RADIOVATICANA
RADIOGIORNALE
Anno L n. 244 - Testo
della trasmissione di venerdì 1 settembre 2006
IL
PAPA E LA SANTA SEDE:
OGGI IN PRIMO PIANO:
CHIESA E SOCIETA’:
Arrivati in Libano i primi soldati italiani: a Stoccolma
i Paesi donatori offrono un miliardo di dollari per la ricostruzione del Paese.
Altri 500 milioni di dollari andranno per gli aiuti umanitari ai palestinesi
L'ONU
approva l’invio di una forza di pace nel Darfur: ma
il governo sudanese ribadisce il suo ‘no’ all’intervento internazionale
1 settembre 2006
PER
TROVARE IL VOLTO DI CRISTO, BISOGNA AVERE UN CUORE PURO:
COSI’
BENEDETTO XVI, STAMANI,
NEL SUO
PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DEL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO,
IN ABRUZZO. IL PAPA HA RINNOVATO L’APPELLO PER
Una visita breve per durata, ma
densa di significato: Benedetto XVI si è recato stamani al Santuario del Volto
Santo, nel piccolo centro abruzzese di Manoppello. Durante il pellegrinaggio
alla sacra reliquia, il Papa ha sottolineato che per riconoscere il Volto di
Gesù nei nostri fratelli bisogna avere “mani e cuori puri”. Solo così si può
entrare in comunione con Lui. Durata in tutto due ore, la visita di Benedetto
XVI è stata accompagnata da manifestazioni di gioia dei fedeli, accorsi da
tutto l’Abruzzo. Il servizio del nostro inviato a Manoppello, Alessandro
Gisotti:
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(cori)
Pellegrino tra i pellegrini, Benedetto XVI è stato accolto
a Manoppello dal caloroso abbraccio dei fedeli, che fin dalle prime ore del
mattino si sono raccolti a migliaia nel piazzale antistante il Santuario, posto
su una collina immersa nel verde. Poco prima delle 10, cori festanti e lo sventolio
di palloncini e drappi giallo-bianchi - i colori della
bandiera vaticana - hanno salutato l’arrivo del Papa, atterrato in elicottero a
pochi passi dal Santuario. Accolto dalle autorità politiche locali e
dall’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte e
dal rettore del Santuario, padre Carmine Cucinelli,
il Papa ha percorso a piedi il tragitto verso il Santuario stringendo le mani
dei fedeli, che intonavano in coro messaggi di benvenuto. Giunto sul Sagrato,
il Santo Padre ha subito voluto salutare i fedeli sottolineando che
(canto – Volto Santo)
Dopo l’adorazione del Santissimo Sacramento, l’evento a
lungo atteso dalla comunità abruzzese e dai Frati Cappuccini, in particolare.
Il Papa si è raccolto in preghiera per alcuni minuti dinnanzi al Volto Santo.
Un momento di grande, profonda intensità spirituale. E che ha commosso, lo ha
detto lui stesso, mons. Bruno Forte. Un evento inoltre che può a ragione
definirsi storico: per la prima volta, infatti, un Pontefice si è recato in
pellegrinaggio al Santuario. E ciò assume un duplice valore, ricorrendo
quest’anno il cinquecentesimo anniversario dell’apparizione del velo a
Manoppello. Nel suo discorso al clero locale, il Papa ha ringraziato mons.
Forte, definito “un amico da tanti anni” oltre che insigne teologo. Il
Pontefice ha affermato di ritenere sacerdoti e religiosi
persone “innamorate di Cristo, attratte da Lui e impegnate a fare della
propria esistenza una continua ricerca del suo Santo Volto”. Scrosciante
l’applauso quando il Papa ha salutato i “seminaristi, futuro della Chiesa tra di noi”. Quindi, ha ribadito con forza che al cuore del
Cristianesimo c’è l’incontro con Cristo, con il Suo amore:
“Chi incontra Gesù,
chi si lascia da Lui attrarre ed è disposto a seguirlo sino al sacrificio della
vita, sperimenta personalmente, come Egli ha fatto sulla croce, che solo il ‘chicco di grano’ che cade nella
terra e muore porta molto frutto.
La via di Cristo, è stato il suo richiamo, è “la via
dell’amore totale che vince la morte”. Un’esperienza straordinaria, ha
sottolineato, vissuta dai primi due apostoli, che seguirono
Gesù sul fiume Giordano. “Chi vive in Dio già su questa terra”, ha rilevato, è
“attratto e trasformato dal fulgore del suo volto”. E qui ha indicato nei
santi, degli esempi luminosi da seguire:
“Questa è
l’esperienza dei veri amici di Dio, i santi, che hanno riconosciuto e amato nei
fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi, il volto di quel Dio a lungo
contemplato con amore nella preghiera. Essi sono per noi incoraggianti esempi
da imitare; ci assicurano che se percorriamo con fedeltà questa via, la via
dell’amore, anche noi – come canta il Salmista – ci sazieremo della presenza di
Dio”.
“Per entrare in comunione con
Cristo e contemplarne il volto – ha affermato Benedetto XVI - per riconoscere
il volto del Signore in quello dei fratelli e nelle vicende di ogni giorno,
sono necessarie “mani innocenti e cuori puri”. Parole corredate da una profonda
riflessione:
“Mani innocenti, cioè esistenze illuminate dalla verità dell’amore che
vince l’indifferenza, il dubbio, la menzogna e l’egoismo; ed inoltre sono
necessari cuori puri, cuori rapiti dalla bellezza divina, come dice la piccola
Teresa di Lisieux nella sua preghiera al Volto Santo, cuori che portano
impresso il volto di Cristo”.
Il Papa ha così espresso parole di incoraggiamento per i
sacerdoti e i religiosi. E ancora, ha avuto parole di affetto per i
seminaristi: “Non lasciatevi attrarre da null’altro che da Gesù e dal desiderio
di servire la sua Chiesa”, è stata l’esortazione del Santo Padre. Ed ha invitato tutti a ricercare sempre – nel
nostro pellegrinaggio terreno - il Volto di Gesù, per trovare la gloria eterna.
Una certezza, questa, che ha animato i santi dell’Abruzzo e in particolare, il
Papa ha citato Gabriele dell’Addolorata e Camillo de Lellis.
Infine, ha invocato l’intercessione della Madonna, così venerata in tanti
santuari sparsi nelle valli dell’Abruzzo, per il bene delle famiglie e delle
nazioni. Un pensiero particolare è andato inoltre alla salvaguardia del Creato.
“Ci aiuti
Dal canto suo, nell’indirizzo di saluto, mons. Bruno Forte
ha espresso sentimenti di viva gratitudine al Papa di tutti i fedeli della
diocesi. In particolare, ha ricordato gli appelli del Papa ad impegnarsi per la
pace e appunto per la salvaguardia del Creato, a cui
Prima di lasciare Manoppello, il Papa si è soffermato con
i Frati Cappuccini. Quindi, sul Sagrato del Santuario, ha voluto nuovamente
salutare i fedeli incoraggiando in particolare i giovani a cercare sempre il
Volto di Cristo.
Da Manoppello, Alessandro Gisotti, Radio
Vaticana.
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Sul significato della visita del Papa a Manoppello
ascoltiamo fra Emiliano, il religioso cappuccino che guida i pellegrini a
visitare il Volto Santo. L’intervista è di Alessandro Gisotti:
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R. – Credo che abbia un significato profetico.
Ultimamente, proprio il Papa diceva questo: “Noi cristiani dobbiamo riscoprire
il Dio dal volto umano”. Il pellegrino che viene a Manoppello non vede un Dio
grande, potente, che ci risolve i problemi, ma vede un Dio Uomo, che ha
sofferto, ha versato lacrime e sangue … è stato umano. Ed è questa umanità che
ci dà tanta consolazione. I pellegrini che vengono qui,
non vengono tanto a guardare il Volto Santo, ma a lasciarsi guardare, a lasciarsi
amare dal volto del Risorto.
D. – Ecco, il Papa si è fatto pellegrino tra i pellegrini…
R. – Sì, pellegrino tra i pellegrini. Nell’era
dell’immagine è bello che il Signore ci parli tramite un’immagine. Un’immagine
che può trasformare e trasfigurare la nostra vita in qualcosa di bello, perché
– anche il Papa lo dice spesso – credere è bello. E questa bellezza che
affascina, dobbiamo trasmetterla a tutti. Una bellezza che è nata proprio
dall’esplosione della Risurrezione.
D. – Dunque, alla luce di questa visita di Benedetto XVI,
qual è il messaggio che viene amplificato da
Manoppello, dal Santuario del Volto Santo?
R. – Credo che sia un messaggio di contemplazione. Cristo
ha avuto un unico volto. E’ vero che Dio è in tutti i volti,
ma Cristo ha avuto un unico volto, e questo volto è fatto per essere
guardato, per essere contemplato. Quindi, io credo che Manoppello debba diventare
una clinica dello spirito ma anche un luogo di raccoglimento, di preghiera e di
grande contemplazione.
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Ma ascoltiamo, sempre al microfono di Alessandro Gisotti,
le voci di alcuni pellegrini giunti a Manoppello per la visita del Papa:
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D. – Per
un giovane fedele, che cosa significa la visita del Papa?
R. –
Certamente è una visita importante perché aumenta anche la fede dei giovani.
Non bastano soltanto le Giornate mondiali della gioventù ma
bisogna vivere la fede anche nel quotidiano. Sicuramente la visita del Papa
aiuterà molti giovani anche a riscoprire la fede.
D. – Il
significato del Santuario del Volto Santo …
R. – Sono
500 anni che le genti d’Abruzzo vengono in questo posto e traggono, qui, motivo
per rinsaldare la loro fede soprattutto nell’Eucaristia.
D. – Un
volto che mostra tutta la sofferenza di un uomo…
R. – I
segni sul Volto Santo di Manappello, ci richiamano a
prendere ogni giorno le nostre croci e a seguire Cristo.
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NOMINE
In Perù, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al
governo pastorale della diocesi di Tacna y Moquegua presentata da mons. José
Hugo Garaycoa Hawkins, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons.
Marco Antonio Cortez Lara, finora vescovo coadiutore
della medesima sede.
Il Papa ha quindi nominato, per un quinquennio, direttore
della Direzione dei Servizi Tecnici del Governatorato e direttore “ad interim”
della Direzione delle Telecomunicazioni dello Stato della Città del Vaticano
l’ing. Pier Carlo Cuscianna, finora vice-direttore
dei medesimi Servizi Tecnici.
L’ATTENZIONE DI S. FRANCESCO PER LA PACE E LA
NATURA,
RIFLESSO
DELLA SUA TOTALE CONVERSIONE A CRISTO:
UN
COMMENTO ALLE PAROLE RIVOLTE DA BENEDETTO XVI
AL
CLERO DI ALBANO LAZIALE
-
Intervista con padre Enzo Fortunato -
Un’icona dell’uomo che scopre Cristo, si fa toccare fin
nell’intimo dal suo amore, diventandone un’inarrivabile testimone sulla terra.
E’ questa l’essenza spirituale di San Francesco d’Assisi. I giornali hanno dato
molto risalto alle parole pronunciate ieri da Benedetto XVI davanti al clero di
Albano Laziale, riferite al grande Santo umbro. L’accento mediatico
viene posto spesso sul carattere del Francesco uomo di
pace, o del Francesco difensore della natura, mentre il Papa ha messo in
risalto come la caratteristica centrale e profonda del Poverello
sia l’essere un “convertito”. Su questo concetto è ritornato il padre francescano
Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi, intervistato da
Alessandro De Carolis:
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R. – Credo che il Papa abbia posto l’accento su una
questione molto significativa. E’ questo un rischio che San Francesco venga “strattonato” da un certo pacifismo o da un certo ambientalismo. San Francesco è un “ambientalista” perché è
stato proclamato da Giovanni Paolo II patrono dell’ecologia. E San Francesco è
un uomo di pace come dimostrano i molti episodi della sua vita. E’ evidente,
però, che il Papa ha detto chiaramente che San Francesco è un uomo convertito,
cioè è un uomo che ha messo al centro Gesù Cristo. In questo senso, è un uomo
completamente convertito. Poi, sappiamo benissimo che questa conversione in
Francesco registra il suo apice con le stimmate. Pochi anni prima della morte,
San Francesco riceve questo segno e lo farà chiamare dai biografi l’Alter Christus,
un altro Cristo.
D. – Il Papa ha anche affermato che la sofferenza, la
crisi, danno pienezza alla vita, esattamente come l’armonia. Sono - ha detto -
tutte e due, il sole e la pioggia dell’esistenza. Anche San Francesco ha avuto
le sue crisi?
R. – Certamente. San Francesco ha vissuto diverse crisi,
non solo all’inizio della sua conversione, ma anche con gli stessi frati, con
la sua stessa comunità. Il problema non è la crisi in sé, ma è il modo con il
quale la crisi si affronta, la si supera. E credo che
Francesco davvero ci sta dinanzi come modello, come icona, per dirci che ogni
cosa nella vita può essere affrontata e superata. L’importante è dare senso e
significato a tutto quello che viviamo.
D. – Benedetto XVI, parlando ai sacerdoti di Albano
Laziale, ha citato la lettera pastorale del vescovo di Assisi, mons. Sorrentino, “Francesco va’, ripara la mia casa”. Come risuona
oggi quella vocazione che il Poverello di Assisi
scoprì 700 anni fa tra le rovine di San Damiano?
R. – L’attrazione che San Francesco esercita nei cuori dei
giovani è data soprattutto da un ottimismo, da una capacità di entrare in
relazione con gli altri, da una genuinità di vita. L’importante è non cogliere
la figura di San Francesco a compartimenti stagni ma capire - e di questo il
vescovo di Assisi ne ha fatto un punto centrale nella sua lettera pastorale -
che il centro di tutte le sue scelte, di tutto il suo cammino è Gesù Cristo.
Questo credo vada detto a chiare note, perché significa aver coraggio,
significa abbattere alcune paure che si annidano nel cuore dell’uomo, significa
vincere quel grande demone che è l’egoismo.
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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”
Servizio vaticano - La visita di Benedetto XVI al
Santuario del Volto Santo di Manoppello.
Se resta impressa in voi, pastori del gregge, la
santità del Volto di Cristo - ha detto il Papa - anche i fedeli ne saranno
contagiati e trasformati.
Servizio estero - Medio Oriente: stanziati 940
milioni di dollari per la ricostruzione e il rilancio economico del Libano.
Servizio culturale - Un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “Quando Parigi salì in carrozza”: un
viaggo storico sulla prima ferrovia francese inaugurata
nel 1837.
Servizio italiano - In primo piano sempre il tema
della finanziaria.
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1 settembre 2006
OGGI
IN ITALIA SI CELEBRA LA PRIMA GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO INDETTA
DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
-
Interviste con mons. Arrigo Miglio e il prof. Simone Morandini
-
Come abbiamo sentito in apertura del nostro Radiogiornale, Benedetto XVI a Manoppello, ricordando che
oggi la Chiesa italiana celebra la prima Giornata per la salvaguardia del
Creato, ha lanciato un nuovo appello per la difesa dell’ambiente. Fabio Colagrande ha chiesto a mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea
e presidente della Commissione CEI per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia
e la pace, in che modo guardare al Creato come dono di Dio e quale legame c’è
tra il rispetto dell’ambiente e la fede di ogni cristiano:
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R. – E’ proprio questa dimensione verticale della visione
del Creato che diventa la garanzia per la salvaguardia del Creato, il messaggio
che vogliamo lanciare: un invito ad andare oltre un ecologismo
così, solo di maniera o solo moralistico, proprio per riscoprire il significato
profondo del Creato, come primo libro che Dio offre alle sue Creature, ma anche
come opera che entra a pieno titolo nella salvezza portata da Cristo. Tutta la
Creazione rientra nel progetto di salvezza e deve diventare un canto di lode
perenne. Tra l’altro, c’è una dimensione eucaristica del Creato: non a caso
l’Eucaristia si fa con il pane e con il vino, che vengono
offerti come ‘frutto della terra e del lavoro dell’uomo’, e quindi si crea un
legame molto più profondo di quanto apparentemente non pensiamo. Vorremmo andare
oltre la semplice visione del Creato come semplice cornice o contenitore in cui
noi viviamo: il Creato interferisce, giochiamo insieme questo cammino di
riscatto, di redenzione, di salvezza …
E a proposito del rispetto dell’ambiente il Papa ha
ricordato più volte l’implicazione ecumenica della salvaguardia del creato.
All’Angelus di domenica scorsa il Santo Padre ha detto che “In dialogo con i
cristiani delle diverse confessioni, occorre impegnarsi ad avere cura del
Creato”. Ma come nasce questo collegamento tra la cura del Creato e l’impegno
ecumenico? Ci risponde il prof. Simone Morandini,
docente all’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia:
R. – Proprio il movimento ecumenico è il luogo nel quale è
incominciato a risuonare un po’ questa attenzione, questa sensibilità
ambientale all’interno delle Chiese. Ancora nel 1974, un convegno di studio nel
Consiglio Ecumenico delle Chiese, faceva riferimento a queste questioni,
coniava addirittura già il termine ‘sostanibilità’; ‘società sostenibile’, si diceva
allora: un termine che poi avrà una grossa diffusione anche all’interno del
dibattito politico, ma è interessante notare che nasce in un ambito ecclesiale.
Poi, successivamente, passi importanti sono state le grandi assemblee sui temi
della giustizia, pace e salvaguardia del Creato, come Seul, Basilea e poi Graz
… Ecco, in tutti questi contesti si ha come l’impressione che ci sia quasi una
sorta di consonanza tra ecumenismo ed ecologia, come se il comune riferimento
al termine ‘oikos’ sviluppasse una particolare
attenzione in questo senso. Del resto, è vero che – sia pure con sensibilità
diverse – le Chiese cristiane hanno tutte in comune questo forte tema della
confessione di Dio come Creatore: “Credo in Dio Padre onnipotente, Creatore del
Cielo e della Terra”, il simbolo niceno-costantinopolitano
è un riferimento comune per i credenti ed a partire da esso,
dalla Confessione di fede, si delineano oggi le possibilità dell’impegno –
condiviso – sui temi ambientali.
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DUE
ANNI FA LA PRESA DI OSTAGGI NELLA SCUOLA DI BESLAN,
DA PARTE DELLA GUERRIGLIA CECENA,
CHE
DUE GIORNI DOPO AVREBBE PORTATO ALLA MORTE DI OLTRE 300 PERSONE,
IN
GRAN PARTE BAMBINI
-
Intervista con Fabrizio Dragosei -
Esattamente due anni fa, il 1°
settembre 2004, il mondo assisteva attonito alla presa in ostaggio, da parte di
alcuni guerriglieri indipendentisti ceceni, di
un’intera scuola. Accadeva a Beslan, nella repubblica
autonoma russa dell'Ossezia del Nord, dove, dopo due
giorni di trattative fallite, le squadre speciali inviate da Mosca decisero di
intervenire. Quello che ne scaturì fu una vera e propria battaglia tra militari
e guerriglieri: 332 persone persero la vita, la maggior parte delle quali
bambini. Oggi a Beslan e in tutta
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R. – Il ricordo più forte che ancora mi viene in mente è
il momento in cui un mio collega della sede di Mosca del Corriere ed io
eravamo, al contrario degli altri giornalisti, che erano tutti davanti alla
scuola, cioè dove erano le forze di polizia, eravamo sul retro della scuola; e
in quel momento abbiamo visto gente – bambini, donne scalze, semivestite, i
bambini erano in mutande perché dentro morivano di caldo – che correva, scappava mentre si udivano moltissime esplosioni, e ci
venivano incontro coperti di sangue, con i piedi tagliati dai vetri delle
finestre che si erano rotte per l’esplosione. Ecco, questa è l’immagine che ho
ancora negli occhi.
D. – Tante sono state le polemiche intorno a quella
strage. Ancora oggi, il 95 per cento dei russi, secondo un ultimo sondaggio,
non crede alla versione ufficiale data dal Cremlino. Tu che idea ti sei fatto?
R. – Proprio in questi giorni è uscito un rapporto che è
stato presentato in Parlamento, a Mosca, alla Duma,
di un esperto balistico il quale sostiene che la causa prima delle esplosioni
che all’inizio hanno fatto un gran numero di vittime e che hanno innescato
anche l’incendio, sarebbero state due granate lanciate dall’esterno verso la
scuola.
D. – Ricordiamo che in quella strage morirono 332 persone,
per la maggior parte bambini, studenti. Di fatto, quella strage si poteva
evitare?
R. – Non lo so. Sarebbe stato molto, molto difficile. I
servizi russi avevano operato bene, nella prima fase, nel Teatro di Mosca,
quando erano riusciti in pratica a neutralizzare i terroristi che tenevano in
ostaggio quasi 700 persone: quindi, una certa efficienza l’avevano dimostrata.
A Beslan, la situazione era molto, molto più
difficile. Credo che sarebbe stato assai duro riuscire
ad intervenire senza provocare numerose vittime. D’altra parte, la trattativa
con i ceceni era molto difficile, per non dire
impossibile. Loro chiedevano l’abbandono della Cecenia
da parte della Russia e questo sappiamo che dal punto di vista del Cremlino e
anche di gran parte della popolazione russa non è ipotizzabile.
D. – Oggi, due anni dopo, i parenti delle vittime si
dicono insoddisfatti per come sono state condotte le indagini; chiedono la
verità. Secondo te, per Mosca è un capitolo chiuso o si può sperare di far luce
completamente su questo attacco terribile?
R. – La colpa di quello che è successo va, senza ombra di
dubbio, in primo luogo ai terroristi. La causa, però, dell’esplosione che poi
ha innescato la strage potrebbe essere, come dicevamo, delle forze che erano all’esterno. E certamente, il Cremlino non ha alcun
interesse a che questo venga mai detto in maniera
esplicita per cui non credo che avremo una chiarezza definitiva, se non la
versione ufficiale che addebita ai terroristi ceceni,
guidati dagli uomini di Shamil Basayev,
la colpa totale di quello che è accaduto a Beslan due
anni fa.
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DI
SCENA ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA IL FILM DI OLIVER STONE
“
Presentato oggi fuori concorso alla Mostra del Cinema di
Venezia “World Trade
Center” di Oliver Stone:
dalla testimonianza di due poliziotti sopravvissuti al crollo delle Torri, il
racconto del loro salvataggio in quelle 24 ore che hanno sconvolto il mondo.
Mentre sconvolgimenti del cuore li ritroviamo nel giovane Atim,
protagonista del film Daratt
col quale il Ciad arriva per la prima volta in Concorso al Festival: è la
storia di un perdono, la speranza di un mondo più giusto. Il servizio di Luca
Pellegrini.
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3.29 del mattino. Una sveglia non suona, ma il sergente John McLoughlin si alza automaticamente,
come ogni giorno, dal letto, per raggiungere il Dipartimento di Polizia di New
York. Non sa ancora che quella mattina è la mattina dell’America, è la mattina
del mondo: entrambi si scuoteranno dal torpore di una finta innocenza e dalla
presunzione d’illusorie sicurezze. E’ l’11 settembre 2001, è l’alba di una
nuova, problematica storia. Che il cinema americano ha cominciato ora a
raccontare, metabolizzate tragedie, vendette e paure. Oliver
Stone ha avuto per le mani un vero racconto di
eroismo e di salvezza: quello del sergente John e del
collega Will Jimeno, due
dei venti – venti soltanto – sopravvissuti al crollo delle Torri, che portò via
con se le vite di 2.749 persone d’ogni età, razza e nazione. Una tragedia
globale, una morte collettiva. I due poliziotti furono salvati dopo ore di
dolorosa attesa sotto cumuli di macerie, attesa per loro e le loro famiglie. E
sulle loro testimonianze dirette Stone racconta le
più terribili ore di Manhattan e del mondo. Film
accolto però, a torto o a ragione, con tiepidezza dalla critica: forse perché
il regista non svela più il suo volto, appunto, critico? Forse perché abiura il
suo stile per adeguarsi a ciò che gli americani, e il cinema americano,
vogliono oggi vedere e sentire, anche da lui? Fatto sta che alcuni momenti sono
indimenticabili e visivamente grandiosi, impressionanti (l’ombra oscura del
primo aereo che plana verso il suo target, la folla inebetita davanti al
massacro, il crollo e le macerie), altri sono funzionalmente elaborati per
salvare, se non strappare, plausi e commozioni. Non c’è nulla di male, è
soltanto questione di stile cinematografico e narrativo.
Che, rispetto alla debordante narrazione di Stone, diventa invece asciutto, rarefatto in “Daratt”, ossia “Dry season”, cioè “Stagione asciutta”, del regista ciadiano Mahamat-Saleh Haroun. Anche lì una guerra, quella civile scoppiata nel
Ciad, durata 40 anni è che ha mietuto oltre 40.000 vittime. Chi si può ritenere
esente dal desiderio di vendetta, quando intere famiglie e parenti sono stati
sterminati? Atim e il nonno devono farsi giustizia
per trovare una pace transitoria: l’assassino del padre-figlio è impunito. Atim lo trova, ma gli eventi saranno imprevedibili: non c’è
giustizia senza perdono, recitava un tema scelto per la Giornata mondiale della
pace di alcuni anni fa. Una verità che comincia a farsi strada nel cuore
devastato del ragazzo. Il perdono è all’opera. Espressioni di grande e sofferto
realismo urbano e africano accompagnano la conversione di Atim:
sarà una goccia, probabilmente, nell’oceano di violenze e guerre che devastano
quel grande Continente, ma è una goccia dall’enorme valore simbolico,
dall’incontestabile spessore umano, dal forte sapore di speranza. Speranza che
anima coloro che davvero credono nella pace, ossia in un mondo migliore.
Da Venezia, Luca Pellegrini per la Radio Vaticana.
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1 settembre 2006
OLTRE
UN MIGLIAIO DI EX COMBATTENTI IN ANGOLA BENEFICERANNO
DI UN
PROGRAMMA DI REINSERIMENTO DELLA CARITAS. GLI EX GUERRIGLIERI SARANNO IMPEGNATI
IN PROGETTI DI SVILUPPO AGRICOLO
NELLE
LORO TERRE D’ORIGINE
LUANDA. = Un programma di sviluppo agricolo della Caritas
di Saurimo, nella provincia di Lunda-Sul,
nel nord-est dell’Angola, consentirà il reinserimento di ex combattenti. Il piano,
riferisce l’agenzia Fides, prevede la distribuzione di kit di attrezzi
agricoli, sementi e fertilizzanti per far sì che gli ex combattenti possano
provvedere al sostentamento delle loro famiglie attraverso l’agricoltura. A
beneficiarne saranno più di un migliaio di ex guerriglieri della disciolta ala
militare dell’UNITA (Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’angola). Il progetto prevede anche la costruzione di una
scuola con 10 aule e uno “jango comunitário”
(istituzione educativa tradizionale presente nella maggior parte dell’Angola,
il cui scopo è quello di trasmettere i valori storici, culturali ed etici dagli
anziani ai giovani) in un quartiere di Itengo, a 50
chilometri da Saurimo. “Speriamo che la maggior parte
di questi ex combattenti possano essere reinseriti nelle comunità locali, diventando
autosufficienti”, ha affermato mons. Eugenio Dal Corso, vescovo di Saurimo. La maggior parte degli ex guerriglieri dell’ala
militare dell’UNITA sono originari di famiglie contadine. “Sappiamo – ha
commentato mons. Dal Corso – quanto sia importante reintegrare nel contesto
sociale di origine queste persone”. La guerra civile angolana,
scoppiata nel 1975, si è conclusa, dopo alterne vicende, nel 2002, dopo la
morte di Jonas Savimbi,
leader dell’UNITA. La nuova dirigenza dell’organizzazione decise di sciogliere
l’ala militare e di presentarsi alle elezioni come partito politico. Il
conflitto ha lasciato distruzioni, milioni di profughi e migliaia di
combattenti da reintegrare nella società civile, mentre rimangono disseminati
nei campi milioni di mine e di altri ordigni inesplosi. Nonostante la pace, le
condizioni di vita della maggior parte degli angolani
rimangono drammatiche. (T.C.)
È
STATA DEDICATA A SAN FRANCESCO SAVERIO, IERI A SAN SEBASTIAN, IN SPAGNA,
UNA
NUOVA CASA PER I NOVIZI DELLE CINQUE PROVINCE SPAGNOLE DEI GESUITI.
DOMENICA,
A LOYOLA, UNA SOLENNE MESSA CHIUDERÀ LE CELEBRAZIONI PER I 450
ANNI
DALLA MORTE DI SANT’IGNAZIO, FONDATORE DELLA
COMPAGNIA DI GESÙ
SAN SEBASTIAN. = È stato inaugurato ieri a San Sebastian, in Spagna, un nuovo noviziato della Compagnia di
Gesù. La struttura, dedicata a San Francesco Saverio, ospiterà giovani che si
preparano a pronunciare i voti, provenienti dalle cinque province spagnole dei
gesuiti. A celebrare l’evento, una Santa Messa durante la quale è stato letto
il decreto, firmato dal preposito generale della Compagnia
di Gesù, padre Peter Hans Kolvenbach, che ha nominato padre Juan
Antonio Guerriero Alves come rettore della casa. Da
metà settembre, la comunità ospiterà 24 novizi. L’iniziativa si inserisce
nell’ambito delle celebrazioni per il giubileo dei Gesuiti, indetto in
occasione del 450° anniversario della morte di Sant’Ignazio
di Loyola e dei 500 anni dalla nascita di San
Francesco e del Beato Pierre Favre.
Domenica, nel Santuario di Loyola, i festeggiamenti
per ricordare Sant’Ignazio si concluderanno con una
solenne liturgia eucaristica che si svolgerà alle 12 e sarà presieduta dal
cardinale Roger Etchegaray.
(T.C.)
DA IERI, LA RELIGIONE ORTODOSSA È OBBLIGATORIA
NELLE SCUOLE MEDIE
DI ALCUNE REGIONI DELL’EX UNIONE SOVIETICA.
IL PATRIARCA ORTODOSSO DI MOSCA
E DI TUTTE LE RUSSIE ALESSIO II: “TUTTI GLI
STUDENTI DEVONO CONOSCERE
LA STORIA DELLA LORO CULTURA E QUELLA DELLA
NAZIONE IN CUI VIVONO”
MOSCA. = La religione ortodossa da ieri è una
materia obbligatoria nelle scuole medie di quattro regioni dell’ex Unione
Sovietica: Belgorod, Kaluga,
Brjansk e Smolensk. In
altre 11 regioni della Federazione russa, scrive l’agenzia Asianews,
i fondamenti della cultura ortodossa verranno invece
impartiti come insegnamento facoltativo. L’obiettivo della Chiesa ortodossa è
di far sì che lo studio della religione divenga obbligatorio in tutto il Paese.
Il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie,
Alessio II, ha dichiarato che “tutti gli studenti sono tenuti oggi a conoscere
la storia della loro cultura e quella della nazione in cui vivono”. A questo,
ha sottolineato il Patriarca, mira l’insegnamento dei “Fondamenti di cultura
ortodossa”, e ciò vale anche per le altre religioni.
In una dichiarazione rilasciata alla stampa, Alessio II ha sottolineato: “Se ci
sono persone nel nostro Paese che professano altre religioni, devono studiare
sicuramente la loro propria cultura, ma devono anche
conoscere quella della nazione in cui vivono”. Il programma dei corsi di studio della
religione è stato approvato lo scorso luglio dall’Accademia spirituale di
Mosca. Sulla materia, entro il 2010, il Patriarcato ortodosso di Mosca formerà
circa 10 mila insegnanti. Sul piano legislativo, però, l’insegnamento religioso
aspetta ancora una chiara definizione. In Russia, infatti, una legge federale
vieta la religione nelle scuole e nella Costituzione nazionale è sancita la
separazione tra Stato e Chiesa. (A.Gr.)
RITROVATI
IERI POMERIGGIO AD OSLO DALLA POLIZIA
“L’URLO”
E LA “MADONNA” DI MUNCH.
LE DUE
OPERE D’ARTE ERANO STATE RUBATE DAL MUSEO MUNCH
IL 22
AGOSTO DEL 2004
OSLO. = “L’Urlo” e la “Madonna” di Edvar
Munch, rubati il 22 agosto 2004 dal Museo Munch di Oslo, in Norvegia, sono stati ritrovati ieri
pomeriggio dalla polizia. Le due opere, una delle varie versioni dipinte dal
pittore norvegese che visse dal 1863 al 1944 ed una figura femminile dai
lineamenti deformati dal dolore e avvolta da lunghi capelli neri, erano stati
portati via da due uomini armati. Avevano fatto irruzione in pieno giorno nelle
sale del museo ad armi spianate davanti al pubblico dei visitatori. Opera icona
del ‘900, la più famosa e celebrata di Munch, “L'Urlo” è stato realizzato nel 1893 su cartone con olio,
tempera e pastello ed è considerato il simbolo dell’angoscia e dello
smarrimento che hanno segnato la vita dell’autore. Ne esistono quattro
versioni, tre delle quali custodite al Museo Munch di
Oslo, mentre l’altra si trova alla Galleria nazionale, da dove è stata trafugata
il 12 febbraio 1994, durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Lillehammer, e ritrovata dopo tre mesi. Il capolavoro
espressionista rappresenta un’esperienza di vita vissuta dall’artista: mentre
si trovava a passeggiare con alcuni amici su un ponte della cittadina di Nordstrand, il suo animo venne
pervaso dal terrore. Nel suo diario di malattia, a Nizza, ricorda così quell’esperienza: “Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse
all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un
recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano
sangue e lingue di fuoco. I miei continuavano a camminare e io tremavo ancora
di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”. Sullo
sfondo del quadro, si distinguono chiaramente i due amici che si allontanano
lungo il ponte, estranei al terrore che angosciava il loro compagno. La bocca
spalancata sembra emettere dei suoni che sconvolgono il paesaggio, l’urlo di
dolore e il tapparsi le orecchie è come un rifiuto di ascoltarlo, di
ascoltarsi. (T.C.)
MESSICO:
LE NAZIONI UNITE BOCCIANO LA POLITICA SULLE POPOLAZIONI INDIGENE
DEL
GOVERNO DEL PRESIDENTE USCENTE, VICENTE FOX. NELLO STATO DI OAXACA
È
STATA CHIESTA ALLE AUTORITÀ UN’INDAGINE SULLA RICOMPARSA
DI
GRUPPI ARMATI
CITTÀ DEL MESSICO. = Il relatore speciale delle Nazioni
Unite per le questioni indigene, Rodolfo Stavenhagen,
ha bocciato la politica del governo del presidente uscente, Vicente
Fox, a favore delle popolazioni native a cui appartengono 12 milioni e 700 mila individui. A darne
notizia è l’agenzia MISNA, che riporta le dichiarazioni di Stavenhagen.
“La maggior parte della popolazione indigena mantiene indici di sviluppo
sociale, economico, umano, molto più bassi rispetto agli altri messicani – ha
detto il relatore speciale dell’ONU – ci sono comunità dove in questi ultimi
sei anni è arrivata finalmente la luce, una strada, una rete di acqua potabile,
ma sono decisamente una minoranza”. Per Stavenhagen,
la riforma della legge sui diritti e la cultura indigena del 2001 non ha
soddisfatto nessuno. Si tratta della normativa contestata dalle organizzazioni
dei nativi messicani e bocciata anche dall’Esercito zapatista
di liberazione nazionale (EZLN) che, dopo la sua approvazione, ha interrotto i
contatti con l’esecutivo. Il relatore ONU ha anche criticato Fox per alcuni misure minori, come
il cambio di nome dell’Istituto nazionale indigeno, oggi Commissione per lo
sviluppo dei popoli indigeni: “Non è questo che cambia la politica di base del
governo, che continua a prestare poca attenzione alle necessità degli
autoctoni”. Proprio oggi, mentre nel Paese si respira un clima abbastanza teso
a causa delle recenti vicende elettorali, Vicente Fox terrà il suo ultimo discorso davanti al Parlamento. Intanto,
ieri le autorità dello Stato messicano di Oaxaca
hanno chiesto ufficialmente al governo del presidente Fox
“un’indagine seria e responsabile” per avere spiegazioni sulla ricomparsa di
gruppi armati nella regione, in particolare dell’Esercito rivoluzionario
popolare. Quest’ultimo ha pubblicato negli ultimi giorni un comunicato in cui
minaccia una risposta armata di fronte ad eventuali politiche repressive del
governo. Da alcune settimane, nello Stato di Oaxaca
un gruppo denominato “Assemblea popolare del popolo di Oaxaca”
(APPO) chiede l’immediata rinuncia del governatore dello Stato, sostenendo lo
sciopero dei docenti, che si protrae ormai da tre mesi, indetto per ottenere
aumenti dello stipendio. (T.C.)
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1 settembre 2006
- A cura di Roberta
Moretti -
La Siria rispetterà l’embargo
sulle armi per Hezbollah, secondo il paragrafo 15
della risoluzione 1701: lo ha annunciato stamani a Damasco il segretario
generale dell’ONU, Kofi Annan,
dopo un colloquio di 45 minuti con il presidente siriano, Bashar
El Assad, centrato sul
rafforzamento della tregua. Intanto, c’è soddisfazione per gli esiti positivi
della Conferenza dei Paesi Donatori per il Libano, svoltasi ieri a Stoccolma,
mentre questa mattina è sbarcato nel Paese dei Cedri un primo gruppo di militari
italiani. Il nostro servizio:
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Annan ha definito “lungo e costruttivo”
il colloquio con il presidente siriano, El Assad, e ha chiesto alla Siria di usare tutta la sua
influenza per giungere al rilascio dei soldati israeliani in mano a Hezbollah. Da parte sua – ha riferito Annan
– Damasco aumenterà i controlli al confine con il Libano e “prenderà tutte le misure
necessarie” per fermare il flusso di armi dirette alle milizie sciite. Inoltre,
la Siria si è dichiarata disponibile a stabilire rapporti diplomatici con
Beirut. Ieri, intanto, i Paesi Donatori per la ricostruzione del Libano,
riuniti a Stoccolma, si sono impegnati a stanziare entro 4 mesi 940 milioni di
dollari. Una somma che rappresenta circa il doppio di quella chiesta dal
premier libanese, Siniora. Altri 500 milioni di dollari
sono stati stanziati oggi dai Paesi Donatori per la situazione umanitaria nei
Territori. Sul fronte israeliano, intanto, all’indomani della condanna di Annan, per l’uso delle bombe a frammentazione in Libano,
l’esercito di Tel Aviv ha fatto sapere di avere già consegnato all’UNIFIL le
mappe delle aree bombardate per favorire il lavoro di bonifica dagli ordigni
inesplosi. Ieri – lo ricordiamo – Israele aveva riconsegnato oltre due terzi
dei territori occupati nel sud del Libano durante la guerra contro Hezbollah. Erano 40 anni che i soldati di Beirut non controllavano
questa zona di confine. E proprio nel sud del Libano e, precisamente, a Tiro è
giunto stamani un primo gruppo di soldati italiani, per prendere i contatti con
il comando della missione UNIFIL e per attività di ricognizione, in vista dello
sbarco di domani. Anche l’Indonesia, intanto, ha annunciato oggi che invierà
fino a mille uomini per rafforzare la Forza ONU in Libano.
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In Iraq, tre
poliziotti sono morti questa mattina per l’esplosione di un ordigno collocato
su una strada nella zona meridionale di Baghdad. Sempre oggi, l’esercito americano
ha annunciato la morte di due soldati, tra cui un marine, in seguito alle
ferite riportate mercoledì in “un’azione nemica” nella provincia occidentale di
Al-Anbar. Ieri, intanto, una vera e propria strage di
civili si è consumata nella capitale. Una raffica di razzi Katiuscia
si è abbattuta sul quartiere orientale sciita di Sadr
City, causando la morte di almeno 43 persone e il ferimento di oltre cento. In
precedenza almeno 20 persone erano rimaste uccise in diversi attacchi a
Baghdad. Altre otto vittime civili si contano nella regione di Baquba, a nord della capitale, colpita da una raffica di
attacchi.
Teheran “non
rinuncerà a una sillaba dei suoi diritti sul nucleare”: è quanto ha ribadito
stamani il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, all’indomani della presentazione a Vienna del
Rapporto dall’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), in cui si
conferma che l’Iran non ha sospeso il processo di arricchimento dell’uranio
entro il termine fissato per ieri dai cinque membri del Consiglio di Sicurezza
dell’ONU più la Germania. Dura la reazione del
presidente americano, Bush, che ha sottolineato la necessità
di imporre sanzioni a Teheran, confermando una
riunione dei 5+1 il prossimo 7 settembre in Europa per discutere della
questione. Da parte sua, la Russia, attraverso il ministro degli Esteri, Lavrov, ha espresso
“rammarico” per la decisione di governo iraniano, pur insistendo sul fatto che
“le sanzioni non sono il modo migliore per risolvere le dispute internazionali”.
C’è attesa, infine, per il confronto, domani a Teheran,
tra i vertici iraniani ed il segretario generale dell’Onu,
Kofi Annan, che conclude
nella Repubblica islamica la sua missione in Medio Oriente. Ma quali possibilità
di sbloccare la situazione ha la visita di Annan? Giancarlo La Vella lo ha chiesto
ad Ahamad Rafat,
giornalista iraniano in Italia:
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R. – La vedo molto difficile se, per sbloccare la
situazione, si intende convincere il governo iraniano e il presidente Ahmadinejad a sospendere l’arricchimento dell’uranio.
D. – Quali possono essere le linee guida di un possibile
dialogo?
R. – Il dialogo, a questo punto, sembra sempre più
difficile. Ci dovrebbero essere dei cambiamenti molto netti e radicali nelle
posizioni della comunità internazionale o in quelle della Repubblica islamica.
Una delle due parti dovrebbe necessariamente fare un passo indietro e, personalmente,
non credo che oggi ci siano le condizioni per questa eventualità, anche se
qualche Paese europeo sembra già disposto a farlo, come la Spagna dove il Consigliere
del primo ministro, Zapatero, ha detto che l’Iran ha
diritto ad avere una atomica ad uso militare. Pertanto
se l’Europa dovesse seguire questa linea, allora sì,
si può cominciare a discutere, altrimenti non vedo che cosa ci possa essere in
comune sul tavolo delle trattative.
D. – All’interno dell’Iran, come si sta vivendo questa
situazione?
R. – La popolazione, per quanto riguarda la possibilità di
applicare delle sanzioni nei confronti dell’Iran, è preoccupatissima
e i prezzi, nelle ultime settimane, soprattutto dei generi alimentari, sono
aumentati notevolmente. Io so che la gente sta facendo le scorte di beni di
prima necessità. Per quanto riguarda, invece, le questioni strettamente
politiche, bisogna tener conto che in Iran la stampa, da circa un anno, non può
informare liberamente sulla vicenda nucleare, ma si deve limitare a riportare
quelle notizie che già in precedenza hanno avuto l’approvazione del Consiglio
superiore per la sicurezza nazionale o del portavoce del governo o del ministro
degli Esteri.
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Il Sudan è
pronto a “far fronte all’intervento internazionale” in Darfur.
Lo ha dichiarato oggi il vice-presidente sudanese, Ali Osman
Taha, rigettando così la risoluzione 1706, adottata
ieri dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che prevede l’invio di caschi blu
supplementari nella martoriata regione sudanese, devastata dalla guerra civile.
La risoluzione, subordinata al via libera di Khartoum,
prevede di ampliare l’attuale missione UNMIS con un nuovo contingente forte di
22.600 unità. L’ONU intende così sostituire l’attuale forza di pace, guidata
dall’Unione Africana (UA), il cui mandato scade il 30 settembre e che si è
dimostrata incapace di fermare la guerra civile e di far fronte alla drammatica
crisi umanitaria nella regione.
Con il 64,6 per cento dei voti, Bharrat Jagdeo, il presidente uscente della Guyana, ex colonia
britannica, è stato riconfermato per un secondo mandato alla guida del Paese.
Al tempo stesso, la coalizione che lo sostiene – il Partito progressista
popolare e la Lista Civica - ha conquistato, con 36 seggi, la maggioranza
assoluta dell’Assemblea nazionale unicamerale. Luis
Badilla:
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Robert Corbin, leader del Congresso
popolare nazionale per la riforma, diretto rivale di Jagdeo,
si è fermato al 34 per cento dei voti e ha denunciato irregolarità negli
scrutini. Gli osservatori dell’Unione Europea e dell’Organizzazione degli Stati
Americani (OSA), hanno però giudicato la consultazione un successo “sostanzialmente
corretto”. La Guyana, con i suoi quasi 800 mila abitanti sparsi in un territorio
grande quanto la Gran Bretagna, per molto tempo è stata nel mirino dei Governi
e delle Polizie del Sudamerica perché ritenuta un
“ponte” interemisferico delle bande criminali latinoamericane legate al narcotraffico. La sua posizione geografica, tra il
Venezuela e il Suriname, aveva facilitato alla criminalità organizzata, in
particolare colombiana, la creazione di veri corridoi internazionali per
l’esportazione della cocaina. Negli ultimi anni però il Paese sta venendo fuori dalle violenze e dalle tensioni tra la maggioranza
indigena e la minoranza afroamerica e ciò è servito
anche per rafforzare la lotta contro la delinquenza poiché ha permesso, allo Stato,
la ripresa fisica di vasti territori che erano diventati santuari del narcotraffico. Proprio ieri, il neo presidente, ha
sollecitato Washington a destinare maggiori risorse a sostegno della lotta
contro il narcotraffico, impegnandosi da parte sua a
varare una nuova legislazione per combattere il fenomeno, soprattutto il
riciclaggio di danaro sporco che è un’altra piaga che preoccupa molto i governi
della regione.
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Ancora violenti
combattimenti in Sri Lanka tra l’esercito e i
separatisti Tamil. Nella notte, le forze governative
hanno attaccato il porto nord-orientale di Trincomalee,
nel tentativo di prendere il controllo di Sampur. Da
qui – secondo l’esercito – i ribelli bombardano la base navale e lanciano attacchi
contro i convogli militari diretti verso l’enclave governativa settentrionale
di Jaffna. Sul fronte politico, ieri il presidente cingalese,
Mahinda Rajapakse, ha
incontrato il premier britannico, Tony Blair, per
discutere del vacillante processo di pace nel Paese. Entrambi hanno auspicato
la ripresa dei negoziati con i separatisti Tamil.
Il leader ribelle di Timor Est ed ex comandante della polizia militare, Alfredo
Reinado, ha sfidato le forze internazionali di
sicurezza. A poche ore dall’evasione di massa da lui guidata dal carcere di Dili, con quasi 60 detenuti fuggiti, Reinado
ha lanciato un appello alla popolazione perché si ribelli e si unisca a lui in una rivoluzione all’insegna del “potere al
popolo” per rovesciare il governo, ora guidato dall’ex ministro degli Esteri José Ramos-Horta.
Dopo gli accordi di sabato scorso in Uganda per la
cessazione delle ostilità tra governo e ribelli dell’Esercito di resistenza dei signore (LRA), Kampala ha elaborato un piano triennale
da 260 milioni di euro per la riabilitazione dei distretti del nord, devastati
da quasi vent’anni di guerra. Lo ha annunciato il primo ministro, Apollo Nsibambi, citato stamani dalla stampa locale. Un primo
intervento di urgenza, per un importo di circa 7 milioni di euro, prevede il
rientro nei villaggi dei circa 1,5 milioni di civili che da anni vivono in condizioni
disperate in giganteschi campi profughi. Intanto, sempre secondo
la stampa ugandese, i ribelli avrebbero
iniziato a muoversi dal nord verso la località di Owiny-Kibul
in Sud Sudan, dove secondo il piano di pace devono recarsi entro tre settimane.
Ieri, il capo dello LRA, Joseph Kony,
aveva accusato l’esercito di aver violato la tregua, ma le forze armate
affermano invece che sono stati garantiti “passaggi protetti” ai ribelli per raggiungere
il confine.
“I
nostri nemici sono stati stroncati all’interno della Libia e bisogna essere pronti
a ucciderli se rialzano la testa”: è quanto ha affermato oggi il leader libico,
Muammar Gheddafi, in
occasione del 37.mo anniversario del colpo di Stato
che lo ha portato al potere. Il forte messaggio, che sembra contraddire le voci
su un possibile cambiamento di rotta del regime, è stato lanciato con un
discorso trasmesso alla televisione.
ll Prodotto interno lordo (PIL)
della zona Euro e dei Paesi dell’Unione Europea è cresciuto dello 0,9 per cento
nel secondo trimestre del 2006 rispetto al trimestre precedente. Lo ha
annunciato oggi Eurostat, secondo la sua prima stima
dell’andamento dell’economia UE nel periodo aprile-giugno
2006.
Cambio al
vertice della KFOR, la missione della NATO in Kosovo: dopo un anno, l’Italia ha ceduto il comando alla
Germania. Così, al generale Giuseppe Valotto subentra
il tedesco Roland Kather.
La cerimonia di avvicendamento, svoltasi stamani a Pristina, alla presenza dei
ministri della Difesa di Roma e Berlino, Parisi e Jung, erano presenti anche il nuovo rappresentante speciale
dell’ONU, Joachim Rucker, e
il primo ministro del Kosovo, Fatmir
Sejdiu.
E’ di almeno 80
morti il bilancio dell’incidente aereo avvenuto oggi a Mashhad,
nel nord-est dell’Iran, quando un aereo ha preso fuoco in fase di atterraggio.
Lo ha detto la televisione di Stato. Il velivolo, che trasportava 147 passeggeri,
apparteneva alla compagnia Iran Air Tour ed è arrivato a Mashhad
da Bandar Abbas, nel sud
del Paese. Subito dopo l’atterraggio almeno uno dei pneumatici del carrello è
esploso e il pilota ha perso il controllo.
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