ha
sottolineato il porporato - “per il supremo bene della pace a Cuba, poiché essa
porta con sé la comprensione, la riconciliazione, il perdono e la misericordia
tra tutti coloro che siamo parti di questa nazione”. “Quando i cattolici pregano
per il destino del Paese – ha spiegato - e si assumono l’incarico di promuovere
sempre il bene comune, non stanno appoggiando nessuna ideologia e non stanno
identificandosi con nessun sistema politico”. Così, anche “i cubani non
smettono mai di pregare per coloro che, a prescindere del motivo, oggi sono in
carcere e che fissano il loro sguardo sul bene comune della nazione”.
Riferendosi alla “Madonna della Carità”, il cardinale ha detto: “Come non
invocarla in momenti così significativi per la storia di Cuba, come già abbiamo
fatto noi vescovi riguardo la nuova situazione venutasi a creare a causa della
salute del presidente Fidel Castro?”. Dunque, “dobbiamo pregare e agire perché
la violenza non trionfi tra i cubani”, ha aggiunto l’arcivescovo de L’Avana, e
“perché migliorino le condizioni di vita del nostro popolo”. Il porporato si è
infine rivolto alla Madonna per chiederle che Cuba “possa conservare i tratti
della sua identità nazionale e la sua sovranità senza nessuna interferenza esterna”.
(R.G.)
LA
NIGERIA IL PAESE AL MONDO PIU' FELICE. L'ITALIA SOLO CINQUANTESIMA.
AL CONVEGNO
DELLE ACLI DI ORVIETO PRESENTATA
UN'INDAGINE
DELL'UNIVERSITA' DI TOR VERGATA
-
Servizio di Alessandro Guarasci -
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ORVIETO.= Essere ricchi e benestanti non vuol dire essere necessariamente
felici. All'annuale convegno di studi delle ACLI, le Associazioni Cristiane
Lavoratori Italiani, in corso ad Orvieto, si discute di migliorare la nostra
qualità di vita, combattere il consumismo e migliorare lo stato sociale. A tal
riguardo, le ACLI chiedono che in Italia sia creato subito un fondo per la non
autosufficienza. La felicità non è un concetto direttamente collegabile
all'agiatezza. Secondo una ricerca elaborata dall'Istituto CEIS dell'Università
Romana di Tor Vergata, in un'ipotetica classifica dei Paesi al mondo più felici
al primo posto c'è la Nigeria, poi vengono Tanzania e Messico. Il primo Paese
"ricco" è il Canada, al nono posto, con Olanda, Danimarca e Regno Unito
subito dietro. L'Italia risulta in cinquantesima posizione. All'ultimo posto,
la Romania. Per il professor Leonardo Becchetti, che ha curato l'indagine, “ci
vuole cautela nell'interpretare i dati, perché possono essere influenzati da
distorsioni culturali, ma è certo che il gap
di reddito tra nord e sud non corrisponde a un'eguale differenza di
felicità". Per il presidente delle ACLI, Andrea Olivero, "ciò che ci
rende più felici non è la quantità di beni di consumo che possediamo, ma la
qualità delle relazioni che abbiamo". Certo, il reddito per una persona è
importante, ma la sua importanza cambia in base alla posizione economica media
del gruppo che tale individuo frequenta abitualmente. Le società occidentali
hanno rapporti interpersonali meno intensi, e questo genera infelicità. E qui
deve intervenire lo stato sociale. Per Olivero, in Italia bisogna introdurre
subito un fondo per la non autosufficienza, uno strumento per le situazioni più
disperate, "e tale questione è decisiva quanto quella delle pensioni per
la sicurezza sociale. Bisogna a tal fine valutare la possibilità di lanciare
una tassa di scopo, attingendo dai risparmi fiscali".
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ANCHE
NELLE CHIESE SI FARANNO LE “ORE PICCOLE”: 15 I LUOGHI DI CULTO APERTI
A ROMA
IN OCCASIONE DELLA “NOTTE BIANCA”, CHE SI SVOLGERA’ DA STASERA
FINO
AL MATTINO DI DOMENICA, CON EVENTI E SPETTACOLI,
MA ANCHE INIZITIVE DI SOLIDARIETA’
- A
cura di Roberta Gisotti -
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ROMA. = “Notte bianca” a Roma anche nelle chiese: 15 i
luoghi di culto che hanno aderito alla manifestazione - promossa dal Comune
capitolino e dalla Camera di Commercio - che si svolgerà da questa sera fino al
mattino per le strade della capitale. Più di 1000 artisti di ogni parte del
mondo si esibiranno in questa grande festa di eventi e spettacoli, con 400 appuntamenti
in tutti i Municipi della città, dal centro alla periferia. E per la prima
volta, in diverse chiese si faranno le “ore piccole” per ascoltare concerti,
per parlare di arte, musica, solidarietà e stare insieme per pregare. Concerto
per organo e chitarra nella Chiesa Nuova, Santa Maria in Vallicella, in Corso
Vittorio; spettacolo nella chiesa del Gesù, nell’omonima Piazza; letture,
musica e danze nella chiesa del Santo Volto di Gesù in via della Magliana;
visite guidate e animazione musicale anche nella sinagoga ebraica, a partire
dalle 22, dopo lo shabat. Giunta alla
quarta edizione, la “Notte bianca” romana è gemellata con le Notti bianche di
Bruxelles, Madrid, Parigi, Riga, che hanno deciso di organizzare ogni anno un
progetto artistico comune allo scopo di promuovere uno scambio di esperienze a
livello europeo. Da segnalare, infine, i risvolti solidali della manifestazione
con stands informativi in varie zone della città sulle attività di associazioni
e movimenti umanitari e caritativi, oltre ad iniziative rivolte ai bisognosi.
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9 settembre 2006
- A cura di Amedeo Lomonaco, Eugenio
Bonanata e Marco Guerra -
In
Afghanistan, almeno 20 ribelli sono rimasti uccisi durante scontri con soldati
della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) nei pressi di
Kandahar, nel sud del Paese. E’ così salito ad oltre 350 il numero degli
insorti morti negli ultimi otto giorni. L’ISAF ha lanciato la sua offensiva
nelle province meridionali lo scorso 2 settembre per stanare e neutralizzare
militanti taleban che, secondo fonti della NATO, stanno fortificando le loro
posizioni. Il comitato militare dell’Alleanza Atlantica ha chiesto, inoltre, ai
Paesi membri di inviare rinforzi in Afghanistan in seguito alla recrudescenza
delle violenze.
Ennesima
mattinata di sangue in Iraq. Almeno otto persone, tra cui diversi poliziotti
iracheni, sono morte in una serie di attentati che ha scosso Baghdad e la città
petrolifera settentrionale di Kirkuk. Sul piano politico il primo ministro
iracheno, al-Maliki, ha annunciato che lunedì prossimo si recherà in Iran per
una visita ufficiale di due giorni nel corso della quale affronterà i temi
della sicurezza e del rafforzamento delle relazioni bilaterali.
Non c’era
nessun legame operativo tra l’ex presidente iracheno Saddam Hussein e il gruppo
di Al Qaeda. Lo ha ribadito il nuovo rapporto del Senato americano, reso noto
ieri. Nel dossier, che raccoglie due anni di analisi sulle modalità con cui
l’Amministrazione Bush decise di intervenire militarmente in Iraq, si afferma
che “Saddam non aveva alcuna fiducia in Al Qaeda e considerava gli estremisti
islamici come minacce al suo regime”. Saddam – prosegue il dossier – aveva
rifiutato tutte le richieste di aiuto avanzate dall’organizzazione terroristica.
L’Assemblea
generale dell’ONU ha adottato all’unanimità una risoluzione che condanna il
terrorismo e definisce una strategia globale di lotta. In base alla
risoluzione, non vincolante, tutti i Paesi si impegnano ad affrontare i
problemi basilari del terrorismo. Tra questi, figurano i conflitti non risolti,
la violazione dei diritti umani, le discriminazioni di ogni tipo e
l’emarginazione socio-economica.
Il presidente
siriano, Bashar Assad, ha accettato la proposta italiana di far monitorare il
confine tra Siria e Libano da uomini dell’Unione Europea. Lo ha annunciato il
presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, precisando che gli osservatori
europei non saranno armati e “non saranno in divisa, ma disporranno di tutti
gli strumenti necessari per controllare il passaggio di armi verso il Sud del
Libano”. Nel Paese dei Cedri sono arrivati, intanto, 250 soldati francesi. Si
tratta di un’unità logistica che ha il compito di preparare l’arrivo, la
prossima settimana, di un battaglione di 900 militari francesi.
L’Alto
rappresentante europeo dell’Unione europea per la politica estera e di
sicurezza comune, Javier Solana, ha lanciato un nuovo appello per il Medio
Oriente, esortando israeliani e palestinesi a riprendere i negoziati. Solana ha
sottolineato, in particolare, il deterioramento della situazione sul terreno,
dove si registrano nuovi scontri: almeno un presunto miliziano della Jihad
islamica è rimasto gravemente ferito stamani, in un villaggio meridionale della
Striscia di Gaza, in seguito a combattimenti tra soldati israeliani e miliziani
palestinesi. Alla mancanza di sicurezza si aggiunge, poi, l’aggravarsi della
crisi umanitaria nei Territori palestinesi: il responsabile dell’Agenzia delle
Nazioni Unite per l’assistenza ai palestinesi (UNRWA), Karen Abuzayd, ha detto
che le dieci settimane di assedio israeliano a Gaza hanno reso insostenibile la
vita per oltre un milione e mezzo di persone. Per questo, il responsabile
dell’UNRWA ha chiesto la riapertura dei valichi e l’invio di osservatori per
tutelare la sicurezza dei civili.
Sempre
in primo piano il dibattito internazionale sul nucleare iraniano. Il capo
negoziatore della Repubblica islamica, Ali Larijani, è giunto oggi a Vienna per
un incontro con l’Alto rappresentante europeo, Javier Solana. Il vertice mira a
rilanciare i negoziati per evitare sanzioni ONU ai danni dell’Iran, che non
intende sospendere il proprio programma nucleare. Favorevole ad una soluzione
negoziale è anche il premier italiano, Romano Prodi, che ieri a Roma ha incontrato
Larijani.
L’ex presidente
iraniano Khatami, in un’intervista rilasciata al settimanale ‘Time’ ha definito
l’Olocausto “un fatto storico”, che spesso però è usato in “malo modo”. In
questo modo, Khatami ha preso le distanze dall’attuale presidente della
Repubblica islamica, Mahmoud Ahmadinejad, che contesta la realtà storica del
genocidio degli ebrei.
E’ salito a 37
morti il numero delle vittime causate da almeno 4 esplosioni avvenute, ieri, in
una moschea nella cittadina di Malegaon, nello Stato occidentale indiano di
Maharashtra. Al momento dell’attentato, migliaia di fedeli musulmani erano
riuniti nel tempio per la festività dello Shab-e-barat, nota come “notte del
perdono” o “giorno dell’espiazione”. Gli inquirenti non hanno dubbi sulla
matrice terroristica e seguono la pista del fondamentalismo indù.
Un’azione congiunta di Italia, Francia e
Spagna gestirà con i Paesi africani il flusso di immigrati verso l’Europa. Lo
ha annunciato il capo dell’esecutivo italiano, Romano Prodi, dopo aver incontrato
ieri in Libia, dove si è recato in occasione dei
festeggiamenti del settimo anniversario dell'Unione Africana, il presidente libico
Muammar Gheddafi. Proseguono, intanto, senza sosta gli sbarchi a Lampedusa:
stamani sono state soccorse 27 persone e ieri sono arrivate due imbarcazioni
con circa 300 clandestini. A questi se ne aggiungono altri 76 soccorsi all’alba
a sud dell’isola.
Almeno tredici cittadini del Bangladesh sono
sbarcati, poi, sulle coste pugliesi.
In
Norvegia è stato fermato nella notte un reattore nucleare sperimentale,
installato in un istituto di ricerca a 25 chilometri da Oslo, dopo che è
scattato l’allarme per una possibile anomalia. Secondo l’Agenzia nucleare
norvegese non si sono comunque verificate perdite dal reattore e non sono state
rilevate tracce di contaminazione radioattiva.
L’Organizzazione mondiale della Sanità
ha confermato che la morte di una bambina di 8 anni, deceduta il 25 luglio del
2005, è stata causata, in Indonesia, dal virus H5N1. Con questo decesso, sale a
48 il bilancio dei morti nel Paese asiatico provocati dall’influenza aviaria.
Cerimonie sotto tono in Cina per il 30.mo anniversario
della morte di Mao Zedong, fondatore della Repubblica popolare cinese nel 1949.
Sulla ricorrenza è infatti calato il silenzio delle autorità che, secondo
diversi analisti, non vogliono riportare alla memoria i milioni di morti
provocati dalla “Rivoluzione culturale” del 1966 ed evitare paragoni con i
conflitti sociali in corso. Migliaia di persone si sono comunque messe in fila
davanti al mausoleo che, in piazza Tienanmen, ospita il corpo del “Grande
Timoniere”.
Migliaia di cittadini di Taiwan hanno manifestato, stamani,
per chiedere le dimissioni del presidente Chen Shui-bian, coinvolto in numerosi
scandali di corruzione. Vestiti di rosso e gridando slogan contro Chen, i
manifestanti hanno marciato per il centro di Taipei.
In Costa D’Avorio è di oltre 5 mila il numero delle
persone intossicate dalle esalazioni dei prodotti chimici scaricati, durante lo
scorso mese, da una nave panamense nelle discariche di Abidjan. Il nuovo
bilancio è stato fornito dal ministro della Sanità ivoriano. La vicenda, resa
nota nei giorni scorsi, ha provocato le dimissioni del primo ministro Banny.
Nuova emergenza umanitaria in Africa: secondo l’agenzia
missionaria MISNA, sono almeno 1000 i morti e oltre 100.000 le persone rimaste
senza un’abitazione in seguito straripamenti e alluvioni in Etiopia, Sudan,
Eritrea, Somalia, Kenia e Uganda. L’Organizzazione dell’ONU per il
coordinamento degli Affari umanitari (OCHA) riferisce, poi, che sono più di
10.000 gli sfollati in seguito alle piogge torrenziali abbattutesi in Burkina
Faso, Nigeria, Niger, Mali e Mauritania.
L’OCHA lancia anche l’allarme per la difficile situazione delle
popolazioni rurali, che vedono compromesse le loro attività economiche e il
prossimo raccolto agricolo.
Se le autorità sudanesi continueranno ad opporsi all’invio
di truppe dell’ONU in Darfur saranno considerate responsabili dei crimini che
si stanno compiendo contro la popolazione civile. Così il segretario generale
dell'ONU, Kofi Annan, in una conferenza stampa, ieri, a New York. Da parte sua,
il governo sudanese si è detto pronto a riprendere il dialogo con la Comunità
internazionale sulla situazione in Darfur ed ha annunciato per i prossimi
giorni l’arrivo, a Khartoum, di una delegazione dell’Unione Africana.
La Corte suprema del Cile ha nuovamente revocato
l’immunità al generale Augusto Pinochet, in relazione a presunte sevizie
perpetrate nel carcere di Villa Grimaldi. L’ex dittatore potrà essere
incriminato e processato per violazione dei diritti umani, omicidio e tortura.
Negli ultimi mesi, Pinochet era già stato privato dell’immunità per frode,
evasione fiscale, esportazione illecita di valuta. Reati che hanno permesso
all’anziano generale e la sua famiglia, di creare un autentico patrimonio
all’estero, sottratto alle casse dello Stato.
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