RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 249  - Testo della trasmissione di mercoledì 6  settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

In Cristo l’uomo vede Dio com’è: all’udienza generale, Benedetto XVI parla dell’apostolo Filippo, esortando i fedeli a ripetere al mondo il suo “Vieni e vedi”. L’invito del Papa a pregare per la sua prossima partenza per la Germania

 

“Chi crede non è mai solo”: è il motto che Benedetto XVI ha scelto per il suo viaggio in Baviera dal 9 al 14 settembre. Intervista con padre Enrico Romanò

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Da Assisi l’appello dei leader religiosi per la pace: chi usa il nome di Dio per distruggere l’altro si allontana dalla religione pura. La pace è il nome di Dio: con noi Arrigo Levi e Mario Marazziti

 

“Un fiume possente ma silenzioso: in movimento verso il futuro”. Presentato il rapporto ONU 2006 sullo stato della popolazione nel mondo, dedicato alle donne migranti

 

Occhi puntati sulla Cina al Festival del Cinema di Venezia

 

CHIESA E SOCIETA’:

La Conferenza episcopale d’Inghilterra e Galles ha lanciato una campagna nazionale, sul tema: “Morire per vivere…per la causa del Vangelo”

 

Preoccupazione dei vescovi del Senegal per la crisi del mondo rurale nel Paese: critiche alle politiche della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale

 

I vescovi dell’Africa Australe chiedono più attenzione per i bambini orfani a causa dell’AIDS

 

Il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) promuove, dall’11 al 15 settembre, il II Congresso di dottrina sociale della Chiesa

 

A 50 anni dall’invasione delle truppe sovietiche in Ungheria, il Movimento dei Focolari promuove, il 16 settembre a Budapest, una manifestazione internazionale all’insegna della fraternità

 

Presentato, stamani, il programma di iniziative dell’arcidiocesi di Palermo per ricordare don Pino Puglisi, il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993

 

Riaperta, dopo un lungo restauro, una basilica dedicata alla Vergine nello Stato indiano del Karnataka

 

24 ORE NEL MONDO:

Botta e risposta tra Bush e Ahmadinejad: Iran e Stati Uniti sempre più lontani

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

6 settembre 2006

 

 

IN CRISTO L’UOMO VEDE DIO COM’E’:

ALL’UDIENZA GENERALE, BENEDETTO XVI PARLA DELL’APOSTOLO FILIPPO,

ESORTANDO I FEDELI A RIPETERE AL MONDO IL SUO “VIENI E VEDI”.

L’INVITO DEL PAPA A PREGARE PER LA SUA PROSSIMA PARTENZA PER LA GERMANIA

 

Incontrare Gesù, amare Dio che Cristo rende evidente ai sensi umani, annunciarlo a tutti, sapendo che il Vangelo non è “una teoria astratta”. E’ la parabola della vita cristiana, che Benedetto XVI ha posto al centro della catechesi di oggi. L’udienza generale, celebrata in Piazza San Pietro, è stata dedicata dal Papa alla vita dell’apostolo Filippo e si è conclusa con l’invito del Pontefice a pregare per il suo imminente viaggio apostolico in Germania, che inizierà sabato prossimo. Il servizio di Alessandro De Carolis:

 

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Chi guarda Gesù vede “com’è Dio”. Una verità straordinaria nella sua essenzialità. L’impegno di ogni cristiano è quindi quello di lasciarsi sedurre da Cristo “e di condividere con gli altri”, testimoniandola, “questa indispensabile compagnia”, per portare l’umanità a Dio. Da Castel Gandolfo, dove trascorrerà il mese di settembre,

 

(effetti folla)

 

Benedetto XVI è giunto in Piazza San Pietro per offrire questo insegnamento ai circa 25 mila fedeli che lo hanno festeggiato in questa caldo primo mercoledì di settembre. Alla folla dell’udienza generale – alla quale il Papa si è presentato oggi calzando, durante il giro sulla giardinetta scoperta, un cappello rosso, simile a quelli usati in passato da Giovanni XXIII – Benedetto XVI ha presentato la figura dell’apostolo Filippo. I Vangeli ne sottintendono il prestigio in varie occasioni, ma è l’episodio del suo botta e risposta con Natanaele a rendere evidente, osserva il Papa, la sua tempra di “vero testimone”. Allo scetticismo del suo interlocutore, che non crede che da Nazareth possa venire “qualcosa di buono” – e dunque nemmeno il Messia – Filippo ribatte asciutto: “Vieni e vedi”:

 

“Possiamo pensare che Filippo si rivolga pure a noi con quei due verbi che suppongono un personale coinvolgimento. L’Apostolo ci impegna a conoscere Gesù da vicino. In effetti, l’amicizia ha bisogno della vicinanza, anzi in parte vive di essa. Del resto, non bisogna dimenticare che, secondo quanto scrive Marco, Gesù scelse i Dodici con lo scopo primario che ‘stessero con lui’ (…) Egli infatti non è solo un Maestro, ma un Amico, anzi un Fratello. Come potremmo conoscerlo a fondo restando lontani? L’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo”.

 

 Altri passaggi evangelici esaltano la “concretezza” dell’Apostolo, ad esempio durante la moltiplicazione dei pani, quando con realismo Filippo afferma che nemmeno una grossa cifra sarebbe sufficiente a sfamare la folla. Oppure, quando si fa intermediario tra Gesù ed alcuni estranei che vorrebbero conoscerlo. Un atteggiamento, nota il Papa, cui prestare attenzione:

 

“Questo ci insegna ad essere anche noi sempre pronti, sia ad accogliere domande e invocazioni da qualunque parte giungano, sia a orientarle verso il Signore, l'unico che le può soddisfare in pienezza. E’ importante, infatti, sapere che non siamo noi i destinatari ultimi delle preghiere di chi ci avvicina, ma è il Signore: a lui dobbiamo indirizzare chiunque si trovi nella necessità. Ecco: ciascuno di noi dev'essere una strada aperta verso di lui!”.

 

L’intera vita di Filippo può essere letta, dunque, come un contatto, a livello ogni volta più profondo, con aspetti della “Rivelazione” portata da Gesù. Un mistero che il Papa sintetizza così:

 

“Per esprimerci secondo il paradosso dell’Incarnazione, possiamo ben dire che Dio si è dato un volto umano, quello di Gesù, e per conseguenza d’ora in poi, se davvero vogliamo conoscere il volto di Dio, non abbiamo che da contemplare il volto di Gesù!”.

 

Dunque, ha concluso la catechesi Benedetto XVI, ecco “lo scopo cui deve tendere la nostra vita: incontrare Gesù come lo incontrò Filippo, cercando di vedere in lui il Padre celeste. Se questo impegno mancasse, verremmo rimandati sempre solo a noi come in uno specchio, e saremmo sempre più soli! Filippo invece ci insegna a lasciarci conquistare da Gesù, a stare con lui, e a invitare anche altri a condividere questa indispensabile compagnia”.

 

(canto - applausi)

 

Al termine delle catechesi nella varie lingue, Benedetto XVI ha salutato come sempre alcuni gruppi di fedeli – tra i quali i partecipanti al Congresso internazionale dei laici carmelitani – quindi si è accomiatato invitando i fedeli a pregare per la sua prossima visita in Germania, dal 9 al 14 settembre:

 

“Ringrazio il Signore per l’opportunità che mi offre di recarmi, per la prima volta dopo la mia elezione a Vescovo di Roma, in Baviera mia terra di origine. Accompagnatemi, cari amici, in questa mia vista, che affido alla Vergine Santa. Sia Lei a guidare i miei passi: sia Lei a ottenere per il popolo tedesco una rinnovata primavera di fede e di civile progresso”.

 

(applausi)

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“CHI CREDE NON È MAI SOLO”: È IL MOTTO CHE BENEDETTO XVI

HA SCELTO PER IL SUO VIAGGIO IN BAVIERA DAL 9 AL 14 SETTEMBRE

- Intervista con padre Enrico Romanò -

 

“Chi crede non è mai solo” è il motto che Benedetto XVI ha scelto per il suo viaggio apostolico nella sua terra natale, la Baviera. Una frase che il Papa ha spesso rivolto ai fedeli all’inizio del suo pontificato e che racchiude più dimensioni - come spiega il Messale preparato per questa visita dall’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice – e cioè, l’appartenenza di ogni battezzato alla comunità dei fedeli, la sua comunione con Dio nella vita e nella morte e la grande comunione dei Santi che comprende i fedeli di tutti i tempi e di ogni luogo. Il Papa, nel pomeriggio di sabato 9 settembre, inizierà il suo viaggio a Monaco di cui è stato arcivescovo dal 1977 al 1982: ma quale atmosfera si sta vivendo in questa città a tre giorni dall’arrivo di Benedetto XVI? Paolo Ondarza lo ha chiesto a padre Enrico Romanò, parroco della chiesa di Sant’Andrea a Monaco di Baviera:

 

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R. – C’è molto interesse, una forte preparazione organizzativa. Si cerca di motivare sempre di più questo incontro con il Papa, come vescovo di Roma e successore di San Pietro, perché venga a rinfrancare la nostra fede in questo periodo di secolarizzazione e indifferenza religiosa.

 

D. - La secolarizzazione di cui parlava è un aspetto forte, preponderante in Baviera?

 

R. – Posso dire che fino a nove anni fa ero a Ginevra e quando il mio provinciale mi ha detto “Sarai trasferito a Monaco di Baviera”, io immaginavo che la città di Monaco fosse molto cattolica. Quando sono venuto, nel dicembre del ’97, e ho visto anche poca gente in Chiesa, ho avuto un certo shock. La città di Monaco ha un milione e 300 mila abitanti. I cattolici attualmente sono soltanto il 41 per cento e poi ci sono anche le altre confessioni religiose. 

 

D. – Come vivono in particolare i suoi parrocchiani i rapporti ecumenici?

 

R. – C’è un rispetto reciproco molto bello, molto buono. Il problema che interessa entrambi è come conservare la fede.

 

D. – Il 14 settembre, giovedì, Benedetto XVI incontra i sacerdoti sul tema “Fortifica la nostra fede”…

 

R. – Sarò presente anch’io. Forse dovremo rinfrancarci nella catechesi. Amare di più il Signore, far sì che veramente Dio sia il centro della nostra vita, la nostra speranza.

 

D. – Benedetto XVI proviene dalla stessa terra dei suoi parrocchiani. Questo come è vissuto emotivamente dalla gente?

 

R. – Come un papà che ritorna a casa sua dopo tanti anni di emigrazione. Lo vedo un po’ così. E’ chiaro, il Papa è bavarese. Leggevo qualche tempo fa che il Papa aveva detto, parlando della sua parrocchia nativa: “E’ vero, io sono via da tanti anni, però le mie radici sono qui”.

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ELEZIONE DEL VESCOVO DI CURIA DELL’EPARCHIA PATRIARCALE

D’ALESSANDRIA DEI COPTI CATTOLICI

 

Il Santo Padre ha concesso il Suo assenso all’elezione canonicamente fatta dal Sinodo dei Vescovi della Chiesa Copta, riunitosi il 31 agosto 2006, del rev. Kamal Fahim Awad Hanna finora rettore del Seminario Copto Cattolico di Maadi a vescovo di Curia dell’Eparchia patriarcale d’Alessandria dei Copti Cattolici assegnandogli la Sede titolare di Mareotes. Il rev. Kamal Fahim Awad Hanna è nato il 3 luglio 1961 a Twa (Minya), ed è stato ordinato sacerdote il 20 maggio 1988 a Twa per l’Eparchia di Minya. Dopo gli studi istituzionali al Seminario Maggiore di Maadi è stato parroco due anni, in seguito responsabile della formazione degli studenti del ciclo propedeutico e professore al Seminario Maggiore, prima di conseguire il Dottorato in teologia biblica all’Istituto Biblico di Roma nell’anno 2002. Al suo ritorno in patria nel 2002, è stato nominato professore al Seminario Maggiore di Maadi, di cui è divenuto rettore nel 2004. Il 31 agosto 2006 è stato eletto dal Sinodo Copto Cattolico, vescovo di Curia dell’Eparchia patriarcale d’Alessandria dei Copti Cattolici, con il titolo di Mareotes. Oltre l’arabo parla l’italiano e l’inglese.

 

 

NOMINA DEL NUNZIO APOSTOLICO IN LESOTHO

 

Il Santo Padre ha nominato nunzio apostolico in Lesotho mons. James Patrick Green, arcivescovo titolare di Altino, nunzio apostolico in Sud Africa e in Namibia e delegato apostolico in Botswana.

 

 

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

Apre la prima pagina l'udienza generale.

 

Servizio vaticano - Tre pagine dedicate al prossimo viaggio apostolico di Benedetto XVI in Germania.

 

Servizio estero - Medio Oriente: sanguinosi raid israeliani nei Territori.

 

Servizio culturale - Un articolo di Giovanni Marchi dal titolo: "Una fama raggiunta come librettista delle opere pucciniane": cent'anni dalla morte di Giuseppe Giacosa.

 

Servizio italiano - In primo piano il tema degli incidenti sul lavoro.  

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

6 settembre 2006

 

 

DA ASSISI L’APPELLO DEI LEADER RELIGIOSI PER LA PACE: CHI USA IL NOME DI DIO

 PER DISTRUGGERE L’ALTRO SI ALLONTANA DALLA RELIGIONE PURA.

LA PACE È IL NOME DI DIO

- Interviste con Arrigo Levi e Mario Marazziti -

 

Le religioni unite per sconfiggere odio e violenze, per ricordare che la pace è il nome di Dio. La loro voce si è alzata ancora una volta ieri sera da Assisi, al termine dell’incontro internazionale di preghiera per la pace indetto dalla Comunità di Sant’Egidio, a venti anni esatti dal grande appuntamento voluto da Giovanni Paolo II, quando invitò tutti  i leader delle religioni del mondo per proporre il suo sogno di pace. Da Assisi la nostra inviata Francesca Sabatinelli.

 

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Le energie di pace scaturite in quel lontano 27 ottobre 1986 ad Assisi, quando Giovanni Paolo II invitò alla preghiera i leader religiosi del mondo hanno ispirato l’appello nato dai due giorni di dialogo che si sono conclusi ieri sera con una suggestiva cerimonia che ha visto dopo 20 anni di nuovo nella città di San Francesco tutti insieme sul palco i rappresentanti delle religioni mondiali per la firma del loro documento. La guerra non è inevitabile, è l’invocazione, le religioni non giustificano mai l’odio e la violenza, chi usa il nome di Dio per distruggere l’altro si allontana dalla religione pura. La pace è il nome di Dio che è più forte di chi vuole la guerra, di chi coltiva odio e violenza. Parole che segnano la continuità con tutti gli appuntamenti organizzati da Sant’Egidio nello spirito di Assisi. Le risposte ai conflitti sono il dialogo tra le religioni e le culture, e la preghiera che non divide ma unisce. I credenti presenti qui, uomini e donne, non vogliono essere considerati degli ingenui. La pace - dice Andrea Riccardi ai protagonisti - cardinali, vescovi, rappresentanti delle diverse confessioni cristiane, imam, rabbini - può sembrare un sogno da illusi, questo è il gioco dei disegni terroristici, di chi vuole vivere sulla cultura del conflitto e gioca d’azzardo sulle differenze, ciò che qui ad Assisi si è categoricamente rifiutato. I conflitti non sono un destino, ci sono responsabilità politiche culturali, anche le religioni possono farsi trascinare nella logica della guerra sacralizzare gli odi, benedire le armi. E questa è la terribile responsabilità umana. Ascoltiamo il prof. Riccardi

 

“Grande compito delle religioni è costruire la pace nei cuori, per esse la pace, anche nel mezzo della guerra, resta un’aspirazione irrinunciabile il sogno di un mondo finalmente umano”.

 

La religione dunque non può che essere foriera di pace, come aveva scritto Benedetto XVI nel suo forte messaggio all’inizio di questo meeting. E con questo importante auspicio si è chiusa questa edizione dell’incontro al quale ha preso parte anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano, una presenza molto gradita alla Comunità di Sant’Egidio considerata segno di attenzione da parte dell’Italia al tema del dialogo con l’islam e con le grandi religioni. Di fronte agli scenari di terrorismo e di violenza che non accennano a dissolversi, l’unica strada possibile è quella del dialogo indicata dagli incontri di preghiera di Assisi, sono state le parole del presidente che come tutti gli altri ha acceso il candelabro della pace e firmato l’appello di pace. Il prossimo anno l’appuntamento sarà a Napoli con l’obiettivo di portare il Mediterraneo al centro dei rapporti tra tutti i popoli che si affacciano su questo mare e trovare assieme sbocchi per la pace.

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         Ad Assisi in questi anni si sono ritrovati uomini di fede e laici, il cui dialogo ha vissuto un importante impulso. Lo conferma un fedele amico della Comunità di Sant’Egidio e noto intellettuale laico, Arrigo Levi, anche lui presente ad Assisi. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

 

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R. – C’è stato una specie di richiamo reciproco. C’è stata un’evoluzione nel rapporto fra mondo dei laici e mondo delle religioni, perché sono cambiate le religioni e perché sono cambiati i laici. Quindi, la possibilità del dialogo ha allargato le culture e si è pensato che fosse utile per dare maggiore efficacia a questa azione culturale, che è quella che svolge Sant’Egidio. Giovanni Paolo II sentiva l’urgenza di parlare e di chiamare coloro che sono pronti a darsi la mano, perché se la dessero in pubblico apertamente. Questo è stato fatto e questo si continua a fare, sperando che abbia un effetto positivo.

 

D. – Quando si iniziò 20 anni fa c’era la guerra fredda. Oggi ci sono dei pericoli molto più striscianti, molto più insidiosi, che anche lei ha voluto mettere in luce…

 

R. – Nell’’86 c’era una situazione molto più definita. C’era una guerra fredda, ma i governi avevano un pieno controllo sulle forze di cui disponevano. Oggi abbiamo dei movimenti in atto che insidiano i rapporti di amicizia e di pace fra i popoli, di cui alcuni terroristi, fondamentalisti, che non accettano la pace fra i governi. Credo che supereremo questa epoca che rimarrà una necessità generale di dare corpo e sostanza alla collaborazione su scala globale fra identità di popoli, di nazioni e di Stati, che rischiano altrimenti di entrare in collisione.

 

D. – La piattaforma di dialogo tra credenti e laici su cosa deve poggiare?

 

R. – Sulla convinzione che bisogna che tutti gli uomini di buona volontà si mettano insieme per allontanare i pericoli molto gravi che incombono su tutti noi. Quindi, si tratta di avere in comune un desiderio di salvare il mondo. Parliamo di coesistenza pacifica fra i popoli. E’ un’impresa non da poco. Abbiamo visto la fine della guerra fredda e ci siamo immaginati che con questo si iniziasse un’era nuova di pace e tranquillità. Invece ci siamo accorti che la storia non finisce. Si era parlato della fine della storia, ma la storia non è finita.

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Ma quali sono i risultati concreti di questi due giorni di meeting? Fabio Colagrande lo ha chiesto al portavoce della Comunità di Sant’Egidio, Mario Marazziti:

 

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R. - Il primo risultato io credo, un po’ per tutti, sia una boccata d’aria pulita, al posto del pessimismo tragico, di un realismo che ormai pullula nei giornali, nell’opinione pubblica, per cui allo scontro tra le civiltà in atto, al terrorismo, alla guerra, alla demonizzazione dell’altro, non c’è mai nessuna alternativa. In realtà, il dialogo torna in maniera seria al centro. Ed è il Papa stesso, Benedetto XVI che raccoglie l’iniziativa, che lui definisce audace e profetica, di Giovanni Paolo II, che dice: “Non c’è alternativa al dialogo”. Le religioni non possono essere usate per la guerra e bisogna anche inventare, costruire, una pedagogia di pace per le nuove generazioni. Qui siamo in pieno nello spirito di Assisi.

 

D. – Mario Marazziti, quali sono stati gli incontri più importanti di queste due giornate di Assisi 2006?

 

R. – Posso dire che il rabbino capo d’Israele, Yona Metzger, ha proposto di lavorare alla liberazione di tutti i prigionieri israeliani, palestinesi, di ogni nazionalità e questa è una grande proposta di pace. L’incontro sul Libano è stato incredibilmente importante. Per la prima volta, tutte le componenti - sciiti, sunniti, cristiani, il governo… - si sono ritrovate insieme, in maniera anche aspra, in maniera anche complessa, perché è una situazione esplosiva. Questo è stato un fatto, una costruzione di questo spirito di Assisi. Immaginiamo il rettore dell’Università di Al Azar accanto al grande rabbino d’Israele, Metzger, o di Haifa, quindi quella che è oggi la più grande centrale teologica di tutto l’islam. In un tempo in cui non si parlano e alcuni Paesi non hanno relazioni diplomatiche, loro erano invece lì a parlare e a cercare delle vie comuni.

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“UN FIUME POSSENTE MA SILENZIOSO: IN MOVIMENTO VERSO IL FUTURO”.

PRESENTATO IL RAPPORTO ONU 2006 SULLO STATO DELLA POPOLAZIONE NEL MONDO,

DEDICATO ALLE DONNE MIGRANTI

 

Il loro ruolo è misconosciuto ma sono una colonna portante dell’economia dei Paesi più poveri: sono le donne immigrate, i cui diritti sono spesso negati nei Paesi d’accoglienza. E’ quanto emerge dall'ultimo Rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), presentato oggi a Roma e contemporaneamente in altre capitali del mondo.  Il documento italiano, che si intitola ‘In movimento verso il futuro. Donne e migrazione internazionale’, e' stato curato dall’AIDOS, l'Associazione italiana donne per lo sviluppo. Ce ne parla Roberta Gisotti.

 

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Quasi 95 milioni, circa la metà di tutti i migranti nel mondo, sono donne. Aumenta la migrazione femminile rispetto ai grandi movimenti di persone nel passato, che però contrariamente a quanto si creda non sono cresciuti di molto in percentuale: nel 1960 è il 2,5% della popolazione mondiale a migrare oggi è il 2,9%.

 

Il tema della migrazione internazionale sarà per la prima volta affrontato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con un incontro organizzato a New York il 14 e 15 settembre prossimi. La migrazione se ben gestita può essere vantaggiosa per tutti ma ciò solo se il contributo delle donne sarà riconosciuto e valorizzato. Da qui l’esigenza, avvertita dal Fondo dell’ONU per la popolazione di dedicare il Rapporto annuale alle donne migranti fornendo la prima analisi globale del fenomeno, come ha spiegato Carlo Reitano dirigente dell’Agenzia. 105 pagine con dati e grafici, capitoli che squarciano realtà dolorose di sfruttamento, violenze e abusi e capitoli che mostrano le opportunità e le risorse.

 

“Un fiume possente ma silenzioso”, le donne migranti che vivono un’identità di doppia discriminazione e come migranti e come donne, ha sottolineato Daniela Colombo presidente dell’AIDOS. Due aspetti in particolare colpiscono, l’uno in negativo, 650.000 donne e ragazze ogni anno sono vittime del traffico di esseri umani, l’altro in positivo, le migranti portano senza dubbio un prezioso apporto sociale ed economico tanto nei Paesi ospiti che nei Paesi d’origine nei quali tornano ogni anno 230 miliardi dollari di rimesse, un flusso enorme di denaro che andrebbe incanalato in azioni positive di sviluppo. Un appello infine ai Paesi dell’Unione Europea perché ratifichino la Convenzione sull’immigrazione, cui hanno aderito dal ’90 solo 34 Stati.

 

Dalla Sala stampa estera a Roma, Roberta Gisotti, Radio Vaticana.

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OCCHI PUNTATI SULLA CINA

AL FESTIVAL DEL CINEMA DI VENEZIA

 

Primo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, La stella che non c’è di Gianni Amelio: una meditazione sofferta sulla società cinese e un viaggio nella coscienza di un operaio che la attraversa. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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Dismessa la fabbrica con i suoi operai, dismesso un dirigente cinese, dismesso anche il cuore e le meccaniche spirituali che innescano le ragioni del vivere: a Bagnoli le architetture industriali alla deriva accolgono un gruppo di cinesi per l’acquisto di altoforni usati. Uno di questi risulta difettoso, come lo è la vita di Vincenzo Buonavolontà, tecnico disoccupato, nome che racchiude tutto il protagonismo del personaggio interpretato dal bravo Sergio Castellitto nel film di Gianni Amelio, assai liberamente tratto dal romanzo La dismissione di Ermanno Rea. Ma un napoletano in Cina fa più storia e cinema di una decina di cinesi a Napoli: con motivazioni interiori che soltanto si riusciranno ad intuire e percepire in modo rarefatto, Vincenzo parte, con la centralina idraulica da lui appositamente modificata, per l’Hubei, l’immensa regione delle immense città-fabbriche, una missione di “carità industriale” molto lontana dalle esigenze e dalle realtà del moderno capitalismo cinese e tutta motivata, nella sua dinamica, dal pretesto di far viaggiare il personaggio in una Cina mai vista. Motivazione quasi riduttiva per ricavarci un film che tenta di costruire, invece, una forte e continua empatia con lo spettatore. Gianni Amelio è regista umano e spirituale che il più delle volte “dice” senza “dire”: in una cultura e società così aliene a Vincenzo come quelle che incontra nella sua traumatica e definitiva esperienza cinese, il non detto è però, questa volta, di poco aiuto. Sulla bandiera cinese manca una stella, viene raccontato, e nella coscienza dei cinesi, di conseguenza, qualche buona virtù; sembra mancare, almeno fino all’epilogo, la stella anche nel firmamento che sovrasta, immobile e muto, la ricerca spirituale di questo “operaio piccolo piccolo”. È offuscata sembra in parte la luce della stella che, in altri viaggi, è riuscita ad illuminare, con maggior nitidezza, il profondo cinema di un profondo regista. Impressioni cinesi ci arrivano anche da un regista tutto cinese, Jia Zhang-Ke: nel suo L’anima buona delle Tre Gole entra nel perpetuo divenire delle cose nella sua terra. L’immensa diga ha sommerso villaggi millenari, ha travolto vite e abitudini: con implacabile burocrazia anche qui, come in Amelio, il progresso miete le sue vittime. Ma tra rumori e polveri e tante disperazioni, nessuno può rinunciare al proprio futuro. Testimone attento e raffinato, Zhang-Ke imprime memorie e apprensioni indelebili.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini, per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

6 settembre 2006

 

 

“RENDERE PUBBLICO UNO DEI PIÙ PREZIOSI E RISERVATI SEGRETI”, OSSIA QUELLO

DELLA FEDE IN CRISTO: CON QUESTO INTENTO, LA CONFERENZA EPISCOPALE D’INGHILTERRA E GALLES HA LANCIATO UNA CAMPAGNA NAZIONALE, SUL TEMA:

“MORIRE PER VIVERE…PER LA CAUSA DEL VANGELO”

 

LONDRA. = “Morire per vivere…per la causa del Vangelo”: è il tema della Campagna nazionale lanciata in questi giorni dalla Chiesa cattolica d’Inghilterra e Galles per “rendere pubblico uno dei più preziosi e riservati segreti”, ossia quello della fede in Cristo. Come riferisce l’agenzia SIR, l’iniziativa è stata divulgata tramite la Catholic agency to support evangelisation (CASE), istituita dai vescovi nell’aprile del 2004 per sostenere diocesi, parrocchie e gruppi nell’opera di evangelizzazione. La CASE ha già spedito oltre 4 mila kit a parrocchie e comunità religiose contenenti un poster, materiali per la liturgia dei bambini e un catalogo di “risorse” per l’evangelizzazione. “Gesù Cristo non aveva paura di dire chi fosse – ha affermato il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, arcivescovo di Westminster – e di condividere il suo messaggio in modo amorevole e rispettoso con chiunque incontrasse, anche se ciò poteva condurre alla sofferenza, al rifiuto e alla morte”. “Di questi tempi – ha aggiunto – anche noi, come comunità cattolica, dobbiamo, ciascuno nei propri modi, fare lo stesso. In senso spirituale – ha concluso il porporato – dobbiamo essere tutti pronti a ‘morire per vivere’, affinché il messaggio del Vangelo possa essere udito di nuovo in Inghilterra e Galles”. Domenica 17 settembre la Chiesa d’Inghilterra e Galles è invitata a pregare e sostenere tutto il lavoro di evangelizzazione in corso. (R.M.)

 

 

PREOCCUPAZIONE DEI VESCOVI DEL SENEGAL PER LA CRISI DEL MONDO RURALE

NEL PAESE. “UN ORDINE ECONOMICO MONDIALE INGIUSTO – AFFERMANO,

IN UNA LETTERA PASTORALE – NE PROLUNGA E ALIMENTA L’AGONIA”

 

DAKAR. = “Un ordine economico mondiale ingiusto, aggravato dal programma d’aggiustamento strutturale imposto dalla Banca Mondiale, dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalle regole dell’Organizzazione Mondiale del commercio (WTO) (…), prolunga e alimenta l’agonia del mondo rurale”: lo affermano, in una Lettera Pastorale citata dall’agenzia MISNA, i vescovi del Senegal, preoccupati per un “mondo rurale malato”. Molti fattori interni, secondo i presuli, contribuiscono a questo stato di cose, come “l’ignoranza, la mancanza di formazione, la disoccupazione, politiche di disimpegno dello Stato e privatizzazioni non sempre vantaggiose”, ma anche i cattivi comportamenti dei cittadini e dei loro dirigenti, la corruzione, l’appropriazione indebita di fonti e l’impunità. Non bisogna dimenticare, inoltre, le difficoltà climatiche, la deforestazione e la degradazione dell’ambiente. “Malgrado gli sforzi dei diversi regimi che si sono succeduti al potere – si legge nel documento, che affronta anche altri problemi sociali, come l’istruzione e la sanità – la povertà della popolazione non cessa d’aggravarsi. Da una parte – affermano i presuli – la precarietà della vita urbana è sempre accentuata dall’esodo rurale verso Dakar e altre città dell’interno; dall’altra, la popolazione rurale, stimata al 61 per cento, è oggi ancora la parte più vulnerabile del Paese”. I vescovi del Senegal, che presentano una serie di proposte, lanciano infine un appello a tutti i cittadini: “Insieme affrontiamo la sfida lanciata ai senegalesi da Giovanni Paolo II, durante la sua memorabile visita nel febbraio 1992:Vegliate insieme sulla vostra terra, perché è essa a nutrire i suoi abitanti. Sviluppate la vostra economia perché il più gran numero di persone possa beneficiare della sua prosperità (…). Contribuite al sostegno dei più poveri (…). Mettete in comune tutte le vostre ricchezze umane. E’ la prima condizione per costruire su questa terra una dimora degna dell’uomo (…). Costruite una casa aperta a tutti, ai deboli e ai più forti’”. (R.M.)

 

 

“MAGGIORE ATTENZIONE ALLA CURA PSICOLOGICA E SPIRITUALE DEGLI ORFANI DELL’AIDS”: È QUANTO HANNO CHIESTO I VESCOVI DELL’AFRICA AUSTRALE, RIUNITI NEI GIORNI SCORSI A CITTÀ DEL CAPO, PER LA LORO ASSEMBLEA PLENARIA

 

CITTÀ DEL CAPO. = “Gli orfani dell’AIDS hanno bisogno non solo di cibo, ma anche di attenzione psicologica e pastorale, un processo di cura che comprenda l’intera persona”: è quanto hanno affermato i vescovi dell’Africa Australe, riuniti nei giorni scorsi a Città del Capo, per la loro Assemblea Plenaria. Come riferisce l’agenzia FIDES, secondo i presuli, la soluzione del problema non dipende solo dalla questione dei fondi, ma anche dalla formazione di operatori in psicologia e in scienze sociali. “Si fa un gran parlare soprattutto a livello politico – hanno denunciato i vescovi – ma non c’è molta azione”. La Chiesa cattolica ha avviato nel territorio un progetto per fornire farmaci antiretrovirali alle persone affette dal virus HIV e per offrire un aiuto spirituale e pastorale ai malati. Questi sforzi hanno ricevuto un riconoscimento internazionale. L’ufficio AIDS della Conferenza episcopale dell’Africa Australe (SACBC) è oggetto, infatti, di uno studio delle Nazioni Unite sull’AIDS. La SACBC è convinta che solo una corretta educazione possa portare a un’efficace prevenzione e lamenta che le istituzioni pubbliche scelgano la facile strada della distribuzione dei preservativi, invece di fornire una reale educazione alla sessualità e alla prevenzione. (R.M.)

 

 

REALIZZARE LA CHIAMATA A UNA “NUOVA FANTASIA DELLA CARITÀ”: CON QUESTO  

INTENTO, IL CONSIGLIO EPISCOPALE LATINOAMERICANO (CELAM) PROMUOVE,

DALL’11 AL 15 SETTEMBRE, IL II CONGRESSO DI DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

 

CITTÀ DEL MESSICO. = “Immaginare un Continente per tutti: giustizia, solidarietà e testimonianza del cristiano davanti alle nuove sfide sociali in America Latina e nei Caraibi”: con questo tema, il Dipartimento di Giustizia e Solidarietà del Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) ha organizzato, dall’11 al 15 settembre, il II Congresso di Dottrina Sociale della Chiesa, nell’ambito della preparazione alla V Conferenza Generale del CELAM. Obiettivo dell’incontro è un discernimento dei segni dei tempi nel Continente, per aiutare le comunità ecclesiali a dialogare con il mondo e a costruire insieme delle strade di soluzione ai gravi problemi sociali che le colpiscono. Come riferisce l’agenzia FIDES, i partecipanti intendono, inoltre, definire linee di azione per la formazione di tutti gli evangelizzatori e, in particolare, dei fedeli laici; offrire una testimonianza di comunione ecclesiale e realizzare la chiamata a una “nuova fantasia della carità”, anche attraverso la partecipazione di tutte le Chiese del Continente, compresi Canada e Stati Uniti; favorire un maggiore impegno delle Conferenze episcopali per continuare lo studio, l’insegnamento e la diffusione della Dottrina Sociale della Chiesa, come strumento essenziale della “Nuova Evangelizzazione"; sollecitare tutto il Popolo di Dio ad assumere con maggiore responsabilità la propria missione nel mondo; offrire motivazioni che sostengano la speranza degli uomini e delle donne del Continente, soprattutto dei poveri e di quanti soffrono, alla luce del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa. (R.M.)

 

 

A 50 ANNI DALL’INVASIONE DELLE TRUPPE SOVIETICHE IN UNGHERIA, NEL NOVEMBRE DEL 1956, IL MOVIMENTO DEI FOCOLARI PROMUOVE, IL 16 SETTEMBRE A BUDAPEST, UNA GRANDE MANIFESTAZIONE INTERNAZIONALE PER PROPORRE “LA FRATERNITÀ”

COME “CHIAVE INNOVATIVA PER I VARI AMBITI DELLA SOCIETÀ”

 

ROMA/BUDAPEST. = “La fraternità” come “chiave innovativa per i vari ambiti della società: economia, diritto, comunicazione, politica, sviluppo”: è la proposta che verrà lanciata il prossimo 16 settembre a Budapest, nel corso della grande  Manifestazione Internazionale promossa dal Movimento dei Focolari. Undicimila partecipanti di 64 Paesi sono attesi nella capitale dell’Ungheria per questa iniziativa, convocata nel contesto del 50.mo anniversario dell’invasione da parte delle truppe sovietiche, nel novembre del 1956. Come si legge in un comunicato del movimento ecclesiale, citato dall’agenzia ZENIT, la Manifestazione vuole essere “la testimonianza di un’altra rivoluzione, quella dei ‘Volontari di Dio’, ramo del Movimento dei Focolari, nato in quello stesso anno, in risposta alle aspirazioni di pace e libertà”. Si intende, inoltre, fornire una risposta agli “squilibri prodotti dall’economia di mercato globalizzata; dal diffuso deficit di legalità; dalla domanda di una politica a servizio del bene comune; e di una comunicazione non asservita ai poteri economici e politici”. La Manifestazione potrà essere seguita in diretta via satellite e via Internet in italiano, inglese, spagnolo e portoghese. Nei due giorni antecedenti l’incontro, si riuniranno in Ungheria 9 mila “Volontari di Dio” – attualmente sono circa 20 mila in 80 Paesi – con l’intenzione di vivere un ritorno alle radici della loro storia e un rilancio del loro impegno per la società. Il Movimento dei Focolari, fondato da Chiara Lubich nel 1943, attualmente è diffuso in 182 Paesi e comprende alcuni milioni di persone. (R.M.)

 

 

PRESENTATO, STAMANI, IL PROGRAMMA DI INIZIATIVE

DELL’ARCIDIOCESI DI PALERMO PER RICORDARE DON PINO PUGLISI,

IL SACERDOTE UCCISO DALLA MAFIA IL 15 SETTEMBRE DEL 1993

- A cura di Alessandra Zaffiro -

 

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PALERMO. = Presentato alla stampa, questa mattina, al Centro Padre Nostro di Palermo, il programma di iniziative varato dall’arcidiocesi per ricordare Don Pino Puglisi. Il sacerdote venne ucciso il 15 settembre del 1993 nel rione popolare di Brancaccio, dove qualche mese prima, inaugurò il Centro che divenne punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere disagiato. Al sicario della mafia che gli sparò un colpo in testa disse: “Me lo aspettavo”. Se lo aspettava, perché sapeva che con la sua opera all’insegna della legalità al fianco dei giovani, la mafia non gli avrebbe consentito di togliere manovalanza alla criminalità organizzata. In attesa che la Congregazione per le Cause dei Santi si pronunci sul martirio di don Puglisi, l’arcidiocesi di Palermo ha organizzato un programma di iniziative, per ricordare il sacerdote dal sorriso timido e dolce. Si comincia il 9 settembre con una marcia della speranza verso il santuario della Madonna della Milicia. Mercoledì 13, alle 9, la proiezione di “Alba di un giorno nuovo”, e alle 17, nella chiesa di San Saverio all’Albergheria, il dibattito dal titolo: “Non ti abbiamo dimenticato”. Il 14 alle 21, poi, una fiaccolata per le vie di Brancaccio. Il 15 settembre, giorno dell’anniversario, alle 9 omaggio floreale sulla tomba di don Puglisi al cimitero di Sant’Orsola, mentre alle 10.30 verrà presentato un busto in bronzo e verranno aperti i lavori di un centro anziani. Alle 19, poi, la celebrazione in cattedrale presieduta dall’arcivescovo di Palermo, cardinale Salvatore De Giorgi. A chiudere le manifestazioni, una Marcia per la Pace proprio nel quartiere Brancaccio, dove, nella chiesa parrocchiale, dopo la richiesta del cardinale De Giorgi, sta per essere collocata la salma di don Puglisi.

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RIAPERTA, DOPO UN LUNGO RESTAURO, UNA BASILICA DEDICATA ALLA VERGINE NELLO STATO INDIANO DEL KARNATAKA: UN LUOGO DI PACE E ARMONIA INTERRELIGIOSA

 

BANGALORE. = “Il nostro è un Paese multiculturale e multireligioso e feste come quella che stiamo vivendo devono servire a unire e avvicinare persone di diversa fede e condizioni di vita ”: è quanto ha affermato, nei giorni scorsi nei pressi di Bangalore,  nello Stato indiano sudoccidentale del Karnataka, l’arcivescovo della città, mons. Bernard Blasius Moras, presiedendo la solenne celebrazione di riapertura al culto, dopo un lungo restauro, della Basilica di Santa Maria. La chiesa, fondata nel 1882, ha sempre rappresentato un luogo importante per pellegrini e devoti alla Vergine Maria e alla cerimonia di riapertura hanno partecipato oltre 30 mila fedeli. Come riferisce l’agenzia FIDES, mons. Moras ha sottolineato come il Santuario debba rappresentare un luogo di pace e armonia, da estendere ai fedeli di tutte le religioni. Anche nello Stato del Karnataka, infatti, si verificano episodi di violenza, più o meno gravi, contro strutture e personale cristiano, ad opera di gruppi fondamentalisti indù. (R.M.)

 

 

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24 ORE NEL MONDO

6 settembre 2006

 

- A cura di  Eugenio Bonanata -

 

Si fa sempre più complicato il contenzioso sul nucleare iraniano. L’incontro tra l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea, Javier Solana, e il capo negoziatore sul programma nucleare di Teheran, Ali Larijani, annunciato per oggi a Vienna, è stato rinviato. Intanto, il presidente della Repubblica iraniana, Mahmud Ahmadinejad, ha risposto a George Bush, che ieri aveva messo sullo stesso piano il regime iraniano e la rete terroristica di Al Qaeda. Il nostro servizio:

 

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Il presidente americano “non è nulla davanti a Dio”. Così Ahmadinejad ha replicato alle accuse di Bush che ieri - facendo il punto sulla lotta al terrorismo, davanti all’Associazione degli Ufficiali Riunita a Washington - lo aveva definito un “tiranno”. In questo quadro, la Casa Bianca ha anche rinnovato di un altro anno lo stato d'emergenza proclamato negli USA all’indomani degli attacchi dell'11 settembre 2001 e che sarebbe scaduto nei prossimi giorni. Dunque, la minaccia terroristica persiste: ad al Qaeda - che per Bush è indebolita ma pur sempre pericolosa - si aggiunge oggi anche l’Iran. Per questo - ha precisato il presidente USA – è necessario che la comunità internazionale fermi le ambizioni nucleari di Teheran. Servono sanzioni contro l’Iran che non sospende il suo programma di arricchimento dell’uranio. Anche la Russia – da sempre favorevole al dialogo, oggi si è detta aperta verso questa soluzione, purché non comporti l’uso della forza. Il rinvio dell’incontro odierno a Vienna tra l’alto rappresentante della politica estera europea, Solana, e il diplomatico iraniano, Larijani, dimostra ancora una volta la scarsa forza del negoziato nel risolvere la faccenda. Preoccupa inoltre il fatto che la diplomazia iraniana non ha abbia fatto sapere se si siederà al tavolo delle trattative. Per il cancelliere tedesco Merkel, che ha scartato categoricamente l’opzione militare, la porta del negoziato non si chiuderà, ma non è possibile che il mondo stia a guardare l’Iran mentre danneggia le l’autorità dell’ONU. La Francia, attraverso il ministro degli Esteri, Philippe Douste-Blazy, ha invitato al dialogo per evitare “una guerra di civiltà” fra Occidente e mondo musulmano.

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Due soldati libanesi sono rimasti uccisi nel sud del Paese per lo scoppio di un ordigno mentre partecipavano ad operazioni di sminamento del territorio. Intanto, mentre anche la Turchia ha deciso l’invio delle proprie truppe nel Paese dei Cedri, in Israele si moltiplicano le richieste per il ritiro immediato delle proprie forze dal territorio libanese.

 

 

Prosegue l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza. Un attivista di Hamas è stato ucciso all’alba durante un raid aereo israeliano. In mattinata, anche un’adolescente palestinese ha perso la vita in un incursione delle truppe israeliane. Ieri, altri quattro estremisti palestinesi avevano perso la vita a Rafah, in due diverse operazioni condotte dallo Stato ebraico.

 

Ancora sangue in Iraq. Nel nord di Baghdad, due deflagrazioni, a breve distanza l’una dall’altra, hanno colpito un autobus, provocando almeno nove morti e una quarantina di feriti. Questa tecnica è ritenuta molto usata dagli insorti sunniti. In vari punti della capitale, sono stati poi ritrovati altri 19 cadaveri di persone uccise a sangue freddo. Sul piano politico, la formazione sciita Alleanza irachena unita, ha formalmente presentato oggi in Parlamento un disegno di legge per la suddivisione del Paese in regioni autonome. Infine, secondo la stampa britannica che cita fonti del ministero della Difesa, Londra invierà entro la fine dell’anno altri 360 soldati nel Paese arabo con il compito di addestrare le forze irachene.

 

Sempre alta la tensione anche in Afghanistan. Ieri, un portavoce della Forza internazionale (ISAF) ha annunciato l’uccisione di una sessantina di ribelli talebani nel sud del Paese. Inoltre, sempre ieri, sono stati uccisi 5 soldati canadesi che si aggiungono agli altri 5 uomini caduti per fuoco amico negli ultimi due giorni.

 

In Messico, come previsto, il Tribunale elettorale federale, dopo quasi due mesi di indagini sulle irregolarità denunciate, ha proclamato ieri in modo “definitivo ed inattaccabile” Felipe Calderón candidato del Partito Azione Nazionale (PAN), nuovo presidente eletto del Messico. Il servizio è di Luis Badilla:

 

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Subito dopo l’annuncio, centinaia di manifestanti della coalizione “Per il bene di tutti” hanno inneggiato al loro leader, il candidato della sinistra Manuel López Obrador, il quale ha ripetuto di non riconoscere la vittoria di Calderón sottolineando: “Mi è stata scippata la vittoria”. Felipe Calderón, invece, ha lanciato un nuovo appello all’unità nazionale. “La campagna elettorale è finita ed è giunta l’ora dell’unità e degli accordi”, ha affermato Calderón, assicurando che le proposte dei suoi avversari saranno accolte nell’azione del governo. Nel suo programma Calderón ha promesso di lottare contro la povertà e la corruzione. La sua proposta di politica economica è di stampo dichiaratamente neoliberista ed è per questo che ha avuto l’appoggio da vasti settori del mondo economico e finanziario. Calderón è un politico conservatore, avvocato, ed esperto in materie economiche nonché di pubblica amministrazione. La sua carriera politica è stata folgorante e oggi, a 44 anni d’età, è fra i governanti più giovani dell’America Latina. C’è da aggiungere che, nella sentenza, il Tribunale elettorale ha criticato sia il presidente uscente, Vicente Fox, sia la Confindustria locale per aver interferito nel processo elettorale. Tuttavia, secondo i giudici, non ci sono “elementi probanti” sufficienti a stabilire che questi interventi abbiano potuto influire sugli elettori. Dal canto suo, l’episcopato messicano in una nota prende atto della proclamazione del nuovo presidente. Per i vescovi non ci devono essere vincitori o vinti tra i cittadini: “Tutti siamo il Messico – affermano - e tutti vogliamo il bene e il progresso del Paese”. Per la crescita democratica del Messico – prosegue la nota – è necessario un governo capace di dialogare con tutte le forze politiche. “Solo in questo modo – concludono i presuli - saranno possibili le riforme per portare benefici a tutti e specialmente a più deboli della nostra società”.

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Nel Darfur, la martoriata regione sudanese, si rischia una crisi umanitaria se il governo locale si ostina a non volere una forza di pace internazionale. Lo ha ribadito il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, di fronte al veto posto dal governo di Khartoum allo spiegamento dei caschi blu nella regione, in sostituzione delle truppe dell’Unione Africana, incaricate di vigilare sul rispetto della tregua, e il cui mandato scade il 30 settembre.

 

Prosegue senza sosta lo sbarco di clandestini nelle isole Canarie, dove nelle ultime 24 ore sono giunti circa 900 immigrati. Il governo regionale, anche di fronte alle previsioni che parlano di 100 mila senegalesi pronti ad imbarcarsi, ha chiesto ancora una volta l’intervento dell’UE e della Spagna che, da parte sua, ieri ha annunciato una proposta congiunta con Italia e Francia da presentare al prossimo vertice informale dell’UE previsto il 20 ottobre. Intanto, sul versante italiano la polizia ha arrestato sette extracomunitari sbarcati nei giorni scorsi a Lampedusa, quattro dei quali sono accusati di essere gli scafisti.

 

Ancora un attentato contro la comunità cristiana in Indonesia. John Tabeni, 50 anni, residente cristiano nell’isola di Sulawesi, è morto stamani per l’esplosione di una bomba artigianale nel villaggio di Tangkura, una decina di chilometri a ovest di Poso, teatro tra il 1999 e il 2001 di un grave conflitto interreligioso tra la comunità cristiana e quella musulmana, che provocò circa mille morti. La polizia è sul posto e sta cercando di individuare l’autore dell’attentato. Intanto, è imminente l’esecuzione di Fabianus Tibo, Marinus Riwu, e Dominggus da Silva, i tre cattolici condannati a morte perché giudicati colpevoli del massacro di musulmani avvenuto nel 2000 proprio a Poso. Lo ha riferito ieri il capo della polizia nazionale, il generale Sutanto, dopo un incontro a porte chiuse del Parlamento. Ce ne parla Roberta Moretti:

 

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“La polizia è pronta per l’esecuzione e attende solo che siano conclusi i processi amministrativi necessari, preparati dall’Ufficio del procuratore delle Sulawesi centrali”. Il generale Sutanto non ha dubbi sulla sorte dei tre condannati a morte e precisa che “i loro giorni sono contati, perché la seconda richiesta di clemenza al presidente indonesiano è stata respinta”. “Il motivo del rifiuto della grazia – aggiunge – è dovuto al fatto che non sono passati due anni dalla prima richiesta, come previsto dalla legge”. I tre cristiani si sono sempre detti innocenti e sono moltissimi – riferisce AsiaNews – i testimoni a loro favore che non sono stati ascoltati nel corso del processo, così come sono molte le voci nazionali ed internazionali che hanno chiesto una riapertura del procedimento. La data della loro esecuzione è stata spostata diverse volte, anche grazie alle pressioni internazionali e della Santa Sede. L’11 agosto scorso, in un telegramma a firma del segretario di Stato, il cardinale Angelo Sodano, Benedetto XVI aveva chiesto alle autorità indonesiane un atto di clemenza per motivi umanitari. Ma oggi le speranze sembrano affievolirsi. Un’altra conferma dell’imminente esecuzione proviene anche dal nuovo capo della polizia nella provincia, Badrootin Haiti, che ha sostituito a fine agosto il generale Oegroseno, convinto sostenitore della necessità di sospendere la condanna a morte dei tre cattolici. “Siamo pronti – ha detto Haiti – e la richiesta ufficiale di giustiziarli sta per arrivare”.

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Il primo ministro britannico, Tony Blair, potrebbe lasciare la guida del governo britannico il 26 luglio dell’anno prossimo, dopo tre mandati consecutivi a Downing Street. E quanto sostiene un notista politico del quotidiano Sun. Tuttavia, l’ufficio del premier non ha commentato la notizia.

 

Un giudice argentino ha annullato come incostituzionali le amnistie accordate dall'ex presidente Carlos Menem a due ministri della passata dittatura militare (1976-83), accusati di sequestro di persona. Si tratta dei ministri dell’Economia e degli Interni, Jose' Alfredo Martinez de Hoz e Albano Harguindeguy. Annullato anche l'indulto concesso a suo tempo all'ex dittatore Jorge Rafael Videla, nell'ambito di una causa in cui e' accusato di aver disposto, nel 1976, l’arresto di due imprenditori tessili.

 

Il Giappone ha un nuovo erede per la sua dinastia imperiale. E’ nato ieri il figlio del principe cadetto Akishino e della consorte Kiko. Il neonato, il primo maschio negli ultimi 40 anni, ha fatto svanire così ogni progetto di riforma per consentire anche a una discendenza femminile l’accesso al trono del Crisantemo.

 

E’ stato rinviato di 24 ore il lancio dello Shuttle Atlantis previsto in Florida per le 18,29 ora italiana. I tecnici della NASA non hanno voluto correre rischi dopo aver riscontrato alcuni problemi tecnici. I tentativi di lancio possono proseguire fino a venerdì, dopo di che si dovrà attendere fino al 27 ottobre per evitare di incrociare la capsula Russa Soyuz. Lo scopo della missione dell’Atlantis è di ricostruire la stazione spaziale internazionale.

 

 

 

 

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