RADIOVATICANA

RADIOGIORNALE

Anno L  n. 244 - Testo della trasmissione di venerdì 1  settembre 2006

 

 

Sommario

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE:

Per trovare il volto di Cristo, bisogna avere un cuore puro, libero dall’egoismo, dall’indifferenza e dalla menzogna: così Benedetto XVI, stamani, nel suo pellegrinaggio al Santuario del Volto Santo di Manoppello, in Abruzzo. Il Papa ha rinnovato l’appello per la salvaguardia del Creato

 

Ieri, nell’incontro con il clero di Albano, l’invito di Benedetto ai giovani a imitare San Francesco, modello di radicale conversione a Cristo: il commento del padre francescano Enzo Fortunato

 

OGGI IN PRIMO PIANO:

Oggi in Italia si celebra la prima Giornata per la salvaguardia del Creato, indetta dalla Conferenza episcopale italiana: ai nostri microfoni, mons. Arrigo Miglio e il prof. Simone Morandini

 

Due anni fa, la presa di ostaggi nella scuola di Beslan da parte della guerriglia cecena, che due giorni dopo avrebbe portato alla morte di oltre 300 persone, in gran parte bambini: intervista con Fabrizio Dragosei

 

Di scena alla Mostra del Cinema di Venezia il film di Oliver Stone “World Trade Center” sull’11 settembre 2001

 

CHIESA E SOCIETA’:

Oltre un migliaio di ex combattenti in Angola beneficeranno di un programma di reinserimento della Caritas. Gli ex guerriglieri saranno impegnati in progetti di sviluppo agricolo

 

E’ stata dedicata a San Francesco Saverio, ieri a San Sebastian, in Spagna, una nuova casa per i novizi delle cinque province spagnole dei Gesuiti

 

Da ieri la religione ortodossa è obbligatoria nelle scuole medie di alcune regioni dell’ex Unione Sovietica. Il Patriarca Alessio II ha detto che “tutti gli studenti devono conoscere la storia della loro cultura e quella della Nazione in cui vivono”

 

Ritrovati ieri pomeriggio ad Oslo dalla polizia “L’urlo” e la “Madonna” di Munch. Le due opere d’arte erano state rubate il 22 agosto del 2004

 

Messico: le Nazioni Unite bocciano la politica sulle popolazioni indigene del governo del presidente uscente Vicente Fox

 

24 ORE NEL MONDO:

Arrivati in Libano i primi soldati italiani: a Stoccolma i Paesi donatori offrono un miliardo di dollari per la ricostruzione del Paese. Altri 500 milioni di dollari andranno per gli aiuti umanitari ai palestinesi

 

L'ONU approva l’invio di una forza di pace nel Darfur: ma il governo sudanese ribadisce il suo ‘no’ all’intervento internazionale

 

 

 

IL PAPA E LA SANTA SEDE

1 settembre 2006

 

PER TROVARE IL VOLTO DI CRISTO, BISOGNA AVERE UN CUORE PURO:

COSI’ BENEDETTO XVI, STAMANI,

NEL SUO PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DEL VOLTO SANTO DI MANOPPELLO,

 IN ABRUZZO. IL PAPA HA RINNOVATO L’APPELLO PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO

 

Una visita breve per durata, ma densa di significato: Benedetto XVI si è recato stamani al Santuario del Volto Santo, nel piccolo centro abruzzese di Manoppello. Durante il pellegrinaggio alla sacra reliquia, il Papa ha sottolineato che per riconoscere il Volto di Gesù nei nostri fratelli bisogna avere “mani e cuori puri”. Solo così si può entrare in comunione con Lui. Durata in tutto due ore, la visita di Benedetto XVI è stata accompagnata da manifestazioni di gioia dei fedeli, accorsi da tutto l’Abruzzo. Il servizio del nostro inviato a Manoppello, Alessandro Gisotti:

 

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(cori)

 

Pellegrino tra i pellegrini, Benedetto XVI è stato accolto a Manoppello dal caloroso abbraccio dei fedeli, che fin dalle prime ore del mattino si sono raccolti a migliaia nel piazzale antistante il Santuario, posto su una collina immersa nel verde. Poco prima delle 10, cori festanti e lo sventolio di palloncini e drappi giallo-bianchi - i colori della bandiera vaticana - hanno salutato l’arrivo del Papa, atterrato in elicottero a pochi passi dal Santuario. Accolto dalle autorità politiche locali e dall’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte e dal rettore del Santuario, padre Carmine Cucinelli, il Papa ha percorso a piedi il tragitto verso il Santuario stringendo le mani dei fedeli, che intonavano in coro messaggi di benvenuto. Giunto sul Sagrato, il Santo Padre ha subito voluto salutare i fedeli sottolineando che la Chiesa è davvero una grande famiglia, e questo viene testimoniato dal calore, dall’entusiasmo con cui è stato accolto. Ha dunque fatto il suo ingresso nel Santuario.

 

(canto – Volto Santo)

 

Dopo l’adorazione del Santissimo Sacramento, l’evento a lungo atteso dalla comunità abruzzese e dai Frati Cappuccini, in particolare. Il Papa si è raccolto in preghiera per alcuni minuti dinnanzi al Volto Santo. Un momento di grande, profonda intensità spirituale. E che ha commosso, lo ha detto lui stesso, mons. Bruno Forte. Un evento inoltre che può a ragione definirsi storico: per la prima volta, infatti, un Pontefice si è recato in pellegrinaggio al Santuario. E ciò assume un duplice valore, ricorrendo quest’anno il cinquecentesimo anniversario dell’apparizione del velo a Manoppello. Nel suo discorso al clero locale, il Papa ha ringraziato mons. Forte, definito “un amico da tanti anni” oltre che insigne teologo. Il Pontefice ha affermato di ritenere sacerdoti e religiosi persone “innamorate di Cristo, attratte da Lui e impegnate a fare della propria esistenza una continua ricerca del suo Santo Volto”. Scrosciante l’applauso quando il Papa ha salutato i “seminaristi, futuro della Chiesa tra di noi”. Quindi, ha ribadito con forza che al cuore del Cristianesimo c’è l’incontro con Cristo, con il Suo amore:

 

“Chi incontra Gesù, chi si lascia da Lui attrarre ed è disposto a seguirlo sino al sacrificio della vita, sperimenta personalmente, come Egli ha fatto sulla croce, che solo ilchicco di grano’ che cade nella terra e muore porta molto frutto.

 

La via di Cristo, è stato il suo richiamo, è “la via dell’amore totale che vince la morte”. Un’esperienza straordinaria, ha sottolineato, vissuta dai primi due apostoli, che seguirono Gesù sul fiume Giordano. “Chi vive in Dio già su questa terra”, ha rilevato, è “attratto e trasformato dal fulgore del suo volto”. E qui ha indicato nei santi, degli esempi luminosi da seguire:

 

“Questa è l’esperienza dei veri amici di Dio, i santi, che hanno riconosciuto e amato nei fratelli, specialmente i più poveri e bisognosi, il volto di quel Dio a lungo contemplato con amore nella preghiera. Essi sono per noi incoraggianti esempi da imitare; ci assicurano che se percorriamo con fedeltà questa via, la via dell’amore, anche noi – come canta il Salmista – ci sazieremo della presenza di Dio”.

 

“Per entrare in comunione con Cristo e contemplarne il volto – ha affermato Benedetto XVI - per riconoscere il volto del Signore in quello dei fratelli e nelle vicende di ogni giorno, sono necessarie “mani innocenti e cuori puri”. Parole corredate da una profonda riflessione:

 

“Mani innocenti, cioè esistenze illuminate dalla verità dell’amore che vince l’indifferenza, il dubbio, la menzogna e l’egoismo; ed inoltre sono necessari cuori puri, cuori rapiti dalla bellezza divina, come dice la piccola Teresa di Lisieux nella sua preghiera al Volto Santo, cuori che portano impresso il volto di Cristo”.

 

Il Papa ha così espresso parole di incoraggiamento per i sacerdoti e i religiosi. E ancora, ha avuto parole di affetto per i seminaristi: “Non lasciatevi attrarre da null’altro che da Gesù e dal desiderio di servire la sua Chiesa”, è stata l’esortazione del Santo Padre.  Ed ha invitato tutti a ricercare sempre – nel nostro pellegrinaggio terreno - il Volto di Gesù, per trovare la gloria eterna. Una certezza, questa, che ha animato i santi dell’Abruzzo e in particolare, il Papa ha citato Gabriele dell’Addolorata e Camillo de Lellis. Infine, ha invocato l’intercessione della Madonna, così venerata in tanti santuari sparsi nelle valli dell’Abruzzo, per il bene delle famiglie e delle nazioni. Un pensiero particolare è andato inoltre alla salvaguardia del Creato.

 

“Ci aiuti la Madre del Creatore a rispettare anche la natura, grande dono di Dio che qui possiamo ammirare guardando le stupende montagne che ci circondano. Questo dono, però, è sempre più esposto a seri rischi di degrado ambientale e va pertanto difeso e tutelato”.

 

Dal canto suo, nell’indirizzo di saluto, mons. Bruno Forte ha espresso sentimenti di viva gratitudine al Papa di tutti i fedeli della diocesi. In particolare, ha ricordato gli appelli del Papa ad impegnarsi per la pace e appunto per la salvaguardia del Creato, a cui la Chiesa italiana dedica proprio oggi la prima Giornata nazionale di riflessione e preghiera. Il presule ha poi voluto soffermarsi sui doni al Papa, in occasione della visita. Il primo: un’icona del Volto Santo opera di suor Blandina, cha da anni vive in eremitaggio a Manoppello. Secondo segno di gratitudine: una riproduzione dell’immagine della reliquia custodita nel Santuario, dono dei Padri Cappuccini. Terzo segno: un contributo per la carità del Papa, a testimonianza della generosità della gente, accompagnato infine da prodotti caratteristici della terra abruzzese, omaggio della municipalità di Manoppello.

 

Prima di lasciare Manoppello, il Papa si è soffermato con i Frati Cappuccini. Quindi, sul Sagrato del Santuario, ha voluto nuovamente salutare i fedeli incoraggiando in particolare i giovani a cercare sempre il Volto di Cristo.

 

Da Manoppello, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.

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Sul significato della visita del Papa a Manoppello ascoltiamo fra Emiliano, il religioso cappuccino che guida i pellegrini a visitare il Volto Santo. L’intervista è di Alessandro Gisotti:

 

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R. – Credo che abbia un significato profetico. Ultimamente, proprio il Papa diceva questo: “Noi cristiani dobbiamo riscoprire il Dio dal volto umano”. Il pellegrino che viene a Manoppello non vede un Dio grande, potente, che ci risolve i problemi, ma vede un Dio Uomo, che ha sofferto, ha versato lacrime e sangue … è stato umano. Ed è questa umanità che ci dà tanta consolazione. I pellegrini che vengono qui, non vengono tanto a guardare il Volto Santo, ma a lasciarsi guardare, a lasciarsi amare dal volto del Risorto.

 

D. – Ecco, il Papa si è fatto pellegrino tra i pellegrini…

 

R. – Sì, pellegrino tra i pellegrini. Nell’era dell’immagine è bello che il Signore ci parli tramite un’immagine. Un’immagine che può trasformare e trasfigurare la nostra vita in qualcosa di bello, perché – anche il Papa lo dice spesso – credere è bello. E questa bellezza che affascina, dobbiamo trasmetterla a tutti. Una bellezza che è nata proprio dall’esplosione della Risurrezione.

 

D. – Dunque, alla luce di questa visita di Benedetto XVI, qual è il messaggio che viene amplificato da Manoppello, dal Santuario del Volto Santo?

 

R. – Credo che sia un messaggio di contemplazione. Cristo ha avuto un unico volto. E’ vero che Dio è in tutti i volti, ma Cristo ha avuto un unico volto, e questo volto è fatto per essere guardato, per essere contemplato. Quindi, io credo che Manoppello debba diventare una clinica dello spirito ma anche un luogo di raccoglimento, di preghiera e di grande contemplazione.

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Ma ascoltiamo, sempre al microfono di Alessandro Gisotti, le voci di alcuni pellegrini giunti a Manoppello per la visita del Papa:

 

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D. – Per un giovane fedele, che cosa significa la visita del Papa?

 

R. – Certamente è una visita importante perché aumenta anche la fede dei giovani. Non bastano soltanto le Giornate mondiali della gioventù ma bisogna vivere la fede anche nel quotidiano. Sicuramente la visita del Papa aiuterà molti giovani anche a riscoprire la fede.

 

D. – Il significato del Santuario del Volto Santo …

 

R. – Sono 500 anni che le genti d’Abruzzo vengono in questo posto e traggono, qui, motivo per rinsaldare la loro fede soprattutto nell’Eucaristia.

 

D. – Un volto che mostra tutta la sofferenza di un uomo…

 

R. – I segni sul Volto Santo di Manappello, ci richiamano a prendere ogni giorno le nostre croci e a seguire Cristo.

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NOMINE

 

In Perù, il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Tacna y Moquegua presentata da mons. José Hugo Garaycoa Hawkins, per raggiunti limiti di età. Gli succede mons. Marco Antonio Cortez Lara, finora vescovo coadiutore della medesima sede.

 

Il Papa ha quindi nominato, per un quinquennio, direttore della Direzione dei Servizi Tecnici del Governatorato e direttore “ad interim” della Direzione delle Telecomunicazioni dello Stato della Città del Vaticano l’ing. Pier Carlo Cuscianna, finora vice-direttore dei medesimi Servizi Tecnici.

 

 

L’ATTENZIONE DI S. FRANCESCO PER LA PACE E LA NATURA,

RIFLESSO DELLA SUA TOTALE CONVERSIONE A CRISTO:

UN COMMENTO ALLE PAROLE RIVOLTE DA BENEDETTO XVI

AL CLERO DI ALBANO LAZIALE

- Intervista con padre Enzo Fortunato -

 

Un’icona dell’uomo che scopre Cristo, si fa toccare fin nell’intimo dal suo amore, diventandone un’inarrivabile testimone sulla terra. E’ questa l’essenza spirituale di San Francesco d’Assisi. I giornali hanno dato molto risalto alle parole pronunciate ieri da Benedetto XVI davanti al clero di Albano Laziale, riferite al grande Santo umbro. L’accento mediatico viene posto spesso sul carattere del Francesco uomo di pace, o del Francesco difensore della natura, mentre il Papa ha messo in risalto come la caratteristica centrale e profonda del Poverello sia l’essere un “convertito”. Su questo concetto è ritornato il padre francescano Enzo Fortunato, portavoce del Sacro Convento di Assisi, intervistato da Alessandro De Carolis:

 

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R. – Credo che il Papa abbia posto l’accento su una questione molto significativa. E’ questo un rischio che San Francesco venga “strattonato” da un certo pacifismo o da un certo ambientalismo. San Francesco è un “ambientalista” perché è stato proclamato da Giovanni Paolo II patrono dell’ecologia. E San Francesco è un uomo di pace come dimostrano i molti episodi della sua vita. E’ evidente, però, che il Papa ha detto chiaramente che San Francesco è un uomo convertito, cioè è un uomo che ha messo al centro Gesù Cristo. In questo senso, è un uomo completamente convertito. Poi, sappiamo benissimo che questa conversione in Francesco registra il suo apice con le stimmate. Pochi anni prima della morte, San Francesco riceve questo segno e lo farà chiamare dai biografi l’Alter Christus, un altro Cristo.

 

D. – Il Papa ha anche affermato che la sofferenza, la crisi, danno pienezza alla vita, esattamente come l’armonia. Sono - ha detto - tutte e due, il sole e la pioggia dell’esistenza. Anche San Francesco ha avuto le sue crisi?

 

R. – Certamente. San Francesco ha vissuto diverse crisi, non solo all’inizio della sua conversione, ma anche con gli stessi frati, con la sua stessa comunità. Il problema non è la crisi in sé, ma è il modo con il quale la crisi si affronta, la si supera. E credo che Francesco davvero ci sta dinanzi come modello, come icona, per dirci che ogni cosa nella vita può essere affrontata e superata. L’importante è dare senso e significato a tutto quello che viviamo.

 

D. – Benedetto XVI, parlando ai sacerdoti di Albano Laziale, ha citato la lettera pastorale del vescovo di Assisi, mons. Sorrentino, “Francesco va’, ripara la mia casa”. Come risuona oggi quella vocazione che il Poverello di Assisi scoprì 700 anni fa tra le rovine di San Damiano?

 

R. – L’attrazione che San Francesco esercita nei cuori dei giovani è data soprattutto da un ottimismo, da una capacità di entrare in relazione con gli altri, da una genuinità di vita. L’importante è non cogliere la figura di San Francesco a compartimenti stagni ma capire - e di questo il vescovo di Assisi ne ha fatto un punto centrale nella sua lettera pastorale - che il centro di tutte le sue scelte, di tutto il suo cammino è Gesù Cristo. Questo credo vada detto a chiare note, perché significa aver coraggio, significa abbattere alcune paure che si annidano nel cuore dell’uomo, significa vincere quel grande demone che è l’egoismo.

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OGGI SU “L’OSSERVATORE ROMANO”

 

 

Servizio vaticano - La visita di Benedetto XVI al Santuario del Volto Santo di Manoppello.

Se resta impressa in voi, pastori del gregge, la santità del Volto di Cristo - ha detto il Papa - anche i fedeli ne saranno contagiati e trasformati.

 

Servizio estero - Medio Oriente: stanziati 940 milioni di dollari per la ricostruzione e il rilancio economico del Libano.

 

Servizio culturale - Un articolo di Franco Pelliccioni dal titolo “Quando Parigi salì in carrozza”: un viaggo storico sulla prima ferrovia francese inaugurata nel 1837.

 

Servizio italiano - In primo piano sempre il tema della finanziaria.

 

 

 

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OGGI IN PRIMO PIANO

1 settembre 2006

 

 

OGGI IN ITALIA SI CELEBRA LA PRIMA GIORNATA PER LA SALVAGUARDIA DEL CREATO INDETTA DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

- Interviste con mons. Arrigo Miglio e il prof. Simone Morandini -

 

Come abbiamo sentito in apertura del nostro Radiogiornale, Benedetto XVI a Manoppello, ricordando che oggi la Chiesa italiana celebra la prima Giornata per la salvaguardia del Creato, ha lanciato un nuovo appello per la difesa dell’ambiente. Fabio Colagrande ha chiesto a mons. Arrigo Miglio, vescovo di Ivrea e presidente della Commissione CEI per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, in che modo guardare al Creato come dono di Dio e quale legame c’è tra il rispetto dell’ambiente e la fede di ogni cristiano:

 

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R. – E’ proprio questa dimensione verticale della visione del Creato che diventa la garanzia per la salvaguardia del Creato, il messaggio che vogliamo lanciare: un invito ad andare oltre un ecologismo così, solo di maniera o solo moralistico, proprio per riscoprire il significato profondo del Creato, come primo libro che Dio offre alle sue Creature, ma anche come opera che entra a pieno titolo nella salvezza portata da Cristo. Tutta la Creazione rientra nel progetto di salvezza e deve diventare un canto di lode perenne. Tra l’altro, c’è una dimensione eucaristica del Creato: non a caso l’Eucaristia si fa con il pane e con il vino, che vengono offerti come ‘frutto della terra e del lavoro dell’uomo’, e quindi si crea un legame molto più profondo di quanto apparentemente non pensiamo. Vorremmo andare oltre la semplice visione del Creato come semplice cornice o contenitore in cui noi viviamo: il Creato interferisce, giochiamo insieme questo cammino di riscatto, di redenzione, di salvezza …

 

E a proposito del rispetto dell’ambiente il Papa ha ricordato più volte l’implicazione ecumenica della salvaguardia del creato. All’Angelus di domenica scorsa il Santo Padre ha detto che “In dialogo con i cristiani delle diverse confessioni, occorre impegnarsi ad avere cura del Creato”. Ma come nasce questo collegamento tra la cura del Creato e l’impegno ecumenico? Ci risponde il prof. Simone Morandini, docente all’Istituto di Studi ecumenici San Bernardino di Venezia:

 

R. – Proprio il movimento ecumenico è il luogo nel quale è incominciato a risuonare un po’ questa attenzione, questa sensibilità ambientale all’interno delle Chiese. Ancora nel 1974, un convegno di studio nel Consiglio Ecumenico delle Chiese, faceva riferimento a queste questioni, coniava addirittura già il termine ‘sostanibilità’;società sostenibile’, si diceva allora: un termine che poi avrà una grossa diffusione anche all’interno del dibattito politico, ma è interessante notare che nasce in un ambito ecclesiale. Poi, successivamente, passi importanti sono state le grandi assemblee sui temi della giustizia, pace e salvaguardia del Creato, come Seul, Basilea e poi Graz … Ecco, in tutti questi contesti si ha come l’impressione che ci sia quasi una sorta di consonanza tra ecumenismo ed ecologia, come se il comune riferimento al termine ‘oikos’ sviluppasse una particolare attenzione in questo senso. Del resto, è vero che – sia pure con sensibilità diverse – le Chiese cristiane hanno tutte in comune questo forte tema della confessione di Dio come Creatore: “Credo in Dio Padre onnipotente, Creatore del Cielo e della Terra”, il simbolo niceno-costantinopolitano è un riferimento comune per i credenti ed a partire da esso, dalla Confessione di fede, si delineano oggi le possibilità dell’impegno – condiviso – sui temi ambientali.

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DUE ANNI FA LA PRESA DI OSTAGGI NELLA SCUOLA DI BESLAN,

 DA PARTE DELLA GUERRIGLIA CECENA,

CHE DUE GIORNI DOPO AVREBBE PORTATO ALLA MORTE DI OLTRE 300 PERSONE,

IN GRAN PARTE BAMBINI

- Intervista con Fabrizio Dragosei -

 

Esattamente due anni fa, il 1° settembre 2004, il mondo assisteva attonito alla presa in ostaggio, da parte di alcuni guerriglieri indipendentisti ceceni, di un’intera scuola. Accadeva a Beslan, nella repubblica autonoma russa dell'Ossezia del Nord, dove, dopo due giorni di trattative fallite, le squadre speciali inviate da Mosca decisero di intervenire. Quello che ne scaturì fu una vera e propria battaglia tra militari e guerriglieri: 332 persone persero la vita, la maggior parte delle quali bambini. Oggi a Beslan e in tutta la Russia si svolgono manifestazioni civili e religiose per ricordare le vittime innocenti di quella strage. Salvatore Sabatino ha raccolto la testimonianza di Fabrizio Dragosei, inviato del Corriere della Sera, che in quei terribili giorni si trovava proprio a Beslan:

 

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R. – Il ricordo più forte che ancora mi viene in mente è il momento in cui un mio collega della sede di Mosca del Corriere ed io eravamo, al contrario degli altri giornalisti, che erano tutti davanti alla scuola, cioè dove erano le forze di polizia, eravamo sul retro della scuola; e in quel momento abbiamo visto gente – bambini, donne scalze, semivestite, i bambini erano in mutande perché dentro morivano di caldo – che correva, scappava mentre si udivano moltissime esplosioni, e ci venivano incontro coperti di sangue, con i piedi tagliati dai vetri delle finestre che si erano rotte per l’esplosione. Ecco, questa è l’immagine che ho ancora negli occhi.

 

D. – Tante sono state le polemiche intorno a quella strage. Ancora oggi, il 95 per cento dei russi, secondo un ultimo sondaggio, non crede alla versione ufficiale data dal Cremlino. Tu che idea ti sei fatto?

 

R. – Proprio in questi giorni è uscito un rapporto che è stato presentato in Parlamento, a Mosca, alla Duma, di un esperto balistico il quale sostiene che la causa prima delle esplosioni che all’inizio hanno fatto un gran numero di vittime e che hanno innescato anche l’incendio, sarebbero state due granate lanciate dall’esterno verso la scuola.

 

D. – Ricordiamo che in quella strage morirono 332 persone, per la maggior parte bambini, studenti. Di fatto, quella strage si poteva evitare?

 

R. – Non lo so. Sarebbe stato molto, molto difficile. I servizi russi avevano operato bene, nella prima fase, nel Teatro di Mosca, quando erano riusciti in pratica a neutralizzare i terroristi che tenevano in ostaggio quasi 700 persone: quindi, una certa efficienza l’avevano dimostrata. A Beslan, la situazione era molto, molto più difficile. Credo che sarebbe stato assai duro riuscire ad intervenire senza provocare numerose vittime. D’altra parte, la trattativa con i ceceni era molto difficile, per non dire impossibile. Loro chiedevano l’abbandono della Cecenia da parte della Russia e questo sappiamo che dal punto di vista del Cremlino e anche di gran parte della popolazione russa non è ipotizzabile.

 

D. – Oggi, due anni dopo, i parenti delle vittime si dicono insoddisfatti per come sono state condotte le indagini; chiedono la verità. Secondo te, per Mosca è un capitolo chiuso o si può sperare di far luce completamente su questo attacco terribile?

 

R. – La colpa di quello che è successo va, senza ombra di dubbio, in primo luogo ai terroristi. La causa, però, dell’esplosione che poi ha innescato la strage potrebbe essere, come dicevamo, delle forze che erano all’esterno. E certamente, il Cremlino non ha alcun interesse a che questo venga mai detto in maniera esplicita per cui non credo che avremo una chiarezza definitiva, se non la versione ufficiale che addebita ai terroristi ceceni, guidati dagli uomini di Shamil Basayev, la colpa totale di quello che è accaduto a Beslan due anni fa.

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DI SCENA ALLA MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA IL FILM DI OLIVER STONE

WORLD TRADE CENTER” SULL’11 SETTEMBRE 2001

 

Presentato oggi fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia “World Trade Center” di Oliver Stone: dalla testimonianza di due poliziotti sopravvissuti al crollo delle Torri, il racconto del loro salvataggio in quelle 24 ore che hanno sconvolto il mondo. Mentre sconvolgimenti del cuore li ritroviamo nel giovane Atim, protagonista del film Daratt col quale il Ciad arriva per la prima volta in Concorso al Festival: è la storia di un perdono, la speranza di un mondo più giusto. Il servizio di Luca Pellegrini.

 

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3.29 del mattino. Una sveglia non suona, ma il sergente John McLoughlin si alza automaticamente, come ogni giorno, dal letto, per raggiungere il Dipartimento di Polizia di New York. Non sa ancora che quella mattina è la mattina dell’America, è la mattina del mondo: entrambi si scuoteranno dal torpore di una finta innocenza e dalla presunzione d’illusorie sicurezze. E’ l’11 settembre 2001, è l’alba di una nuova, problematica storia. Che il cinema americano ha cominciato ora a raccontare, metabolizzate tragedie, vendette e paure. Oliver Stone ha avuto per le mani un vero racconto di eroismo e di salvezza: quello del sergente John e del collega Will Jimeno, due dei venti – venti soltanto – sopravvissuti al crollo delle Torri, che portò via con se le vite di 2.749 persone d’ogni età, razza e nazione. Una tragedia globale, una morte collettiva. I due poliziotti furono salvati dopo ore di dolorosa attesa sotto cumuli di macerie, attesa per loro e le loro famiglie. E sulle loro testimonianze dirette Stone racconta le più terribili ore di Manhattan e del mondo. Film accolto però, a torto o a ragione, con tiepidezza dalla critica: forse perché il regista non svela più il suo volto, appunto, critico? Forse perché abiura il suo stile per adeguarsi a ciò che gli americani, e il cinema americano, vogliono oggi vedere e sentire, anche da lui? Fatto sta che alcuni momenti sono indimenticabili e visivamente grandiosi, impressionanti (l’ombra oscura del primo aereo che plana verso il suo target, la folla inebetita davanti al massacro, il crollo e le macerie), altri sono funzionalmente elaborati per salvare, se non strappare, plausi e commozioni. Non c’è nulla di male, è soltanto questione di stile cinematografico e narrativo.

 

Che, rispetto alla debordante narrazione di Stone, diventa invece asciutto, rarefatto in “Daratt, ossia “Dry season”, cioè “Stagione asciutta”, del regista ciadiano Mahamat-Saleh Haroun. Anche lì una guerra, quella civile scoppiata nel Ciad, durata 40 anni è che ha mietuto oltre 40.000 vittime. Chi si può ritenere esente dal desiderio di vendetta, quando intere famiglie e parenti sono stati sterminati? Atim e il nonno devono farsi giustizia per trovare una pace transitoria: l’assassino del padre-figlio è impunito. Atim lo trova, ma gli eventi saranno imprevedibili: non c’è giustizia senza perdono, recitava un tema scelto per la Giornata mondiale della pace di alcuni anni fa. Una verità che comincia a farsi strada nel cuore devastato del ragazzo. Il perdono è all’opera. Espressioni di grande e sofferto realismo urbano e africano accompagnano la conversione di Atim: sarà una goccia, probabilmente, nell’oceano di violenze e guerre che devastano quel grande Continente, ma è una goccia dall’enorme valore simbolico, dall’incontestabile spessore umano, dal forte sapore di speranza. Speranza che anima coloro che davvero credono nella pace, ossia in un mondo migliore.

 

Da Venezia, Luca Pellegrini per la Radio Vaticana.

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CHIESA E SOCIETA’

1 settembre 2006

 

OLTRE UN MIGLIAIO DI EX COMBATTENTI IN ANGOLA BENEFICERANNO

DI UN PROGRAMMA DI REINSERIMENTO DELLA CARITAS. GLI EX GUERRIGLIERI SARANNO IMPEGNATI IN PROGETTI DI SVILUPPO AGRICOLO

NELLE LORO TERRE D’ORIGINE

 

LUANDA. = Un programma di sviluppo agricolo della Caritas di Saurimo, nella provincia di Lunda-Sul, nel nord-est dell’Angola, consentirà il reinserimento di ex combattenti. Il piano, riferisce l’agenzia Fides, prevede la distribuzione di kit di attrezzi agricoli, sementi e fertilizzanti per far sì che gli ex combattenti possano provvedere al sostentamento delle loro famiglie attraverso l’agricoltura. A beneficiarne saranno più di un migliaio di ex guerriglieri della disciolta ala militare dell’UNITA (Unione nazionale per l’indipendenza totale dell’angola). Il progetto prevede anche la costruzione di una scuola con 10 aule e uno “jango comunitário” (istituzione educativa tradizionale presente nella maggior parte dell’Angola, il cui scopo è quello di trasmettere i valori storici, culturali ed etici dagli anziani ai giovani) in un quartiere di Itengo, a 50 chilometri da Saurimo. “Speriamo che la maggior parte di questi ex combattenti possano essere reinseriti nelle comunità locali, diventando autosufficienti”, ha affermato mons. Eugenio Dal Corso, vescovo di Saurimo. La maggior parte degli ex guerriglieri dell’ala militare dell’UNITA sono originari di famiglie contadine. “Sappiamo – ha commentato mons. Dal Corso – quanto sia importante reintegrare nel contesto sociale di origine queste persone”. La guerra civile angolana, scoppiata nel 1975, si è conclusa, dopo alterne vicende, nel 2002, dopo la morte di Jonas Savimbi, leader dell’UNITA. La nuova dirigenza dell’organizzazione decise di sciogliere l’ala militare e di presentarsi alle elezioni come partito politico. Il conflitto ha lasciato distruzioni, milioni di profughi e migliaia di combattenti da reintegrare nella società civile, mentre rimangono disseminati nei campi milioni di mine e di altri ordigni inesplosi. Nonostante la pace, le condizioni di vita della maggior parte degli angolani rimangono drammatiche. (T.C.)

 

 

È STATA DEDICATA A SAN FRANCESCO SAVERIO, IERI A SAN SEBASTIAN, IN SPAGNA,

UNA NUOVA CASA PER I NOVIZI DELLE CINQUE PROVINCE SPAGNOLE DEI GESUITI.

DOMENICA, A LOYOLA, UNA SOLENNE MESSA CHIUDERÀ LE CELEBRAZIONI PER I 450

ANNI DALLA MORTE DI SANT’IGNAZIO, FONDATORE DELLA COMPAGNIA DI GESÙ

 

SAN SEBASTIAN. = È stato inaugurato ieri a San Sebastian, in Spagna, un nuovo noviziato della Compagnia di Gesù. La struttura, dedicata a San Francesco Saverio, ospiterà giovani che si preparano a pronunciare i voti, provenienti dalle cinque province spagnole dei gesuiti. A celebrare l’evento, una Santa Messa durante la quale è stato letto il decreto, firmato dal preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Peter Hans Kolvenbach, che ha nominato padre Juan Antonio Guerriero Alves come rettore della casa. Da metà settembre, la comunità ospiterà 24 novizi. L’iniziativa si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per il giubileo dei Gesuiti, indetto in occasione del 450° anniversario della morte di Sant’Ignazio di Loyola e dei 500 anni dalla nascita di San Francesco e del Beato Pierre Favre. Domenica, nel Santuario di Loyola, i festeggiamenti per ricordare Sant’Ignazio si concluderanno con una solenne liturgia eucaristica che si svolgerà alle 12 e sarà presieduta dal cardinale Roger Etchegaray. (T.C.)

 

 

DA IERI, LA RELIGIONE ORTODOSSA È OBBLIGATORIA NELLE SCUOLE MEDIE

DI ALCUNE REGIONI DELL’EX UNIONE SOVIETICA.

IL PATRIARCA ORTODOSSO DI MOSCA

E DI TUTTE LE RUSSIE ALESSIO II: “TUTTI GLI STUDENTI DEVONO CONOSCERE

LA STORIA DELLA LORO CULTURA E QUELLA DELLA NAZIONE IN CUI VIVONO”

 

MOSCA. = La religione ortodossa da ieri è una materia obbligatoria nelle scuole medie di quattro regioni dell’ex Unione Sovietica: Belgorod, Kaluga, Brjansk e Smolensk. In altre 11 regioni della Federazione russa, scrive l’agenzia Asianews, i fondamenti della cultura ortodossa verranno invece impartiti come insegnamento facoltativo. L’obiettivo della Chiesa ortodossa è di far sì che lo studio della religione divenga obbligatorio in tutto il Paese. Il Patriarca ortodosso di Mosca e di tutte le Russie, Alessio II, ha dichiarato che “tutti gli studenti sono tenuti oggi a conoscere la storia della loro cultura e quella della nazione in cui vivono”. A questo, ha sottolineato il Patriarca, mira l’insegnamento dei “Fondamenti di cultura ortodossa”, e ciò vale anche per le altre religioni. In una dichiarazione rilasciata alla stampa, Alessio II ha sottolineato: “Se ci sono persone nel nostro Paese che professano altre religioni, devono studiare sicuramente la loro propria cultura, ma devono anche conoscere quella della nazione in cui vivono”. Il programma dei corsi di studio della religione è stato approvato lo scorso luglio dall’Accademia spirituale di Mosca. Sulla materia, entro il 2010, il Patriarcato ortodosso di Mosca formerà circa 10 mila insegnanti. Sul piano legislativo, però, l’insegnamento religioso aspetta ancora una chiara definizione. In Russia, infatti, una legge federale vieta la religione nelle scuole e nella Costituzione nazionale è sancita la separazione tra Stato e Chiesa. (A.Gr.)

 

 

RITROVATI IERI POMERIGGIO AD OSLO DALLA POLIZIA

“L’URLO” E LA “MADONNA” DI MUNCH.

LE DUE OPERE D’ARTE ERANO STATE RUBATE DAL MUSEO MUNCH

IL 22 AGOSTO DEL 2004

 

OSLO. = “L’Urlo” e la “Madonna” di Edvar Munch, rubati il 22 agosto 2004 dal Museo Munch di Oslo, in Norvegia, sono stati ritrovati ieri pomeriggio dalla polizia. Le due opere, una delle varie versioni dipinte dal pittore norvegese che visse dal 1863 al 1944 ed una figura femminile dai lineamenti deformati dal dolore e avvolta da lunghi capelli neri, erano stati portati via da due uomini armati. Avevano fatto irruzione in pieno giorno nelle sale del museo ad armi spianate davanti al pubblico dei visitatori. Opera icona del900, la più famosa e celebrata di Munch, “L'Urlo” è stato realizzato nel 1893 su cartone con olio, tempera e pastello ed è considerato il simbolo dell’angoscia e dello smarrimento che hanno segnato la vita dell’autore. Ne esistono quattro versioni, tre delle quali custodite al Museo Munch di Oslo, mentre l’altra si trova alla Galleria nazionale, da dove è stata trafugata il 12 febbraio 1994, durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Lillehammer, e ritrovata dopo tre mesi. Il capolavoro espressionista rappresenta un’esperienza di vita vissuta dall’artista: mentre si trovava a passeggiare con alcuni amici su un ponte della cittadina di Nordstrand, il suo animo venne pervaso dal terrore. Nel suo diario di malattia, a Nizza, ricorda così quell’esperienza: “Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”. Sullo sfondo del quadro, si distinguono chiaramente i due amici che si allontanano lungo il ponte, estranei al terrore che angosciava il loro compagno. La bocca spalancata sembra emettere dei suoni che sconvolgono il paesaggio, l’urlo di dolore e il tapparsi le orecchie è come un rifiuto di ascoltarlo, di ascoltarsi. (T.C.)

 

 

MESSICO: LE NAZIONI UNITE BOCCIANO LA POLITICA SULLE POPOLAZIONI INDIGENE

DEL GOVERNO DEL PRESIDENTE USCENTE, VICENTE FOX. NELLO STATO DI OAXACA

È STATA CHIESTA ALLE AUTORITÀ UN’INDAGINE SULLA RICOMPARSA

DI GRUPPI ARMATI

 

CITTÀ DEL MESSICO. = Il relatore speciale delle Nazioni Unite per le questioni indigene, Rodolfo Stavenhagen, ha bocciato la politica del governo del presidente uscente, Vicente Fox, a favore delle popolazioni native a cui appartengono 12 milioni e 700 mila individui. A darne notizia è l’agenzia MISNA, che riporta le dichiarazioni di Stavenhagen. “La maggior parte della popolazione indigena mantiene indici di sviluppo sociale, economico, umano, molto più bassi rispetto agli altri messicani – ha detto il relatore speciale dell’ONU – ci sono comunità dove in questi ultimi sei anni è arrivata finalmente la luce, una strada, una rete di acqua potabile, ma sono decisamente una minoranza”. Per Stavenhagen, la riforma della legge sui diritti e la cultura indigena del 2001 non ha soddisfatto nessuno. Si tratta della normativa contestata dalle organizzazioni dei nativi messicani e bocciata anche dall’Esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN) che, dopo la sua approvazione, ha interrotto i contatti con l’esecutivo. Il relatore ONU ha anche criticato Fox per alcuni misure minori, come il cambio di nome dell’Istituto nazionale indigeno, oggi Commissione per lo sviluppo dei popoli indigeni: “Non è questo che cambia la politica di base del governo, che continua a prestare poca attenzione alle necessità degli autoctoni”. Proprio oggi, mentre nel Paese si respira un clima abbastanza teso a causa delle recenti vicende elettorali, Vicente Fox terrà il suo ultimo discorso davanti al Parlamento. Intanto, ieri le autorità dello Stato messicano di Oaxaca hanno chiesto ufficialmente al governo del presidente Fox “un’indagine seria e responsabile” per avere spiegazioni sulla ricomparsa di gruppi armati nella regione, in particolare dell’Esercito rivoluzionario popolare. Quest’ultimo ha pubblicato negli ultimi giorni un comunicato in cui minaccia una risposta armata di fronte ad eventuali politiche repressive del governo. Da alcune settimane, nello Stato di Oaxaca un gruppo denominato “Assemblea popolare del popolo di Oaxaca” (APPO) chiede l’immediata rinuncia del governatore dello Stato, sostenendo lo sciopero dei docenti, che si protrae ormai da tre mesi, indetto per ottenere aumenti dello stipendio. (T.C.)

 

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24 ORE NEL MONDO

1 settembre 2006

- A cura di Roberta Moretti -

 

 

La Siria rispetterà l’embargo sulle armi per Hezbollah, secondo il paragrafo 15 della risoluzione 1701: lo ha annunciato stamani a Damasco il segretario generale dell’ONU, Kofi Annan, dopo un colloquio di 45 minuti con il presidente siriano, Bashar El Assad, centrato sul rafforzamento della tregua. Intanto, c’è soddisfazione per gli esiti positivi della Conferenza dei Paesi Donatori per il Libano, svoltasi ieri a Stoccolma, mentre questa mattina è sbarcato nel Paese dei Cedri un primo gruppo di militari italiani. Il nostro servizio:

 

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Annan ha definito “lungo e costruttivo” il colloquio con il presidente siriano, El Assad, e ha chiesto alla Siria di usare tutta la sua influenza per giungere al rilascio dei soldati israeliani in mano a Hezbollah. Da parte sua – ha riferito Annan – Damasco aumenterà i controlli al confine con il Libano e “prenderà tutte le misure necessarie” per fermare il flusso di armi dirette alle milizie sciite. Inoltre, la Siria si è dichiarata disponibile a stabilire rapporti diplomatici con Beirut. Ieri, intanto, i Paesi Donatori per la ricostruzione del Libano, riuniti a Stoccolma, si sono impegnati a stanziare entro 4 mesi 940 milioni di dollari. Una somma che rappresenta circa il doppio di quella chiesta dal premier libanese, Siniora. Altri 500 milioni di dollari sono stati stanziati oggi dai Paesi Donatori per la situazione umanitaria nei Territori. Sul fronte israeliano, intanto, all’indomani della condanna di Annan, per l’uso delle bombe a frammentazione in Libano, l’esercito di Tel Aviv ha fatto sapere di avere già consegnato all’UNIFIL le mappe delle aree bombardate per favorire il lavoro di bonifica dagli ordigni inesplosi. Ieri – lo ricordiamo – Israele aveva riconsegnato oltre due terzi dei territori occupati nel sud del Libano durante la guerra contro Hezbollah. Erano 40 anni che i soldati di Beirut non controllavano questa zona di confine. E proprio nel sud del Libano e, precisamente, a Tiro è giunto stamani un primo gruppo di soldati italiani, per prendere i contatti con il comando della missione UNIFIL e per attività di ricognizione, in vista dello sbarco di domani. Anche l’Indonesia, intanto, ha annunciato oggi che invierà fino a mille uomini per rafforzare la Forza ONU in Libano.

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In Iraq, tre poliziotti sono morti questa mattina per l’esplosione di un ordigno collocato su una strada nella zona meridionale di Baghdad. Sempre oggi, l’esercito americano ha annunciato la morte di due soldati, tra cui un marine, in seguito alle ferite riportate mercoledì in “un’azione nemica” nella provincia occidentale di Al-Anbar. Ieri, intanto, una vera e propria strage di civili si è consumata nella capitale. Una raffica di razzi Katiuscia si è abbattuta sul quartiere orientale sciita di Sadr City, causando la morte di almeno 43 persone e il ferimento di oltre cento. In precedenza almeno 20 persone erano rimaste uccise in diversi attacchi a Baghdad. Altre otto vittime civili si contano nella regione di Baquba, a nord della capitale, colpita da una raffica di attacchi.

 Teheran “non rinuncerà a una sillaba dei suoi diritti sul nucleare”: è quanto ha ribadito stamani il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, all’indomani della presentazione a Vienna del Rapporto dall’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), in cui si conferma che l’Iran non ha sospeso il processo di arricchimento dell’uranio entro il termine fissato per ieri dai cinque membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU più la Germania. Dura la reazione del presidente americano, Bush, che ha sottolineato la necessità di imporre sanzioni a Teheran, confermando una riunione dei 5+1 il prossimo 7 settembre in Europa per discutere della questione. Da parte sua, la Russia, attraverso il ministro degli Esteri, Lavrov, ha espresso “rammarico” per la decisione di governo iraniano, pur insistendo sul fatto che “le sanzioni non sono il modo migliore per risolvere le dispute internazionali”. C’è attesa, infine, per il confronto, domani a Teheran, tra i vertici iraniani ed il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, che conclude nella Repubblica islamica la sua missione in Medio Oriente. Ma quali possibilità di sbloccare la situazione ha la visita di Annan? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Ahamad Rafat, giornalista iraniano in Italia:

 

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R. – La vedo molto difficile se, per sbloccare la situazione, si intende convincere il governo iraniano e il presidente Ahmadinejad a sospendere l’arricchimento dell’uranio.

 

D. – Quali possono essere le linee guida di un possibile dialogo?

 

R. – Il dialogo, a questo punto, sembra sempre più difficile. Ci dovrebbero essere dei cambiamenti molto netti e radicali nelle posizioni della comunità internazionale o in quelle della Repubblica islamica. Una delle due parti dovrebbe necessariamente fare un passo indietro e, personalmente, non credo che oggi ci siano le condizioni per questa eventualità, anche se qualche Paese europeo sembra già disposto a farlo, come la Spagna dove il Consigliere del primo ministro, Zapatero, ha detto che l’Iran ha diritto ad avere una atomica ad uso militare. Pertanto se l’Europa dovesse seguire questa linea, allora sì, si può cominciare a discutere, altrimenti non vedo che cosa ci possa essere in comune sul tavolo delle trattative.

 

D. – All’interno dell’Iran, come si sta vivendo questa situazione?

 

R. – La popolazione, per quanto riguarda la possibilità di applicare delle sanzioni nei confronti dell’Iran, è preoccupatissima e i prezzi, nelle ultime settimane, soprattutto dei generi alimentari, sono aumentati notevolmente. Io so che la gente sta facendo le scorte di beni di prima necessità. Per quanto riguarda, invece, le questioni strettamente politiche, bisogna tener conto che in Iran la stampa, da circa un anno, non può informare liberamente sulla vicenda nucleare, ma si deve limitare a riportare quelle notizie che già in precedenza hanno avuto l’approvazione del Consiglio superiore per la sicurezza nazionale o del portavoce del governo o del ministro degli Esteri.

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Il Sudan è pronto a “far fronte all’intervento internazionale” in Darfur. Lo ha dichiarato oggi il vice-presidente sudanese, Ali Osman Taha, rigettando così la risoluzione 1706, adottata ieri dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che prevede l’invio di caschi blu supplementari nella martoriata regione sudanese, devastata dalla guerra civile. La risoluzione, subordinata al via libera di Khartoum, prevede di ampliare l’attuale missione UNMIS con un nuovo contingente forte di 22.600 unità. L’ONU intende così sostituire l’attuale forza di pace, guidata dall’Unione Africana (UA), il cui mandato scade il 30 settembre e che si è dimostrata incapace di fermare la guerra civile e di far fronte alla drammatica crisi umanitaria nella regione.

 

Con il 64,6 per cento dei voti, Bharrat Jagdeo, il presidente uscente della Guyana, ex colonia britannica, è stato riconfermato per un secondo mandato alla guida del Paese. Al tempo stesso, la coalizione che lo sostiene – il Partito progressista popolare e la Lista Civica - ha conquistato, con 36 seggi, la maggioranza assoluta dell’Assemblea nazionale unicamerale. Luis Badilla:

 

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Robert Corbin, leader del Congresso popolare nazionale per la riforma, diretto rivale di Jagdeo, si è fermato al 34 per cento dei voti e ha denunciato irregolarità negli scrutini. Gli osservatori dell’Unione Europea e dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), hanno però giudicato la consultazione un successo “sostanzialmente corretto”. La Guyana, con i suoi quasi 800 mila abitanti sparsi in un territorio grande quanto la Gran Bretagna, per molto tempo è stata nel mirino dei Governi e delle Polizie del Sudamerica perché ritenuta un “ponte” interemisferico delle bande criminali latinoamericane legate al narcotraffico. La sua posizione geografica, tra il Venezuela e il Suriname, aveva facilitato alla criminalità organizzata, in particolare colombiana, la creazione di veri corridoi internazionali per l’esportazione della cocaina. Negli ultimi anni però il Paese sta venendo fuori dalle violenze e dalle tensioni tra la maggioranza indigena e la minoranza afroamerica e ciò è servito anche per rafforzare la lotta contro la delinquenza poiché ha permesso, allo Stato, la ripresa fisica di vasti territori che erano diventati santuari del narcotraffico. Proprio ieri, il neo presidente, ha sollecitato Washington a destinare maggiori risorse a sostegno della lotta contro il narcotraffico, impegnandosi da parte sua a varare una nuova legislazione per combattere il fenomeno, soprattutto il riciclaggio di danaro sporco che è un’altra piaga che preoccupa molto i governi della regione.

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Ancora violenti combattimenti in Sri Lanka tra l’esercito e i separatisti Tamil. Nella notte, le forze governative hanno attaccato il porto nord-orientale di Trincomalee, nel tentativo di prendere il controllo di Sampur. Da qui – secondo l’esercito – i ribelli bombardano la base navale e lanciano attacchi contro i convogli militari diretti verso l’enclave governativa settentrionale di Jaffna. Sul fronte politico, ieri il presidente cingalese, Mahinda Rajapakse, ha incontrato il premier britannico, Tony Blair, per discutere del vacillante processo di pace nel Paese. Entrambi hanno auspicato la ripresa dei negoziati con i separatisti Tamil.

 

Il leader ribelle di Timor Est ed ex comandante della polizia militare, Alfredo Reinado, ha sfidato le forze internazionali di sicurezza. A poche ore dall’evasione di massa da lui guidata dal carcere di Dili, con quasi 60 detenuti fuggiti, Reinado ha lanciato un appello alla popolazione perché si ribelli e si unisca a lui in una rivoluzione all’insegna del “potere al popolo” per rovesciare il governo, ora guidato dall’ex ministro degli Esteri José Ramos-Horta.

 

Dopo gli accordi di sabato scorso in Uganda per la cessazione delle ostilità tra governo e ribelli dell’Esercito di resistenza dei signore (LRA), Kampala ha elaborato un piano triennale da 260 milioni di euro per la riabilitazione dei distretti del nord, devastati da quasi vent’anni di guerra. Lo ha annunciato il primo ministro, Apollo Nsibambi, citato stamani dalla stampa locale. Un primo intervento di urgenza, per un importo di circa 7 milioni di euro, prevede il rientro nei villaggi dei circa 1,5 milioni di civili che da anni vivono in condizioni disperate in giganteschi campi profughi. Intanto, sempre secondo la stampa ugandese, i ribelli avrebbero iniziato a muoversi dal nord verso la località di Owiny-Kibul in Sud Sudan, dove secondo il piano di pace devono recarsi entro tre settimane. Ieri, il capo dello LRA, Joseph Kony, aveva accusato l’esercito di aver violato la tregua, ma le forze armate affermano invece che sono stati garantiti “passaggi protetti” ai ribelli per raggiungere il confine.

 

 “I nostri nemici sono stati stroncati all’interno della Libia e bisogna essere pronti a ucciderli se rialzano la testa”: è quanto ha affermato oggi il leader libico, Muammar Gheddafi, in occasione del 37.mo anniversario del colpo di Stato che lo ha portato al potere. Il forte messaggio, che sembra contraddire le voci su un possibile cambiamento di rotta del regime, è stato lanciato con un discorso trasmesso alla televisione.

 

ll Prodotto interno lordo (PIL) della zona Euro e dei Paesi dell’Unione Europea è cresciuto dello 0,9 per cento nel secondo trimestre del 2006 rispetto al trimestre precedente. Lo ha annunciato oggi Eurostat, secondo la sua prima stima dell’andamento dell’economia UE nel periodo aprile-giugno 2006.

 

Cambio al vertice della KFOR, la missione della NATO in Kosovo: dopo un anno, l’Italia ha ceduto il comando alla Germania. Così, al generale Giuseppe Valotto subentra il tedesco Roland Kather. La cerimonia di avvicendamento, svoltasi stamani a Pristina, alla presenza dei ministri della Difesa di Roma e Berlino, Parisi e Jung, erano presenti anche il nuovo rappresentante speciale dell’ONU, Joachim Rucker, e il primo ministro del Kosovo, Fatmir Sejdiu.

 

E’ di almeno 80 morti il bilancio dell’incidente aereo avvenuto oggi a Mashhad, nel nord-est dell’Iran, quando un aereo ha preso fuoco in fase di atterraggio. Lo ha detto la televisione di Stato. Il velivolo, che trasportava 147 passeggeri, apparteneva alla compagnia Iran Air Tour ed è arrivato a Mashhad da Bandar Abbas, nel sud del Paese. Subito dopo l’atterraggio almeno uno dei pneumatici del carrello è esploso e il pilota ha perso il controllo.  

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