RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 247 - Testo della trasmissione di lunedì 4 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Eletto
il nuovo ministro generale dei Frati Minori Cappuccini, lo svizzero padre Mauro Jöhri
Il Qatar
tra gli Stati che parteciperanno alla forza ONU in Libano. E’ il primo Paese
arabo ad aderire alla missione internazionale
4 settembre 2006
PER
SOTTRARRE IL MONDO DAGLI SCENARI DI GUERRA E TERRORISMO
E’
NECESSARIO COSTRUIRE LA PACE NEI CUORI, ATTRAVERSO IL CONTRIBUTO
DI PREGHIERA E DIALOGO DI OGNI RELIGIONE:
COSI’ IL PAPA IN UN MESSAGGIO
PER L’INCONTRO “UOMINI E RELIGIONI”, IN CORSO
AD ASSISI E PROMOSSO
DALLA
COMUNITA’ DI SANT’EGIDIO
- Intervista con Enzo Bianchi -
Assisi, cuore pulsante della pace mondiale e fulcro
d’incontro per le religioni, al di là di ogni interpretazione sincretistica: a vent’anni dal primo raduno interreligioso
voluto da Giovanni Paolo II, la città francescana ospita, oggi e domani,
l’annuale meeting “Uomini e religioni”, organizzato dalla Comunità di
Sant’Egidio, che ha intrecciato negli anni un fruttuoso dialogo imperniato
proprio sul cosiddetto “spirito di Assisi”. Molti gli interventi di questa
mattina, tra i quali quello del cardinale Paul Poupard, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo
interreligioso, e del fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi.
Ma uno spunto importante alla riflessione è arrivato da un messaggio inviato da
Benedetto XVI al vescovo della diocesi assisiate,
Domenico Sorrentino. La sintesi del messaggio nel
servizio di uno dei nostri inviati ad Assisi, Francesca Sabatinelli.
**********
“La religione non può che essere foriera di pace”, che in
primo luogo “va costruita nei cuori”. Il forte messaggio che Benedetto XVI
affida alla platea di Assisi, e dunque ad esponenti delle religioni mondiali, è
chiaro: “A nessuno è lecito assumere il motivo della differenza religiosa come
presupposto o pretesto di un atteggiamento bellicoso verso altri esseri umani”.
L’iniziativa di venti anni fa, promossa ad Assisi da Giovanni Paolo II, si dimostra
oggi profetica. Ma quell’incontro interreligioso di
preghiera dal quale crebbe lo spirito di Assisi oggi come allora non si deve
prestare “ad interpretazioni sincretistiche, fondate
su una concezione relativistica”. “E’ doveroso” “evitare inopportune
confusioni”, avverte il Papa, anche “quando ci si ritrova insieme a pregare per
la pace occorre che la preghiera si svolga secondo quei cammini distinti che
sono propri delle varie religioni”. “La convergenza dei diversi, spiega ancora,
non deve dare l’impressione di un cedimento a quel relativismo che nega il
senso stesso della verità e la possibilità di attingerla”.
L’intuizione di GPII è stata dimostrata dalla storia, ci
dice Benedetto XVI, dopo la fine della guerra fredda e dopo la mancata
realizzazione di un sogno di pace, oggi terrorismo e violenza, diversità
culturali e religiose, mettono a dura prova la pace. La religione deve unire
non dividere, ricorda a tutti il Santo Padre, così
come la preghiera, “elemento determinante per una efficace pedagogia della
pace”, della quale oggi si ha più che mai bisogno anche di fronte al fenomeno
di tanti giovani che educati a sentimenti di odio e di vendetta vengono
preparati a future violenze. Occorre abbattere gli steccati e favorire
l’incontro sulla scia del messaggio fondamentale di San Francesco, punto di
riferimento per chi oggi coltiva l’ideale della pace, del dialogo tra le
persone tra le religioni e le culture. Se non si vuole tradire il messaggio di
Francesco, di cui quest’anno ricorre l’ottavo centenario della conversione,
conclude il Papa, occorre sempre ricordare che fu la scelta radicale di Cristo
a fornirgli la chiave di comprensione della fraternità a cui
tutti gli uomini sono chiamati.
**********
Un raduno di preghiera, fondamento della pace, ma anche un
incontro – quello di Assisi – che non desse adito ad alcuna confusione sulla
distinta natura delle religioni partecipanti. Fu questo un punto messo bene in
chiaro da Giovanni Paolo II nel 1986 e ribadito stamani da Benedetto XVI, che ha messo in nuovo risalto il valore della “scelta” di Papa Wojtyla.
Lo conferma, al microfono di Francesca Sabatinelli,
il priore della Comunità di Bose, Enzo
Bianchi, presente ad Assisi:
**********
R. – Benedetto XVI mi sembra che confermi quella
“profezia”, in un certo senso la rilancia, la rende eloquente, l’approfondisce.
Io credo non si dovesse dubitare di Benedetto XVI e di questa continuità,
perché il dialogo tra le religioni in qualche misura è un impegno di tutta la
Chiesa cattolica. Mi sembra però importante che Benedetto XVI abbia precisato
che questo incontro è per la testimonianza, che la preghiera che in questi
incontri è avvenuta e può avvenire è una preghiera simultanea, non una
preghiera comune in cui si tenta, con un’opera sincretista,
di rendere eloquente una vaga religiosità comune. No, ciascuno appartiene alla sua propria religione. Noi cristiani restiamo convinti che
ogni salvezza passi attraverso Gesù Cristo. Lui è il principe della pace. Ma le
testimonianze sulla pace dobbiamo darle insieme anche contemplando gli uni e
gli altri, che pregano nelle vie in cui sono posti dalla provvidenza e dalla
storia. Noi dobbiamo imparare che la verità certamente attende tutti gli uomini
e che le differenze che ci sono oggi per le vie religiose e le vie culturali hanno
tuttavia un destino, quello di una convergenza secondo i tempi in cui il Signore
vorrà, in cui la verità renderà gli uomini tutti liberi.
**********
Giornata densa di spunti di riflessione, dunque, quella
che ha aperto oggi l’edizione 2006 di “Uomini e religioni”. La cronaca di uno
dei nostri inviati, Fabio Colagrande.
**********
Con l’inaugurazione dell’assemblea plenaria nel teatro Lyrick di Santa Maria degli Angeli, i partecipanti
all’incontro hanno tracciato stamani le linee guida che ispireranno le 16 tavole
rotonde in programma oggi e domani nella “città della pace”, come l’ha chiamata
l’arcivescovo Sorrentino. Il cardinale Paul Poupard, che presiedeva la
plenaria, si è detto “profondamente convinto che il dialogo tra religioni e
culture è oggi di prima importanza e assoluta necessità, in un mondo segnato da
terrorismo, violenza e strumentalizzazioni delle religioni”. Ma, come
presidente del dicastero per il dialogo interreligioso, il porporato ha anche
puntualizzato che, per la Chiesa, questo dialogo si fonda sulla “ferma ed inequivocabile
adesione a Gesù Cristo”. Il fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi, è tornato invece con la memoria all’incontro del
1986 che non fu – ha detto – occasione di negoziati o
dibattiti teologici, ma soprattutto di amicizia e preghiera, “gli uni accanto
agli altri, non più gli uni contro gli altri, com’era avvenuto”. Oggi, a venti
anni di distanza e dopo i numerosi incontri nati sulla scia di Assisi per
volontà di Sant’Egidio, continuare a dialogare tra religioni per la pace
potrebbe sembrare a qualcuno inutile o superato. Niente di più sbagliato
secondo Riccardi:
“Non ci preoccupa la ripetizione dell’evento, di questo
evento di Assisi, quando proprio le tradizioni religiose insegnano la via di
ripetere e scavare per giungere al cuore. Siamo convinti che la sapienza
dell’incontro sia ancora di più necessaria oggi,
quando questo nostro mondo sembra cercare l’ordine nella cultura del conflitto
e nelle scelte che ispira”.
E il dialogo ecumenico e interreligioso, qui ad Assisi, è
iniziato subito con gli interventi del Patriarca della Chiesa ortodossa
d’Etiopia, del rettore dell’Università di Al-Ahzar al
Cairo e del Rabbino capo d’Israele. Ancor prima, la presenza del presidente del
Burkina Faso, Compaoré, è stata segno di quell’attenzione
per l’Africa, la cui ‘marginalizzazione nella vita internazionale’, ha detto Riccardi, ‘è segno di un mondo che non costruisce la pace’. Nel pomeriggio, qui ad Assisi, l’avvio delle tavole
rotonde, che proseguiranno domattina, prima dei momenti di preghiera in luoghi
separati, ognuno secondo il proprio rito, e della cerimonia finale, alla quale
sarà presente il presidente Napolitano.
Da Santa Maria degli Angeli, Fabio Colagrande,
Radio Vaticana
**********
I VESCOVI DELLA REGIONE
CANADESE DELL’ONTARIO IN UDIENZA
DA BENEDETTO XVI, IN OCCASIONE DELLA VISITA AD LIMINA
- Con
noi mons. Ronald Peter
Fabbro -
Benedetto XVI ha ricevuto stamani, in udienza, un
gruppo di presuli della Conferenza episcopale del Canada-Ontario,
in visita ad Limina, guidati dal
cardinale arcivescovo di Toronto, Aloysius Matthew Ambrozic. La visita si
concluderà il prossimo 8 settembre e segue l’incontro del Papa con i vescovi
canadesi della regione dell’Atlantico, del maggio scorso. Per conoscere meglio
la realtà della Chiesa canadese, il servizio di Alessandro Gisotti.
**********
Un
territorio sterminato, 33 volte più grande dell’Italia, che ospita un
crogiolo di popoli e culture di origini diverse. Una multiculturalità, quella
della società canadese, che si riflette sulla struttura della Chiesa locale
divisa in quattro assemblee episcopali regionali: Québec,
Altlantico, Ovest e Ontario. D’altro canto, la
Conferenza episcopale rispetta la tradizionale bipartizione linguistica, anglofona e francofona, del Canada. Un Paese che sta
cambiando rapidamente sulla spinta del massiccio flusso di immigrati, che ogni
anno varcano il confine alla ricerca di una vita migliore. Secondo l’ultimo
censimento del 2001, il Canada ha una popolazione cattolica di circa 13 milioni
di fedeli, pari al 43 per cento della popolazione complessiva, distribuiti in
più di 5 mila parrocchie e missioni, mentre le diocesi e arcidiocesi sono 71,
otto delle quali di rito orientale.
Il Canada è stato visitato tre
volte da Papa Wojtyla: nel 1984, nel 1987 e nel 2002, per la Giornata Mondiale
della Gioventù a Toronto. In quell’occasione,
parlando in uno dei Paesi più avanzati dell’Occidente, Giovanni Paolo II levò
un vibrante appello. “Il XX secolo – affermò il Papa – ha spesso preteso di
fare a meno” di Cristo, “tentando di costruire la città dell'uomo senza fare
riferimento a Lui ed ha finito per edificarla di fatto contro l'uomo!”. I
cristiani, però, avvertì il Santo Padre, sanno che “non si può rifiutare o
emarginare Dio, senza esporsi al rischio di umiliare l'uomo”. Ma torniamo
all’udienza dei vescovi dell’Ontario con Benedetto XVI. Per una testimonianza
sul significato di questo incontro per l’episcopato canadese, ecco la
riflessione di mons. Ronald Peter
Fabbro, vescovo della diocesi di London:
R. – THIS
IS A VERY IMPORTANT MOMENT…
Questo è un momento molto importante per i nostri vescovi.
E’ davvero un momento di grande intensità spirituale per noi, un momento nel
quale rifletteremo sui bisogni della Chiesa. Oltre al Papa, incontreremo la
Curia Romana per parlare dell’evangelizzazione del nostro tempo. Un grande
contributo che noi in Canada pensiamo di poter dare è quello riguardante la
pace nel mondo. Le nostre forze di pace operano in varie parti del mondo. Per
noi, come cattolici, è molto importante essere testimoni di giustizia e di
pace. Penso che quello che noi possiamo portare come seguaci di Gesù sia
l’amore e la giustizia, specie in Paesi dove troviamo il terrorismo e l’odio.
**********
ALTRE
UDIENZE
Benedetto XVI
ha ricevuto in tarda mattinata l’ambasciatore di Albania, Zef
Bushati, in visita di congedo.
=======ooo=======
OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - Angelus: Gregorio Magno, romano
e monaco, all’alba di una nuova civiltà.
Servizio estero - Nucleare: il presidente iraniano
ribadisce anche ad Annan il rifiuto di sospendere
l’arricchimento dell’uranio.
Servizio culturale - Una riflessione di Marco Bellizi dal titolo “Una lezione di speranza”: una mamma
discute la tesi di laurea della figlia, morta a 24 anni in un incidente
stradale nel maggio scorso.
Servizio italiano - In rilievo il tema delle
pensioni.
=======ooo=======
4 settembre 2006
IL
GOVERNO SUDANESE CHIEDE IL RITIRO DAL DARFUR DELLA FORZA
DELL’UNIONE
AFRICANA, DOPO AVER RESPINTO L’INVIO DEI CASCHI BLU DELL’ONU
-
Intervista con padre Carmine Curci -
Il governo del Sudan ha chiesto al contingente dell’Unione
Africana presente dal 2003 in Darfur di ritirarsi
allo scadere del mandato il 30 settembre prossimo. Nei giorni scorsi
l’esecutivo di Khartoum aveva respinto la risoluzione
dell’ONU che prevede l’invio di oltre 17 mila caschi blu nella regione per
tentare di restaurare la pace. Sulla crisi è intervenuto il segretario generale
delle Nazioni Unite, Kofi Annan,
che ha esortato il governo del Sudan a rivedere la sua posizione. Il servizio
di Giulio Albanese:
**********
Il governo sudanese ha chiesto formalmente al comando del
contingente dell’Unione Africana, dispiegato nel Darfur,
di lasciare la tormentata regione allo scadere del mandato, il prossimo 30
settembre. Lo ha annunciato il portavoce del Ministero degli
esteri sudanese, Jamal Ibrahim,
secondo cui le forze di pace africane avrebbero fatto intendere di non essere
in grado di continuare la loro missione. Ibrahim ha
poi spiegato che il suo governo non ha gradito affatto l’approvazione data dall’Unione
Africana al passaggio delle consegne ai caschi blu, secondo quanto disposto
dalla recente risoluzione votata al Palazzo di Vetro. Il Sudan intende, dunque,
applicare un proprio piano per il Darfur, sottoposto
al Consiglio di sicurezza, che prevede tra l’altro l’invio di oltre 10 mila
uomini dell’esercito governativo nella regione. Una prospettiva che allarma i
gruppi ribelli darfuriani, i quali accusano Karthoum
di aver già inviato militari nella regione e che sono già ripresi gli attacchi
contro i civili e le loro postazioni nel nord della regione. Nei giorni scorsi,
l’Unione Africana confermò che l’esercito governativo aveva dato già il via ad
una massiccia offensiva.
Per la Radio Vaticana, Giulio Albanese.
**********
Quali altri motivi ci sono dietro la decisione
sudanese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre
Carmine Curci, direttore del mensile dei comboniani “Nigrizia”:
**********
R. – La politica del governo di Khartoum si basa su tre elementi: il primo è stato quello
di aver firmato, nel maggio scorso, un accordo di pace con uno dei tre gruppi
dei ribelli, quello più insignificante. Il secondo, quello di prendere tempo al
Consiglio di sicurezza e terzo, quest’ultimo, cioè di dire alle forze
dell’Unione Africana di lasciare il Paese. Sappiamo che sono più di 7 mila
uomini. In questo contesto, l’Unione Africana dice che non riesce a portare
avanti il mandato di peace-keeping
tra i contendenti nell’area del Darfur, quindi ancora
oggi stiamo guardando alla politica di Omar el Bashir, il presidente sudanese, che sta terribilmente
giocando sulla vita di milioni di persone nel Darfur.
L’Unione Africana, come le Nazioni Unite, sono impotenti e molto deboli
nell’intervenire. Non si ha la capacità di insistere sul governo di Khartoum.
D. – Quali sono le difficoltà dell’ONU nel definire la
situazione nel Darfur un reale rischio per la pace
internazionale, e quindi ad intervenire direttamente?
R. – L’ONU aveva fatto passare al Consiglio di sicurezza
la possibilità di intervenire con più di 17 mila uomini. Ora, la questione era
che poteva intervenire solo se c’era l’assenso del governo di Khartoum, e Khartoum non
darà mai il consenso ad intervenire nel suo proprio
territorio. Ed è triste vedere le decisioni che sono state prese in Libano e
che non si riesce a prendere decisioni per il Darfur
…
D. – Questo “inattivismo” poi
chiaramente si riflette sulla popolazione civile – già martoriata – del Darfur …
R. – Eh certo. Il 10 agosto, il sottosegretario generale
degli Affari umanitari dell’ONU, Jan Egeland, ha dichiarato: “Gli ultimi due mesi sono stati i
peggiori dal 2003, da quanto è scoppiata la crisi”. Dice ancora: “Siamo passati
da una situazione difficile ad una situazione catastrofica per la gente”.
D. – Si può definire una vera e propria guerra civile,
quella che si sta svolgendo in Darfur?
R. – Quello che sta avvenendo in Darfur
è un chiaro genocidio e quindi una guerra civile che si sta protraendo dal 2003
a oggi, con centinaia di migliaia di morti.
**********
IN
MOLTI PAESI DEL MONDO MA IN CAMBOGIA SONO TANTE LE STORIE DI BAMBINE
LIBERATE
DALLO SFRUTTAMENTO GRAZIE ALL’IMPEGNO
DELL’ASSOCIAZIONE
INTERNAZIONALE ECPAT
-
Intervista con Marco Scarpati -
La prostituzione minorile in
molti Paesi al mondo resta una piaga sociale niente affatto debellata, anche se
non sempre trova spazio nei media. La
End Child Prostitution,
Pornography and Trafficking
(ECPAT), l’organizzazione internazionale che da anni se ne occupa, spiega che è
impossibile fornire dati o stime, vista la natura sommersa del fenomeno e viste
le difficoltà di rilevazione in Paesi del Sud est asiatico come
**********
R. – In realtà, la speranza non crolla mai. La speranza è
sempre quella che ti mantiene in piedi e che ti fa alzare la mattina e, dopo
una sconfitta, ripartire. Tutti quelli che hanno lavorato, operano o hanno
operato nel volontariato sanno che non si vince sempre, anzi non si vince quasi
mai purtroppo. La speranza è quella che ogni mattina ti convince che devi
ricominciare, non puoi lasciar perdere, perchè i valori, le cose che hai in
testa, i progetti, sono più importanti della sconfitta.
D. – Ci può raccontare il suo incontro personale con la
realtà della Cambogia?
R. – La Cambogia è come un bambino che non si vuole
convincere, un bambino ribelle. La prima volta che sono arrivato in Cambogia me
ne sono tornato a casa con le pive nel sacco, convinto che non sarei mai
riuscito a farci nulla. La Cambogia è nata come amore quand’ero un ragazzino.
La prima volta che vi arrivai, vedendo tutti quei
bambini perduti e sperduti, invisibili per tanti, ho capito che non potevo far
finta di niente, che la Cambogia era anche quello.
D. – Quindi, il passo successivo qual è stato?
R. – Il passo successivo è stato quello di cominciare a
lavorare, cercando di creare un centro per questi bambini. Mentre stavamo
aprendolo, è arrivata la notizia di alcune bambine in vendita in un bordello.
Allora, con i miei collaboratori siamo andati là, ci siamo finti turisti del
sesso e le abbiamo comprate per liberarle. E’ stata la prima e unica volta che
abbiamo comprato dei bambini. Da allora in poi, le abbiamo sempre strappate ai
commercianti, obbligandoli a darcele. Allora, ero assolutamente incapace di
reagire, non c’era altra possibilità. Io ho sempre detto che di fronte alla
vita di un bambino non c’è idea, ideologia, ideale che tenga: la sua vita è più
importante.
D. – Ha mai visto uno di questi uomini, non dico pentirsi,
ma per lo meno essere attraversato da un dubbio?
R. – Non gli sfruttatori. I clienti sì, ma gli sfruttatori
no. Gli sfruttatori sono dei criminali, dei puri
cinici, commercianti. Sanno quello che fanno fin dal primo momento.
D. – Di questa nostra umanità che idea si è fatto?
R. – Il prossimo non va amato in gruppo, va amato uno ad
uno. Ognuno dei nostri prossimi è rispettabile e nelle cose stupende che ha ci
sono anche delle spaventose contraddizioni. Questo, però, è comunque un mondo
che deve essere vissuto. Dobbiamo cercare di fare tutto. Amare il prossimo non
vuol dire amare il prossimo in genere, ma amare ognuno
dei singoli prossimi che ti passano accanto.
**********
IN UN
FUTURO PROSSIMO, DEGRADATO E VIOLENTO, IL RISCATTO DELLA TERRA
AFFIDATO
AL VAGITO DI UN NEONATO: E’ LA TESI DI “CHILDREN
OF MEN”,
IN
CONCORSO AL FESTIVAL DI VENEZIA
Il regista messicano Alfonso Cuaron
porta in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia l’atteso Children of men, con Clive Owen e Julianne
Moore: una suggestiva opera cinematografica e una
sconvolgente riflessione etica sul futuro dell’umanità. Il servizio di Luca
Pellegrini:
**********
Che cosa sta succedendo all’umanità del 2027? Tra
disordini sociali, razzismo, attentati terroristici, bombe nucleari gettate qua
e là e devastazioni che non hanno risparmiato neppure la Pietà di Michelangelo,
che fine sta facendo il pianeta e noi con lui? Il fatto è che da diciotto anni
le donne hanno perso la fertilità, i bambini non esistono più: asili e scuole
in rovina, popolazione fatta ormai soltanto di anziani attristati. Nel Regno
Unito si è corso ai ripari – così immagina
Insomma, il governo adotta una legislatura immorale, gli
uomini si comportano, anche nel privato, in modo immorale, come se, spariti i
bambini, le loro grida, i loro giochi, le loro risate, fosse sparita anche la
speranza e con essa la necessità di un codice etico.
Terribile futuro. Terribili città, come la Londra che Theo, il protagonista,
percorre in compagnia dell’alcol. Non sa che su quelle strade sarà intercettato
non solo dai ricordi e dagli affetti, ma dal bene più grande che
l’umanità possa, in quel frangente, attendersi: una ragazza incinta. Ma
è una ragazza di colore. Lei e Theo attraverseranno insieme, verso un’ipotetica
terra di libertà, un mondo nel quale nemmeno più il vagito di un neonato,
l’unico, l’ultimo, riuscirà ad interrompere il fragore delle armi, la “strage
degli innocenti”. Siamo dalle parti dell’incubo, delle distopie
alla Aldous Huxley, alla
George Orwell. Cuaron
dipinge con vigore e suggestione un futuro amaro, più che pauroso, appeso ad un
tenue filo, quello di un neonato: è il valore della vita, l’intangibilità della
procreazione. Si avverte, alla fine, l’urgenza di una profonda riflessione
etica, scientifica, politica e collettiva.
Da
Venezia, Luca Pellegrini per Radio Vaticana.
**********
=======ooo=======
4 settembre 2006
BENEDETTO
XVI PRESENTE ALLA MAGGIOR PARTE DEGLI INCONTRI
CON I
SUOI EX STUDENTI DEL “RATZINGER-SCHÜLERKEIS”, CONCLUSISI
A
CASTEL GANDOLFO. PER
CASTEL GANDOLFO. = Verranno pubblicati per la prima volta, nei prossimi mesi,
gli atti del cosiddetto “Ratzinger-Schülerkreis” (ribattezzato “Schülerkreis-Benedikt
XVI.”), l’incontro di studio del circolo degli ex studenti del Papa, che si è
concluso ieri a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha partecipato, nella
giornata di sabato scorso, a buona parte degli incontri e delle conversazioni,
incentrati sul tema “Creazione ed evoluzione”. La consuetudine di tenere tali
incontri risale agli anni della docenza dell’allora prof. Joseph
Ratzinger all’Università di Ratisbona
e sono continuati dopo il suo trasferimento all’arcidiocesi di Monaco prima ed
a Roma poi. Eletto al soglio di Pietro Benedetto XVI non ha voluto rinunciare a
questo tradizionale appuntamento che l’anno scorso ha approfondito il tema
dell’Islam. (A.D.C.)
L’ORDINE
DEI FRATI MINORI CAPPUCCINI HA ELETTO STAMANI
IL
NUOVO MINISTRO GENERALE: È LO SVIZZERO PADRE MAURO JÖHRI
ROMA. = I Frati minori cappuccini hanno eletto questa
mattina il nuovo ministro generale nell’ambito dell’83.mo
Capitolo del loro Ordine: è padre Mauro Jöhri, attualmente
superiore della Provincia svizzera. Padre Jöhri, che
succede al canadese padre John Corriveau, è nato il 1
settembre
L’EPISCOPATO
FILIPPINO HA LANCIATO UN APPELLO PERCHÉ GIUNGANO
AIUTI
ALLE
ISOLE GUIMARAS, DOVE UN INCIDENTE AD UNA PETROLIERA
HA
CAUSATO DANNI AMBIENTALI
MANILA. = I vescovi delle Filippine hanno lanciato un
appello ai fedeli perché aiutino le comunità di Visayas,
colpite da un disastro ambientale senza precedenti che rischia di mettere a
repentaglio la vita della flora e della fauna locale. A provocarlo, riferisce
l’agenzia AsiaNews, è stato il ribaltamento di una petroliera, al largo delle
isole Guimaras, avvenuto l’11 agosto scorso. Circa il
10 per cento dei due milioni di litri di petrolio che la nave trasportava si
sono riversati su
LE
CONFERENZE EPISCOPALI DI CILE, BOLIVIA E PERÙ HANNO
PUBBLICATO
UN DOCUMENTO
IN CUI ESPRIMONO
PER LE
LORO CHIESE. IL MESSAGGIO AL TERMINE DEL TERZO INCONTRO DI
COORDINAMENTO
PASTORALE, IN VISTA DELLA V CONFERENZA GENERALE
DEGLI
EPISCOPATI DELL’AMERICA LATINA E I CARAIBI
LIMA. = I presidenti delle Conferenze episcopali di Cile,
Bolivia e Perù, rispettivamente mons. Alejandro Goic, mons. Edmundo Abastoflor e mons. Héctor Cabrejos, al termine del terzo Incontro di coordinamento
pastorale in vista della V Conferenza generale degli episcopati dell’America
Latina e i Caraibi (Brasile, maggio 2007), hanno firmato un documento per
renderne pubbliche le conclusioni. Svoltosi il 22 e 23 agosto a Lima,
l’incontro ha avuto come temi le problematiche sociali che toccano la società
di oggi e le sfide che queste pongono alla Chiesa. Con riferimento al fatto che
nei tre Paesi si è da poco insediato un nuovo governo, i vescovi hanno voluto
ribadire il loro proposito di voler accompagnare i fedeli “nelle loro gioie,
speranze e tristezze”. “Ci auguriamo – scrivono i presuli – che i nuovi
governanti rinforzino i principi della vita democratica affinché siano più
efficienti i servizi verso i poveri, nella difesa della vita e della dignità
umana”. In particolare, i vescovi sottolineano l’importanza fondamentale
dell’educazione nella crescita delle persone e della società e perciò chiedono
che venga garantita “a tutti, un’educazione
qualitativamente superiore”. Nel loro messaggio congiunto, le conferenze
episcopali cilena, boliviana e peruviana si sono impegnate a coltivare i grandi
temi della comunione e della collaborazione fraterna tra i popoli
latinoamericani e ad elaborare proposte adeguate all’interno degli atenei
cattolici, della pastorale per la mobilità umana. Infine, sulla V Conferenza
generale degli episcopati dell’America Latina e i Caraibi, definita un “evento
dello Spirito”, i vescovi si sono dichiarati convinti che essa servirà a
rinnovare la coscienza dei cristiani di essere discepoli di Cristo e che
contribuirà a rivitalizzare il lavoro missionario.
(T.C.)
UNA
SETTIMANA DI STUDI A GRAZ, IN AUSTRIA, PER 82
STUDENTI EUROPEI
ORGANIZZATA
DALLA COMMISSIONE DEGLI EPISCOPATI DELLA COMUNITÀ EUROPEA.
TEMA
DEI CORSI E DEI SEMINARI: L’IDENTITÀ EUROPEA
GRAZ. = “Identità europea: politica,
società, religione”: su questo tema stanno discutendo a Graz, in Austria,
ottantadue studenti di 25 Paesi europei ospitati alla settima edizione
dell’Università estiva della Commissione degli Episcopati della Comunità
Europea (COMECE). Il programma prevede svariati corsi, fra cui quello
sull’identità europea, ed ancora seminari su diritto, teologia ed economia,
discussioni di gruppo e dibattiti in sessioni plenarie. L’approccio
interreligioso riguarderà l’Islam e l’identità ebraica. I partecipanti alla settimana di studi – giovani collaboratori delle
conferenze episcopali dell’Unione europea – concluderanno i corsi il 16
settembre. Il presidente della COMECE, il vescovo di Rotterdam mons. Adrianus Van Luyn,
in una lettera agli studenti, ha spiegato che l’Università estiva si propone di
lavorare, attraverso le proprie iniziative, per il bene dell’Unione europea.
(T.C.)
“UN’OCCASIONE SERENA DI CONOSCENZA
E DI SPERANZA”: COSÌ IL RABBINO CAPO
DI
ROMA RICCARDO DI SEGNI HA DEFINITO
EBRAICA,
CELEBRATA IERI. IL MINISTRO ITALIANO DELLA SOLIDARIETÀ SOCIALE,
PAOLO
FERRERO: “NON CREIAMO NUOVI GHETTI”
ROMA. = Far conoscere la cultura ebraica per ribadire la
necessità di non abbassare la guardia di fronte all’antisemitismo e per parlare
di integrazione: questo l’obiettivo della Giornata europea di cultura ebraica
celebrata ieri. “Domani Strada facendo”, questo il tema dell’edizione di
quest’anno, per il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni “è stata un’occasione
serena di conoscenza e di speranza”. Nella capitale, migliaia di persone hanno
visitato il Tempio Maggiore e hanno voluto conoscere la sinagoga di Ostia
Antica ed altri luoghi storici che testimoniano l’insediamento ormai bimillenario della più antica comunità ebraica occidentale.
“Questa giornata è stata un’ottima occasione per far conoscere la nostra cultura
– ha detto il rabbino capo di Roma – un momento di speranza, lontano dai
terribili momenti di guerra”. A Padova, il ministro italiano della Solidarietà
Sociale, Paolo Ferrero, incontrando gli esponenti
della comunità ebraica della città ha affermato che “l'ebraismo è una parte
fondante della cultura europea che nasce da diverse radici, non solo religiose”
ed ha sottolineato “l’importanza di non creare nuovi ghetti”. Identità e
integrazione, sono state le parole-chiave del discorso di Alfonso Arbib, il rabbino capo della comunità ebraica milanese,
mentre dal neo presidente delle Comunità ebraiche, Renzo Gattegna,
è giunto l’incoraggiamento a realizzare in Italia “un grande progetto”
culturale. Lo scopo, “raccogliere tutti coloro che sono disposti ad arricchire
il proprio bagaglio culturale attraverso l’approfondimento di fatti e storie la
cui conoscenza è preziosa per una migliore interpretazione della storia”. Nel
suo discorso pronunciato a Modena, Gattegna ha anche
puntato l’indice contro le continue minacce che l’Iran degli Ayatollah rivolge
ad Israele negandogli il diritto ad esistere. “Ci sono pervenute, nei giorni passati
– ha detto – alcune richieste di annullare tutte le attività programmate in
segno di lutto e come estremo atto di protesta contro chi
sta continuando non solo a rivolgere minacce di sterminio verso il popolo
ebraico, ma a porre in essere anche azioni terroristiche e militari per tentare
di avviare una nuova stagione di lutti e di distruzioni”. Gattegna
ha dichiarato che intenzione della comunità ebraica è stata quella di non
rinunciare “al contatto prezioso coi tanti amici che condividono e sentono”
preoccupazioni e dolori degli ebrei. (T.C.)
=======ooo=======
4 settembre 2006
- A cura di Roberta
Moretti e Andrea Cocco -
Anche il Qatar
parteciperà alla Forza ONU in Libano. Il Paese arabo - il primo ad aderire alla missione internazionale - invierà dai 200 ai
300 uomini. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri del Qatar, Hamad Ben
Jassem Ben Jabr Al-Thani, al termine dell’incontro con il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan. Intanto, nel Paese dei Cedri si è concluso lo sbarco dei
primi soldati italiani che andranno a far parte del contingente internazionale
di interposizione, come stabilito dalla risoluzione 1701
del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La forza di pace sarà completata ora dai
militari degli altri Paesi che hanno aderito all’iniziativa, tra cui
**********
Il ministro
degli Esteri del Qatar ha sottolineato che la decisone
di aderire all’UNIFIL vuole “dire al mondo che c’è una presenza araba e ad Israele
che l’emirato crede nella risoluzione 1701 e vuole applicarla”. E in questo
senso, il premier turco, Erdogan, ha chiesto stamani
ai Paesi musulmani di partecipare alla forza di pace in Libano. Intanto, sul campo, duecento militari francesi sono partiti oggi dal porto di
Tolone verso il Libano per organizzare il dispiegamento del primo battaglione
francese di 700 militari, previsto per la metà di settembre. Un secondo
battaglione di 700 soldati partirà nelle settimane successive. E mentre
prosegue a Est di Tiro, la costruzione del campo base degli 880 militari italiani
sbarcati nel fine settimana, il primo ministro
pakistano, Shaukat Aziz, è
giunto a Beirut, dove incontrerà le massime cariche dello Stato e visiterà i luoghi
più pesantemente bombardati durante l’offensiva di Israele. Ma la tensione tra
lo Stato Ebraico e il Libano si riflette anche nei Territori palestinesi. Il
premier israeliano, Olmert, ha annunciato oggi
l’interruzione dei progetti relativi ad un ritiro dalla Cisgiordania, come
promesso in campagna elettorale. “Le priorità
che a suo tempo mi sembravano giuste – ha detto Olmert
- adesso sono cambiate”. Ad avvalorare la tesi, l’indizione della gara
d’appalto per 690 nuove abitazioni di coloni ebrei in Cisgiordania, pubblicata
oggi nei quotidiani. Forti critiche da parte dell’ANP: la decisione di finanziare
altri insediamenti, ha detto il caponegoziatore, Erekat, “mina tutti gli sforzi per far ripartire il
processo di pace”.
**********
Rimaniamo nei Territori palestinesi. E’ stato riaperto oggi, dopo tre
settimane, il valico di Karni tra
Una notizia giunta nella tarda mattinata dalla Giordania.
Un uomo armato di pistola ha sparato a un gruppo di turisti stranieri davanti
al Teatro romano della capitale, Amman. Un turista britannico è stato ucciso e
altri cinque feriti. L’attentatore, secondo alcuni un iracheno, è stato
arrestato dalla polizia.
Prosegue l’offensiva delle Forze NATO
nel sud dell’Afghanistan. Secondo il comando militare internazionale, sarebbero
oltre 200 i guerriglieri talebani uccisi negli scontri iniziati sabato. Ma il
portavoce del governo afgano parla di 89 guerriglieri morti e di vittime anche
tra i civili. Tra ieri e oggi, negli scontri sono morti anche 5 soldati canadesi,
mentre altre 5 persone sono cadute vittime a Kabul di un attentato kamikaze. Il
nostro servizio:
**********
Si
susseguono in queste ore le comunicazioni dei vertici NATO
per dare conto della vasta offensiva lanciata nel sud dell’Afghanistan. L’operazione
è stata denominata Medusa dai comandanti delle Forze Internazionali. E’ la più
massiccia mai messa in atto da quando la NATO ha assunto
il comando dell’Afghanistan meridionale, lo scorso 31 luglio. Sono impiegati mezzi
blindati, aerei e oltre 2000 soldati della NATO e
dell’esercito afgano per tentare di sottrarre alla guerriglia talebana uno dei suoi più solidi bastioni. Il distretto di Panjwayi, 35 chilometri a
ovest di Kandahar, da dove sarebbero partiti gran
parte degli attacchi messi a segno dai guerriglieri nel sud del Paese. Le
offensive talebane non sono del
resto venute meno neanche in queste ore con quattro soldati canadesi
morti domenica a seguito di un attacco dei guerriglieri, mentre non mancano le
vittime del fuoco amico. Un militare canadese è stato ucciso e altri 33 sono
stati feriti questa mattina sotto le raffiche di due aerei NATO che erano
intervenuti per colpire postazioni talebane. A Kabul,
all’alba, un afghano si è lanciato contro un convoglio militare della NATO a bordo di una macchina carica di esplosivo. Morti l’attentatore e quattro altre persone tra cui un militare
britannico. E’ l’ennesimo colpo per il governo di Londra ancora in lutto per i
14 soldati impegnati nell’operazione Medusa morti sabato a seguito di uno
scontro aereo, su cui le autorità hanno aperto un’inchiesta. Questa mattina sul
quotidiano Guardian, Sir Richard Dannatt, capo delle Forze Armate britanniche
ammette che i suoi uomini in Afghanistan sono al limite delle forze.
**********
Ancora sangue in
Iraq. Quattordici
presunti terroristi sono stati uccisi e oltre 200 arrestati nelle ultime 24 ore,
nel corso di una operazione delle Forze irachene
contro rivoltosi nella zona meridionale di Baghdad. Lo ha annunciato oggi
l’ufficio del primo ministro iracheno, Nouri al Maliki, che la prossima settimana si
recherà in visita ufficiale in Iran. Sempre nella mattinata, due soldati britannici
sono morti a nord di Bassora, per l’esplosione di una bomba al passaggio del
loro convoglio, mentre quattro donne e una bimba di tre mesi sono rimaste
uccise in un villaggio nei pressi di Moqdadiya, nel
corso di un’operazione antiterrorismo condotta da Forze irachene e americane. Fonti militari americane riferiscono, inoltre, dell’uccisione,
ieri, di due marine, nel corso di combattimenti nella provincia occidentale sunnita di al-Anbar. Da
segnalare, infine, il rapimento, ieri ad al-Amil, quartiere
ovest di Baghdad, del popolare calciatore iracheno, Ghanim
Ghudayer, giocatore nella prestigiosa squadra
dell’Aeronautica militare, Air Force Club. Ghudayer è stato prelevato dalla sua abitazione da uomini
armati in uniforme militare.
Si
riuniranno giovedì, molto probabilmente a Berlino, i rappresentanti dei ministeri
degli Esteri dei sei Paesi mediatori sulla crisi nucleare iraniana (Francia,
Gran Bretagna,
Stati Uniti, Cina, Russia e Germania). Oggi il segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan,
di ritorno dalla visita ufficiale a Teheran, si è
nuovamente espresso a favore di una soluzione negoziata alla crisi, ripetendo
che l’Iran è pronto ad ulteriori negoziati. Il governo tedesco ha, nel
frattempo, fatto sapere che se il capo della diplomazia europea Javier Solana non dovesse riuscire a convincere la controparte iraniana,
sarebbe inutile proseguire i negoziati.
Ancora una bomba in Turchia, anche se questa
volta ad essere colpita non è stata una località turistica, bensì la città di Van, nella parte orientale del Paese, dove forte è la presenza
curda. Ieri sera, un civile e un poliziotto sono
morti in seguito all’esplosione di un ordigno nascosto in un cestino dell’immondizia
in un parco. Altre persone, una decina, tra cui un altro poliziotto, sono
rimaste ferite. L’attentato è stato subito attribuito dalle autorità locali ai
separatisti curdi che fanno riferimento al Partito
dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), ma per il momento
non vi è stata alcuna rivendicazione. L’attentato giunge dopo una serie di attacchi
compiuti negli ultimi giorni soprattutto in località turistiche della Turchia, tutti
rivendicati dai Falchi per la Libertà del Kurdistan, organizzazione separatista
diretta emanazione del PKK.
Il
presidente ceco, Vaclav Klaus, ha nominato, oggi a Praga,
il capo della destra liberale, Mirek Topolanek, nuovo primo ministro del Paese.
La cittadina di Beslan, nella regione russa
dell’Ossezia del nord, ha ricordato ieri la strage
provocata due anni fa da un commando di terroristi ceceni
nella scuola “Numero Uno” della città, dopo due giorni di sequestro. Il
servizio di Giuseppe D’Amato:
**********
Una campana ha risuonato nel
momento dell’inizio della strage; quindi, dieci lunghi minuti di silenzio. Così
Beslan ha ricordato la tragedia di due anni fa. In precedenza,
degli studenti, con una camicia bianca, avevano lasciato volare in cielo 332
palloncini, uno per ciascuna delle vittime dell’azione terroristica. La palestra
della scuola è stata riempita di fiori e di bottiglie d’acqua. Un monumento è
stato inaugurato per l’occasione. “La tragedia di Beslan
rimarrà un evento doloroso per tutto il Paese”, questo il commento del presidente
Putin in un incontro con il patriarca di Mosca, Alessio
II. Varie manifestazioni sono state organizzate in tutta
Per
**********
E’ di sei poliziotti uccisi il bilancio di due
scontri tra forze dell’ordine e militanti islamici avvenuti la scorsa settimana
in Algeria. Ne ha dato notizia la stampa algerina. Quattro agenti hanno perso la
vita in un agguato teso a un convoglio della polizia nella foresta di Adekar, a est di Algeri. La zona è considerata una roccaforte
del Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento
(GSPC). Due, invece, sono state le vittime di un conflitto a fuoco a Ouled Hamza, vicino
a Medea, a sud della capitale. Solo il 31 agosto è scaduta l’amnistia garantita
dal governo algerino ai militanti che avessero deciso di
consegnare le armi e arrendersi. Il GSPC non ha aderito all’appello delle
autorità, che avrebbero voluto così aprire la strada a una pacificazione
nazionale.
Le truppe dello Sri Lanka hanno conquistato la città orientale di Sampur, utilizzata dai separatisti Tamil
per lanciare i loro attacchi contro il porto di Trincomalee.
Lo ha annunciato stamani il ministro per
Prevista per questa settimana la ripresa dei colloqui di
pace tra governo filippino e rappresentanti del Fronte Moro Islamico di
Liberazione, il più grande movimento separatista del Paese. Sul tavolo dei negoziati, che riprenderanno a
Kuala Lumpur, in Malesia,
dopo una brusca interruzione a giugno e una nuova ondata di combattimenti, la
necessità di porre fine a un conflitto in atto da oltre 40 anni e che ha
provocato 120 mila vittime circa. Ma nelle regioni meridionali delle Filippine
non sono cessati i combattimenti. Cinque soldati dell’esercito sono morti durante
violenti combattimenti all’alba con presunti membri del gruppo terrorista Abú Sayyaf, nella regione di Mindanao.
Una forte scossa di terremoto ha
colpito nella notte diverse isole dell’Indonesia orientale. Il sisma, con
epicentro nelle isole di Kai, nel distretto
meridionale delle Molucche, aveva un’intensità di 6,1 gradi della scala Richter. Al momento non si hanno notizie di vittime o danni
materiali.
Il passaggio dell’uragano John sulla penisola della Bassa California, nel nord-ovest del Messico, ha
provocato inondazioni e quattro persone risultano disperse. Circa 5 mila turisti
stranieri sono stati evacuati verso gli Stati Uniti.
Isole Canarie ancora al centro delle cronache di sbarchi
di migranti. All’alba, sull’arcipelago spagnolo sono sbarcati 227 migranti,
facendo così salire a oltre 2500 il flusso di persone arrivate da giovedì. Una
situazione senza precedenti, secondo il quotidiano spagnolo El Pais.
=======ooo=======